Come i più attenti dei miei
lettori sanno, questo febbraio è improntato sulla trasferta. La mia, per i
motivi casalinghi noti, che speriamo sia lunga il giusto. La mancata, che non
si parte (ancora) per nessun dove. E questa di scrittura, dove si torna al
Nord, in quel di Svezia, con il solito, ottimo Mankell, una prova onesta di
Nesser, ed una speranza per questa Larsson che sembrava promettere assai, ma
che per ora non mantiene molto.
Henning Mankell “L’uomo inquieto” Marsilio euro 14 (in realtà, scontato
10,50 euro)
[A: 06/11/2011 – I: 26/10/2012 – T: 31/10/2012]
[titolo: Den Orolige Mannen; lingua: svedese; pagine: 557;
anno: 2009]
Veramente
un bel libro, complesso, forse a volte troppo lento. Ma credo che Mankell sia
riuscito in un’operazione multipla di notevole valore e interesse. C’è la trama
poliziesca, incentrata sulla scomparsa, a distanza di poco tempo, dei coniugi
van Enke. C’è la trama politica, che detta scomparsa si inquadra e si mescola
con la vita politica di almeno 30 anni della vita svedese. C’è un accenno di
sociale, che scende dal politico e ci porta squarci della vita vissuta dai
diversi starti della società svedese. C’è la trama personale, del commissario
Wallander che, come tutti, invecchia, si pone domande su di sé e sulla sua
vita, intrecciandosi ancora di più, tra personale e politico, dal momento che
gli scomparsi non sono altro che i genitori del futuro sposo della figlia del
commissario. E Mankell, dopo aver ben appreso e digerito i modi espressivi lanciati
su queste tematiche dalla coppia Sjöwall & Wahlöö, di cui tanto ho parlato,
li fa suoi, costruendo un rimarchevole romanzo. Ripeto, certo, a volte è lento
nella carburazione. Ma è come se volesse darci il senso e la misura del
pensiero del nostro amico commissario, che ormai ha raggiunto i 60 anni (ne
vogliamo parlare? E vogliamo sottolineare quanto di personale lo scrittore ci
ha inserito, visto che mentre scrive il libro, anche lui doppia la boa dei
sessanta?). Ma io in questa sede parlerei solo dei due filoni principali (la
scomparsa e l’invecchiamento). Certo a noi da lontano sembra tanto facile la
Svezia, anche un po’ stereotipata. Benessere, libertà di costumi (quanti
ragazzi andavano fin lì per le belle signorine, anni ed anni fa?), neutralità.
Poi… poi si scopre, ad esempio, che l’omicidio di Olof Palme non è mai stato
risolto. E Palme non è che fosse un politico qualsiasi, ma era il Primo
Ministro in carica. E poi la Svezia come teatro di grandi operazioni di spionaggio.
Ovviamente dalla vicina Unione Sovietica. Ma anche dai lontani (solo geograficamente)
Stati Uniti. Hakan van Enke era un alto grado della Marina in pensione. E
misteriosamente, poco dopo un colloquio sulle vicende politiche degli anni ’80
con Wallander, scompare. Così come scompare, ma solo quattro mesi dopo, la moglie Louise. Indagini ,
con quel seguire le vicende giorno per giorno, in una presa diretta dilatata,
ma reale. Non affidate al nostro, che tra incidenti ed altro, sta a riposo
nella sua nuova casetta di campagna (suo sogno della maturità). Ma è Wallander
che pensa, ricostruisce, cerca i vecchi amici degli scomparsi. Ha il primo
shock quando viene ritrovata morta Louise, con dei microfilm nella borsetta.
Era forse una spia? E per chi spiava dei due grandi? E Hakan come si colloca?
Viaggia per l’Europa (mi sorprende una visita a Berlino in auto, ma in effetti,
dalla Scania non è così distante). Ed alla fine, dopo pagine e pagine in cui si
fa giocare dagli specchietti per le allodole che vengono seminati lungo il
percorso, trova il bandolo, il perché ed il come. Tutto non senza coinvolgere
(ma qui ci addentreremo troppo in terreni poco noti) le politiche e le vicende
appunto di trenta anni di storia svedese. In parallelo, avanza l’età. Inizia le
indagini ancora cinquantanovenne, e poi le termina oltre il sessantesimo.
Interrogandosi sugli acciacchi, sull’avanzare del diabete (che però riesce a
controllare), sui momenti quasi campanelli da Alzheimer in cui si ritrova a
chiedersi dove sia e cosa stia facendo. Mankell ci fa capire che anche quello è
il suo tormento, di non accettare il passare degli anni (e consiglio a lui ed a
tutti noi di leggere e rileggere “La forza del carattere” di Hillman). Solo
l’esistenza della progenie da un senso, a Mankell ed Wallander, del prosieguo
della vita. C’è la
figlia Linda. Ed ora anche la nipotina Klara. E
mentre porta avanti le indagini, Mankell ci fa anche un riassunto di tutto
quello che è capitato al nostro commissario durante tutte le indagini (e ne
ripercorriamo i capisaldi, non ultima la famosa storia d’amore con la lettone Baiba ). Una
summa, via. Per dirci che ora lasceremo il buon commissario trascorrere in pace
il resto, speriamo lungo, della sua vita. Anche con il cane Jussi. Ma lontano
dagli occhi della cronaca. E dai nostri. Addio, Kurt, è stato piacevole
trascorrere degli anni a leggere di te.
“Quando era giovane, i tratti del viso erano quelli di sua madre, ma
ora sembrava quasi che suo padre stesse per raggiungerlo.” (15)
“Non riusciva ad accettare di avere sessant’anni e di essere arrivato
irrimediabilmente alla soglia della vecchiaia.” (73)
“- Si è ancora giovani a cinquant’anni? – Io ne ho sessanta … e a
quest’età uno passa definitivamente la barriera al di là della quale c’è solo
la vecchiaia.” (76)
“Un amore può sostituirne un altro, diventando anche il più importante
della propria vita, ma il vecchio amore rimane per sempre.” (231)
“Non possiamo scegliere i nostri genitori.” (333)
“Alcuni anni fa ho iniziato a studiare i necrologi … Se mi capitava fra
le mani un … quotidiano … la prima cosa che leggevo erano gli annunci
mortuari.” (500)
“- Nessuno può fare qualcosa per fermare la vecchiaia. – Lo so … Ma
talvolta ho come la sensazione che lamentarmi è l’unica cosa che mi rimane.”
(555)
Håkan Nesser “L’uomo con due vite” TEA euro 9 (in realtà, scontato 6,75
euro)
[A: 19/01/2012 – I: 02/12/2012 – T: 06/12/2012]
[titolo: Berättelse om herr
Ross; lingua: svedese; pagine: 446; anno:
2008]
Passa un anno per l’autore, ed
ecco (dopo che ne parlai non molto tempo fa) che sforna una nuova avventura del
commissario italo – svedese Barbarotti. Anche se, a ben vedere, sono quasi due
storie che vanno in parallelo, per poi unirsi e risolversi. Non a caso il
titolo originale era “La storia del signor Ross”. E non si capisce il motivo
per cui l’editor abbia deciso di cambiare titolo. Forse per dare un tono di
mistero ed un taglio giallo a qualcosa che è un po’ di più? Che infatti, come
ho detto parlando del libro che richiama Kim Novak, nelle storie di Nesser il
giallo in quanto tale, il “thriller procedurale” o altro, prende sempre meno
piede, per lasciar spazio ad altre storie. Come in questa, che per più di metà
vede soltanto il buon Ante Valdemar Ross come centro della vicenda. Un
sessantenne che tutti descrivono come “palla al piede”, solitario anche in
mezzo alla gente, al lavoro, in casa con la moglie e le due figlie di lei.
Deluso dalle pieghe della sua vita. Segnato dal ricordo del padre suicida. Ross
che, ad un certo punto, trova la possibilità di cambiare vita: una forte
vincita al totocalcio svedese. E lui che fa? Non dice niente a nessuno, si
licenzia, e compera una casa nel bosco, dove si rifugia (nelle otto ore di
presunto lavoro). Dove può cercare di comprendersi. Dove fa le cose più
semplici senza doversi giustificare, con se stesso o con gli altri. Questa
improvvisa libertà gli consente di guardare fuori senza ansia, di fermarsi a
guardare. Ah, cosa di meglio si può fare nella vita, se non affrontare tutto
con i propri tempi e non con quelli degli altri. In questo momento di rifugio,
improvvisamente, irrompe un’altra vita solitaria. Quella di Anna, fuggita da
una comunità di tossici, tossica anche lei (anche se non allo stadio perso). Ed
anche lei con dei ritmi che mal si accordano con quelli della società. Che la
giudica dura ed isolata, mentre è solo una ragazza in pena. Che, lei ventenne,
stabilisce un sodalizio di scambio con il sessantenne Ross. Lei canta e lui
narra storie. Con una delicatezza reciproca commovente. Ma i tossici si sa
hanno storie strane alle spalle. Ed il perfido Stefan (non a caso di origine
croata) la trova, la vuole portar via. Ovviamente Stefan ha la peggio, e muore.
Anne e Valdemar fuggono allora, in macchina, prima al sud, poi in Danimarca, e
poi in Germania. E qui entra in gioco il nostro commissario, che si è sposato
con Marianne (vedi “È tutta un’altra storia” alla fine), ma si è anche rotto un
piede. Ingessato, viene coinvolto nella ricerca di Valdemar dalla richiesta
della di lui moglie Alice. Nessun capisce perché è scomparso. Fino a che, ma
passeranno giorni, trovano il cadavere di Stefan. E scatta la caccia prima a
lui, poi alla coppia. Che tutti pensano siano una sorta di Bonnie & Clyde,
mentre i due vorrebbero solo essere lasciati in pace. Ma nella fuga, Anne ha
sbattuto la testa, e l’ematoma interno, a poco a poco, rischia di portarla
all’altro mondo. Ross allora decide di attuare un piano, che avrà successo, per
scaricare le colpe da Anne, per darle modo di uscire dal tunnel, ed altre
positività, che almeno i giovani abbiano un futuro. Barbarotti, intanto, mattoncino
dopo mattoncino, con l’aiuto della sua assistente Eva Backman, ricostruisce
tutta la storia. Arrivando
ad un passo da Valdemar. Ma senza incontrarlo mai. Il bello del romanzo è tutto
qui, nei dettagli. Nella vita di Gunnar e Marianne, con i loro figli, la casa
da mettere a posto, la Bibbia usata come I Ching, ed il loro amore; nei
problemi familiari di Eva; nella storia della possibile “redenzione” di Anne;
nella vita della cittadina inventata di Klymge; nei pensieri di Ross, nella sua
lettura di un libro del rumeno Mircea Cărtărescu (autore reale, punta di spicco
della Blue Jeans Generation romena degli anni Ottanta) e nelle sue meditazioni
su quanto accade intorno (senza scordare un accenno criptico per molti, ma per
me lampante quando parla di aborigeni, vie dei canti e non cita Chatwin).
Valdemar alla fine si mostra l’unico che comprende cosa stia succedendo, e che
ne interpreta anche i malori ed i disagi. A me dando comunque una chiave
positiva, sulla possibilità, difficile ma reale, di essere. Di essere se
stessi, e di tirar fuori lati di carattere forse scomodi agli altri, ma
assolutamente, intrinsecamente, propri. Anche il mio rapporto con il libro è
stato ondivago. Ho divorato l’inizio. Ho rallentato alla comparsa di Stefan. Ho
tremato alla possibilità che tutto finisse male (anche se non è un libro
consolatorio). Stavo per darne un giudizio sotto media, ma si è riportato in
linea con un bel finale. Vediamo che uscirà fuori nelle future prove.
“Ci sono molte domande nella vita … ma solo tre importanti. Dove sei
stato? Dove sei? Dove stai andando? Se sai rispondere a queste tre hai la vita
nelle tue mani.” (162)
“Uno deve rendersi conto delle proprie possibilità, ma soprattutto dei
propri limiti.” (216)
“Lui è fatto così, un burbero orso bruno che bisogna grattare un po’
sulla pancia perché si metta, per così dire, sulla lunghezza d’onda giusta.”
(313)
Åsa Larsson “Il sangue versato” Marsilio euro 12,50 (in realtà,
scontato 9,50 euro)
[A: 18/03/2012 – I: 09/12/2012 – T: 12/12/2012]
[titolo: Det blod som spillts; lingua: svedese; pagine: 399;
anno: 2004]
Sembra quasi che la nostra
scrittrice non riesca ad ingranare. Ha scritto un primo romanzo ambientato
nella Svezia del Nord, in quel di Kiruna e dintorni, che sono anche la sua
patria. Un mondo che conosce bene: il freddo, i grandi panorami, i rapporti con
gli altri sempre tra grandi amicizie e grandi odi. Lì si innestava il ritorno a
casa di Rebecka, un avvocato fiscale, che alla fine (per salvare dei bambini) è
costretta ad uccidere il cattivo. Ora sono passati dei mesi, ma la nostra non
si è ancora ripresa. E questo suo andare, discretamente imbambolata, per tutto
il romanzo, senza aver mai un guizzo di azione in prima persona, sempre guidata
da altri, lascia veramente un po’ spiazzati. Appunto non ingrana. Rebecka
rimane prigioniera e bloccata delle sue paure. Certo, uccidere non deve essere
un’avventura di quelle che si dimenticano in un baleno. Ma la nostra (che
dovrebbe essere anche la protagonista) è sballottata per tutte le 400 pagine.
Certo ha un buon rapporto con gli animali, e con Nalle il bimbo down. Ma gli
umani sembrano essere fuori portata. Anche se, per casualità, torna nei
dintorni di Kiruna. Ed in quella cittadina scopre che un pastore della chiesa
locale, donna, è stata barbaramente assassinata. Le indagini le svolge l’altra
nostra conoscenza, l’ispettore Anna-Maria Mello, che, con Rebecka, aveva
risolto il precedente caso. Tra narrativa presente e flash-back scopriamo
quindi i problemi della cittadina di J., molto vicina a Kiruna. Mildred Nilsson
è un pastore che prende sul serio la sua missione. Che vuole portare gente in
Chiesa. Che vuole risanare l’economia ecclesiastica. Insomma, è una che rompe
le scatole a tutti. Anche perché la società svedese è molto maschilistica e manesca.
E lei convince le donne maltrattate a ribellarsi. Si creano quindi due folte
schiere, di amici e nemici. I primi capeggiati da Lisa, una donna ormai
cinquantina, che, nonostante il pastore Mildred sia sposata, s’innamora perdutamente
della sua forza e della sua umanità, tanto da diventarne amante. E poi c’è
Mimmi ed il suo compagno Micke, e le donne del collettivo di aiuto Maddalena. I
secondi guidati da Warse, da cui scappa la moglie, Lars-Gunnar che vede messo
in pericolo sia il suo ruolo di capocacciatore che quello di padre sofferente
del bimbo Nalle, e Kristin, la moglie del canonico Stefan, nonché Stefan stesso
che ambirebbe al posto di Mildred. In tutto questa confusione, Asa Larsson intreccia
un’altra storia del profondo Nord. Solidarietà tra gli oppressi, amore per la
natura, alberi, radure, cani, lupi. Bevute al pub e invidie profonde. Questo
era anche il terreno che Mildred aveva scelto per smuovere le acque. Qualcuno
non riesce a sopportare tutto ciò, e l’ha barbaramente uccisa. Poi, ma in modo
più freddo e ragionato, uccide chi potrebbe aver visto la scena. Non ne è sicuro,
ma potrebbe essere. Ed allora massacro. Ma non è questo il centro reale della
storia. Certo, siamo curiosi di capire l’assassino. E di seguire i ragionamenti
dell’ispettrice Mello per arrivare (seconda) alla soluzione. Che prima
arriverà, ma solo per intuizioni, la nostra Rebecka. Ed
al solito si troverà in pericolo. Tuttavia, ripetendomi, quello che più
interessa sono gli scenari, le persone. Mildred ed il suo doversi mostrare
pronta su tutti i fronti, e fragile internamente. Tanto fragile da dover
cercare conforto tra le braccia di Lisa. E Lisa, la mai amata, che nonostante
cani, gatti, e figlia, si dedica a Mildred, senza riuscirne mai ad elaborarne la morte. Rebecka che
ancora deve superare i traumi subiti nel primo libro, e qui ne trova di nuovi.
Nalle, con la sua aria innocente di bambino che porta solo un sorriso a tutti
quanti. E la vita della profonda provincia svedese. Ed i problemi delle Chiese
protestanti con donne ministro di culto. Alla fine rimane per me il solo mistero
di cosa c’entri in tutto ciò la vicenda della lupa chiamata Zampe Gialle. Bella
vicenda, con piccola ed interessante analisi dei comportamenti da branco, quasi
che si volesse fare un parallelo tra lupi ed umani. Nella mia testa rimane
sterile ed assente. Il tutto, alla fine, è meno accattivante e coinvolgente di
quanto sembrava promettere. Vedremo se i caratteri miglioreranno nei prossimi romanzi.
Åsa Larsson “Sentiero nero” Marsilio euro 12,50 (in realtà, scontato 10,63
euro)
[A: 29/06/2012 – I: 22/12/2012 – T: 24/12/2012]
[titolo: Svart stig; lingua: svedese; pagine: 423;
anno: 2006]
Altra
puntata, ed ancora non ingrana. Anche se stiamo migliorando rispetto al
precedente. Sembra la solita parabola degli scrittori con delle idee, ma con
del successo inaspettato. Il primo libro colpisce, magari raggiunge un buon
risultato. Allora si cerca di sfruttarne la scia, magari in modo affrettato,
magari sotto la spinta di qualche buon compenso editoriale. Si butta lì allora
un secondo romanzo, prima che le idee maturino. E risulta incompleto, carente.
intanto si riflette. E con buone probabilità si capisce meglio cosa e come si
vuole scrivere. Così pare si possa descrivere questo percorso della scrittrice svedese.
Che appunto in questa terza prova sembra iniziare a trovare più giuste
collocazioni. Intanto, Rebecka, dopo tutti i traumi subiti, si prende un
periodo di riposo nella natia Kiruna. E cura le sue ferite dell’anima,
accettando il lavoro di procuratore distrettuale, dove si butta anima e corpo
nel lavoro. E nelle lande nordiche si inizia una nuova vicenda fosca. Viene
trovata morta in un capanno isolato, una bella donna, che ben presto si scopre
essere il braccio destro di un uomo d’affari, costruitosi dal niente, ed anche
lui originario del freddo Nord. Seguiamo così in parallelo, l’inchiesta
dell’ispettrice Anna-Maria Mello, che apprezziamo sempre più per quel tocco di
umanità nordica che la distingue (la conciliazione e l’amore diviso tra il
lavoro, i quattro figli ed un marito buono ma molto… maschile, tipo lasciare la
cucina un disastro) e la storia di Mauri Kallis, il self-made man. Le sue
origini oscure, il riformatorio, lo studio, le idee emergenti, il sodalizio con
i fratelli Wrattang, dove lei, Inna, è la vittima di cui sopra, e Diddi è lo
scapestrato che riesce ad infilare stupidità una via l’altre. E nasce in
parallelo la storia della sorellastra di Mauri, la strana Ester , avuta
dalla madre con un indiano pazzo, ed affidata ad una famiglia lappone. Ester
che ha strani poteri di presentimenti, e che rimasta sola, verrà accolta da
Mauri. Ma lascerà la sua indole pittorica, e per tutto il tempo la vediamo
allenarsi in palestra e nella corsa a piedi. Deragliamento di cui scopriremo la
necessità solo nelle ultime pagine, e che non vi anticipo. Rebecka, a poco a
poco, si fa coinvolgere da Anna-Maria nelle indagini, prima con alcuni
suggerimenti. Poi, data la sua origine di avvocato dedito alle analisi
finanziarie, per scoprire i magheggi internazionali delle imprese Kallis. Sarà
lei che darà la stura alla polizia per trovare il bandolo del filo, che,
seguito nodo dopo nodo, porterà alla scoperta degli intrallazzi di Mauri con
dittatori africani con sete di soldi ed abbondanza di diamanti. Mauri si era
venuto quindi, nonostante il parere contrario di Inna, a trovare al centro di
questa rete. Che deflagrerà, in un finale rocambolesco, che è diventato un po’
il marchio di fabbrica delle storie della Larsson. Sia che ci sia uno o più morti,
uno o più assassini, nel finale c’è sempre uno scontro tra due forze
antitetiche (e non parlerei di bene e male, che sono categorie troppo nette per
questi romanzi). Anche questo non sfugge, ma non vi dirà altro. Chi muore, chi
si salva, e perché e come, e via narrando. Il tutto condito con le storie
familiari dei poliziotti di Kiruna (gradevoli) e con il tormento infinito di
Rebecka, da sempre innamorata inconfessata del suo capo di Stoccolma. E sempre
nell’impossibilità, per le due parti, di trovare il modo di parlarsi, di fare
delle mosse in una qualsiasi direzione. A volte non basta il cuore ad indicare
la via, ci vogliono anche parole, che sembra manchino sia a Rebecka che a Mars.
Ma noi siamo tenaci, e continuiamo a fare il tifo affinché la gente sia capace
di dire (e di fare). Per il resto, comunque, la confezione è buona, ribadendo
le discrete capacità editoriali della Marsilio, nonché l’accurata traduzione di
Katia De Marco. Una piacevole lettura in odore di Natale (seppur con tutte le
riserve espresse in apertura).
Anche se in trasferta, non ci
esimiamo da citare le letture del mese di novembre, anche questo molto denso, e
di discreta qualità, senza cadute verticali. E con due buoni gialli (Malvaldi e
Connelly), due bei romanzi (Veladiano e Oz) ed il solito a me caro Bianchi.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Giuseppina Torregrossa
|
Panza e prisenza
|
Mondadori
|
10
|
3
|
2
|
Clive Cussler & Dirk
Cussler
|
Morsa di ghiaccio
|
TEA
|
8,90
|
2
|
3
|
Marco Malvaldi
|
La carta più alta
|
Sellerio
|
13
|
4
|
4
|
Alessandro Barbero
|
New York, 14^
|
Barbera editore
|
7,90
|
3
|
5
|
Amos Oz
|
Il monte del cattivo consiglio
|
Feltrinelli
|
9
|
3
|
6
|
Alessandro Barbero
|
Gli occhi di Venezia
|
Mondadori
|
s.p.
|
3
|
7
|
Marco Malvaldi
|
Milioni di milioni
|
Sellerio
|
13
|
3
|
8
|
Eric-Emanuel Schmitt
|
Concerto à la mémoire d’un ange
|
Livre de poche
|
s.p.
|
3
|
9
|
Arnaldur Indridason
|
Un caso archiviato
|
TEA
|
9
|
3
|
10
|
Enzo Bianchi
|
Ogni cosa alla sua stagione
|
Einaudi
|
12
|
4
|
11
|
Emilio Martini
|
Chiodo fisso
|
Corbaccio
|
8,90
|
3
|
12
|
Mariapia Veladiano
|
La vita accanto
|
Einaudi
|
12
|
4
|
13
|
Matilde Asensi
|
Tutto sotto il cielo
|
SuperPocket
|
6,90
|
2
|
14
|
Paolo Foschi
|
Delitto alle Olimpiadi
|
e/o
|
14
|
3
|
15
|
Lorenzo Licalzi
|
La vita che volevo
|
BUR
|
9,90
|
2
|
16
|
Amos Oz
|
Una pace perfetta
|
Feltrinelli
|
9
|
4
|
17
|
Benedetta Cibrario
|
Lo scurnuso
|
Feltrinelli
|
13
|
3
|
18
|
Joseph Hansen
|
Scomparso
|
Repubblica – Noir
|
7,90
|
3
|
19
|
Michael Connelly
|
Musica dura
|
Piemme
|
11
|
4
|
20
|
Matilde Asensi
|
Terra ferma
|
BUR
|
8,90
|
3
|
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