domenica 27 gennaio 2008

Slavistica

Questo secondo appuntamento del nuovo anno è dedicato al freddo Nord, con una contrapposizione da paura. Da un lato gli esimi gialli dello svedese mozambicano e dall’altra un capolavoro russo degli anni venti.

Come ricorderà chi ha già letto di Mankell, creatore della saga del commissario Wallander, lo scrittore passa sei mesi all’anno al caldo mozambicano. Qui lo troviamo con due libri, uno recente, di racconti sulla “nascita” del commissario, ed uno, il primo apparire del personaggio.

Hanning Mankell “Piramide” SuperPocket euro 5,50

Storie che si collocano come detto prima del primo Wallander. Tra le altre la prima in assoluto: in un tiepido pomeriggio di giugno del 1969, Wallander viene svegliato di soprassalto da un forte rumore che si insinua nei suoi sogni. Uno sparo. Non gli ci vorrà molto per scoprire il corpo senza vita del suo vicino: una macchia di sangue intorno al cuore, un revolver accanto alla mano. Agente poco più che ventenne, ambizioso e ancora innamorato di Mona, Wallander si trova così a collaborare con la squadra investigativa, di cui da sempre sogna di far parte, una scelta che porta ad amari scontri con il padre. Ma se alla fine di questa indagine avrà commesso molti errori e rischiato la vita, avrà anche dimostrato di avere del talento. Rispetto ad altri serial, questo regge bene anche il ritmo corto. E così Mankell riesce a dare una sistemata alla complessa biografia del commissario: casi di omicidio raccontano un Wallander inedito, che s'impadronisce del mestiere fino a diventare commissario del distretto di Ystad, facendo luce su alcuni aspetti della sua vita finora lasciati all'immaginazione del lettore. Tra l'altro le storie sono anche gradevoli, e permeate di quel “Block da 20 anni dopo” che fa anche il piacere di scorrere i suoi libri, oltre alla sensazione che è il filo di unione di tutto Mankell: l'inquietudine del presente.

Hanning Mankell “Assassino senza volto” Marsilio euro 8

Invece qui siamo alla prima storia di Kurt Wallander (finalmente in economica). In una Svezia di venti anni fa che sembra l'Italia di oggi. Sei mesi di vita nel commissariato di Ystad che passano in un baleno. Una giornata di gennaio, in un paese della Svezia, un contadino scopre che i suoi vicini, una coppia di vecchi contadini, sono stati assaliti e picchiati barbaramente. Incredulo di fronte a tanto sangue, avverte la polizia. Kurt Wallander accorre subito alla chiamata della centrale e quello che vede è peggio di quanto avesse immaginato. L'uomo è stato torturato e colpito fino alla morte, la donna è ancora viva e anche lei vittima di una violenza senza ragione. Prima di morire sussurra le sue ultime parole: "Straniero, straniero". Basta una fuga di notizie e i cittadini organizzano una caccia all'uomo. Wallander deve arginare la loro determinazione a farsi giustizia da soli. Lettura agile, con qualche spunto (il famoso giallo sociale alla svedese). Relax.

E sulla biografia di Mankell non ritorno.

Ed ora passiamo al grande russo, che (facendo pace con quelli che tratto male) mi è decisamente piaciuto.

Michail A. Bulgakov “Cuore di cane” BUR euro 5

Una delle tante “riprese”. Ed anche qui, senza delusioni. Certo l'autore non è proprio un pivello, ma avevo paura di una scrittura datata. Invece, scorre fresca per tutto l'apologo. Piena di verve, inventiva, citazioni (le cantate del dottore sull'aria dell'Aida sono da sballo), rimandi. Scritto negli anni Venti, la storia del cane Pallino, trasformato in uomo con un singolare esperimento scientifico da fabbricanti di mostri, assurdamente strappato al proprio mondo e costretto ad adattarsi a nuove, distorte e difficili condizioni di vita, è la personificazione del proletario vittorioso, ma ancora gravato dalle catene di una condizione subumana. E più universalmente, vittima completamente sradicata dalla storia, è l'emblema di un essere che non è più soggetto della propria esistenza. Da leggere, rileggere e meditare: guasti dell'estremismo e tronfietà del perbenismo. In tutto ciò, al meglio ne escono i cani.

E per finire parliamo invece di Michail Afanas'evič Bulgakov nato a Kiev il 15 maggio 1891 (un altro toro!). Era primogenito di un professore di storia e critica delle religioni occidentali, Afanasij Ivanovič Bulgakov. I figli di Afanasij, arruolati nell'esercito, si sarebbero poi stabiliti a Parigi. Michail Bulgakov fu arruolato come medico e fu inviato nel Caucaso, dove iniziò a fare il giornalista. Nonostante fosse relativamente benvoluto da Josif Stalin, a Bulgakov fu sempre impedito di uscire dall'Unione Sovietica o di andare a far visita all'estero ai suoi fratelli. Nel 1913 Bulgakov sposò Tat’jana Lappa. Nel 1916, si laureò in medicina, con menzione d'onore, presso l’Università San Volodimir di Kiev. Nel 1921, si trasferì con Tat’jana a Mosca. Tre anni dopo divorziò dalla prima moglie e sposò Ljubov' Belozerskaja. Nel 1932 Bulgakov si sposò la terza volta con Elena Šilovskaja. Nell'ultimo decennio della sua vita, Bulgakov continuò a lavorare all'opera Il maestro e Margherita, scrisse commedie, lavori di critica, storie ed eseguì alcune traduzioni e drammatizzazioni di romanzi. Tuttavia, la maggior parte delle sue opere rimase per molti decenni nel cassetto. Nel 1938 scrisse una lettera a Stalin chiedendo il permesso di fare un viaggio all'estero o altrimenti di ottenere qualsiasi lavoro in un teatro. Qualche tempo dopo ricevette una telefonata dal dittatore in persona che gli negava la possibilità di espatriare, ma gli prospettava un impiego al Teatro Accademico dell'Arte di Mosca, non però come drammaturgo. Bulgakov morì per una malattia congenita ai reni il 10 marzo 1940 e fu sepolto nel Cimitero Novodevichy di Mosca.

venerdì 18 gennaio 2008

Tre primizie napoletane

E TRAME ... E MARTE

E tre cambiamenti: il titolo, l’impaginazione e la cronologia.

Cominciamo dal fondo: invece di mettere il giorno, mese, anno, ho deciso di passare alla numerazione settimanale (prima, seconda , … , cinquantaduesima).

Per l’impaginazione, mi sembra meglio isolare il narrato di ogni libro, mettendo la mia trama e (ove ritengo) un più o meno sunto biografico.

Il titolo invece è preso da due versi del prof. Angelino Orini, chiosatore di una Opera Prima di cui prima o poi vi parlerò, che, finendo i suoi giorni come docente di Filologia Italiana presso l’A.U.C. (American University of Cairo), si diletta anche di poesia, e mi regalò questi due versi che ben descrivono quello che sento adesso:

“E TRAME ORDIVA L’INGENIOSO ACHEO

E MARTE UDIVA PIANGERE ODISSEO”

Come tutte le prose dell’Orini, anche questa nasconde qualche cosa. Che cosa?

Ma veniamo al menu di questa prima settimana del 2008.

Si parlerà oggi di opere prime, tutte e tre ambientate a Napoli.

Andiamone a parlare. in ordine crescente di piacevolezza.

Salvio Formisano “L’accordatore di destini” Meridiano Zero euro 9

Opera prima molto discontinua. In parte sembra voler cominciare qualcosa di importante, per cambiare il brutto intorno a noi. E poi ricade nel proprio ombelico, commiserazione di essere qualcosa ma non volerlo e non saperne uscire. Vagando senza sosta dalle colline di Posillipo al lungomare di Mergellina, mescolato alla gente che affolla le strade di Napoli, un uomo spia le vite degli altri. I casi di cui deve occuparsi per conto di un'agenzia investigativa privata gli mettono quotidianamente davanti le miserie umane. Ore passate a camuffarsi, ad appostarsi, a pedinare, solo per scoprire esistenze grette, rovinate dal caso, dalla noia, uomini che maltrattano donne, donne che umiliano uomini, fino all'insopportabile, e il tradimento che si configura spesso come l'unica via di fuga dal presente. E così che il protagonista comincia a pensare di intervenire direttamente in quelle vite che dovrebbe solo indagare, di redimere quanto in realtà sarebbe pagato per mandare a fondo. Uscendo pian piano dal suo ruolo di investigatore, entra nei panni di un insolito accordatore di destini, chiamato a porre rimedio all'insipienza e alla casualità dell'esistenza altrui. Ma questa volontà di modificare il fato degli altri, per salvarli, lo porterà fino a un punto da cui non è più possibile tornare indietro. Ma pi alla fine un po' si perde. Da rivedere.

“siamo quello che facciamo, la vita che viviamo. Quello che ci capita. O quello che ci facciamo capitare”.

Salvio Formisano è stato rappresentante di commercio, tecnico aeronautico, produttore cinematografico, finché ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Ha firmato già diversi soggetti e sceneggiature per il cinema.

Passiamo ad una primizia più articolata.

Renata Di Martino “Quattro piume per l’assassino” Avigliano euro 9

Un giallo ambientato a Napoli. Ottima prima uscita per la restituzione di un'atmosfera napoletana “verace”. Ed ottimo il commissario. A Napoli, nei vicoli dei Quartieri Spagnoli, si aggira uno strano serial killer. Le sue vittime sono giovani donne bionde, strangolate e abbandonate con una piuma di pulcino tra le dita. Per questo la gente lo chiama il Pulcino. A indagare sui delitti è il commissario Crescenzo Criscuolo, dall'aria dolente e dimessa, ma in realtà dotato di grande intuito investigativo e di un'innata ironia. Dal momento che il Pulcino può essere chiunque, tutti sono sospettabili. La vera anima del romanzo è, però, Napoli, di cui rimangono impresse le vivide descrizioni di luoghi (da Vico d'Afflitto a vico Santa Maria delle Grazie, da Via S.Brigida a Porta Nolana) e le affettuose istantanee delle giovani vittime, ignare nei loro abiti dozzinali ma alla moda del triste destino che le attende. Il giallo in sé è forse un po' troppo scontato, prevedibile. Ma si spera nell’uscita di un secondo libro.

“Cose 'e pazze! Un serial killer ai Quartieri Spagnoli!” “noi, a Napoli, non ci facciamo mancare proprio niente”.

Renata Di Martino vive a Napoli ma è nata a San Pietro Avellana (Isernia), in una famiglia di origine contadina, con papà maresciallo, mamma casalinga, un fratello e una sorella. Infanzia abbastanza serena, adolescenza trascorsa in collegio mentre la famiglia si trasferisce a Napoli, dove il padre trova un lavoro di custode demaniale. Dopo la scuola magistrale, già a diciassette anni insegna e sceglie i paesetti montani del Molise. Si iscrive alla Scuola di assistenza sociale, per ottenere un altro diploma e poter insegnare alle superiori.. Cosa che fa per vent’anni. Mentre insegna, si iscrive anche alla facoltà di giurisprudenza, e frequenta il mondo teatrale. Fonda la cooperativa “Gli specchi”, con la quale recita per diverso tempo e poi lavora con Tato Russo per “Hotel Excelsior” e “L’Opera da tre soldi”. E’ anche cantante. Quindi approda alla letteratura.

E finiamo in bellezza con

Maurizio de Giovanni “Il senso del dolore” Fandango euro 10

Bella questa opera prima. Mi è piaciuto praticamente tutto: l'idea del commissario che vede/sente il dolore, l'ambientazione napoletana, la storia in sé come giallo e la sua soluzione. Napoli, 1931. Marzo sta per finire, ma della primavera ancora nessuna traccia. La città è scossa dal vento freddo e da una notizia: il grande tenore Arnaldo Vezzi – voce sublime, artista di fama mondiale, amico del Duce – viene trovato cadavere nel suo camerino al Real Teatro di San Carlo prima della rappresentazione di Pagliacci. La gola squarciata da un frammento acuminato dello specchio andato in pezzi. a risolvere il caso è chiamato il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, in forza alla Squadra Mobile della Regia Questura di Napoli. Investigatore anomalo, mal sopportato dai superiori per la sua insofferenza agli ordini ed evitato dai sottoposti per il carattere introverso. Forse mi aspettavo qualcosa in più sul lato amore, anche se qualcosa si intuisce. Speriamo che abbia un seguito (in fondo il sotto titolo era “L'inverno del commissario Ricciardi”, quindi aspettiamo le altre stagioni).

Maurizio de Giovanni è nato nel 1958 a Napoli, dove vive e lavora. Nel 2005, con il racconto "I vivi e i morti", protagonista il commissario Ricciardi, vince il premio nazionale Tiro Rapido per giallisti esordienti. Questo è il suo primo romanzo, pubblicato nel 2006 con il titolo “Le lacrime del pagliaccio”, ora rivisto e aggiornato per Fandango Libri.

domenica 6 gennaio 2008

Capodanno

Questa chiusura di mese coincide con la chiusura dell’anno, la chiusura del lavoro e chissà quante altre chiusure. Ma poiché ogni chiusura prelude (ipotizza) un’apertura, immaginiamo che questa fine sia anche un inizio.

Inoltre, il prossimo anno, il 2008 è ancora vuoto, ha tutte le pagine bianche e bisognerà riempirlo. Intanto, prendo a prestito un anagramma di Ennio Peres per trarmene una epigrafe “amore e lavoro, non a tutti li dà” (e spero che abbiate già fatto in fretta il contro-anagramma).

Ed allora chiudiamo quest’anno parlando di un libro di un egiziano (citando la mia arabofilia) che mi è abbastanza piaciuto anche se sono arrabbiato per le solite quarte di copertina e lanci editoriali vari (citando la mia astiosità anti-editoriale).

Parliamo infatti di

‘Ala Al-aswani “Palazzo Yacoubian” Feltrinelli euro 7,50

Chissà perché, infatti, quando si propaganda un libro che viene dai paesi arabi sembra che bisogna sempre solleticare una vena comica (o quanto sono buontemponi questi arabi che anche nel casino riescono a sorridere). La saga degli abitanti di un palazzo costruito al Cairo negli anni trenta. Storie parallele, vite che scorrono una accanto all'altra senza mai incrociarsi. Un palazzo che contiene in sé tutto ciò che l'Egitto era ed è diventato. Oltre ai numerosi protagonisti, in questo romanzo campeggia la denuncia della società, della politica egiziana e dei movimenti islamisti. Beh, questo palazzo non fa sorridere, né è un libro “facile”. Pieno di citazioni (implicite ed esplicite) ai guasti dell'arabismo. Contro le sue (e nostre) ipocrisie. Pamphlet più che romanzo. Triste e senza speranza. Per chi ha in mente Il Cairo, poi, un bel viaggio nella memoria (con piazza Tala' Harb su tutte: ma perché non cita la mitica libreria?).

Riguardo all’autore, Ala Al Aswani è nato nel 1957. È un dentista che vive ed esercita il suo mestiere in Egitto. L’indirizzo del suo primo studio era proprio quello: Palazzo Yacoubian, Il Cairo. Già collaboratore di giornali e riviste egiziane, nel 2002 ha avuto questa brillante idea di prendere a raccontare le storie e le umane vicissitudini che le pareti di quel glorioso e particolare palazzo – costruito da un miliardario armeno negli anni ’30 – hanno visto intrecciarsi al proprio interno. Fatto sta che Ala Al Aswani – co-fondatore del movimento di intellettuali Kifaya che lotta per i diritti civili ed il progresso democratico – descrivendo un variegato intreccio di storie e personaggi ha ottenuto un fantastico successo nel mondo arabo, ponendosi, come numero di copie vendute, addirittura subito dopo il Corano.

 

Ma essendo anche fine mese, ecco l’elenco dei libri letti il mese scorso:

























































































































Autore


Titolo


Editore




Jerome K. Jerome


Tre uomini in barca


Rizzoli


6,80


‘Ala Al-aswani


Palazzo Yacoubian


Feltrinelli


7,50


Jack Kerouac


Poesie Beat


Newton Compton


5


Henning Mankell


Assassino senza volto


Marsilio


8


Rossana Campo


In principio erano le mutande


Feltrinelli


6,50 (4,55)


Maurizio de Giovanni


Il senso del dolore


Fandango


10


Enrico Franceschini


Avevo vent’anni


Feltrinelli


8,50 (5,95)


Erri De Luca


In nome della madre


Feltrinelli


7,50 (5,25)


Alicia Gimenez-Bartlett


Nido vuoto


Sellerio


13 (11,05)


Salvio Formisano


L’accordatore di destini


Meridiano Zero


9


Sandrone Dazieri


E stato un attimo


Noir – la biblioteca di Repubblica


7,90


Renata Di Martino


Quattro piume per l’assassino


Avigliano


9


Giorgio Scerbanenco


I milanesi uccidono al sabato


Noir – la biblioteca di Repubblica


7,90


Gianni Biondillo


Con la morte nel cuore


TEA


8,60


Michail A. Bulgakov


Cuore di cane


BUR


5


Azar Nafisi


Leggere Lolita a Teheran


Adelphi


10


Paul Auster


La notte dell’oracolo


Einaudi


9,80 (6,86)


Carlos Ruiz Zafon


L’ombra nel vento


Mondadori


12 (10,20)


 

 

BUON 2008 a tutti

Giovanni

Beckeide

Per chi non lo conoscesse, dal nome del commissario Martin Beck, svedese, creato a cavallo degli anni ’70 dei coniugi Maj Sjowall e Per Wahloo. Di loro parlai all’uscita del primo titolo della serie (Roseanna). Ora ne è uscito durante il 2007 un blocco, al cui termine di lettura ecco qui a narrare.

Come al solito, piccola lancia contro gli editori italiani che, del progetto Beck (pubblicare 10 libri che seguissero per 10 anni il commissario, facendone un serial che, di pari passo, seguisse l’evolversi della società svedese) se ne “fregano”, e, dopo il primo di discreto successo, hanno qui pubblicato le inchieste 3,4 e 9.

Tra l’altro i coniugi adottano lo stile di scrivere un capitolo a testa, alternandosi (ovviamente dopo aver deciso il plot generale), per poi rivedere ed amalgamare il tutto alla fine della stesura.

Il senso di queste scelte editoriali, che privano di parte del piacere della lettura?

Non vedendone gran che, mi limito alle mie trame. Ed allora nell’ordine

“L’uomo al balcone” Sellerio euro 11

Terza inchiesta del commissario Beck, ambientata fine anni ’60 nella Svezia dei cambiamenti. Nell’intenzione degli autori, le prime tre inchieste (e quindi questa è l’ultima della prima serie), si sarebbero occupate prevalentemente di “crimini”. Qui infatti, Stoccolma è sconvolta da una serie di omicidi a sfondo sessuale. Le vittime sono delle bambine innocenti, adescate mentre giocano nei parchi della città. I pochi testimoni le hanno viste intrattenersi amichevolmente con un uomo. Evidentemente l'assassino riesce a guadagnare la loro fiducia. Il commissario capo della polizia di Stoccolma Martin Beck coordina gli investigatori, e, come diceva Maigret di se stesso, "non pensa mai"; segue le tracce che il lavoro gli porge: il lavoro di strada, sui testimoni fortuiti e distratti, sugli ambienti che si riesce a circoscrivere. E aspetta che qualcosa succeda nell'inchiesta: ed è questo, aspettare, la sua abilità principale; insieme alla memoria. Seppure con qualche lungaggine dovuta all’età, mi sembra di piacevole lettura.

“Il poliziotto che ride” Sellerio euro 12 (pagato €10,20)

Quarta inchiesta, e prima del filone più politico. In una Stoccolma "calda", dove la polizia è impegnata ad arginare le proteste antiamericane per la guerra in Vietnam, avviene una strage: i nove passeggeri di un autobus vengono uccisi a colpi di mitra. Tra le vittime c'è anche un sovrintendente che è il più giovane collaboratore di Martin Beck. Il poliziotto è rimasto coinvolto casualmente o era proprio lui nel mirino del folle omicida? Di quale caso si stava occupando? Cosa ci faceva su quell'autobus visto che non risultava in servizio? Sembra che nessuno dei colleghi o dei familiari sappia rispondere a questi interrogativi. In effetti ci sono un po’ di tirate, che sicuramente erano molto forti all’epoca, ma che adesso lasciano un po’ la corda (forse una bella nota introduttiva?). Però il giallo è ancora attraente ed avvince fino in fondo.

“Un assassino di troppo” Sellerio euro 12

Penultima inchiesta del commissario Beck. Nel pieno del ritmo contestativo della socialdemocrazia svedese, piena di sparate sulla tolleranza repressiva e sull’uso normalizzatore della polizia. Qui gli autori escono sempre più allo scoperto. Le digressioni politiche sono fatte in prima persona. La storia si regge e non si regge. Storia della morte di un poliziotto che si sovrappone alla morte di una donna, e dove implicato (veramente o ingannevolmente) è anche l’assassino del primo romanzo di Beck. Dal punto di vista noir le prime storie continuano ad essere le migliori. Ma visto che sono un lettore seriale (lettoriale?), mi sono sciroppato anche questa.

Avendo già parlato degli autori, vi saluto in vista della fine dell’anno in Turchia.