domenica 24 marzo 2024

Selleriana - 24 marzo 2024

Una settimana dedicata tutta all’esimio editore siciliano, con alcuni dei suoi cavalli di battaglia, in un contesto generale di gialli di costume, di ambiente, e con alti e bassi, a volte inaspettati. Come un deludente Rocco Schiavone, compensato da due dignitose prove del BarLume e di Monterossi. Meglio l’interessante Molesini, e soprattutto la sorpresa ambientazione palermitana di Simona Tanzini. Comunque, i libricini blu sono sempre un buon compagno di lettura.

Andrea Molesini “Non si uccide di martedì” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 4,20 euro)

[A: 01/08/2023 – I: 12/09/2023 – T: 13/09/2023] &&&   

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 198; anno: 2023]

Ero indeciso in che categoria inserire l’ultimo romanzo di Andrea Molesini, ed alla fine l’ho collato insieme ad alcuni libri di matrice gialla, ma di un giallo tendente al romanzo con morti ma senza una vera indagine.

Intanto, vediamo come Molesini continui con la sua idea di fondo di ambientare i suoi romanzi nel passato, alla stregua di romanzi storici (per quelli a me noti si va dal 1500 de “Il rogo della Repubblica” al 1917 di “Non tutti i bastardi sono di Vienna” fino alla Resistenza di “Dove un ombra sconsolata mi cerca”). Per poi tirar fuori delle trame che fanno riflettere sulla condizione umana, sulle scelte, sui rapporti. Non senza tocchi di ironia che non guastano mai.

Qui l’azione si intreccia con le vicende tristi dell’Europa del settembre 1938. A Monaco, Francia, Inghilterra e Italia stringono un patto che consente alla Germania di Hitler di annettersi i territori cecoslovacchi. Saranno i primi passi che in pochi mesi porterà alla guerra.

Su questo sfondo, l’azione del libro si svolge tra Venezia e Rodi. Nella città lagunare l’anziana, ricca e anticonformista Mabel, con l’aiuto della sua governante Anita, coinvolge in uno strano patto il rampante avvocato Ridolfi (un patto per il momento ignoto).

L’azione poi si sposta a Rodi dove incontriamo Rita, la nipote di Mabel, ed Enrico, chirurgo in carriera, trastullarsi nel loro viaggio di nozze. Molesini, però, ci fa capire subito che entrambi già sono dubbiosi sulla bontà delle loro scelte. La trama si infittisce in un battibaleno con l’arrivo del generale Costantini. Un losco figuro che porta a Rita la triste notizia della morte di Mabel, giunta alla “buona novella” che Rita è l’erede universale della cospicua fortuna della zia. Notizia che ha però un’amara postilla: poco prima della morte, Mabel aveva sposato il generale, che quindi non può essere escluso dal testamento. Già questo mette in difficoltà i deteriorati rapporti tra i due sposini.

Difficoltà che aumentano con l’arrivo a Rodi anche dell’avvocato Ridolfi, che precisa meglio di cosa tratti l’esecuzione testamentaria. Che se i destinatari del patrimonio di Mabel muoiono, i restanti in vita si dividono l’ammontare. Inoltre, se muoiono tutti, i beni ed i soldi andranno direttamente all’avvocato Ridolfi. Il quale, a questo punto, interviene con delle proposte a volte palesi a volte meno: in cambio di una fetta del patrimonio, Ridolfi sarà garante del patto. E se Rita volesse di più, Ridolfi potrebbe manovrare per eliminare uno dei due uomini in ballo.

A questo punto compare anche un’altra persona, la bella Elena, disinvolta, disinibita, che si pone al centro della scena, attirando con la sua luce le falene maschili. È anche un personaggio poliedrico e non esita a contattare (si dice così?) anche Rita, magari per proporle qualche “patto di fuoco”, sempre al fine di bruciare maschietti in soprannumero.

In un aria che sembrerebbe derivare da “Arsenico e Vecchi Merletti”, dove però nessuno è buono, ma tutti, in vario grado, sono affetti dalla pazzia del dio denaro assistiamo al gioco perverso in cui uno potrebbe vincere da solo tutto il banco. E noi si sospetta che dietro ci possa essere la mano astuta di Mabel, viva o morta che sia, magari per mettere alla prova i propri possibili discendenti. O per altre non note idee.

Fatto sta che, per cause naturali o meno, prima del ritorno a Venezia, muoiono senza essere rimpianti sia il generale che il medico sposino. Una Venezia in cui si ritrovano tutti alla fine e dove assisteremo a finali, sottofinali e conclusioni che permettono di rileggere tutti gli avvenimenti con una nuova chiave di lettura.

La chiosa di Molesini, enunciata più volte durante lo svolgimento della trama, è la domanda musicale: se suonando muore un ricco “zio d’America” che ti nomina suo erede se la suoni, tu la suoni?

Su questo dilemma morale, Molesini ci lascia e noi restiamo a ripensare ai drammi familiari e coniugali che ci hanno accompagnato in queste pagine, al caffè Florian che ci riporta alla mia Venezia d’un tempo, ai tempi cupi che segnarono quegli anni. Ma come non ripensare che ora si torna ancora a vivere tempi che non avremmo più voluto vivere.

Un romanzo non lungo, tra l’altro stampato da Sellerio con i caratteri più grandi del solito (o almeno così mi è apparso), che porta a pensare che prima o poi dovrò leggere anche dei bastardi viennesi.

Marco Malvaldi “La morra cinese” Sellerio s.p. (Regalo di Emilio&Fako)

[A: 12/09/2023 – I: 03/10/2023 – T: 04/10/2023] && e ½   

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 258; anno: 2023]

BARLUME09

Eccoci qui, passati solo due anni (tempo record per nuove scritture), che ci apprestiamo a commentare il nono, e per ora ultimo, episodio della serie “Vecchietti del BarLume” (o anche solo “BarLume”). Certo non ha bisogno di presentazioni Malvaldi che, da solo o in combutta con la moglie, produce libri da gradevoli a molto gradevoli. Come non bisognano introduzioni il “barrista” Massimo, i vecchietti del Bar o i comprimari che vi girano intorno.

Solo per dovere di cronaca, visto che due anni fa le vicende di Massimo erano ancora un po’ sospeso, forse passando per qualche racconto, qui ritroviamo Massimo con la sua Alice, vicequestore locale, genitori dell’arrembante Matilde, una che la notte non dorme mai, e che si addormenta solo quando viene lasciata a “babysitteraggio” dai nonni, dove si addormenta dopo il suo “…aaatooo…” (avrete una bella sorpresa nel capire cosa sia e nel sapere che ne prendevo anch’io da super baby). Non solo, anche Tiziana, la socia di Massimo, ha dato alla luce il giocondo Michele, ed il buon Marchino, per darle spazio, si adatta a fare il babbo a tempo pieno.

Fatta la piccola introduzione, e rilevata la sempre gradevole scrittura di Marco, devo dire che il risultato di questa volta è un po’ inferiore alle mie attese. Un po’ per alcuni passaggi della storia, un po’ per alcuni passaggi tra prima e terza persona, tra oggettivo e soggettivo che meriterebbero, magari, più respiro.

Al solito, la vicenda è il generale intreccio tra pubblico e privato, sempre presente negli scritti di Malvaldi. Intanto abbiamo una serie di tiritere tra politica e buoni pensieri, visto che, come molti comuni italiani, anche Pineta ha cambiato colore. Allora, nelle sempre accese discussioni intorno al biliardo mentre i più anziani, Pilade Del Tacca, ex impiegato del comune, e Ampelio, diabetico ex ferroviere padre della giramondo Gigina e nonno di Massimo, si lamentano che a novant’anni sono di nuovo circondati dai fascisti, i più giovani, Gino Rimediotti, ex postino, e Aldo Griffa, gourmet e terzo socio della cooperativa che gestisce il bar, sono più possibilisti, tacciando gli anziani di bollare come fascisti tutti quelli che la pensano diversamente.

Altri sono però i pensieri di Massimo che si vede arrivare un conto iperbolico per il suo dehors. La nuova amministrazione ha rifatto i conti, e decide di far pagare il dovuto a Massimo con gli arretrati. Andando in Comune a protestare, si trova coinvolto, con Alice appena lì arrivata, nelle indagini sulla morte del ventiseienne Stefano Mastromartino, precipitato da una finestra del terzo piano. Il giovane stava redigendo la sua tesi magistrale in filologia spulciano l’archivio cartaceo del decaduto conte Serra Catellani, in particolare relativamente al carteggio privato di Antonio Targioni Tozzetti (su cui torneremo). Inoltre, nei locali al momento della morte erano anche presenti due impiegati del comune: Pasquale, esperto locale e dedito alla produzione clandestina di CD, e Giacomo, capo ufficio stampa, depositario di tutti i segreti del Comune.

Altro elemento di disturbo è la prima decisione della nuova amministrazione (decisione che non può che far aumentare le diatribe interne al Bar). Cioè la vendita di un bene demaniale, il Bosco Torto, ad una ditta che ne vorrebbe realizzare resort turistici. I due “problemi” che si pongono sono la possibile esistenza di usi civici del suddetto Bosco e la possibile presenza di sorgenti termali nascoste.

Il tutto ingarbugliato dal fatto che Mastromartino potrebbe aver trovato nel carteggio sia un documento sugli usi civici, che farebbe deprezzare se non annullare la possibile vendita del Bosco, sia una lettera autografa di Leopardi al sodale Antonio in cui potrebbero comparire versi inediti nonché descrizioni dei luoghi atti a decifrare l’ubicazione delle suddette sorgenti.

Tra un frizzo ed un lazzo, uniti alla risoluzione di un piccolo problema topologico (che mi ha divertito), i vecchietti trovano la soluzione sbagliata che verrà corretta e portata alla giusta conclusione ovviamente dal buon pensatore Massimo, in combutta ovvio con l’ottima Alice.

Veniamo allora anche noi a decifrare i misteri.

Il problema topologico riguarda il cammino da fare per percorrere una matrice 3x3 (tre stanze su tre piani) passando una volta sola davanti ad ogni porta. Per chi sa qualcosa di logica, la soluzione è un cammino di un numero dispari di passi, in contrasto con alcune deduzioni delle telecamere di sorveglianza.

Il secondo riguarda gli usi civici che, ricordo, sono un diritto di godimento collettivo che si concretizza, su beni immobili spettanti ai membri di una comunità relativamente a terreni di proprietà pubblica o di privati. Se ci fossero (e ve lo lascio scoprire) si avrebbe palese il motivo del titolo. L’esistenza di usi civici non permette al Comune di vendere (carta batte sasso). Il Comune comanda sui residenti che ne vogliono usufruire (sasso batte forbici). Infine i residenti governano gli usi civici, essendo un loro diritto inalienabile (forbici battono carta). Risultato: la morra cinese! Un po’ complicato, ma Malvaldi lo è sempre in questi giochetti.

Torniamo infine ai Targioni Tozzetti. Il carteggio custodito dal conte Serra è relativo alle carte di Antonio Targioni Tozzetti, chimico e botanico italiano, nonché autore di studi sulle sorgenti termali toscane. Antonio inoltre è il marito di Francesca, nota come Fanny Targioni Tozzetti, grande passione non corrisposta di Giacomo Leopardi, che ispirarono al sommo un ciclo poetico di cui ricordo un verso “l'infinita vanità del tutto” (un allegrone il nostro Giacomo). Nelle mie memorie storico, lo ricordo in quanto zio di Ottaviano Targioni Tozzetti, autore di una Antologia di Prose e Poesie italiane che mi regalò la mia amata prozia Lisa.

Per finire con un tocco più allegro, riporto un pezzo in cui Massimo cita un fumetto che adoravo in gioventù, quello del “Mago Wiz”, che spero qualcuno di voi ricorderà.

“Rodney: Sire, il popolo ha sete! Brandolph: Sire, i mostri del fossato hanno fame! Sire: Inizio a intravedere una soluzione…! (124)

Antonio Manzini “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America?” Sellerio euro 10 (in realtà, scontato a 9,50 euro)

[A: 02/11/2023 – I: 03/11/2023 – T: 03/11/2023] & e ½  

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 145; anno: 2023]

Un voto sopra lo zero solo perché adoro Rocco e mi piace, in genere, come scrive Manzini. Per il resto un libro praticamente inutile che, spero, serva a chiudere un ciclo.

Tutti noi che dall’inizio seguiamo sia i libri sia le fiction di Rocco Schiavone abbiamo due tarli che ci rodono da tempo: il rapporto tra Rocco e Marina, la moglie morta, con cui continua ad avere rapporti “onirici” ed il legame tra Rocco ed i suoi sodali di gioventù. Questi, come ben sappiamo, quando i ragazzi erano giovani si dedicavano al mondo di mezzo, furtarelli e poco altro. Crescendo, Rocco intraprende la strada della legge (più o meno, direi) mentre gli altri tre, Furio, Brizio e Sebastiano, rimangono dall’altro lato, magari furtarellando, ma senza troppo clamore.

La rottura avviene quando Rocco scopre che Sebastiano faceva parte della banda che alla fine uccide (anche se per sbaglio) Marina. Ovviamente c’è la rottura insanabile, e nelle nove puntate dei romanzi, questa parte sembra abbondantemente conclusa. Seba sparisce, pari in Sud America, Rocco ci mette una croce sopra, mentre Furio e Brizio rimangono ad arrovellarsi. Negli altri romanzi rimane una musica di sottofondo, che sta bene dove sta.

Tuttavia, Manzini non sembra contento, ed allora, sfruttando il successo dell’ultimo romanzo (“ELP” se vi ricordate) sforna a tamburo battente una storia che ha poco senso se non quello di rimpolpare le casse del nostro, e magari quelle di Sellerio. Spero che le continue recensioni poco lusinghiere facciano riflettere il nostro e la sua casa editrice, anche se non credo succederà.

Intanto, non c’è una parvenza, un’ombra di trama gialla e/o poliziesca. È tutta una storia in trasferta che vede i quattro trasteverini all’opera per nascondersi o per cercarsi. Una trasferta sudamericana, le cui uniche cose interessanti sono le descrizioni dei luoghi, e magari dei due lunghi viaggi aerei di andata e ritorno con l’Italia. Trasferta in cui, nonostante ogni tanto sia da solo, Rocco non viene mai visitato dal fantasma di Marina, e questo forse è un punto a favore.

Ricapitolando, Sebastiano, stando ai romanzi precedenti, era in combutta con la banda che trafficava droga, e che, anche se Seba non era stato avvertito, tenta di uccidere Rocco riuscendo solo ad uccidere Marina. Seba fa il pesce in barile, fino a che, grazie anche alla soffiata di Caterina, Rocco conosce tutta la verità, ma l’ex-amico ormai è fuggito in America Latina.

Furio, uno dei più sodali al tempo di Seba, non si rassegna e parte alla ricerca del latitante. Ma dopo tre settimane che non dà notizie, Brizio comincia ad essere insofferente e convince Rocco a prendersi ferie ed intraprendere una ricerca nel continente americano.

Tra soffiate, agguati, riconoscimenti ed altre piccole inutili avventure, Rocco e Brizio prima si aggirano per Buenos Aires, poi hanno il suggerimento di provare in Messico, dove, nella capitale, ritrovano Furio e dove allora, tutti insieme, cercano di capire dove sia Seba, anche in base ad uno strano messaggio da lui lasciato. L’acume di Rocco porta ad individuare un punto in Costarica che dovrebbe essere la nuova base di Sebastiano, e dove tutti e tre si recano. Cosa trovano, cosa fanno e come finisce ve lo lascio leggere se vi va, anche se non penso siano in molti a cercare di uscire indenni dalle quasi 150 pagine.

Veniamo allora ai dolori. Che, il titolo è un evidente omaggio al film di Scola con Sordi e Manfredi. Laddove l’America del Sud era un Africa (un po’ da cartolina) e dove il film ricalcava un libro ed un fumetto assai noti. Il libro, ovvio, è “Cuore di tenebra” di Conrad con Sordi/Rocco nella parte di Marlow e Manfredi/Sebastiano nella parte di Kurtz. Ma questo è già un innalzare il livello letterario del tutto, che forse si farebbe meglio a ritornare alle basi, a quell’ottimo fumetto della scuola Disney disegnato per l’edizione italiana da Romano Scarpa. Mi riferisco a “Topolino e il Pippotarzan” del ’57.

Nel fumetto c’è Pippo che convince Topolino a recarsi in Africa alla ricerca di Pappo, un fratello di Pippo scomparso da una ventina d’anni. Nella lunga ricerca vengono ostacolati ed osteggiati da Gambadilegno, l’ovvio cattivo di turno. Alla fine ritrovano Pappo, che, come Manfredi, decide di rimanere lì dove sta trascorrendo i suoi anni migliori.

Caro Manzini, scopiazzature a parte, e con un finale che a volte è simile ed altre diverso da questi descritti, neanche i piccoli ricordi di gioventù dei nostri trasteverini riescono a sollevare il tono e la riuscita del libro. Forse valeva la pena meditare un po’ di più e produrre una confezione migliore.

Simona Tanzini “Conosci l’estate?” Sellerio euro 14

[A: 26/08/2020 – I: 16/02/2024 – T: 17/02/2024] &&& e ½  

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 270; anno: 2020]

Buona la prima, come si dice sul set. Un romanzo interessante che scivola via abbastanza facilmente, dove capiamo che la scrittrice è anche una che sa come usare la penna e le parole, essendo di base una giornalista. Inoltre, avendoci vissuto quattro anni, conosce bene anche Palermo, riuscendo ad intercalare nella trama una serie di considerazioni artistiche e sociologiche che ho letto con gusto.

Infatti, da romana trapiantata riesce a vedere Palermo con l’occhio distaccato di una forestiera, facendoci godere delle bellezze della città. Sia nelle sue passeggiate, sia nelle sue rimembranze sui punti topici della città. Non conosco tanto a fondo la città sicula, ma non posso che trovarmi in accordo completo quando si parla dei punti che rimangono nel cuore. La Palermo arabo-normanna della Cattedrale, la chiesa della Martorano, i mercati, dove anch’io preferisco Ballarò alla Vucciria, e poi la Kalsa, che mi ha sempre affascinato. Mi dispiace solo che non parli della mia chiesa del cuore, Santa Maria della Catena, che lì nei pressi della Cala, si erge solitaria e di un raccoglimento che mi ha sempre commosso.

Si parla anche del mare di Palermo, che è tale solo a Mondello e non in città. Come delle differenze tra le due Sicilie: quella occidentale di Palermo e Trapani e quella orientale di Messina, Catania e Siracusa. Due mondi distinti, a volte quasi contrapposti, che solo i nordici possono assimilare in tutt’uno, come fa uno dei personaggi minori del romanzo.

L’altro punto cardine della storia di Viola, la protagonista, sono i suoi problemi di salute. Da un lato, quello serio, una malattia degenerativa per cui le riesce difficile camminare, dove deve pensare quando affronta una strada, passo dopo passo. Ma una malattia cui non vuole soccombere, per cui, benché sia da undici mesi a Palermo, non ne parla con nessuno, continuando a cercare di avere una vita normale per una quarantenne normalmente ben in arnese, con una discreta casa allietata da un gatto super-poltrone.

L’altra peculiarità è la sinestesia di cui Viola si accorge ad un certo punto. Un fenomeno percettivo dove il percepire di uno stimolo (come, ad esempio, il suono) provoca una reazione netta di un altro senso (ad esempio la vista). Per cui Viola associa la musica ad una serie di colori. Non solo, allargando il campo Viola vede anche le persone “colorate”, così la sua amica Clara è verde ed uno dei protagonisti, Zefir, è carta da zucchero. Un’associazione che avrà un senso nella risoluzione del giallo, anche se solo per Viola.

Perché, benché sia in ferie, durante questi primi dieci giorni di un agosto flagellato dallo scirocco, la nostra simpatica giornalista viene coinvolta, prima marginalmente, poi più a fondo, in un caso poliziesco. Viene uccisa una ragazza, Romina, che negli ultimi tempi si accompagnava con un cantante locale di fama, lo Zefir di cui sopra. Cantante che Viola ha conosciuto in quanto il suo vicino di pianerottolo è proprio Gaetano, il fratello maggiore di Zefir.

Anche se tutti gli indizi portano verso Zefir, Viola non ne è persuasa (il colore carta da zucchero è troppo tenue per un assassino). A maggior ragione quando vede la madre di Romina, che più che la madre sembra la sorella maggiore. Ed ancor di più quando la coinquilina di Romina, che sa che la ragazza frequentava un altro uomo, viene anch’essa uccisa.

Mentre proseguono le indagini, così, vediamo ballare intorno al caso, i giornalisti colleghi di Viola, come il capocronista dello spettacolo Iosif, il conduttore rampante, il torinese Roberto, Paola, la capocronaca color cremisi. Ma anche Gaetano, e Santo, coetaneo di Gaetano ed ex-capo di Viola, così come la madre di Romina, di cui si è detto. Tutta gente che, a suo tempo, gravitava nell’area intellettuale della città, tra gli studenti che occuparono l’Università nel ’77 (i primi in Italia) ed i redattori vari che all’epoca lavoravano alla redazione di “Palermo Sera” (un giornale fittizio a metà tra il “Giornale di Sicilia” e “L’Ora”, due testate storiche palermitane).

Ovvio che al tempo molti destini si intrecciano, come spesso accadeva. Con tracce che mai si perdono nel tempo. E con una fotografia dell’epoca, che lei vede seppia ma che Santo sostiene invece essere in bianco e nero, dove si vedono abbracciati Gaetano e la madre di Romina, con sullo sfondo un’altra persona che li guarda. La verità arriverà indipendentemente da Viola, ma Viola l’avrà capita in anticipo guardando e ragionando sulla foto.

Ora, l’intreccio giallo è molto tenue, in realtà, tanto che, fotografia a parte, fin dal secondo giorno avevo individuato l’unica possibile soluzione. Ma non è il giallo in sé che ci tiene legati alla pagina, quanto i personaggi, il loro intreccio con la città nonché la città stessa. E non ci dispiacerebbe sapere che Viola sarà protagonista di altre scritture.

Alessandro Robecchi “Pesci piccoli” Sellerio euro 16 (in realtà, scontato a 15,20 euro)

[A: 05/02/2024 – I: 17/02/2024 – T: 19/02/2024] && e ½  

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 436; anno: 2024]

Appena uscito e subito letto, nella sezione “gialli novità”, una delle diverse sezioni della mia biblioteca. Una gradevole e piacevole lettura che tuttavia conferma la tendenza poco esaltante delle ultime avventure di Carlo Monterossi. Probabilmente anche influenzato dalla realizzazione della serie televisiva, tanto che, anche nello scritto, sembra assomigliare sempre più a Fabrizio Bentivoglio, piuttosto che il contrario.

Robecchi mantiene alcune costanti delle sue scritture, cercando di inserire piccole variazioni, che tuttavia, almeno in questo libro, non hanno l’effetto sperato.

Come tutti quelli che seguono i suoi scritti, sappiamo che il personaggio principale è Carlo Monterossi, ideatore di programmi tv, ed in particolare del talk show “Crazy Love”, programma dalla lacrima facile condotto da Flora De Pisis (un clone della De Filippi, o una sua caricatura…). Nel clan del programma, c’è la bella signorina Bianca che fino a questo episodio è stato l’amore più o meno segreto di Carlo.

Dati i successi ottenuti come investigatori negli episodi precedenti, Carlo ha messo in piedi una agenzia investigativa, la Sistemi Integrati (S.I.), insieme al suo amico di sempre, Oscar Falcone, ed all’ex-poliziotta Agatina Cirrielli. Sul versante investigativo, poi, nel corpo centrale delle indagini, sono presenti i due poliziotti “veri”, Ghezzi e Carella, quasi fossero una riedizione in salsa milanese di Abbott e Costello (spero bene che sappiate chi siano…).

Ora, su questa base, nella parte televisiva, Flora convince la rete ad occuparsi di una sorta di miracolo (un crocifisso che si illumina senza particolari motivi e senza interventi umani) nella cappella fuori meno gestita dall’ex prete, don Vincenzo, in quel di Zelo Surrigone. Che, se non conoscete il milanese, ve lo dico io che sta nella periferia di Abbiategrasso (a 30 km. dal centro di Milano).

Il secondo filone è innescato da un furto di materiale compromettente (soldi in contanti, progetti di un ponte nel Ghana, nonché una misteriosa chiavetta USB) avvenuta negli uffici della IGO (Italiana Grandi Opere). Un manager, un po’ losco fin dall’inizio, incarica la S.I. di indagare, ma intanto noi già sappiamo che il ladro un po’ maldestro ha lasciato la refurtiva in un sottoscala, dove è stato trovato da Teresa, una quarantenne dai molti lavori per sbarcare il lunario, tra cui quello di donna della pulizia ad ore presso la IGO.

Tutto sembra procedere sui binari rituali: Carlo fa sopralluoghi a Zelo senza cavar ragni dal buco, non trovando di meglio che rintanarsi spesso nel suo mega appartamento a Porta Venezia, bevendo whisky giapponese ed ascoltando il suo immancabile Bob Dylan. La S.I. indaga in molte direzioni, soprattutto presso l’impresa di pulizie e la ditta di sorveglianza, senza fare neanche mezzo passo avanti. E noi, in parallelo, seguiamo le vicissitudini di Teresa, molto morali, quando trova 65.000 euro in contanti e quando il poliziotto della sorveglianza la convince ad imbastire un ricatto con la IGO, in specie dopo aver visto i video un po’ scabrosetti della chiavetta USB.

La svolta, che probabilmente avrà un seguito in futuro, è quando Carlo, che pedinava Teresa per capire se fosse coinvolta, accidentalmente la salva da uno scippo, e da lì comincia una strana frequentazione tra i due. Forse come dice Bianca (che si sta allontanando) risvegliando il lato Robin Hood di Carlo. Avendo Teresa dalla loro parte i S.I. mettono i giusti puntini su tutta la vicenda del furto, mentre Carlo riesce anche a dare una svolta a “Crazy Love” salvandolo da una situazione complicata, avendo lui facilmente scoperto gli estremi di una truffa.

In tutto ciò, come due personaggi fuori fase, si muovono Ghezzi e Carella, risolvendo una dozzina di piccoli casi di ordinaria malavita di basso rango, i famosi pesci piccoli del titolo. Ma rimangono un corpo estraneo, che in un paio di occasioni poteva intersecare la trama principale, ma che Robecchi decide di mantenere divergenti. Ad esempio, quando mettono sotto tiro l’ex-marito di Teresa per piccole truffe, ma non collegano lui a Teresa. Oppure quando organizzano una retata in grande stile in un luogo che poteva essere lo stesso supermercato dove si svolge l’atto finale dell’indagine IGO. Ma anche qui, l’autore non affonda i colpi, ed i due filoni non si incrociano, e non si capisce perché li abbia messi insieme. Un piccolo affondo morale? Qualche idea sulla giustizia e sul suo rapporto con le leggi? Magari in controluce con gli avvenimenti “grandi” di Monterossi e dei suoi? O del solo Carlo verso la televisione spazzatura?

Insomma, un romanzo con molte possibilità che non vengono sfruttate, lasciandomi la sensazione che i passaggi televisivi hanno indebolito la fantasia dell’autore. Rimane un libro gradevole, da cui spero di più.

Ultima osservazione, un bel refuso a pagina 268, dove uno stesso personaggio viene chiamato prima Caiani e poi Caimi. Un po’ di attenzione in più non guastava.

Siamo in una trama italiana, ed allora ricordo parole di un altro autore che ho seguito molto, anche se meno nelle ultime prove. Ed anche se è legato a Feltrinelli e non a Sellerio. Mi vengono alla penna alcune frasi di Erri De Luca tratte da “Una nuvola come tappeto”:

“Un sogno che non si interpreta è come una lettera non letta” (47)

“Come il martello frantuma la roccia in una moltitudine di frammenti, così un solo passo della Scrittura ha molti significati (Talmud)” (78)

“Per il tempo che le parole sono nella tua bocca sei il loro signore; una volta pronunciate, sei il loro schiavo” (109)

Per il resto, che dire, sono tronato ed ormai è quasi nel libro dei ricordi, da una potente settimana nordica, e pensavo di riprendere presto il volo, ma piccole congiunture fan sì che si dovrà aspettare. Così ci godremo, sperando, una rilassante Pasqua campagnola, al fine poi di riprendere a camminare per paesi nuovi e volare, sempre. Allora eccovi un grande abbraccio.

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