Non nel senso di donne cinesi, ma
di scrittrici di polizieschi al femminile. Riprendiamo il filo delle trame che
questa estate è stato continuamente interrotto da viaggi belli e coinvolgenti,
e che continuerà ad esserlo ancora tra poco (almeno si suppone, poi si vedrà e
ne verrete informati). Per la scrittura, riprendiamo anche con qualcosa di
leggero, adatto ai mesi estivi. Purtroppo, oltre che leggero anche di poca
sostanza. Certo la signora del poliziesco d’intreccio ci regala una bella trama,
pur se di quaranta anni fa. E la settantacinquenne londinese ci presenta un
solido episodio della saga dell’ispettore Monk. Meno solide, per non dire ai
limiti della leggibilità, la scrittura della russa Marinina e della svedese
Larson. Ci si aspettava di meglio, soprattutto dai paesi scandinavi che ultimamente
hanno prodotto risultati interessanti.
P. D. James “Scuola per infermiere” Mondadori euro 9
[A: 25/04/2012– I:
11/03/2013 – T: 13/03/2013]
[tit. or.: Shroud for a Nightingale; ling. or.: inglese; pagine: 325; anno 1971]
La signora del poliziesco
d’intreccio non si smentisce. Era qualche anno che avevo lasciato da parte i
suoi romanzi, per pigrizia o altro. Nella messe degli acquisti dello scorso
anno, ha trovato posto anche questo. Ed un buon posto. Una trama lineare ma
efficace. Morti che si accumulano. E l’ispettore – poeta Adam Dalglish indaga.
Tutto sul filo della parola. Un po’ d’azione ma laterale. Certo all’inizio è un
po’ difficile entrare nella trama, data la difficoltà linguistica del titolo.
In inglese, letteralmente, “Sudario per un usignolo” (o anche bara, o comunque
qualcosa che ha a che fare con la morte). Ma l’autrice gioca sul doppio senso,
perché Nightingale è anche l’infermiera per antonomasia, la famosa Florence
fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna. E qui c’è il romanzo, che
le morti sono infermiere, e tutto si aggira intorno a questa tipologia di
personaggi. L’azione si svolge in una scuola per infermiere, annessa ad un
ospedale. E tutti i personaggi, morti e sospettati, sono infermiere. C’è il
circolo delle “anziane” che gestisce ospedale e scuola, capeggiata dalla severa
capo-infermiera coadiuvata dalla sua fida capo-sala con cui da sempre fa “coppia”.
E c’è il circolo delle giovani, le apprendiste, con i loro problemi di crescita
(istruzione, innamoramenti, dissapori, e tutto quanto ci può essere intorno a
giovani che vivono a stretto contato). Dopo la prima, inspiegabile morte, sulla
scena entra, in punta di piedi, il nostro ispettore. Non ci sono indizi palesi,
ma il buon Adam è della vecchia scuola, quella aulica dei Maigret per
intenderci. Cominciano così pagine e pagine di interrogatori e di susseguenti
deduzioni. Come detto, l’azione è ridotta al minimo essenziale. È tutto un
ragionare, costruire, poi buttare a mare e ricominciare di nuovo. Ed in questo
Dalglish, per mano dell’anziana scrittrice, è un maestro. Ricostruisce passo
dopo passo il primo e poi gli altri omicidi, collegandoli alla fine al lontano
passato. Un passato che ancora è legato alle poco più che trentennali vicende
precedenti di guerre e nazismi. Un libro magistrale quindi, anche se, di natura
essendo stato scritto quaranta anni fa, sicuramente datato, se non altro nelle
tecniche mediche. Ma piacevole di lettura e di argomentazioni. Poi mi è simpatico
l’ispettore, e quel suo essere anche poeta (citazione incrociata: nella
libreria di un’infermiera della scuola c’è un suo libro di poesie). Che mi
sollecita anche ad altri rimandi: anni dopo, un cinese laureato in letteratura
ed emigrato in America (Qiu Xialong) scriverà di un poliziotto cinese che
scrive poesie moderniste (e quando ne parlerò vedremo di capirne meglio). Ci
saranno state “filiazioni” trans-nazionali? Per finire un’ultima domanda cui
non so dare risposta. La James, a pagina 177, per spiegare le inspiegabili
morti, fa dire ad un personaggio una battuta che lei riferisce allo scrittore
inglese G. K. Chesterton: “Quando non esistono spiegazioni possibili, allora
l’improbabile diventa verità”. A me non suona tanto perché mi rimanda maggiormente
a quanto Conan Doyle mette in bocca al suo Sherlock Holmes: “Una volta
eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la
verità”. Chi avrà ragione?
“Aveva un terrore folle della vecchiaia, delle malattie incurabili e
delle invalidità. Temeva la perdita dell’autosufficienza, le umiliazioni della
tarda età, la rinuncia alla propria privacy, l’abominio del dolore fisico, gli
sguardi di paziente compassione degli amici.” (158)
“L’amore non era una prerogativa delle persone giovani e attraenti.”
(210)
Alexandra Marinina “La settima vittima” Repubblica – Noir euro 7,90
[A: 10/09/2012– I: 02/05/2013 – T: 04/05/2013]
[tit. or.: Sedmaja Zhertva; ling. or.: russo; pagine: 380; anno 2004]
Nelle
lunghe visite alle librerie fatte in questi anni avevo notato i libri di questa
scrittrice russa di gialli. Libri post ’89, come quelli di altri russi. Ma non
mi ero mai convinto a comprarne. Approfittando delle solite “infornate”
periodiche di Repubblica, eccoci quindi alle prese con la Marinina. E devo dire
che la sensazione che non mi convincessero più di tanto, che fossero operazioni
commerciali e basta, è stata confermata a pieno. Non che non abbia dei momenti
interessanti, ma la trama, le storie raccontate, i personaggi, insomma il libro
come entità globale, non mi ha convinto troppo. Tra l’altro è anche decisamente
datato, non solo che in Italia è uscito 10 anni fa, ma l’originale è del 1999.
E si nota: si parla ancora di Eltsin alla guida dello stato. Inoltre è la quindicesima
storia che ha per protagonista Nastasija Kamenenskaja, tenente della Polizia di
Mosca. Ci sono quindi molti personaggi ricorrenti, storie che vengono dal
passato, e che (limite di chi è poco attento allo sviluppo dei seriali) non
vengono spiegati. Chi non ha letto le altre puntate rimane a volte sospeso.
Quindi ci viene dato per scontato il rapporto tra la Kamenenskaja ed il giudice
Obratsova, amiche e qui coinvolte in una trama che si preannuncia oscura.
Durante una loro intervista televisiva in parallelo, qualcuno innalza cartelli
minacciosi. Per chi delle due? Poi, a poco a poco, cominciano le morti
violente. All’inizio sembra solo per coprire l’autore del cartello di cui sopra.
Poi ci si comincia a chiedere altro. Che tutti i morti hanno accanto un pesce
con un uomo in bocca. Noi che sappiamo del mondo già vediamo il tocco di Bosch,
mentre Nastasija impiega metà libro per arrivarci. E solo aiutata dalla giovane
Irina, cognata del giudice di cui sopra. La Marinina cerca di complicare le
storie, variando punto di vista o “soggettiva” come direbbero i più esperti,
ogni poche pagine. Soggettiva che riguarda sia i poliziotti, sia i morti, sia
parenti dell’assassino. Che capiamo essere sicuramente una persona preparata e
che gioca con le forze dell’ordine, sfidando la loro intelligenza. Tanto per
citare uno dei tanti raggiri, dopo Bosch, cerca di incanalare le ricerche della
polizia verso una struttura criminale che ricalca il film “Seven” (che ricordo
è del 1995). Ma non tutte le morti ricalcano lo schema dei sette peccati
capitali. E come si dice argutamente, se tutte le morti di un serial killer non
rientrano in uno schema, non bisogna forzare le morti ma cambiare lo schema.
Senza patemi e sussulti, con qualche piccolo ammiccamento che cerca di farci
prendere di mira un colpevole che invece colpevole non è, alla fine la nostra
eroina sbroglia il bandolo della matassa. Che noi sappiamo essere originata da
una “follia” del killer. Capiamo (dai soggettivi) che è una persona di cultura,
che è travolto dalla nuova vita della Russia post ’89, che cerca il modo di
dare un senso alla sua vita, e visto che non ci riesce, di dare un senso alla
sua morte. Cosa che, ovviamente, non gli riuscirà. Ma come detto la trama non
regge la tensione, non coinvolge nella suspense. Scivoliamo così per le 400
pagine chiedendoci cosa abbiamo letto. Bozzetti di vita quotidiana della Russia
della fine dei Novanta. La Marinina tenta di utilizzare questa scrittura anche
per farci vedere come stia modificandosi la vita in Russia dopo la caduta del comunismo.
E come comincino a nascere i nuovi potentati, che daranno vita poco dopo
all’impero di Putin. Tuttavia non ha le capacità analitiche né degli svedesi,
né del nostro Camilleri. Come detto rimangono piccoli quadri: nascita e morte
di micro-imprese, fallimenti personali, tanti barboni, tossicodipendenti a
go-go, alcolizzati, storie d’amore che nascono tra Irina ed un giovane
ispettore, nuovi ricchi che girano in macchinone, poliziotti che continuano ad
andare in metropolitana, il problema degli alloggi. Ma tutto senza un vero e
reale mordente. Le analisi in rete della scrittrice ci parlano della sua
capacità di scrittura psicologica. Ci rimaneva quest’ultimo appiglio, ma
personalmente i personaggi criminali mi sono sembrati piatti, quando non inutilmente
psico-labili. Poche cose da salvare. Una scrittrice cui difficilmente ci si
tornerà sopra presto.
Anne Perry “Il fiume mortale” Mondadori euro 4,90
[A: 04/08/2012– I: 09/05/2013 – T: 13/05/2013]
[tit. or.: Dark Assassin; ling. or.: inglese; pagine: 283;
anno 2006]
La
settantacinquenne scrittrice londinese è ormai un classico ed una pietra di
paragone nell’ambito della scrittura, anche se non tanto presente nella mia
biblioteca. Ha trovato il modo di unire la passione (molto british) per l’epoca
vittoriana con dei possibili e sensati intrecci polizieschi, molto “salottieri”
alla Agatha Christie (ed è ovvio dato il tempo in cui si svolgono le sue
vicende). Due sono i personaggi che popolano maggiormente le sue storie:
l’ispettore Pitt di quella che potrebbe essere Scotland Yard (ma ancora non è) e
di ascendenze aristocratiche, e l’ispettore Monk, più inserito nell’aspetto
plebeo della vita. La Perry ha scritto almeno una cinquantina di titoli alternando
i due personaggi, consentendole, nel dualismo, di dare un panorama “a tutto
tondo” della metà del secolo diciannovesimo. Del primo ne abbiamo letto tempo
fa. Ora per la prima volta incontriamo il secondo. Ed anche questo “nel mezzo
del cammino”. Dato che questo fiume del titolo è il quindicesimo romanzo della
serie Monk, anche se l’originale porta invece il titolo di “nero assassino”,
che ben capiamo presto essere dedicato al Tamigi ed alle acque sotterranee
della Londra vittoriana. La capacità della Perry è tuttavia quella di metterci
in grado (al contrario della Marinina) di seguire il romanzo, cogliendo l’occasione,
quando lo consente l’economia della storia, di aggiornarci “sulle puntate
precedenti”. Veniamo così a sapere che Monk inizia il suo percorso nella Polizia
Municipale di Londra. Poi, in seguito ad un avvenimento che però non sappiamo,
rischia la vita, perde parte della memoria, viene curato dall’ex-infermiera
della guerra di Crimea Hester, di cui si innamora e che, riamato, sposa. Poi
attraversa un periodo difficile, lavorando saltuariamente come investigatore
privato. In questa veste entra in urto con la Polizia (e si scavano solchi di
rancore con ex-colleghi), ma nell’ultimo episodio ha un proficuo rapporto con
Durban, il capo della Polizia Fluviale, dove insieme risolvono un guaio, ma
alla fine Durban muore, raccomandando tuttavia Monk come suo successore.
Arriviamo così a questo romanzo, in cui Monk inizia il suo nuovo lavoro. E si
trova subito davanti ad una grossa difficoltà: pattugliando il fiume, vede due
persone, un uomo ed una donna, discutere animatamente, e poi precipitare nel fiume,
trovandovi la morte. Un tentativo di salvare un suicidio finito male, o un
omicidio anch’esso maldestro? Monk comincia ad indagare, scoprendo il tessuto
che sorregge la vicenda: gli appalti per la costruzione delle nuove fogne di
Londra, dove vengono usate grosse macchine (dette “talpe”) che tuttavia
rischiano di destabilizzare il sottosuolo londinese. Il padre della ragazza,
poi, si scopre essere morto probabilmente suicida pochi mesi prima, essendo un
ingegnere che poneva dubbi sulla sicurezza. E l’uomo, ex-fidanzato della
ragazza, è anche il fratello del maggior appaltatore di queste fogne, nonché
ex-capo del suicida. La trama va avanti per pagine e pagine, ponendo le basi di
tutta una ricerca nel mondo dei dropout londinesi, della gente che vive ai
margini, nonché (in virtù del lavoro di Hester e del suo aiuto nella vicenda)
delle “donne perdute”. Si fanno pochi passi avanti significativi, si fatica a
trovare i bandoli dell’intricata matassa. Ma si capisce presto che il suicida
non è suicidio, che forse i due sono più vicini anch’essi all’omicidio. Non si
trovano prove. Ci vuole la pazienza di Monk che, abbassando il proprio
orgoglio, chiede scusa ed aiuto. Alla Polizia, ad alcuni colleghi onesti della
fluviale (che anche lì ci sono fior di corrotti). E si arriverà ad un bivio: è
il capo degli scavi ad aver ordito il tutto o il suo direttore tecnico? E che
ruolo ha la moglie del capo, nonché sorella della morta e figlia del finto
suicida? Si arriva ad una fine veloce e poco avvincente, che, seppur spiega
motivi e fatti, lo fa quasi con noncuranza, come se il problema maggiore fosse
solo quello di aver fatto un dipinto dell’atmosfera e della vita dell’epoca.
Talmente tirato via, che pensavo fosse quasi un problema di traduzione, magari
l’originale era troppo lungo. Ed invece anche l’originale (che ho consultato) è
ugualmente sbrigativo. Questa fa perdere un po’ di punti alla storia, dove
invece i caratteri e le situazioni al contorno erano anche interessanti. Monk,
la moglie, ma anche il sovraintendente Runcorn o il sergente Orme, presentano
punti di buona caratterizzazione, dove si dimostra che la Perry sa ben
maneggiare la penna. Peccato lo scivolone finale. Vedremo altre volte, se capiterà.
“Il fatto che qualcuno lo conoscesse così
bene lo faceva sentire a suo agio ma lo allarmava pure. Anni addietro l’avrebbe
terrorizzato. … C’era più dolcezza di quanto si fosse aspettato nel non essere
soli e nel non dover spiegare la propria natura perché si veniva capiti e accettati
per come si era. “ (29)
“Quando si è impotenti, l’ignoranza è un
grande conforto.” (78)
“Aveva vagheggiato una donna ideale che non
avrebbe visto i suoi difetti, le sue debolezze e i suoi errori di giudizio; ma
con una donna così innocente, anche se avesse sempre avuto l’ultima parola, non
avrebbe mai potuto condividere le passioni, le brame e i dolori della vita.
Sarebbe stato impossibile avere con lei una comunanza profonda.” (245)
Åsa Larsson “Finché sarà passata la tua ira” Marsilio s.p. (regalo 2012
di Rosa&Emilio)
[A: 07/05/2012– I:
20/05/2013 – T: 23/05/2013]
[tit. or.: Till dess din vrede upphör; ling. or.: svedese; pagine: 310; anno 2008]
Non
è un caso la citazione in exergo (il titolo è una citazione del Libro di
Giobbe). E ci vuole la pazienza di Giobbe per portare a termine con un sorriso
sulle labbra questa fatica della scrittrice svedese. Che non a caso si chiama Åsa,
dove i ben informati mi dicono possa essere tradotto con Tea, nome femminile
dedicato agli dei. E qui, più che in altre prove, nel nord della pur pacifica
provincia svedese, ci vogliono tutte le raccomandazioni di un dio benevolo, per
portare avanti una storia così poco “affascinante”. Non è un vero thriller, che sappiamo subito
chi muore e subito dopo si capisce l’assassino o gli assassini. Mancano solo le
modalità ed il movente, ma ci si arriverà ben presto, e sicuramente prima della
fine. Per il resto, è come una puntata di passaggio di una serie televisiva
altrimenti ben fatta. Capita, che a volte si debba fare un passaggio minore che
non si hanno molte idee e si voglia arrivare presto a nuovi personaggi e nuove
situazioni. Ricordo che siamo a Kiruna, località spesso coperta di ghiacci. Che
c’è il protagonista principale, modellato sull’autrice, l’avvocato ora procuratore
Rebecka. C’è la poliziotta capace, bassa e procace Anna-Maria. Ci sono i cani
da neve ed il loro addestratore. C’è il vicino di casa che invecchia ma cucina
da dio. C’è l’amante di Rebecka che vorrebbe riportarla a Stoccolma, ma non ne
capisce il desiderio di “aria del Nord”; e penso che si cominci a sentire
l’allontanamento tra i due. L’indagine parte dalla morte nel lago ghiacciato di
due fidanzati alla ricerca di improbabili tesori sommersi. La ragazza viveva
con la bisnonna, la quale ha una sorella sposata con un losco figuro che si è
arricchito non poco durante la guerra facendo favori ai tedeschi (ma anche la
sorella sembra…). E i due hanno due figli: il maggiore forte di fisico ed
amante della matematica, il minore un insolente pezzo di m… Capite presto chi
dei due è il capintesta dei casini (anche se ci sarà qualche sorpresa nel
finale, che i figli son sempre figli di qualche genitore, e non a caso). E pare
che il pagamento ai coniugi Kerula doveva essere trasportato da un idrovolante,
che si inabissa nel lago. I giovani cercano di ritrovarlo come detto, e vi
muoiono. Basta questo per farvi riannodare i fili della trama. Inclusa
l’inutile uccisione di un solitario anziano che l’estate per il caldo (caldo?
In Svezia a Nord del Circolo Polare Artico?) gira nudo non solo nei boschi, ma
anche per la cittadina, e che è stato l’ultimo a vedere vivi i giovani. Per il
resto, appunto, qualche fior di penna senza affondi. Anna-Maria ed il suo vice
sono sempre ai ferri corti che nel romanzo precedente la sventatezza della
prima stava per far uccidere il secondo. Rebecka sente la mancanza del suo
amante cittadino, ma si prenderà cura del cane del vecchio ucciso, e si vede
che sta per nascere una simpatia con l’addestratore di cani. L’ottima Katia Di
Marco non ha avuto problemi questa volta nei titoli, che appunto sono una
citazione del libro di Giobbe. E quanta pazienza deve avere il maggiore dei Kerula,
per resistere alle intemperanze del padre, ai rimproveri della madre, alle
incursioni nella violenza del fratello, per studiare anche se la famiglia non
vuole, e laurearsi di nascosto in matematica. E fare lezioni di matematica alla
nipote che sarà la morta di cui all’inizio. Ma tutta queste citazioni bibliche
sono un po’ incomprensibili per noi non pervasi dalla cultura luterana del
profondo nord. Come inutili mi sembrano le concessioni ai fantasmi che
pervadono il testo. La fanciulla che svolazza dall’inizio alla fine, e che ci
conduce per mano nella trama, e che muore nella seconda pagina, è un espediente
meta-letterario poco efficace. Anzi, mi ha lasciato decisamente freddo. Come il
tempo di Kiruna (ho controllato, solo tre mesi all’anno il termometro sale
sopra 0°!). Tornerei volentieri verso il Polo Nord, ma solo per diporto, che
ormai il tanto sbandierato “giallo svedese” lascia il tempo che trova.
Operazione di marketing, ha cercato di sfruttare alcuni filoni di buona
levatura (con il compianto Stig Larsson in testa). Ma come ovunque, a fronte di
un paio di autori degni, vengono scaraventati milioni di scribacchini a volte
inutili. La nostra Åsa certo sa scrivere e non è una scribacchina, ma ho letto
di meglio (anche se insiste troppo sul lato “religioso” delle sue avventure del
profondo nord). [PS: certo che le mie alternanze di libri a volte fanno strani
giri, che questi è un regalo del “pacco” di Rosa&Emilio, ma del 2012!!]
“La vita è troppo breve per tenersi il
broncio.” (174)
Ed
essendo la prima trama del mese, dedichiamo un piccolo spazio ai 17 libri di
giugno, dove noterete molti “senza prezzo”, data la vicinanza con la mia festa
e con i libri che (fortunatamente) ancora mi vengono regalati, sfidando (e con
successo) la sorte. Un mese aperto e chiuso in bellezza con un bel giallo
dell’ottimo Nesbø ed un saggio sul viaggio (come non parlarne bene) del francese
Onfray. In mezzo uno standard interessante, con qualche caduta sia di uno dei
miei autori preferiti (il fino ad ora di buon livello de Giovanni) sia dell’un
po’ intorto Zolla.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Jo Nesbø
|
La stella del diavolo
|
Piemme
|
s.p.
|
4
|
2
|
Elémire Zolla
|
Verità segrete esposte in evidenza
|
Marsilio
|
s.p.
|
1
|
3
|
Jo Nesbo
|
La ragazza senza volto
|
Piemme
|
12
|
3
|
4
|
Cees Nooteboom
|
Il suono del suo nome
|
Ponte alle Grazie
|
s.p.
|
3
|
5
|
Elizabeth George
|
Questo corpo mortale
|
TEA
|
10
|
3
|
6
|
Louise Soraya Black
|
Il cielo color melograno
|
66th A 2nd
|
s.p.
|
3
|
7
|
Michael Connelly
|
Il poeta è tornato
|
Piemme
|
11,50
|
3
|
8
|
Maurizio de Giovanni
|
L’omicidio Carosino
|
CentoAutori
|
9
|
2
|
9
|
Enzo Bianchi
|
Fede e fiducia
|
Einaudi
|
s.p.
|
3
|
10
|
Patricia Cornwell
|
Autopsia virtuale
|
Mondadori
|
13
|
2
|
11
|
Simone Lenzi
|
Sul Lungomai di Livorno
|
Laterza
|
s.p.
|
3
|
12
|
Andre Agassi
|
Open. La mia storia
|
Einaudi
|
s.p.
|
3
|
13
|
Alicia Gimenez-Bartlett
|
Gli onori di casa
|
Sellerio
|
s.p.
|
3
|
14
|
Elizabeth Peters
|
Il papiro insanguinato
|
TEA
|
9
|
3
|
15
|
Banana Yoshimoto
|
High&Dry Primo Amore
|
Feltrinelli
|
6,50
|
3
|
16
|
Francesco Recami
|
L’errore di Platini
|
Sellerio
|
12
|
3
|
17
|
Michel Onfray
|
Filosofia del viaggio
|
Ponte alle Grazie
|
12,50
|
4
|
E dopo la fredda Islanda (che
consiglio vivamente) ed il caloroso (come gruppo) Portogallo, abbiamo passato
un bel caldo agosto tra le strade marocchine. Forse un po’ troppo il caldo, ma
Marrakech ed Essaouira meritano lo sforzo. Stiamo preparando altro, per ora in
modo silenzioso, e quindi ne riparleremo.
Ciao, ho trovato questo blog per caso, ma diciamo che anch'io ho avuto occasione di saturarmi di gialli nordici per un po', negli ultimi tempi.
RispondiEliminaE decisamente propongo la povera Rebecka Martinsson per il premio speciale per il detective seriale più disgraziato e problematico di tutti i tempi!
Praticamente, ad ogni fine di episodio finisce ricoverata in psichiatria, e per farla riprendere devono farle l'elettroshock (nemmeno sapevo che si usasse ancora), o riempirla di farmaci, o tenerla mesi in isolamento!
Non c'è verso che concluda una storia consapevolmente, in piedi sulle sue gambe...
...ogni volta c'è sempre qualcun altro che la recupera mezza morta o in stato confusionale, o l'hanno pestata a sangue, o ha assistito a qualcosa di spaventoso, o è stata costretta a compiere lei con le sue mani qualcosa di spaventoso per salvarsi la pelle.
Ma dopo il quinto romanzo, non comincia a essere eccessivo????
saluti
Lisa
Completamente d'accordo. Dovremmo istituire dei premi per i "MUST" serial detective. Rebecka senz'altro il più sfigato. John Rebus il più alcoolico. Temperance la più indecisa (tra marito, amante, e altro...). grazie del commento
RispondiEliminaGiovanni