domenica 28 maggio 2023

Addio, Perry - 28 maggio 2023

Intanto, comincio con salutare tutti, con questa trama dovrei tornare alla produzione normale che ha caratterizzato questi anni, come spiego in finale.

Però vorrei cominciare salutando la scrittrice Anne Perry, pseudonimo di Juliet Marion Hulme. Una scrittrice che ho molto apprezzato per le sue caratterizzazioni di vicende gialle nell’epoca vittoriana, e di cui, prima o poi, parlerò a lungo che è stata una personalità veramente complessa. Ci ha lasciato circa un mese fa, a 85 anni, dopo aver prodotto più di 60 opere in ambito giallistico, di cui ho scoperto avere nella mia libreria all’incirca una buona metà.

Anne Perry “L’infamia di Lancaster Gate” Mondadori euro 5,90

[A: 21/07/2019 – I: 21/05/2021 – T: 22/05/2021] - &&

[tit. or.: Treachery at Lancaster Gate; ling. or.: inglese; pagine: 259; anno 2016]

PITT 31

Tornando ancora sulle orme dell’ispettore Pitt, riprendiamo il corso usuale delle storie della nostra pluripresente scrittrice. Di cui non dico più nulla, avendone riassunto già troppe volte la vita, ma che sottolineo come le note redazionali che vengono riportate nei gialli Mondadori siano carenti o comunque poco consoni con la personalità di Anne Perry.

Rispetto all’ultimo Pitt cronologico letto c’è un lungo salto: di lettura, essendo passati tre anni dal precedente Pitt, e di cronologia, che quello era il volume 28, mentre questo è il volume 31. Ci siamo persi qualche punto della vita dei personaggi, ma non tantissimi. Sapevamo che Pitt ormai è diventato capo della Sicurezza Nazionale, mentre il suo aiutante Tellman ha sposato l’ex domestica dei Pitt. Inoltre, l’inclinazione sentimentale di Narraway (l’ex capo di Pitt) verso Lady Vespasia (la zia del primo marito della cognata di Pitt) si è consolidato in un matrimonio d’amore. Infine, dalla lettura precedente, quella dell’ottava puntata, in cui scoprivamo la morte del primo marito di Emily ed un buon rapporto della stessa con Jack Ridley, ora i due sono da lungo sposati, ed hanno una bambina, che si aggiunge al figlio di primo letto. Per non dimenticare il quadro, i figli di Thomas e Charlotte sono anche lor cresciuti, con Jammina di diciassette anni e Daniel di quattordici. Il tutto per dirci che ora l’azione si svolge verso la fine del 1898, con un suo culmine intorno alle feste di Natale.

Poco prima del Natale del 1898, una bomba esplode in una casa in un tranquillo quartiere londinese. Due poliziotti vengono uccisi e altri tre feriti gravemente. Thomas Pitt, capo dei Servizi di Sicurezza, scopre che non sono gli anarchici i responsabili dell'esplosione, come inizialmente si pensava. Tuttavia, Pitt è messo in guardia: non deve indagare sul principale sospettato, Alexander Duncannon, dipendente dall'oppio ma soprattutto figlio di un diplomatico che sta negoziando un contratto con la Cina. Un amico di Alexander era stato impiccato per omicidio due anni prima sulla testimonianza dei cinque poliziotti vittime dell'esplosione. Erano coinvolti in un affare di droga, e nella confusione un passante innocente rimane ucciso. Alexander insiste che è stata la polizia e Pitt, aiutato dal suo sergente, scopre prove di corruzione della polizia.

A dispetto dei suoi superiori, Pitt non può che incriminare Alexander, cosa che lo stesso ragazzo vuole. Perché vuole far uscire la verità sul suo amico. Saranno le capacità legali di Narraway che serviranno nella parte finale, a dare compimento a quanto hanno sollevato le indagini di Pitt.

Un grande punto di forza del libro è la quantità di dettagli storici sulla vita all'inizio del secolo. Ci sono descrizioni dettagliate delle case. Ad esempio, il salotto dell'ispettore di polizia è descritto in dettaglio: tavolo, sedie, libreria, quadri alle pareti, camino, persino il cestino degli aghi per cucire. Lo stesso vale per l'ufficio del commissario di polizia: i mobili antichi, “una sedia dalle gambe snelle e lo schienale in mogano finemente intagliato”, la libreria con una fotografia di famiglia incorniciata.

Una cura simile è data alle descrizioni dei vestiti e persino di alcuni cibi. A casa di un avvocato di bella posizione, Anne Perry ci fa sapere: "La credenza conteneva piatti d'argento con uova strapazzate, salsicce, bacon, funghi, rognone alla diavola, aringhe affumicate ... C'erano montagne di pane tostato fresco, burro e diversi tipi di marmellata. Le graziose pentole d'argento contenevano tè e acqua calda, abbinate ai servizi di ampolle d'argento e ai coltelli, forchette e portatovaglioli con monogramma".

È sempre un piacere seguire le descrizioni della nostra, sia qui, nelle case ricche, sia quando riprenderemo a leggere anche di Monk e delle case povere.

Quello che invece, e non è la prima volta che lo rilevo, mi lascia abbastanza storto nei mei giudizi librari, è spesso la velocità che le storie della nostra scrittrice prendono nei finali. Ci si mette del bello e del buono per arrivare al momento cruciale, allo svelamento dei come e dei perché. E da quel punto in poi, tutto si fa repentino. Come in questo caso, là dove tutto lo svolgimento del processo ad Alexander avrebbe potuto prendere uno spazio paragonabile al tempo che ci si è messo per arrivarci.

Inoltre, una volta svelati i punti di cui sopra (ma che io non vi svelo di certo), ci sarebbe voluto qualche decina di grammi di inchiostro in più per delinearci il futuro dei personaggi presenti solo in questa puntata. Gli altri, i Pitt, i Ridley, i Narraway, perfino i Tellman, li ritroveremo di certo nella prossima uscita (prossima che è già passata, in quanto presa e sistemata nella biblioteca, in attesa di lettura).

Anne Perry “Omicidio sul Serpentine” Mondadori euro 5,90

[A: 03/07/2020 – I: 29/05/2021 – T: 31/05/2021] - && +

[tit. or.: Murder on Serpentine; ling. or.: inglese; pagine: 247; anno 2016]

PITT 32

Ed eccoci arrivati al trentaduesimo ed ultimo volume dedicato alla lunga serie dell’ispettore Pitt, poi Capo della Sicurezza Nazionale, che finirà quest’avventura come Sir Thomas e Lady Pitt. Non che la super-prolifica autrice smetta di scrivere e produrre libri che arriveremo al ventiquattresimo libro di William Monk, e comincerà la saga di Daniel Pitt, figlio di Thomas e Charlotte. Tanto che a me risulta che dal 1979 ad oggi dovrebbe aver prodotto 98 libri.

Nello svolgimento della trama si sente un po’ di stanchezza o difficoltà di continuare a portare avanti le storie di Thomas Pitt allo stesso livello dei romanzi precedenti. Certo, i personaggi seriali devono avere un’evoluzione, soprattutto laddove ne seguiamo le vicende con il progredire del tempo. E anche qui i riferimenti temporali sono importanti. Siamo ormai giunti al 1899, il regno della regina Vittoria sta arrivando alla fine, e l’Impero britannico deve fronteggiare diversi fronti di crisi. Da quello interno mai sopito, anche se per ora “dormiente” verso gli indipendentisti irlandesi, da diverse situazioni esterne. Qui, anche se non sempre in modo completamente esplicito, visto che se ne parla a distanza, siamo difronte alle vicende che vedono contrapposti inglesi ed indipendentisti boeri. Il tutto complicato, nello scacchiere internazionale, dalle posizioni della Germania e del Kaiser Guglielmo II, nonché dalla presupposta benevolenza del Principe di Galles, futuro re Edoardo VII, verso i suoi parenti tedeschi.

Proprio la vicinanza del Principe con Alan Kendrick, un avventuriero di poco chiare origini, genera preoccupazioni nella regina che chiede ad un suo fedelissimo indagini accurate. Quando questi viene trovato morto nel Serpentine, la regina immagina scenari foschi, e chiede un esame accurato della situazione e delle sue conseguenze al capo della Sicurezza, cioè Thomas Pitt. Che quindi, da un lato deve capire lo svolgimento reale di una morte (come ai tempi del suo ispettorato di Polizia) dall’altro deve immergersi nella politica imperiale. Senza, tra l’altro, l’aiuto del suo sodale ed ex-principale, Lord Narraway, in viaggio di piacere per l’Europa con la moglie Vespasia, zia acquisita di Charlotte.

Questa la maggiore difficoltà del testo, ed anche la sua scarsa scorrevolezza. Pitt deve partecipare a balli e banchetti, anche aiutato da Charlotte, ma si sente che non è a suo agio. Charlotte, al solito, lo aiuta anche nelle indagini, coadiuvata dalla sorella Emily, e queste sono le parti migliori, dove Anne Perry è più a suo agio. Tanto che, nelle pieghe del romanzo, riesce ad inserirci anche aneliti da suffragette delle sorelle e delle loro amiche.

La nostra scrittrice, in ogni caso, cerca di costruire un castello di una complicatezza unica. Dalia, l’attuale moglie di Kendrick, in gioventù era stata amante del Principe di Galles, e si adombra che ne rimase incinta. Si allontana, partorisce Alice, poi torna, ma il Principe è volato su altre “farfalle” della buona società (si è sempre detto che i Principi inglesi siano un po’ volubili e molto donnaioli). Dalia rimane con lo strano marito, che presto muore, scoprendosi poi che era un agente segreto al servizio di Narraway, ed ucciso per motivi politici.

Dalia si risposa con Kendrick, che così si avvicina all’ambiente di corte, tramite la passione dei cavalli si fa amico del Principe, così da accompagnarlo spesso nei suoi viaggi, in particolare in Germania. Dove sembra abbia una strana frequentazione con la fabbrica di fucili Mauser.

La situazione precipita quando anche Dalia muore, in un altro suicidio simulato, che Pitt smaschera presto, che capisce chi sia che abbia mosso tutte le fila, ma non trova il modo di neutralizzarlo con l’arresto, che troppi altarini sarebbero venuti alla luce.

Allora, ricordando le modalità della morte del primo marito di Dalia, fa in modo che il colpevole sia supposto fare il doppio gioco, così da essere eliminato da infiltrati boeri, senza che la Corona ne abbia colpa o contraccolpi. La brillantezza delle manovre di Pitt, convince alla fine la regina Vittoria di nominarlo baronetto.

Ripeto, e mi ripeto, belli e ben svolti i momenti di società, le descrizioni ambientali, ed alcuni accenni di politica internazionale. Poco convincenti i momenti di indagine, le modalità, nonché (e questo è un appunto che ripeto da tanto tempo) il finale frettoloso. Dopo più di duecento pagine di avvicinamento allo scioglimento dei misteri, la fine avviene in meno di venti veloci e poco esplicative pagine.

Ma questa è Anne Perry, e tutto sommato, è una lettura rilassante.

Per i meno londinesi di noi, ricordo infine che “Serpentine” è un bacino lacustre artificiale che taglia in due Hyde Park. Nella parte nord è spesso meta di passeggiate in barca gradevoli, con una profondità non rilevante. Ciò per ribadire che anche noi, con Pitt, ci saremmo chiesti come fosse possibile una morte per annegamento.

Anne Perry “Il fiume della vendetta” Mondadori euro 5,90

[A: 12/06/2018 – I: 11/06/2021 – T: 13/06/2021] - && e ½

[tit. or.: Revenge in a Cold River; ling. or.: inglese; pagine: 283; anno 2016]

MONK 22

Riprendiamo dopo quasi due anni il secondo filone di Anne Perry, trovando in questo romanzo una diretta continuazione del precedente. Quasi che, invece di essere puntate della vita del nostro eroe punteggiate da “inchieste poliziesche”, ci si dimentichi, per gran parte, della seconda affermazione e si rimanga ancorati alla vita di William Monk.

Anche qui, all’inizio sembra che ci sia qualcosa da investigare, nelle competenze della polizia fluviale comandata da Monk. C’è un morto annegato, con un foro sulla schiena. Che si scopre ben presto essere un falsario fuggito durante un interrogatorio. Poi c’è un secondo criminale, forse della stessa banda, che fugge. Monk ha una soffiata, e sul luogo trova due persone che si azzuffano e cadono in acqua. Il mingherlino fugge a nuoto. Il bestione sembra affogare, Monk si tuffa, ma lo deve colpire perché stanno affogando entrambi. Lo tira a riva, ma il bestione muore. E poi si scopre che il bestione era il poliziotto.

Tutto sembra ruotare intorno al capo della polizia delle dogane, tal McNabb. Che fa di tutto per incastrare Monk in qualcosa, che forse risale ai tempi in cui Monk era altro. Ricordiamo infatti, che il nostro subì un trauma, e poco ricorda di quanto avvenne quindici anni prima.

Le fughe e gli incastri sono poi avvenuti in un intorno dei cantieri navali di un americano tal Aaron Clive, la cui moglie Miriam nasconde qualcosa. Scopriamo con il tempo che Miriam era in gioventù amica di Beata, l’ormai vedova del deleterio giudice James. Beata ora sogna di rifarsi una vita, con tempo e pazienza, insieme a Sir Oliver, l’avvocato che rovinò sé stesso per rispettare la giustizia.

Beata e Miriam in gioventù vivevano a San Francisco, al tempo della corsa dell’oro, quando la città era inesistente (nel 1848, prima della scoperta aurifera, aveva 1.000 abitanti; venti anni dopo ne aveva 150.000). Miriam era sposata con un tizio, il secondo di Clive, che muore in una rissa. Miriam si risposa con Clive, ma non rinuncia a cercare l’assassino del marito tanto amato.

Ma perché tutto ciò si ritrova nel 1869, anno della nostra vicenda, ed a tanti chilometri di distanza?

Tutto ruota sul fatto che, pare, Monk all’epoca fosse un avventuriero di mare, che transitasse per la California. Ora che è diventato un arguto poliziotto, Miriam cerca i modi di coinvolgere nella ricerca dell’assassino del marito. Anche ipotizzando che Monk potesse essere stato coinvolto (cosa che si dimostrerà falsa). In questo si allea, erratamente, con McNabb, nel tentativo di quest’ultimo di mettere all’angolo Monk.

In realtà, Monk non sa che, prima di perdere la memoria, da poliziotto integerrimo aveva fatto condannare a morte il fratellastro di McNabb. Cosa che il cattivone non dimentica. E passa questi quindici lunghi anni alla ricerca di un modo di incastrare Monk.

Trovandolo nella morte del suo uomo: infatti, fa in modo di fabbricare prove false che indicano il morto come un poliziotto poco onesto (fatto vero), che aveva venduto informazioni a dei contrabbandieri per salvarli da una retata. Retata che ci rimanda al libro precedente, dove appunto trovò la morte il sergente Orme, grande amico di Monk. Quindi, secondo McNabb, Monk, saputo tutto ciò, non fece nulla per salvare il bestione dalle acque, anzi lo affogò di proposito.

Ovvio che, al solito, tutto converge in un procedimento legale. Dove l’imputato Monk è difeso dal buon sir Oliver. Dove Hester, la moglie di Monk, e Beata, fanno di tutto per trovare elementi di difesa. Che usciranno fuori solo dalla confessione delle attività sotterranee di Miriam.

Tutto alla fine torna: troviamo il vero assassino del marito di Miriam, troviamo McNabb messo all’angolo, troviamo Monk libero da ogni accusa, troviamo che, finalmente, Beata e Oliver sembrano potersi dire del reciproco affetto.

L’impianto è il solito, quindi, cui ci ha abituato Anne Perry. Rapporti umani di vario genere, inseriti in un’atmosfera vittoriana (di trenta anni circa anteriore alle storie dell’ispettore Pitt). Qui abbiamo in più qualche accenno alle vicende dei “normal londoner”, della gente comune, ma anche dei poveri, delle prostitute, dei bambini di strada. Insomma, due serie complementari. Ed entrambe che si vanno incartando. Qui, soprattutto, siamo all’ennesima storia in cui emergono brandelli del passato di Monk. Forse un giorno ne sapremo di più.

Ci accontentiamo, in una lettura quieta, all’ombra delle magnolie campagnole.

Anne Perry “Rito di sangue” Mondadori euro 5,90

[A: 23/01/2020 – I: 26/11/2021 – T: 27/11/2021] - &&  ---

[tit. or.: An Echo of Murder; ling. or.: inglese; pagine: 263; anno 2017]

MONK 23

Come scritto nel sottotitolo, siamo al 23 romanzo incentrato sulla figura di William Monk, ex-detective della Polizia, poi, dopo un periodo di cui non ricorda nulla (trauma ed amnesia), impiegato nella Polizia Fluviale, di ora è il Comandante. Ma i primi li ho mancati, e questo è “solo” il decimo che leggo. Poi ci sono quelli legato all’altro filone della scrittura di Anne Perry, quello di Thomas Pitt. Di cui, però, parleremo in altra sede.

Accennavo nell’ultima trama scritta che, andando avanti forse, scopriremo meglio qualcosa della vita precedente di Monk. Qui, per vie traverse, invece, abbiamo un salto all’indietro ed un aggiornamento della vita di Hester, la moglie del Comandante.

Ricordo che questa la considero la serie “bassa” (rispetto a quella “alta” di Pitt). Non per la scrittura, ma per i temi. Qui si affronta la vita quotidiana nella Londra intorno al 1870, la vita intorno al fiume, la vita dei bassifondi, delle prostitute, dei malavitosi.

L’inizio sembra ripercorrere il titolo italiano. Siamo nella zona portuale di Londra, nei magazzini. Lì viene trovato il corpo di Imrus Fedor: baionetta infilzata nel petto, dita della mano destra spezzate ad una ad una, labbra asportate e poste in bocca al morto, nonché diciassette candele sparse per la stanza, di cui due viola. Ci immergiamo anche subito in una strana realtà dell’epoca, la grande immigrazione ungherese, di coloro che avevano problemi di persecuzione, soprattutto in base alla religione. Mi sembra che tutto il mondo sia paese, allora come ora.

Tutta la comunità ungherese, poi, fa riferimento ad alcuni elementi di spicco, quelli che meglio parlano l’inglese, come il farmacista Antal Dobokai o come Adel Haldane, che ha sposato un facoltoso inglese. L’elemento di unione della comunità, oltre la provenienza, è la religione: tutti cattolici in un mondo protestante che non li vede di buon occhio.

La vicenda si complica perché, a breve giro di giorni, altri esponenti della comunità ungherese vengono uccisi, con le stesse, identiche modalità. Quasi che fossimo in montagna, e, lanciando un grido, ne sentissimo l’eco. Si complica poi che, per indagare Monk si vede costretto a parlare con i profughi, molti dei quali non sanno l’inglese. Facendosi così aiutare da Antal o da Adel.

Non cavando un ragno dal buco, Monk prova ad indagare anche sul passato delle vittime. Scoprendo che l’unico ad avere un qualche “problema” potrebbe essere proprio il primo, Imrus, gentile, educato, senza debiti. Con il solo problema di essere un po’ indulgente verso l’altro sesso, in special modo verso la bella Adel, anche senza però mai oltrepassare il lecito.

Facciamo una piccola pausa, che si introduce l’elemento del passato di Hester. Che vediamo Scuff, il ragazzo adottato dai Monk, impratichirsi nella medicina con il medico di strada Crow. Tuttavia, per una difficile operazione, sempre con un ungherese, c’è bisogno d’aiuto, che viene trovato con l’ex-medico Herbert. Guarda caso, un medico che nella Guerra di Crimea era stato molto vicino all’infermiera Hester. Ma durante una carneficina, fu creduto morto, anche da Hester, e lasciato sul campo.

Non morì, vagò a lungo in Europa, soprattutto per più di dieci anni in Ungheria, imparando la lingua. Ma gli incubi della guerra non lo lasciano. Ogni tanto sembra perdere la ragione e non ha più il controllo delle proprie azioni. Motivo per cui, sporco di sangue a valle dell’ultimo omicidio, viene incriminato. Ovviamente, a difenderlo sarà il grande amico di famiglia dei Monk, sir Oliver.

Qual è l’elemento che poi unisce gli ungheresi? La lettura di un giornale scritto in quella stramba lingua. Chi è l’unico inglese che sa il magiaro? Il povero Herbert. Monk quindi gli procura tutti i giornali e questi scopre un trafiletto, concomitante con gli omicidi, riguardante un caso di pedofilia in una scuola di Budapest. Elemento che permetterà ai nostri di risalire le fila di questa serie di omicidi, tutti ripetuti come un’eco. Anche il primo? Ai pochi assidui lettori, l’ardua comprensione, difficoltosa che, al solito, la scrittrice accelera nel finale, che risulta sempre affettato.

Più che il thriller in sé, quindi, ci dedichiamo alle storie di Hester, della guerra di Crimea, con le tragedie che si ripercuotono nell’animo di chi le ha vissute, rendendoli immancabilmente diversi. diversi, che, come dice Hester, sono sempre una minaccia per la quotidiana tranquillità. Tuttavia, Herbert ha anche il merito di costringere, moralmente, Hester a fare la pace con il fratello Charles, avendo come sottoprodotto, la comparsa di una nipote che potrebbe inserirsi nelle prossime puntate. Vedremo.

Mi domando al fine perché il titolo originale relativo ad un “eco di omicidio” che, per quanto detto si capisce il senso, si sia passati a dei riti di sangue, quasi con l’unico intento di fuorviare i lettori verso una possibile soluzione errata della trama poliziesca. I soliti misteri che non capirò mai.

Anne Perry “Ventuno Giorni” Mondadori euro 5,90

[A: 12/12/2020 – I: 24/04/2023 – T: 25/04/2023] - &&&

[tit. or.: Twenty-One Days; ling. or.: inglese; pagine: 249; anno 2017]

DANIEL PITT 01

Stavo iniziando a leggere, dopo quasi due anni, un nuovo libro di Anne Perry, quando è arrivata la notizia che l’ottantaquattrenne scrittrice inglese muore a seguito delle complicazioni di un infarto, a Los Angeles. Ne sono rimasto colpito, ho rimandato di qualche settimana la lettura, poi mi sono detto che, se questo è il tempo della lettura, ebbene lo sia.

Anche perché questo libro inaugurava una nuova serie, assai promettente, della scrittrice, essendo centrato sulla figura di Daniel Pitt, il figlio di Thomas Pitt, protagonista di 32 suoi romanzi. Penso che orami Pitt padre avesse esaurito la spinta propositiva che innervava i testi, e quindi potrebbe essere d’interesse seguire le gesta del giovane.

Facendo un po’ d’ordine sulle pubblicazioni di Anne Perry (dove prima o poi tornerò anche sulla sua vita), nella sua carriera di scrittrice ha pubblicato (in vita) 101 libri. Di questi, tre sono le serie maggiori: il sovraintendente Thomas Pitt, l’ispettore William Monk e l’avvocato (nonché figlio di Thomas) Daniel Pitt. 32 libri per la prima serie (letti 11), 24 per la seconda (letti 11) e 6 per la terza, di cui questo è il primo che leggo.

Su Monk torneremo a suo tempo. Qui ricordando un po’ la serie principale, Thomas entra in polizia dal basso, essendo uomo del popolo. Fa una buona carriera per le sue doti, incontrando e poi sposando una donna dell’aristocrazia, Charlotte Ellison. Dove Emily, la sorella di Charlotte, sposa in prime nozze un visconte, la cui zia, lady Vespasia Cumming-Gold diventa anche uno dei mentori di Thomas, insieme al capo della polizia, Victor Narroway. Thomas e Charlotte hanno due figli: Jasmine, che si sposa e va a vivere in America, e Daniel di cui, da questo romanzo, seguiamo le tracce in prima persona.

Nello svolgimento delle azioni sono comunque passati degli anni, che l’autrice ci comunica che siamo nel 1905. Ed in effetti, sapremo ad un certo punto che sia Victor sia lady Vespasia sono morti, mentre sir Thomas è sempre a capo della sicurezza. Daniel, invece, si muove nelle pieghe della legge, da giovane avvocato, brillante ma non ancora affermato. Ne vediamo comunque le prime mosse quando, usando nuove tecniche investigative, come le impronte digitali, riesce a scagionare un vecchio sodale del padre.

Ma il centro del romanzo ruota intorno alla morte di Ebony cui viene accusato il marito Russell Graves. Il corpo straziate, è anche bruciato nella parte superiore del corpo, rendendolo “quasi” irriconoscibile. Lavorando come galoppino (per ora è solo aiutante del titolare) Daniel scopre molte cose: Graves è un autore scandalistico di biografie, e sta per dare alla luce un libro pieno di accuse infondate proprio verso Thomas Pitt. È inoltre autoritario, manesco nonché recente ereditiere di una grossa fortuna.

Daniel indaga, legge il manoscritto, si consulta con il padre, ma ha una forte costrizione: Russell è stato giudicato colpevole e condannato a morte. Lo studio legale ha solo 21 giorni per portare nuove prove. Danile è anche combattuto che, per le calunnie di Graves, lo vedrebbe bene sul patibolo. Ma è anche convinto dell’innocenza nell’uxoricidio. Dilemma!

Intanto sbuca fuori anche una simpatica signorina, Miriam, dotta in scienze moderne (come l’analisi da anatomo patologo dei corpi o l’utilizzo dei raggi X da poco scoperti dal fisico Wilhelm Röntgen). Non solo, Miriam è anche figlia del capo degli avvocati di Daniel, ed è aperta ai movimenti femminili dell’epoca, le suffragette. Movimenti cui anche Ebony dava un forte impulso.

La scrittrice impiega pagine e pagine per motivare l’astio di Daniel verso Graves, poi l’empatia verso i figli di Ebony, la bella Sarah ed il malaticcio Arthur. Ma sarà solo attraverso le doti scientifiche di Miriam che si arriverà ad un punto di svolta (che in realtà era già ipotizzabile dalle prime descrizioni degli avvenimenti). Tuttavia, non basta, che, se pur si riuscisse ad assolvere Graves, rimarrebbe il libro infamante da esorcizzare.

Come al solito, dopo aver svariato per quasi 200 pagine accumulando notizie, prove, negazioni e affermazioni, Anne Perry velocizza molto il finale, dove, forse troppo velocemente, si arriva alle aspettate conclusioni. Daniel ne esce bene, con una buona prospettive per i libri successivi. Con l’idea che ci potrà essere uno sviluppo anche nei rapporti con Miriam (vedremo).

Purtroppo, come detto, all’inizio, oltre i romanzi con Daniel scritti tra il ’17 ed il ’22, non avremo ulteriori sviluppi. Anche qui, primo o poi, sarebbe bello riuscire ad imbastire un discorso articolato sul mondo descritto da Anne in tutti i suoi romanzi “londinesi”.

Come accennavo all’inizio, riprendo le scritture avendo nel frattempo effettuato una migrazione, purtroppo non indolore, verso un ottimo e veloce PC, omaggio super collettivo di una festa che molti di voi hanno onorato con presenze e auguri. Ho dovuto ricostruire una parte degli archivi dedicate alle mail, sperando di essere riuscito, almeno, a ritrovare i vostri indirizzi. Nel caso ci fossero aggiornamenti, aggiornate anche me.

Proprio per questo, ed anche altre piccole cose che succedono nel mio mondo, mi fa piacere ricordare alcune frasi di Gerald Durrell contenute nel suo bel libro: “La mia famiglia e altri animali”. Per prima una sentenza sulla mia fatica ricostruttiva: “Tu pensi sempre che le cose che fanno gli altri siano semplici” (216). E per chiosa, una frase che mi sento di condividere a pieno: “Quasi tutti sostengono che man mano che si invecchia … si diventa più aperti alle idee. Che sciocchezza! Tutti i vecchi che conosco hanno la mente chiusa come un’ostrica grigia e ruvida sin da quando avevano quindici anni” (564).

Spero allora che la ripresa sia per tutti fausta, come l’estate che tutti speriamo si avvicini a grandi passi. Con tutta la stanchezza del lavoro di queste settimane, vi abbraccio.