Con questo slogan efficace, il Corriere della Sera ha lanciato anche quest’anno in giugno una campagna pubblicitaria per una serie di volumetti usciti in allegato al giornale. Se non vado errato, ne sono usciti 23. Sono racconti in 16mo tra le 60 e le 100 pagine, ed ho trovato la trovata interessante. Poiché sono racconti, quando ne parlo come in questo caso, ne cito quattro invece dei soliti tre cui siete abituati. E poiché il mio modo di lettura è “personale” cito oggi i primi quattro che ho letto.
Ma prima di cominciare, il sondaggio della scorsa settimana ha dato il 100% delle risposte a favore di aNobii, che quindi manterrò come sito per copertine e altre informazioni. L’unico rimpianto è che solo il 20% degli intervistati ha risposto. D’altra parte, come in ogni democrazia, chi tace acconsente.
Ma torniamo ai Corti. Il primo che ho letto, casualmente, è anche il primo uscito.
Sandro Veronesi “Il ventre della macchina” Corriere della sera 3,50
Cominciamo con il dire che, come molti sanno, in genere il racconto non è la mia dimensione, ma mi sono voluto cimentare con questa manciata di corti, proprio per recuperarne forse un senso, un piacere. Qui si narra dell’impossibilità di non attribuire valore spropositato agli oggetti che ci circondano, in particolare all’accendino del protagonista. In una fuga verso il basso, il giovane anticonformista, che cerca di mantenere un distacco dagli effimeri simboli della cosiddetta vita moderna, viene travolto dagli oggetti, si vedrà passare dall’altra parte (da un’altra parte?) della barricata e finirà per perdere parte di sé, metaforicamente, in un altro mostro dell’era moderna: l’automobile. Alcuni spunti carini, la disperazione verso l’accendino che non si accende, che adombra tute le cose che non siamo capaci di fare, e l’affidarsi a chi le sa fare. Reduce da poco tempo, dalla lettura di Caos Calmo, alla fine questo mi è sembrato moscetto. Nondimeno un paio di frasi-ricordo:
“c’è un momento che arriva dopo le lotte, le speranze, le disperazioni, dopo le vittorie e dopo le sconfitte, in cui un uomo si accorge che ciò che gli resta è soltanto la propria forza”
“perché ora so di essere un uomo buono e l’uomo buono, ho scoperto, non paga i propri conti con la moneta della fedeltà”
Non torno sulla bio, pubblicata il 14/09/2008.
Il secondo, invece, è di un’autrice novella.
Milena Agus “Il vicino” Corti di Carta 3,50
Sapevo che la Agus ha recentemente vinto premi ma nulla di lei avevo letto. Questo Corto numero 4, mi fa fare un primo assaggio della sua scrittura. Lieve, ma con degli affondi. Tocca corde vibranti e non è poco. Ci sembra di immergerci in questo primo dolore verso qualcosa (una vita sballata? Un figlio strano?) ma poi quei tocchi, quelle piccole pennellate di azzurro, fanno uscire fuori alcuni squarci di sole. Forse non sarà sempre sereno ed assolato il futuro, ma potrebbe essere meglio di quello che è, se accettiamo quello che realmente, ora, qui. La donna protagonista, voce narrante, riflette ansie e paure di donne, questa volta si autentiche (e vedremo in altri corti che non sarà così). Come autentica è la voglia di finire questa vita con un suicidio tanto perfetto da sembrare una casualità. Poi… l’incontro con il figlio del vicino, così pieno di vita, e con il vicino stesso, silenziosa presenza, prima, e prezioso contraltare delle sue parole, anche se lui di parole ne dice poche, fanno scattare delle molle. Per arrivare, come ho detto prima, semplicemente qui. E non è un piccolo viaggio. Mi è piaciuto e spero presto di leggere qualcosa di suo più organico.
Scarne le notizie su Milena Agus (nata a Genova nel 1959 da una famiglia sarda. Insegna italiano e storia, in un istituto tecnico, a Cagliari dove vive. Il suo primo romanzo, “Mentre dorme il pescecane” (Nottetempo, 2005) ha avuto due ristampe in pochi mesi ma è stato “Mal di pietre” il libro che l'ha rivelata nel mondo intero (tradotto in cinque lingue, in testa delle classifiche in Francia). Questo romanzo è stato finalista al premio Strega al premio Campiello e al Premio Stresa di Narrativa. Da poco è uscito “Ali di babbo”, sempre per Nottetempo.
Il terzo, invece, è di un autore ormai “classico”.
Andrea Camilleri “La tripla vita di Michele Sparacino” Corti di Carta 3,50
Nono volumetto dei Corti riporta un gradevole racconto del Camilleri non Montalbaniano. Gradevole la storia di tutti gli “errori” che perseguitano la vita dello Sparacino che viene scambiato sin dalla culla per un pericoloso bandito, viene perseguitato senza sapere che è tutta una montatura (una falsa reputazione messa in giro da un giornalista senza scrupoli, con un accenno polemico ben evidente). Fino a partecipare, suo malgrado alla prima guerra mondiale, anche lì additato dalle gerarchie per i suoi (falsi) passati briganteschi. E bella (o almeno a me è piaciuta) è la rivincita della sua terza vita (e non ve la rivelo). Un racconto degli equivoci, amaro e divertente, rubato ad una ideale raccolta di storie accadute a Vigàta tra la fine dell'Ottocento e il Novecento. Un po’ riecheggiando un vecchio titolo di Amado, di cui ho parlato (“La doppia vita dell’acquaiolo…”) qui mi sembra che Camilleri ritorni alla scioltezza narrativo-descrittiva dei primi gialli di Vigàta. L’ho divorato (60 pagine in corpo 8 in una mezzora).
Anche qui, per la bio rimando alla sua pubblicazione del 12/02/2007.
E per finire, un autore poco frequentato, ma di cui mi rimase un bel ricordo anni fa, alla sua prima lettura.
Lorenzo Licalzi “Apposta per te” Corti di Carta euro 3,50
Apparso in edicola nel mese di agosto il racconto scritto da Lorenzo Licalzi, illustra come la televisione e i suoi personaggi siano diventati così invadenti da irrompere nella tranquilla vita di uno scrittore intento, dopo una giornata di lavoro, a prepararsi un gustoso piatto di pasta al pesto e scaraventarlo in un mondo che non gli appartiene. Una parodia dell’invadenza di “C’è posta per te!”, preso a paradigma del distorcere la vita, intrufolarsi in quella di un altro e cercare di modificarla. Il nostro cerca comunque in tutti i modi di resistere (ci riuscirà?). Certo è un personaggio scomodo come si capisce dalla citazione di Pascal affissa sulla porta di casa: “Tutta l’infelicità del mondo dipende dal fatto che nessuno vuole resta a casa sua”. E si domanda perché qualcuno abbia voglia di incontrarlo in televisione invece di fargli una telefonata. Scoppiettante e asciutta, ritrovo la prosa del primo Licalzi, quello di cui mi innamorai leggendo “Io no”. E dietro ogni buona satira c’è sempre materiale per riflettere. Continua il mio plauso per l’iniziativa del Corriere con questi corti che sui 22 libricini programmati (anche se ne uscirà uno in più) mantiene un’alta media sopra la sufficienza.
Parliamo invece di Lorenzo Licalzi (Genova, 1956) scrittore e psicologo, che ora risiede a Pieve Ligure. Dopo aver fondato e diretto una casa di riposo, ha deciso di dedicarsi solo alle sue più grandi passioni: la psicologia e la scrittura. I suoi primi tre romanzi, tutti pubblicati dalla casa editrice Fazi (“Io no”, 2001, finalista del Premio del Giovedì "Marisa Rusconi" e segnalato al "Festival del Primo Romanzo" della città di Cuneo; “Non so”, 2003; “Il privilegio di essere un guru”, 2004), gli hanno permesso di conquistare un cospicuo numero di affezionati lettori. Nel 2005, Licalzi è stato finalista del Premio Bancarella, vinto poi da Gianrico Carofiglio.
Insomma una metà di ottobre agile come i racconti che vi ho passato. Leggera di libri gradevoli come una piccola pioggia rinfrescante. In attesa “that winter will come”.
Buona settimana
Giovanni
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