Intanto, comincio con salutare tutti, con questa trama dovrei tornare alla produzione normale che ha caratterizzato questi anni, come spiego in finale.
Però
vorrei cominciare salutando la scrittrice Anne Perry, pseudonimo di Juliet
Marion Hulme. Una scrittrice che ho molto apprezzato per le sue
caratterizzazioni di vicende gialle nell’epoca vittoriana, e di cui, prima o
poi, parlerò a lungo che è stata una personalità veramente complessa. Ci ha
lasciato circa un mese fa, a 85 anni, dopo aver prodotto più di 60 opere in
ambito giallistico, di cui ho scoperto avere nella mia libreria all’incirca una
buona metà.
Anne Perry “L’infamia di Lancaster Gate”
Mondadori euro 5,90
[A: 21/07/2019 – I: 21/05/2021 – T:
22/05/2021] - &&
[tit. or.: Treachery at Lancaster Gate; ling. or.: inglese; pagine: 259; anno 2016]
PITT
31
Tornando ancora sulle orme dell’ispettore
Pitt, riprendiamo il corso usuale delle storie della nostra pluripresente
scrittrice. Di cui non dico più nulla, avendone riassunto già troppe volte la
vita, ma che sottolineo come le note redazionali che vengono riportate nei
gialli Mondadori siano carenti o comunque poco consoni con la personalità di
Anne Perry.
Rispetto all’ultimo Pitt cronologico letto
c’è un lungo salto: di lettura, essendo passati tre anni dal precedente Pitt, e
di cronologia, che quello era il volume 28, mentre questo è il volume 31. Ci
siamo persi qualche punto della vita dei personaggi, ma non tantissimi.
Sapevamo che Pitt ormai è diventato capo della Sicurezza Nazionale, mentre il
suo aiutante Tellman ha sposato l’ex domestica dei Pitt. Inoltre,
l’inclinazione sentimentale di Narraway (l’ex capo di Pitt) verso Lady Vespasia
(la zia del primo marito della cognata di Pitt) si è consolidato in un
matrimonio d’amore. Infine, dalla lettura precedente, quella dell’ottava
puntata, in cui scoprivamo la morte del primo marito di Emily ed un buon
rapporto della stessa con Jack Ridley, ora i due sono da lungo sposati, ed
hanno una bambina, che si aggiunge al figlio di primo letto. Per non
dimenticare il quadro, i figli di Thomas e Charlotte sono anche lor cresciuti,
con Jammina di diciassette anni e Daniel di quattordici. Il tutto per dirci che
ora l’azione si svolge verso la fine del 1898, con un suo culmine intorno alle
feste di Natale.
Poco prima del Natale del 1898, una bomba
esplode in una casa in un tranquillo quartiere londinese. Due poliziotti
vengono uccisi e altri tre feriti gravemente. Thomas Pitt, capo dei Servizi di
Sicurezza, scopre che non sono gli anarchici i responsabili dell'esplosione,
come inizialmente si pensava. Tuttavia, Pitt è messo in guardia: non deve
indagare sul principale sospettato, Alexander Duncannon, dipendente dall'oppio
ma soprattutto figlio di un diplomatico che sta negoziando un contratto con la
Cina. Un amico di Alexander era stato impiccato per omicidio due anni prima
sulla testimonianza dei cinque poliziotti vittime dell'esplosione. Erano
coinvolti in un affare di droga, e nella confusione un passante innocente
rimane ucciso. Alexander insiste che è stata la polizia e Pitt, aiutato dal suo
sergente, scopre prove di corruzione della polizia.
A dispetto dei suoi superiori, Pitt non può
che incriminare Alexander, cosa che lo stesso ragazzo vuole. Perché vuole far
uscire la verità sul suo amico. Saranno le capacità legali di Narraway che
serviranno nella parte finale, a dare compimento a quanto hanno sollevato le
indagini di Pitt.
Un grande punto di forza del libro è la
quantità di dettagli storici sulla vita all'inizio del secolo. Ci sono
descrizioni dettagliate delle case. Ad esempio, il salotto dell'ispettore di
polizia è descritto in dettaglio: tavolo, sedie, libreria, quadri alle pareti,
camino, persino il cestino degli aghi per cucire. Lo stesso vale per l'ufficio
del commissario di polizia: i mobili antichi, “una sedia dalle gambe snelle e
lo schienale in mogano finemente intagliato”, la libreria con una fotografia di
famiglia incorniciata.
Una cura simile è data alle descrizioni dei
vestiti e persino di alcuni cibi. A casa di un avvocato di bella posizione,
Anne Perry ci fa sapere: "La credenza conteneva piatti d'argento con uova
strapazzate, salsicce, bacon, funghi, rognone alla diavola, aringhe affumicate
... C'erano montagne di pane tostato fresco, burro e diversi tipi di
marmellata. Le graziose pentole d'argento contenevano tè e acqua calda,
abbinate ai servizi di ampolle d'argento e ai coltelli, forchette e
portatovaglioli con monogramma".
È sempre un piacere seguire le descrizioni
della nostra, sia qui, nelle case ricche, sia quando riprenderemo a leggere
anche di Monk e delle case povere.
Quello che invece, e non è la prima volta che
lo rilevo, mi lascia abbastanza storto nei mei giudizi librari, è spesso la
velocità che le storie della nostra scrittrice prendono nei finali. Ci si mette
del bello e del buono per arrivare al momento cruciale, allo svelamento dei
come e dei perché. E da quel punto in poi, tutto si fa repentino. Come in
questo caso, là dove tutto lo svolgimento del processo ad Alexander avrebbe
potuto prendere uno spazio paragonabile al tempo che ci si è messo per
arrivarci.
Inoltre, una volta svelati i punti di cui
sopra (ma che io non vi svelo di certo), ci sarebbe voluto qualche decina di grammi
di inchiostro in più per delinearci il futuro dei personaggi presenti solo in
questa puntata. Gli altri, i Pitt, i Ridley, i Narraway, perfino i Tellman, li
ritroveremo di certo nella prossima uscita (prossima che è già passata, in
quanto presa e sistemata nella biblioteca, in attesa di lettura).
Anne
Perry “Omicidio sul Serpentine” Mondadori euro 5,90
[A: 03/07/2020 – I: 29/05/2021 – T:
31/05/2021] - && +
[tit. or.: Murder on Serpentine; ling. or.: inglese; pagine: 247; anno 2016]
PITT
32
Ed eccoci arrivati al trentaduesimo ed ultimo
volume dedicato alla lunga serie dell’ispettore Pitt, poi Capo della Sicurezza
Nazionale, che finirà quest’avventura come Sir Thomas e Lady Pitt. Non che la
super-prolifica autrice smetta di scrivere e produrre libri che arriveremo al
ventiquattresimo libro di William Monk, e comincerà la saga di Daniel Pitt,
figlio di Thomas e Charlotte. Tanto che a me risulta che dal 1979 ad oggi
dovrebbe aver prodotto 98 libri.
Nello svolgimento della trama si sente un po’
di stanchezza o difficoltà di continuare a portare avanti le storie di Thomas
Pitt allo stesso livello dei romanzi precedenti. Certo, i personaggi seriali
devono avere un’evoluzione, soprattutto laddove ne seguiamo le vicende con il
progredire del tempo. E anche qui i riferimenti temporali sono importanti.
Siamo ormai giunti al 1899, il regno della regina Vittoria sta arrivando alla
fine, e l’Impero britannico deve fronteggiare diversi fronti di crisi. Da
quello interno mai sopito, anche se per ora “dormiente” verso gli
indipendentisti irlandesi, da diverse situazioni esterne. Qui, anche se non
sempre in modo completamente esplicito, visto che se ne parla a distanza, siamo
difronte alle vicende che vedono contrapposti inglesi ed indipendentisti boeri.
Il tutto complicato, nello scacchiere internazionale, dalle posizioni della
Germania e del Kaiser Guglielmo II, nonché dalla presupposta benevolenza del
Principe di Galles, futuro re Edoardo VII, verso i suoi parenti tedeschi.
Proprio la vicinanza del Principe con Alan
Kendrick, un avventuriero di poco chiare origini, genera preoccupazioni nella
regina che chiede ad un suo fedelissimo indagini accurate. Quando questi viene
trovato morto nel Serpentine, la regina immagina scenari foschi, e chiede un
esame accurato della situazione e delle sue conseguenze al capo della
Sicurezza, cioè Thomas Pitt. Che quindi, da un lato deve capire lo svolgimento
reale di una morte (come ai tempi del suo ispettorato di Polizia) dall’altro
deve immergersi nella politica imperiale. Senza, tra l’altro, l’aiuto del suo
sodale ed ex-principale, Lord Narraway, in viaggio di piacere per l’Europa con
la moglie Vespasia, zia acquisita di Charlotte.
Questa la maggiore difficoltà del testo, ed
anche la sua scarsa scorrevolezza. Pitt deve partecipare a balli e banchetti,
anche aiutato da Charlotte, ma si sente che non è a suo agio. Charlotte, al
solito, lo aiuta anche nelle indagini, coadiuvata dalla sorella Emily, e queste
sono le parti migliori, dove Anne Perry è più a suo agio. Tanto che, nelle pieghe
del romanzo, riesce ad inserirci anche aneliti da suffragette delle sorelle e
delle loro amiche.
La nostra scrittrice, in ogni caso, cerca di
costruire un castello di una complicatezza unica. Dalia, l’attuale moglie di
Kendrick, in gioventù era stata amante del Principe di Galles, e si adombra che
ne rimase incinta. Si allontana, partorisce Alice, poi torna, ma il Principe è
volato su altre “farfalle” della buona società (si è sempre detto che i
Principi inglesi siano un po’ volubili e molto donnaioli). Dalia rimane con lo
strano marito, che presto muore, scoprendosi poi che era un agente segreto al
servizio di Narraway, ed ucciso per motivi politici.
Dalia si risposa con Kendrick, che così si
avvicina all’ambiente di corte, tramite la passione dei cavalli si fa amico del
Principe, così da accompagnarlo spesso nei suoi viaggi, in particolare in
Germania. Dove sembra abbia una strana frequentazione con la fabbrica di fucili
Mauser.
La situazione precipita quando anche Dalia
muore, in un altro suicidio simulato, che Pitt smaschera presto, che capisce
chi sia che abbia mosso tutte le fila, ma non trova il modo di neutralizzarlo
con l’arresto, che troppi altarini sarebbero venuti alla luce.
Allora, ricordando le modalità della morte
del primo marito di Dalia, fa in modo che il colpevole sia supposto fare il
doppio gioco, così da essere eliminato da infiltrati boeri, senza che la Corona
ne abbia colpa o contraccolpi. La brillantezza delle manovre di Pitt, convince
alla fine la regina Vittoria di nominarlo baronetto.
Ripeto, e mi ripeto, belli e ben svolti i
momenti di società, le descrizioni ambientali, ed alcuni accenni di politica
internazionale. Poco convincenti i momenti di indagine, le modalità, nonché (e
questo è un appunto che ripeto da tanto tempo) il finale frettoloso. Dopo più
di duecento pagine di avvicinamento allo scioglimento dei misteri, la fine
avviene in meno di venti veloci e poco esplicative pagine.
Ma questa è Anne Perry, e tutto sommato, è
una lettura rilassante.
Per i meno londinesi di noi, ricordo infine
che “Serpentine” è un bacino lacustre artificiale che taglia in due Hyde Park.
Nella parte nord è spesso meta di passeggiate in barca gradevoli, con una
profondità non rilevante. Ciò per ribadire che anche noi, con Pitt, ci saremmo
chiesti come fosse possibile una morte per annegamento.
Anne
Perry “Il fiume della vendetta” Mondadori euro 5,90
[A:
12/06/2018 – I: 11/06/2021 – T: 13/06/2021] - &&
e ½
[tit.
or.: Revenge in a Cold River; ling. or.: inglese; pagine: 283;
anno 2016]
MONK
22
Riprendiamo
dopo quasi due anni il secondo filone di Anne Perry, trovando in questo romanzo
una diretta continuazione del precedente. Quasi che, invece di essere puntate
della vita del nostro eroe punteggiate da “inchieste poliziesche”, ci si
dimentichi, per gran parte, della seconda affermazione e si rimanga ancorati
alla vita di William Monk.
Anche qui, all’inizio sembra che ci sia
qualcosa da investigare, nelle competenze della polizia fluviale comandata da
Monk. C’è un morto annegato, con un foro sulla schiena. Che si scopre ben
presto essere un falsario fuggito durante un interrogatorio. Poi c’è un secondo
criminale, forse della stessa banda, che fugge. Monk ha una soffiata, e sul
luogo trova due persone che si azzuffano e cadono in acqua. Il mingherlino fugge
a nuoto. Il bestione sembra affogare, Monk si tuffa, ma lo deve colpire perché
stanno affogando entrambi. Lo tira a riva, ma il bestione muore. E poi si
scopre che il bestione era il poliziotto.
Tutto sembra ruotare intorno al capo della
polizia delle dogane, tal McNabb. Che fa di tutto per incastrare Monk in
qualcosa, che forse risale ai tempi in cui Monk era altro. Ricordiamo infatti,
che il nostro subì un trauma, e poco ricorda di quanto avvenne quindici anni
prima.
Le fughe e gli incastri sono poi avvenuti in
un intorno dei cantieri navali di un americano tal Aaron Clive, la cui moglie
Miriam nasconde qualcosa. Scopriamo con il tempo che Miriam era in gioventù
amica di Beata, l’ormai vedova del deleterio giudice James. Beata ora sogna di
rifarsi una vita, con tempo e pazienza, insieme a Sir Oliver, l’avvocato che
rovinò sé stesso per rispettare la giustizia.
Beata e Miriam in gioventù vivevano a San
Francisco, al tempo della corsa dell’oro, quando la città era inesistente (nel
1848, prima della scoperta aurifera, aveva 1.000 abitanti; venti anni dopo ne
aveva 150.000). Miriam era sposata con un tizio, il secondo di Clive, che muore
in una rissa. Miriam si risposa con Clive, ma non rinuncia a cercare
l’assassino del marito tanto amato.
Ma perché tutto ciò si ritrova nel 1869, anno
della nostra vicenda, ed a tanti chilometri di distanza?
Tutto ruota sul fatto che, pare, Monk
all’epoca fosse un avventuriero di mare, che transitasse per la California. Ora
che è diventato un arguto poliziotto, Miriam cerca i modi di coinvolgere nella
ricerca dell’assassino del marito. Anche ipotizzando che Monk potesse essere
stato coinvolto (cosa che si dimostrerà falsa). In questo si allea,
erratamente, con McNabb, nel tentativo di quest’ultimo di mettere all’angolo Monk.
In realtà, Monk non sa che, prima di perdere
la memoria, da poliziotto integerrimo aveva fatto condannare a morte il
fratellastro di McNabb. Cosa che il cattivone non dimentica. E passa questi
quindici lunghi anni alla ricerca di un modo di incastrare Monk.
Trovandolo nella morte del suo uomo: infatti,
fa in modo di fabbricare prove false che indicano il morto come un poliziotto
poco onesto (fatto vero), che aveva venduto informazioni a dei contrabbandieri
per salvarli da una retata. Retata che ci rimanda al libro precedente, dove
appunto trovò la morte il sergente Orme, grande amico di Monk. Quindi, secondo
McNabb, Monk, saputo tutto ciò, non fece nulla per salvare il bestione dalle
acque, anzi lo affogò di proposito.
Ovvio che, al solito, tutto converge in un
procedimento legale. Dove l’imputato Monk è difeso dal buon sir Oliver. Dove
Hester, la moglie di Monk, e Beata, fanno di tutto per trovare elementi di
difesa. Che usciranno fuori solo dalla confessione delle attività sotterranee
di Miriam.
Tutto alla fine torna: troviamo il vero
assassino del marito di Miriam, troviamo McNabb messo all’angolo, troviamo Monk
libero da ogni accusa, troviamo che, finalmente, Beata e Oliver sembrano
potersi dire del reciproco affetto.
L’impianto è il solito, quindi, cui ci ha
abituato Anne Perry. Rapporti umani di vario genere, inseriti in un’atmosfera
vittoriana (di trenta anni circa anteriore alle storie dell’ispettore Pitt).
Qui abbiamo in più qualche accenno alle vicende dei “normal londoner”, della
gente comune, ma anche dei poveri, delle prostitute, dei bambini di strada.
Insomma, due serie complementari. Ed entrambe che si vanno incartando. Qui,
soprattutto, siamo all’ennesima storia in cui emergono brandelli del passato di
Monk. Forse un giorno ne sapremo di più.
Ci accontentiamo, in una lettura quieta,
all’ombra delle magnolie campagnole.
Anne
Perry “Rito di sangue” Mondadori euro 5,90
[A: 23/01/2020 – I: 26/11/2021 – T:
27/11/2021] - && ---
[tit. or.: An Echo of Murder; ling. or.: inglese; pagine: 263; anno 2017]
MONK
23
Come scritto nel sottotitolo, siamo al 23
romanzo incentrato sulla figura di William Monk, ex-detective della Polizia,
poi, dopo un periodo di cui non ricorda nulla (trauma ed amnesia), impiegato
nella Polizia Fluviale, di ora è il Comandante. Ma i primi li ho mancati, e
questo è “solo” il decimo che leggo. Poi ci sono quelli legato all’altro filone
della scrittura di Anne Perry, quello di Thomas Pitt. Di cui, però, parleremo
in altra sede.
Accennavo nell’ultima trama scritta che,
andando avanti forse, scopriremo meglio qualcosa della vita precedente di Monk.
Qui, per vie traverse, invece, abbiamo un salto all’indietro ed un
aggiornamento della vita di Hester, la moglie del Comandante.
Ricordo che questa la considero la serie
“bassa” (rispetto a quella “alta” di Pitt). Non per la scrittura, ma per i
temi. Qui si affronta la vita quotidiana nella Londra intorno al 1870, la vita
intorno al fiume, la vita dei bassifondi, delle prostitute, dei malavitosi.
L’inizio sembra ripercorrere il titolo
italiano. Siamo nella zona portuale di Londra, nei magazzini. Lì viene trovato
il corpo di Imrus Fedor: baionetta infilzata nel petto, dita della mano destra
spezzate ad una ad una, labbra asportate e poste in bocca al morto, nonché
diciassette candele sparse per la stanza, di cui due viola. Ci immergiamo anche
subito in una strana realtà dell’epoca, la grande immigrazione ungherese, di
coloro che avevano problemi di persecuzione, soprattutto in base alla
religione. Mi sembra che tutto il mondo sia paese, allora come ora.
Tutta la comunità ungherese, poi, fa
riferimento ad alcuni elementi di spicco, quelli che meglio parlano l’inglese,
come il farmacista Antal Dobokai o come Adel Haldane, che ha sposato un
facoltoso inglese. L’elemento di unione della comunità, oltre la provenienza, è
la religione: tutti cattolici in un mondo protestante che non li vede di buon
occhio.
La vicenda si complica perché, a breve giro
di giorni, altri esponenti della comunità ungherese vengono uccisi, con le
stesse, identiche modalità. Quasi che fossimo in montagna, e, lanciando un
grido, ne sentissimo l’eco. Si complica poi che, per indagare Monk si vede
costretto a parlare con i profughi, molti dei quali non sanno l’inglese.
Facendosi così aiutare da Antal o da Adel.
Non cavando un ragno dal buco, Monk prova ad
indagare anche sul passato delle vittime. Scoprendo che l’unico ad avere un
qualche “problema” potrebbe essere proprio il primo, Imrus, gentile, educato,
senza debiti. Con il solo problema di essere un po’ indulgente verso l’altro
sesso, in special modo verso la bella Adel, anche senza però mai oltrepassare
il lecito.
Facciamo una piccola pausa, che si introduce
l’elemento del passato di Hester. Che vediamo Scuff, il ragazzo adottato dai
Monk, impratichirsi nella medicina con il medico di strada Crow. Tuttavia, per
una difficile operazione, sempre con un ungherese, c’è bisogno d’aiuto, che
viene trovato con l’ex-medico Herbert. Guarda caso, un medico che nella Guerra
di Crimea era stato molto vicino all’infermiera Hester. Ma durante una
carneficina, fu creduto morto, anche da Hester, e lasciato sul campo.
Non morì, vagò a lungo in Europa, soprattutto
per più di dieci anni in Ungheria, imparando la lingua. Ma gli incubi della
guerra non lo lasciano. Ogni tanto sembra perdere la ragione e non ha più il
controllo delle proprie azioni. Motivo per cui, sporco di sangue a valle
dell’ultimo omicidio, viene incriminato. Ovviamente, a difenderlo sarà il
grande amico di famiglia dei Monk, sir Oliver.
Qual è l’elemento che poi unisce gli
ungheresi? La lettura di un giornale scritto in quella stramba lingua. Chi è
l’unico inglese che sa il magiaro? Il povero Herbert. Monk quindi gli procura
tutti i giornali e questi scopre un trafiletto, concomitante con gli omicidi,
riguardante un caso di pedofilia in una scuola di Budapest. Elemento che
permetterà ai nostri di risalire le fila di questa serie di omicidi, tutti
ripetuti come un’eco. Anche il primo? Ai pochi assidui lettori, l’ardua
comprensione, difficoltosa che, al solito, la scrittrice accelera nel finale,
che risulta sempre affettato.
Più che il thriller in sé, quindi, ci
dedichiamo alle storie di Hester, della guerra di Crimea, con le tragedie che
si ripercuotono nell’animo di chi le ha vissute, rendendoli immancabilmente
diversi. diversi, che, come dice Hester, sono sempre una minaccia per la
quotidiana tranquillità. Tuttavia, Herbert ha anche il merito di costringere,
moralmente, Hester a fare la pace con il fratello Charles, avendo come
sottoprodotto, la comparsa di una nipote che potrebbe inserirsi nelle prossime
puntate. Vedremo.
Mi domando al fine perché il titolo originale
relativo ad un “eco di omicidio” che, per quanto detto si capisce il senso, si
sia passati a dei riti di sangue, quasi con l’unico intento di fuorviare i
lettori verso una possibile soluzione errata della trama poliziesca. I soliti
misteri che non capirò mai.
Anne
Perry “Ventuno Giorni” Mondadori euro 5,90
[A: 12/12/2020 – I: 24/04/2023 – T:
25/04/2023] - &&&
[tit. or.: Twenty-One Days; ling. or.: inglese; pagine: 249; anno 2017]
DANIEL
PITT 01
Stavo
iniziando a leggere, dopo quasi due anni, un nuovo libro di Anne Perry, quando
è arrivata la notizia che l’ottantaquattrenne scrittrice inglese muore a
seguito delle complicazioni di un infarto, a Los Angeles. Ne sono rimasto
colpito, ho rimandato di qualche settimana la lettura, poi mi sono detto che,
se questo è il tempo della lettura, ebbene lo sia.
Anche
perché questo libro inaugurava una nuova serie, assai promettente, della
scrittrice, essendo centrato sulla figura di Daniel Pitt, il figlio di Thomas
Pitt, protagonista di 32 suoi romanzi. Penso che orami Pitt padre avesse
esaurito la spinta propositiva che innervava i testi, e quindi potrebbe essere
d’interesse seguire le gesta del giovane.
Facendo
un po’ d’ordine sulle pubblicazioni di Anne Perry (dove prima o poi tornerò
anche sulla sua vita), nella sua carriera di scrittrice ha pubblicato (in vita)
101 libri. Di questi, tre sono le serie maggiori: il sovraintendente Thomas
Pitt, l’ispettore William Monk e l’avvocato (nonché figlio di Thomas) Daniel
Pitt. 32 libri per la prima serie (letti 11), 24 per la seconda (letti 11) e 6
per la terza, di cui questo è il primo che leggo.
Su
Monk torneremo a suo tempo. Qui ricordando un po’ la serie principale, Thomas
entra in polizia dal basso, essendo uomo del popolo. Fa una buona carriera per
le sue doti, incontrando e poi sposando una donna dell’aristocrazia, Charlotte
Ellison. Dove Emily, la sorella di Charlotte, sposa in prime nozze un visconte,
la cui zia, lady Vespasia Cumming-Gold diventa anche uno dei mentori di Thomas,
insieme al capo della polizia, Victor Narroway. Thomas e Charlotte hanno due
figli: Jasmine, che si sposa e va a vivere in America, e Daniel di cui, da
questo romanzo, seguiamo le tracce in prima persona.
Nello
svolgimento delle azioni sono comunque passati degli anni, che l’autrice ci
comunica che siamo nel 1905. Ed in effetti, sapremo ad un certo punto che sia
Victor sia lady Vespasia sono morti, mentre sir Thomas è sempre a capo della
sicurezza. Daniel, invece, si muove nelle pieghe della legge, da giovane
avvocato, brillante ma non ancora affermato. Ne vediamo comunque le prime mosse
quando, usando nuove tecniche investigative, come le impronte digitali, riesce
a scagionare un vecchio sodale del padre.
Ma il
centro del romanzo ruota intorno alla morte di Ebony cui viene accusato il
marito Russell Graves. Il corpo straziate, è anche bruciato nella parte
superiore del corpo, rendendolo “quasi” irriconoscibile. Lavorando come
galoppino (per ora è solo aiutante del titolare) Daniel scopre molte cose:
Graves è un autore scandalistico di biografie, e sta per dare alla luce un
libro pieno di accuse infondate proprio verso Thomas Pitt. È inoltre
autoritario, manesco nonché recente ereditiere di una grossa fortuna.
Daniel
indaga, legge il manoscritto, si consulta con il padre, ma ha una forte
costrizione: Russell è stato giudicato colpevole e condannato a morte. Lo
studio legale ha solo 21 giorni per portare nuove prove. Danile è anche
combattuto che, per le calunnie di Graves, lo vedrebbe bene sul patibolo. Ma è
anche convinto dell’innocenza nell’uxoricidio. Dilemma!
Intanto
sbuca fuori anche una simpatica signorina, Miriam, dotta in scienze moderne
(come l’analisi da anatomo patologo dei corpi o l’utilizzo dei raggi X da poco
scoperti dal fisico Wilhelm Röntgen). Non solo, Miriam è anche figlia del capo
degli avvocati di Daniel, ed è aperta ai movimenti femminili dell’epoca, le
suffragette. Movimenti cui anche Ebony dava un forte impulso.
La
scrittrice impiega pagine e pagine per motivare l’astio di Daniel verso Graves,
poi l’empatia verso i figli di Ebony, la bella Sarah ed il malaticcio Arthur.
Ma sarà solo attraverso le doti scientifiche di Miriam che si arriverà ad un
punto di svolta (che in realtà era già ipotizzabile dalle prime descrizioni
degli avvenimenti). Tuttavia, non basta, che, se pur si riuscisse ad assolvere
Graves, rimarrebbe il libro infamante da esorcizzare.
Come
al solito, dopo aver svariato per quasi 200 pagine accumulando notizie, prove,
negazioni e affermazioni, Anne Perry velocizza molto il finale, dove, forse
troppo velocemente, si arriva alle aspettate conclusioni. Daniel ne esce bene,
con una buona prospettive per i libri successivi. Con l’idea che ci potrà
essere uno sviluppo anche nei rapporti con Miriam (vedremo).
Purtroppo,
come detto, all’inizio, oltre i romanzi con Daniel scritti tra il ’17 ed il
’22, non avremo ulteriori sviluppi. Anche qui, primo o poi, sarebbe bello
riuscire ad imbastire un discorso articolato sul mondo descritto da Anne in
tutti i suoi romanzi “londinesi”.
Come
accennavo all’inizio, riprendo le scritture avendo nel frattempo effettuato una
migrazione, purtroppo non indolore, verso un ottimo e veloce PC, omaggio super
collettivo di una festa che molti di voi hanno onorato con presenze e auguri.
Ho dovuto ricostruire una parte degli archivi dedicate alle mail, sperando di
essere riuscito, almeno, a ritrovare i vostri indirizzi. Nel caso ci fossero
aggiornamenti, aggiornate anche me.
Proprio
per questo, ed anche altre piccole cose che succedono nel mio mondo, mi fa
piacere ricordare alcune frasi di Gerald
Durrell contenute nel suo bel
libro: “La mia famiglia e altri
animali”. Per prima una sentenza
sulla mia fatica ricostruttiva: “Tu pensi sempre che le cose che fanno
gli altri siano semplici” (216). E per chiosa, una frase che mi sento di
condividere a pieno: “Quasi tutti sostengono che man mano che si invecchia … si
diventa più aperti alle idee. Che sciocchezza! Tutti i vecchi che conosco hanno
la mente chiusa come un’ostrica grigia e ruvida sin da quando avevano quindici
anni” (564).
Spero allora che la ripresa sia per tutti fausta, come l’estate che tutti speriamo si avvicini a grandi passi. Con tutta la stanchezza del lavoro di queste settimane, vi abbraccio.