domenica 26 gennaio 2020

E nessun rimpianto - 26 gennaio 2020


Quest’anno le mie scritture cominciano abbastanza in ritardo, a causa (o per merito) di un bel doppio viaggio tra il 26 dicembre ed il 20 gennaio, che mi ha portato prima in Portogallo e poi in India.
Per questo, non comincerò con le solite involuzioni sui numeri e sulle date, ma solo con un sentito benvenuto ai lettori che si sono aggiunti durante quest’anno, ricordando loro che questa mail li tormenterà fino a che lo desidereranno; basta un cenno, e se vi siete stufati, vi tolgo dalle liste. Dei lettori, certo non degli amici e/o dei viaggiatori. E con un altro cenno potrete sottopormi candidature per altri lettori, per altri amici, per altri viaggiatori.
Sempre per loro ricordo che possono consultare i miei libri e le recensioni sino ad ora accumulate sul sito http://www.anobii.com/gio53/books.
Non farò neppure lunghi discorsi su quanto si è letto nel passato, che ora bisogna guardare al futuro. Ho un discreto zoccolo duro da smaltire, e, per non rimanere indietro di … decenni ho modificato anche i miei algoritmi di lettura di modo che si riesca (anche) a leggere libri di attualità.
Veniamo all’immancabile “TOP OF THE YEAR 2019”, cioè i miei 30 migliori libri letti. Ricordo che lo “smile” è un mio voto che va dal 5 (imperdibile) all’1 (si può evitare di leggerlo). Quest’anno non ci sono “imperdibile”, ma buoni e discreti (anche se la media si è abbassata). Sottolineo per chi è interessato sia l’ottimo Atlante di Pievani (gradito regalo del mio amico Franco) sia la saga dei Florio. Inoltre, non posso non menzionare l’amicale scrittura di Pietro. Ed altro non dico.

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Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Georges Simenon
I Maigret – 14
Adelphi
s.p.
4
2
Joseph Conrad
Cuore di tenebra
Feltrinelli
s.p.
4
3
Joseph Conrad
La linea d’ombra
Feltrinelli
s.p.
4
4
Stefano Rodotà
Solidarietà
Laterza
7,90
4
5
Jim Thompson
I truffatori
Corriere della sera Gialli
6,90
4
6
Telmo Pievani
Atlante dell’evoluzione umana
Libreria Geografica
s.p.
4
7
Georges Simenon
I Maigret – 15
Adelphi
s.p.
4
8
Massimo Recalcati
Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore
Feltrinelli
14
4
9
Horace McCoy
Un sudario non ha tasche
Corriere della sera Gialli
6,90
4
10
Carlo Rovelli
L’ordine del tempo
Adelphi
14
4
11
Jo Nesbo
Scarafaggi
Einaudi
13,50
4
12
Stefania Auci
I leoni di Sicilia
Editrice Nord
s.p.
4
13
Colin Dexter
Al momento della scomparsa la ragazza indossava
Sellerio
14
4
14
Guillaume Musso
La ragazza di Brooklyn
Repubblica Noirissimo
7,90
4
15
Valérie Perrin
Cambiare l’acqua ai fiori
E/O
18
4
16
Andrea Camilleri
Conversazione su Tiresia
Sellerio
8
4
17
Leonardo Sciascia
Il metodo di Maigret
Adelphi
13
4
18
David Foster Wallace
Una cosa divertente che non farò mai più
Minimum fax
s.p.
3
19
Donatella Di Pietrantonio
Bella mia
Einaudi
12
3
20
Fabiano Massimi
Il club Montecristo
Mondadori
6,50
3
21
Raymond Chandler
Addio mia amata
Corriere della sera Gialli
6,90
3
22
Chiara Gamberale
L’isola dell’abbandono
Feltrinelli
16,50
3
23
Giovanni Ricciardi
Gli occhi di Borges
Fazi Editore
16
3
24
Gianni Simoni
Sezione Omicidi
TEA
9
3
25
Stephanie Cowell
La donna col vestito verde
Corriere della Sera Arte
7,90
3
26
@seisocial @network
I grandi classici riveduti e scorretti
Longanesi
s.p.
3
27
Ben Pastor
Lumen
Sellerio
14
3
28
V. S. Naipul
La máscara de África
Debolsillo
s.p.
3
29
Amanda Vaill
Hotel Florida
Einaudi
s.p.
3
30
Pietro De Santis
Grazie, professore
Prospettiva
s.p.
3

Parlavo di mancanza di rimpianti, lassù nel titolo, perché senza rimpianti, ma con tanta nostalgia, dedico quest’unica trama di gennaio al grande Andrea Camilleri, di cui ripercorro le ultime quattro avventure di Montalbano pubblicate in vita.
Andrea Camilleri “L’altro capo del filo” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 11,90 euro)
[A: 28/05/2016 – I: 29/07/2017 – T: 31/07/2017] - && e ½ 
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 298; anno 2014]
Sarà difficile venire meno alla simpatia e forsanche all’amore che ho provato in tutti questi anni nel leggere le storie di Camilleri dedicate al commissario Montalbano. Dalla prima (“La forma dell’acqua” del 1994) a questa che, ad ora è la penultima. Sono ormai 24 i romanzi del nostro Salvo, ed in più questo è il centesimo libro scritto dall’erudito di Porto Empedocle. Ha inoltre una ulteriore peculiarità: nella nota finale, Camilleri tributa esplicito omaggio a Valentina Alferj. Perché ormai il nostro più che novantenne autore è diventato cieco e deve essere aiutato nella scrittura. Inoltre, Valentina pare sia anche intervenuta nella stesura. Non ho interesse a capire se e come questo è avvenuto, se e come scritture altre possono aver modificato il tradizionale andare di Camilleri. Registro per correttezza la nota, e vado direttamente al libro. Che non mi è risultato tra i migliori della serie, tanto che non ce la fa ad arrivare alla sufficienza piena. Anche se, al solito, è pieno dei “topos” di Camilleri. Abbiamo l’indagine da un lato, ma dall’altro anche la società civile, che Vigata, la Sicilia, l’Italia tutta non può essere insensibile all’arrivo in quantità industriale di migranti sul nostro suolo. E nell’emergenza, anche Salvo è coinvolto, che bisogna registrare gli arrivi, aiutare chi rischia la vita per una speranza forse mal riposta, ma anche identificare gli scafisti, che spesso si nascondono tra gli arrivati, e, perché no, individuare possibili terroristi legati al fondamentalismo islamico. Non ci meravigliamo quindi che una parte del libro sia dedicata a questo scottante problema, sempre all’ordine del giorno. D’altra parte, Camilleri è sempre stato in prima linea nell’impegno civile. Ma in parallelo si sviluppa la vicenda poliziesca, iniziata e finita, al solito, con una lite ed una riappacificazione tra Salvo e la storica fidanzata Livia. Per un anniversario di nozze di amici, Livia chiede la presenza di Salvo, magari ben vestito. Così che il nostro comincia a farsi confezionare un abito dalla sarta Elena. Che ha un soprassalto quando nota del tessuto particolare appena arrivato in negozio e che dovrebbe, potrebbe, essere usato per l’abito. Salvo non ha il tempo di approfondire queste sensazioni che la notte stessa Elena viene uccisa con un imprecisato numero di colpi di forbice, che, stranamente, le risparmiano solo il seno. Salvo comincia subito ad indagare, contornato dalla solita pletora di personaggi vigatesi: il suo vice Mimì Augello, l’ispettore Fazio, la solita macchietta dell’agente Catarella, l’autista spericolato delle volanti Gallo. Non torno su questi temi, su questi personaggi, che già tante volte sono presenti nelle storie, quasi che se ne possa fare un racconto completo, una biografia vigatese delle forze dell’ordine. Ma notiamo invece il contorno della vita di Elena, una donna riservata soprattutto per il periodo che pare abbia vissuto lontano da Vigata. Salvo avanza ad ampio spettro le sue indagini, ritrova una lontana parente, tartassa i lavoranti della sartoria, scopre amanti discreti. Ma sarà soprattutto indagando con il dottor Osman e l’aiutante Meriam, anche loro immigrati ma da tempo integrati nella comunità, che Salvo ed i suoi faranno passi avanti. Anche il gatto Rolando, con il gomitolo di lana cui gioca, aiuterà le indagini. Che seguendo il filo (o i fili) dell’indagine che risalirà alla giovinezza di Elena in quel del Friuli, dove… Beh, qui mi fermo, notando un finale maigrettiano, se mi è consentito, di cui potremmo parlare con chi ha letto il libro. Noto anche le solite derive gastronomiche, questa volta con sbavature friulane, dove Salvo, aspettando notizie, in una locanda si sbafa due tipici (e leggeri) piatti friulani. Comincia con la “jota” una minestra a base di crauti, fagioli e patate, insaporita con costine e cotenna di maiale, e semi di cumino. Per proseguire con il frico (o fricò), una specie di tortina di formaggio con patate e cipolle. Non so se per gli appunti che ho fatto all’inizio, ma la storia, come Salvo, è un po’ appesantita da diversi passaggi più lunghi di quanto ci si era abituati. Sarà forse che Salvo ormai, più che un cinquantino, è ormai un sessantino (ricordo ai meno attenti che nel romanzo scritto a quattro mani con Lucarelli, viene detto che è nato il 6 settembre 1950). Comunque, pur nella non pienezza del gradimento, difficilmente rinuncerò a leggere altri libri di Camilleri, se e quando usciranno.
Andrea Camilleri “La rete di protezione” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 11,90 euro)
[A: 25/05/2017 – I: 03/08/2018 – T: 05/08/2018] - &&&----- 
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 304; anno 2017]
Ho saltato l’ordine strettamente cronologico della lettura di Camilleri perché è quasi un anno che lo lisciavo, ed avevo bisogno di leggere un giallo (o almeno una parvenza di giallo). Inoltre, questo, sebbene datato 2107, lo stesso Camilleri confessa di averne curato la stesura nel 2015, essendo il primo libro interamente dettato alla fida Valentina. Avendo in mente le sue affermazioni, l’ennesimo capitolo di Montalbano risulta in tono minore (e si capisce perché) sul fronte del giallo puro. Anche se da tempo il nostro utilizza le avventure di Salvo più come un diario scritto per un alter ego della sua memoria. Quindi, abbiamo una serie di considerazioni, sui rapporti personali, sul mondo che stiamo vivendo, sui giovani, piuttosto che un impianto poliziesco con i nostri soliti personaggi. La potente memoria di Camilleri non tralascia nessun elemento classico delle storie di Vigata: i pizzini di Fazio, le scappatelle (vere o presunte) di Mimì, il comico alieno di Catarella, le telefonate con Livia, le scappate fugaci a Boccadasse, le mangiate da Enzo, le passeggiate lungo il molo, il mangiare nel frigo o nel forno di Adelina. Con qualche innesto estemporaneo, anche se riprende temi già noti. Il gemellaggio con la città svedese ed i piccoli inconvenienti che comporta con la comunità viganese, i quasi tentativi di seduzione di Ingrid, cui questa volta Salvo sembra refrattario più per stanchezza interna che per decisione cosciente. Le due storie che si intrecciano poi sono scarsamente accattivanti, sul lato mistero od altro. Hanno in comune l’idea di Camilleri di come si possa evolvere un concetto (di rete protettiva o di simile concetto) con il passare di cinquanta anni. C’è la storia della famiglia Sabatello, nata con il mistero di una serie di filmini che riprendono per anni uno stesso spicchio panoramico, alla stessa ora dello stesso giorno. Immagine già vista se non altro a livello cinematografico. Tra un ricordo del figlio, un sopralluogo sulla villa ormai in rovina, ed una chiacchierata con il fido Sidoti, factotum del padre di Sabatello, Montalbano ricostruisce la storia dei filmini, legata alla storia del padre Francesco morto di tumore nel 1963 e del gemello Emanuele, autistico nei ricordi di tutti e morto per un colpo di pistola nel 1957. Seppur interessante la ricostruzione effettuata a tempi alterni da Salvo, non ne veniamo sorpresi, ma serve, a noi ed all’autore, per sottolineare come si mettevano (o si potevano mettere) i rapporti tra le persone, soprattutto in caso di dipendenze varie, intorno al virare degli anni ’60. L’idea di Camilleri è di mettere a confronto questi sistemi protettivi con quanto si può inscenare in questo XXI° secolo, nell’era dei computer, dei cellulari e dei social network. Mette quindi in campo Salvuzzo, il suo figlioccio, nonché figlio di Mimì e Beba, e dei comportamenti scolastici, a fronte di episodi di bullismo nei confronti di Luigi. L’episodio scatenante è l’irruzione nella classe dei due di due malcapitati che, utilizzando un finto travestimento alla “Anonymous” cercano di spaventare gli alunni della scuola Pirandello, compresi Salvuzzo, Luigi ed i loro sodali. Saltando tutta una serie di avvenimenti, poco pertinenti sebbene servano all’autore per riempire le 300 pagine del romanzo, l’idea di questo filone è che Luigi viene fatto oggetto di bullismo da alcuni compagni, e, per proteggersi, chiede aiuto in modo che diremmo “broadcasting” alla rete. Aiuto ricevuto in modo balordo, e che Salvo decostruisce abbastanza in fretta, risolvendo anche questo caso. Ma non è la ricostruzione degli avvenimenti in III B che interessa Camilleri, più portato ad indagare i rapporti tra giovani ed anziani, ed i rapporti, il modo di comunicare dei giovani stessi. Infatti, le parti migliori sono il girovagare di Salvo nei ritrovi dei giovani, quando li vede aggruppati ai tavoli, ma in silenzio e lì a digitare su cellulari ed altre informaticherie. E quando parlano usano un linguaggio che né Salvo né Camilleri capiscono. Meglio ancora la parte in cui Salvo parla con il figlioccio e scopre che, quando sono fuori dalla rete, i più attenti sanno anche guardare. Riuscendo con le loro osservazioni a dare una svolta alle indagini. Tutto ciò per discettare sulla seconda rete, quella internet cui, se si accede in modo indiscriminato, può portare a guasti ancora maggiore di una protezione d’antan. Quindi un romanzo poco avvincente sulla trama, interessante, ma solo ad un livello medio, sulla parte “altra”. Quella della vita che continua e che prosegue dal primo romanzo del giovane Montalbano fino a questi ultimi. Dettati anche se non scritti. Vedremo come si svolgerà nel seguito. Un ultimo accenno quasi personale: non era difficile collegare il matematico descritto a pagina 169 con la grande messe di importanti cultori dell’algebra che giravano intorno alla corte di Federico II. Certo c’era l’immenso Fibonacci cui andrebbe subito il nostro pensiero. Ma con più ragione, l’introduzione dei segni algebrici viene dagli scritti di Giovanni da Palermo. Forse il nostro Andrea poteva lasciare meno sul vago, ma noi abbiamo risolto questo giallo (o almeno gettato le basi per una discussione).
Andrea Camilleri “Il metodo Catalanotti” Sellerio euro 14
[A: 05/06/2018 – I: 11/12/2019 – T: 13/12/2019] - && e ½   
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 293; anno 2018]
Un libro che, anche se non mi è piaciuto al massimo come spesso succedeva con il maestro siciliano, rimarrà “storico”, e purtroppo, rimembrante di ricordi poco fausti. È il primo libro di Camilleri che ho comprato dopo la morte di mia madre, cui tanto piacevano, ed è il primo libro di Camilleri che ho letto dopo la sua morte. Comincio allora con mamma, che al primo libro di Montalbano impiegò un tempo lunghissimo a leggerne, perché voleva capire tutte le parole, cercandone significati possibili nelle sue mitiche “Garzantine”. Poi la convinsi di leggerne facendosi cullare dal suono, e ne rimase rapita. Tanto che era la prima a leggerne appena usciva un nuovo volume. Camilleri invece ci ha lasciato, con tanti rimpianti di quello che avrebbe potuto scrivere e non ha scritto. E di questo, che avrebbe potuto non scrivere ed ha scritto. Perché è un libro a due facce. C’è il grande, immenso amore dello scrittore per il teatro, un amore che viene da lontano, non solo per le cose fatte da Camilleri, ma anche, piccola chicca storica, che il suo primo libro, scritto nel lontano 1959 si intitolava “I teatri stabili in Italia (1898-1918)”. E c’è una trama che convince fino ad un certo punto. Soprattutto perché sembra voler mettere un punto finale all’infinita storia tra Salvo e Livia. Cosa che non mi aspettavo, e che non so come procederà. C’è ancora un libro di Salvo scritto con Camilleri in vita, e poi c’è il famoso “ultimo libro”, da Camilleri scritto e poi lasciato in cassaforte perché uscisse postumo. Intanto veniamo a questo di cui stiamo parlando. In realtà, la trama è esile come un filo di fumo, come un sipario trasparente tra le quinte teatrali. C’è un morto, e ci sono Salvo ed i suoi che cercano di capire chi sia, quale sia la sua storia, perché (non come che lo sappiamo) è morto. Tutto un filone di indagini si concentra nel capire chi sia stato Carmelo Catalanotti. Uomo solitario e schivo, ma anche pieno di risorse e di misteri. Almeno doppia è la vita del nostro. Da un lato, la parte oscura, quella di un usuraio di buon cuore, con una discreta disponibilità finanziaria, che presta soldi, a tassi contenuti, e su questi mantiene il suo tenore di vita. Dall’altra il grande appassionato, virale, del teatro e delle sue forme. Tanto da elaborare un suo metodo (quello del titolo) che parte dal classico “Metodo Stanislavskij” basato sull’approfondimento psicologico dell’attore nei confronti del personaggio da interpretare (l’opposto dell’altro metodo classico, elaborato da Bertolt Brecht, basato invece sullo straniamento) per portarlo all’estreme conseguenze, quasi a far ripercorrere nella vita stessa le vicende che il futuro attore deve portare sulla scena. Ed è su questo versante che si esercita la bravura teatrale di Camilleri, andando a riprendere un quasi oscuro testo degli anni ’30, “Svolta pericolosa” del drammaturgo inglese John Boynton Priestley. Che Catalanotti vuole mettere in scena con una compagnia di attori dilettanti, cercando di far entrare i vari possibili personaggi nelle varie parti del dramma. Un dramma in un certo senso profetico, basato sulla ricerca della verità relativamente ad una non chiara faida familiare. La bellezza del testo (che ho trovato e letto on line) sta in quel titolo, dove la presenza di una scatola di sigarette prima aperta e poi chiusa, prefigura tutta una serie di futuri sviluppi della vita e della verità. Anticipando due film basati su idee simili, anche se con sviluppi diversi: “Sliding doors” di  Peter Howitt con Gwyneth Paltrow e “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese. La ricerca della verità sulla morte di Carmelo si rivela foriere di piccoli siparietti con vari personaggi vigatesi, uomini e donne sia legati ai fili di faide familiari sia, e con più profondità, legati all’ambito teatrale. Salvo trova i personaggi che Catalanotti cercava per interpretare la sua pièce, ed approfondendo il dualismo tra realtà e teatro troverà il bandolo della matassa e delle indagini. L’altro ed intenso filone è quello riconducibile alla storia lunga e forse giunta alla fine di Salvo e Livia. Con la comparsa della bella signorina di cui ho detto sopra. Salvo, cinquantino piacente, è preso da questa possibile storia. Sarà portatrice di nuove linfe? Sarà una parentesi come ce ne sono state (ricordo quella della bella svedese, ad esempio)? Forse se ne vedrà qualcosa nel romanzo successivo, l’ultimo pubblicato in vita da Camilleri. Sono curioso di intraprenderne presto la lettura ed aspetto con ansia che Sellerio decida di pubblicare l’ultimo, misterioso capitolo della saga di Montalbano.
“Non c’è modo migliore per rendere duraturo un rapporto… stare assieme ma non stare insieme.” (250)
Andrea Camilleri “Il cuoco dell’Alcyon” Sellerio s.p. (Regalo de “I Floridi”: Mario, Ines e la signora Laura)
[A: 07/05/2019 – I: 19/12/2019 – T: 20/12/2019] - & e ½   
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 251; anno 2019]
Credo, senza ombra di personali amnesie, che sia il più brutto libro di Camilleri che ho letto. Di sicuro, il più brutto con Montalbano. C’è allora un po’ di tristezza nella lettura di quest’ultimo scritto di Camilleri prima della morte avvenuta lo scorso luglio. Ora dobbiamo solo aspettare che Sellerio decida di pubblicare l’ultima avventura del nostro commissario, avventura che, secondo quanto lo stesso Camilleri disse, ha scritto da tempo (credo una decina di anni), a volte modificato, ma solo perché venga pubblicata postuma. La tristezza è anche rinfocolata, come detto, dalla scarsa riuscita di questo scritto, che nasce da alcune scritture di una decina di anni fa, relative all’idea di un film di produzione italo-americana, un po’ locale un po’ spy-story, ma che non vide mai la luce. Camilleri riprende la trama, la arricchisce con la presenza di Salvo e della sua squadra, la condisce con qualche frizzo e qualche lazzo, con qualche prodromo di possibili situazioni future. Che poi non ci saranno, Camilleri avendoci lasciato. Ed alla fine ci consegna questa storia, che, alla resa dei conti, riesce una delle meno interessanti dei 25 anni di Montalbano. A parte i soliti intarsi casalinghi di Salvo, con Adelina, con Livia ed altre amenità, la vicenda è lineare e scontatella. Tutto comincia con una fabbrica in crisi, operai in sciopero e suicidio di un manovale rimasto senza lavoro e senza speranza. Indagando, esce fuori la poco chiara figura del padrone della fabbrica, che, con qualche risatella da parte mia, viene chiamato Giogiò. Si approfondisce, e si scopre che c’è qualche ombra (e forse più di qualche) nella vita di Giogiò. Che non si capisce da dove abbia i soldi, che spesso sparisce, sovente con altri e, grazie alle acute indagini della squadra di Montalbano, a bordo di navi fantasma. Qui c’è appunto la deriva americana della storia, dove assistiamo all’allontanamento di Salvo dal commissariato. Per gelosia del “signure e quistore”, per insipienza dei vari pubblici ministeri, o altro. Fatto sta che questa emarginazione permette ai servizi segreti di contattarlo al fine di risolvere i misteri di queste navi che solcano abusivamente il mediterraneo. Un modo elegante per potersi dedicare all’inchiesta senza coinvolgere i suoi altri compagnoni. Abbiamo così Salvo che si può infiltrare a bordo della nave Alcyon, travestendosi dal cuoco del titolo. Scatta così una seconda parte in prefinale molto hard-boiled, con sparatorie e con morti come non ci si aspettava certo da un libro del nostro siracusano. Alla fine, ovvio, tutto rientra, si scoprono le connessioni, le coperture, e tutto quanto ci si aspettava fin dall’inizio. Certo, divertente è la mascherata di Fazio e Montalbano, mascherati in copertura per scoprire le magagne dell’Alcyon. Una parte da “fratelli De Rege”, che però solleva poco il riso, e, come nelle migliori tradizioni dei clown, è più triste che allegra. Per chi poi volesse rendere più nervoso e poco appetibile la lettura, consiglio di dedicarsi all’analisi dei risvolti di copertina, sempre dovuti alla penna di Salvatore Silvano Nigro. Un’aulica sviolinata, che se viene letta prima del libro ci fa aspettare cose che il libro non mantiene. Se viene letta dopo, ci fa verificare quanto il marketing possa e voglia stravolgere quello che succede. Come quel pezzo da triplo salto mortale, in cui Salvo chiede a Fazio “Contami quello che è successo” (per riprendere le fila in un momento di svenimento del nostro commissario) e Nigro lo collega alle storie millenarie del cantore omerico, col suo “Cantami o Diva del Pelide Achille l’ira funesta”. Ma scherziamo? Come scherziamo a veder la luna pallida dietro alle vele dell’Alcyon, paragonata alle notti cimiteriali citate da Bernanos. Spero che Camilleri non si sia già rivoltato dentro i suoi sacelli mortali, spero che la sua ironia abbia maggior vigore e risultanza, là dove ora sta. Che, e questo per me è valso in tutti i suoi romanzi che ho letto, la sua scrittura mi è sempre rimasta facile e molto coinvolgente. Mai, invero, intaccata dalle sapide scritture dei risvolti di copertina, che ho sempre ignorato nel commento, ma che qui, in quest’ultima fatica del cantore cieco, non posso tacere. Peccato che ci hai lasciato, peccato non sentire più la tua voce arguta, i collegamenti acuti, i modi di dire. Ciao Camilleri, e spiega a mia madre che non doveva leggere i tuoi libri con un vocabolario accanto, ma doveva farsi cullare dal suono delle parole. E tutto si sarebbe collegato. Ora mi resta da leggere poco, un libricino teatrale, un vecchio re, ed una atteso prima o poi, “Riccardino”.
Come vuole la mia tradizione poi, essendo la prima (nonché unica) trama del mese, vi riporto titolo e giudizi delle letture del mese di ottobre, con una quindicina di libri, di media resa, con “I leoni di Sicilia” che merita senz’altro di essere letto.
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Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Gianni Simoni
Contro ogni evidenza
TEA
9
3
2
J. K. (Robert Galbraith) Rowling
La via del male
Repubblica Noirissimo
7,90
2
3
David Lagercrantz
Quello che non uccide
Repubblica Noirissimo
7,90
3
4
Gregory David Roberts
Shantaram
Abacus
8,75
2
5
Remo Bassini
La notte del santo
Fanucci
13
2
6
Gwen Bristow & Bruce Manning
L’ospite invisibile
TEA
10
2
7
Stefania Auci
I leoni di Sicilia
Editrice Nord
s.p.
4
8
Gianrico Carofiglio
L’estate fredda
Repubblica Noirissimo
7,90
2
9
Autori Vari
Capodanno Nero
Todaro editore
s.p.
2
10
Timothy Fuller
Delitto a Harvard
TEA
10
3
11
Amanda Vaill
Hotel Florida
Einaudi
s.p.
3
12
Anne Perry
I meandri della notte
Mondadori
5,90
2
13
Gaetano Savatteri
La fabbrica delle stelle
Repubblica Noirissimo
7,90
3
14
Helena Janeczek
La ragazza con la Leica
Guanda
s.p.
3
15
Marco Malvaldi
Negli occhi di chi guarda
Sellerio
14
2

Ho parlato e scritto troppo, forse è meglio chiudere con quella frase di Fellini che chiudeva il suo ultimo film “Eppure io credo che se ci fosse un po' più di silenzio, se tutti facessimo un po' di silenzio, forse qualcosa potremmo capire…”.