domenica 21 ottobre 2012

Scandinavi - 21 ottobre 2012


Stavo quasi per fare un’infornata svedese, ma nel mazzo si è inserita la norvegese Holt, per cui facciamo una trama che ripensi le atmosfere dell’estate 2011. Certo, continuano a latitare i finlandesi, categoria di scrittori non molto presente nei miei scaffali. Abbiamo l’ultimo episodio finalmente uscito del commissario Beck, la saga di quarant’anni fa che inaugurò un buon filone di giallo sociale. Abbiamo il secondo episodio del commissario Barbarotti. Abbiamo un nuovo episodio dei personaggi norvegesi, dove si incontrano Hanne Wilhelmsen, la prima eroina dei romanzi della Holt, e Johanne Vik e Yngvar Stubø, protagonisti degli ultimi suoi libri. Ed abbiamo la nuova entrata, Erica Falck (ed aspettiamo le nuove uscite della Läckberg).
Camilla Läckberg “La principessa di ghiaccio” SuperPocket euro 6,90
[A: 29/07/2011 – I: 28/03/2012 – T: 31/03/2012]
[titolo: Isprinsessan; lingua: svedese; pagine: 458; anno: 2003]
E così abbiamo conosciuto un’altra giallista del grande Nord. La svedese Camilla, classe ’74, definita dai risvolti editoriali l’Agatha Christie scandinava, definizione che mi pare un tantino fuori luogo, che per scrivere di Miss Marple la britannica attese il quarantesimo anno, e le atmosfere di Poirot sono decisamente diverse. Fatta quindi la tara alle banalità pubblicitarie, abbiamo una scrittrice di un certo interesse, di buone capacità descrittive e sicura atmosfera. Pensando anche che ha scritto questo suo primo libro a 29 anni. E pare (ma lo vedremo nel futuro) che questo sia il primo romanzo con protagonista Erica Falck. Il romanzo in sé inizia in discreta sordina e fatica un po’ a decollare. Nelle prime pagine assistiamo alla morte di Alexandra detta Alex, che viene ritrovata nella vasca da bagno, con i polsi tagliati, ghiacciata con tutta l’acqua intorno. La principessa del titolo, ovvio. Lentamente facciamo quindi la conoscenza della cittadina di provincia, a due ore di macchina da Göteborg, ma in riva al mare (sarà nella Scania tanto cara al commissario Wallander?). Dove ha casa la famiglia Falck, dove ora si è rifugiata Erica, dopo la morte dei genitori in un incidente d’auto. E dove Erica aveva trascorso una bellissima infanzia, proprio con Alex. Nessuno crede in un suicidio, ed Erica tenta di ricostruire la vita di Alex, dal momento della loro inspiegabile rottura di quando avevano 12 dodici anni. La famiglia di Alex fa fortuna, si trasferisce a Göteborg, nasce la sorella Julia. Alex studia arte, si laurea, si sposa, apre una galleria d’arte con l’amica Francine. E parlando con Francine, Erica scopre che a) Alex non ha mai amato il marito; b) aveva una storia d’amore non si sa con chi; e c) era incinta. Nel frattempo conosciamo altri personaggi, che credo torneranno nelle storie successive. Patrik, poliziotto locale, che da solo e poi con Erica, comincia a ricostruire tassello dopo tassello le storie che probabilmente hanno portato a questo epilogo. Anna, la sorella di Erica, sposata ad un losco affarista pseudo-inglese, con il quale ha fatto due figli, ma che la maltratta al limite della rottura (che forse ci sarà, vedremo). Ed i vari personaggi della polizia locale, da Annicka che aiuta Patrick a Berti, il capo, che invece sembra un troglodita che sarebbe bene andasse in pensione quanto prima. E poi i personaggi legati alla vicenda. Dan, il primo amore di Erica, da cui la Bridget Jones di Stoccolma non sembra ancora essersi ripresa, anche se Dan è felicemente sposato a Pirnilla, e con prole. Anders, altro amico d’infanzia di Alex ma non di Erica, pittore maledetto, ubriaco a tempo pieno che dipinge quadri dai colori bellissimi, che pare abbia, avesse, o altro, una storia con Erica, ed è il maggior sospettato. Almeno finché non muore anche lui. La famiglia Lorentz, i potenti del paese, con l’anziana Nelly che guida tutti con il pugno di ferro, da quando più di 20 anni prima, il figlio maschio scompare, il marito muore d’infarto, e lei adotta un ragazzo sbandato che, pare, subisse abusi dai genitori, e che per questo incendia la stalla forse lasciandoli morire. Nelly che comanda anche i genitori di Alex, chiedendo e disponendo, che comanda anche Vera, la sua vecchia domestica nonché, a sua volta, madre di Anders. Ce n’è di carne da cuocere in questo grande calderone. Si possono imbastir tante vicende e tanti modi di legare e sciogliere i problemi. Che in un paese piccolo, tutti sanno tutto. Ma forse non si parla. Per rispetto. O per la natura riservatezza che gli Scandinavi riservano alle cose private. Comunque, Patrik si trova ben presto invischiato con Erica, scrittrice anche di biografie di donne svedesi e famose. Ed almeno lì, sembra nascere (vedremo poi) un bel rapporto d’amore. Ed il loro sodalizio, facendo scivolare più rapidamente la seconda parte del libro, porta alla fine allo scioglimento di tutti i nodi e di tutti i cadaveri della vicenda. Gli attuali, i passati. Insomma, una vicenda che decolla nella seconda parte, non dico in maniera travolgentemente avvincente alla Nesbø, che mi è piaciuto di più, ma con sicuro piglio. Anche perché Erica, da scrittrice fredda ed un po’ spaesata, diventa una cicciottella simpatica (che si mette mutande contenitive al primo incontro per essere più sexy, non pensando che, se veramente sexy, poi si dovrebbe mostrare senza vestiti), e ragionatrice, ed ironica. Uno svolgimento classico, anche se i nodi al pettine sono un po’ scontati. Tuttavia di simpatia e di compagnia.
Anne Holt “La porta chiusa” Repubblica Noir euro 6,90
[A: 29/07/2011 – I: 28/06/2012 – T: 29/06/2012]
[titolo: Presidentens Valg ; lingua: norvegese; pagine: 411; anno: 2006]
Constatato preliminarmente che c’è un bel salto tra il titolo norvegese (Elezioni presidenziali) e quello italiano. E ribadito che entrambi non c’entrano che una parte della problematica di questo tutto sommato decente giallo norvegese. Veniamo a parlarne. Anche perché segna un bel punto di incontro tra le due serie della scrittrice ex-ministro. Qui, infatti, convergono Hanne Wilhelmsen, la prima eroina dei romanzi della Holt, e Johanne Vik e Yngvar Stubø, i due eroi degli ultimi romanzi. La trama è anche ben articolata: durante la prima visita ufficiale all’estero del neo eletto presidente degli Stati Uniti (o meglio Presidentessa, visto che è la prima donna ad essere eletta), questa viene rapita in un albergo di Oslo. Si caccia subito alla grande, vengono in massa FBI ed altri intelligence americani. Tra cui l’intelligente ma odioso Scifford, che nel passato, ma non sapremo bene perché, ha avuto un burrascoso rapporto proprio con Johanne. E che pare anche abbia avuto una storia con il Presidente Helen. Si crea subito tensione tra i cow-boy ed i pacifici ma solidamente corretti nordici. Ed a far da ufficiale di collegamento viene incaricato Yngvar (guarda tu). La moglie minaccia ed attua di lasciarlo per questo, e si rifugia dall’amica Hanne. Intanto si infittisce il mistero della scomparsa. Donne simili vengono avvistati in tutto il paese. Si pensa ad Osama. Ma, seppur sul versante arabo, veniamo a conoscenza che si tratta di una vendetta privata, del ricchissimo Abdallah, che da decenni trama nel silenzio una vendetta per l’inutile morte di suo fratello. Una trama complessa e costosa, che prevede di trascinare nel panico gli Stati Uniti, privandoli della guida, poi del petrolio e poi della televisione. I miti americani, che diavolo. E tutto questo, utilizzando centinaia di micro-incidenti, da parte di centinaia di persone che nulla sanno l’una dell’altra. Intanto il sodalizio Hanne – Johanne porta prima a capire come è stato attuato il rapimento. Poi, con un gioco di parole basato sul non tradotto termine inglese “child” che può indicare sia un figlio maschio che una figlia femmina, le motivazioni della riuscita del rapimento stesso. E degli scheletri che tutti hanno nell’armadio, anche il potente ed incorrotto Presidente Helen. Che guarda caso aveva avuto in gioventù una storia con un immigrato arabo, tale Ali (che ora si è naturalizzato, de-islamizzato, e si fa chiamare Al), il cui fratello è, guarda caso, l’unico amico “vero” del potente Abdallah. E guarda caso, gli uomini dell’arabo trovano un insonorizzato studio di registrazione dove rinchiudere Helen, che, guarda caso, è nello stesso condominio dove abita Helen. Intanto Yngvar, procedendo come un carro armato sulle tracce concrete, riesce a smantellare pezzo dopo pezzo la costruzione dei momenti di rapimento e dei coinvolti ma ignari norvegesi. Insomma, i nostri fanno la loro porca figura, rispetto ai poco chiari, ambigui quando non corrotti americani. Soprattutto il nostro Scifford, che in realtà è l’unico ad aver capito la trama, ed in quanto tale non verrà mai cassandramente creduto. Tutto si risolve. O almeno nelle parti più visibili. Che non ci si aspetti che Abdallah sia accusato di nulla, lui che si muove nell’ombra e non si muove da Riyad. Il resto si incastra e si spiega. Ed anche l’amore tra Johanne e Yngvar (che adora in quanto orso panzone) continuerà, almeno fino a nuovo ordine. Una trama consistente, scritta con penna scorrevole. E, per finire ma non guasta, alcuni cenni alla bella cittadina di Oslo, e soprattutto al quartiere dove vive Hanne, il bellissimo Lokka, che mi riporta allo scorso anno, alle passeggiate, e ad un gradevolissimo ristorante.
Maj Sjöwall & Per Wahlöö “Terroristi” Sellerio euro 15 (in realtà, scontato 12,75 euro)
[A: 02/10/2011 – I: 05/09/2012 – T: 09/09/2012]
[titolo: Terroristerna ; lingua: svedese; pagine: 561; anno: 1975]
Ed eccolo, finalmente, il decimo ed ultimo volume della saga di Sjöwall & Wahlöö. La coppia svedese aveva programmaticamente deciso di scrivere dieci romanzi accomunati da uno stesso sotto-titolo “Romanzo su un crimine”, ed imperniati sulla figura del commissario Martin Beck. L’idea era di descrivere, in un certo senso, di parlare della vita quotidiana di una stazione di polizia alle prese con una serie di attività criminose. Di seguire il lavoro delle forze dell’ordine, come si direbbe ora ‘day by day’. In parallelo questa descrizione sarebbe anche servita a presentare i problemi della società svedese, i guasti dell’assistenzialismo selvaggio, il lassismo che ne deriva, le storture di una società basata sul mercato, quando questo si spinge all’eccesso. Cominciando con dei romanzi molto “polizieschi” (ricordo che il primo “Roseanna” si incentrava sulla morte di un passeggero di una nave), e, una volta catturato il lettore, proseguire con romanzi dal risvolto sempre più politico. O che contenessero sempre più interventi di critica sociale. Abbiamo seguito questa parabola passo dopo passo, anche se con 40 anni di ritardo. Rimarcando tuttavia che quello che allora si poteva dire della società svedese, si è pian piano esteso a molte società occidentali (e non solo). Romanzi con alti e bassi (come ho detto recensendoli tutti), ed ora anche noi mettiamo il punto finale. Su quest’ultimo romanzo che è anche il più politico, e forse per questo riesce a volte un po’ prolisso e divagante. Inoltre la struttura è complessa anche sul piano poliziesco, dove seguiamo varie vicende che sembrano a prima vista slegate. Per poi ricomporsi in un unico grande rompicapo. Una ragazza viene accusata di una rapina in banca. Invece, è solo una persona che si fida troppo degli altri, e, con amarezza, Sjöwall & Wahlöö fanno vedere quanto sia doloroso farlo. La rapina non è altra che una serie di equivoci ben presto smontati, anche senza la testimonianza di un certo Petrus. Che nel frattempo viene ucciso. Morte che Beck risolve lentamente ed in parallelo all’attività principale che gli viene affidata nel romanzo: l’organizzazione delle forze di sicurezza in vista della visita di un poco gradito senatore americano. E riuscendo gli autori a dare qui un colpo al sempre più evidente sfruttamento del sesso da parte della società svedese (Petrus, infatti, era un produttore di film porno). Il senatore è, infatti, mal visto da destra e da sinistra (anche se più da questa per le sue posizioni sull’invasione del Vietnam e sul golpe in Cile). E molti lo vogliono morto. Sopratutto un’organizzazione (tipo una CIA multinazionale) che seguiamo in altri e vari attentati riusciti. E che su Stoccolma fa intervenire la sua squadra migliore, guidata da un sudafricano (ovviamente anche razzista). Beck, con l’aiuto di un nuovo alter-ego, l’insopportabile ma pur bravo Gunvald Larsson (potenza delle iniziali!), impiega 300 delle quasi 600 pagine per arrivare ai bandoli della matassa (plurale perché sono più d’uno). E trovare ingegnosamente il modo di sventare l’attentato più pericoloso (tanto ingegnoso che devo dire mi ha decisamente meravigliato). Ma Sjöwall & Wahlöö non sono consolatori. E ritirano in ballo la ragazza di cui all’inizio, che abbiamo scoperto avere un figlio con un americano fuggiasco dagli States per non andare in Vietnam. E che le autorità (svedesi e americane) convincono a tornare in patria millantando indulgenza. Promessa tragicamente tradita, con tristi conseguenze per Jim, per Rebecka ed anche (ma qui lo intuiamo soltanto) per la piccola Camilla. Detto ciò, ritorniamo a quelle digressioni politiche presenti due pagine su tre. C’è, ovviamente, quella contro la politica americana in Vietnam. Ma anche contro i passati re svedesi, accusati di collusione con i nazisti, contro la falsa socialdemocrazia svedese, che tradisce entrambi le parti del suo nome. Contro i poliziotti scemi e la presupponenza del potere. Tanti i contro, funzionali al discorso politico dei due, ma alla lunga anche un po’ pallosi. Per fortuna che si salva il lato personale. Che almeno Martin trova conforto tra le braccia della simpatica Rhea (un’ottima cuoca tra l’altro). E si intuisce (si spera?) una bella prosecuzione tra i due, malgrado (o forse grazie) anche alla differenza di età. Storia che tuttavia non seguiremo, fermati da una X alla fine del libro (di cui lascio il mistero). Non sarebbero comunque andati avanti, Sjöwall e Wahlöö. Aiutati purtroppo dal misterioso fato, che fa morire il buon Per poco dopo l’uscita del romanzo. E Maj non ritornerà mai (scusate il bisticcio) sulle storie del commissario Beck, anche se continua a scrivere, e lo fa tuttora sulla soglia degli ottanta anni. Nel complesso, tuttavia, una storia intrigante, soprattutto se traguardata nello scorrere dei dieci romanzi. Non eccelsa, ma globalmente leggibile e piena di spunti anche attuali. Dispiace solo (ma ora si può rimediare) che Sellerio abbia fatto uscire i libri in ordine casual. Adesso, chi vuole, può leggerli cronologicamente. E lo sguardo totale ne giova.
Håkan Nesser “Era tutta un’altra storia” TEA euro 9 (in realtà, scontato 7,55 euro)
[A: 02/10/2011 – I: 14/10/2012 – T: 19/10/2012]
[titolo: En helt annan historia; lingua: svedese; pagine: 528; anno: 2007]
Ed eccoci alla seconda puntata della saga che ha per protagonista il commissario italo-svedese Gunnar Barbarotti. Devo dire che, a parte alcune lentezze, mi è decisamente piaciuta. In tutto l’impianto, oserei dire: la parte poliziesca, la parte misteriosa (su cu non torno), la parte sulla vita privata del commissario, dei poliziotti, e di Marianne. Insomma, una costruzione pensata e coerente, con soltanto due punti minori, che personalmente non ho capito e/o decifrato e che mi impediscono di dare il massimo dei voti al nostro Håkan. Vi dico subito che sono la mancanza di spiegazione (esplicita) delle motivazioni per cui arrivano le lettere al commissario e quale sia il punto in cui il questore (credo sia questa la qualifica) Asunander arriva a decifrare il caso. Caso che si risolve sempre intorno al titolo, seminando per tutte le 500 pagine indizi che poi portano in direzioni diverse da quelle che sembrano inizialmente. La storia, lineare, sarebbe poi la seguente: al commissario Barbarotti arrivano delle lettere che annunciano la morte di alcune persone (una persona per lettera, più o meno). Non si capiscono le motivazioni. Fatto sta che le persone cominciano a morire, e le prime indagini della polizia non fanno luce su nessun motivo per cui possano essere assassinate. Sembrano in realtà scelte a caso. E come dice il nostro Gunnar, un serial killer che sceglie a caso le vittime, ed ogni volta cambia il modus operandi, è praticamente impossibile da scovare. Queste morie si innescano sui problemi personali del buon commissario. Separato dalla moglie, che è andata a vivere in Danimarca con i due figli più piccoli (poco più che decenni), vive con la figlia grande Sara, ora quasi ventenne, che intanto si è trasferita a Londra dopo la maturità. Sta intrecciando una relazione con la simpatica (almeno a me) Marianne, che vive a 250 chilometri da Kymlinge (questo è un luogo inventato, ma dove Nesser è riuscito a costruire una comunità che rappresenta un momento svedese tipico), separata con due figli più o meno quindicenni. E la storia delle lettere si intreccia con i momenti in cui Gunnar cerca di capire se, e poi chiede a Marianne di unire le loro vite. In parallelo c’è la personale mania del commissario, che instaura un suo dialogo interiore con il protagonista della Bibbia, facendo una gara a punti sull’esistenza di, come lui rispettosamente chiama, “Nostro Signore”. Ed al momento clou della vicenda, l’esistenza ha un vantaggio di 11 punti. Su tutto questo impianto, che scorre nei mesi di luglio e agosto del 2007, si inserisce una narrazione parallela, in prima persona, di avvenimenti che si sono svolti nello stesso periodo cinque anni prima. Dove casualmente, in Bretagna, si sono ritrovati una combriccola di svedesi. Che ridono, scherzano, fanno gire in mare. Ed una di queste, verso Les Glénants di renatiana memoria, una ragazzina fortuita passeggera, muore in mare. Il gruppo decide di occultare la vicenda, e ben presto si scioglie. Peccato che gli assassinati siano le persone che fanno parte del gruppo stesso. Su questo doppio binario si innesta anche la persecuzione che i poliziotti hanno dalla carta stampata, anch’essa allertata dalle morti. Ed i nervi saltano a Gunnar che malmena un giornalista. E Marianne si domanda se ce la può fare a vivere con un poliziotto. E l’ex-moglie di Gunnar decide di spostarsi in Ungheria e rimanda i due figli a Gunnar. E Sara torna da Londra. E … Ma che casino. Intanto è il capo di Gunnar, lo strano Asunander che risolve il mistero insinuando dei dubbi e imprendo una svolta alle indagini. Perché, appunto, è una storia diversa, come dice il titolo svedese, che anche la soluzione non viene trovata dal protagonista ma da altri. Appunto che tutto è visto in maniera un po’ laterale e sghemba. Ma proprio questa è la caratteristica che mi è di molto piaciuta. Il fatto è che niente sia come sembri. E che la soluzione al caso non la porti Maigret, ma il suo aiutante in campo Janvier. Straniante, ma efficace. Aspettiamo altre vicende, con rinnovato interesse.
Siamo ancora nel caldo estivo, nonostante il calendario ci porti già nella seconda metà di ottobre. E stiamo quasi alla fine della gran massa di compleanni bilancini, tra cui cito, prima inter pares, la mia mamma, ancora, e fortunatamente, sulla breccia dell’onda. Gli altri li so, e li ho festeggiati. In questa fine giornata, allora, ancora un pensiero che vola ai miei amici, vicini e lontani.

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