domenica 11 ottobre 2020

25 anni di Courtney - 11 ottobre 2020

 Torniamo ancora una volta alla grande saga della famiglia Courtney scritta da Wilbur Smith. Che riporto in ordine cronologico degli avvenimenti, e non di scrittura. Siamo agli episodi dal decimo al tredicesimo, con un piccolo inserto, poco significativo, della saga parallela dei Ballantyne. Mentre proseguiamo nella storia, notiamo come la scrittura invece sia sparsa nel tempo, con un episodio scritto nel 1966 ed il successivo nel 2009, per poi tornare prima al 1985 e poi al 1977. Tutti, rispetto alle solite scrittura, con un indice di gradevolezza più che sufficiente.

Wilbur Smith “La voce del tuono” TEA euro 6,90

[A: 25/08/2018 – I: 02/06/2020 – T: 04/06/2020] - &&& --

[tit. or.: The Sound of Thunder; ling. or.: inglese; pagine: 446; anno 1966]

(periodo: 1899-1906) (COURTNEY 10)

Come al solito Smith ci abitua a viaggiare nel tempo della scrittura. Avendo deciso di leggerne, ho cercato di ricostruirne una linea temporale, seguendo la cronologia dei fatti e non quella della scrittura. Così, dopo aver veleggiato con scritti redatti nell’ultimo decennio, ecco saltare indietro, allo scrittore poco più che trentenne, alle prese con i motori primi delle sue avventure.

Questo in realtà è il terzo libro scritto da Smith, ed il secondo dedicato alla saga della famiglia Courtney, anche se per la storia in sé risulterebbe come decimo. Anche qui, con alcuni distinguo, che è realmente la continuazione diretta del settimo (“Il destino del leone”), essendo l’ottavo ed il nono coevi temporalmente, ma dedicati sia ad una zona più a nord della saga originaria (cioè Sudan ed Eritrea) sia alla convergenza con l’altra grande saga di Smith, quella dei Ballantyne. Questa convergenza non mi pare abbia dato frutti interessanti, rimanendo i personaggi ancora senza una reale deriva comune. Quindi torniamo al filone “sudafricano”, che qui riprendiamo le vicende dei fratelli Courtney, Sean e Garrick.

Ricordo brevemente gli antefatti: figli di discendenza inglese in terra sudafricana, Sean fortuitamente ferisce Garrick, che risulta amputato di una gamba e menomato nella sessualità. Sean è uno sciupafemmine, che in particolare circuisce la un po’ grossolana Anna, ingravidandola. Ma non è il suo amore, la lascia subito e lei, per vendicarsi, sposa Garrick, e fa nascere Michael. Sean fugge dalla casa avita in cerca di avventure, sposa la disturbata Katrina, con cui produce il giovane Dirk. Poi Katrina si suicida, lui e Dirk vanno in cerca d’avorio ed altri soldi (trovandoli).

Qui cominciamo che i due stanno tornando a casa, e si imbattono in una serie di problemi: la guerra anglo-boera e Ruth. Sean è ben dibattuto: è inglese, vive nelle colonie inglesi, ma da sempre ha convissuto con i boeri, apprezzandone le qualità, sposando Katrina, e vivendo una vita simile alla libertà d’origine olandese. Dopo che gli vengono confiscati avorio e denari, torna alla casa avita, dove trova la dolce matrigna Ada, la super acida cognata Anna ed il figlio non riconosciuto Michael. Per rimediare ai debiti ed altre angustie, non può che partire soldato.

Andando verso il battaglione, si imbatta in Ruth, donna, ebrea, sposata e super bella. Non vi sto a spiegare i come ed i perché, ma capite che i due hanno una notte d’amore selvaggio. Ruth sparisce, Sean raggiunge il reggimento, si arruola nelle Guide, ed è ovvio che diventi il miglior amico di Saul, che noi già capiamo essere il marito di Ruth. La scrittura è quella del poco più che trentenne abitante al di sotto dell’equatore: quindi una grande parte viene dedicata alla guerra ed alle sue battaglie.

Come spesso anche successivamente, la cura storica delle vicende è ben centrata, e quindi possiamo seguire una descrizione abbastanza accurata dell’andamento della seconda guerra anglo-boema. Con una iniziale prevalenza dei boeri, sino a che gli inglesi non cambiano tattica, cominciano una guerra da terra bruciata, e con l’ardore dei numeri, finiranno per prevalere. La guerra è anche un momento per mettere a fuoco alcuni elementi: il rispetto tra Sean e Jan-Paulus Leroux, uno dei capi boeri nonché parente della sua prima moglie; l’insipienza di Garrick che anche sotto le armi non sa uscire dal suo guscio difensivo ed autocommiserativo; l’amicizia tra Sean e Saul, con la nascita di Storm, che è figlia di Ruth e Sean, ma Saul non lo sa, e con l’ovvia morte di Saul, così che, anche se in un paio di anni, Sean riuscirà a convolare a giuste nozze con Ruth. Ovvio che ci siano anche “danni” collaterali. Garrick viene scoperto nella sua poca autorevolezza, congedato, rispedito a casa, dove la sua parte di mondo continua a deperire. Suo “figlio” Michael è sempre più attratto dal vero padre Sean, e sua moglie Anna è sempre più acida, tanto che alla fine avrà il suo, lasciandoci intravedere un possibile ricongiungimento tra i due fratelli.

Sean dovrà anche superare molte prove: raccolti poco felici, piante che non crescono. Ma soprattutto, la gelosia di Dirk nei confronti sia di Ruth che di Michael. Tanto che il giovane sedicenne (ci risulta nato nel 1890) inavvertitamente brucia tutta la foresta paterna, con un guasto economico stratosferico. Che solo ritrovamenti fortuiti di non dico cosa permetteranno di superare. Alla fine, anche se con qualche zoppicamento, tutto sembra andare per il meglio: Michael diventa l’aiutante di Sean, Sean adotta Storm, la figlia di Ruth, Garrick si pacifica con il fratello e comincia a scrivere le memorie della “gens Courtney”, Dirk, per evitare altri guai, si allontana per vivere altrove.

Sono tuttavia sicuro che questa calma sia solo apparente. Intanto, chiuderei con un piccolo mistero: ad un certo punto, ed in una sola pagina, Ruth chiama la figlia “Thunder” invece che “Storm”. Però poi da un lato dice che rimarrà in cinta solo concependo durando un colpo di tuono, dall’altro il titolo del libro parla della “Suono del tuono”, cosa che ci fa riflettere. Sicuramente meglio del cambiamento italiano tra “suono” e “voce”.

Wilbur Smith “Il destino del cacciatore” Harper Collins euro 9,90 (in realtà, scontato a 9,50 euro)

[A: 16/07/2020 – I: 29/07/2020 – T: 30/07/2020] - &&& +

[tit. or.: Assegai; ling. or.: inglese; pagine: 550; anno 2009]

(periodo: 1906 - 1920) (COURTNEY 11 & BALLANTYNE 06)

Come dicevano i media librai, dopo molti anni, ecco l’attesa ristampa dell’unico volume mancante della mia mega saga Courtney & Ballantyne. Non più nella scuderia TEA, ma presso Harper Collins che da alcuni anni ha preso in mano le pubblicazioni di Smith.

Vengo così a colmare un buco nella storia, tra i due romanzi posteriori come scrittura “Re dei Re” dove vedevamo la fine delle storie di Ryder e Penrod, e “Grido di guerra”, dove vediamo il seguito della storia di Leon e Eva, ma soprattutto dei figli e parenti vari. Certo, avendoli già letti, un po’ di sorpresa ci manca, ma qui la scrittura di Smith ritorna ad essere gradevole, anche perché molto più centrata sull’Africa e sui suoi paesaggi.

Una volta tanto la storia non si complica eccessivamente, quasi fosse un passaggio di relax nella scrittura del nostro avventuroso avventuriero. Una volta tanto, seguiamo solo il personaggio principale, Leon Courtney, figlio di Ryder Courtney e Saffron Benbrook, nonché quindi nipote di Amber Benbrook sposatasi con Penrod Ballantyne. All’inizio della storia ci scordiamo subito di quasi tutti, meno di Penrod. Leon dovrebbe avere circa 19 anni, essendo nato nel 1887. È nell’esercito con lo zio, ma il suo carattere indipendente collide con le gerarchie. Così che preferisce seguire la sua natura, iniziando a fare il cacciatore, anche se lo zio gli lascia una copertura da riservista dell’Intelligence (che servirà più avanti). Si collega al grande vecchio dei fucili, Percy Philipps, ogni tanto va a salutare la sua madre adottiva Lusima (che troveremo ancora nel successivo episodio), e si aggira per la vallata del Great Riff con i suoi amici masai.

Qui c’è una delle parti del miglior Smith, quando parla della “sua” Africa, anche se a volte è un po’ troppo indulgente nei rapporti tra locali ed immigrati. Ma qui, appunto, vediamo dispiegarsi al meglio il suo talento. La descrizione dei paesaggi africani, maestosi, dai deserti secchi come il Caprivi namibiano fino al massiccio del Kilimanjaro, passando per l’Arusha National Park, su, su sino a Nairobi, ed oltre. Tutta la parte centrale è dedicata alla caccia, ed alle varie tipologie di assalto alla fauna locale: noi ora animalisti, assistiamo esterrefatti alle stragi lì perpetrate. Vengono uccisi kudu a iosa (cioè antilopi), ma anche gazzelle di Thompson, facoceri, bufali, elefanti e leoni. Smith si ingegna nel mostrarci i vari tipi di caccia, e la differenza tra i bianchi con i fucili ed i locali con l’assegai. Che è lo strumento del titolo (anche se è pure il nome del dirigibile usato nella lotta finale), e che in italiano andrebbe tradotto con zagaglia. Nei vari safari incontriamo l’ex-presidente americano Teddy Roosvelt con il figlio Kermit, la principessa tedesca Hohenzollern ed altri. Ma questi incroci servono solo per far entrare nella storia il ricco industriale tedesco Otto Von Meerbach, con la sua amante Eva von Wellberg.

Questa parte serve anche ad introdurre e farci godere il secondo punto forte della narrazione: l’aviazione. Prima con gli aerei pilotati da Otto, poi da Leon, con le descrizioni dall’alto del territorio africano. Poi con la nascita dei primi dirigibili adattati ad usi bellici. Otto, oltre ad essere un industriale, è anche una specie di collegamento tra le milizie del Kaiser ed i tedeschi residenti in Africa. Dove si cercherà di farli insorgere contro i britannici. Questo collegandosi con uno dei capi boeri, quel Koos de la Rey (realmente esistito) padre di Lothar che sarà al centro di future vicende che noi abbiamo già letto e digerito.

Sappiamo anche, dal “Grido di Guerra”, che Eva in realtà è una spia inglese che cerca di carpire le informazioni da Otto. E sappiamo anche che nascerà un grande amore tra lei e Leon. Avremo modo di gustare, tra un volo e l’altro, non solo la nascita dell’amore, ma anche le modalità con cui Eva e Leon riusciranno a sabotare i pieni tedeschi, causando (finalmente) la morte di Otto.  Per poi gustarci la nascita dell’impero Courtney e l’inizio della nuova dinastia, con la nascita di Saffron (chiamata come la nonna) delle cui vicende già sappiamo a lungo.

Ripeto, sono contento di essere riuscito a colmare questo buco temporale, ed a ricostruire tutta la trafila genealogica dei Courtney. Inoltre, è un libro che, lasciando da parte le storie troppo “politiche” che a volte non rendono giustizia della penna di Smith, si concentra sulla vita africana di tutti i giorni, nelle pianure e nei monti dell’Africa subequatoriale. Un buon libro, da leggere tuttavia seguendo lo schema temporale degli avvenimenti.

“È la vita che è difficile. Non esistono certezze. Dobbiamo prendere i giorni a noi assegnati e farne quello che possiamo.” (462)

Wilbur Smith “La spiaggia infuocata” TEA euro 6,90

[A: 12/12/2017 – I: 05/06/2020 – T: 07/06/2020] - &&&

[tit. or.: The Burning Shore; ling. or.: inglese; pagine: 522; anno 1985]

(periodo: 1917 - 1920) (COURTNEY 12)

Come potete constatare ho ritrovato il volume 11 della saga dei Courtney e colmato i salti temporali della grande famiglia. Qui la ritroviamo, almeno in parte, e poi, avventura dopo avventura, quasi tutta nuovamente schierata sulle “verdi colline d’Africa”. Anche se questo dodicesimo volume è massimamente dedicato ad un nuovo personaggio, Centaine de Thiry. Nata le prime ore del Nuovo secolo, da cui il nome, così dice lei. Anche se “centinaia” mi suona malino come nome proprio. Come si mischia allora la bella francesina con i nostri eroi?

Intanto, l’azione (saltati una decina d’anni) si sposta nel 1917, in Francia, dove durante la Prima Guerra Mondiale combattono il colonnello Sean Courtney (ormai cinquantacinquenne) ed il figlio/nipote Michael (per districare l’intreccio rimando ai libri precedenti). Seguiamo soprattutto Michael, giovane aviatore (anche se non proprio giovane, che secondo la cronologia dovrebbe avere 37 anni). Dopo una prima parte sui combattimenti aerei, filologicamente interessante ma poco avvincente, Michael incontra la bella Centaine, di venti anni più giovane. Amore a prima vista, sesso subito (sai, la guerra…), e matrimonio da organizzare (così che la ragazza incontra anche zio Sean). Ovvio che Michael muore il giorno delle nozze, Centaine scopre di essere incinta e decide, con l’aiuto dello zio, di andare dai parenti africani di Michael.

Sappiamo bene, avendo già alle spalle una bella dose di scritti dello scrittore australe, che la sua capacità è di complicare le vicende semplici, così che si riesca quasi sempre a veleggiare verso le 500 pagine. La nostra bella Centaine si imbarca allora su di una barca-ospedale, al fine di arrivare a Cape Town dove la aspetta il suocero Garrick. Ma lungo le coste della Namibia, per un errore notturno, la nave viene affondata da un sommergibile tedesco, le cui armi sono fornite da un manipolo di guerrafondai tedeschi che non vogliono arrendersi all’egida del Commonwealth verso cui veleggiano le nazioni della punta africana. Manipolo comandato dal bello, biondo e tedesco Lothar de la Rey.

La nave affonda, si salvano in pochi. Da un lato, insieme ad altri, c’è la tata francese Anne. Dall’altra solitaria e sperduta lungo la “Skeleton Coast” (tratto di spiaggia che ho visto ed ho capito come possa essere fonte di naufragi a rotta di nave), Centaine sopravvive. Anne si ricongiunge con Garrick, non ci meravigliamo che finiscano anche a letto, visto che la francese “cura” l’impotenza del nostro. Ed i due da quel momento cominciano a cercare Centaine per ogni dove. La nostra ormai diciottenne, invece, dopo aver corso molti pericoli, viene salvata da due anziani boscimani, con i quali intraprende un lungo viaggio iniziatico.

Qui, Smith ha agio di mostrare la sua empatia verso gli aborigeni, i locali, ed in special modo, i più deboli, emarginati anche dagli altri di colori. Parliamo dei piccoli, molto poco noti (se non per il nome) popolo San, chiamato spregiatamente boscimani. Abbiamo modo di capirne i riti, le modalità, le paure, la forza. Cose che Centaine vivrà sulla sua pelle, e che i due vecchi boscimani le restituiranno in molti modi. Il primo aiutandola a far nascere l’erede, Michael Shasa de Thiry Courtney. Quindi portandola nel luogo segreto della loro razza. Infine, lasciandola quando si avvicinano dei bianchi, così che lei possa tornare “alla civiltà”. Il guaio è che i bianchi sono il manipolo di Lothar e dei suoi filotedeschi.

L’ignara Centaine plaude al salvataggio, si incapriccia del biondo Lothar e ci fa anche un figlio. Poi vicissitudini varie, portano Garrick e consorte a salvare Centaine, e con lei Shasa. Ma la nostra eroina, quando torna a Cape Town, scopre che Lothar ha ucciso i due boscimani. Così lo accanna, ma a quel punto si trova anche senza soldi. Risolverà tutto (molto?) con l’ultimo regalo dei due aborigeni (questo ve lo lascio scoprire). Così che alla fine troviamo la seguente situazione: a Cape Town ci sono le due famiglie Courtney “ufficiali”: da una parte Sean e Ruth (la seconda moglie) con Dirk (il figlio di Sean e Katrina) e con Storm (la loro figlia ufficiale) e dall’altra Garrick con la forse moglie Anne (la governante francese). In Namibia c’è Centaine con Shasa, figlio suo e di Michael (figlio segreto di Sean adottato da Garrick). In giro per l’Africa australe c’è Lothar con Manfred (figlio suo e di Centaine).

Insomma, uno Smith d’annata, con tante avventure discrete, molta descrizione di scenari africani spesso la cosa migliore, qualche scena di sesso, e molti intrighi da Jane Austen di colore (o da Dynasty se fossi molto cattivo). La scrittura è gradevole, ed il tempo passa piacevolmente, in attesa di impegnare altrove la testa.

“La città di Swakopmund era uno sbalorditivo pezzo di Baviera trasportata nel deserto sudafricano, con tanto di casette della Foresta Nera.” (273) [nonché birrerie e ristoranti con wienerschnitzler, come trovai nel 2007]

Wilbur Smith “Gli eredi dell’Eden” TEA euro 6,90

[A: 25/08/2018 – I: 24/06/2020 – T: 26/06/2020] - &&& --

[tit. or.: A Sparrow Falls; ling. or.: inglese; pagine: 545; anno 1977]

(periodo: 1917 - 1925) (COURTNEY 13)

Una nuova puntata della saga dei Courtney, con i tempi leggermente sovrapposti al precedente, e con alcuni rimandi. Peccato si noti che questo capitolo è stato scritto prima del precedente, tanto che avrebbe avuto senso anche menzionare la bella Centaine. Ma tant’è, siamo ancora nell’epoca in cui la scrittura di Smith era abbastanza acerba, dondolando tra ambientalismo in bozze ed erotismo senza troppe pulsioni.

Come si vede, in fatti, è scritto nel 1977, una decina d’anni dopo le prime scritture, ed una decina di romanzi dopo. Anche se in quella fase, Smith alternava romanzi a sé stanti con alcune puntate della saga dei Courtney. E della saga questo è il terzo scritto, dopo “Il destino del leone” (puntata numero 7) e “La voce del tuono” (puntata numero 10). Noi però lo leggiamo nella sequenza ormai consolidata delle successive scritture e riscritture.

Così che ci troviamo nel gorgo della Prima guerra mondiale. Sappiamo anche che Michael il figlio naturale di Sean ma adottato dal gemello Garrick è morto in Francia. Non avendo ancora ipotizzato lo sviluppo con il figlio di Michael e Centaine, qui praticamente viene ignorato Garrick, e si rimane sul lato “Sean” della famiglia, soprattutto inserendo Storm, la figlia naturale di Sean e Ruth, da lui adottata alla morte del marito di Ruth. Ci aspettiamo quindi una narrazione che porti a compimento i nodi del dissidio tra Sean ed il figlio Dirk (figlio di Sean e della prima moglie Katrina, quella disturbata che si era suicidata nel capitolo 10).

L’abilità di Smith è quella di inserire il ramo solido della storia con qualche innesto fresco, che ne rivitalizzi l’aria. Anche se, vedendo il complesso della sua opera composta da 44 libri di cui la metà dedicata ai Courtney & Ballantyne, ci sono elementi ricorrenti. I principali sono: il dissidio tra genitori e figli (non sempre, a volte solo verbalmente, ma c’è sempre qualche screzio), i matrimoni combinati per salvare gravidanze indesiderate, la presenza di aborigeni solitamente più simpatici dei bianchi al potere, la storia della terra australe. Perché se è vero che il romanzo comincia in Francia, i nodi principali si svolgono nella provincia del Capo, incentrati intorno ad uno dei momenti topici locali: la cosiddetta “Ribellione del Rand”, con i conseguenti scioperi, massacri e caduta del governo del “Partito Sudafricano” di Jan Smuts.

Facendo un passo indietro, l’elemento nuovo è l’introduzione di Mark Anders. Cecchino eccellente come vediamo nella prima parte durante le battaglie in Francia, dove, al comando del generale Sean Courtney, ha modo di farsi valere (anche se rimane un mistero perché sia rimasto sconvolto dalla vista del cecchino tedesco morto). Lo ritroviamo poi in Sudafrica, cercare di tornare sulle sue terre, per scoprire solo che gli sono state rubate da una combriccola capeggiata da Dirk Courtney. Qui, com’è ovvio, si innesta il filone principale. Mark non ha le prove, ma sospetti. È anche povero, ma onesto. Inoltre, come Sean, è un profondo amante della terra locale e dei suoi animali (eccoci al tocco ambientalista). Dopo qualche sbandata, entra nell’entourage di Sean, fa carriera, e gli si prospetta un futuro da controllore delle terre affinché siano ripopolate, visto che i bianchi (inglesi, boeri o afrikaans che siano) non fanno altro che sterminare le bestie. Prima però bisogna risolvere la ribellione del Rand.

Per chi fosse poco aduso alla storiografia sudafricana, ricordo brevemente i fatti. La caduta del prezzo dell’oro dopo la Guerra, porta la necessità alle grandi compagnie di abbassare i salari. Poiché i bianchi non accettano tale riduzione, i capitali internazionali decidono di introdurre manodopera di colore, modificando quella che viene definita “Colour Bar”, cioè la percentuale di lavoratori di diverse etnie che possono accedere al lavoro. Il sistema legale che non concede gli stessi diritti a persone di razze differenti. Fatto sta che Smith ci porta un pezzo di questa storia, incluso il (reale) massacro di Fordsburg. Dove, per stroncare gli scioperi, l’esercito di Smuts massacra quasi 200 minatori. Massacro che porterà poco dopo alla sconfitta elettorale di Smuts ed alla presa del potere del Partito Nazionalista di Hertzog. Sean e Mark sono dalla parte dei perdenti. Tant’è che Sean perde anche il seggio al congresso a favore del cattivissimo Dirk. Ovvio anche che nelle more Mark si sia innamorato di Storm. Un amore all’inizio molto consensuale, poi rotto per iniziali diverse vedute sul futuro, anche se Storm è incinta (ma Mark non lo sa). Mentre Mark vive nel veld la sua vita ecologista, Storm mette al mondo il piccolo John (siamo nel 1923, l’anno di nascita di mio padre), si sposa con un terribile ubriacone, divorzia, ed aspetta il ritorno di Mark.

Ci sono tanti piccoli rivoli narrativi che opportunamente salto, altrimenti riscriverei il libro, e non è proprio il caso. Il nodo finale sarà il redde rationem all’interno della famiglia Courtney. Anche perché Mark trova le prove dei tradimenti di Dirk. Come sappiamo da altri accenni, ci sarà una moria generale, mentre Mark, Storm ed il piccolo John si avviano ad una vita discretamente serena a tutela dei boscimani e degli animali in pericolo. Quasi ad instaurare il primo dei tanti Parchi sudafricani. Che se non li avete visti, vi invito a vistare prima o poi.

Pur essendo molto “antico” con gli innesti successivi, Smith è riuscito ad inserirlo agilmente nella trama complessiva. La sua buona scrittura non mente e la trama scorre agile tra fiction e realtà. C’è ancora qualche concessione alle scene di sesso, che erano uno dei marchi di fabbrica delle sue prime storie, ma si vanno sempre meglio inserendo negli ingranaggi generali. A volte sembra peccare di vedute non propriamente liberali, ma le asserzioni ecologiste ante-litteram di Sean Courtney sono da condividere in pieno.

“A cosa serve vivere, mi domando io, se uno deve rinunciare a tutto nella vita?” (458)

Seconda trama di ottobre ed allora un bell’allegato dedicato agli acufeni.

Passati gli auguri al nipote Filippo, non posso non ricordare in questa trama un compleanno sempre più caro e sempre più forte. Per il resto siamo qui a vedere numeri e sperare a vaccini di ogni tipo. Facendo un grande tifo per tutti i dottori, noti e ignoti. 

CURARSI CON I LIBRI di Ella Berthoud e Susan Elderkin con i “bugiardini” di Giovanni

OTTOBRE 2020

Io pensavo agli acufeni, ma Franzen mi dici si debba parlare di tinnito.

TINNITO

Jonathan Franzen “Libertà”

A chi soffre di tinnito - un sibilo o ronzio nelle orecchie, costante e generalmente incurabile, a volte paragonato al frinire delle cicale in una notte d’estate - si consiglia spesso di coprirlo con un suono alternativo. L’idea è che il cervello consideri il secondo suono più accettabile e più immediatamente riconoscibile come rumore «di fondo» - ossia un rumore che il cervello non ha bisogno di «udire» - e dunque confini entrambi i disturbi in secondo piano. Il problema, però, è che le alternative sonore più diffuse sono ancora più fastidiose del tinnito - il temuto fruscio in stile new-age delle onde che lambiscono la spiaggia è un ottimo esempio. Allora, cosa dovrebbe fare una persona di gusti più raffinati?

Il nostro suggerimento è leggere a voce alta, mentalmente, “Libertà” di Jonathan Franzen. Ecco un romanzo che ha studiato la società americana contemporanea con le sue preoccupazioni, tendenze, ossessioni e angosce e ha incorporato tutto in un documento che si potrebbe chiudere in una capsula e lanciare nello spazio. La tecnica di Franzen è proprio quella di mettere dentro ogni cosa, e non lasciare fuori nulla, così i due personaggi al centro della storia, Patty e Walter Berglund, insieme con la punta del loro triangolo coniugale, ovvero Richard Katz, diventano altrettanti ricettacoli di quelle caratteristiche che tutti riconosciamo - anche se ci vuole qualcuno col genio di Franzen per estrarle dalla realtà, condensarle in un momento significativo e mettere tutto per scritto.

Patty e Walter sono due «giovani pionieri» di Ramsay Hill, avanguardie della sua trasformazione in un quartiere signorile, e anche se ci viene detto subito che «i Berglund avevano sempre avuto qualcosa di sbagliato», all’inizio non capiamo che cosa sia. Lei ha la coda di cavallo e lui va al lavoro in bicicletta. Sono una coppia d’oro con due figli, Joey e Jessica. Una simile, apparente esemplarità, tuttavia, non è priva di una stridula vibrazione interiore, che rivela quanto il loro equilibrio sia invece in bilico e in procinto di spezzarsi. Quando accadrà, usciranno fuori tutti i difetti.

Questo è un romanzo impegnativo, raccontato con la caratteristica voce di Franzen - un incessante chiacchierio farcito di slang, marchi e riferimenti ad eventi mondiali, denso di monologhi interiori e scoppiettante di metafore, spesso divertenti e sempre precise. In questo senso è il muro di suono perfetto per coprire il tinnito: non manca un mattone, non c’è una crepa. Il fatto che uno dei personaggi, Richard, ne soffra - una conseguenza, si suppone, di anni di violenze acustiche dei Traumatics, il suo gruppo punk - è più una dimostrazione della completezza dell’analisi di Franzen che il suggerimento di una possibile cura. Siamo solo dispiaciuti per Richard che, facendo parte del romanzo, non può usarlo per curare sé stesso. Il tinnito è proprio così. È dentro di voi, e anche se è possibile trovare un sollievo temporaneo, in ultima analisi non c’è via d’uscita. 

Bugiardino

Un libro che non posso dire di aver apprezzato a pieno, pur lodandone struttura e complessità.

Jonathan Franzen “Libertà” Einaudi euro 14 (in realtà, scontato a 12,60 euro)

[tramato il 1° novembre 2016]

Chissà perché, le mie amiche libropeute consigliano questo ponderoso libro per chi soffre di tinnito. Che non è una malattia del vino, ma quella specie di fischio di sottofondo che si manifesta in fondo all’orecchio, alterando la percezione uditiva. A volte, provocando dei veri e propri fastidi dell’attenzione, nonché, può capitare, anche sensazioni di sordità selettiva (gli acufeni coprono e si sostituiscono ad alcuni suoni, rendendo il portatore sano di questa malattia impermeabili ad alcune sollecitazioni uditive).

Certo, ne soffre il nostro Richard, uno dei protagonisti del ponderoso romanzo di Franzen. Ma mi sembra una scusa quanto meno labile, e poco in linea con un romanzo che, in linea generale, non mi è particolarmente piaciuto. Anche se, per la scrittura e per alcune parti di testo e contesto, non posso portarlo sotto la soglia della sufficienza. Il primo elemento meta testuale che rilevo, dalla prima riga del testo, è che uno dei protagonisti principali si chiama Walter Berglund. No comment. Ricordo solo che il padre di Franzen è di origini svedesi. Ed è probabile, come spesso accade, che ci sia molta meta-autobiografia nel libro (come in quasi tutti i libri). Dove vediamo ancora una volta Franzen alle prese con una saga familiare a più voci (rimando a “Le correzioni” per chi lo avesse letto e gradito, non come a me che non è che sia piaciuto gran che). Proprio perché si parla di am-biti familiari, inoltre, consiglierei il libro come manuale terapeutico su come (non) si devono educa-re i figli e su come si dovrebbe avere un rapporto con loro. Riprendo anche l’aggettivo ponderoso sopra utilizzato, che questo è un libro di oltre 600 pagine, che il buon critico americano James Wood etichetta come appartenente al genere di “realismo isterico”. Una scrittura prolissa, come molte digressioni dalla trama principale, nonché inserti nella vita reale. Questo infatti fa Franzen, narrandoci la storia della famiglia Berglund, saltabeccando avanti ed indietro nella saga familiare sia della radice “Walter”, sia dei rami Emerson, quelli della moglie Patty. Mescolando narrazione, finta autobiografia e capitoli incentrati sui vari personaggi, quasi fossero delle storie autosostenen-tesi. Con l’intento di dare uno spaccato di vita americana, magari prendendo anche in giro alcuni elementi maniacali della vita d’Oltreoceano: puritanesimo pruriginoso, ambientalismo, musica e successo. Il tutto come detto seguendo le vicende della famiglia Berglund, composta da Walter (il padre), Patty (la madre), Joey e Jessica (i figli). Con l’aggiunta di Richard (l’amico musicista) e di Lalitha (factotum dell’ambientalismo). La meno trattata nella lunga narrazione è Jessica, mai inter-venuta in prima persona, sempre brava a scuola, vicina idealmente alle aspirazioni ambientaliste paterne, ma sempre a supporto della madre. Joey, invece, è ben presente, con la sua lunga para-bola tipicamente americana. Si innamora della sedicenne vicina di casa andandoci a vivere e scate-nando la crisi familiari che andrà a ridefinire gli spazi di ognuno. Avrà una lunga storia di vicinanza ed allontanamento con Connie, fino a sposarla segretamente, farà immeritatamente soldi a palate, svilupperà un’anima repubblicana in contrasto con il “sanderismo” del padre. E sarà eletto da Patty suo confidente primario, anche non volendolo essere. Ma alla fine, tutto torna nel flusso normale delle cose, con Joey e Connie che si avvieranno verso la seconda decade del millennio fiduciosi e danarosi. Lalitha entra per un breve periodo nella storia, entusiasta dell’ambientalismo di Walter, coinvolta con lui nella costruzione di una grande riserva per la “dendroica coronata”, un uccello na-tivo americano a rischio estinzione. I due dovranno fare compromessi con le industrie carbonifere per raggiungere il loro scopo, compromessi che Walter non regge per lo stress di avere un rappor-to sempre più deteriorata con Patty e un’attrazione sempre maggiore verso Lalitha. Purtroppo, nel momento del culmine della loro felicità (comunque apparente) Lalitha avrà la peggio, e ci vorranno sei anni per Walter per elaborarlo. Richard è l’amico musicista di Walter, suo compagno di universi-tà, quello che scopa come un riccio e suona come Eric Clapton (e non viceversa). Richard che pre-senta Patty a Walter, Richard che ha quasi un rapporto omo con Walter, venerandolo come più in-telligente, e decidendo prima di non toccare Patty quando da ventenni ne avrebbe l’occasione. Poi, venti anni dopo, quando anche il successo gli arride, decidendo invece di fare quel passo, e scate-nando tutta la serie di avvenimenti che portano alla separazione tra Patty e Walter, alla sua convi-venza con Patty, al loro lasciarsi. Fino a perderlo nelle nebbie del New Jersey. Inciso: Richard è quello che soffre di tinnito, avendo abusato dei suoni musicali quando era leader della mitica band “Walnut Surprise”. Walter è quello che a me piace di meno. Non per il suo impegno ambientalista. Ma perché è sempre irrisolto. Impiega mesi e mesi per dichiararsi a Patty, non affronta mai il pro-prio antagonismo verso Richard, non prende posizione sulla vicenda Joey, si piega a compromessi sapendo bene a cosa va incontro, per poi scagliarsi come un toro nel momento che la pressione lo sommerge. Soprattutto quando capisce che Patty ha molte più facce di quelle che pensava, che potrebbe averlo scelto proprio non riuscendo ad andare a letto con Richard. E non ha neanche la forza, se non veramente costretto, di dichiararsi e di avere un rapporto felice con Lalitha. Inoltre, non sembra capire nessuna delle persone a lui intorno, chiudendo le orecchie a qualsiasi discorso lo metta in difficoltà. Solo quando capirà (implicitamente) che deve anche ascoltare, potrà perdonare tutti e, forse, avviarsi ad una vecchiaia più serena. Patty è il motore primo di tutta la storia, che lei si oppone agli amori di Joey scatenando la prima tempesta. Poi è lei che ripercorre la sua vita, i motivi e le mosse per cui scelse Walter e non Richard. L’idea che amare Walter sia anche com-prendere le sue debolezze (cosa che Walter non capirà mai). Il ritorno di fiamma verso Richard, la delusione, il difficile rapporto con la ricca famiglia Emerson, e con i suoi squinternati fratelli. Al soli-to, sono sempre perplesso quando vedo un maschio cercare di calarsi a fondo in un personaggio femminile. E ritengo che Franzen ne abbia leggermente abusato, tanto che scatenò a suo tempo fior di polemiche. Tuttavia, complessa viene rappresentata la vita di Patty, complessi i suoi senti-menti, incomprensibile il suo imperituro amore per Walter. Bene, ho cercato di dare i caratteri pri-mari che mi ha rimandato questa storia, senza entrare nel dubbio di fondo che mi attanaglia dalle prime righe: libertà? Ma quale? Certo non ne capisco il senso in queste 600 pagine, forse dovrei fa-re un salto logico. Libertà di amare, di fare sesso, di fare soldi, di vivere nella natura, di suonare, di fregarsene di tutto e di tutti. Potrei continuare per pagine, ma non ne capisco bene il suono (ri-cordate Jacopo Ortis e la sua ricerca di libertà così cara). Certo è un romanzo di relazioni, e le re-lazioni si fondano sul grado di indipendenza che riescono a creare reciprocamente. Tant’è che più che libertà, qui vedrei meglio il titolo “Vincoli”. Cioè tutti quei legami (consci ed inconsci) che negano di fatto la nostra libertà. Tuttavia, ho parlato troppo di questo libro e di questo autore. Vediamo se qualcuno riesce anche a farmi capire meglio qualcosa di lui e di questo scritto. 

Conclusioni

Beh, questa volta non c’è scampo, per curare tinnito, c’è solo la libertà.


Nessun commento:

Posta un commento