In
questa solitaria trama novembrina, salutando nuovi lettori cui rimando al PS,
tra il ritorno di un bellissimo viaggio in Botswana e l’attesa di un
problematico Natale, eccoci a girare per l’Italia, con alcuni spunti “noir”, di
media resa. Giriamo dal Molise di Morlacchi alla Sardegna di Soriga, dalla
Napoli di Elda Lanza alla Roma di Alice Gazzola. Con spunti di nero, ma anche
con tanti spunti di italica pragmaticità. Meglio i secondi, in ogni caso.
Patrizia Morlacchi “Hanno ammazzato il Guercio” Repubblica Italia Noir 35
euro 7,90
[A: 26/01/2017 – I: 01/06/2018 – T: 03/06/2018] - &&&
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 187;
anno 2016]
Direi
un buon risultato questa collana che risente spesso di alti e bassi, a volte
uniti a scelte editoriali non sempre felici. Qui invece abbiamo l’opera seconda
di Patrizia Morlacchi, una lombarda di nascita ma molisana d’adozione dopo aver
sposato un notaio ed essersi trasferita in questa non molto frequentata regione
italiana. L’opera prima era ambientata nel Salento, come ho appreso dalla rete,
ma aveva sempre come protagonista ed investigatore Eraldo Sparvieri, un bel
nome e cognome italico. Perché non si può non pensare al grande Eraldo
Monzeglio, calciatore bi-campione del mondo. E quello Sparvieri come simbolo
araldico dedicato a Marte, nonché uccello rapace eurasiatico. Ma stiamo al
solito divagando. Perché, detta della genesi, il libro non proviene da collane
minori, come spesso accade in questa collana, ma è stato espressamente scritto
per Repubblica, in quanto poco si aveva, nel Giro d’Italia in Nero, sul Molise.
Quindi, il nostro Eraldo, dopo aver risolto il caso salentino, si trova ad
accettare il trasferimento nel natio Molise, nell’immaginaria località di
Corniola, che collocherei a nord di Termoli, in una zona tra mare e collina. Ma
poco importa la sua ubicazione, quello che ci preme è, nelle generali
descrizioni di luoghi e tipicità, il risalto che viene dato a due fattori: la
collocazione di una cittadina su colline, o premontanità, che consentano di
vedere, o andare, presto in un mare, l’Adriatico che, per quanto poco presente
nella mia maturità, tanto spazio ha avuto nella mia infanzie e nella mia
giovinezza. L’altra è il legame con odori e sapori, soprattutto questi ultimi
legati al mangiare, come i cavatelli, che proprio qui hanno origine, o dei
formaggi pesanti ma saporosi, come il caciocavallo di Agnone, per finire con la
non sempre frequentata, ma di gusto pieno, cipolla di Isernia. In questa
ambiente che mi fa fare salti indietro nel tempo (dimenticavo di passaggio un
saluto a Nicoletta e la sua Capracotta), la scrittrice ambiente una storia dal
doppio binario nero, con alcuni personaggi interessanti, ed altre tipicità non
solo molisane ma italiane a tutto tondo. C’è l’inchiesta nera, quella che dà il
via al libro, quando un personaggio locale, soprannominato “il Guercio” (e vi
sfido a trovarne il perché) viene trovato ucciso in malo modo (diremmo in modo
mafioso). Sparvieri indaga, e nell’indagine da una parte trova alleati nella
“parte buona della società”: un direttore di banca onesto, un altrettanto ben
disposto notaio (forse un piccolo omaggio alla famiglia) ed un vice-procuratore
donna alle prime armi, ma molto combattiva. Dall’altra c’è il piccolo e grande
mondo della politica e del malaffare: l’immancabile ex-onorevole democristiano,
ora ottantenne, ma sempre con le mani in pasta, il sindaco rampante, gli
addetti alle Divisioni Territoriali, sempre in prima linea nella corruttela.
Poi c’è lo stesso Guercio, che dovrebbe essere un dottore, con tanto di clinica
della salute, moglie belloccia para-estetista, ed un tentativo, dei due, di
entrare nei giri locali. Sparvieri, guidato da una catena di lettere anonime,
fa, con l’aiuto dei suoi sodali, un grande ripulisti del malaffare locale, su
cui torneremo. Ma noi, e lui, fin dall’inizio subodoriamo che la morte poco sia
legata alla politica, per il modo troppo palese di evocare. E molto,
probabilmente, sia invece legata a motivi personali e privati. Tanto che viene
allo scoperto attraverso un verso di una canzone di Baglioni (ah, ahi, ahi) ed
il cattivo uso della grammatica italiana. Questa è la fine della parte nera,
che vi lascio indagare. Mentre vorrei tornare sul giro legato alla corruzione,
che è di una bellezza cristallina: ci sono terreni agricoli non edificabili che
una società di comodo acquista a prezzi stracciati. Poi la stessa società
chiede l’autorizzazione al comune di trasformarli in edificabili. Il comune,
per non sporcarsi le mani, tace. La società quindi, dopo 60 giorni, è
autorizzata a chiedere una sentenza del TAR. Il TAR nomina dei periti, in
genere poco legati alla territorialità indicata. Che ovviamente non si curano
di entrare nel merito, ed emettono una sentenza liberatoria per la società.
Così alla fine si edifica, a prezzi centuplicati, senza che, palesemente, né il
comune, né il TAR né altri possano essere direttamente imputati. Meccanismo
democristianamente di una precisione chirurgica. Insomma, non mi ha stravolto,
ma non mi è dispiaciuto. Un solo appunto culinario. L’ottima Vera, moglie di
Eraldo, organizza un’ottima cena (tortino di alici, spaghetti allo zafferano,
sarago) ma la corona con un dolce che non utilizzerei mai: le pesche Melba
(ricordo ai profani, ricetta francese del grande Escoffier per omaggiare la sua
grande passione, la cantante d’opera Nellie Melba, con pesche, gelato alla
vaniglia e sciroppo di lamponi: distante anni luce da una caprese di
Alessandra).
Flavio Soriga “Metropolis” Repubblica Italia Noir 12 euro 7,90
[A: 11/10/2016 – I: 16/07/2018 – T: 19/07/2018] - &&&
-
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 283;
anno 2013]
Ci
sono un paio di cose che non mi dispiacciono in Flavio Soriga: la capacità di
intrecciare storie ed il suo amore per la Sardegna, nel solco del più sardo
degli scrittori sardi. Quel Sergio Atzeni di cui ricordo quel mitico, postumo
“Passavamo sulla terra leggeri”, da cui Soriga ha preso lo spunto per quel
bellissimo festival di letteratura che si svolge ogni anno tra Sassari e
Alghero. Ma di Atzeni parleremo, forse, altrove. Qui, tornando al libro, devo
dire che è un po’ stretto nella connotazione “Noir” che ne dà Repubblica. Certo
c’è un morto, certo c’è un’inchiesta, c’è un investigatore ed una soluzione.
Tra l’altro l’investigatore è il capitano Martino Crissanti, già protagonista
del primo libro di Soriga, “Neropioggia” che non ho letto ma che prima o poi …
Ma questi sono solo spunti per parlare di tanto altro: di rapporti umani e di Sardegna.
O meglio di quell’eponimo sardo che è Cagliari con il suo mondo. Liquidiamo
allora velocemente la parte noir: c’è una morta, orrenda sfigurata nello
stabilimento Karalis (ricordo per i non addetti che questo non è che l’antico
nome proprio di Cagliari), uno dei tanti che si affacciano nella spiaggia di
Poetto. È un’illustre cittadina, discendente di una famiglia potente del
cagliaritano. È Giulia Hernandez di San Raimondo, e già dal nome capiamo che
l’inchiesta non sarà facile. Giulia è una donna molto, molto libera, piena di
rapporti, di amori. Ma anche con possibili risvolti alla stirpe degli Hernandez
ed ai loro affari, in città e per tutta l’isola. Il nostro capitano, comunque,
dopo aver girato a vuoto per un bel po’, riesce a focalizzare il problema
scoprendo che la morta ha un doppio legame: con Jane, la moglie del fratello, e
con lo scrittore Aureliano Demontis. Dopo aver sfrondato il problema di tutti i
rami secchi, è nel triangolo di zeriana memoria che si appuntano le indagini. E
dove si troverà la soluzione. Tuttavia, questa storia potrebbe essere risolta
in una cinquantina di pagine. E il resto? Come detto, da un lato i rapporti.
Certo, interessanti quelli di Giulia con il sesso, con Aureliano, con Jane, ma
anche con tanti altri, compreso uno dei miti locali, anche per Crissanti, il
cantautore Valdemaro Cristobal. Servono un po’ ad intorbidire le indagini, ma
anche ad illustrare la solitudine di chi cerca una soluzione alla propria vita
solo nel sesso. Cosa che cercava anche il nostro Martino, se non che, fin
dall’inizio della storia, vediamo che il capitano si rapporta, sempre più
intensamente, con la simpatica Anna Sofia. Con cui non solo instaura un
bellissimo rapporto, ma da cui scopriremo alla fine che aspetta anche un
volutissimo pargolo. Poi c’è la Sardegna, poi c’è Cagliari. E non solo la
spiaggia. Ma la vita seral-notturna tra aperitivi, chiacchiere ed iniziative
varie. Compresi, immancabilmente, accenni alla musica. E non è un caso che una
delle punte della musica attuale sia il trombettista e poli-strumentista sardo
Paolo Fresu (bellissime sonorità, se non lo conoscete dovete assolutamente
sentire “Almeno tu nell’universo”, in duo con Danilo Rea, meraviglioso!). E le
passeggiate: da Castello a Porta San Pancrazio, passando per le torri pisane,
le processioni per Nostra Signora di Bonaria, la Basilica del patrono della
città, San Saturnino. Ma gli intrecci di Soriga vanno anche al di là. Portano a
storie di appuntati e marescialli, storie di bagnini, storie di reading e di
suoni (in cui Soriga mette molto, tanto delle sue vicende private, dei suoi
amori, delle sue frequentazioni). Certo, in ogni romanzo, spesso il personaggio
principale è un alter-ego dello scrittore, con tutti i distinguo del caso. Ma
non è un caso che in “Sardinia Blues” uno dei protagonisti sia talassemico come
il nostro Flavio. Ed è forse un caso che Crissanti ami la musica e la
scrittura? E che si interroghi sulla paternità, come anche Soriga fa in qualche
intervista su diversi quotidiani? Rimane l’ultimo dubbio su quel titolo
“Metropolis”, mutuato tra greco ed inglese per una città di grandi dimensioni,
tanto che, sintatticamente, in italiano va ad indicare una città con più di un
milione di abitanti. Cagliari non arriva a 200.000 unità, quindi più che
un’etichetta, una possibilità, una voglia di essere più grande, diversa. Come
diversi vorrebbero essere i personaggi che pullulano l’interessante scritto di
Soriga. Un autore da tenere comunque presente.
“C’è gente che legge libri tutta la vita e
sa tutto, ma ugualmente non capisce nulla, assolutamente nulla di nulla.” (69)
“Dopo i trent’anni, nello sport come per la
seduzione, l’importante non erano i risultati ma il miracolo di avere ancora
voglia di accettare le sfide.” (113)
Elda Lanza “Il venditore di cappelli” Salani euro 9,90 (in realtà,
scontato a 4,95 euro)
[A: 23/09/2016 – I: 22/08/2018 – T: 24/08/2018] - &&&---
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 463;
anno 2014]
Siamo
al terzo episodio della saga di Max Gilardi, con un andamento devo dire molto
altalenante. Ricordo che la più che novantenne scrittrice fu la prima signorina
buonasera nei primi anni ’50, e che da meno di dieci anni ha cominciato a
redigere la saga di questo signore. Ricordo anche che il primo libro (“Niente
lacrime per la signorina Olga”) l’ho giudicato interessante, pur nella
complessità di una vicenda e di un percorso di vita. Mentre il secondo libro
(“Il matto affogato”) mi è sembrato inutile, un po’ stiracchiato e sicuramente
poco coinvolgente. Ora, in questa terza prova, la china si risale con una
scrittura sempre un po’ attorcigliata, ma con una trama, nel fondo, abbastanza
lineare. Pur se, per decifrarla, impieghiamo, sia io che l’autrice, un congruo
numero di pagine. Cominciò nel primo libro con Gilardi commissario al Nord, pur
essendo napoletano verace. La sua storia con la bella eritrea, uccisa in un
conflitto a fuoco, le dimissioni ed il ritorno a Napoli come avvocato. Ora, Max
è “solo” avvocato, con il suo studio ben avviato, ed il giro di amici e
conoscenti nella Napoli “bene”. Questa è la parte più pallosa di tutto lo
scritto. Feste, barche, Ischia, circolo nautico e tante altre inutili
esibizioni di soldi e mondanità. Non si vede l’ora di tornare ai Quartieri
Spagnoli, a San Domenico, magari con una pastiera da Scaturchio ed una visita
al Cristo velato. Magari finendo per via dei Tribunali ed una pizza fritta. In
questa Napoli a volte fasulla (ma forse non tanto, se poi conosci la gente che
sta al Vomero ed altre amenità), si snoda la vicenda di Domenico Sarli, il cappellaio
del titolo. Terza generazione di venditori di cappelli, tutti di nome Domenico,
ma grandi solo per le capacità e l’imprenditorialità di nonno Domenico. Che
papà Domenico vivacchiava, ed il figlio, ora, sembra proprio non sapere dove
mettere le mani. O la testa (ah, ah). L’intreccio comincia con il ritrovamento
di un corpo bruciato ed irriconoscibile trovato alla marina. Poi con la
scomparsa di Domenico. Ma dopo venti giorni, il nostro ricompare, con al
braccio la neo sposa, la rumena Ermeline. Che sarà per un mio atavico senso di
incomprensione con quel popolo, già dalle prime pagine mi puzza. Non solo
perché fa il filo a Gilardi (d’altra parte sono problemi suoi), ma per come si
comporta in quel “gran mondo”: un po’ prima donna, un po’ cameriera. Dopo un
paio di mesi di vagabondaggi in cui seguiamo Max di festa in festa, al seguito
dei suoi amici di buon lignaggio (economico), Domenico sparisce di nuovo, ed
Ermeline subisce uno strano furto. La bella rumena torna scornata in patria,
per poi riapparire, altri mesi dopo, come organizzatrice di eventi. In tutto
ciò, analisi del DNA ed altre indagini, un po’ alla “CSI – New York”, portano
Max ed i poliziotti ad individuare in Domenico il primo morto. Ma allora chi
era il Domenico comparso con Ermeline. Scopriremo, ma non ci sono misteri
particolari, che è tutto un giro di camorra e di soldi, di prestanome e di
truffe in grande stile. Di partite a carte truccate ed altre amenità. Non ci
sorprende che Ermeline fosse coinvolta, e con Max supponiamo (o meglio
sappiamo) che era sicuramente uno dei motori delle truffe. Ma Ermeline,
scoperta la morte anche del suo secondo accompagnatore, si fa prendere dallo
spavento, vorrebbe passare tra i testimoni di giustizia. Ce la farà o si
affiderà a persone sbagliate? Questo lo scoprirete leggendo il libro. Che
intanto, un nuovo filone si apre, e lo seguiamo con più passione. Che in una di
queste stravaganti feste, Max conosce la super-giovane Paola, disegnatrice di
talento e proponitrice di modelli di tessuti e gioielli. Per scacciare brutti
ricordi e nuove brutte fantasie, Max comincia a frequentarla. E verrà travolto
dall’esuberanza e dalla solarità di Paola. Che sarà anche utile alle indagini,
quando, disegnando uno dei “Domenico” fa scoprire la differenza tra il primo ed
il secondo. Ma quello che ci preme di più è il rapporto di allegria che si
instaura tra Max e Paola. Prima, oltre che per le piccole follie che fanno,
anche per la nascita di una bella bambina di nome Alice. Poi per il matrimonio
(senza fede al dito, che quando si ama non c’è bisogno di mostramenti
esteriori: lo si sa, e basta). Poi altro. Spero che la nostra signorina Elda
non decida di mandare a male “anche” questo rapporto, non potrei sopportarlo.
Per tornare ai commenti iniziali, la profusione di feste ed altro ingenera sin
dall’inizio un sovraccarico di nomi e situazioni che rende difficile seguire in
maniera lineare cosa sta realmente accadendo. Non so se voluto o meno, ma avrei
preferito qualche guazzabuglio in meno. Comunque il testo risale, non proprio a
livelli di pienezza, ma sicuramente per gradevoli gradini evolutivi. E se avete
altre assonanze, ben vengano. Per ora, un saluto ed una sfogliatella.
Alessia Gazzola “Una lunga estate crudele” TEA euro 12 (in realtà,
scontato a 10,20 euro)
[A: 28/05/2016 – I: 09/09/2018 – T: 11/09/2018] - &&
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 313;
anno 2015]
Mi
incuriosisce capire perché l’esimia Giulia Fiore lo metta tra i libri che
potrebbero renderci felici. Intanto, per me è solo un nuovo capitolo della saga
dell’allieva anatomo-patologa Alice Allevi (ricordo che in un mio precedente
scritto avevo sviscerato l’uso di mono-lettere per i suoi personaggi). Un
serial che prosegue con una sua scrittura di facile presa, con un buon successo
di vendite, anche sostenuto dalla serie televisiva, con la nostra Alice
interpretata da Alessandra Mastronardi. Purtroppo, però, dopo le prime prove
più interessanti, questo quinto libro si trascina un po’, certo mescolando al
solito pubblico e privato. Ma Alice non ha più il piglio arrembante da allieva
di Tempe Brennan (ricordo che, nel mio immaginario, niente mi toglie dalla
testa fino ad ora, che questo sia un tentativo di fare un “Bones in salsa di
pomodoro”). Tra l’altro, il lato pubblico, quello dell’indagine, è molto
diluito, non ci vengono date più le notizie su come, su cosa, su ricerche che
Alice (ma forse sarebbe meglio dire il suo capo Claudio) effettua sui morti.
Con un prologo ed un epilogo che spiegano tutto quello che c’è da spiegare e
capire (tanto che forse li avrei eliminati; leggi questi e lasci perdere le
restanti 300 pagine). In una stanza segreta di un teatro di periferia dedicato
al teatro shakespeariano (un po’ come il Globe Theatre di Villa Borghese) viene
trovato un corpo. Si tratta di Flavio, un attore scomparso una ventina di anni
prima. Attore promettente, molto gay ed un poco etero. La compagnia del tempo
si sfasciò, ma non Sebastian, l’altro attore promettente, che invece sfonda. Ed
è da lui che l’ispettore Calligaris parte, portandosi a rimorchio la nostra
Alice. Si scava nella vita familiare di Sebastian, con moglie Stella, figlio
Matteo e tata Nicole. Flavio era gay ed innamorato di Sebastian, che stava un
po’ qui ed un po’ lì. Nel cast c’era Diana, innamorata persa di Flavio, con cui
andò a letto e generò una figlia. Poi anche Diana entra in depressione, cerca
di risalire la china teatrale, ma l’ostruzionismo di Sebastian le sbarra la
strada. E lei si uccide. Come si era uccise una giovane promettente attrice,
anche lei sedotta e abbandonata da Sebastian. Poi qualcuno tenta di uccidere
Stella, ma non porta a termine il lavoro. Poi Nicole sparisce. Ma da metà
romanzo si poteva capire che Nicole era proprio la figlia di Flavio e Diana. Ma
chi ha ucciso veramente Flavio con il cianuro? Sebastian spaventato
dall’avventura gay o Diana imbestialita dall’essere abbandonata? Questo ve lo
lascio scoprire se volete leggere quelle decine di pagine di cui sopra. Il
resto, magari un po’ più polposo, anche perché così meglio si addice alla
televisione, con quell’andatura tipo “Tutto può succedere”, è la storia delle
persone. La solita Alice sempre presa dalla sua vita sentimentale. Un po’
circuita dal perfido (sentimentalmente parlando) Claudio, che vorrebbe con lei
solo una storia di sesso. Allettata da un nuovo personaggio, il tossicologo
Sergio (quello che scopre il cianuro), un quarantenne (almeno) divorziato con
figlia ed una casa da sogno a Filicudi. Gentile, poco invadente, sicuro della
sua età e dei suoi comportamenti signorili, ma senza quell’afflato di passione
che potrebbe permettere ad Alice di lanciarsi in nuove avventure. Poi c’è
sempre l’Innominabile, l’amore profondo di Alice, Arthur che l’ha miseramente
lasciata in precedenti libri, per fare il corrispondente di guerra. E che qui
ritorna, provato da un’esperienza a Gaza e con il compito di riportare la
piccola Nur al padre emigrato a Spoleto. Arthur che sembra rientrare dalla
finestra dopo essere uscito sbattendo la porta. Che chiede di tornare in
Italia, e che ne vedremo delle belle (credo) nelle prossime puntate. Sesso,
sicurezza o amore? Cosa sceglierà Alice? Per ora, attraversa tutta la storia sempre
un po’ tirata qua e là dagli avvenimenti. Ci sono poi i “caratteristi” di
contorno: la coinquilina Cordelia (sorellastra di Arthur), aspirante attrice,
nonna Amelia, con le sue belle parole ed il suo spigliato carattere,
l’ispettore Calligaris, sempre pronto a coinvolgere Alice nelle indagini, e la
nuova entrata Erica, una dottoranda molto preparata che credo troverà più
spazio nel futuro. tuttavia le due parti non sono bilanciate, come dicevo. La
confezione finale non porta i frutti che ci si poteva aspettare. Ultimo
carattere distintivo degli scritti di Alessia sono le epigrafi poste a mo’ di
titoli dei vari capitoli. Anche qui, con un tentativo di indirizzare la lettura
“a chiave”, ma che non sono particolarmente significativi, a parte l’unico che
riporto sotto come frase che rimane alla mente (anche se non è della penna di
Alessia). Aspettiamo tempi migliori, anche se le parti teatrali, sia di
Shakespeare, ma soprattutto le frasi di Yasmine Reza, sono apprezzabili.
“I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che
vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo (Fernando Pessoa)” (243)
Unica trama di questo mese di
novembre viaggiante, ma che riporta le tante letture agostane, aiutate dal
forzato riposo per le note vicende ossee. Tuttavia un mese di poco spessore
(forse c’era bisogno di riposo anche mentale), con l’unica e scontata delusione
del seguito dei libri di Helen Fielding.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Giorgio Faletti
|
L’ospite
|
Einaudi
|
s.p.
|
2
|
2
|
Sue Monk Kidd
|
La vita segreta delle api
|
Mondadori
|
6,90
|
2
|
3
|
Andrea Camilleri
|
La rete di protezione
|
Sellerio
|
14
|
3
|
4
|
Allison Pearson
|
Ma come fa a far tutto?
|
Mondadori
|
6,90
|
2
|
5
|
Roberto Bolaño
|
Notturno cileno
|
Repubblica Duemila
|
9,90
|
2
|
6
|
Douglas Gordon Browne
|
Troppi cugini
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
2
|
7
|
Alan Hollinghurst
|
La biblioteca della piscina
|
Mondadori
|
10,50
|
2
|
8
|
James Harold Wallis
|
La formula del delitto
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
2
|
9
|
Ann Patchett
|
Corri
|
TEA
|
8,60
|
3
|
10
|
Clifford Witting
|
Ipotesi per un delitto
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
2
|
11
|
Neil Gaiman
|
Il figlio del cimitero
|
Mondadori
|
10,50
|
3
|
12
|
Michael Connelly
|
Il dio della colpa
|
Pickwick
|
10,90
|
3
|
13
|
Elda Lanza
|
Il venditore di cappelli
|
Salani
|
9,90
|
2
|
14
|
Helen Fielding
|
Che pasticcio, Bridget Jones!
|
BUR
|
9,90
|
1
|
15
|
Giovanni Iudica
|
Il pittore e la pulzella
|
Corriere della Sera Arte
|
7,90
|
3
|
Mettiamo
mano allora a questo novembre, archiviandone i viaggi, in attesa di nuove e
coinvolgenti mete, ricordandone i tanti compleanni, e programmando attentamente
le prossime settimane, tra campagne e bianchi Natali.