domenica 18 maggio 2008

Classici e duri

Questa è una settimana di passaggio, si lasciano alle spalle i molli sonni invernali e ci si avvia ad affrontare un’estate incognita. Per fortificare il nostro animo anche durante la scrittura allora, niente di meglio che tornare a dei classici, anche se della letteratura moderna. E quando non sono classici, almeno siano duri e rigorosi. A metà tra letteratura e cinema, un passaggio tra due scrittori americani ed una scrittrice francese. Cominciamo con l’unico vivente e quindi (per forza di cose) il meno classico.

Cormac McCarthy “Il buio fuori” Einaudi euro 9,50 (in realtà, scontato 6,65)

Dopo aver visto il film dei fratelli Cohen ho deciso di affrontare anche la lettura dei testi dello scrittore americano. Cominciando dal suo primo tradotto in Italia (anche se secondo in scrittura), ben datato (siamo nel 1968). Non so delle altre prove, e non so se il film ha ben tradotto il romanzo. Certo qui ci si ritrova tutto. Lo stile, asciutto, senza alcuna concessione. Passaggi a volte bruschi. Dialoghi quasi sempre riportati. Passando per il contrasto, forte, tra il paesaggio (brullo, si, ma carico di fascino) con il suo verde, i suoi fiumi (con o senza acqua), le rocce, gli alberi, e gli umani che lo popolano. Ce ne fosse uno, non dico buono, ma almeno poco poco positivo. Tutto si muove sul lato oscuro, perché il buio rappresenta la tenebra chiusa nel cuore umano e l'ignoranza, la disperazione del mondo. E domina il Sud degli Stati Uniti, l'aspra regione di boschi, stagni e serpenti in cui si muovono i protagonisti del suo primo romanzo: Rinthy e Culla, una sorella e un fratello che vivono in una squallida capanna. Una sorella e un fratello che sono amanti, e che insieme hanno avuto un bambino. Lui rifiuta la paternità e abbandona il neonato in riva al fiume, lei non si rassegna alla perdita e parte alla ricerca del figlio. Con una crudezza – crudeltà che in controluce fa vedere tutta quanto è realmente l’America, fuori e lontano dai posti facili (e ci si ripete, l’America non è solo New York, San Francsico e altro, ma anche e soprattutto le quattro case con emporio e chiesa). Ed ad un certo punto finisce, lasciando i protagonisti lì a soffrire ancora un po’ su questa terra. Alla fine, ne sento l’ambiguità verso di me: la testa lo segue, il cuore vorrebbe che non esistesse la materia su cui è scritto.

Merita molto anche la sua biografia. Cormac (vero nome Charles, cambiato poi nel gaelico Cormac che significa “figlio di Charles”) McCarthy (Providence, 20 luglio 1933) è figlio di un avvocato di successo (Charles McCarthy) e terzo di sei figli, di cui tre sorelle e due fratelli, è cresciuto in Tennessee, dove la famiglia si trasferì nel 1937. A Knoxville ha frequentato una scuola cattolica. Entra nell'università del Tennesse nel 1951 e nel 1953 si arruola nell'esercito, dove rimane per quattro anni, due dei quali passati in Alaska, dove tiene anche un programma radio. Nel 1957, ritornato nel Tennesse, riprende l'università, durante la quale scrive due racconti pubblicati in un giornale di studenti, che gli valgono il premio Ingram-Merril per due volte, nel 1959 e nel 1960. Nel 1961 sposa Lee Holleman, da cui ha un figlio, Cullen. Lascia gli studi senza laurea e si trasferisce con la famiglia a Chicago, ma quando torna nel Tennesse, a Sevier Country, il matrimonio finisce. Il primo romanzo di McCarthy, Il guardiano del frutteto (The Orchard Keeper) perviene all'editore, Random House, perché era l'unico di cui avesse mai sentito parlare, come ammette McCarthy stesso. Albert Erskine, già editore di William Faulkner, avrebbe continuato a pubblicarlo per vent'anni. Nel 1965, grazie ad una borsa di studio emessa dalla American Academy of Arts and Letters, si imbarca sul Sylvania, con l'intento di visitare l'Irlanda. Qui si innamora di Anne De Lisle, la cantante della nave: i due si sposano l'anno seguente, in Inghilterra. Vince in seguito una nuova borsa di studio, questa volta offertagli dalla Fondazione Rockfeller, che viene di nuovo investita in viaggi, questa volta verso l'Europa del sud. Si ferma a Ibiza, dove conclude il suo secondo romanzo, Il buio fuori (Outer Dark) prima di tornare negli USA, nel 1968, dove il manoscritto aveva già riscontrato i consensi di buona parte della critica. Nel 1969 torna nel Tennessee, a Louisville, dove compra un fienile e scrive Figlio di Dio, pubblicato poi nel 1973. Nel 1976 si separa anche da Anne De Lisle e si trasferisce a El Paso, in Texas. McCarthy vive attualmente nel New Mexico, a Tesuque, con la moglie Jennifer Winkley e il figlio John. È molto attivo nella comunità locale di Santa Fe e soprattutto nel Santa Fe Institute, fondato da un suo amico, il fisico Murray Gell-Mann.

Per riposare la testa pensavo di passare al classico francese, anche se, come dirò, la Duras non mi ha mai convinto fino in fondo. Questa volta parliamo di

Marguerite Duras “Occhi blu, capelli neri” Feltrinelli euro 6,50 (in realtà con promozione Feltrinelli, pagato 4,55 euro)

Ogni tanto mi torna sotto le mani un libro della Duras. Ed ancora mi domando perché ne leggo. Forse cerco quell’atmosfera che a volte aleggiava nelle sue righe indocinesi. Ma sempre, sempre mi torno a dire: che vuole? Che mi sta raccontando? Qui ad esempio, la storia è di trama leggera e sparisce dopo poche righe. Due persone sfortunate si incontrano in una villa vicino al mare. Poi si ritrovano a casa di lui, per piangere piuttosto che per amarsi. L’uomo le propone di pagarla affinché lei ritorni ogni notte da lui. La donna accetta e dopo un po’ lei gli racconta le sue giornate durante le quali vede un altro uomo. L’uomo ne è turbato: amore o tradimento? Rimane il rapporto tra i due. Il sesso (vero? Sognato? Inventato?). Ma se devo dire che ne sono coinvolto direi una bugia. E non ne sono il tipo. Rimane una frase, ma solo perché ricorda altri echi ed altre parole: “Lei gli dice di avvertirla se per caso un giorno lui si metterà ad amarla”

Qualche riga sulla sua vita. Marguerite Duras (pseudonimo di Marguerite Donnadieu) nasce a Gia Dinh, presso Saigon, nell'Indocina francese (oggi Vietnam) il 4 aprile 1914, e si spostò in Francia (paese natale dei genitori) per studiare legge, ma facendosi immediatamente attirare dalla passione per la scrittura. Cambiò il proprio cognome nel 1943 in Duras, il nome di un villaggio nel dipartimento di Lot-et-Garonne, paese dove si trovava la casa del padre. Duras è autrice di numerosi racconti brevi, film e, soprattutto, romanzi, incluso il suo best-seller, nonché opera autobiografica, L'Amant pubblicato nel 1984, tradotto in italiano come L'Amante che le valse il prestigioso premio letterario Goncourt quello stesso anno. Dopo le riprese del film omonimo, la Duras pubblicò un altro romanzo intitolato L'Amant de la Chine du Nord (nel quale, a distanza di dieci anni, riscrive l'intera vicenda). Altre opere importanti sono: Moderato Cantabile, divenuto poi un film con lo stesso nome; Le Ravissement de Lol V. Stein; India Song divenuto anch'esso un lungometraggio nel 1975. Fu anche l'autrice del film del 1959 Hiroshima mon amour, diretto da Alain Resnais. Le prime opere della Duras erano scritte in maniera molto convenzionale (il loro 'romanticismo' fu molto criticato dallo scrittore Raymond Queneau); con Moderato Cantabile la Duras inaugura un lungo periodo di sperimentazione, legato al Nouveau roman, un movimento letterario francese tra i cui esponenti troviamo anche Alain Robbe-Grillet. Morì a Parigi il 3 marzo del 1996 a causa di un tumore alla gola. Venne sepolta nel cimitero di Montparnasse. (per gli amanti dei numeri notare che nasce il 04/04 e muore il 03/03!).

Ed infine il classico, sapiente, irregolare, zampa d’elfante

Charles Bukowski “Storie di ordinaria follia” Feltrinelli euro 8 (in realtà, scontato 6 euro)

L’ho preso in mano sulla spinta di una chiacchierata con Ferdinando e Paola, che ne parlavano da esilarante. Che dire? Eccessi tanti, ma ben scritti. Mi hanno preso? Coinvolto? Forse, devo proprio dire, no. Lo prendo un po’ come il Mordecai Richter di qualche tempo fa. Ho fatto bene a far passare il tempo, a leggerlo ora, che non mi “abbindola” con gli specchietti lucenti, ma da cui rimangono elementi di riflessione sul mondo americano fuor di ogni tempo: un mondo che poteva essere ma che realmente non è. Già tenta di colpire il suo pubblico dal titolo, che in inglese suona “Erections, Ejaculations, Exhibitions and General Tales of Ordinary Madness”. Viene pubblicato per la prima volta interamente nel 1972. I vari racconti erano stati pubblicati su diverse pubblicazioni, tra le quali una rivista underground di Los Angeles, Open City. La raccolta è composta da 42 racconti, che descrivono vari aspetti della vita dell'autore, alle prese con le scommesse sulle corse dei cavalli, con il sesso, con le donne, con l'alcol e con altri aspetti della sua disordinata vita di cinquantenne senza un lavoro fisso.

Mi piace riportare quello che scrisse Beniamino Placido su “La Repubblica”: "Rispetto alla tradizione letteraria americana si sente che Bukowski realizza uno scarto, ed è uno scarto significativo. In questa scrittura molto 'letteraria', ripetitiva, sostanzialmente prevedibile, Bukowski fa irruzione con una cosa nuova. La cosa nuova è lui stesso, Charles Bukowski. Lui che ha cinquant'anni (al tempo in cui scrive questi racconti, attorno al '70), le tasche vuote, lo stomaco devastato, il sesso perennemente in furore; lui che soffre di emorragie e di insonnia; lui che ama il vecchio Hemingway; lui che passa le giornate cercando di racimolare qualche vincita alle corse dei cavalli; lui che ci sta per salutare adesso perché ha visto una gonna sollevarsi sulle gambe di una donna, lì su quella panchina del parco... Lui, Charles Bukowski, 'forse un genio, forse un barbone'. Anzi, 'io Charles Bukowski, detto gambe d'elefante, il fallito', perché questi racconti sono sempre, rigorosamente in prima persona. E in presa diretta."

“signori, arriva il momento nella vita di ogni uomo, in cui questi deve scegliere fra resistere o scappare. Io scelgo di resistere.”

“spesso lo stato della cucina rifletto lo stato della mente (di un uomo)“

“bisogna riconoscere che tutti noi siamo stati (molesti) per qualche d’uno”

E parliamo invece a lungo della sua incasinata vita. Henry Charles Bukowski Jr. (detto Hank) (Andernach, 16 agosto 1920 – San Pedro, 9 marzo 1994) nacque in Germania (nella regione della Renania-Palatinato), dove sua madre, tedesca, incontrò suo padre, un soldato polacco-americano, durante l'occupazione tedesca alla fine della prima guerra mondiale. All'età di due anni la sua famiglia si trasferì a Baltimora, nel Maryland, per poi spostarsi a Los Angeles, in California. Durante la grande depressione, il padre di Bukowski fu spesso disoccupato, e a detta del figlio, manesco e ingiurioso. Dopo essersi diplomato alla Los Angeles High School, Bukowski frequentò il Los Angeles City College per un anno seguendo corsi di arte, giornalismo e letteratura. All'età di 24 anni, Bukowski riuscì a far pubblicare un suo breve racconto, Aftermath of a Lenghty Rejection Slip. Due anni dopo pubblicò un altro breve racconto, 20 Tanks From Kasseldown, ma la sua disillusione verso il settore editoriale crebbe a tal punto che smise di scrivere per quasi un decennio. Passò questo periodo in parte a Los Angeles, e in parte vagabondando per gli Stati Uniti, vivendo di lavori saltuari e in economiche stanze in affitto. Nei primi anni cinquanta Bukowski ottenne lavoro come postino a Los Angeles, ma si licenziò dopo neppure due anni. Nel 1955 fu ricoverato per un'ulcera perforante che gli fu quasi fatale. Lasciato l'ospedale iniziò a scrivere poesie. Sposò Barbara Frye nel 1957 ma divorziò nel 1959. La Frye, scrittrice e poetessa (dirigeva la rivista Harlequin, sulla quale erano state pubblicate delle poesie di Bukowski), insisteva nel dire che le loro differenze erano personali, non letterarie, anche se era risaputo che fosse molto critica verso l'opera poetica del marito. Bukowski continuò a scrivere poesie e riprese a bere. Ritornò agli uffici postali di Los Angeles, dove lavorò come impiegato per più di dieci anni. Nel 1965 da Bukowski e Frances Smith nacque una bambina, Marina Louise Bukowski. Smith e Bukowski vissero insieme per un periodo, ma non si sposarono mai. Nel 1969 Bukowski si licenziò nuovamente per fare della scrittura la sua principale carriera, dopo aver ottenuto uno stipendio di 100$ al mese "a vita" da John Martin, editore del Black Sparrow Press. Aveva 49 anni. Come spiega in una lettera dell'epoca, "Dovevo fare una scelta: rimanere all'ufficio postale ed impazzire, oppure andarmene da lì, giocare allo scrittore e morire di fame. Decisi di morire di fame". Meno di un mese dopo aver lasciato le poste, terminò il suo primo romanzo, Post Office, che lo rese celebre. Nel 1976 Bukowski incontrò Linda Lee Beighle, la proprietaria di un negozio di alimentari. Due anni dopo la coppia si trasferì nell'East Hollywood, dove Bukowski aveva vissuto la maggior parte della sua vita, nella punta più sud di Los Angeles. La coppia si sposò nel 1985. Bukowski morì di leucemia fulminante il 9 marzo 1994 nell'ospedale di San Pedro in California all'età di 73 anni, poco dopo aver completato il suo ultimo romanzo, Pulp. Il rito funebre fu celebrato da un monaco buddista.

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