domenica 28 settembre 2008

Europa alla riscossa

Questa trama sulfurea è dedicata alla “vecchia” Europa. Tre passaggi – paesaggi dalla Svezia per scendere in Italia (anche se quest’ultima ha un tratto esotico). La sensazione complessiva è meno positiva di quanto sperassi all’acquisto: sono un po’ troppo di testa e poco di pancia.

E cominciamo con l’anglo-italiano

Michael Gregorio “Critica della ragion criminale” Einaudi euro 11,80 (in realtà, scontato 8,36 euro)

Operazione commerciale. Non so quanto mi convince. Infatti, più ci ripenso e meno mi piace. Un tentativo di giallo filosofico, ambientato nei dintorni di Kant, ma la parte filosofica (forse per la mia impreparazione) mi sfugge anzi mi sembra che annacqui in maniera indelebile il percorso poliziesco. Il giallo, poi, è assolutamente tirato per i capelli, con una fine che sembra dire: beh, ora che abbiamo scritto 500 pagine, si troverà il modo di chiudere? Hanno Stiffeniis è un magistrato, a Lotingen, Prussia: è stato amico del filosofo Immanuel Kant, che lo ha spinto a quella carriera. Ora viene chiamato a Königsberg ad indagare su delle "strane" morti per le quali viene chiamato in causa il diavolo stesso. Man mano che affronta l'indagine, che visiona i cadaveri uccisi "dall'artiglio del diavolo" riaffiora il passato di Hanno, con un evento tragico, la morte del fratello, del quale lui si sente in colpa. Ma cosa c'è dietro quelle morti? Perché questo precursore dei serial killer uccide le vittime lasciandole in posa (inginocchiate a terra)? Che legame c'è tra l'assassino e il filosofo Immanuel Kant e con il suo ultimo libro "Critica della ragione criminale"? Finale in diminuendo. Sipario. Rimane l’ambientazione, che tutto sommato non dispiace, con i modi ed i tic della Prussia di inizio Ottocento. Ma basta tutto ciò per farne un libro “da segnalare”? Mi sa di no.

Dicevo anglo-italiano in quanto Daniela De Gregorio e Michael G. Jacob utilizzano nella scrittura lo pseudonimo “Michael Gregorio”. Sono sposati da quasi 30 anni e vivono a Spoleto, dove Daniela insegna Filosofia e Michael insegna Inglese e Storia della Fotografia. Daniela De Gregorio nasce a Spoleto nel 1950 e studia Storia e Filosofia a Perugia. Figlia del pittore astrattista Giuseppe De Gregorio e di una signora che poco dopo la fine della guerra venne eletta 'Miss Spoleto'. Michael G. Jacob nasce a Liverpool nel 1948, dove studia fino a laurearsi in Inglese a Newcastle-on-Tyne nel 1970. Dopo 9 anni di insegnamento si sposta in Italia nel 1980, anno in cui sposa Daniela. Dopo aver vissuto 6 anni a Venezia, vanno a vivere a Spoleto, dove aprono, con l’amico Giuseppe Marocchi, una scuola di lingue.

Risaliamo l’Europa, fermandoci in Germania.

Daniel Kehlmann “È tutta una finzione” Feltrinelli euro 9,50 (in realtà, scontato 7,15)

Pensavo meglio dalle premesse e dalla prima parte. Si vede che è un romanzo giovanile, scritto a 22 anni. Arthur è un orfano accolto da una famiglia benestante. La madre adottiva viene colpita da un fulmine e muore, e lui viene educato in un collegio svizzero di giovani rampolli dove matura l'intenzione di farsi prete. Arthur racconta, ma sarà tutto vero? Narra che ha studiato teologia, ma ha preso solo gli ordini minori; la nuova matrigna gli ha rubato l'eredità paterna e, un po' per necessità un po' per antica passione, lui si è ritrovato a fare l'illusionista in un bar di infima categoria e il baro in un retrobottega. A quel punto ha capito qual è la sua reale vocazione, si è reso conto di essere un mago e ha cominciato a frequentare Jan van Rode, il più geniale incantatore in circolazione, che gli ha insegnato tutti i suoi trucchi, ed è diventato a sua volta uno dei più famosi e meglio pagati illusionisti del mondo. Improvvisamente, durante uno show, il suo mondo è crolla. Ma è vero, o è tutto un gioco di prestigio? La fine mi ha lasciato perplesso con questa sospensione tra realtà e illusione. Coerente, ma forse inutile e sconfitto. Grande l’inizio e la parte dedicata alla matematica come unica verità. Inoltre, era stimolante anche tutto il discorso, accennato ma non dimenticato, dell’analisi della figura di Pascal. Ed anche tutto il protrarsi verso la conquista di una conoscenza, quella dell’illusione, che si ha solo quando si sa, o si riesce, a non saperla. Poi decade verso la sua ineluttabile fine. Non so. Da riflettere.

 “Chi è in grado di capire se stesso? Chi è in grado di capire un’altra persona? Solo gli idioti possono affermare di riuscire a capire un altro essere umano”

“Bisogna conoscerla, la verità, ma non prenderla troppo sul serio”

Daniel Kehlmann è una delle nuove leve tedesche, nasce a Monaco il 13 gennaio 1975. Il suo racconto “La misura del mondo” (che in scaletta di lettura nei prossimi mesi) raggiunge il secondo posto nella classifica mondiale delle vendite di libri di autori tedeschi dopo “Il profumo” di Suskind. La scrittura di Kehlmann è molto influenzata dal realismo magico degli scrittori Latino Americani, e forse è questo che mi ha lasciato perplesso. Figlio del direttore della televisione Michael Kehlmann si trasferisce a Vienna all’età di 6 anni. All’università dopo una laura in letteratura, comincia il dottorato con una ricerca sul sublime dell’opera di Immanuel Kant, che però non porta a termine per il successo ottenuto come scrittore. “E’ tutta una finzione” è il suo primo romanzo del 1997. Dal 2001 tiene lezioni di poetica in diverse Università tedesche.

E terminiamo la risalita in Svezia, con

Per Olov Enquist “La partenza dei musicanti” Feltrinelli euro 8,50 (in realtà, scontato 6,38)

Lo paragonerei, come impianto, al libro di Ermanno Rea su Bagnoli. Si parla qui più che di una sconfitta dell’operaio di fronte al progresso (ad un certo tipo di progresso), della nascita di una coscienza che l’operaio ancora non ha. Dal 1903 al 1972, Frans narra di sé, della sua famiglia e della vita nel nord della Svezia. Con tutti i personaggi che gli girano intorno: Karl Valfrid e Josefina, i suoi genitori; lo zio Aron, poco dignitoso fratello di sua madre; i tre fratelli Anselm, Axel e Daniel; la sorellastra Eva-Liisa, sorta di creatura di un altro mondo. E il delegato socialista di Stoccolma Johan Sanfrid Elmblad. Tante, quasi tutte, le figure della sua infanzia sono finite male, ma una speranza resta per i sopravvissuti. Perché, come insegna la celebra favola dei musicanti di Brema, "c'è sempre qualcosa di meglio della morte". Tuttavia, dette le cose positive, risulta alla fin fine un po’ palloso, dove con difficoltà si passa da un capitolo all’altro, a volte perdendosi tra presente e passato. Tuttavia interessante come testimonianza di un certo tipo di cultura e, soprattutto, di scontro tra fede non illuminata ed illuminismo fideistico.

“cominciava sempre così … si cominciava con lo star male, si finiva con lo star male. E per tutto il tempo, una sofferenza continua”

Questo, invece, è uno dei padri della letteratura. Per Olov Enquist, infatti, nasce a Hjoggböle il 23 settembre del 1934. Scrittore, giornalista, sceneggiatore, guadagnò fama internazionale alla fine degli anni novanta con il romanzo “The Visit of The Royal Physician”, dove narra la storia di Struensee, il medico personale del re danese Cristiano VII. Dopo la laurea in letteratura ad Uppsala, lavora come giornalista televisivo dal 1965 al 1976. Dal ’70 al ’71 vince un posto presso l’Accademia Tedesca a Berlino, e dal ’73 al ’77 è “visiting professor” in California. I suoi scritti sono caratterizzati da un pessimismo cronico, in particolare quando si combatte contro un modo di vivere pietistico e puritano, come nella “Partenza dei Musicanti” o nel “Viaggio di Lewi”.

Abbiamo ripreso la lettura un po’ a fatica, in questo autunno che non si sa se è già cominciato. Comunque, una buona settimana a tutti

Giovanni

domenica 14 settembre 2008

Oggi si parla di cinema…

O meglio di libri che poi sono stati portati sullo schermo, con rese di molto diverse. E si potrebbe anche aprire un bel dibattito sulle trasposizioni cinematografiche. Di tutti ho visto prima il film: ovvio per l’americano, un film molto vecchio e che mi rimase molto impresso per le vicende di rapporto con il diverso e per il senso di giustizia (che ora dove sarà…). Meno ovvio per gli italiani, ma qui la resa è diversa: una prende proprio uno spunto e costruisce un film tutto suo, l’altro cerca di essere più fedele (giudizio a posteriori), ma anche qui sono due prodotti diversi.

Cominciamo dal libro più discutibile

Ermanno Rea “La dismissione” BUR euro 9,20 (in realtà, scontato 6,44)

Il film di Amelio mi era piaciuto. Rea mi ha stracciato i cabasisi, anche se il libro è interessante. Ma non è il film (o viceversa). Smontare l'impianto dell'Ilva prima che giungano gli acquirenti cinesi che si porteranno via «la fabbrica» a pezzi, è il pensiero che ossessiona Vincenzo Bonocore, operaio elevato a tecnico, chiamato a realizzare lo smantellamento dell'acciaieria. Per Bonocore è impossibile condurre a termine il compito con professionalità: mettendo mano a quelle macchine egli è costretto a rileggere episodi di vita, ritrova volti e nomi di chi ha condiviso con lui l'amore per l'acciaieria. Il suo resoconto dettagliatissimo rivela un'impresa che è prima di tutto interiore, e così l'io narrante, l'interlocutore che raccoglie la confessione di Bonocore, traccia la storia della vita di un uomo che non può disgiungere il proprio destino da quello della fabbrica in cui ha lavorato. Certo c’è tutta la storia di Bagnoli, dell’Ilva, della nascita e della morte del sogno siderurgico italiano. C’è l’uomo che ama e sa fare il suo lavoro, con i suoi dubbi, i suoi tic, le sue cadute (vere o immaginate). Non c’è quello che c’era nel film del rapporto con l’altro, con un mondo diverso. Oppure c’è ma rimane all’interno di Bagnoli, della fabbrica, e non se ne esce. Mentre nel film tutto lo spazio dedicato alla Cina, faceva vedere anche il contraltare: i cinesi sono diversi per noi e noi siamo diversi per i cinesi. Qui invece c’è soprattutto la scrittura, lenta, pesante, a passi felpati. L’idea (e la sua costruzione) meritavano forse una verve maggiore.

“appartengo a quella categoria di uomini capaci di un amore soltanto: un accanito monogamo (almeno rispetto al lavoro)”

Lo scrittore certo non è alle prime armi: Ermanno Rea è, infatti, nato a Napoli nel 1927. Ha lavorato come giornalista, per numerose testate - quotidiani e settimanali. Ha vissuto a Milano e a Roma. Il mestiere di giornalista ha consentito a Rea di avvicinarsi alla realtà non solo con la curiosità del cronista, ma soprattutto con la concretezza di chi parte dal caso specifico umano, documentato. I suoi libri sono prevalentemente inchieste su casi personali (la militante comunista Francesca Spada, suicida, in “Mistero napoletano”, il docente di economia Federico Caffè, scomparso misteriosamente, in “L'ultima lezione”) che permettono di raccontare la realtà circostante. Per "La dismissione", Rea è tornato a Napoli per seguire la storia dello smantellamento dell'acciaieria Ilva di Bagnoli, simbolo di una città che cercava nell'industrializzazione la via per uscire dal sottosviluppo. Ermanno Rea è presidente delegato del prestigioso Premio Napoli di letteratura, istituito nel 2003.

Proseguiamo con l’Italia, e con la fatidica domanda: meglio il film o il libro?

Sandro Veronesi “Caos calmo” Bompiani 6 (gratis Feltrinelli +)

Come giudicare in questo caso, due cose diverse, seppur parenti? Come ho detto, ho visto prima il film, per lasciarmi sorprendere dalla trama. Un film gradevole, tutto sommato, con qualche parte forse superflua (le scene d’amore con Moretti hanno del sano ridicolo). Ora leggendo libro, altre cose si scoprono, ed il libro è, appunto diverso. Anche se Pietro avrà sempre le sembianze di Nanni. E non ci si stupisce che passi giorni e giorni seduto ad una panchina davanti alla scuola della figlia, dopo la morte della moglie, a girare intorno alla sua vita, ed a trovarne un senso. Un senso che alla fine accumunerà tanti, forse non tutti. Ma sicuramente il down che gioca con la sua auto, la bella con il cane a spasso, la figlia che mostrerà di crescere più in fretta. Ed anche il sesso avrà un suo perché. Alla fine si faranno delle scelte, ma soprattutto, farà un passo verso la propria consapevolezza. Anche se la parte finale sembra un po’ melo. (Una nota al film, capisco che la presenza del giovane Gasmann abbia imposto un ruolo maggior al fratello di Pietro, ma forse era inutile).

“stai molto attenta con me, perché io sono buono!”

“c’è sempre un padre dietro le soddisfazioni che gli uomini si prendono nella vita”

“io l’inglese lo so abbastanza bene, ma … se mi chiedi cosa dice una canzone … non ci capisco nulla”

“appena senti che non ce la fai, molla. Sempre, in qualsiasi situazione, molla”

“perché sta dedicando la sua vita a… ? perché lo amo”

“quelli che si accorgono di essere stati stronzi un secondo dopo esserlo stati sono i più stronzi”

“era meglio se stavo zitta! – no … le cose vanno dette. Hai fatto bene. Fallo sempre. Dille sempre, le cose”

Sandro Veronesi (Firenze, 1959) è fratello del regista Giovanni Veronesi. Nel 1985 si laurea in architettura a Firenze con una tesi su Victor Hugo e la cultura del restauro moderno. Il suo romanzo d'esordio è del 1988, il grottesco e visionario “Per dove parte questo treno allegro”, mentre con “Gli sfiorati” (1990) Veronesi si afferma come scrittore capace e brillante. Nel 1995 esce “Venite, venite B52”. Nel 2000 pubblica “La forza del passato”, vincitore del Premio Campiello e del Premio Viareggio e tradotto in 15 lingue. Nel 1997 fino ai primi mesi del 1998 collabora con Rai Tre ed è autore e conduttore del programma televisivo "Magazzini Einstein - cibo per la mente". Nel 2003 pubblica la riduzione teatrale di “No Man's Land” e nel 2006 vince il Premio Strega grazie al romanzo “Caos calmo”, uscito l'anno precedente. Nel 2007 esce, presso Bompiani, il nuovo romanzo “Brucia Troia”. Collabora con numerosi quotidiani e riviste letterarie; insieme a Domenico Procacci ha fondato la casa editrice Fandango Libri. Risiede a Prato (ah, lì ci sono stato…) con i suoi tre figli. Ed è tra i fondatori della radio web Radiogas.

E finiamo con il bello e solitario

Harper Lee “Il buio oltre la siepe” Feltrinelli euro 8 (in realtà, scontato 6)

Un libro pieno di sorpresa, o almeno tre: la prima è che Harper Lee è una donna, mi ero sempre fissato fosse un uomo. La seconda è la dura gradevolezza. La terza è che Atticus Fintch anche nella scrittura ha sempre la faccia di Gregory Peck. Unico libro degno di nota della Harper, anche ora, a quasi 50 anni dall’uscita, mantiene la sua forza, la sua freschezza, la sua dolente attualità. Un libro in fondo pieno di diversi, con i quali fare i conti. E sarà proprio uno tra i più bistrattati a salvare da una sordida fine i fratellini Fintch. Vogliamo parlare del nero accusato solo perché nero? Dei benpensanti che vanno in giro a fare le ronde? Dei padri padroni? Forse sarebbe giusto, come sarebbe giusto proiettare nelle scuole lo stupendo film. A Maycomb, Jem e Scout (figli di Atticus Fintch) un'estate conoscono un altro bambino, Dill, e fanno amicizia. I tre sono attirati da Arthur Radley detto Boo, considerato un uomo pericoloso e violento, rinchiuso nella casa accanto alla loro. Ma, col passare del tempo, si accorgono che Boo, senza farsi vedere, si preoccupa dei tre. Atticus spiega che è stato nominato d'ufficio per difendere un uomo nero, Tom Robinson, accusato di violenza carnale su una bianca, anche se sapeva che avrebbe perso. Al processo, Atticus dimostra, senza ombra di dubbi l’innocenza del nero e la colpevolezza di Bob il padre della violentata. Ma Tom viene condannato ugualmente da una giuria di bianchi. Durante una festa di Halloween Scout e Jem stanno andando verso casa, dopo la recita, quando vengono assaliti da un adulto. Nel luogo della lotta, alla fine viene ritrovato il corpo di Bob pugnalato al petto. Ho detto quasi tutto, ma lascio un po’ di buio, infondo alla siepe. Note di merito alla traduttrice (se è merito suo) che ha reso nel titolo molto dell’atmosfera. Infatti, in italiano, il titolo è una metafora: il buio oltre la siepe è ciò che è sconosciuto pur essendo vicino. Nel romanzo, è la figura di Boo, il vicino di casa dei Fintch che loro non hanno mai visto e che, per questo, non conoscono. E, infatti, anche Scout afferma che, col tempo, la casa di Boo non la spaventava più, ma non le appariva meno buia. Nel testo, invece, ci sono diversi riferimenti al titolo originale (“To kill a mockingbird” che significa: Uccidere un usignolo). L’usignolo è un uccello innocuo, che delizia con il suo cinguettio. Ucciderlo è quindi un peccato doppiamente grave.

Nelle Harper Lee nasce il 28 aprile 1926 (toro!) a Monroeville, Alabama, da padre avvocato (come nel suo libro), ma segregazionista, e da una madre costantemente invalida per una persistente depressione. Ultima di due sorelle e un fratello, Nelle Harper Lee frequentò la scuola pubblica del suo paese e l’Huntington College, una scuola privata solo per donne. Si iscrisse poi dal 1944 al 1949 all’University dell’Alabama, dove fece parte della “sorority” Chi Omega e dove tenne su “Rammer-Jammer”, il giornale umoristico degli studenti, da lei diretto, una rubrica intitolata "Commento Caustico". Seguì un corso alla Oxford University con il progetto di laurearsi in legge, ma lo interruppe sei mesi prima della laurea. Nel 1949 si trasferì a New York, raggiungendo il suo amico d'infanzia Truman Capote (da lei ritratto nel personaggio di Dill). Qui lavorò come impiegata per la Eastern Air Lines e la British Overseas Airways; e, nel frattempo, scrisse vari racconti e sviluppò "Il buio oltre la siepe", più volte rifiutato dagli editori. I suoi amici, nel 1956, le regalarono un anno di libertà economica per dedicarsi esclusivamente alla scrittura e lei si licenziò dall’impiego. Dopo la pubblicazione presso le edizioni Lippincott del suo unico e celebre libro, che in un anno vendette mezzo milione di copie, Lee collaborò con Capote alla ricerca su un episodio di cronaca in Kansas che ha fornito la base per il romanzo dello scrittore "A sangue freddo" (1965). Il lavoro di Lee fu determinante per la stesura di questo testo; tuttavia Capote non lo riconobbe adeguatamente, limitandosi ad una dedica, per di più condivisa con il proprio amante gay Jack Dunphy. Harper Lee, che nel frattempo aveva pubblicato soltanto gli articoli “Love – In Other Words” nella rivista “Vogue”, “Christmas To Me” e “When Children Discover America” in “McCalls”, si dedicò poi alla stesura di un secondo romanzo, "The Reverend”, ma non lo diede mai alle stampe, per motivi che restano ignoti e che lei non chiarì. La chiave dell'enigma legato al suo ritiro e alla sua decisione di smettere di pubblicare, rinunciando a sfruttare la propria notorietà e l'ondata di successo, sta nella sua "personalità paradossale". Secondo sua sorella, il manoscritto di “The Reverend” le venne rubato subito dopo il completamento e lei, semplicemente, lo prese come un segno del destino. Quanto alla sua scelta esistenziale di eterna “single”, Harper lo ha sinteticamente spiegato così: “Prima di poter vivere con altra gente, devo riuscire a vivere con me stessa”. Il resto è silenzio.

Invitando alla riflessione su quest’ultima frase della Lee, auguro una buona settimana a tutti.

Giovanni

venerdì 5 settembre 2008

Si ricomincia dall’Italia…

Mi dispiace avervi lasciato quasi due mesi senza trame, ma è stata un’estate lunga e direi proficua. Un ottimo viaggio in Sud America (principalmente Perù, con una puntata in Cile ed in Bolivia) ed un po’ di tempo per rifiatare e cercare di mettere ordine alle mie molteplici iniziative (anche se ancora ci sarà da lavorare).

Per riprendere il filo, ricomincio dall’Italia, con tre autori di diversa natura.

Una scrittrice molto legata alla critica letteraria del Novecento, scomparsa da qualche anno, con un bellissimo libro ambientato in terra di Puglia; uno scrittore, ormai mostro sacro del presente, con una storia che parte dalle terre di Toscana per arrivare molto altrove; ed un poliedrico lavoratore della penna, forse il meno riuscito, con una storia padana.

Ma andiamo ad iniziare...

Maria Corti “L’ora di tutti” Bompiani euro 9 (in realtà, scontato 6,30)

Bello. Tutti hanno un’ora in comune. Vediamo se capite quale è! Anche se ha più di quaranta anni rimane un bell’esempio di come si possa scrivere di storia se se ne è capaci. Di una storia che risuona, perché ambientata ad Otranto nel 1480. I turchi assediano la bella cittadina, la conquistano e fanno un massacro. Il romanzo segue, con gli occhi e le parole di cinque personaggi coinvolti nella storia, il dipanarsi delle varie fasi della battaglia, dall'assalto alla valorosa resistenza alla resa finale. Il personaggio di Idrusa, donna forte e coraggiosa, rappresenta una delle figure femminili più famose e studiate della cultura e della tradizione letteraria salentina. Ed i suoi personaggi, un po’ popolari ed un po’ aristocratici parlano di quei tremendi giorni dell’agosto di passione. Colangelo e la bella Idrusa mi son rimasti nel cuore. Gli altri meno. Ripeto bello, come un geranio in un prato fiorito di altri fiori, che fai forse fatica a distinguere, ma se lo vedi non lo lasci più con gli occhi.

“ma perché, io dico, uno vuol fare una cosa, lo vuole proprio, e tutto a un tratto ne fa un’altra?”

“ogni tanto ci penso. Non al basso amore, non sono fantasie da vecchio, ma al ‘grande amore’ per cui uno, incontrando una donna, scopre di essere nato appositamente per amare quella donna, scopre il suo destino”

“avere dei periodi nella vita in cui si vive come si deve, a posto con l’anima e col corpo, è cosa che capita quasi a tutti; ma vivere così l’intera vita, lì è il difficile”

Maria Corti (Milano, 1915 – Milano, 22 febbraio 2002) è stata una delle voci fondamentali della cultura del Novecento. Morta prematuramente la madre, vive la sua adolescenza prevalentemente in collegio, mentre il padre ingegnere lavora lontano in Puglia: sotto il profilo affettivo, e in minima parte anche dal lato economico, sono anni difficili. Nonostante tutto, l'adolescenza trascorre abbastanza serenamente; s'iscrive poi all'Università e consegue addirittura due lauree: la prima in lettere con una tesi sul latino medievale (Studi sulla latinità merovingia, relatore Benvenuto Terracini), la seconda in filosofia (relatore Antonio Banfi). Per impellenti ragioni economiche e anche per la sua passione all'insegnamento, incomincia a lavorare come insegnante di scuola media: prima a Chiari in provincia di Brescia, poi a Como, infine a Milano. Contemporaneamente, svolgeva all'Università di Pavia un incarico di assistente; il continuo spostarsi tra le varie sedi mette a dura prova il suo fisico minuto. La Corti riesce in qualche modo a superare tutto questo, rivelando un grande carattere supportato da una volontà ferrea. Nel suo primo romanzo “Il trenino della pazienza” (pubblicato molto tardi e rimaneggiato nel 1991 con diverso titolo “Cantare nel buio”), descrive con un linguaggio piano e sommesso ma di grande impatto sociale i suoi continui viaggi da pendolare in terza classe, con gli operai. Alla fine della seconda guerra mondiale, dopo una partecipazione attiva alla Resistenza col gruppo di allievi di Antonio Banfi, suo secondo maestro, Maria Corti si dedica con entusiasmo alla carriera universitaria, spinta dallo stesso Terracini (ritornato dal confino dopo la sanzione procurata nel 1938 dal regime fascista) a occuparsi di Storia della lingua italiana all'Università del Salento e in seguito all'Università di Pavia, destinata a restare per sempre la sua sede universitaria. Con alcuni colleghi dell'ateneo di Pavia (Cesare Segre, d'Arco Silvio Avalle, Dante Isella), contribuisce a fondare una scuola di studi letterari particolarmente innovativa, denominata Scuola di Pavia, legata alla tradizione filologica ma anche ai nuovi studi semiotici e allo strutturalismo. Maria Corti fonda fra l'altro il Fondo Manoscritti di autori moderni e contemporanei, nell'incredulità del corpo docente e dei collaboratori, supportata solo dalla sua grande volontà e dalla sua sagacia nel reperire i fondi (racconta queste vicissitudini nel libro “Ombre dal Fondo” 1997). Un archivio di scritti, manoscritti e appunti vari, donati da scrittori e poeti del Novecento, tra i quali all'apertura nel 1968 Montale, seguito da Bilenchi e Gadda, attualmente la Fondazione (che in Europa è paragonabile solo al Fondo Marbach presso Stoccarda) è in possesso di un patrimonio di scritti immenso e inestimabile: da Mario Luzi a Guido Morselli, da Alfonso Gatto ad Alberto Arbasino, da Calvino ad Anna Banti, da Indro Montanelli a Carlo Levi, da Saba a Amelia Rosselli, da Giorgio Manganelli a Luigi Meneghello, da Antonio Pizzuto a Paolo Volponi, da Goffredo Parise a Malerba. Si dedica in particolare allo studio della letteratura italiana contemporanea, proponendo un modello di studi con l'edizione critica dell'opera di Beppe Fenoglio (1978). Sono suoi alcuni importanti contributi teorici sulla semiotica letteraria: si ricordano in particolare “Nuovi metodi e fantasmi” (Bompiani 2001), “Principi della comunicazione letteraria” (Bompiani 1998) e “Per un’enciclopedia della comunicazione letteraria” (Bompiani 1986). Tra i romanzi viene ricordato in particolare “L'ora di tutti”, ambientato ad Otranto; contemporaneamente non trascura la sua grande passione per la storia medievale con i suoi saggi su Cavalcanti, Dante, l'aristotelismo latino e l'influsso della cultura araba (“Dante a un nuovo crocevia” 1981; “Percorsi dell'invenzione”1993; “La felicità mentale” 1983). La Corti non solo si dedica all'insegnamento, ma per la scuola scrive diversi libri di testo: fra gli altri, l'innovativa grammatica “Una lingua per tutti” (1978), che elabora con alcuni giovani collaboratori; non va poi dimenticato che nel suo dinamismo culturale è Accademica della Crusca, fonda e dirige riviste come Strumenti critici, Autografo e Alfabeta e collabora per un breve periodo al quotidiano la Repubblica. Riceve alcuni premi: nel 1989 il Premio Flaiano, l'Ambrogino d'oro e il premio speciale per la letteratura della Presidenza del Consiglio, nel 1999 il premio Ministro dei Beni culturali dall'Accademia dei Lincei, e nello stesso anno il Premio Campiello alla carriera. All'inizio del 2002 ancora attiva e lucida viene ricoverata all'ospedale San Paolo di Milano in seguito a una crisi respiratoria, e il 22 febbraio muore; la salma viene tumulata nella tomba di famiglia a Pellio Intelvi il 25 febbraio.

Il secondo autore, è il grande torinese, che segue con affetto dai suoi inizi.

Alessandro Baricco “Questa storia” Feltrinelli euro 8 (in realtà, scontato 6 euro)

Al solito, mi accosto a Baricco con piacere, forse non sempre risponde alle mie aspettative, ma non è mai un rapporto “bollito”. L’inizio di ‘sto libro mi ha fatto dannare. Non riuscivo ad entrare. Mi stavo spaventando: un Baricco che rompe? Poi lui cambia registro di scrittura, io ne seguo meglio il ritmo, e ci entro dentro, con i piedi e con le scarpe. Mi prende la storia di Ultimo Parri, che voleva ordinare il mondo intorno ad una strada di curve. A volte il cambiamento di scrittura mi riallontana. La parte centrale, tra Caporetto e l’Inghilterra la trovo un po’ faticosa. Bella però l’idea, la genesi di un mondo, e di un amore che forse non è felice, ma quanto è, veramente, amore. Anche quando si è lontani, perché prima di tutto “se ami qualcuno che ti ama, non smascherare mai i suoi sogni”. Poi, forse, se ti farà parte del sogno, se ne riceve molto di più che della vicinanza.

“il proprio mestiere è quello che si fa senza fatica”

“la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo in una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare.”

Alessandro Baricco è nato a Torino il 25 gennaio 1958. Dopo la laurea in filosofia con Gianni Vattimo e il diploma in pianoforte al Conservatorio, pubblica alcuni saggi di critica musicale (“Il genio in fuga” (1988), su Rossini, e “L'anima di Hegel e le mucche del Winsconsin” (1992), sul rapporto tra musica e modernità). Collabora come critico musicale per Repubblica e sulla pagina culturale per la Stampa. Baricco lavora anche in televisione, nel 1993 come conduttore di “L'amore è un dardo”, trasmissione di Raitre dedicata alla lirica e nel 1994 come ideatore e conduttore di un programma dedicato alla letteratura dal titolo “Pickwick, del leggere e dello scrivere”, affiancato dalla giornalista Giovanna Zucconi. Nel 1998 con il regista teatrale Gabriele Vacis cura il programma “Totem”, delle lezioni sull'amore per la lettura a cui seguirà una tournee nelle piazze italiane. Durante gli anni novanta Baricco si afferma pubblicando i romanzi: “Castelli di rabbia” (1991), “Oceano mare” (1993), “Seta” (1996), “City” (1999), “Senza sangue” (2002). Nel 1994 esce “Novecento. Un monologo”, da cui è stato tratto un lavoro teatrale (con Eugenio Allegri e la regia di Gabriele Vacis a partire dal 1994, e con Arnoldo Foà in un nuovo allestimento nel 2003) e un film, “La leggenda del pianista sull'oceano” di Giuseppe Tornatore. Per Feltrinelli pubblica due raccolte degli articoli scritti per la Stampa e Repubblica (“Barnum”, del 1995, e “Barnum 2”, del 1998). Scrive anche, nel 1996, un testo teatrale per la regia di Luca Ronconi: “Davila Roa”, andato in scena al Teatro Argentina di Roma e mai pubblicato. Nel 2002 pubblica “Next” (Feltrinelli), breve saggio sulla globalizzazione. A febbraio 2003 esce “Partita spagnola” per Dino Audino Editore, una sceneggiatura scritta da Baricco nel 1987 a quattro mani con Lucia Moisio, sulla storia di Farinelli, la voce bianca del '700. Nel 2004 pubblica “Omero, Iliade” (Feltrinelli) un lavoro sulla traduzione di Maria Grazia Ciani dell'Iliade da cui Baricco trae un reading teatrale. Nel 2005 passa dalla Rizzoli alla casa editrice Fandango di Domenico Procacci, con cui pubblica il romanzo “Questa storia”. Dopo l'esperienza televisiva ha fondato, insieme ad altri soci, la Scuola Holden a Torino, dove si studiano tecniche della narrazione con uno sguardo multidisciplinare.

Terminiamo con il padano.

Giuseppe Pederiali “Camilla nella nebbia” Garzanti euro 9

Un po’ scontato. Non è Scerbanenco, non è Macchiavelli (Loriano), non è molti altri epigoni del giallo all’italiana. Un maniaco uccide le giovani donne della buona società modenese e poi le traveste da prostitute. Sembra un gioco erotico tra ricchi che si annoiano o una crudele scommessa. Dell'indagine si occupa l'ispettore Camilla Cagliostri, una poliziotta che porta la divisa come un abito di Versace. Spinta da un'ombra atroce del proprio passato, conduce un'indagine che la coinvolge totalmente. Nel libro esce fuori l'altra faccia della ricca Padania, città sontuose, con gente che sa fare i soldi e sa come spenderli e che nasconde i suoi peccati. Ma ben presto si capiscono i fili e i segni. Misteri? Pochi. Fotografia della provincia italiana? Forse, come detto. Ma un po’ poco per farne un classico. Bisognerà rivedere l’ispettore all’opera.

Giuseppe Pederiali è nato a Finale Emilia (Modena) nel 1937. Vive a Milano. Ha fatto il marinaio ed il giornalista. Opera nei suoi romanzi un felice impasto tra fantasy, gialli e realtà. Le sue favole narrative, spesso storico-antropologiche, combinano abilmente la semplicità dell'avventura e l'ambiguità della metafora. Tra i suoi romanzi più noti ricordiamo: “Il tesoro del bigatto” (1980); “La compagnia della selva bella” (1983 e 1992) (Premio Chiavari); “Il drago nella fumana” (1984) (Premio Penne, Premio Sorrento); “Donna di spade” (1991) (Premio Campione d'Italia); “Stella di piazza Giudìa” (1995) (Premio Sirmione - Catullo); “L’amica Italiana” (1998) (Premio Frontino Montefeltro, Premio Fenice Europa; “Padania Felix” (1999) (Premio Estense); “Il paesaggio che verrà” (con Piero e Alberto Angela e Franco Fontana, 2000); “Il lato A della vita” (2001); “L'Osteria della Fola” (2002). Pederiali collabora saltuariamente con il cinema, la radio e la televisione (ha condotto alla RAI la trasmissione "I giorni").

Infine, essendo anche la prima domenica del mese, vi lascio con la tabella dei libri letti nel mese di Giugno:

 





















































































#


Autore


Titolo


Editore


Euro


1


Sélim Nassib


L’amante palestinese


E/O


8,50


2


Ian Potocki


Manoscritto trovato a Saragozza


TEA


s.p.


3


Gianluca Morozzi


Blackout


TEA


7,80


4


Orhan Pamuk


Il mio nome è rosso


Einaudi


s.p.


5


Per Olov Enquist


La partenza dei musicanti


Feltrinelli


8,50


6


Jung Chang


Cigni selvatici


TEA


11,90


7


Janwillem Van de Wetering


Sviluppi nel caso del giapponese scomparso


TEA


9


8


Ronan Bennett


Zugzwang mossa obbligata


Ponte alle grazie


15


9


Giuseppe Pederiali


Camilla nella nebbia


Garzanti


9


10


Khaled Hosseini


Mille splendidi soli


Piemme


s.p.



 

Spero che anche voi abbiate passato una buona estate.

Buon settembre a tutti

Giovanni