domenica 19 agosto 2018

L’undicesimo Maigret - 12 agosto 2018


Eccoci allora, nella calura estiva, a ripercorrere una nuova cinquina di Maigret. Un Maigret svizzero, con tutto quello che comporta questo nostro ingombrante vicino di casa. Un Maigret pieno di riflessioni e parco di storie gialle e/o poliziesche. Un Maigret letto in tristezza, poco dopo la morte di mamma. Ma la vita prosegue e le letture anche.
Georges Simenon “I Maigret – volume 11” Adelphi s.p. (regalo di mamma)

[A: 01/12/2015 – I: 23/03/2018 – T: 02/04/2018] - &&&& +
[tit. or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese; pagine: 733; anno 2015]
Eccoci ad un nuovo volume delle storie del commissario Maigret, il primo che leggo dopo la morte di mia madre. Perché è a lei che devo la passione per il commissario, ed a lei dedico questi scritti che stanno diventando sempre più corposi. Qui abbiamo poi un volume, il primo, tutto svizzero, scritto nel castello di Échandens, in uno dei cantoni, quello di Vaud, più vicino alla Francia con capitale Losanna. Una cinquina di romanzi molto pieni del nuovo spirito riflessivo di Simenon: cos’è la giustizia, cosa spinge gli individui a fare quello che fanno, ed altre interessanti tematiche morali. Ma sempre con al centro il nostro Jules-Gino.
Titolo
Scritto
Uscito
Data
Luogo
Maigret si mette in viaggio
10 – 17 agosto 1957
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
2 dicembre 1957
Gli scrupoli di Maigret
9 – 16 dicembre 1957
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
25 giugno 1958
Maigret e i testimoni recalcitranti
16 – 23 ottobre 1958
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
marzo 1959
Maigret si confida
26 aprile – 3 maggio 1959
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
settembre 1959
Maigret in Corte d'Assise
17 – 23 novembre 1959
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
maggio 1960
“Maigret si mette in viaggio”

[tit. or.: Maigret voyage; ling. or.: francese; pagine: 11 – 159 (148); anno 1957]
Poco dopo la fine del romanzo precedente, un altro lutto colpisce lo scrittore, quando a novembre muore a Liegi lo zio materno François, detto Franz, Henri Joseph Brüll di 85 anni. Sempre di meno quindi i legami con la sua terra, e non è quindi un caso che il nostro cominci a cercare un nuovo spazio di vita. Infatti, questo 1957 inizia con una ricognizione nel cantone francofono di Vaud, in Svizzera, per trovare una nuova sistemazione. Così, insieme a Denise, girando su di una Mercedes 300 S cabriolet, si imbatte nel castello Échandens, a circa venti chilometri da Losanna. Affascinato, lo vorrebbe comperare, ma si dovrà accontentare di un affitto di sei anni. Nel luglio fa il trasloco, ribattezzando il castello “Noland” (Senza Terra, come il famoso re d’Inghilterra della Terza Crociata; e vediamo se trovate l’errore). Sembra sempre sia girovagando, ma qui veramente resterà sino al 1963. In questo luogo senza radici, che dovrà cercare di far capire alla sua famiglia americana, Simenon scrive un romanzo abbastanza “leggero” nella trama, anche se particolarmente significativo per le tematiche che affronta: il rapporto di Maigret con il mondo dei VIP e la ricerca, di Simenon questa volta, di cosa c’è dentro l’uomo, nel suo essere interiore e più vero, quello che l’autore chiama “uomo nudo”. Paradossalmente, poi, proprio due uomini nudi costeggiano la vicenda: il colonnello Ward, nudo nella vasca dove qualcuno lo ha ucciso, ed il magnate Jef, nudo mentre si fa massaggiare in quel di Cannes e mentre ha una conversazione con Maigret. Simenon vuole mostrarci, in queste immagini, che le apparenze sociali nascondono solo un fondo della realtà: la stessa paura abita tutti gli uomini, lo stesso bisogno di rassicurarsi inventando riti e rituali. Ma se questo è un tema ricorrente in molta della sua produzione, più interessante, per me, qui in questo romanzo, è la descrizione del mondo VIP, che Simenon ben conosce, ma che ci mostra con gli occhi del commissario venuto dal popolo e dalla strada. Questa consorteria che si sostiene a vicenda, che vive nei grandi alberghi, tutti uguali, benché in tutte le parti del mondo diverse. Quando si aggira per il George V a Parigi, o il Grande Albergo sulla Croisette a Cannes, o nell’analogo di Losanna, solo le città sono diverse, ma gli alberghi e la fauna che ospita no. Ed è una fauna che ha modi urbani, pur coltivando passioni e rivalità. Ma forse i modi urbani sono solo facciate (e forse lo sappiamo noi che si vive nella realtà) che nascondono sottili partite a scacchi dove la fine partita è quella di essere esclusi dal bel mondo. Come la partita che Maigret cerca di scoprire e che inizia in sordina il 7 ottobre di un qualsiasi anno. Nel grande albergo parigino prima la Contessa Palmieri tenta il suicidio (ma forse è solo un mondo di scaricare le nevrosi senza arrivare al punto di non ritorno) e poi, sotto l’insistenza del segretario Arnold, si scopre la morte del colonnello Ward, annegato nella vasca da bagno. Maigret cerca di capirne qualcosa prima che giornali scandalistici ed altro si impadroniscano dell’affare, ma la contessina, dall’ospedale, fugge verso Cannes per parlare con il suo precedente marito, Jef Van Meulen. Qui comincia il viaggio di Maigret, che, senza bagaglio e senza pensarci su, prende il primo aereo per Nizza. Dove però arriva che la contessa è volata verso il suo buon rifugio di Losanna. Prima di andare da lei, Jef nudo e massaggiato, gli spiega il “loro” mondo. La Contessa è francese, diventata italiana sposando lo spiantato conte Palmieri. Ma pur amandolo, ben presto si accorge che non le può garantire una presenza stabile nel bel mondo. Così lo lascia e sposa Jef. Che gli fa da buon mentore, che la sgrossa, ma che si accorge che la contessa ha sempre un pendant verso il conte. Si lasciano ed è proprio Jef che le presenta il suo buon amico, il colonnello Ward. Il quale ha già tre matrimoni alle spalle, due sanciti già da divorzi amichevoli ma di sicuro onerosi per il colonnello. Che tuttavia può sopportarlo, essendo ricco e di molto. La prima moglie americana ha una buona rendita e vive oltre oceano. La seconda, con cui ha avuto un figlio ora sedicenne, vive con il ragazzo in Inghilterra dove questo studia. La terza non è ancora divorziata, e vive proprio anch’essa a Losanna, con una figlia del colonello credo quattordicenne o giù di lì. Il colonnello sta cercando il divorzio ma la terza moglie non si accontenta di briciole che la butterebbero appunto fuori dal “grande giro”. E vuole il divorzio per sposare la contessa. Che è un’anima irrequieta, e in quel di Parigi, poco prima del tourbillon degli eventi, con Ward aveva incontrato Palmieri con la sua nuova fiamma olandese. Cadendo nella depressione nera, poiché in fondo sempre lo spiantato è nel suo cuore. Non però nel cuore del Conte, che cerca invece questa nuova avventura per sistemarsi meglio. In questo giro dove tutti fanno il loro comodo, e nessuno si scandalizza (e Simenon è ben feroce in questo), scopriamo poi che l’ineffabile Arnold, segretario e tuttofare del colonello, ha una storia, anche se segreta, con la terza moglie del suo padrone. Ci sono tutti gli elementi per risolvere il caso, anche se Maigret, per arrivare alla fine, prima prende un altro aereo per la Svizzera, dove incontra ed interroga la contessa (che gli sta discretamente antipatica), poi con un ultimo aereo torna a Parigi, e, finalmente nella sua stanza al Quai des Orfevres, risolve per lui e per noi il caso. È il 9 ottobre. Due giorni di viaggi per l’Europa, e di pensieri sciolti del nostro commissario, per arrivare alla soluzione. Ma se questa è scontata, non è questa che interessa a Simenon, ma tutta la catena di eventi e persone che hanno costruito il caso. Due ultime chicche: in questo romanzo è una delle ultime volte che incontriamo il dottor Paul, il patologo preferito di Maigret, che gli dà alcune dritte per capire la meccanica degli eventi. E che Simenon (e Maigret) trattano sempre con simpatia. L’altra è più marginale, ma significativa: così come il primo romanzo scritto in America portò il commissario sul suolo americano, così il primo dei 25 romanzi svizzeri porta Maigret in Svizzera, a Losanna (che è a soli 17 chilometri dal castello di Simenon). Non solo, ma il commissario locale, mentre spiega al nostro meccanismi e rapporti locali, lo porta a mangiare in una trattoria del Canton de Vaud, quello dove per sei anni risiederà Simenon e famiglia. Al solito, lo scrittore scrive presto e veloce (la solita settimana) ma riempie le pagine anche di elementi di facile reperibilità ed usabilità, come appunto un pranzo svizzero.
“Abbiamo parecchie scuole di questo tipo in Svizzera…” (111)

Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi, Orly, Monte Carlo, Losanna
David Ward, 63 anni, inglese, colonnello e uomo d'affari, sposato tre volte, due figli, vittima
John T. Arnold, inglese, amico e segretario personale di Ward
contessa Louise Palmieri, nata La Serte, 39 anni, francese divenuta italiana per matrimonio, divorziata due volte, amante di Ward
conte Marco Palmieri, italiano, primo marito della contessa
Joseph Van Meulen, detto Jef, 65-70 anni, belga, proprietario di una fabbrica di prodotti chimici, secondo marito della contessa
3 gg.
7 – 9 ottobre
“Gli scrupoli di Maigret”
[tit. or.: Les scrupules de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 163 – 307 (144); anno 1958]
Simenon con Denyse, John e Marie-Jo si comincia ad assestare nella nuova vita svizzera, godendo un bell’autunno montano nel suo castello nel Vaud, ed ha tempo allora anche di riflettere su tutte le sue tematiche. Riflessioni che, distillandosi, entrano nei suoi libri. Come in questo atipico sugli scrupoli di Maigret, dove vediamo serpeggiare molte tematiche extra-poliziesche, legate all’uomo, alla vita, ai rapporti umani. Qui in particolare, tutto il romanzo si incentra su di un crimine che non è stato ancora commesso. Gli scrupoli vengono a Maigret perché non sa se intervenire, e soprattutto come intervenire. Tutto comincia dalla doppia visita dei coniugi Marton. Prima viene il marito Xavier, responsabili del reparto giocattoli ai Magazzini Lafayette, che, pur con difficoltà espressive, cerca di far capire che teme per la propria vita. Pensa che la moglie voglia ucciderlo, probabilmente per riscuotere il premio dell’assicurazione, o forse per avere una vita quasi serena con il suo amante Maurice, benché questo sia sposato. Potrebbe anche voler mettere fine ad una possibile tresca tra Xavier e la bella cognata Jenny. Per fugare ogni dubbio, Xavier è anche andato da uno psichiatra, perché questi possa dire se lui sia o meno pazzo. Poi Maigret riceve la visita della moglie Gisele, che invece cerca di convincere il commissario che il marito, forse non è proprio pazzo, ma molto esaurito certamente. Che vede montagne dove non ci sono neanche topolini. La moglie dà anche una spiegazione ragionevole ad ogni possibile elemento che Xavier aveva tirato fuori come prova inconfutabile del possibile assassinio. Maigret è turbato dal fatto che queste due “confessioni” possano portare ad un crimine. Potrebbe Gisele realmente uccidere Xavier, o, di converso, potrebbe Xavier, sentendosi minacciato, uccidere preventivamente Gisele. Al fine di mettersi la coscienza a posto, Maigret adotta una serie di strategie. Prima di tutti sguinzaglia i suoi uomini sulle tracce della famiglia Marton. Vediamo Lucas, Torrence, Janvier e il giovane Lapointe muoversi per Parigi sulle orme prima dei due, poi, scoprendo l’esistenza anche di Jenny, dei tre. Il tutto nel solito brevissimo lasso di tempo, che Xavier viene a trovare Maigret il 10 gennaio, e la conclusione avverrà già il 12 dello stesso mese. Intanto, da parte sua, Maigret si mette anche a leggere trattati di psicologia, per capire se ha davanti un caso clinico reale. Cerca anche conforto in una chiacchierata con il suo amico, il dottor Pardon, per fugare i suoi dubbi, e cercare di carpire i segreti dello psichiatra consultato da Xavier. Entrambi i tentativi falliscono, inducendo Maigret anche a qualche sarcastico commento sull’astrusità dei libri. Perché quello che ha di fronte non è un caso clinico, ma come dice ad un certo punto, è la vita come si sviluppa ogni giorno. La vita e le azioni degli uomini, che vediamo, che a volte capiamo. Ma a volte no. Maigret convince comunque Xavier a fare un nuovo test di “follia” presso il carcere mandamentale. Ma capisce anche che potrebbe essere un elemento scatenante la pazzia latente. Ed a ragione. Che Lapointe, messo a guardia per la notte, lo chiama alle sei di mattina: Xavier è morto. Bevendo veleno. Gisele ha vomitato nella notte. Jenny ha due occhi stravolti. Non potendo far altro che constatare il decesso, porta le due donne in Centrale, dove dà vita ad uno dei suoi serrati interrogatori. Dove scopriamo che i tre avevano preso una tisana la sera prima, preparata da Jenny, cui anche Xavier poteva aver accesso, ma che Gisele, avuto il vassoio sul tavolo, ha provveduto a spostare di mezzo giro, in modo che la tazza di Xavier sia finita a lei e la sua a quella di Xavier. Ovvio che Xavier aveva messo una piccola dose di veleno per far in modo di avere un piccolo malore ed avere la scusa di uccidere la moglie. Ma chi ha messo l’altro veleno? Xavier stesso o Jenny la cognata innamorata? Vi lascio il bel capitolo finale con le discussioni e gli interrogatori di Maigret che sono al solito magistrale, così da poter delucidare la fine della storia. Qui notiamo soltanto altre tre cose. Non è la prima volta che Simenon utilizza il triangolo marito-moglie-cognata. A mia memoria, già tre volte utilizzato in precedenti romanzi: Un delitto in Olanda (1931), Il pazzo di Bergerac (1932) e Le Vacanze di Maigret (1948). Inoltre, come spesso accade, fa un piccolo riferimento incrociato: nel capitolo 6 descrive un episodio criminale, che non è altro la trama centrale del romanzo “L’uomo della panchina” del 1952. Questo per dire che sicuramente Simenon ha una buona mente, ma che anche, come scrisse in qualche quaderno, ha anche appunti di tutto ciò che ha scritto del commissario. L’ultimo elemento è duplice: riguarda l’invecchiamento dei personaggi, ma anche, e soprattutto, il rapporto tra Maigret e la moglie. Infatti, dal dopo guerra in poi, Maigret mostra la sua età, non è sempre nei suoi “splendidi” 45, si avvicina anche se lentamente alla pensione. Ed ogni tanto si fa visitare dall’amico dottor Pardon. Qui, invece, è la signora Maigret che ha qualche acciacco, ed il medico le consiglia di perdere qualche chilo. Graziosi quindi i siparietti familiari con la signora che cucina “più sano” ed il nostro Jules che fa finta di nulla. Ma questo dà anche modo di spolverare ricordi. Ed è con la nostalgia di chi forse non ha mai avuto un simile approccio familiare che Simenon ci narra sprazzi della giovinezza dei due. Il momento più bello e tenero è il ricordo di quando si prendevano sottobraccio all’uscita di un cinema o di un teatro. Ed i baci scambiati ossequiosamente prima di lasciarsi. Una tenerezza infinita. Che costruisce, ormai oltre i cinquanta romanzi, un mondo che sta in piedi da solo, una vita come si potrebbe ricostruire. Tanto che non sono pochi coloro che hanno tentato, anche con gradevolezza, di costruire la biografia del commissario. E chissà…
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi
Xavier Marton, circa 40 anni, sposato, senza figli, vittima
Gisèle Marton, 43 anni, moglie di Xavier, socia e amante di Schwob
Jenny, circa 30 anni, sorella di Gisèle
Maurice Schwob, 49 anni, detto anche Harris, sposato, amante di Gisèle
Ispettore Lapointe
3 gg.
10 – 12 gennaio
“Maigret e i testimoni recalcitranti”
[tit. or.: Maigret et les témoins récalcitrants; ling. or.: francese; pagine: 311 – 457 (146); anno 1959]
Il 1958 è un anno fausto per Simenon, uno di quelli che ricorderà per molto tempo, dove fa un sacco di cose, e la vita familiare non è ancora incrinata dai problemi degli anni Sessanta. Intanto escono ben 4 film tratti da suoi romanzi: “Il commissario Maigret” dove Jean Gabin interpreta per la prima volta il ruolo del commissario, “Clandestina a Tahiti” con Serge Reggiani e Arletty, il poco noto in Italia “I fratelli Rico”, e “La ragazza del peccato” ancora con Jean Gabin e dove la ragazza del titolo è Brigitte Bardot. Inoltre, a maggio è presidente del festival del cinema di Bruxelles, dove, in ottobre, tiene una conferenza dal titolo “Le roman de l’homme”. Per non farsi mancare nulla, in estate organizza una lunga vacanza sui canali olandesi con la famiglia a bordo di una chiatta speciale adatta a quel tipo di navigazione chiamata “tjalk”. Sempre in ottobre poi, nella solita settimana di lavoro, butta giù questo romanzo. Anch’esso tipico del momento: quando va tutto bene, Simenon è preso dalla nostalgia. Che riversa nel romanzo, dove tutto è nel segno della decadenza e della nostalgia. Decadente è la casa Lachaume, locali antiquati, ed abitanti dai moti antichi. Nostalgico invece è il commissario che, dovendo indagare sul morto della casa, si ricorda dei biscotti Lachaume, che avevano punteggiato la sua infanzia con quell’inimitabile “sapore di cartone”. Maigret si sente invecchiare, vede sempre più giovami intorno a lui, a cominciare dal giudice Angelot che ha sostituito il suo vecchio nemico Comelieu. E si sente vicino alla pensione: ad un certo punto dice che gli mancano solo due anni, ma fortunatamente Simenon scriverà altri 22 romanzi prima di lasciarlo andare. Una nostalgia che pervade tutta la prima parte del romanzo: novembre con la sua pioggia, la stufa che vede al Quai de la Gare e che gli ricorda quella del suo ufficio, l’azione che si svolge il 3 novembre, dopo il giorno dei morti, la sciarpa che la signora Maigret gli fa indossare per non prendere freddo, la costruzione di nuovi edifici che vanno trasformando la sua Parigi. Sarà l’incontro con le due donne del romanzo che fa uscire Maigret dal letargo, dona vitalità allo scritto, e porta ad una seconda parte più accattivante. Perché Maigret deve indagare sulla morte di Léonard Lachaume, trovato in un bagno di sangue nella sua stanza, e dove nessuno si era accorto di nulla. Eppure, tutti erano presenti: i vecchi genitori, il fratello Armand con la moglie Paulette nata Zuber, la sorella Veronique. Sono proprio la vitalità di Paulette e la prosperità di Veronique che scuotono Maigret. Che nel capitolo 5, come dice lui stesso “posa i piedi per terra”, si concede una suntuosa choucroute con birra alsaziana, e comincia a macinare la sua azione di scoperta. Entra nella vita del morto, che sposò una ricca signorina ora morta per avere soldi per mantenere il biscottificio. Nella vita del mesto fratello Armand, anche lui sposo per denaro, con la ricca Paulette, il cui padre, mercante e traffichino, aveva lasciato piena di soldi. Soldi che Léonard non aveva tema di chiedere a più riprese, in genere a fine mese, per far fronte ai debiti sempre ingenti dell’esercizio familiare in rovina. Nella vita di Veronique, andata via di casa per fuggirne l’oppressione, donna libera, che ora si accompagna con tal Jacques. Che sembra un pesce lesso, ma che invece è un misero cacciatore di dote. Così che, quando scopre che Paulette è la vera detentrice dei cordoni della borsa, non esita a tentarne riuscendoci un abbordaggio di classe. Nella parte finale, c’è tutto il contraltare della prima. Dove la sapiente mano dello scrittore, ci fa vivere in due capitoli l’interrogatorio dei testimoni presenti nella casa, con quei modi di non dire nulla, di sviare le domande, insomma di recitare la parte del titolo, quella dei testimoni reticenti. Mentre quando comincia a capire che molto ruota intorno alle due donne, il piglio si fa spedito. Al solito è guidato dalle sue intuizioni, dai pedinamenti che fa effettuare ai suoi ispettori. Inciso: ci sono alcune belle scene ambiente al Quai des Orfevres, come quella in cui Maigret, per chiedere un lavoro a Lucas, si alza e va nella sala dove risiedono gli ispettori. E Simenon ce la descrive, prendendo sempre spunto da quel suo scritto del 1933, in cui, dopo le prime inchieste del commissario, fu invitato a fare un giro turistico nelle stanze della Polizia Giudiziaria. Ma ci sono quindi anche indizi materiali, cose che non sono dove dovrebbero essere o che mancano. Il lenzuolo con le iniziali P di Paulette che sta sul letto di Léonard, una chiave inglese nella stanza del morto, la mancanza di una vestaglia. Maigret non fa fatica a ricapitolare gli ultimi avvenimenti. Peccato che lo faccia a casa di Veronique, in presenza del sordido Jacques. Questi infatti ammette di aver cambiato il tiro al suo arco, e di aver puntato, facendo breccia, su Paulette. Che a questo punto vuole divorziare da Armand, togliendo completamente il sostegno economico all’azienda. Certo Veronique ci rimane di merda, Jacques viene mandato ad altri lidi, e Paulette … Ma questo ha poca importanza per Maigret e Simenon. Abbiamo fatto un nuovo giro in un mondo particolare, abbiamo visto da entomologhi agire le formiche umane e le loro miserie. Il poliziesco ci sta, ma è marginale. Quello che rimane, oltre alla scrittura, oltre al biomondo maigrettiano, è la choucroute alsaziana. Per chi non la conoscesse è un piatto “leggero” composto da crauti, patate, wurstel, stinco, lardo e pancetta (solo carne di maiale, please). Buon appetito! È buona lettura di un altro degno capitolo delle opere del commissario.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Ivry-sur-Seine, VIII arrondissement di Parigi
Paulette Lachaume, nata Zuber, circa 30 anni, sposata, senza figli, vive di rendita
Léonard Lachaume, vedovo, direttore esecutivo della biscotteria Lachaume, vittima
Armand Lachaume, fratello di Léonard, marito di Paulette
Véronique Lachaume, 34 anni, sorella di Léonard e Armand, nubile
Félix Lachaume e sua moglie, genitori dei precedenti
Frédéric Zuberski, noto come Zuber, padre di Paulette, ricco mercante, morto 5 mesi fa
Angelot, giudice istruttore
Jacques Sainval, 44 anni, il cui vero nome è Arthur Baquet, fidanzato di Véronique, lavora in campo pubblicitario
2 gg.
3 – 4 novembre
“Maigret si confida”
[tit. or.: Une confidence de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 461 – 602 (141); anno 1959]
Dopo un anno turbinante, ecco che Simenon si concede sei mesi di quiete e riposo. Anche perché Denyse è di nuovo incinta, e l’unica attività, oltre allo scrivere, che persegue lo scrittore nel suo rifugio svizzero è una gita a Firenze nel dicembre del ’59, lui solo con Denyse. Ciò porta Simenon a concentrarsi, quando si siede al tavolino con la fida macchina da scrivere, sui temi che lo assillano in questo periodo. Temi che usa nei cosiddetti “romanzi duri”, ma che compaiono sempre più spesso nella serie Maigret. Simenon si interroga allora sulla giustizia, sul ruolo della polizia, sulle responsabilità e le colpevolezze dell’Uomo (si, quello con la U maiuscola, come a rappresentarne la specie e non elementi singoli). In questa lunga “confidenza” si sviluppa poi uno dei meccanismi più interessanti della scrittura di Simenon. Perché, visto che si occupa dei temi di cui sopra, non è l’inchiesta e la sua soluzione quello che interessa lo scrittore, ma i ricordi, i sentimenti che la stessa lascia nell’animo del commissario. Per sviluppare queste tematiche, allora, ecco che la storia ci viene raccontata principalmente in flash-back. Con un meccanismo, che qualcuno più maigrettiano di me senz’altro, ha analizzato a fondo, scoprendo un modo narrativo singolare. Con un andamento su tre tempi: il presente in cui si narrano le confidenze durante le cene tra i Maigret e i Pardon, il passato, in cui Maigret rievoca in prima persona gli avvenimenti e sempre il passato che però viene narrato in terza persona dal narratore, cioè da Simenon stesso. Un andamento peculiare e ricorrente, cioè che va toccando i tre punti sempre in sequenza. Lo spunto è una cena dagli amici Pardon. Qui Simenon indulge nei suoi bagni di ricordi, rievocando cene conviviali, e soprattutto il budino di riso con le mele cotte che Maigret adora (e che accompagna con bianco frizzante della vallata del Rodano, specifico dell’Alvernia). Grande è l’amicizia tra le due famiglie, che i Maigret non hanno altre frequentazioni parigine, e trovano affine la famiglia del dottore, anche lui sempre sulla cresta dell’onda, pronta a lasciare casa e cena per correre dai malati. In questa serata di calma e rimembranza, Maigret inizia a raccontare all’amico medico la storia di un caso che gli ha lasciato molti dubbi ed interrogativi. Ovviamente non seguiamo l’andamento sincopato del racconto, ma ne vediamo i tratti essenziali. Il nodo centrale è il lungo interrogatorio che Maigret affronta per capire la verità delle azioni di Adrien Josset. Farmacista, non particolarmente brillante, sposo di Christine, più grande e molto più ricca di lui. Dopo le stagioni del grande amore, entra la routine, la stanchezza, la confidenza nell’allontanamento. Christine rimorchia bande di giovinastri per divertimenti di poche sere. Adrien ad un certo punto si innamora di Annette, la sua giovane segretaria. Con la quale instaura una routine di vita parallela a quella ufficiale con la moglie. Tutto procede secondo binari abbastanza tranquilli, finché i due amanti non vengono scoperti dal padre di lei, e Josset, uomo debole e indeciso, si costringe a promettere divorzio e matrimonio riparatore. Sconvolto, vaga di bar in bar, e, tronato a casa, trova la moglie uccisa a coltellate. Quando i drammi si accavallano. Josset perde la testa, fa stupidaggini a ripetizione, fino a presentarsi solo all’alba presso un commissariato per denunciare i fatti. Ovvio che viene da subito accusato dell’omicidio. Nel lungo interrogatorio, Maigret è colpito dalla maniacale precisione delle descrizioni delle mosse di Josset. Ed è colpito proprio dall’uomo Josset, dalla sua fragilità, dalla sua (almeno apparente) sincerità. Ma è così, o è tutta una montatura per dissimulare un feroce assassino? Maigret non sa trovarne il bandolo, anche perché ben presto il giudice istruttore ed i media si impadroniscono dell’affare. Anche perché il padre dell’amante, per la vergogna, si suicida poco dopo. E perché si scopre un aborto di Annette di pochi mesi prima. Anche se si dice, si cerca e si mormora dei ragazzi di Christine, e se ne trovano, poco esce fuori delle ultime frequentazioni. L’opinione pubblica si schiera ben presto contro Josset. Si arriva al processo (con alcuni elementi che già fanno presagire il successivo romanzo di Simenon). Una volta che la polizia viene chiamata fuori, questa la riflessione di Maigret, il tribunale, la giustizia, saprà rendere onore ai fatti? Saprà sviscerarne le implicazioni? Quando Maigret espone le sue considerazioni in un’aula non ha lo stesso impatto verso il possibile colpevole di quando si siedono faccia a faccia al Quai des Orfevres. Fatto sta che Josset viene condannato. Ma non si scioglie il mistero, che mesi dopo, un confidente tornato dal Venezuela sostiene di aver avuto le confidenze di un certo Popaul (giovinastro che Maigret non riuscì a trovare) che si vantava di aver ucciso la bella ereditiera. Ma tutto ciò è molto vago. Esiste veramente Popaul? Nell’affare Josset, allora, chi ha mentito e chi ha detto la verità? Un romanzo atipico e di alto livello. Neanche noi sapremo mai “la verità” (e la virgoletto ricordando sempre “Rashomon”). Ma continueremo a riflette sul rapporto tra inchiesta e tribunali, tra polizia e avvocati. Per questo, Maigret preferisce far confessare il colpevole. È l’unico modo di stabilirne con certezza la colpevolezza. Rimandando ad altri scritti i rapporti tra Maigret e pardon, un ultimo inciso sul dolce di riso dell’inizio, che fa tornare alla mente sia l’analogo dolce (ma senza mele) servito da Anna Peeters ne “La casa dei fiamminghi” sia la scorpacciata di profiterole cui Maigret si deve sottoporre sotto gli occhi della madre del suo amico Chabot in “Maigret ha paura”.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi, Fontenay-le-Comte
Adrien Josset, 40 anni, farmacista industriale, sposato, senza figli
Christine Josset, 44 anni, nata Fontane, moglie di Josset, vittima
Annette Duché, 20 anni, segretaria e amante di Josset
Martin Duché, padre di Annette, capo della prefettura di Fontenay-le-Comte
Dr. Pardon, amico di Maigret
Mme Pardon, sua moglie
Mme Maigret
giudice Coméliau
Non indicata
Non indicato
“Maigret in Corte d'Assise”
[tit. or.: Maigret aux assises; ling. or.: francese; pagine: 605 – 733 (128); anno 1959]
Una seconda metà del 1959 altalenante quella di Simenon, tra fatti privati positivi e dolorosi e poche attività pubbliche. Il 26 maggio, venti giorni dopo la fine della scrittura del romanzo precedente, nasce a Losanna Pierre Nicolas Chrétien Simenon. Ma alla fine dell’anno dovrà affrontare un periodo particolarmente duro: da settembre a novembre inoltrato soggiornano a Lione, all’hotel Carlton, poiché il piccolo Pierre è ricoverato alla locale clinica di Sainte-Eugénie per problemi ematologici. Ad inizio settembre esce un nuovo film su Maigret con protagonista Jean Gabin e contemporaneamente muore in Belgio Henri Lucien Brüll cugino di Simenon. Quando a fine novembre pone mano ad un nuovo Maigret, questo senso di alternanza emerge nel doppio registro del romanzo. Da un lato, il giallo che lo porta di nuovo (dice lui per la trecentesima volta) in tribunale e che fa emergere le sue riflessioni sulla giustizia. Dall’altro il senso della vicinanza alla pensione, con il racconto della casa in campagna che acquista e le sue idee per quando si ritirerà. Idealmente si ricollega al precedente con il passaggio in tribunale, durante il processo a Gaston Meurant, accusato dell’uccisione della zia e di una bambina di 4 anni pensionata presso la zia a scopo di rapina. Anche qui, in flashback, mentre l’azione si svolge in ottobre, torniamo nel febbraio per seguire le indagini e gli interrogatori del commissario. Meurant è un corniciaio sposato con la più giovane Ginette, ex-entraineuse che voleva fare la bella vita, ma che si è scontrata con la scarsa capacità imprenditoriale di Gaston. Ginette lo spinge ad aprire un ristorante che ben presto andrà in fallimento, così che Gaston torna a fare il corniciaio. Per andare avanti, periodicamente Gaston chiede aiuto economico alla zia. Proprio alla scadenza di una cambiale, la visita coincide con il ritrovamento della zia e della bambina morte. Gaston è apatico, sembra quasi non essere interessato. Maigret invece intuisce che c’è sotto qualcosa. Il ritrovamento poi di un vestito macchiato di sangue, vestito di Gaston, fa precipitare tutte le accuse verso il corniciaio. Ma Maigret non è contento, e scavando scopre: una tempistica impossibile per gli spostamenti di Gaston ed una tresca tra Ginette e tale Pierrot, sbandato amico dell’altrettanto sbandato fratello di Gaston, Alfred. Durante il processo, sarà facile per Maigret smontare le accuse contro Gaston e farlo assolvere per insufficienza di prove. Ha però svelato a Gaston la tresca tra Ginette e Pierrot. Così che Gaston, uscito di prigione, benché pedinato dagli uomini di Maigret, si procura un’arma ed uccide Pierrot. Per quindi tornare in prigione ad espiare le sue colpe. Simenon l’aveva già detto molte volte in altri contesti, e qui lo ribadisce con la partica. Lui dubita della Giustizia, poiché crede che sia impossibile giudicare qualcuno. Solo la confessione ha valore. Confessione che non fa Gaston, che è realmente innocente della morte della zia. Confessione che non farà in tempo a fare l’assassino Pierrot in quanto raggiunto dalla giustizia personale di Gaston. Qui, in un certo senso, si accentua, si esaspera quella che di Maigret aveva sempre detto Simenon sin dai primi romanzi. Il nostro entrò in polizia perché voleva “accomodare i destini degli uomini. E qui, Maigret sa che Gaston riesce a procurarsi un’arma, ma non fa nulla per fermarlo preventivamente. Sa che sarà impossibile incolpare Pierrot della morte della zia. E sta lì ad aspettare gli eventi. Un atteggiamento personalmente troppo vicino agli dei per convincermi, ma questa è la filosofia del quasi sessantenne scrittore. Ma c’è anche il secondo lato del romanzo. Da tempo, Maigret si sente vicino alla pensione. E qui confessa di aver finalmente comperato a Meung-sur-Loire la casa in campagna dove andrà a ritirarsi da qui a… Questo non lo sappiamo, ma avremo altri quindi anni di romanzi per scoprirlo. Intanto, facendo un pot-pourri dei romanzi del nostro, possiamo estrapolare una bella descrizione di questa futura dimora. Circondata da un frutteto dove troviamo ciliegi, pioppi e prugne, un platano, e un giardino con pareti basse su cui si apre una piccola porta verde. Un piccolo orto dove Maigret coltiva lattuga, meloni, pomodori, piselli e melanzane. La casa ha piccole finestre. Tra il giardino e la casa, c'è un cortile parzialmente coperto con un pavimento lastricato rosso, arredato con un tavolo di ferro, una panchina dipinta in verde, e una grande poltrona a strisce rosse e gialle, una stufa. Si entra quindi nella casa con un corridoio lastricato di grigio, una sala da pranzo, arredata con una stufa e la sedia del commissario, la cucina con il soffitto a grandi travi. La cucina comprende un camino, un armadio pieno di bottiglie di cibo e alcol, sedie di paglia, una mensola di rame, un tavolo di faggio, una scala a sfera in rame e gradini di quercia che porta al primo piano, dove sono la camera da letto, arredata con una cassettiera e un armadio, e un bagno. Accanto alla casa, c'è un capanno degli attrezzi dove Maigret conserva le sue canne da pesca. Dietro il giardino si vede la Loira dove Maigret tiene una barchetta verde a bordo della quale va a pescare. E da pensionato, oltre al giardinaggio ed alla pesca, si dedicherà a giocare a carte e qualche volta a bocce. Ma ora è tempo di chiudere anche questo 11° e molto interessante volume.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi, Tolone, Celles
Gaston Meurant, 38 anni, corniciaio, sposato, senza figli
Ginette Meurant, 27 anni, sua moglie, già entraîneuse di cabaret
Léontine Faverges, 62 anni, zia di Gaston, prima vittima
Cécile Perrin, 4 anni, ospite a pensione da Léontine, seconda vittima
Alfred Meurant, fratello di Gaston
Pierre Millard, detto Pierrot, 32 anni, amico di Alfred e amante di Ginette, terza vittima
Ispettore Lapointe
3 gg. e 4 gg.
Fine febbraio – inizio marzo (prima parte) poi ottobre (finale)

Siamo ancora in situazioni d’emergenza, riposati certo, abbronzati forse, ma senza tutto il nostro bagaglio di note in rete e sul disco fisso. Quindi anche questa settimana niente appendici, ma solo una recensione consolidata del nostro fido ed amato Maigret. 

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