domenica 13 febbraio 2022

Ma l'avventura non muore - 13 febbraio 2022

 Mentre purtroppo ci lasciano i suoi massimi esponenti. Nel giro di poco tempo, infatti, sono andati via sia Clive Cussler che Wilbur Smith. Tuttavia, mentre il primo ha già da tempo avviato una sua “writing factory” che credo continuerà le storie di Dirk Pitt, il secondo da poco aveva cominciato ad essere coadiuvato nella scrittura, e non so che fine farà. Per ora, del secondo leggiamo una ripresa delle avventure della famiglia Courtney, del secondo due avventure del detective Isaac Bell, una degli “Oregon file” ed una dei coniugi Fargo.

Devo dire che Smith vince alla grande.

Wilbur Smith & Tom Harper “Il fuoco della vendetta” HarperCollins euro 12,90

[A: 10/04/2021 – I: 15/04/2021 – T: 17/04/2021] - &&& -

[tit. or.: Ghost Fire; ling. or.: inglese; pagine: 504; anno 2019]

(periodo: 1754-1770) (COURTNEY 06)

Appena finito di scrivere su Smith, ecco uscire un libro nuovo in edizione economica. Quindi facciamo un bel salto all’indietro, torniamo a parlare dei Courtney, cercando di capire come il grande vecchio delle avventure riuscirà a cucire il buco di storie tra il 1750, anni in cui avevamo lasciato Jim, Chris, Verity e Mansour Courtney, ed il 1850, quando ritroveremo Waite e Ryder Courtney. Tra l’altro, qui continua la collaborazione con Tom Harper, presente già ne “Il giorno della Tigre”, episodio 4, direi anche con esiti migliori. Se infatti nel primo Tom sembrava mettere mano alle parti “battagliere”, qui queste parti ci sono ma in minor numero, e meno esasperate. Per cui, tutto sembra più equilibrato.

Il tentativo, inoltre, è quello di spargere i Courtney un po’ ovunque, così da riuscire, prima o poi, in quel raccordo di cui si accenna va prima.

Cercando di fare un po’ d’ordine, qui la vicenda comincia a Madras nel 1754, dove vivono la sedicenne Constance detta Connie ed il più giovane fratello Theodore detto Theo. Sono i figli di Mansur e Verity Courtney, i due cuginastri sposi nel quinto episodio. Tra quello e questo, ci viene detto che: il padre di Mansur, Dorian, muore per le ferite mentre tenta di riprendere i sultanati omaniti, il cugino Jim, figlio di Tom e Sarah, ripara in qualche modo in Africa, mentre Christopher, figlio illegittimo di Tom e Caroline, tentando di riavere il baronato, ritorna in Inghilterra, lasciando il figlio Gerard a Calcutta.

Nel mondo sta per iniziare quella che gli storici indicano, forse, come la prima vera “Guerra Mondiale”, la cosiddetta “Guerra dei Setta Anni”, che scoppierà ufficialmente nel 1756. Ma lì, in terra indiana, le ostilità cominciano nel appunto nel ’54, con l’assalto francese a Madras, dove muoiono Mansur e Verity. Così i due sono trasferiti a Calcutta sotto il tutorato di Gerard (il cuginastro di cui sopra). Lì Theo si avvicina agli indiani sviluppando le sue doti commerciali, mentre Connie si avvicina al sesso, in particolare con Gerard, sviluppando qualità e voglia che ne caratterizzano la vita successiva.

I francesi, nel ’56, attaccano anche Calcutta. Theo si salva in barca, mentre Connie rimane intrappolata in quello che verrà chiamato il “Buco Nero di Calcutta”. Diventerà leggenda, questo “Black Hole”, tanto da divenire un eponimo, anche se storicamente non tutto è stato provato. Secondo la leggenda, 146 prigionieri inglesi vengono stipati in uno spazio di meno di cinquanta metri quadri per un giorno ed una notte. Al mattino ne usciranno vivi 23. Da qui, il nome di “Buco Nero” laddove si attraggono forze di concentrazione iperbolica.

Comunque, Connie si salva, aiutata da un tenentino francese, con cui si imbarca in una relazione poco significativa, se non perché la porta a Parigi. Dove comincia a fare la bella vita, fino a cadere nelle grinfie di un profittatore manesco. Per liberarsene, si concede al generale che comandò l’eccidio di Calcutta, e con lui si trasferisce nelle colonie francesi l’oltreatlantico. Cioè in Canada.

Il fratello Theo, dopo varie vicissitudini, per soddisfare la richiesta di un amico soldato morto in India, si trova al fine a riparare a Bethel, nello stato ora di New York, vicino alla mitica Poughkeepsie (mitica per chi ha cominciato a lavorare quando l’IBM era un mito). Lì trova Abigail, la sorella del suo amico, ma anche le famiglie bigotte dell’entroterra americano (e non è che siano cambiate di molto).

Ovvio che Theo e Abigail si piacciano, e facciano quello che è nella natura dei giovani. Ma Abigail è scacciata, e Theo, prima si arruola con l’esercito inglese, poi, catturato dagli indiani, vivrà una lunga stagione con gli indiani americani, dopo quella con gli indiani d’oriente.

Non ve la sto a fare lunga sugli intrighi che si succedono nella vita dei nostri due eroi. Vita all’aria aperta in America, così come i primi Courtney in quel d’Africa più di cento anni prima. Scontri tra indiani e Theo, tra Theo e francesi, Theo che entra nei Rangers, scontri tra i Rangers e gli irregolari francesi. Connie che si trova nel Forte che Theo ed i suoi tentano di conquistare. Ricongiungimenti ma anche cognizione della diversità raggiunta. Come sappiamo anche dall’albero genealogico pubblicato sul sito ufficiale di Smith, da Theo e Abigail nasce Caleb, e si spera che da lì possa proseguire una qualche stirpe (magari legata alla Rivoluzione Americana che scoppierà nel decennio seguente). O forse da Gerard che si distingue nelle battaglie per la riconquista di Calcutta, ma che nella storia ha un ruolo un po’ defilato. O fors’anche da Connie, che una volta liberatasi di soldati ingombranti, torna trionfalmente a Parigi, sottobraccio del vecchio plenipotenziario francese in Canada (magari se lo sposa, quello muore presto, lei eredita e vive felice contenta fino alla Rivoluzione francese, visto che il libro finisce intorno al 1760-1765, così che Napoleone la vedrebbe più o meno cinquantenne; ameno queste sono le fantasie di un vecchio lettore che immagina cosa succede poi).

Insomma, come giudizio complessivo, Harper è più misurato e riesce a rinverdire un po’ delle sensazioni del primo Smith, anche se il passaggio dall’Africa all’India sa un po’ di Ghosh più che di avventura dura e pura. Il disegno generale potrebbe affacciarsi meglio se, come si spera, il novantenne zambiano potrà continuare a lungo ad immaginare le sue trame. Speriamo di sì, per lui e per noi, anche se la speranza, purtroppo, ora naufraga.

Clive Cussler & Justin Scott “In mare aperto” TEA euro 12

[A: 04/03/2019 – I: 31/08/2021 – T: 01/09/2021] - &&  

[tit. or.: The Thief; ling. or.: inglese; pagine: 362; anno 2012]

ISAAC BELL05

Come spesso succede, serve un po’ di riposo ai miei poveri neuroni. Quindi saccheggio il mio grande serbatoio cussleriano che aspetta di essere letto, ed anche un po’ maltrattato. Per la traduzione e per il contenuto (ed un po’ anche per il coautore).

Per inciso, ricordo che Isaac Bell è il quinto “serial” di Cussler che dopo tutte le avventure marine, il grande avventuriero (come scrittore) decise di dedicare romanzi di avventura “a tutto tondo”, senza avere né il mare né l’ambientalismo come filone conduttore. Nasce così Bell, ricalcato un po’ sulla falsariga di un investigatore della famosa (e famigerata) agenzia Pinkerton. E noi ne leggiamo le gesta seguendo, almeno in queste prime cinque uscite che ho letto, la falsariga che avevo evidenziato nell’ultima lettura (nel già lontano tempo della memoria, che era l’8 maggio del 2020): si avanza di un anno e si inserisce la storia nell’ambito di una nuova conquista dell’umanità. Qui, come vedremo, parleremo di cinema.

Veniamo al primo appunto: il titolo inglese è “Il ladro”, ed è un ladro quello che seguiamo a lungo nelle varie sue sfaccettature alla ricerca di rubare qualcosa, che poi scopriremo cosa sia. Ora, è vero che l’avventura inizia a bordo del grande transatlantico “Mauretania”, con alcune vicende legate anche alla presenza del fuoco a bordo, cosa veramente complicata quando si è “in mare aperto”. Ma gran parte della vicenda si svolge sul territorio americano (ed un po’ in Europa), e solo nell’epilogo ci si riavvicina all’oceano, anche senza uscire dal porto. Allora, da dove nasce e perché viene fuori questo titolo italiano?

Secondo appunto riguarda un po’ il nominalismo dei personaggi e l’insistenza degli autori (ma suppongo più di Scott che di Cussler) di chiamare il protagonista con nome e cognome. Ora Isaac Bell è l’unico Bell del romanzo, quindi difficilmente confondibile. Poi, i due presunti inventori del sistema di sincronizzazione suono – immagini sono il professor Beiderbecke (come il grande jazzista americana) e Clyde Landis (cognome derivato dall’esimio regista inglese).

Veniamo ora al testo. Dicevamo, l’azione si svolge un anno dopo la precedente, siamo quindi nel 1910. E ruota intorno all’invenzione dei due soprannominati signori della possibilità di avviare la neonata industria del cinema verso il futuro del “cinema sonoro”. Un’invenzione predisposta in Germania, ma i due vogliono portarla in America, anche perché i tedeschi del Kaiser vorrebbero appropriarsene e farne un uso “distorto”.

Per questo introducono anche l’industria bellica, perché l’idea del cattivo di turno è di utilizzare il sonoro come elemento di propaganda pro-Germania, nell’intento di far alleare Germania ed America contro l’Inghilterra. Il cattivo, oltre ad essere il ladro del titolo (almeno, cerca di rubare) è anche un fine acrobata, che riesce ad uscire da situazioni pericolose (per lui) con l’aiuto di agilità e funi d’acciaio. È anche un alto esponente dell’esercito, è sodale del Kaiser, ricatta anche la bella Irina arrestandone il fidanzato. Insomma, un cattivo a tutto tondo.

Bell viene coinvolto quasi per caso. Si trova sul transatlantico quando l’acrobata, nel tentativo di rubare l’invenzione, uccide il professore e mette a repentaglio la vita di tutti dando fuoco alla nave. Ovvio che Bell salva Clyde, la nave, nonché la sua Marion. Arrivati in America ci sono lunghe digressioni sull’esclusività delle pellicole da film (dove non fa una bella figura il potente Edison), nonché sul cinema, sulla nascita di Los Angeles come punto di ritrovo dei cineasti, con piccoli camei di grandi e piccoli registi (tra i primi, in pole position, c’è D. W. Griffith, tanto per far contento mio cugino Ale).

Seguiamo la messa a punto del marchingegno, la truffa gigante inscenata dall’acrobata che riesce quasi a mettere le mani sul “sonoro”, riuscendo solo a far morire anche Clyde. Bell, al solito, con tutta la struttura Pinkerton, salva capra e cavoli, ed in un epilogo di qualche decennio posteriore avremo modo di vedere come si risolverà il rebus del sonoro.

Nelle more ci sono due episodi, pur marginali, che forse saranno utili nel futuro. Uno di sicuro è il matrimonio di Isaac e Marion. L’altro è la presenza di una signorina tedesca, Pauline, che ben si muove nel portare messaggio importanti. Vedremo che ne uscirà nel futuro.

Finalmente, finirei parlando dell’invenzione in sé. Qui Cussler e Scott si incartano un po’. Che già prima del 1910 in Francia c’erano stati tentativi riusciti anche se dilettanteschi di sincronizzazione. Ed il processo, come qualche cinefilo mi insegnerà, è andato avanti in varie parti del mondo, in modi diversi. quello che è vero è che in America c’è stata la sua conversione industriale, che ha portato alla nascita del cinema come noi lo conosciamo.

Per il resto, una prova onesta, seppur tendendo verso il basso.

Clive Cussler & Justin Scott “Attentato” TEA euro 9,90

[A: 24/08/2020 – I: 13/09/2021 – T: 15/09/2021] - & e ½    

[tit. or.: The Striker ling. or.: inglese; pagine: 331; anno 2013]

ISAAC BELL06

Dispiace abbastanza che la lettura di alcuni classici del grande Cussler, si stiano trascinando verso punti, forse, di non ritorno. Sia per le storie in sé, come vedremo più avanti, sia per l’apporto dei co-autori, visto che da tempo il grande (che purtroppo ci ha ormai lasciato) poco sosteneva la scrittura completa di un’opera, preferendo suggerire le grandi (e piccole) linee della trama, per poi lasciar la briglia sciolta, in questo caso a Justin Scott. Sia infine per l’insipienza degli editor italiani. Che anche qui, rispetto al riferimento inglese ad una persona che sciopera, preferiscono inserire quel termine, “Attentato”, che serve solo da specchietto per le allodole.

Perché, e qui qualcuno dovrebbe fare una riflessione, i libri della serie dedicata all’investigatore di terra Isaac Bell, sono etichetta con un nome di riferimento: i precedenti episodi, infatti, avevano titoli come “The Chase”, “The Wrecker”, “The Spy”, “The Race”, “The Thief”; e non vi dico il modo in cui sono stati massacrati in italiano.

Le storie poi che hanno per protagonista Isaac Bell poi, per un certo periodo (le prime cinque uscite) hanno seguito abbastanza fedelmente l’andamento temporale. Ogni storia faceva avanzare le lancette di un anno, e portava alla luce un elemento nuovo del procedere della modernità. Qui, abbiamo un piccolo scarto. Perché da un lato passiamo dal 1910 (ambientazione delle avventure di “In mare aperto”) al 1912. Ma poi facciamo una capriola all’indietro, che tutta la storia è invece ambientata nel 1902.

Non è un caso, perché in questo modo riusciamo a seguire gli inizi della carriera del nostro Isaac all’interno dell’agenzia di sicurezza e investigazione Van Dorn. L’elemento “sulla via della modernità” in cui scava questo capitolo delle scritture cussleriane, è la nascita del sindacalismo nelle miniere americane agli inizi del ‘900.

Non è certo materia di stupore che in quegli anni c’era lavoro selvaggio senza alcuna copertura. Quando poi i lavoratori cercavano di organizzare una qualche forma di protesta, ecco pronti i padronati di varia natura ad intervenire e reprimere, quasi sempre brutalmente. Così avviene all’inizio temporale della storia, nelle miniere di carbone della Virginia Occidentale (quella adagiata sulla grande Virginia, ad un tiro di schioppo da New York).

Per soffocare le pretese dei lavoratori, uno dei padroni delle miniere, James Congdon, ingaggia un pericoloso bandito per sabotare le mire dei sindacalisti. Varie volte, il bieco Clay, sotto vari travestimenti, riuscirà a mettere i bastoni tra le ruote ai buoni. Ma solo la prima volta con esiti disastrosi, che dalla seconda in poi l’Agenzia Van Dorn, e Isaac in particolare, saranno di guardia, riuscendo, più o meno, a contrastare i cattivi.

Ovvio che la prima volta invece no. Clay riesce a far deragliare un convoglio mineraria, mandandolo in una catasta di dinamite, creando frane e morti. Non solo, poiché chi doveva controllare il convoglio era proprio il sindacalista Higgins, spina nel fianco dei padroni delle miniere, sarà proprio quest’ultimo ad essere incolpato e subire le conseguenze.

Varie ed alterne vicende vedono il giovane Isaac radunare forze fresche, reclutare gente ed altri piccoli avvenimenti di laterale importanza. Il fiume in piena è la lotta contro Congdon, lotta cui si unisce Van Dorn stesso, ma è una lotta che non si riesce a portare a compimento, essendo ancora troppo forte Congdon e troppo alle prime armi Bell.

Ci sarà anche una piccola storia d’amore (o di possibile innamoramento) che coinvolge la sorella di Higgins sia con Isaac che con Clay. Ma Isaac se ne tira subito fuori, che lui è per Marion sempre e comunque. Mentre Clay rimarrà scottato, anche perché la signorina Higgins verrà uccisa da Congdon con un marchingegno ingegnoso quanto indescrivibile. Fatto sta che questa morte sarà una delle leve del “redde rationem” finale.

Sebbene contrastati, un passo alla volta, i lavoratori riusciranno, organizzandosi, a strappare qualche migliora, normativo e salariale, alla cricca di Congdon e compagnia. Dovremmo però aspettare il salto finale al 1912, quando finalmente Bell avrà tutti gli assi in mano per incolpare Congdon (assi che vi andrete a leggere se ne avete voglia), riuscendo a chiudere la vicenda.

Purtroppo, però la storia è molto farraginosa nello svolgimento, poco innovativa nella trama, con molti inserimenti di vicende, piccole e grandi, che fanno perdere il filo. A volte sono dovuto andare a rileggere dei punti per trovare nomi e collegamenti. Anche il filo della modernità è poco sviluppato, forse perché, in fondo, il sindacalismo, in America, non è mai visto con occhio positivo.

Un inciso finale: Congdon, da potente affarista, stava cercando in quel 1912 finale di farsi eleggere come vicepresidente nella campagna elettorale di Theodore Roosevelt, presidente fino al 1908, e poi sostituito alla presidenza, dal 1908 al 1912, da William Taft. Quella fu invero una delle più strane campagne. Roosevelt e Taft erano Repubblicani, e quando Taft con la destra del partito, ebbe il sopravvento, Roosevelt fondò un suo partito. Risultò così, quell’anno, l’unica elezione con tre partiti, ed il nuovo partito di Roosevelt superò i repubblicani di Taft. Ma venne eletto il democratico Wilson, laddove se i repubblicani fossero stati insieme, avrebbero vinto a mani basse. Spigolatura finale: Taft è, fino ad ora, il più grasso presidente degli Stati Uniti, visto che leggiamo nella sua biografia che raggiunse i 175 kg.

“L’unica cosa di cui ti pentirai davvero è ciò che non hai fatto.” (291)

Clive Cussler & Boyd Morrison “La vendetta dell’imperatore” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 8,40 euro)

[A: 04/03/2019 – I: 10/10/2021 – T: 12/10/2021] - &&   

[tit. or.: The Emperor’s Revenge ling. or.: inglese; pagine: 404; anno 2016]

OREGON11

Sperando che non vi siate persi nei meandri delle sigle di Cussler, eccoci tornati alla cosiddetta “terza serie” del grande maestro. Libro del 2016, scritto quindi con Clive ancora in vita, anche se ormai sempre in combutta con i suoi “ghost” performer. Non dico writer, perché in questo caso non sarebbero ghost. Questo è il secondo romanzo in cui collabora Morrison, ma non mi sembra che il suo apporto sia particolarmente significativo (se non nelle battaglie navali)

La serie “OREGON”, ricordo, è quella più “movimentata”, impegnata a seguire le gesta del comandante Juan Cabrillo e dei suoi uomini, in genere coinvolti in azioni “ovunque nel mondo”, ma spesso per intervenire laddove né la diplomazia internazionale né la CIA possono nulla.

La squadra di Cabrillo è poi composta da una nave “fantastica” e ben camuffata, e da una serie di personaggi, più o meno provenienti da Marines o similari, che si prodigano nelle azioni, ognuno con qualche specificità, ma che si perde nel grande disegno: Juan ed i suoi uomini, punto. Ovviamente, in ogni puntata c’è qualche personaggio aggiunto, come in questo caso la consulente finanziaria ed esperta di transazioni Gretchen, che viene dal passato di Cabrillo, essendo stata sua partner in una avventura che però non risulta tra quelle pubblicate.

L’altra piccola novità, rispetto ai primi romanzi “Oregon”, è l’utilizzo di qualcosa che viene dal passato, come nella serie principale. Qui siamo nella fiction pura, con almeno tre idee brillanti, anche se mascherate. La prima riguarda l’utilizzo di “sottomarini” da parte dei francesi durante l’epoca napoleonica. Cosa che in effetti è vera, avendo Robert Fulton (citato e realmente esistito) sperimentato un tale battello nel 1801 nella Senna. Peccato che quello reale si chiamasse “Nautilus” e non “Stingray”, come dice Cussler, dal nome di un pesce della famiglia delle razze. Anche perché il nome reale è quello utilizzato nei suoi scritti da Verne. La seconda riguarda il mito che Napoleone Bonaparte fuggì da Sant’Elena, essendo rimpiazzato dal suo sosia François Robeaud. Mito sorto agli inizi del ‘900 e ripreso più volte in vari romanzi. Qui ne viene data una nuova versione con l’uso del sottomarino. La terza coinvolge un matematico inventato, tal Alexej Polichev, che avrebbe scoperto algoritmi inusuali quando era docente a Mosca, durante l’invasione napoleonica, algoritmi persi nel nulla.

Da tutto ciò Cussler ricava la sua novella: un magnate russo acquista, in trattative segrete, materiale napoleonico, compresi i cosiddetti algoritmi di Polichev nonché le indicazioni per ritrovare il tesoro che Napoleone avrebbe sottratto ai russi, ma che si perse nella ritirata. La sua segretaria è anche una hacker esperta ed utilizza l’algoritmo per creare virus impenetrabili. Ha anche un padre, ex-ammiraglio ucraino, che ce l’ha a morte con i russi, e tramite la figlia intravede una possibile grande vendetta.

Con i virus, creare scompiglio nel sistema bancario; poi con attentati mirati alla rete elettrica europea creare scompiglio e blackout di settimane, avendo poco prima, con i virus, stornato milioni di euro altrove. Come sottoprodotto, creare un falso obiettivo attraverso la scoperta del tesoro di Napoleone, ma, invece di restituirlo alla Russia, farlo saltare in aria, creando ulteriore scompiglio internazionale. Per realizzare tutto ciò, rapisce segretamente il magnate russo, impadronendosi del suo yacht, una copia dell’Oregon (che noi ben conosciamo) ma con armamenti molto più letali.

Peccato che la prima mossa coinvolga una banca dove sono depositati i soldi della “Oregon Corporation”, cioè tutti i milioni di euro accumulati da Cabrillo e soci. Che, punti sul vivo, ingaggiano una lotta senza quartiere con i cattivi. Qui interviene anche la Gretchen di cui sopra, dove potrebbe essere che nasca una scintilla con Juan, ma non si può mai dire.

La lotta senza esclusione di colpi si svolge tra varie zone del mediterraneo: a Monaco, per la rapina alla banca, a Gibilterra, dove i nemici provocano un incidente aereo, nelle acque sicule, dove viene affondata una nave, a Malta, dove alcuni reperti napoleonici dovrebbero essere venduti all’asta, nelle acque adriatiche per alcune scaramucce tra i buoni ed i cattivi. Lotta che poi si sposta nel Nord, prima a Vilnius dove Cabrillo ed i suoi sventano la minaccia di far saltare in aria il tesoro napoleonico ritrovato nella cattedrale lettone, poi in Olanda, dove si svolge la lotta finale, dove i nostri riusciranno ovviamente vincitori.

Ma a parte le invenzioni di cui sopra, ed alcuni momenti di intreccio (dove, ad esempio, per salvare Cabrillo da una situazione pericolosa, intervengono improvvisamente gli agenti della NUMA Austin e Zavala, mettendo a posto la situazione), la trama scorre senza troppi sussulti, e senza tanti coinvolgimenti. Lasciandoci una serie di domande su spezzoni di trama poco approfonditi.

In particolare, l’incursione in un castello albanese per salvare dalle grinfie di un magnate della droga, un hacker slavo, in antagonismo con la signorina di cui sopra. Dove il magnate sembra avere un ruolo per alcune pagine, così come l’hacker, per poi cadere abbastanza lateralmente alla trama. Ma più ancora, tutta la parte iniziale, dove Cabrillo è in missione per fermare un terrorista arabo tra le dune del Sahara, con l’intento anche di recuperare materiale nucleare perduto da un bombardiere americano nel 1956. Questa sembra proprio una parte “appiccicata”: si svolge, si risolve, e non ha nessun aggancio a tutto il resto del romanzo.

Purtroppo, si vede che Cussler stava invecchiando, e che le trame un po’ gli sfuggono. Mentre, dall’’altra parte, suo figlio Dirk non ha ancora preso in mano tutte le redini della “writing factory”. Aspettiamo esiti migliori.

“- Ci vuole ben più di un insulto per innervosirmi … - È già tanto che tu abbia capito che era un insulto.” (182)

Clive Cussler & Russell Blake “La leggenda dell’Azteco” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 7 euro)

[A: 05/11/2019 – I: 16/11/2021 – T: 18/11/2021] - && -- 

[tit. or.: The Eye of Heaven; ling. or.: inglese; pagine: 350; anno 2014]

FARGO06

Come già detto, la serie dei coniugi Fargo si colloca nelle parti basse del mio gradimento cussleriano, che, invece, è generalmente più alto. Anche se, morto lui e morto anche Wilbur Smith, poco ci resta di scrittori veramente avventurosi. Comunque, questo fu scritto sette anni fa, e quindi nel pieno della fase finale degli scritti del nostro. Che, vista la poca incisività ottenuta con Thomas Perry come alter ego, qui decide di ingaggiare un nuovo co-writer, Russell Blake. Questi è un prolifico autore di thriller e avventura, ma scarsamente conosciuto in Italia. Vedendo lo scarso apporto a Cussler, si capisce anche perché.

Blake cerca di inzeppare qualche storiella di droga, di cartelli messicani, di sparatorie, e di cattivi più o meno cattivi. Ma non avviene una rinascita della serie, tanto che aiuterà Clive in un altro libro per poi passare la mano, restando a scrivere e vivere in Messico.

Secondo punto che lascia a desiderare, dopo la poca incisiva scrittura, è il solito cattivo tradurre dei titoli. Capisco che si volesse creare un filone di attenzione, essendo il precedente libro della serie intitolato “L’enigma dei Maya”. Ed è anche vero che al centro della vicenda, rimanendo in Messico, parliamo di Aztechi. Ma gli autori volevano invece porre l’accento sul gioiello di giada che fa da motore alla vicenda, anche se non sempre facilmente vedibile, il cosiddetto “Occhio del Cielo” (o del Paradiso, ma penso sia più corretta la prima versione).

In questa serie, in ogni caso, si riprende ancora una volta uno dei marchi di fabbrica dell’autore, una vicenda che viene da lontano e che ci porta ai giorni nostri. Al solito, è anche un modo di riprendere un tema molto caro agli americani, sui primi navigatori che arrivarono oltre oceano, tanto per sbugiardare Colombo. Non solo, ma anche riprendendo una curiosa leggenda (che, come tutte, ha sempre un fondo di verità) relativa a Quetzalcoatl (uso questo nome anche se, nel pantheon tolteco e azteco se ne usano diverse varianti, che però ci confonderebbero e basta).

Si parla infatti di Quetzalcoatl come di un re atipico nel pantheon mesoamericano, alto e con la barba, due caratteristiche non presenti nei tipi locali. Non solo, aveva anche abolito i sacrifici umani, ed introdotto culture agricole innovative. Per poi, nella leggenda, scomparire. Nella realtà, se fosse stato il re che si dice, di sicuro la casta sacerdotale ad un certo punto si ribella per tornare agli antichi riti, e poteri (un po’ come Akhenaton in Egitto). Qualcuno diceva fosse un extra-terrestre, altri, e Cussler con loro, propende per un re vichingo.

La storia, come un po’ troppo spesso nella serie Fargo, si svolge per avvicinamenti progressivi e consequenziali ali nocciolo. I nostri prima si scontrano con il cattivo Janus a Cartagena per il recupero di statue in un relitto. Inciso: bella la città visitata in viaggio di nozze, con il suo teatro romano. Poi, sconfitto Janus, volano nell’isola di Baffin (un po’ più a Nord dell’Islanda), per misurare lo scioglimento dei ghiacci. Lì scoprono casualmente una nave vichinga, conservata nel ghiaccio, e contenente manufatti chiaramente aztechi.

Quindi nuovo volo in Messico, alla ricerca di comprensione per la conversione dei due elementi, corroborata, nella nave, da un accenno alla giada favolosa chiamata “Occhio del Cielo”. Non vi ammorbo con tutti i passaggi di agnizione che portano all’idea di una ricerca mirata. Si passa per manufatti custoditi a Cuba, per scritti da decifrare, per un crittografo alcolista che salvano dalla dipendenza e che ha idee luminose per capire i glifi antichi.

Il tutto con la spada di Damocle di Janus e dei suoi scherani che li seguono da presso, che ogni tanto ingaggiano scaramucce, ma dove i nostri hanno sempre la meglio. Lì, tra Teotihuacan e Tula, tra le varie piramidi, i nostri vengono aiutati dai due fratelli Antonio e Maribela, esperti in antichità messicane. Mentre da casa, essendo la mitica Selma alle prese con problemi di salute, i nostri sono coadiuvati da Kandra, la di lei nipote.

Questa volta, i diversi svelamenti non sono particolarmente interessanti. Rimane il fatto che, tra uno sbaglio e l’altro, i nostri finalmente trovano quanto si aspettavano di trovare presso la Centrale Nucleare di Laguna Verde nello stato di Veracruz. Con i cattivi sempre alle costole, che è chiaro ci sia qualcuno che fa la spia, mirando ai soldi (o a qualcos’altro) e non alle glorie accademiche. Ed è altrettanto ovvio che di notte, e nei sotterranei, si arrivi alla resa dei conti.

I nostri, com’è ovvio, vinceranno, lasciando molti morti sul terreno, da una parte e dall’altra. Non Janus, che riesce a fuggire, e forse sarà presente in altre storie (vedremo). Come vedremo un bel museo vichingo a Montreal, ricollegandoci con la prima parte del romanzo.

Quello che dispiace, fatta salva la facilità di lettura, che non guasto in questo genere di scritti, rimangono alcuni punti dove si vede che Cussler un po’ molla la presa. C’è ad esempio uno scarabeo GPS che fa seguire i Fargo da Janus, e solo se uno è attento alle parole, si ricorda che fu regalato a Remi da Dominic, il capitano della nave a Cartagena, che non sembra particolarmente in combutta con Janus, ed invece sì. Poi c’è il rapimento e l’uccisione del capo del Museo messicano, che passa in sottordine quasi fosse un semplice incidente di percorso. Infine, a lungo Remi sospetta che la talpa sia Kandra, per poi dar modo alla nipote di seguire i suoi corsi all’Università al ritorno di Selma, senza che qualcuno si periti di dirci se è ancora sospettata o se è stata scagionata dagli eventi.

Insomma, qualche sciatteria di troppo, che porta giudizi che tendono sempre più verso il basso.

Visto che ho già scritto, non mi ripeto ma, come seconda trama del mese, allego una breve trama sull’obesità.

Come detto inoltre la settimana scorsa, in questa settimana porgo i miei più sentiti auguri a Emilio, Rosa, Amos ed al mio cugino acquisito nonché omonimo. Dando loro in regalo, un’altra frase tratta da “Sequenze di memoria”, di Loriano Macchiavelli, che ci esorta: “è matto uno che dice alla gente quello che pensa? O che non sopporta di vedere nessuno perché ha capito che razza di animali gli vivono attorno?” (52).

Quindi andiamo verso periodi più allegri passando da ricordi a speranze, come sono le speranze di viaggio che ci premono alle costole. Chissà. Intanto, concludo con un grande abbraccio a tutti.

CURARSI CON I LIBRI di Ella Berthoud e Susan Elderkin con i “bugiardini” di Giovanni

FEBBRAIO 2022

Come detto il mese scorso andiamo al recupero di cure passate. Questo mese parleremo di eccesso di peso.

OBESITÀ

Muriel Spark                         “A mille miglia da Kensington”

Alexander McCall Smith          “The No. 1 ladies’ Detective Agency”

Per una cura meravigliosamente semplice per l’obesità, seguite il consiglio della signora Hawkins, l’eroina col doppio mento di “A mille miglia da Kensington”, maliziosa satira dell’editoria londinese del dopoguerra scritta da Muriel Spark. La signora Hawkins è molto prodiga di consigli e li distribuisce su argomenti di ogni genere, come trovare un lavoro, scrivere un libro, migliorare la concentrazione, sposarsi, imparare a dire di no, dove andare per riprendersi da un periodo difficile[1]  e come fare quando si riceve troppa posta indesiderata. Il suo consiglio migliore, tuttavia, è su come perdere peso: prendere quello che si mangia di solito e dimezzarlo. “Questo consiglio è disinteressato” dice “anzi è compreso nel prezzo di questo libro”. Abbiamo comprato il suo romanzo, c adesso includiamo il consiglio, senza sovrapprezzo, nel nostro libro[2].

L’obesità spesso ha un’origine psicologica, comunque, e tutte le diete del mondo saranno inutili se non ve ne occuperete. Se siete in sovrappeso perché infelici, non mettete il lucchetto al frigorifero né imbarcatevi in una dieta punitiva; non funzionerà e vi renderà ancora più infelici. Cercate di capire perché avete bisogno di consolazione - questo nostro libro può darvi qualche idea. Una volta risolto il vostro rapporto con voi stessi, quello con il cibo si correggerà da solo.

Se invece siete sovrappeso e la cosa vi sta benissimo, tuffatevi nel mondo grasso-è-bello di Precious Ramotswe, una “donna come si facevano una volta” (taglia 54, per la precisione), star della famosa serie poliziesca di Alexander McCall Smith ambientata in Botswana, i cui romanzi è meglio leggere in ordine e che inizia con “The No. 1 Ladies’ Detective Agency”. Precious Ramotswe vi mostrerà come essere audaci e rompere le regole, portare il vostro peso con dignità e disinvoltura e conquistare il cuore di un uomo buono (se ne volete uno) grazie alla vostra saggezza, arguzia e... abbondanza.

Bugiardino

Non ho una grande passione per Muriel Spark, quindi passo abbondantemente oltre i suoi libri. Invece, del bravo scozzese ho molto ed ho letto molto (lui ha anche scritto molto, che le sue tre serie principali contano ad oggi 45 libri; di cui ne ho letto un terzo). Qui si parla della serie ambientata in Botswana, mentre io preferisco quella intitolata “Club dei filosofi dilettanti” (ottimo già dal nome).

Alexander McCall Smith “The n°.1 Ladies’ Detective Agency” Abacus euro 13

[pubblicato il 3 marzo 2019]

Ebbene sì, ecco un altro libro “in viaggio”. D’altra parte, non si possono passare due settimane nel Kalahari, in giro tra i parchi del Botswana, e dimenticare di avere decine di libri di un autore che del Botswana ha fatto una grossa fetta della sua produzione. McCall Smith lo leggo e lo apprezzo per i suoi libri scozzesi, ma non scordo che ha scritto una ventina di titoli ambientati in Africa, che proprio da questi titoli ha messo su fame e soldi. Anche se, avendone letto uno spurio, questa parte della sua produzione non mi ha mai messo molto appetito di lettura. Ora però, passando a poche decine di chilometri da Gaborone, per ingannare il lungo viaggio di ritorno dal Sudafrica in Italia, e, non ultimo, per rendergli un piccolo omaggio, ho trovato in aeroporto il primo volume della serie africana. Serie dedicata ad una donna, Precious Ramotswe. E già questo è un campanello di interesse, in un Africa molto al maschile. Inoltre, la signora Ramotswe è la proprietaria dell’unica agenzia investigativa femminile del Botswana, altro elemento di non poca rottura. Ne scopriremo altri di elementi di interesse da contesto, mentre purtroppo il testo non è all’altezza. Non appassionano molto le indagini di Precious né i diversi momenti botswani descritti. Qui seguiamo tutti gli inizi della storia, il ritorno a casa del padre, malato. La sua morte e l’eredità che lascia a Precious per aprire una macelleria. Invece, la nostra eroina vuole aiutare gli altri, visto che poco ha potuto fare per aiutare il padre. Così fonda questa agenzia investigativa e si mette in attesa di clienti. Sappiamo anche qualcosa del suo passato. La storia d’amore con il jazzista Note Mokoti, finita male per il carattere violento di lui, che lascia in lei il segno di non voler più dipendere dagli altri, e dagli uomini in particolare. Precious è una normale donna africana, anche un po’ paffutella, ma questo si sa non è un difetto in Africa. Incontriamo ben presto anche la sua assistente, la signorina Grace Makutsi, giovane vedova, e contraltare di Precious, sottile con i capelli raccolti in treccine. E veniamo a conoscenza di JLB Matekoni, meccanico, tranquillo, che diventerà amico fidato, anche se vorrebbe qualcosa in più. Con lentezza i primi piccoli casi si accumulano. Figlie ribelli. Mariti scomparsi. Fidanzati fedifraghi. Truffatori impiccioni. Coccodrilli spariti. Precious, con i suoi modi poco convenzionali, ed il suo fiuto riesce a risolvere i problemi che le vengono incontro. Fino a che si trova di fronte al caso più difficile da affrontare, e che l’autore mutua da fatti realmente avvenuti. Precious viene infatti coinvolta nella ricerca relativa alla scomparsa di una quattordicenne, che ombreggia il rapimento e l’uccisione di Segametsi Mogomotsi, avvenuta in Botswana nel 1994. Un omicidio rituale, un “muti” in lingua locale. Dove un adolescente viene mutilato/a per utilizzare parti del corpo in una specie di “medicina tradizionale” o tribale. Segametsi fu trovata giorni dopo, appunto mutilata, ma non fu mai scoperto l’autore del crimine. Nel libro, McCall Smith ci racconta l’origine e le derivazioni pericolose del “muti”, ma port tutto verso un lieto fine che i racconti di Precious non debbono essere troppo truculenti. Dicevamo di altre chicche extra testuali del libro. Come l’amore per il proprio paese di Precious (e del padre di lei). In una lunga tirata papà Ramotswe confessa il suo orgoglio di essere un Motswana nel Botswana. Sembra uno scioglilingua, ma nel dialetto locale il prefisso “Mo” significa “uomo” ed il prefisso “Bo” significa paese, nazione. Mentre “tswana” è il nome della popolazione indigena. Così la frase sta per “sono orgoglioso di essere un uomo della tribù degli Tswana nella nazione del popolo Tswana”. Anche gli animali sono spesso presenti e ben descritti. Serpenti e coccodrilli entrano con drammaticità nella narrazione. Ed il bestiame assume una connotazione vitale: è necessario per il cibo, può essere una fonte forte per lo scambio di beni. Insomma, Alexander, nato in Zimbabwe, ma poi tornato in Europa quando i conflitti locali prendono una piega che non condivide, non dimentica le sue radici, ed in modo semplice cerca di farcene partecipi. Questo è senz’altro un punto di merito, purtroppo sorretto solo in parte da una trama e da uno sviluppo conseguenti, così come invece nelle prove di scrittura che l’autore ambienta in Scozia, e che amo maggiormente leggere.

Conclusioni

Visto che sono abbastanza fedele alle mie diete, non aggiungo altro, se non che l’autore non dice che la signora Precious è sovrappeso, ma usa la dizione africana che, tradotta, suona “di taglia tradizionale”. Capite bene il significato.



[1] Parigi

[2] Il romanzo contiene anche un’altra cura per l'obesità, più complicata, ma questa non è compresa nel prezzo del nostro libro. Dovrete leggere il suo e pensarci da soli. 

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