domenica 4 ottobre 2020

Pensare e ordinare - 04 ottobre 2020

 Una settimana di inizio ottobre dedicata anche alla mia amica Marina, che tanto ama i saggi. E qui ne abbiamo di diversi, spesso di buona e ottima fattura. Come per il mio sempre amato Terzani o come al non tanto frequentato Calasso. Meno in rilievo, ma foriero di domande, il saggio di Goleman. In mezzo, un fumetto, anzi una graphic novel, che non è un saggio, non è propriamente un romanzo, ma è una lettura che rimane anch’essa negli occhi e nella mente (vero Luana?).

Tiziano Terzani “In Asia” TEA euro 5           

[A: 02/10/2017 – I: 01/04/2020 – T: 04/04/2020] - &&&&& -- 

[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 434; anno 1998]

Una serie di articoli, riflessioni, appunti e digressioni, in uno dei più bei saggi sull’Asia da me letti sino ad ora. Certo, sono condizionato dal mio amore per Terzani e dalla mia passione per i mondi altri. Quelli che lui visita e descrive con il suo occhio indagatore (ma mai giudicante a priori), quelli che io ho girato in tutti questi anni e che mi rimangono nell’occhio e nel cuore (e quando Tiziano ne parla, la mia mente vaga e torna lì con lui).

Per poi finire con uno sguardo interno. Lui con quella vista su Orsigna che sarà il suo ultimo rifugio. Io pensando che prima o poi passerò più tempo nella nostra Soriano. Questa raccolta, di certo a volte non organica, ci permette di percorrere con il bravo giornalista venticinque anni di storia mondiale, sempre dall’ottica asiatica da cui lui lavorava. Lui che venne rifiutato dai giornali italiani, lui che voleva fortemente andare in Asia, per cui accetta il posto di corrispondente di “Der Spiegel”, e dal 1971, cominciando da Singapore e poi in giro per tante città, scrive, come confessa, in una lingua non sua per un lettore che non conosce. Ma forse proprio per questo, per questa mancanza di preconcetti, questi articoli e riflessioni che qui leggiamo sono di una bellezza e di un coinvolgimento totale.

Già sapevamo che era in Vietnam prima, durante e dopo la sconfitta americana (vedi il bellissimo “Pelle di leopardo”), sappiamo anche dei lunghi mesi a cercare la morte del comunismo in Russia (vedi il libro citato alcune settimane fa “Buonanotte, signor Lenin”). Qui escono fuori quelle e tante altre piccole perle.

C’è la Cambogia di Pol Pot e del dopo khmer rossi. C’è il Laos della fine della guerra e del Pathet Lao. C’è la Corea del Nord, ma c’è anche la Corea del Sud al tempo delle Olimpiadi di Seul. Ci sono le Filippine delle guerriglie con gli islamici, ma anche della vittoria di Cory Aquino e della fuga di Marcos e famiglia. C’è la Birmania dei militari e della prigione di Aung San Suu Kyi, ed il passaggio a Myanmar, e le morti di Mindanao. C’è lo Sri Lanka delle Tigri Tamil. C’è il Giappone in tanti suoi aspetti. Qui, in particolare, ho trovato potente la sua penna. Non tanto quando si aggira per Hiroshima (come facemmo pochi anni fa con uno dei miei avventurosi gruppi), quanto per quella domanda che lì aleggia e che solo lui riesce a formulare in termini non offensivi. Certo, la bomba atomica è una ferita che non si risanerà mai, ma perché non si parla mai di tutto quello che negli anni Trenta ha combinato il Giappone nelle sue campagne asiatiche? Ed è lì che riesce ad analizzare con calma il ruolo ambiguo di Hirohito. C’è la Cina di Mao, della morte di Mao, dei giovani di Tienanmen e di Deng Xiaoping, in vita ed in morte. Mi ha ben colpito la narrazione della morte del grande timoniere, che sarebbe da mettere in risalto come contraltare alla descrizione della morte di Hirohito. E sempre con il Giappone, ci sono tutte le scene di vita quotidiana, dalle toilette, agli incolonnamenti nelle metropolitane, dai bonsai ai soprusi di yakuza e compagnia.

Poi ci sono i grandi abbandoni: i portoghesi che lasciano Macao, ma soprattutto, ed a lungo, il calvario della restituzione (!?) di Hong Kong alla Cina (e come sia questo calvario lo vediamo ancora oggi). Poi c’è l’India, la confusione, l’amore di Delhi. La visione di persone assolutamente anormali comportarsi in modo assolutamente normale, tanto che la moglie Angela giustamente gli dice: “Questi qui sanno qualcosa che noi non sappiamo”. Tutti i piccoli pezzi dell’India sono pieni di rispetto e amore, ed io con lui torno alle passeggiate per i monti del Ladakh, alle fatiche di camminare in salita a 3600 metri per raggiungere l’albergo, ai laghi, alle visioni di pace che mai mi abbandoneranno.

E da vari posti dell’India arrivano le tre interviste più toccanti, seppur diverse nel tempo e nello spirito. A Delhi, con Giovannino Agnelli prima che si ammalasse, per condividere ma anche contrastare quella visione del capitalismo che pare avesse “il ramo buono degli Agnelli”. A Dharamsala, parlando a lungo e condividendone la calma, se non le visioni, bevendo calmo un thè con il Dalai Lama. A Calcutta, in una lunga chiacchierata senza esclusioni di colpi con Madre Teresa di Calcutta. Tre punti dell’India dove, anche se parlando con non indiani (un italiano, un tibetano ed una albanese), ci restituisce, mi restituisce quello che dell’India ho sempre pensato (e vedi anche la citazione finale). L’India puoi amarla o odiarla, ma non ne puoi fare a meno.

In fine, ritornando all’inizio di queste rimembranze condivise, il ritorno già nel 1998 ad Orsigna, che prefigura quello che poi sarà il giro di giostra finale, mi riporta alla mancanza della nostra Soriano, dove spero di tornare presto, all’ombra di quegli alberi che abbiamo piantato. Terzani è forse un amore di vecchiaia, che, proprio per quel suo scrivere molto all’estero, a volte avevo ignorato. Ma è un amore tenace. Come dico spesso, non è importante la prima, la seconda o altra moglie o donna con cui si sta. L’importante è l’ultima. Ed andremo avanti così a leggere saltando qua e là tutto quello che ci viene riproposto dell’amato toscano.

“La guerra è una cosa triste, ma ancora più triste è il fatto che ci si fa l’abitudine.” (14)

“Diversamente che in altri Paesi, in Giappone i terroristi hanno un numero di telefono e un indirizzo e non mi è stato tanto difficile andarli a trovare.” (197)

“Il Giappone noto e ammirato nel mondo sfavilla di luci, ma … dietro la sua apparenza di apertura e modernità, dietro la sua pretesa di essere un Paese industrializzato come gli altri, anzi migliore degli altri, il Giappone resta, nell’anima, un Paese ottuso e feudale.” (261)

“Sono arrivato a Pagan a bordo di un vecchio battello che da Mandalay scende lungo il corso limaccioso dell’Irrawaddy.” (296) [ah, che ricordo…]

“Le autorità avrebbero dovuto bloccare la città e impedire alla gente di scappare … [Non è possibile, perché ndt] siamo una democrazia e non possiamo togliere alla gente la libertà di movimento.” (318) [non parla di coronavirus, ma della peste indiana nel 1994]

“- Ma come si vive in India? … - Male, ma s’impara a morire, e anche quella è un’arte… L’India ti ricorda in continuazione la tua caducità … ti prende per la gola, ti prende allo stomaco, ti prende alle spalle … ma è proprio con quelle sue mille costanti, aggressive, ripugnanti contraddizioni che l’India ti dà – stranamente – anche pace.” (404)

Roberto Calasso “Come ordinare una biblioteca” Adelphi euro 14 (in realtà, scontato a 12,85 euro)

[A: 13/06/2020 – I: 14/06/2020 – T: 15/06/2020] &&& e ¾ 

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 127; anno: 2020]

Girando poco per le librerie in questi tempi di coronavirus, non ho mancato alla riapertura della Feltrinelli-Arion di via Libia. Scaffalando nel nuovo, ecco che un agile volume di Calasso attira il mio occhio. Sarà che non so realmente come ordinare i libri, sarà che Calasso promette sempre buoni spunti, ecco che decido l’acquisto e l’immediata lettura. Veloce, come l’acquisto, anche se non altrettanto foriera di felicità.

Prima di tutto perché è un saggio suddiviso in quattro saggi, e ciò già storce se non viene detto in qualche punto della presentazione. Secondo, che molto del materiale non è inedito. Anzi realmente, solo il secondo saggio dedicato alle riviste è realmente inedito. Quindi, da un’ideale top position che avrebbe meritato, scende gradatamente in basso. Non in modo sensibile, che la scrittura mi aggrada, stimolando la ricerca di punti di riferimento ed altre connessioni, altrimenti poco raggiungibili (o prevedibili).

Diciamo subito che, dei quattro saggi, i due centrali mi hanno coinvolto di meno. Il primo, quello inedito, è dedicato alle “Riviste” e sebbene comprenda che siano cose di cui tener conto, ne rimangono echi solo dal punto di vista cerebrale. Certo, nelle mie lunghe peregrinazioni, ho bazzicato anche riviste. Ma erano più politiche che letterarie (anche se la letteratura, come tutta la vita, è sempre, anche, politica). Per cui rammento all’inclito lettore “Appunti ‘70” e “Praxis”. Mentre ricordo di aver spulciato più e più volte, nella biblioteca paterna, “Il Mulino” e “Limes”. Il secondo meno appetibile è l’elzeviro, già edito sul Corriere, dedicato alla prima recensione libraria della storia. Che ricordo uscì il 9 marzo 1665, a firma di Madeleine de Souvré, marchesa de Sablé, e dedicata alle “Massime” di François de La Rochefoucauld. Articolo elegiaco, il cui unico spunto di interesse è la comparazione tra l’originale ed il pubblicato. Quest’ultimo venne rivisto dallo scrittore stesso, per evitare che venissero, secondo lui, dette inesattezze. Calasso ci mostra invece, come l’originale della marchesa fosse sicuramente superiore alle correzioni del duca.

Rimangono allora i due scritti che danno senso e valore al testo: “Come ordinare una biblioteca” e “Come ordinare una libreria”. Fatto salvo che, giustamente, Calasso non interviene fornendo consigli alla “Marie Kondo” su “bisogna far questo, bisogna pensare a quello”, la scrematura delle sue parole ci invita a trovare il nostro ordine nelle biblioteche e nelle librerie. Di certo, le prime hanno anche una funzione pubblica, devono essere frequentate per reperire libri e testi altrimenti poco trovabili. Devono consentire un giusto accesso. Devono essere comode. E soprattutto silenziose. Non si può leggere con profitto nella confusione. E se si vuole avere della musica, basta prendersi un iPod e mettersi le cuffie. Così, Calasso ci parla di British Library, di librerie tedesche, di librerie spagnole. Con uno stile dotto che mi piace seguire, anche se poi non sempre sono all’altezza di una totale comprensione. Quello che ricavo dallo scritto sono allora momenti che ritrovo nel mio personale (dis-)ordine librario. Con, ad esempio, le tre frasi sotto riportate. Per primo, essendo io stesso un cultore dell’acquisto anticipato rispetto alla lettura. Secondo, perché da ogni libro (anche se non da tutti) mi rimangono nel cuore e nella testa delle frasi che risuonano. Non sono certo suoni che l’autore voleva risvegliare (o quasi sempre non lo sono), ma sono bolle di reminiscenze che vengono fuori e mi restano appiccicate. L’altro elemento fondante dell’enucleazione dei libri su degli scaffali, è il concetto di “buon vicinato”, che spesso libri che sono affini nella mente capitano vicini nella sede. Io poi, personalmente, sono anche culture delle serie. Per cui, cerco di porre “guancia a guancia” libri della stessa collana. Poi libri dello stesso autore. Ma come tutti i “librofili”, per noi è anche importante la libreria dove si vanno ad acquistare le nostre droghe. Con il must dell’ultima frase, che è importante “scoprire quello che non si cercava”.

Per me, alla fine, rimane l’esempio massimo di una buona libreria nella citata “La Central” di Barcellona. Dove, a parte il gradevole arredo, c’è il primo nucleo della buona libreria: mettere accanto, in posizioni gestibili dall’utente, non solo e non tanto l’ultimo libro di un autore, ma quello ed altri suoi testi. Magari affiancandone anche testi in originale, o in traduzioni usabili (penso al russo o all’arabo che non spesso sono da tutti frequentati). L’ultimo accenno a questo bel libro mi viene per riproporre un’altra idea intrigante: fare uno scaffale, librario, intitolato “Autori”, dove mettere libri appunto di autori, a prescindere da generi e divisioni. Che saggi, gialli, romanzi, graphic novel, ed altro non sono, appunto, che letteratura. E spesso della miglior specie. Grazie Calasso, mi hai fatto pensare.

“Essenziale è comprare molti libri che non si leggono subito.” (31)

“Il bene che viene da un libro non è nei fatti che se ne possono trarre, ma nel tipo di risonanza che risveglia nelle nostre menti.” (44)

“[In una libreria] l’importante è che [il lettore] possa trovare facilmente i libri che cercava e scoprire quelli che non sapeva di cercare.” (126)

Zerocalcare “La profezia dell’armadillo – Artist Edition” Bao publishing s.p. (Regalo di Flavio)       

[A: 07/05/2020 – I: 22/06/2020 – T: 23/06/2020] - &&& + 

[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 160; anno 2017]

Veramente un gradito regalo per il mio ultimo compleanno, da parte dell’inaspettato Flavio. Ho sempre seguito, con mezzo occhio e mezzo orecchio, le “nuvole” di Michele Rech in arte Zerocalcare. Ma per una serie innumerevole di incidenti non avevo mai letto una storia completa. Grazie alla pandemia, alle visioni di “Propaganda Live”, Flavio si è accorto del mio interesse, ed eccoci qui. Per chi ne fosse ignoto, ricordo che lo pseudonimo Michele lo scelse perché, partecipando ad una discussione su Internet, aveva bisogno di un nickname. In quel mentre andava in TV la pubblicità di un detersivo, ZeroCal. Beh, il resto lo immaginate.

Essendo un “graphic novel”, dovremmo analizzarne le due componenti. Devo dire che entrambe, per la parte a loro relativa, e per la loro interazione, sono ben fatte. La grafica non è banale, ma si spalma sulle pagine seguendo i ritmi personali e le pulsioni del protagonista. Così che non solo vediamo svolgersi i suoi momenti di vita, ma li vediamo legati ai suoi stati d’animo. Affastellantesi quando la vita si incasina. Svolgendosi piano nei rari momenti di quasi serenità. Unita alle parole che servono a farci seguire momenti della vita di Michele-Calcare. Saltabeccando nel tempo. Inseguendo, a volte in due battute, a volte in qualche pagina, i piccoli e grandi avvenimenti che scandiscono la vita del protagonista.

La storia prende inizio quando Michele viene a sapere della morte di Camille, una sua vecchia amica, nonché il suo primo amore. Ogni storia, ogni momento, viene ripercorso, ricordato, narrato, sempre con l’affiancamento di un personaggio immaginario, che concretizza in una presenza altra le paure e le insicurezze del protagonista, l’Armadillo. Ci sono poi altri personaggi ricorrenti: gli amici Secco e Greta, i genitori, dove ad esempio presenta la madre sempre con le fattezze di Lady Cocca ed il padre con quelle del Signor Ping.

Il racconto per microstorie si svolge sempre su due piani: il ricordo della giovinezza con Camille, ed il presente, duro, quasi insopportabile, di un trentenne che, forse, l’unica cosa che sa fare bene, è disegnare, è rendere in immagini i suoi stati d’animo. Così, le storie e le paure della gioventù, con Camille, Greta e Secco, si alternano con i disastri di tutti i giorni: la lotta mortale contro le zanzare, le preghiere al “dio del giorno dopo” perché aggiusti quel che il dio del giorno corrente ha irrimediabilmente sfasciato, i viaggi temporali nel box della doccia, lo slalom tra i mobili di casa su una sedia con rotelle e le imprecazioni lanciate come coriandoli verso gli stramaledetti vicini di casa.

E se i flashback ci raccontano la costruzione della personalità attuale, la tristezza, la nostalgia, il presente con tutti i suoi disastri ci parla del Michele di ora, con tutto il suo carico di problematiche e con alcuni punti che emergono forti: il rapporto, difficile ed insuperabile, con la morte, la difficoltà, quasi impossibilità, di riuscire ad elaborare il lutto, ma anche la forza che possiedono i legami tra le persone.

C’è un’immagine, un momento tipico e topico che poi mi è rimasto impresso, nell’occhio e nella testa. Quando Michele e Camille riescono a chiudere fuori della porta i loro compagni/incubi di vita: l’armadillo di Michele ed un enorme mostro nero di Camille. Così che riescono a passare una notte senza brutti pensieri.

Michele-Zerocalcare aveva cominciato in sordina, facendo uscire queste vignette in un blog innalzatosi al clamore del pubblico con il passaparola. Dobbiamo quindi ringraziare l’ottimo Makkox che lo ha convinto e sfidato ad uscire allo scoperto e riunire le vignette in un volume e pubblicarlo per la Bao.

Credo proprio che questo (e poi gli altri volumi pubblicati da Michele) abbia segnato un punto di svolta nella percezione della graphic novel in Italia. È un’opera prima basilare, che segna tutti i punti della poetica di Zerocalcare. E che mi ricorda sempre la mia amica Luana, costretta ad emigrare in Francia per poter vivere delle sue bellissime novelle (se la trovate in giro, andate a ricercare “Ely è là” una poetica sulla narcolessia).

“Si chiama ‘profezia dell'armadillo’ qualsiasi previsione ottimistica fondata su elementi soggettivi e irrazionali spacciati per logici e oggettivi, destinata ad alimentare delusione, frustrazione e rimpianti.” (65)

Daniel Goleman “Intelligenza emotiva” BUR s.p. (regalo di Benedetta)

[A: 07/05/2020 – I: 01/08/2020 – T: 04/08/2020] - && --

[tit. or.: Emotional Intelligence; ling. or.: inglese; pagine: 486; anno 1995]

Premettendo che i regali sono sempre graditi, perché permettono di scoprire o esplorare dei mondi che a volte non vedono il nostro passo incedere con la solita sicurezza, sono rimasto un po’ deluso da questo libro. Intanto, nel riportarne i dati, ho utilizzato la versione più vicina al testo inglese, evitando di mettere quel sottotitolo utile solo ad accalappiare i patiti del self-help: “che cos’è e perché può renderci felici”. Soprattutto perché se giustamente Goleman si sofferma a lungo nello spiegare cosa sia l’intelligenza emotiva (o emozionale), il fatto di renderci felici è solo una conclusione che ognuno deve trarre per sé stesso.

Intanto, e preliminarmente, l’indubbio merito di Goleman e di questo suo libro, è che vi è esposta la sua rivoluzionaria teoria che ha cambiato il modo di pensare l’intelligenza. Dove Goleman, con esempi e lunghe esposizioni, ci mostra l’esistenza non solo della parte razionale del pensiero, cosa che più o meno tutti condividiamo da sempre, ma anche la sua componente emozionale. Una disamina complessa, che certo non posso affrontare con le mie limitate capacità psicoanalitiche. 

Goleman parte da una costatazione banale, che si condensa in alcune domande. Perché persone che nei test attitudinali sono fenomenali, risultano inadatte al loro lavoro? Perché persone con un Q.I. stratosferico vanno comunque incontro a fallimenti matrimoniali? In poche parole, perché non esiste una intelligenza a tutto tondo?

La risposta di Goleman si articola nel dimostra che l’intelligenza è in realtà una complessa miscela, dove diversi fattori si amalgamano, e solo il loro giusto equilibrio porta poi ad una intelligenza globale. Che non sarà mai comunque esaustiva.

Volendo condensare il succo delle parole di Goleman in poche affermazioni (laddove l’autore si dilunga in analisi ed esempi), possiamo pensare l’intelligenza emotiva come costituita da cinque fattori fondamentali:

Ø  l’autoconsapevolezza, cioè la capacità di riconoscere, capire e gestire gli stati d’animo, le emozioni e gli impulsi per raggiungere un obiettivo;

Ø  l’autoregolazione, cioè la capacità di indirizzare le emozioni verso il giusto obiettivo prima di passare all’azione;

Ø  la motivazione interiore, cioè la capacità interna di gioire ed essere appagati dal compimento di un’azione volta al conseguimento di un obietto, al di là di qualsiasi ricompensa esterna o materiale;

Ø  l’empatia, cioè la capacità di entrare in contatto con gli altri, in particolare nella loro sfera emozionale;

Ø  le abilità sociali, cioè le modalità positive finalizzate alla costruzione delle relazioni interpersonali.

Capite bene, che a partire da queste cinque affermazioni, volendo ed avendone le capacità, è possibile costruire pagine e pagine di discussione. Cosa che ben fa Goleman, a volte, tuttavia, soprattutto nella seconda parte del libro, troppo teso ad esemplificare il tutto con esempi presi dal mondo dell’infanzia. Certo, e ben lo sappiamo, che l’imprinting emotivo ed intellettuale di ognuno di noi è fortemente condizionato da quello che avviene in noi ed intorno a noi nei primi momenti di vita. Ma la scrittura di Goleman qui si fa un po’ troppo didascalica e logorroiche.

Questo, in pratica, il motivo di una scarsa sufficienza di lettura. Capisco che corredare di esempi una affermazione ne fa risaltare meglio la valenza e le implicazioni. Tuttavia, al fine di rendere il libro più agile, a volte bisognava sacrificare la completezza con la velocità.

Non è quindi facile leggere questo libro, e ritenerne i punti salienti. Pur nella sua difficoltà, è in ogni caso un valido spunto per lavorare su sé stessi al fine di essere più consapevolmente capaci di gestire la propria vita.

“A tutti gli effetti, abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente.” (28)

“La leadership non è esercizio di potere, ma l’arte di persuadere le persone a lavorare per un obiettivo comune.” (244)

“Un amico può fare la differenza, anche quando tutti gli altri coetanei ti girano le spalle.” (406)

Prima trama di ottobre dedicata ai tanti libri letti in un luglio che avrebbe dovuto portare altri viaggi, ma d’altra parte, non si parte, e sulle rive del Tirreno si legge con molta intensità. Un mese illuminato dalla morte dell’apicultore del bravissimo nordico Gustafsson. Ed ombrato da due assolutamente poco riuscite prove di Fabio Volo (aspettabile) e Don DeLillo (inatteso). 

#

Autore

Titolo

Editore

Euro

J

1

Toshikazu Kawaguchi

Finché il caffè è caldo

Garzanti

s.p.

3

2

Fabio Volo

Quando tutto inizia

Mondadori

7,90

1

3

Claudia Piñeiro

Le vedove del giovedì

Repubblica Noirissimo

7,90

2

4

Wilbur Smith

Grido di guerra

TEA

13

3

5

Lisa Halliday

Asimmetria

Feltrinelli

s.p.

2

6

Vittoria Baruffaldi

C’era una volta l’amore

Repubblica FilosofiaViva

9,90

2

7

Brigitte Glaser

Delitto al pepe rosa

Repubblica Noirissimo

7,90

3

8

Wilbur Smith

Il potere della spada

Longanesi

s.p.

3

9

Alessandro Robecchi

I cerchi nell’acqua

Sellerio

s.p.

2

10

Lars Gustafsson

Morte di un apicultore

Corriere Boreali

8,90

4

11

Michael Connelly

Il passaggio

Pickwick

10,90

3

12

Frank McCourt

Le ceneri di Angela

Adelphi

12

3

13

Elizabeth Jane Howard

Il lungo sguardo

Repubblica Duemila

9,90

3,5

14

Johan Harstad

Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?

Corriere Boreali

8,90

3,5

15

Kwei Quartey

Omicidio nella foresta

Repubblica Noirissimo

7,90

2

16

Andrea Vitali

Viva più che mai

Garzanti

12

2

17

Don DeLillo

Cosmopolis

Repubblica NewYork

9,90

1

18

Wilbur Smith

Il destino del cacciatore

HarperCollins

9,90

3

19

Edgar Lustgarten

Signori della corte …

TEA

10

3

 Comincia questo mese pieno di rimembranze, di feste e di pensieri. Con auguri a chi già ha compiuto la propria festa. In attesa di altri genetliaci. Sempre con il pensiero che è comunque il mese di mia madre, cui leggendo va spesso il mio pensiero. Un filo di tristezza, ma anche tante speranze.

 

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