Alterniamo, come capita da un po’ di tempo, leggerezza e ponderatezza. Quindi torniamo ai saggi, ed a momenti di riflessione. Ma prima di tutto, introduciamo un nuovo elemento nella teoria di trame, riassunti ed altro. La spinta di chi, leggendo trame voleva qualcosa in più, mi ha per ora portato ad inserire i libri narrati in questi più di due anni in due libreria on-line che fanno vedere le copertine, consentono commenti ed altro. Le potete consultare: http://ilmiolibro.kataweb.it/autore.asp?id=16342 e http://www.anobii.com/gio53/books ; così da potermi dire quale, secondo voi, risulta più efficace.
Ed ora torniamo ai saggi, italianissimi questa volta. Un po’ di politica, un po’ di introspezione e molta logica. Cominciamo quindi con
Marco Belpoliti “La foto di Moro” Nottetempo 3 (in realtà, gratis con Feltrinelli +)
Un articolo lungo? Un saggio breve? Buona al solito la casa editrice, di cui ho già parlato, che riesce a trovare cose pubblicabili, non banali ed a prezzi contenuti. Il giornalista, partendo dall’analisi delle due foto di Aldo Moro diffuse dalle Brigate Rosse per testimoniare della sua prigionia e del suo stato in vita, la prima del 19 marzo 1978, tre giorni dopo il sequestro, e l'altra di venerdì 21 aprile imbastisce un ricordo-approfondimento sia sulle vicende di 30 anni fa, sia sul sempre attuale dibattito intorno al potere ed alla sua rappresentazione. Seguendo le indicazioni di Roland Barthes, Belpoliti va alla ricerca del messaggio palese dei fotografi carcerieri e di quello sotterraneo che Moro ci indirizza attraverso lo sguardo rivolto all'obiettivo. A trent'anni dall'assassinio Moro, Marco Belpoliti interpreta queste immagini come una comunicazione pubblicitaria e insieme come le foto più "vere" di Aldo Moro, finendo comunque con la foto epigona di via Caetani, Due o tre spunti di riflessione interessanti: una foto (se non fatta ad arte) rivela molto più su chi la fa di quanto si pensi, l’atteggiamento al contorno sia del potere che della polizia, rimasto tuttora non chiaro o no chiarito. E Moro che da trent’anni continua a guardarci negli occhi.
La bio di Belpoliti l'ho già pubblicata nelle trame dell’11/03/2007.
Continuiamo con un libro che mi ha tenuto avvinghiato a leggerne brani e rileggerne dopo un po’ per quasi tutta l’estate.
Norberto Bobbio “De senectute" Einaudi euro 10,50 (in realtà, scontato 7,35)
Bello. Una sana immersione nel pensiero del “vecchio”, che tra i 75 e gli 85 anni ripercorre tappe, successi e sconfitte di una vita sempre dedicata al pensiero ed alla correttezza sociale. Un grande vecchio che più che di un filo che leghi i vari passi di questi scritti autobiografici, mi trascina per la forza e l’incrollabile fede verso il dubbio delle sue idee. Ecco, questo è l’ossimoro che gli dedico, lui che di queste contraddizioni insanabili fece il perno della sua vita, terminando come in una citazione che riporto più sotto, con il dare spazio e peso non alle risposte, ma alle domande. Ho impiegato mesi a centellinarlo, ed ora che l’ho terminato vorrei che potesse darmi qualche altro consiglio… Per descriverlo, non posso quindi far altro che usare le parole stesse di Bobbio:
"Il vecchio vive di ricordi e per i ricordi, ma la sua memoria si affievolisce di giorno in giorno. Il tempo della memoria procede all'inverso di quello reale: tanto più vivi i ricordi che affiorano nella reminiscenza quanto più lontani nel tempo degli eventi. Ma sai anche che ciò che è rimasto, o sei riuscito a scavare in quel pozzo senza fondo, non è che un'infinitesima parte della storia della tua vita."
“non è che la vecchiaia sia brutta, è che dura poco”
“la vecchiaia… è la continuazione della tua adolescenza, giovinezza, maturità”
“i vecchi mi hanno sempre meravigliato: ma come mai sono riusciti a passare in mezzo a tanti pericoli, arrivando sani e salvi alla più tarda età? (Campanile)”
“solo io non posso raccontare la mia morte”
“la vita del vecchio si svolge al rallentatore”
“governare bene [significa] … amministrare con tatto, con sapienza, con competenza”
“come conciliare l’ottimismo di Croce (la storia è sempre storia della libertà) con l’antropologia pessimistica di Pareto (la storia è un susseguirsi di cicli che si alternano senza un ordine apparente)”
“le virtù del laico … sono … il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, il rispetto delle idee altrui”
“la vecchiaia è una fortuna, non una virtù”
“Anatole France diceva che i vecchi amano troppo le loro idee e per questo sono di ostacolo al progresso”
“l’intellettuale … può permettersi di analizzare pacatamente i pro e i contro di una questione e terminare la sua analisi con un punto interrogativo”
“la saggezza per un vecchio consiste nell’accettare rassegnatamente i propri limiti”
“siccome non mi pare di aver dato tutto quel che avrei dovuto, temo sempre di essere chiamato in giorno a renderne conto”
“dopo aver cercato [per tutta la vita] di dare un senso alla vita, ti accorgi che non ha senso porsi il problema del senso, e che la vita deve essere accettata e vissuta nella sua immediatezza”
“il mondo del vecchio è un mondo in cui contano più gli affetti che i concetti; … e per dirla con Hobbes … quasi trascorsa è ormai / della mia vita la lunga favola”
“la chiarezza non è sempre un pregio e l’oscurità non sempre è un difetto”
“la libertà consiste nell’obbedire alla legge che ognuno dà a se stesso”
Ed io concluderei con questa mia riflessione personale “allora la vita ha un senso perché, a un certo punto, si muore”.
Per iniziare a parlare di Bobbio, e ne parlerò a lungo, perché interessante fu la sua vita, invece, comincerei con il riportare due citazioni tratte dal suo libro “Politica e cultura” del 1955:
« Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze ».
« Quando non si vede bene cosa c'è davanti, viene spontaneo chiedersi cosa c'è dietro. »
Norberto Bobbio nacque a Torino il 18 ottobre 1909 da Luigi (medico) e Rosa Caviglia. Una condizione familiare agiata gli permette una infanzia serena. Il giovane Norberto scrive versi, ama Bach e la Traviata. Studiò prima al Ginnasio e poi al "liceo Massimo D'Azeglio" dove conoscerà Ginzburg, Foa e Cesare Pavese. Dal 1928, come molti giovani dell'epoca, fu infine iscritto al Partito Nazionale Fascista. Allievo di Gioele Solari e Luigi Einaudi, si laurea in giurisprudenza nel 1931 con una tesi su "Filosofia e dogmatica del Diritto". Nel 1932 segue un corso estivo all'Università di Marburg, in Germania, insieme a Renato Treves e Ludovico Geymonat, ove conoscerà le teorie di Jaspers e i valori dell'esistenzialismo. L'anno seguente, il 1933, si laurea anche in filosofia e nel 1934 consegue la libera docenza. Le sue frequentazioni sgradite al regime gli valgono, nel 1935, un primo arresto a Torino, insieme agli amici del gruppo antifascista Giustizia e Libertà. La chiara reputazione fascista di cui godeva la famiglia gli permise però una piena riabilitazione, tanto che, pochi mesi dopo, ottiene la cattedra di filosofia del diritto a Camerino. E' in questi anni che Norberto Bobbio delinea parte degli interessi che saranno alla base della sua ricerca e dei suoi studi futuri: la filosofia del diritto, la filosofia contemporanea e gli studi sociali; uno sviluppo culturale che Bobbio vive contemporaneamente al contesto politico temporale. Il 3 marzo 1939, giura fedeltà al Duce per poter ottenere la cattedra all'Università di Siena. E la giura ancora nel 1940 per insediarsi alla cattedra del professor Adolfo Ravà. Nel 1942 partecipa al movimento liberalsocialista, e nell'ottobre dello stesso anno aderì al Partito d'azione clandestino. Nel 1943 sposò Valeria Cova: dalla loro unione nacquero i figli Luigi, Andrea e Marco. Il 6 dicembre del 1943 fu arrestato a Padova per attività clandestina e rimane in carcere per tre mesi. Dopo la liberazione collaborò regolarmente con Giustizia e Libertà, quotidiano torinese del Partito d'azione, diretto da Franco Venturi. Collaborò all'attività del Centro di studi metodologici con lo scopo di favorire l'incontro tra cultura scientifica e cultura umanistica, e poi con la Società Europea di Cultura. Nel 1948 lascia l'incarico a Padova e viene chiamato alla cattedra di filosofia del diritto dell'Università di Torino, annoverando corsi di notevole importanza come Teoria della scienza giuridica (1950), Teoria della norma giuridica (1958), Teoria dell'ordinamento giuridico (1960) e Il positivismo giuridico (1961). Dal 1962 assunse l'incarico di insegnare scienza politica, che ricoprirà sino al 1971. Nel 1969 fu tra i fondatori dell’odierna facoltà di Scienze politiche all'Università di Torino insieme con Alessandro Passerin d'Entrèves, al quale subentra nella cattedra di filosofia politica nel 1972, e dal 1973 al 1976 diventa preside della facoltà. Nei venticinque anni accademici all'ombra della mole, Bobbio svolse anche diversi tra corsi su Kant, Locke, lavori su Hobbes e Marx, Hans Kelsen, Carlo Cattaneo, Hegel, Pareto, Gaetano Mosca, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, e contribuì con una pluralità di saggi, scritti, articoli ed interventi di grande rilievo che lo portarono, in seguito a diventare socio dell'Accademia dei Lincei e della British Academy. Significativa la collaborazione, sul tema pacifista, col filosofo e amico antifascista Aldo Capitini, le cui riflessioni comuni sfoceranno nell'opera "I problemi della guerra e le vie della pace" (1979). Nel tempo delle contestazioni giovanili, Torino é la prima città a farsi carico della protesta, e Bobbio, fautore del dialogo, non si sottrasse ad un difficile confronto con gli studenti, tra i quali il suo stesso primogenito. Nel contempo, venne anche incaricato dal Ministero per la Pubblica Istruzione quale membro della Commissione tecnica per la creazione della facoltà di sociologia di Trento. Fu tra i firmatari del controverso documento pubblicato sul settimanale L'espresso contro il commissario Luigi Calabresi, e a metà degli anni settanta, nel solco di un sempre più vivace impegno civile, ed alle soglie di uno dei periodi più drammatici in Italia (culminato col rapimento e l'omicidio di Aldo Moro), provoca un vivace dibattito sia negando l'esistenza di una cultura fascista che trattando estensivamente sui rapporti tra democrazia e socialismo. Successivamente la sua attenzione si concentra a favore di una "politica per la pace", con dei motivati distinguo a supporto del diritto internazionale in occasione della guerra del golfo del 1991. Nel 1979 fu nominato professore emerito dell'Università di Torino, nel 1984 fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Nel 1994, dopo la stagione di mani pulite, e la cosiddetta fine della prima repubblica, venne pubblicato il saggio Destra e sinistra, i cui contenuti provocano un notevole dibattito culturale, agitando non poco l'humus della politica italiana. Nel 1997 pubblica la sua autobiografia. Nel 1999 esce una terza edizione aggiornata del suo best seller, ormai tradotto in una ventina di lingue. Nel 2001 muore la moglie Valeria, e Bobbio inizia un graduale ritiro dalla vita pubblica, pur rimanendo in attività e curando ulteriori pubblicazioni. Norberto Bobbio muore a Torino il 9 gennaio 2004, e la salma venne deposta dopo alcuni giorni in forma strettamente privata, secondo le sue volontà, ed una regolare messa funebre, nel cimitero di Rivalta Bormida, comune piemontese in provincia di Alessandria.
E finiamo con un libro difficile trionfalmente entrato come regalo per il mio compleanno (e tutti sappiamo quanto sia difficile regalarmi libri.)
Francesco Berto “Tutti pazzi per Gödel” Laterza s.p.
Difficile, veramente difficile. Spero che riusciremo a riparlarne, soprattutto se qualcuno accoglie qualche provocazione. Al volo, mi rimane questo: una teoria formale è incompleta. Tutte le estrapolazione “linguistiche” sono (possono essere) false. Il regalo è stato gradito perché cogli in uno dei miei segni, logica e matematica, e problemi aperti. Nello specifico, sentimenti contrastanti: da una parte mi aspettavo qualcosa di più discorsivo su Gödel, che invece non esce. Certo si accenna a lui, alla sua vita e molto al suo pensiero. Ma il doppio gioco del titolo (con Gödel che poi impazzisce o no?) mi faceva pensare ad altro. Dall’altro è una sorpresa per il rigore con cui procede, rigore che tuttavia non lascia mai spazio all’oscuramento. In fondo si riesce abbastanza bene a seguire il percorso logico che porta dalle premesse di Hilbert del 1900 alle teorie di Gödel, fino da quelle del 1930 (e Gödel aveva 23 anni!). Il gioco in un certo senso è facile: per dimostrare il suo teorema senza cadere nei paradossi alla Russell (ricordo il primo di Eulibolo: Io sto mentendo) bisogna trovare il modo di “fare un passo di lato”. E Gödel trova il modo di farlo senza uscire dal seminato. Tornando all’assunto che ho ascritto all’inizio: si parla di teorie formali, non di moti dell’anima. Questo per togliere il campo (ed a questo è dedicata tutta la seconda parte del libro) dal definire “incomplete” tutte le teorie, anche quelle sociali, politiche e religiose. Un bello sforzo, anche se, in alcuni punti, mi aspettavo di più. Vedremo altre prove divulgative di Berto se mantengono le promesse.
“Hilbert ci chiede: dove potremo trovare certezza e verità, se anche il pensiero matematico fallisce?”
Il pur giovane Francesco Berto (almeno dalla foto del sito universitario) è Chaire d'Excellence fellow CNRS 2007-2011 a Parigi e membro dell’Istituto di Filosofia della Scienza e della Tecnica della Sorbona, insegna Ontologia all'Ecole Normale Supérieure di Parigi e Logica alle Università Ca' Foscari di Venezia e San Raffaele di Milano. Ha un dottorato in filosofia presso l’Università di Venezia, un post-dottorato in filosofia teoretica presso l’Università di Padova, una scolarship presso l’University of Nôtre Dame nell’Indiana (USA). Studioso di filosofia teoretica, filosofia del linguaggio e di filosofia della logica, ha svolto attività di ricerca su Hegel, Wittgenstein, Gödel. Nel 2007 ha vinto il Premio Filosofico Castiglioncello, nella sezione giovani, con il libro “Teorie dell'assurdo. I rivali del Principio di Non-Contraddizione”. Il suo filosofo preferito è Wittgenstein, sul quale però non ha scritto quasi nulla. È affascinato dai paradossi logici, perché puntano a verità ineffabili ed è attirato dai filosofi che non si prendono troppo sul serio.
Beh, questa settimana ci sono spunti. Aspetto ritorni, soprattutto sulle librerie, in modo da decidere quale mantenere.
Buon compleanno a tutte le bilance (con un pensiero a quello di mia madre)
Giovanni
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