domenica 7 ottobre 2012

Il Commissario e l’Ispettore - 07 ottobre 2012


Settimana dedicata a due poliziotti, di cui sono presenti in libreria diversi libri. Da un lato, abbiamo l’Ispettore Ferraro, che lo scrittore-architetto Biondillo eleva a contraltare del degrado di un paesotto milanese (Quarto Oggiaro per la previsione), facendoci vedere miserie locali e pensieri sulla vita e la città. Dall’altro, il giornalista-scrittore Varesi che con il suo Commissario Soneri (ormai con la faccia di Barbareschi) ci porta nella Bassa Padana, e nelle sue nebbie, come titola il primo romanzo.
Valerio Varesi “Il fiume delle nebbie” Sperling euro 9,50
[A: 02/06/2011 – I: 29/04/2012 – T: 30/04/2012]
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 245; anno: 2003]
Mi aspettavo qualcosa di meglio. Certo, l’ambientazione è buona, i personaggi (abbastanza ben) caratterizzati. Ma la trama in sé è fragilina, e non solo perché si capisce il mistero (mistero?) fin dalle prime battute. La storia è tutta scontatina, e si avvolge su sé stessa senza coinvolgerti mai troppo. Ed un po’ mi dispiace che mi aspettavo qualcosa di meglio dall’autore, redattore di edizioni locali di Repubblica, dove il primo libro che ne avevo letto, mi era sembrato più equilibrato. Fortunatamente, non ho mai visto il Commissario Soneri in TV, anche se, leggendone, Luca Barbareschi ha il fisico adatto. Non certo la Stefanenko, né tanto meno (per quanto mi piaccia assai) Ferrara, sostituita inopinatamente alla bassa parmense. Lì, dove il Po la fa da padrone, e detta i ritmi delle stagioni e delle persone. Con le sue tracimazioni, con la nebbia e con le gelate, con le chiatte che vanno su e giù, con le Osterie sull’argine, che hanno scorte industriali di grane e salumi (qui, spalla cotta, non la salama da sugo di Ferrara), accompagnate da quel Lambrusco leggero che ha il nome di Fortanina (e che più su, verso Mantova vien presto sostituito dalla Bonarda). Questa l’ambientazione, e qui il tocco sapiente di Varesi si fa sentire in modo magistrale. Descrive gli argini, e noi vediamo le chiatte chiamate “magane” che scivolano sull’acqua. Vediamo i paletti con le tacche per segnare l’alzata del Po. Vediamo e sentiamo la nebbia che sale, che ti avvolge, ovatta il mondo e fa paura. Ma in auto con Soneri, piano, magari ad un appuntamento con la bella Angela, ci andremo di sicuro. E i vecchi che stanno di guardia, la radio fluviale che avverte dei pericoli, gli stessi vecchi alle osterie, due, ovviamente, una per i rossi ed una per i neri. Che questa è poi la grande passione locale. Qui sono nate e si sono sviluppate radici profonde. Non è lontana Predappio (saranno meno di 100 chilometri in linea d’aria). E siamo nell’Emilia profonda e rossa. Proprio da queste contrapposizioni mai sopite, nasce la storia. Con la morte di due fratelli, ora quasi ottantenni, i fratelli Decimo e Anteo Tanna. Fascisti della prima ora, repubblichini dopo ‘il 43, poi riparati all’estero. Quindi tornati, su passi antichi. Ma sempre defilati. Anteo su e giù sulla chiatta per il Po. Decimo quasi volontario in ospedale a confortare dialitici. Defilati, ma non pentiti di quello che successe negli ultimi anni di guerra. Le uccisioni per ripicca, le piccole stragi locali, fucilazioni alla schiena, delazioni. Lì, tra la nebbia e gli argini, queste storie non vengono dimenticate. Se ne parla intorno ad un bicchiere di Fortanina, fumando sigari pestilenziali. Soneri comincia ad indagare di queste morti, e a poco a poco, prima le collega tra loro, poi le collega al territorio ed ai fatti di guerra. Aggirandosi come corpo estraneo tra i rossi locali, che benché rossi ormai son ben divisi. I duri e puri, stalinisti immarcescibili. I Pepponiani di Guareschiana memoria, più adusi a compromessi. Ma anche lì si aggirano segreti e sospetti. Poi tutto si conclude come ci aspettiamo da pagina 12, anche se alla fine le pagine sono 245. Riamane questo rimpianto di non vedere, in questo romanzo di 10 anni fa un po’ più di “leggerezza” o un po’ più di approfondimenti, cosa che avevo meglio rilevato nel primo che ho letto. Seppur, lì come qui, anche se con in mezzo il fiume, il cabotaggio tra la riva destra e la riva sinistra non risulta mai agevole. Anzi, manca un pelo per risultare irritante. Speriamo si fermi prima.
“Invecchiando tendeva ad assomigliare sempre più a suo padre e il ricordo lo intenerì.” (95)
“Si era sentito sollevato di poter dormire in solitudine assecondando le sue cadenze rituali.” (145)
Gianni Biondillo “Il giovane sbirro” Guanda euro 9,50
[A: 29/07/2011 – I: 05/07/2012 – T: 08/07/2012]
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 345; anno: 2007]
Un libro gradevole frutto di una scelta consapevole ed intelligente. Dopo i primi due libri dedicati all’ispettore Michele Ferraro, Biondillo (che mi è simpatico già per il solo fatto che si chiama Gianni e fa principalmente l’architetto) scrive qua e là racconti con episodi diversi della parabola di vita del nostro Michele. Decidendo di pubblicarli insieme, invece di buttarli lì, un po’ alla rinfusa, ha la benaugurante idea di cucirli in un’organica biografia dell’ispettore. Filo conduttore la fa un’inchiesta al presente, in cui il fruttivendolo Don Ciccio gli chiede di ritrovare il suo lavorante albanese Kledy. E questa ricerca, nonché le vicende di Kledy, che, pur con permesso di soggiorno, viene trovato alticcio e senza documenti, e per questo spedito inopinatamente in un CPT, fanno da contraltare all’excursus storico di Michele. Dai furori giovanili, suonatore di basso in una band cover dell’ultimo Lucio Battisti (e qui apriamo una parentesi, che Biondillo fa una bella analisi di Battisti, delle sue canzoni, quelle dette del primo periodo e quelle del secondo; e lancia qualche provocazione, ai noi mogoliani della prima ora, tanto che non sarebbe male, prima o poi, tornare sulle sue canzoni), e dove alla batteria c’è la sua ragazza Francesca, alla necessità di trovarsi un lavoro. La domanda in polizia, accolta, ma dove sempre si presenta come un corpo alieno. Perché continua a fare battute che nessuno capisce. Perché continua a farsi domande sulle cose che accadano. E le diverse stazioni della sua personale via crucis sono scandite da altrettante inchieste in cui viene coinvolto. Prima, ed è ovvio, come tirapiedi, come ultima ruota del carro. Poi come capo in seconda in una stazione alpina periferica. Poi di nuovo a Milano, nella sua amata – odiata Quarto Oggiaro (con la musica di Manfredi in sottofondo). La conoscenza con l’ispettore Lanza, l’unico che capisce sia le sue battute sia il suo porsi perplesso in un mondo che non si fa domande. La frequentazione con alcuni amici dei tempi giovanili, soprattutto Mimmo, lo scassinatore felice di vivere un po’ allo stato brado (e per questo soprannominato ‘o animalo). Un mondo che già conosciamo perché presente nei suoi altri libri. Qui, ci si aggiunge il progressivo deteriorarsi dei suoi rapporti con Francesca, nonostante la presenza dell’adorata figlia Giulia. Così che scopriamo i veri motivi della separazione, di cui già sappiamo l’esito. Tutti i racconti hanno una loro spiegazione, anche se non sempre è Ferraro che la trova, anche se spesso la immagina. Certo le sue intuizioni portano alla scoperta dei motivi della tragedia del rettore Janin o di quella degli amici di montagna, Rebecca e Carla e Pietro e Adriano, con le loro storie di silenzi incrociati. La sua prontezza non fa degenerare le violenze dello “sciupafemmine”, in un racconto incentrato per altro su di uno scrittore fallito, quasi adombrante quello che lui sarebbe potuto essere ma che fortunatamente non è. Ma non risolve (o almeno non in modo palese) la tragica gita scolastica o la morte della prostituta Giovanna. Tuttavia il risultato complessivo è piacevole proprio perché non ne fa un’antologia sterile né un romanzo in tono classico. Diventa quasi un romanzo sulle musiche di quel secondo Battisti, dove testo e suono sembrano divergere più che convergere. Assonanze più che consonanze. Ci verrebbe solo da chiosare, sempre con Lucio, “lo scopriremo solo vivendo”.
Valerio Varesi “L’affittacamere” Sperling euro 9,50
[A: 25/04/2012 – I: 25/07/2012 – T: 30/07/2012]
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 271; anno: 2004]
Ormai è abbastanza chiara la cifra elaborativa dello stile di Valerio Varesi. Un racconto giallo che si immerge in problematiche diverse, per creare un affresco del mondo della Bassa Parmense. Altre volte era stato un ritorno di fantasmi del passato dovuti alle un dì feroci lotte tra fascisti e partigiani. Qui ci spostiamo avanti negli anni, ma l’assassinio dell’affittacamere Giuditta Tagliavini detta Ghitta è un modo per portare il nostro commissario Soneri – Barbareschi a ripensare anche al suo passato. Che lì, nella pensione Tagliavini conobbe quella che sarebbe diventata sua moglie. E che, dopo anni di matrimonio persi nelle brume del passato, muore di parto. Una ferita che il commissario non ha ancora risanato. E che si riapre nel tentativo di comprendere i misteri di quella morte. Morte di una persona che sembra a prima vista normale (come persona non come morte). Tuttavia l’indagine porta a galla tante altre cose. I ricordi degli studenti che frequentavano squattrinati la pensione, negli anni dei furori ardenti della rivoluzione possibile. Estremisti, forse ai margini della lotta armata (e quanto era vicina al tempo quella scelta!). La scoperta di un vecchio amore della moglie Ada di cui lui non sapeva nulla. E la scoperta che la Ghitta era anche una praticona. Aborti, prestiti ad usura, tentativo di riscatto dall’umile nascita montanara, rivalità con la gente di montagna, e poi la decadenza, l’affitto di stanze ad ore. Ma anche i tentativi di rimanere a galla, fornendo alibi e luoghi sicuri per traffici ai limiti della legge. Allora erano i rossi, fino alla strana morte di uno di loro, mistero mai risolto (vendetta fascista o faida interna? Esecuzione mafiosa o estremo atto di gelosia?) Ora sono i trafficoni degli appalti, quelli che fanno girare mazzette e costruiscono cartelli a prova di bomba, per aggiudicarsi lavori e, soprattutto, soldi, soldi, soldi. Soneri si muove al solito un po’ stordito, sembra non capire nulla, ed intanto elabora e collega. Collega la morte di Ada con un aborto mal praticato dalla Ghitta. Collega gli andirivieni del gay Pitti, con il giro delle mazzette dei vari imprenditori. Collega la scomparsa dell’ex di Ada con un possibile passaggio verso la clandestinità. Collega la paura della Ghitta verso un fantomatico “Rosso”, con il partigiano montanaro padre dell’ex di cui prima. Il tutto entrando ed uscendo dalla trattoria dell’Alceste, dove si scola bottiglie su bottiglie di Bonarda, accompagnandola con truculenti piatti invernali. E discutendo seduto sulla poltrona del barbiere che tanta gente vede passare, e che lo aiuta a ricostruire tutti i tasselli. Con un pizzico di buon “Guareschi” d’annata nei rapporti di velato aiuto con frate Fiorenzo. E con il rapporto, sempre sull’onda della difficoltà con l’avvocato Angela (sempre più difficilmente identificabile con la bella Stefanenko). I due filoni di inchiesta alla fine troveranno il loro sbocco naturale. Piccole incriminazioni per i faccendieri. Operazioni alla Digos in grande stile per i nuclei “terroristici” toscani. Soneri ha visto e collegato tutto e tutti. Ma si tira in disparte, per naturale ritrosia, e perché qualche brandello di conoscenza viene ad illuminare il suo di passato. E quando si capiscono cose che era meglio lasciare sepolte, si rimane sempre un po’ defilati. Un buon ed onesto prodotto, sempre un po’ vagolante, mai fulmineo alla meta. Ma rimanda le sensazioni della bassa, i profumi, i suoni attutiti dalla nebbia. Non dispiace, anche se non travolge.
“Quel che facciamo da un certo punto in poi della vita è cercare di riempire il vuoto che ci si para davanti. Per questo progettiamo, ci poniamo dei traguardi, corriamo per raggiungerli. Ma nelle pause, ci tormenta, implacabile, la convinzione che tutto ciò non serva a nulla.” (54)
“Non puoi cambiare ciò che è già accaduto, quindi è inutile che ci pensi. Se facessi lo scrittore potresti cancellare una pagina e riscriverla, ma nella vita non si può mai tornare indietro.” (89)
Valerio Varesi “Le ombre di Montelupo” Sperling euro 9,50
[A: 13/05/2012 – I: 15/09/2012 – T: 17/09/2012]
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 248; anno: 2005]
Terzo episodio delle storie del commissario Soneri – Barbareschi, almeno di quelle reperibili, che le prime due non si riesce a trovare in nessuna libreria. Come a darci un po’ di tregua, dopo due episodi pieni della nebbia del Po, ed anche per cercare un po’ di sfogo alla scrittura (e di riposo al nostro commissario), Varesi gli fa prendere qualche giorno di ferie. Lasciamo così la bassa parmense, ed anche la bella Angela che era stata troppo pressante nell’ultima scrittura, e ci trasferiamo sui monti. Diremmo sui monti natii, che Soneri si va a rintanare, ed a cercar funghi, nella natia Montelupo, sull’Appennino tra Emilia e Liguria. Lì dov’era la casa paterna, lì dove, appunto con il padre, si andava da ragazzo per boschi. E lì dove tutta l’economia della cittadina ruota intorno alla fabbrica di prosciutti e salumi del commendator Palmiro Rodolfi. Fabbrica che dà lavoro a quasi tutti gli abitanti del paese, direttamente o indirettamente (vedi alberghi, ristoranti e bar). Il commissario, per tutto il romanzo, ci porterà tra questi boschi, facendoci sentire un po’ a casa (ovviamente a casa sua, che io di boschi ne conosco pochi e li conosco male), con le descrizioni dei sentieri, delle forre, dei dirupi, dei caprioli, dei cinghiali, delle trombette da morto (dovrebbero essere funghi). Conditi con gli altri sapori di montagna delle solite mangiate e bevute, a cui Varesi ci ha abituato, e che ci fa piacere accompagnare con il pensiero. Una zuppa di pere e castagne, molliche di grana, culacci di prosciutto, Bonarda a fiumi. Paese di montagna dove si gioca a carte ai tavoli del bar, dove si parla introno ad un grappino. Paese anch’esso con alcuni rivoli dei tempi di guerra e partigiani (anche se meno incidenti che negli altri precedenti romanzi). Tempi antichi dove il paese stesso si fondava sull’alleanza dei tre amici montanari: Palmiro, Cappelli e il Macchaiolo. Amicizia prima incrinata dalla guerra, con Palmiro che prospera legato a fasci e democristi. Poi dal denaro, che illude il Cappelli, e poi lo rovina, tanto che non trova di meglio che appendersi ad un ramo. Infine le donne, per cui Palmiro rimane in paese, trionfante e tronfio di soldi. E il Macchiaiolo si rintana per sempre sui suoi monti. In questo scenario, mentre il commissario pensa a riposarsi, si innesca la crisi. Prima sparisce Palmiro. Poi ritorna e sparisce il figliol suo Paride. Poi Palmiro segue le orme di Cappelli, e si appende. Infine, ritroviamo Paride, sbudellato a pallettoni nel bosco. I carabinieri brancolano. Cercano di incastrare il Macchiaiolo. Ma sarà ovviamente il nostro buon Soneri, che andando per boschi, scavando tra i rovi, scucendo sillaba a sillaba mezze verità sul fatto che la grande industria dei Rodolfi è in realtà sul fallimento. E con il fallimento, tutto il paese farà bancarotta. Ed i Rodolfi, anzi Palmiro, perderà la cosa più preziosa per un montanaro: la faccia. Sulla base di questi indizi, aiutato dalla cagnetta Dolly che trova per boschi e che a lui si affeziona, Soneri metterà puntini ai posti giusti. Magari facendo in tempo a riappacificarsi anche con la figura paterna, morta ahimè troppo presto. Insomma, la storia scorre, forse su binari quasi prevedibili, ma piacevoli. Belle, per me cittadino, le descrizioni boschive e montane. Giusta, in questa fase, la mancanza di figure femminili, quasi che Varesi non abbia ancora la mano per tratteggiarne a dovere. Alla fine, un paio di serate di buona lettura, sorseggiando una buona grappa d’Albana.
“Nella mezza età … piace tornare da dove si è partiti se da giovani si è andati per il mondo.” (36)
Prima trama del mese, qualche commento di letture passato. Ecco il mese di luglio, un mese di buona intensità, cominciato con bei libri ed altrettanto bene finito, con il libro della Héritier che non finirò mai di (ri-)commentare. Una parte centrale in calando, ma un mese caldamente da consigliare.
#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Rosella Postorino
Il mare in salita
Laterza
10
3
2
Gabriel Garcia Marquez
La mala ora
Mondadori
9
3
3
Erri De Luca
Il torto del soldato
Feltrinelli
11
3
4
Paola Mastrocola
Palline di pane
Guanda
11
3
5
Gianni Biondillo
Il giovane sbirro
Guanda
9,50
3
6
Gilbert Sinoué
Erevan
J’ai lu
7,60
3
7
Donatella Di Pietrantonio
Mia madre è un fiume
Elliot
9,90
4
8
Roberto Alajmo
L’arte di annacarsi
Laterza
9,50
4
9
David Baldacci
Il candidato
Mondadori
9,50
2
10
Annamaria Fassio
Di rabbia e morte
Mondadori
4,90
2
11
Youssef Ziedan
Azazel
Beat
9
2
12
James Petterson & Liza Marklund
Cartoline di morte
TEA
8,90
3
13
Isabel Allende
D’amore e ombre
Feltrinelli
s.p.
4
14
Alexander McCall Smith
Semiotica, pub e altri piaceri
TEA
8,60
3
15
Françoise Héritier
Il sale della vita
Rizzoli
6
5
16
Clive Cussler & Jack du Brul
La nave dei morti
TEA
8,90
2
17
William Langewiesche
Esecuzioni a distanza
Adelphi
7
3
18
Valerio Varesi
L’affittacamere
Sperling
9,50
3
19
Margaret Doody
Aristotele e la favola dei due corvi bianchi
Sellerio
11
2

Anche se poche, le castagne c’erano. E soprattutto, c’era un dolce che adoro: il Montebianco di Soriano. Cioè, castagne passate al setaccio, con un cucchiaio di panna ed una spolverata di cacao. Niente meringhe, grazie! Come mi ricorda Franco, un saluto al nostro amico Cesare che ci ha lasciato un anno fa, e via per un nuovo mese pieno di bilance.
Un bacio
Giovanni

1 commento:

  1. Una vera e propria testimonianza di credere veramente Dio è grande, essendo stato
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