Il
duello per me, viene vinto, e di gran lunga, da Connelly. Capirete leggendone.
Camilla Läckberg “La
gabbia dorata” Feltrinelli euro 10 (in realtà, scontato a 6,50 euro)
[A: 19/06/2020 – I: 15/07/2021 – T: 16/07/2021] - && +
[tit. or.: En bur av Guld; ling. or.: svedese; pagine: 410; anno 2019]
FAYE 01
Secondo quanto scrive l’editore, e ripete la
stessa autrice, questo dovrebbe essere il primo libro di una nuova serie,
avente per eroina l’impenetrabile Faye. Di sicuro è uscito un secondo episodio,
per il resto vedremo. Anche perché, seppur diverso nei personaggi, lo stile, la
tematica, e molta parte delle idee del romanzo sono in nuce già comparse nel
libro “Donne che non perdonano”, libro di moderato successo. Anche se,
certamente, assai lontano dai fasti di Erika e della saga di Fjällbacka.
Ma dato che Camilla sempre dal suo luogo
natio parte, ecco che Faye, pur svolgendosi la trama nella capitale, viene da
Fjällbacka e da lì è cominciato un lungo percorso per la nostra eroina. Altro
tema, annunciato e mantenuto, riguarda la volontà di Camilla di occuparsi delle
donne, della violenza che subiscono, e delle loro possibilità di riscatto. Su
di un piano extra-letterario, lo sta facendo con la società da lei creata
“Investe in Her”. Qui, dal libro precedente, si occupa del problema e delle sue
soluzioni.
Da parte nostra, seguiamo Faye nel veloce
percorso che la porta dalla sua gabbia dorata, al perdere tutto (o quasi) ed a
lottare. Per sé e per le altre donne. Sappiamo, da qualche flashback, delle sue
origini sopra menzionate. Dove però il suo nome era Matilda. Vedremo.
Qui è sposata al rampante Jack, frequenta il
mondo vuoto di gente piena di soldi e priva di scrupoli. Rispetto poi ai
classici libri di Erika & co, qui non abbiamo (per ora) un omicidio
classico, ma un ambiente da noir psicologico. Dove non solo Jack reprime e
manipola Faye, ma così fanno anche gli altri al contorno. In particolare,
Hanning, il socio di Jack, con la moglie Alice, quella che sa ma non dice.
Jack e Faye hanno una figlia, ma quando Faye
rimane incinta, Jack la costringe all’aborto. Durante la cui convalescenza,
Faye scopre che Jack la tradisce con Ylva e che Jack stesso ha un lato
pedopornografico abbastanza rivoltante.
Da qui, dopo essere stata abbandonata, dopo
che Jack e Ylva convivono e mettono al mondo Nora, nasce la rivolta di Faye. E
la sua rivincita. Che, e lo sappiamo già da tempo, la mente dietro i successi
di Jack era proprio lei. Che ora decide di mettere su una linea di cosmetici,
saggiamente chiamata “Revenge” (cioè Vendetta). E per spingere il suo marketing
al successo, non esita a fare il giro di tutte le donne “sfruttate, malpagate”
(come dice la canzone) che sono da subito solidali con lei.
Non vi dico come, che almeno questo vale la
pena di leggere, ma è ovvio che ben presto ha i soldi ed i mezzi per rilevare
l’azienda di Jack e Henning. Mentre al secondo lascia vie di scampo, per Jack
non c’è, né ci deve essere, né pace né tregua.
Capiamo che è qualcosa che viene dal passato
di Matilda, ma la fragile Faye (che era solo finta) ha anche altre frecce al
suo arco. Mette infatti in scena tutto un marchingegno, complicato ma lucido ed
efficace, in base al quale è possibile, in modo indiziario, accusare Jack di
aver ucciso la piccola Jannine.
Certo, il corpo non si trova, ma le prove che
Faye costruisce ad arte sono così convincenti, che Jack viene condannato
all’ergastolo. Ovviamente ha già divorziato anche da Ylva (che sembra già
accorgersi delle cattiverie innate in Jack).
Si chiude così il cerchio, magari con un
piccolo addendo che riguarda l’amica del cuore di Faye, la sfortunata Chris,
attaccata e vinta dal cancro. Ed altre donne che compaiono vicino alla nostra
eroina, ognuna tirando fuori dei lati di sé, che i maschi, nel tempo, avevano
distrutto, represso, cancellato.
Come ogni testo dedicato alla dimostrazione
di un’idea, per quanto sia brava l’autrice, per quanto sia condivisibile
l’idea, non si riesce mai ad avere una trattazione accettabile sulla
costruzione dei diversi piani di lettura e di interpretazione. E pur facendo il
tifo per Faye, il libro non si riscatta dall’inizio stentato. E non perché ci
si ricordi di Erika. Ma purtroppo perché si pensa alle donne che non perdonano.
Non avendo, alla fine, una costruzione del testo che si adegui alle
potenzialità dell’idea. Vedremo il resto della serie che ci proporrà.
Camilla Läckberg “Ali d’argento”
Feltrinelli s.p. (prestito di Alessandra)
[A: 19/08/2020 – I: 27/07/2021 – T:
28/07/2021] - & +
[tit. or.: Vingar av Silver; ling. or.:
svedese; pagine: 360; anno 2020]
FAYE 02
In
effetti, sono rimasto abbastanza deluso. Trama scontata, comprensibile già dopo
le prime 20 pagine. E più che secondo libro della storia di Faye, sembra il
secondo tomo di un unico libro. Di cui, per altro, le ultime pagine fanno
capire che ci deve essere un terzo tomo. Sperando che poi si finisca lì.
Questo
ci permette di aprire una piccola parentesi sulle differenze tra serie di
romanzi e volumi di storie. Nel primo caso, il protagonista (singolare o
plurale che sia) affronta una situazione, ne viene a capo, con tutte le
modifiche a sé ed alle persone coinvolte presenti. Poi, in un altro libro,
ricompare, con o senza gli altri, ed affronta una nuova situazione. Quindi c’è
una serialità nei personaggi, ma ogni romanzo ha una sua ragion d’essere. Nel
secondo caso, invece, pur partendo dagli stessi presupposti, poi non tutti i
nodi vengono sciolti, così che il libro successivo si trova a dover affrontare
situazioni che si sono evolute, ma non concluse. In questo modo, si producono
volumi di un unico romanzo. Un esempio tipico furono il secondo e terzo libro
della saga “Millennium” di Stieg Larsson, che potevano essere tranquillamente
un solo libro, tanto la trama prosegue dall’uno all’altro senza soluzione di
continuità.
Come
in questo caso, dove proseguiamo a leggere le gesta di Faye, là dove le abbiamo
lasciate. Con la solita alternanza tra presente in cui seguiamo l’evoluzione e
le nuove sfide che deve affrontare Faye e la sua ditta “Revenge” e passato in
cui capiamo come la giovane Matilda sia diventata l’attuale Faye.
Affrontiamo
subito questa parte, che, pur con tutte le lungaggini che l’autrice ci propone,
non abbiamo difficoltà nel comprendere che il padre abusava di lei e alzava
pesantemente le mani sulla madre. Per rompere il cerchio, anche qui costruisce
prove indiziarie per incriminare il padre della (falsa) morte della madre. Una
volta lui in prigione, lei vola a Stoccolma a fare la vita che abbiamo letto
nel primo libro. Un meccanismo che poi è identico a quello che nel primo libro
ha portato alla condanna del marito. Tant’è che non ci sorprende più di tanto
leggere ad un certo punto della riunione in una villa spagnola di Faye con
madre e figlia.
Sul
secondo punto, mentre cerca di lanciare la “Revenge” sul mercato americano,
Faye viene a scoprire un nuovo attacco alla sua creatura. Qualcuno, non
sappiamo ancora chi, cerca di farne la scalata, acquisendo azioni a destra e a
manca, anche da azionisti che non sembrava avessero intenzione di vendere.
In
parallelo, vediamo due cose: il marito ed il padre di Faye evadono insieme
dalla prigione, e Faye è corteggiato con successo da un sedicente David,
gentile di modi e di bell’aspetto. A noi ‘sto David puzza subito e molto. E ne
abbiamo ben donde. Non si fa fatica a capire (per questo dico che la trama
principale è chiara sin dalle prime battute) che David è in combutta con
Henrick, il socio di Jack, l’ex-marito di Faye.
Con
ricatti e spionaggio industriale, Henrick riesce a comprarsi la ditta, ma Faye
ha in mente un piano diabolico per riconquistarla. Un piano che prevede,
ovviamente, come suggerisce lo stile di questi libri, l’unione delle donne
contro femminicidi reali o potenziali. Così che Faye viene aiutata in questa
seconda vendetta da Ylva, la seconda moglie di Jack, che avevano già
divorziato, che conosce la cattiveria e l’indole di Jack, ma che è anche un
piccolo genio della contabilità. Ed anche da Alice, la moglie di Henrick, anche
lei alle prese con un marito manesco e puttaniere.
Non
vi narro come le tre donne riusciranno nei loro piani, ma è abbastanza ovvio e
scontato che ci riusciranno. Così come è scontato che David verrà incastrato.
Nelle more Faye si deve difendere dalle aggressioni di Jack, che riesce ad
arrivarle molto vicino, ma anche qui alla fine la nostra eroina troverà il modo
di mettere un punto finale a questa storia.
Perché
dico che ci sarà un nuovo volume? Perché il padre di Faye è ancora a piede
libero.
Come
nel precedente il motore del libro, che è anche la sua debolezza, è il fatto di
essere asservito all’idea che vuole dimostrare. Ora, non è certo un’idea che non
si può condividere, però non viene da sé, ma tutto è forza a dimostrare la
forza delle donne e la loro capacità di vendicarsi. Affermazioni che mi trovano
d’accordo totalmente, ma che avrebbero meritato un modo meno forzato di venire
alla luce.
La
nostra bella Camilla continua a sfornare romanzi di buona leggibilità, in ogni
caso. Ma non c’è più quel sacro fuoco delle storie di Erika. Peccato.
“È
una cosa bella … fare in tempo a trovare l’amore.” (102)
Michael Connelly “Il lato oscuro
dell’addio” Pickwick euro 10,90 (in realtà, scontato a 9,25 euro)
[A: 01/11/2018 – I: 21/07/2021 – T: 22/07/2021] - &&& --
[tit. or.: The Wrong Side of Goodbye; ling. or.: inglese; pagine: 365; anno 2016]
HARRY
BOSCH 19
Secondo
la bibliografia americana ufficiale è il diciannovesimo romanzo con
protagonista Harry Bosch, anche se il detective compare anche in altri quattro
romanzi come attore non protagonista. Comunque, Connelly riamane sempre un
grande autore (come complesso dell’opera) ed un sempre leggibile e godibile
scrittore, anche qui dove non raggiunge vette elevate.
Per
chi non avesse seguito tutte le puntate precedenti, ricordo che Bosch per i
primi 8 romanzi era un detective del LAPD (Los Angeles Police Department), poi
se ne va per due romanzi a fare l’investigatore privato; quindi, c’è un
balletto tra due episodi di Cold Case, due ritorni alla Squadra Omicidi, e di
nuovo tre Casi Irrisolti. Siamo così a 17. Nel diciottesimo va in pensione, ma
con un contenzioso pesante con il LAPD, mentre in questo, come vediamo, pur
pensionato, gli viene offerto un piccolo posto nel comune di San Fernando, una
stranissima cittadina, tutta interna alla città di Los Angeles, ma
indipendente.
In
questa cittadina, Harry riprende l’attività di investigatore privato e
part-time fa il detective nella SFPD, avendo come partner il detective Bella
Lourdes, una latina, visto che nella città la quasi totalità parla solo
spagnolo. Visto che Harry ha due attività, il nostro scrittore pensa bene di
fargli svolgere due indagini, una per ogni tipo di lavoro.
Sul
versante “ufficiale” segue l’indagine alla ricerca di uno stupratore seriale,
che assale belle donne, per lo più giovani, per lo più nel momento fecondo del
ciclo. Harry e Bella si interrogano su come faccia ad avere queste notizie, come
faccia a sparire senza lasciare altre tracce che fluidi corporei non
registrati. Alla fine, una quasi vittima si ribella, da una randellata al tipo
che fugge, perdendo le chiavi della macchina. Questo dà modo a Harry di capire
che c’è qualcosa sotto, ma, impegnato nell’altro caso, lascia Bella da sola
alla ricerca di indizi. Che porteranno la detective faccia a faccia con il
cattivone. Che la rapisce.
Ovvio
che Harry, saputo il fatto, ricostruisce mentalmente il tutto, e con l’intuito
che gli è proprio, capisce chi sia lo stupratore, lo ricerca con i suoi capi,
ferisce gravemente il cattivo che cercava di sparare ad altri poliziotti, e,
con la sagacia delle sue analisi, trova il nascondiglio e salva Bella, capra e
cavoli.
La
vicenda privata è più intrigata, ed intrigante. Un magnate dell’industria,
Vance, in punto di morte, o quasi, lo incarica di trovare, se sia mai esistito,
un suo presunto figlio, avuto sessantasei anni prima. Harry, con le sue
capacità di collegamento con le varie istituzioni, e con il suo sempre vigile
intuito (nonché, e non guasta, una sempre presente empatia con i più deboli),
ricostruisce tutta la catena di eventi genealogici accaduti al possidente.
Che
aveva avuto una storia con una messicana immigrata di nome Vibena (inciso: di
certo non credo sia noto a Connelly, ma il colle Celio di Roma, deriva il suo
nome dal condottiero etrusco Celio Vibena), da cui era nato un figlio. La
famiglia di Vance paga la signorina perché si sbarazzi del bambino, cosa che
lei fa dandolo in adozione. Non resistendo alla depressione post-parto, Vibena
si uccide. Ma il piccolo Dick viene adottato dalla famiglia Santanello, che ha
anche una femmina adottiva, Olivia. Il buon Dick, tuttavia, rimarrà ucciso in
Vietnam (guarda caso nello stesso periodo in cui c’era il nostro Harry). Harry
rintraccia Olivia, che gli dà un baule di ricordi di Dick, tra cui delle foto,
dove compare una signorina con in braccio una bimba. Tramite un ex-commilitone
di Dick, Harry rintraccia alla fine Gabriela, la chicana della foto, e viene a
sapere che la bimba, ora quarantenne, si chiama Vibena come l’ignota nonna. Non
solo, ma Vibena ha a sua volta anche un figlio.
Sarebbe
tutto facile far entrare la storia nella genealogia di Vance, se non che, il
tizio muore prima delle scoperte finali. Ed il nostro è coinvolto in un losco
gioco di potere sulla successione a Vance, che coinvolge i consigli
d’amministrazione delle sue società, Sloan, la sua guardia del corpo, forse
fedele o forse no, Isa, la su segretaria, anche con il dubbio se sia o meno
fedele al vecchio capo. Tutto precipita anche quando si scopre che la morte di
Vance non è naturale, ma provocata.
La
parte più incisiva di tutta questa seconda trama, è anche la comparsa, accanto
ad Harry, del fratellastro Mickey Haller, il mago delle azioni legali senza
speranza. Ma questa volta, gli sforzi riuniti dei due sbrogliano la matassa,
trovando anche chi ha ucciso Vance, e facendo in modo che Gabriela e Vibena
abbiano il giusto dell’eredità.
Forse
non troppo stringente nella parte “privata”, abbastanza di buon ritmo in quella
pubblica, con buoni intrecci, e personaggi caratterizzati con cura. Infine,
Connelly ha sempre un gusto a me gradito verso la musica. Tanto che questa
volta mi fa conoscere il trombettista Christian Scott (se potete, sentite
l’album “The Centennial Trilogy”) e Grace “Kelly” Chung, una trentenne
sassofonista, da apprezzare nella sua interpretazione di “Naima” di Coltrane.
Questo
ci dà senz’altro un punto in più a tutta la produzione di Connelly, anche se si
sente che ora vive in Florida, e non ha (molto) il polso della sua nevrotica
città.
Michael Connelly “L’ultimo giro della notte”
Pickwick euro 10,90 (in realtà, scontato a 8,70 euro)
[A: 07/08/2019 – I: 30/08/2021 – T: 31/08/2021] - &&& ----
[tit. or.: The Late Show; ling. or.: inglese; pagine: 363; anno 2017]
RENÉE
BALLARD 1
Come
spesso accade nei grandi scrittori seriali (e come ho fatto notare, ad esempio,
nella produzione di Clive Cussler) ad un certo punto si prova a variare la
trama, ad inserire nuove sfide e nuovi personaggi. Così accade per Connelly,
che inizia con Bosch, che inserisce ad un certo punto Mike Haller (e che dopo
un inizio altalenante, si inserisce abbastanza bene nelle trame), poi qua e là
fa apparire personaggi diversi, che scompaiono e poi ritornano. Ora, ci si
riprova con Renée Ballard.
La
signorina (spero di non essere politicamente scorretto usando questo termine)
ha una storia complicata alle spalle, che scopriamo mentre si srotola la sua
prima avventura. Figlia hawaiiana di padre surfista, vive con lui fino alla di
lui morte per un’onda anomala. La madre vive sperduta in una fattoria delle
isole e non intende curarsi della figlia. Che così va a vivere in California,
dalla nonna. Lì studia, si laurea, comincia a fare la giornalista di nera.
Scoprendo ad un tratto che preferisce intervenire, piuttosto che assistere. Si
arruola così in polizia.
Lì,
fa una discreta carriera nella Divisione Omicidi, sino ad entrare in contrasto
con il tenente Olivas, visto che questi intende metterle le mani addosso
(seguire #metoo). Denuncia, processo, nessuno che la sostiene (neanche il suo
partner Kenny), e conseguente declassamento in situazioni di retrovia. Dove
continua a fare il suo lavoro, venendo relegata ai servizi notturni. Di giorno,
allora, continua a dormire sulla spiaggia con il suo cane Lola e uscire in mare
o con tavole da serve o con quelle di uno sport che si chiama “paddleboarding”
(tipo pagaiare sulla tavola, assolutamente americano).
Dopo
queste notizie, che si desumono nel corso del romanzo, finalmente entriamo nel
testo. Scontrandoci subito con il titolo. L’inglese recita “Ultimo spettacolo”,
e così viene chiamato nel testo, indicando con questo nome il fatto che Ballard
ed il suo partner fanno i turni notturni, e quando intervengono, possono dire
di lavorare all’ultimo spettacolo prima della chiusura della giornata. In
italiano, si passa all’ultimo giro della notte, termine che non viene mai
utilizzato nel testo. Ed allora ci si domanda, perché fare questo sgarbo a
Connelly? Mistero!
Ma
torniamo alla trama. Dovendo introdurre il personaggio, cosa di meglio che
innescare non una ma tre indagini da seguire (anche se non tutte in modo
ortodosso). Dando la possibilità di vedere le sfaccettature di Renée e del suo
mondo.
C’è
un furto di carta di credito, presto risolto con una irruzione in motel,
ritrovamento di carta ed altra merce, ed innesto di possibili trame altre, che
però si smorzano per ora nel nulla.
C’è
la quasi uccisione di un trans che Ballard riesce a salvare, e che, partendo da
alcuni dettagli, ricostruisce come carriera (di prostituta di lusso) e di
incontri poco fortunati. Dettaglio centrale: l’utilizzo di un tirapugni come
arma letale. Non vi dico come riuscirà a risalire la catena di questi eventi.
Diciamo solo che la sua stessa vita sarà messa a rischio. Anche se alla fine,
ovvio, ne esce bene, pulita ed anche un po’ “incazzusa”. Anche perché le
possibili infelici uscite di questa parte del romanzo potevano (potrebbero)
influenzare la terza storia.
C’è
una sparatoria in un pub di lusso, con una cinquina di morti ed un assassino in
fuga. Di questo massacro si occupa la squadra di Olivas, con Kenny l’ex partner
di Renée. Che sembra aver scoperto un possibile collegamento tra punti diversi,
ma che viene ucciso prima di poter tirare tutte le fila del massacro. Ballard
non dovrebbe immischiarsi, ma si sa che lei non si tira indietro, quando si
tratta di una pista. Molti sono gli ostacoli che deve aggirare, sia da parte di
Olivas che degli Affari Interni (per questioni che non posso rivelare pena una
troppo scoperta spoilerata). Anche perché, e questo è il punto cocente delle
indagini, il colpevole, o uno dei colpevoli, o chi tira le fila dei colpevoli,
è un poliziotto.
Ovvio
che Connelly tenta di indirizzarci sulla colpevolezza di Olivas. Al solito il
gioco è duplice: o è un depistaggio, ed il colpevole è l’altro, o è un doppio
depistaggio, ed il colpevole è proprio Olivas. Connelly è maestro nel gestire
queste situazioni. Ed anche qui ne esce al meglio.
Buono,
ad ora, sembra il personaggio, e di sicuro lo rivedremo sulle scene, che c’è
scritto, nella biografia dell’autore, che in libri futuri a questo, sarà di
nuovo presente. La trama è un po’ “alla McBain”, ma può andare, essendoci il
solito tocco del nostro. Manca solo il jazz di sottofondo, che ci teneva
compagnia facendoci scoprire nuove sonorità.
Divertente,
infine, l’autoreferenzialità di pagina 41, dove facendo il CV di una morta si
dice che avesse partecipato come comparsa ad una serie TV basata sulle gesta di
Harry Bosch, un detective del LAPD ora in pensione. Carino…
Michael Connelly “Doppia verità” Pickwick
s.p. (Regalo de “I Floridi”: Mario, Ines e sig.ra Laura)
[A: 07/05/2020 – I: 30/08/2021 – T: 31/08/2021] - && +
[tit. or.: Two Kinds of Truth; ling. or.: inglese; pagine: 378; anno 2017]
HARRY
BOSCH 20
Con questo siamo arrivati al ventesimo
romanzo incentrato sulla figura di Hieronymus (Harry) Bosch. Pur con qualche
alto e basso, rimane tuttavia una lunga serie leggibile e con qualche elemento
sempre nuovo di attenzione e di interesse. Connelly, da questo punto di vista,
è decisamente un maestro nel suo genere. Non fa cadere (troppo) l’attenzione,
non scorda i suoi personaggi, li fa evolvere con il passare del tempo (anche i
personaggi invecchiano). Ma soprattutto ha la capacità di immetterti in una
nuova storia senza che ci si debba chiedere chi sia tizio e chi sia caio. Li
troviamo, veniamo portati nella nuova situazione, e da lì si scatena il romanzo
che noi leggiamo sicuramente con gradevolezza.
In realtà, poi, Harry è anche presente, anche
se non come personaggio principale, in altri tre romanzi. Qui, inoltre, ha una
sua parte, e non banalissima, anche Mickey Haller, il fratellastro di Bosch,
nella sua veste primaria: avvocato senza scrupoli.
Intanto, soffermiamoci sul titolo, che in
italiano mistifica un po’ il senso originario. Perché dire che c’è una “doppia
verità” non è la stessa cosa che affermare ci siano “Two kinds of truth”. Un
concetto che percorre buona parte del testo, e che fa dire a Bosch: “He knew
there were two kinds of truth in this world”. Cioè, come sapientemente traduce
l’ottimo Alfredo Colitto: “Sapeva che al mondo esistono due tipi di verità”.
Quello che veramente è doppio (se non triplo)
è il binario giallo della trama. Bosch, sia per anzianità sia per screzi
insormontabili con i capi, è andato in pensione, e viene utilizzato solo alla
risoluzione di “cold case” nella piccola contea di San Ferdinando, all’interno
della Grande Los Angeles. Qui viene però coinvolto in un caso tutt’altro che
freddo. L’uccisione di due farmacisti, apparentemente immotivata, che porta
Harry a contatto con il dipartimento Anti Droga ed al suo coinvolgimento
nell’indagine lavorando sotto copertura.
La DEA sospetta che dietro le farmacia ci sia
un racket di medicine, gestito probabilmente dalla mafia russa. Così che Bosch
si traveste da homeless per entrare nel giro e provare a fermare il giro
fraudolento.
In parallelo, però, viene coinvolto in
un’indagine che parte da lontano. Un detenuto rinchiuso nel braccio della morte
per un omicidio avvenuto trent’anni prima (o giù di lì), accusa Bosch di aver
manomesso le prove per incastrarlo. Da lì parte un’indagine questa sì molto
complicata. Dove nessuno dei suoi vecchi compari al LAPD sembra volerlo aiutare
(a parte la sua vecchia amica Lucia De Soto). Ma le prove contro Bosch sembrano
schiaccianti, anche perché al tempo non c’era analisi del DNA o altre
diavolerie moderne. Ed il detenuto Preston sembra avere molte frecce al suo
arco.
Non c’è modo di evitare il processo. Quindi,
ecco che abbiamo pronta l’entrata in scena del fratellastro Haller e della sua
squadra. Con molta tenacia, e qualche furbizia legale al limite della legge,
Haller prima mette Bosch in primo piano, anche a sua insaputa, per far sì che
la potenza mediatica si scateni e gli dia modo di cercare prove che altrimenti
non avrebbe potuto presentare. Parentesi: qui Connelly dimostra una grande
conoscenza dei meccanismi giuridici americani, ed anche una discreta capacità
di narrarli anche a noi che dell’America siamo ben lontani.
La tensione che il bravo Connelly fa montare,
deriva anche dalla convergenza temporale delle due indagini, dal fatto che
Bosch, per la parte indagine lavora sotto copertura, e per la parte indagato
deve uscire alla luce del sole. Con ovvi rischi, anche pesantemente fisici.
Ma la bravura di Bosch e della squadra
capitanata dalla sua partner al SFPD, Bella Lourdes, di cui abbiamo apprezzato
le capacità nel precedente diciannovesimo capitoli, fanno sì che l’indagine
antidroga si risolva in un successo. Mentre è la bravura in aula di Haller che
fa cadere il castello delle accuse, laddove mette sotto scacco Preston con la
sola minaccia di una testimonianza a lui contraria. Senza dire (e non ve lo
dico neanche io) se il teste vuole testimoniare o vuole avvalersi del
famigerato “quinto emendamento”.
Tutto volge al meglio, anche se i due
fratellastri sono sempre più ai ferri corti, e anche se il finale lascia
intravedere l’inizio, a breve, di un nuovo capitolo della saga.
Tralascio elementi gradevoli di contorno,
come il rapporto tra Harry e sua figlia Maddie, come il lavoro del detective
Cisco, ed altri caratteristi ricorrenti della scrittura di Connelly. Ricordo
solo, ed è un ricordo che mi fa sempre piacere sottolineare, che Harry, per
rilassarsi e per pensare, usa mettere musica jazz in sottofondo. Qui, tra
l’altro, scopriamo che ha un impianto hi-fi Bose, che non è affatto male. Ma
soprattutto, ci fa ascoltare (che l’ho subito cercato e trovato) l’ottimo cd in
duetto (anche qui qualche cosa di doppio) tra il sassofonista Houston Person ed
il bassista Ron Carter. Il cd si chiama “Chemistry”, e lo consiglio vivamente.
Poi, quando sento il basso, penso sempre al mio amico onestamente jazzista Carlo.
Al fine, però, la resa finale, è leggermente
inferiore alle mie aspettative verso Harry. Buona la musica, discreta la trama,
decente la tensione “gialla”, ma ogni tanto ci si allunga e si stona. Una buona
confezione, per un discreto ma non eccelso risultato complessivo.
Prima trama di febbraio, quindi diamo un’occhiata
alle letture di novembre, dove spicca il romanzo arabo di Al-Aswani sulle
pulsioni al rinnovamento nei paesi arabi. Per il resto, veramente poco da segnalare,
se non un godibile Asterix.
# |
Autore |
Titolo |
Editore |
Euro |
J |
1 |
Takis Würger |
Il club |
Keller editore |
16,50 |
2,5 |
2 |
Sebastian Fitzek |
Il ladro di anime |
Corriere Thriller |
7,90 |
1,5 |
3 |
Jean-Yves Ferri &
Didier Conrad |
Asterix e il Grifone |
Panini |
s.p. |
3,5 |
4 |
Zachar Prilepin |
San’kja |
Repubblica Mondo |
9,90 |
2 |
5 |
Ben Pastor |
La canzone del
cavaliere |
Sellerio |
15 |
2 |
6 |
Emilio Martini |
Invito a Capri con
delitto |
TEA |
9 |
3 |
7 |
Laura Lippman |
La donna del lago |
Bollati
Boringhieri |
s.p. |
2,5 |
8 |
Emanuele
Bissattini |
Quinto: non
uccidere |
Round Robin |
16 |
2,5 |
9 |
Clive Cussler
& Russell Blake |
La leggenda
dell’Azteco |
TEA |
9,90 |
2 |
10 |
Donato Carrisi |
Il tribunale delle
anime |
Corriere Thriller |
7,90 |
2,5 |
11 |
Francisco Ovando |
Tutta la luce del
campo aperto |
Repubblica Mondo |
9,90 |
1,5 |
12 |
Pierre Lemaitre |
L’abito da sposo |
Corriere Thriller |
7,90 |
2 |
13 |
‘Ala al-Aswani |
Sono corso verso
il Nilo |
Repubblica Mondo |
9,90 |
4 |
14 |
Anne Perry |
Rito di sangue |
Mondadori |
5,90 |
2 |
Nell’imminenza di una sfilza di compleanni, mi torna in mente una delle prime pagine del libro “Sequenze di memoria”, dove Loriano Macchiavelli, come me perplesso, si domandava: “mi guardo attorno e mi chiedo … dov’è finito il mio passato e la mia infanzia che pensavo di dover ricordare per sempre” (17).
Come detto, periodo festaiolo, ma anche riflessivo che i primi giorni di febbraio ritornano anche per i miei lutti, per papà e mamma, e per il mio amico Carlo. Non essendo però incline troppo alla tristezza, preferisco continua a guardare avanti, ai prossimi traguardi, ai prossimi viaggi, ai prossimi incontri, ai prossimi abbracci.
Nessun commento:
Posta un commento