domenica 12 luglio 2020

I gialli sono sempre belli? - 12 luglio 2020


Camilla Läckberg “Donne che non perdonano” Corriere ProfondoNero 4 euro 7,90
[A: 13/09/2019 – I: 20/01/2020 – T: 24/01/2020] & + 
[tit. or.: Kvinnor utan nåd; ling. or.: svedese; pagine: 146; anno 2018]
Inauguriamo con un nome solido una nuova collana, questa volta del Corriere, dedicata al Noir. O meglio, come dice il titolo della collana al “Profondo Nero”. Peccato che il nome solido sia molto legato alla sua fortunata serie dei delitti di Fjällbacka, con le godibili gesta investigative della coppia Erica Falk e Patrik Hedström. Che appunto qui si prende una parantesi per praticare una strada nera, che però non riesce a gestire con le dovute abilità che il genere comporta. La trama è flebile e scontata, risente anche di una lettura, anche se non molto digerita, di “Sconosciuti in treno” di Patricia Highsmith. Certo, come hanno detto critici autorevoli, ci vuole coraggio per affrontare una strada diversa da quella solita, e ben asfaltata, che si conosce. Come detto, anche se si affronta un tema che anche nella serie principe di Camilla è spesso presente, cioè quello della violenza domestica, il risultato è scarso. Aspettiamo solo di capire quando i nodi verranno al pettine, perché di sicuro verranno, e se lo scioglimento avrà una sua fine all’altezza delle premesse. La storia segue le vicende di tre donne, tutte con dei grossi problemi. Il racconto corale ci fa passare dall’una all’altra, anche se a volte non con la stessa intensità. Eccoci allora alla ricerca di chi siano Victoria, Ingrid e Brigitta. Victoria è una giovane ragazza russa dal passato misterioso: il suo primo amore è stato ucciso in circostanze sospette e lei è costretta a lasciare il paese. È così che accetta di diventare la ‘moglie per corrispondenza’ di Malte, svedese e ubriacone, che la tiene prigioniera in una fattoria. Ridotta a schiava, Victoria trascorre lunghe, estenuanti e tristi giornate a spezzarsi la schiena con i lavori in casa, mentre di notte è ridotta a puro oggetto sessuale. Ingrid aveva un brillante futuro come giornalista, ha sacrificato tutto per sposare e star dietro a suo marito, accudendolo e amandolo mentre lui pensava alla sua carriera e diventava direttore di un quotidiano. Ingrid scopre a soli due mesi dalla gravidanza il primo tradimento del marito. Nonostante la decisione di perdonarlo, di continuare la vita insieme, in Ingrid nasce il dubbio e la preoccupazione che l’episodio non abbia natura isolata. Ed in effetti il marito la tradisce di continuo, inoltre, si spende per coprire e scusare suoi collegi che molestano le donne. Brigitta, una maestra di scuola elementare, è una donna matura ed è abituata da tempo alle percosse e alla violenza di suo marito, Jacob. Cerca di nascondere i lividi delle botte inferte dal marito aggressivo, eppure, fin controllato nella sua rabbia data l’attenzione a non picchiarla mai in punti visibili, decidendo anche di rimandare degli esami medici molto importanti per non far scoprire la sua condizione. Senza particolari speranze di uscire dalla loro condizione, e sapendo che direttamente non potrebbero risolvere i rispettivi problemi, le tre si affidano ad una strana risorsa in rete, che le mette anonimamente in contatto. Così ognuna di loro programma la vendetta verso il proprio marito, affidandone l’esecuzione ad una seconda donna della catena. Con un po’ di trepidazione, dopo aver visto la violenza degli uomini sulle donne, seguiamo il percorso delle tre vendicatrici, domandandoci se riusciranno nel loro intento. E se sia giusta una tale tipologia di vendetta. Certo, si tratta di maltrattamenti sulle donne. In due casi violenze fisiche. Nel terzo, per alcuni versi più subdolo, il tradimento colpisce ben tre donne: la figlia, l’amante e la moglie, anche se solo l’ultima è realmente cosciente della violenza. Anche perché Tommy come direttore del giornale copre anche gli abusi sessuali dei suoi dipendenti maschi verso le poche malcapitate giornaliste del quotidiano stesso. Sembra scontato pensare a questo punto che forse un tale libro non sarebbe uscito se non ci fosse l’ondata #metoo a sorreggerlo ed a farci pensare intorno all’argomento. Un romanzo scorretto allora. Di certo, ma è un romanzo e quindi può impegnarsi a rispondere per le rime, violenza con violenza. Un romanzo contro tutti i machismi ed i maschilismi di questo mondo. Dove le donne non solo possono ma devono rispondere a tono, diventando a loro volta aggressive e, se serve, omicide. Detto questo, che cioè non sono scandalizzato dal messaggio, ritorno alla forma. Che non è molto soddisfacente. Sin dall’inizio, e dal titolo, cerchiamo di capire solo quando e come si svolgerà la ribellione annunciata. Anche perché il titolo originale sembra meno esplicito, che dovrebbe essere tradotto con “Donne senza pietà”. Gli editor italiani si sono spinti un po’ avanti, scoprendosi forse un po’ troppo. Ma presto torneremo agli ultimi capitoli della saga maggiore e ne riparleremo.
Camilla Läckberg “Il domatore di leoni” Marsilio s.p. (prestito di Alessandra)
[A: 24/06/2018 – I: 20/03/2020 – T: 22/03/2020] &&& --
[tit. or.: Lejontämjaren; ling. or.: svedese; pagine: 466; anno 2014]
Da dove cominciamo? Dalle note positive o da quelle negativa di questa nona puntata della saga di Fjällbacka e delle avventure di Erica Falck, la mamma – scrittrice – investigatrice, e Patrik Hedström, il papà – poliziotto? In realtà, l’unica nota veramente negativa è l’inconcludenza finale. Il vezzo di voi autori seriali di lasciare la porta aperta per la prossima puntata. Perché c’è modo e modo di chiudere una storia e poi, nel successivo libro, riaprirla e, speriamo, concluderla. Qui è troppo evidente, anche se lo potremo dire solo dopo aver letto il libro successivo. Abbiamo qualche solita sbavatura, dovuta al fatto che ormai da tempo i misteri della cittadina svedese affondano sempre nel passato, così che Camilla trova il modo di interpolare capitoli in corsivo per i suoi flashback. E quando un meccanismo è così scoperto, è facile che il giallo ne risente nella sua struttura costruttiva. Certo, non si capiscono tutte le connessioni, però che la rea in carcere non è così rea, che sua figlia ha dei problemi anche seri, e che i misteri della casa degli orrori (così venne chiamata la casa di Laila) e le scomparse di giovani ragazze più o meno quindicenni abbiano dei legami è chiaro fin dalle prime pagine. Per il resto, il romanzo non fa che rimpolpare la saga corale di tutti gli attori presenti sulla scena. Insistendo nel solco delle loro caratterizzazioni precedenti, mettendo qualche nuovo sassolino, e poi lasciando tutto scorrere nel mare di fronte alla cittadina, magari prendendo un aperitivo accanto al più famoso monumento locale, la Ingrid Bergman Torg. Al solito, qualcuno è più in prima linea, qualcuno meno, e di questi non parliamo. Qui abbiamo il solito commissario capo Mallberg con tutta i suoi atteggiamenti da gaffeur professionista (tipo inquinamento delle prove quando cade nel buco sul ghiaccio), ma anche con qualche sprazzo di resipiscenza (per la prima volta cede il merito ad altri). C’è la poliziotta in congedo matrimoniale Paula che, pur nelle turbe della nascita della bimba riesce a mettere testa all’indagine fornendo un indizio non decisivo ma che metterà la squadra sulla strada delle soluzioni. Tra la squadra di Patrik, quello più in luce è Gösta (di cui sappiamo le vicissitudini dal libro precedente) che è l’unico che riesce a collegare i vari indizi, che porta idee per la soluzione, e che ha sempre un interessante lato umano (con un’ombra di idea quando incontra la maestra single, ma poi vedremo in futuro, per ora solo fumisterie). Sul lato familiare dei nostri eroi al centro della serie, c’è l’ammorbidimento di Kristina, la madre di Patrik, che trova un nuovo fidanzato con il quale sembra andare molto d’accordo. Anche dalle parti di Anna, con tutti i problemi che ci possono essere, sembra si veda una luce in fondo al tunnel: lei e Dan, pur con molta cautela, si stanno riavvicinando, tanto che credo (ma lo vedremo nel prossimo romanzo) sia anche di nuovo incinta. La vicenda gialla si snoda invece su due binari, uno nel solco di Erica ed uno in quello di Patrik. Erica è intenta alla scrittura di un nuovo libro sulle vicende di Leila, in carcere da una trentina di anni, condannata per l’uccisione del marito Vladek. Lui era il famoso domatore di leoni del titolo, ma a parte il titolo, entra poco nella vicenda. Lei viene trovata sulla scena del delitto e confessa l’uccisione del marito. La figlia maggiore Louise la trovano incatenata in cantina, il figlio più piccolo Peter terrorizzato in salone. Peter viene affidato alla nonna, ma quando questa viene uccisa in un tentativo di rapina (o almeno così appare), lui scompare. Louise viene affidata ad una famiglia, dove conosce un’altra disadattata, Tess. Faranno comunella, e noi ben capiamo (anche se Camilla impiega una vita), che è Louise la “cattiva” della famiglia. Ad un certo punto, poi, Louise e Tess scompaiono, dicono affogate, ma senza ritrovare i corpi. Insomma, tante morti presunte, senza habeas corpus. La vicenda di Patrik invece inizia con il ritrovamento della giovane Victoria, rapita da tre mesi. Orrendamente mutilata (cieca, senza lingua e con i timpani sfondati) muore travolta da una macchina. Victoria era una valente cavallerizza della scuola di equitazione gestita da Marta. Scuola dove brilla anche la stella di Molly, la figlia di Marta e Jonas. Costui è il figlio di Helga ed Einar, il secondo da tempo costretto su di una sedia a rotelle per l’amputazione delle gambe dovuta al diabete. Nella vicenda vediamo anche la presenza di Teresa, la prima fiamma di Jonas, che, dopo il matrimonio d’amore che le ha portato Tyra (una delle più care amiche di Victoria), ora è sposata con il poco raccomandabile Lasse. L’astuzia di Patrik porta a collegare il caso di Victoria con la scomparsa di altre ragazze nel sud della Svezia negli ultimi due anni. Il lampo di Paula porta la connessione di Victoria con un caso di trenta anni prima dalle caratteristiche analoghe. La perseveranza di Gösta unisce Victoria ai ricatti perpetrati da Lasse nei confronti dell’amante della ragazza. Che noi circoscriviamo subito alla coppia Marta e Jonas: sarà il giovane veterinario o la valente maestra dei cavalli ad aver rubato il cuore della ragazza? Infine, le intuizioni geniali di Erica fanno sì che si riesca a trovare un collegamento tra tutte le sparizioni delle ragazze. Il finale, questa volta, non è troppo convulso. Anche se vediamo la possibilità ad ogni passo che si precipiti verso una nuova tragedia. Cosa che fortunatamente si evita, e dove si risolvono la maggior parte dei dubbi e delle efferatezze commesse. Purtroppo, Camilla decide di non chiudere il cerchio completamente, così che in uno dei prossimi romanzi qualcosa salterà di nuovo fuori. Questa volta la nostra scrittrice maneggia la materia in maniera interessante e sapiente, anche se non raggiunge le vette dei primi episodi, e prima di cadere verso il basso con il primo dei non-Flack romanzi di cui ho parlato da poco. Aspettiamo ora il prossimo.
Camilla Läckberg “La strega” Marsilio s.p. (Regalo de “I Floridi”: Mario, Ines e la signora Laura)
[A: 07/05/2019 – I: 22/03/2020 – T: 24/03/2020] &&&
[tit. or.: Häxan; ling. or.: svedese; pagine: 683; anno 2017]
Beh, anche se di poco, la nostra svedese con questa decima puntata delle avventure di Fjällbacka risale un po’ nel gradimento personale. Avrebbe forse aspirato a più “libri” ma ha messo tante storie dentro la storia, che se ne potevano fare due libri (almeno). La scrittura è la solita che ci accompagna gradevolmente da molti anni. Anche lo stile sembra ricalcare le ultime scritture, anzi, come detto, si complica ulteriormente. Gli ultimi romanzi avevano un flashback ricorrente in corsivo che percorreva le strade del passato. Ora il passato torna in due diverse avventure (anche se sappiamo che prima o poi si incontreranno). Ma invece del corsivo, Camilla usa dei titoli. Senza titolo le avventure al presente. Con “Il caso Stella” ci si riferisce al delitto che sembra una anticipazione del giallo attuale. Infine, con “Bohuslän 1671” viene portati 350 anni addietro, al tempo della caccia alle streghe. Questa è la parte meno “utile” al contesto. Certo, vediamo lo svolgersi di una vita rurale nella Svezia dell’epoca, con le signorie, le serve, ed i pastori che fanno bello e cattivo tempo. Seguiamo le disavventure di Eilin, che perde il marito in mare, viene accolta dall’odiosa sorellastra, e, dato che si occupa di piante e non tiene a freno la lingua, sappiamo già che verrà accusata di stregoneria e subirà l’assurda sorte di tante donne dell’epoca. Ma il fatto che lanci una maledizione che rimbalzerà nei secoli è una cosa che ci si poteva risparmiare. Il testo si regge anche senza questa chiosa, che forse serve solo a giustificare il titolo, ma che avrei eliminato nella revisione del testo. Per venire alla trama in sé, noto iniziando che, contrariamente a quanto mi aspettavo, la non conclusione del romanzo precedente non si ripercuote su questo libro, ed è anche questa una buona notizia. Per altro, invece, continua la saga dei personaggi di contorno: la madre di Patrik convolerà a giuste nozze con il suo Gunnar, e tutti ne sono felici (con una bella serata di addio al celibato da ricordare, anche per il collegamento con il programma “Ballando con le stelle” il cui format è presente anche in Svezia con il titolo “Let’s Dance”); altrettanto felice è il rapporto rinnovato tra Anna, la sorella di Erica, e Dan: dopo alti e bassi, si sono pacificati, Anna è di nuovo incinta, ed anche loro si sposano. Sul fronte poliziesco, della pattuglia di Patrik, abbiamo Martin che pare finalmente uscire dalla depressione e trovare nuovo slancio nel rapporto con una giovane mamma single. Paula rimane di supporto e non veniamo trascinati da nessuna bega familiare, come per la segretaria tuttofare Annika. Il responsabile Mallberg diventa sempre più una macchietta poco comica, e molto antipatica, riuscendo ad incasinare tutto l’incasinabile. Anche se poi è di fondo buono, ed alla fine riacquisterà qualche punto (ma a me verrebbe da chiedere a Camilla di farlo andare in pensione). Acquista sempre più spessore il pensieroso Gösta che anche qui avrà un paio di brillanti intuizioni che porteranno alla soluzione del caso. Noto anche di passaggio che Patrik, a parte le doti di raccordo come capo pattuglia di fatto, non ha un grosso peso nel dipanare la vicenda, dove i punti salienti saranno più a capo della sua pattuglia e, ovviamente, a Erica. Che, entrando di lato nella vicenda, sarà lei a fornire la matita per unire i punti sparsi del disegno. Ridotta all’osso la vicenda si costruisce intorno alla morte di Nea, una bimba di quattro anni, che viene ritrovata esattamente nello stesso posto dove era stato rinvenuto il corpo di Stella. Troviamo quindi le due vicende che si parallelizzano (anche per merito dei capitoli di cui ho detto sopra). E si complicano. Accusate della morte di Stella erano state due ragazzine, Helen e Marie, che prima confessano, poi ritrattano, ma che, per la giovane età, non vengono condannate. Marie va lontano, si costruisce una propria vita, sempre un po’ borderline, ha una figlia Jessie che non consocerà mai il padre, ed al fine diventa un’attrice di medio calibro. Tanto che torna a Fjällbacka per interpretare il ruolo di Ingrid Bergman in un film. Helen invece rimane lì, è costretta dal padre, una volta diciottenne, a sposare l’anziano e super antipatico James, da cui avrà un figlio Sam. Non ci meraviglia il fatto che i due “disadattati” Jessie e Sam troveranno il modo di unire le loro difficoltà sociali. Per complicare bene la storia, come se già non lo fosse, la nostra scrittrice inserisce anche la vicenda di immigrati siriani sfuggiti alla guerra, che non riescono ad inserirsi nel tessuto sociale svedese. Qui Camilla apre una grossa parentesi sull’immigrazione e sul sovranismo alla Salvini di chi vede tutte le colpe addossabili a questi non-allineati. Pur se con qualche grosso dolore, alla fine, verranno riscattati. Viene anche inserito il bullismo giovanile, con un trio di quindicenni che fanno le peggiori cose a Sam e Jessie, ingenui ma per finta. Una storia che non può che finire male. Con una solida capacità narrativa, l’ultima parte del libro, in cui la scrittrice trova il modo di collegare tutte le storie, e risolverle tutte, è senz’altro la parte migliore. Il quadro alla fine si ricompone, con tutti i colpevoli e tutti gli innocenti ai posti giusti. Forse alcuni di loro era prevedibile da tempo che fossero collocati in quei posti, ma la scrittrice non delude. Una nota finale: la vicenda di Helen e Marie ricorda, con le dovute varianti, quella delle due ragazzine in Nuova Zelanda, Juliet e Pauline, che uccisero la madre di Pauline per non separarsi. Di Pauline si perdono le tracce, mentre Juliet, dopo vari mestieri, diventa una celebrata scrittrice con il nome di Anne Perry. Vi invito a leggere il libro, apprezzare le varianti, e la scrittura di Camilla.
“È un Kopi Luwak … si fa con le bacche mangiate dagli zibetti: dopo che le hanno cagate, vengono raccolte, lavate e tostate. Non è un caffè economico.” (149) [ma noi lo abbiamo assaggiato in Belgio ed in Laos!!]
Patricia Cornwell “Caos” Mondadori euro 14,50
[A: 02/01/2018 – I: 16/06/2020 – T: 17/06/2020] - & +
[tit. or.: Chaos; ling. or.: inglese; pagine: 344; anno 2016]
Per una serie di insondabili motivi (in pratica perché non è uscito ancora in edizione economica) ho lisciato il 23° libro di Kay Scarpetta, e leggo invece il successivo. Non so se il “Cuore depravato” del precedente poteva dare delle illuminazioni, ma il testo, la trama e la scrittura della scrittrice americana sta decisamente andando verso un fondo quasi irrecuperabile. In questo di certo aiutata da un redattore di “lanci” editoriale di scarsa comprensione delle dinamiche del giallo. Certo, come mio costume, lo leggo alla fine, ma non mi puoi scrivere una notizia relativa alla morte principale del giallo che nel testo uscirà solo verso pagina 200! In questo non so se poi molto dipende dalla dilatazione della scrittura dell’autrice, che si sofferma su tante parole e fatti forse utili ad una descrizione del mondo, ma non a dare velocità ed interesse al romanzo stesso. Come spesso nelle ultime uscite, poi, tutto il “dramma” (inteso nel senso americano di intreccio di situazioni) si svolge in circa dodici ore o poco più. E queste ore occupano 327 delle 344 pagine totali… Infatti, il “dramma” in quanto tale si occupa della inspiegabile morte di una signorina che sta attraversando in bicicletta un parco cittadino nell’area del complesso universitario. Questo si innesta in tutto il contesto della vita di Kay, di suo marito Benton e di tutte le persone che gravitano intorno. L’elemento unificante dell’entourage di Kay è una sua presentazione che deve avvenire da lì a poco. Per sentirla si sposta la non amata sorella Dorothy, il cui aereo però ritarda. Così che a prenderla all’aeroporto andranno Janet, la compagna della figlia di Dorothy (ma allevata da Kay) con il loro figlio adottivo Desi. Dorothy, tuttavia, più che alla conferenza sembra interessata ad uno dei partner lavorativi di Kay che ben conosciamo nelle sue molteplici trasformazioni in questi più di venti libri: Pete Marino. Mentre il marito di Kay, Benton, l’uomo dell’FBI, servirebbe (almeno inizialmente) a calmarne le ansie in vista della conferenza, attraverso una cena (su cui torneremo poi) ed una nottata nell’esclusivo club universitario. La vita di Kay è inoltre turbata da una serie di minacce che le arrivano giornalmente da un non meglio precisato “Tailend Charlie” (nome che nel gergo militare indica un colpo di coda catastrofico per i nemici). Qui abbiamo un gioco verbale che rende poco in italiano (anche se è comprensibile). I messaggi arrivano ogni giorno, nel pomeriggio, alle 6 e 12. Kay ci ricorda che lei è nata il 12 giugno. Data che in americano, usando prima il mese e poi il giorno, si scrive 0612, come l’orario dei messaggi (dove si aggiunge PM). Prima di tornare al racconto un altro inciso: Patricia è nata il 9 giugno. Mentre Kay e Benton stanno a cena, Marino la convoca sulla scena del crimine della biker. Contemporaneamente anche Benton riceve un messaggio. Da qui ci sono una serie di lunghissime ed inutili pagine sui protocolli scientifici per non inquinare le prove, per reperire materiale probante (ma noi che vediamo C.S.I. ci aspettiamo che in pochi minuti venga tutto analizzato, mentre qui ci vogliono ore e soprattutto troppe pagine). Alla fine, Kay si fa persuasa che possa essere stata una scarica elettrica generata da un drone. Nel mentre, arriva sulla scena Benton dicendole che il generale Briggs, mentore di Kay alla prossima conferenza, ha subito una fine analoga, così come una signora una settimana prima. Unendo gli sforzi mentali di Kay, le conoscenze di Benton e le capacità informatiche di Lucy, non possiamo che ritrovarci allo stesso punto: l’artefice di tutto il casino, le morti ed altro, non è che la solita psicopatica Carrie. Che aveva ordito questo piano già da decine di anni. Infiltrandosi nella vita di Nathalie, la sorella di Janet morta da sei anni, facendosi parte in causa (sebbene nascosta ed a lungo poco chiara) nella nascita del piccolo Desi. Le capacità di Lucy riescono a collegare la biker morta con un indirizzo a Londra, dove vive un genio dell’elettricità, che tuttavia ha un fratello incline al male. Ci meravigliamo allora che la cattivissima Carrie abbia coinvolto quest’ultimo nei suoi piani? La fortuna di Kay & friends è che i partner di Carrie hanno sempre qualche punto debole, che i nostri sfruttano nel concitato e convulso finale. Dove sembra avere un termine anche la carriera di Carrie. Ma non si sa mai. Insomma, un testo troppo lungo e privo di elementi nuovi, che riterrei praticamente inutile alla storio-bibliografia dell’autrice. Spero che Kay possa tornare a svettare su scene del crimine più interessanti, che questa storia, così come si sta svolgendo ora, è decisamente poco attraente. Dicevo prima della cena, dove volevo far notare come Kay e Benton ordinano uno chablis, il “Montée de Tonnerre 2009”, che si acquista a circa 200 euro a bottiglia! Eviterei di fare commenti. Un ultimo elemento di studi lo indicherei nell’analisi che Kay fa dell’infanzia di Carrie, bimba già disturbata e rovinata dalle manie religiose della madre. Ricordo solo per inciso che la madre di Patricia fuggì con lei ed i suoi fratelli per rifugiarsi nella comunità del reverendo di fama televisiva Billy Graham. Inoltre, Patricia scrisse una biografia della moglie di Billy, Ruth rompendo per molto tempo con il predicatore. Tutte immagini da contesto che forse chiariscono un poco il testo, ma che non ne risollevano le sorti poco felici di scrittura.
“Einstein: Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi.” (161)
Secondo week-end di luglio, ed eccoci allora ad un allegato, molto breve, sugli stranieri.
Mentre anche noi continuiamo come Einstein a fare gli stessi errori, in questi mesi di quarantena, dove si sta più spesso in casa di quanto ci si aspetti, abbiamo doppiato la metà dell’anno, ed un numero alto (anche se non immenso) di letture. Ci attende una complicata seconda metà di luglio. Ma l’affronteremo a muso duro come Bertoli, e soprattutto insieme a tutti voi, amici miei.

CURARSI CON I LIBRI di Ella Berthoud e Susan Elderkin con i “bugiardini” di Giovanni

LUGLIO 2020
Vorremmo tutti essere stranieri, che sarebbe come dire che si può tornare a viaggiare…
STRANIERI, ESSERE
Jonathan Safran Foer “Ogni cosa e illuminata”
Se la gente vi chiama straniero, e questo nome non vi sfagiola, e vi fa bruciare la milza che pensino che avete il cervello ripieno di merda solo perché venite da una parte diversa del globo, vi consigliamo di farne un tratto distintivo, come Alex, il non competente narratore di “Ogni cosa è illuminata”. Poi, anche se non siete una molto pregiata persona e non molte ragazze vogliono essere carnali con voi, potete imparare a parlare come lui e almeno sfagiolerete alla gente. Alex assicura al padre, proprietario della Viaggi Tradizione, che è molto fluido in inglese e cosi viene mandato a fare da traduttore e da guida per l’eroe del romanzo, Jonathan Safran Foer (qui intendiamo il personaggio, non l’autore, anche se avete ragione a confonderli dato che condividono molte qualità, tutte assai pregiate); insieme al nonno piagnone di Alex, che una volta era un contadino e ora è ritardato, ovvero in pensione, e a una cagnetta debosciata mentale che si chiama Sammy Davis Junior Junior (che siamo d’accordo non è molto flaccido da pronunciare), vanno in cerca di un piccolo shtetl ucraino che si chiama Trachimbrod sperando di ritrovare la donna che forse aveva salvato il nonno di Jonathan dai nazisti. Quella di Trachimbrod, raccontata da Jonathan in capitoli alternati e interminabili, è una storia elettrica. Ma è la voce di Alex, così fuori dal normale e così memorizzabile - procreata dall’aver studiato sul dizionario dei sinonimi invece che sul dizionario - la cosa che ci sfagiola di più. Vi suggeriamo, se anticipate di essere stranieri in un futuro prossimo o quando sarete meno minuscoli, di andare a spargere un po’ di moneta su un dizionario dei sinonimi o un equivalente (siamo sicure che un libro di cucina o un manuale per auto avrebbero lo stesso effetto) per la lingua in cui non siete completamente fluidi, e non solo illuminerete voi stessi, ma nel frattempo diverrete molto affascinanti e farete una bella «oppressione».

Bugiardino

Ci sarebbero forse volute pagine e pagine di altri scritti per parlare di stranieri ed alterità (penso intensamente al naufragio di Davide Enia, ad esempio). Qui si cerca di fare sorrisi, e di recuperare un libro letto quasi quindici anni fa (e lo potete notare dalla stringatezza del commento). Impresa memorabile e non facile.  
Jonathan Safran Foer “Ogni cosa è illuminata” Guanda 8 euro
[tramato il 3 gennaio 2007]
Il racconto intrecciato tra la ricerca delle radici in una improbabile Ucraina e la storia delle origini di queste radici è interessante. La resa in italiano è impossibile. Credo l’originale americano più “adeguato” (giochi di parole che si perdono, ecc.). Al solito in queste fantasie, il finale poi è un po’ “vagante”. Comunque mi rimangono, anche se staccate dal contesto, alcune frasi che mi hanno colpito.
“Ti sei mai innamorato? - Non credo. Credo che se mi fosse successo lo saprei”.
“Desidero che mi dica cosa tu pensi sia la cosa giusta. So che non è necessario che ci sia una cosa sola giusta. Potrebbero esserci due cose giuste. Potrebbero non esistere cose giuste.”
“Mi chiedo se riesci ad immaginare la mia vita senza di me. - Certo che riesco ad immaginarla, ma non mi piace”.

Conclusioni

Siamo alla “S” e quasi alla fine del libro, e molti aspetti si perdono. Non facile mantenere per 600 pagine la stessa concentrazione. E questo ne è un esempio.


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