Eccoci allora, nella calura
estiva, a ripercorrere una nuova cinquina di Maigret. Un Maigret svizzero, con
tutto quello che comporta questo nostro ingombrante vicino di casa. Un Maigret
pieno di riflessioni e parco di storie gialle e/o poliziesche. Un Maigret letto
in tristezza, poco dopo la morte di mamma. Ma la vita prosegue e le letture anche.
[A: 01/12/2015 – I: 23/03/2018 – T:
02/04/2018] - &&&&
+
[tit. or.: vedi singoli libri; ling.
or.: francese; pagine: 733; anno 2015]
Eccoci
ad un nuovo volume delle storie del commissario Maigret, il primo che leggo
dopo la morte di mia madre. Perché è a lei che devo la passione per il
commissario, ed a lei dedico questi scritti che stanno diventando sempre più
corposi. Qui abbiamo poi un volume, il primo, tutto svizzero, scritto nel
castello di Échandens, in uno dei cantoni, quello di Vaud, più vicino alla
Francia con capitale Losanna. Una cinquina di romanzi molto pieni del nuovo
spirito riflessivo di Simenon: cos’è la giustizia, cosa spinge gli individui a
fare quello che fanno, ed altre interessanti tematiche morali. Ma sempre con al
centro il nostro Jules-Gino.
Titolo
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Scritto
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Uscito
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Data
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Luogo
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Maigret si mette in viaggio
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10 – 17 agosto 1957
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Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud)
(Svizzera)
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2 dicembre 1957
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Gli scrupoli di Maigret
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9 – 16 dicembre 1957
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Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud)
(Svizzera)
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25 giugno 1958
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Maigret e i testimoni recalcitranti
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16 – 23 ottobre 1958
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Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
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marzo 1959
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Maigret si confida
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26 aprile – 3 maggio 1959
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Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud)
(Svizzera)
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settembre 1959
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Maigret in Corte d'Assise
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17 – 23 novembre 1959
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Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud)
(Svizzera)
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maggio 1960
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[tit. or.: Maigret voyage; ling.
or.: francese; pagine: 11 – 159 (148); anno 1957]
Poco
dopo la fine del romanzo precedente, un altro lutto colpisce lo scrittore,
quando a novembre muore a Liegi lo zio materno François, detto Franz, Henri
Joseph Brüll di 85 anni. Sempre di meno quindi i legami con la sua terra, e non
è quindi un caso che il nostro cominci a cercare un nuovo spazio di vita.
Infatti, questo 1957 inizia con una ricognizione nel cantone francofono di
Vaud, in Svizzera, per trovare una nuova sistemazione. Così, insieme a Denise,
girando su di una Mercedes 300 S cabriolet, si imbatte nel castello Échandens,
a circa venti chilometri da Losanna. Affascinato, lo vorrebbe comperare, ma si
dovrà accontentare di un affitto di sei anni. Nel luglio fa il trasloco,
ribattezzando il castello “Noland” (Senza Terra, come il famoso re
d’Inghilterra della Terza Crociata; e vediamo se trovate l’errore). Sembra
sempre sia girovagando, ma qui veramente resterà sino al 1963. In questo luogo
senza radici, che dovrà cercare di far capire alla sua famiglia americana,
Simenon scrive un romanzo abbastanza “leggero” nella trama, anche se
particolarmente significativo per le tematiche che affronta: il rapporto di
Maigret con il mondo dei VIP e la ricerca, di Simenon questa volta, di cosa c’è
dentro l’uomo, nel suo essere interiore e più vero, quello che l’autore chiama
“uomo nudo”. Paradossalmente, poi, proprio due uomini nudi costeggiano la
vicenda: il colonnello Ward, nudo nella vasca dove qualcuno lo ha ucciso, ed il
magnate Jef, nudo mentre si fa massaggiare in quel di Cannes e mentre ha una
conversazione con Maigret. Simenon vuole mostrarci, in queste immagini, che le
apparenze sociali nascondono solo un fondo della realtà: la stessa paura abita
tutti gli uomini, lo stesso bisogno di rassicurarsi inventando riti e rituali.
Ma se questo è un tema ricorrente in molta della sua produzione, più
interessante, per me, qui in questo romanzo, è la descrizione del mondo VIP,
che Simenon ben conosce, ma che ci mostra con gli occhi del commissario venuto
dal popolo e dalla strada. Questa consorteria che si sostiene a vicenda, che
vive nei grandi alberghi, tutti uguali, benché in tutte le parti del mondo
diverse. Quando si aggira per il George V a Parigi, o il Grande Albergo sulla
Croisette a Cannes, o nell’analogo di Losanna, solo le città sono diverse, ma
gli alberghi e la fauna che ospita no. Ed è una fauna che ha modi urbani, pur
coltivando passioni e rivalità. Ma forse i modi urbani sono solo facciate (e
forse lo sappiamo noi che si vive nella realtà) che nascondono sottili partite
a scacchi dove la fine partita è quella di essere esclusi dal bel mondo. Come
la partita che Maigret cerca di scoprire e che inizia in sordina il 7 ottobre
di un qualsiasi anno. Nel grande albergo parigino prima la Contessa Palmieri
tenta il suicidio (ma forse è solo un mondo di scaricare le nevrosi senza
arrivare al punto di non ritorno) e poi, sotto l’insistenza del segretario
Arnold, si scopre la morte del colonnello Ward, annegato nella vasca da bagno.
Maigret cerca di capirne qualcosa prima che giornali scandalistici ed altro si
impadroniscano dell’affare, ma la contessina, dall’ospedale, fugge verso Cannes
per parlare con il suo precedente marito, Jef Van Meulen. Qui comincia il
viaggio di Maigret, che, senza bagaglio e senza pensarci su, prende il primo
aereo per Nizza. Dove però arriva che la contessa è volata verso il suo buon
rifugio di Losanna. Prima di andare da lei, Jef nudo e massaggiato, gli spiega
il “loro” mondo. La Contessa è francese, diventata italiana sposando lo
spiantato conte Palmieri. Ma pur amandolo, ben presto si accorge che non le può
garantire una presenza stabile nel bel mondo. Così lo lascia e sposa Jef. Che
gli fa da buon mentore, che la sgrossa, ma che si accorge che la contessa ha
sempre un pendant verso il conte. Si lasciano ed è proprio Jef che le presenta
il suo buon amico, il colonnello Ward. Il quale ha già tre matrimoni alle
spalle, due sanciti già da divorzi amichevoli ma di sicuro onerosi per il
colonnello. Che tuttavia può sopportarlo, essendo ricco e di molto. La prima
moglie americana ha una buona rendita e vive oltre oceano. La seconda, con cui
ha avuto un figlio ora sedicenne, vive con il ragazzo in Inghilterra dove
questo studia. La terza non è ancora divorziata, e vive proprio anch’essa a
Losanna, con una figlia del colonello credo quattordicenne o giù di lì. Il
colonnello sta cercando il divorzio ma la terza moglie non si accontenta di
briciole che la butterebbero appunto fuori dal “grande giro”. E vuole il
divorzio per sposare la contessa. Che è un’anima irrequieta, e in quel di
Parigi, poco prima del tourbillon degli eventi, con Ward aveva incontrato
Palmieri con la sua nuova fiamma olandese. Cadendo nella depressione nera, poiché
in fondo sempre lo spiantato è nel suo cuore. Non però nel cuore del Conte, che
cerca invece questa nuova avventura per sistemarsi meglio. In questo giro dove
tutti fanno il loro comodo, e nessuno si scandalizza (e Simenon è ben feroce in
questo), scopriamo poi che l’ineffabile Arnold, segretario e tuttofare del
colonello, ha una storia, anche se segreta, con la terza moglie del suo
padrone. Ci sono tutti gli elementi per risolvere il caso, anche se Maigret,
per arrivare alla fine, prima prende un altro aereo per la Svizzera, dove
incontra ed interroga la contessa (che gli sta discretamente antipatica), poi
con un ultimo aereo torna a Parigi, e, finalmente nella sua stanza al Quai des
Orfevres, risolve per lui e per noi il caso. È il 9 ottobre. Due giorni di
viaggi per l’Europa, e di pensieri sciolti del nostro commissario, per arrivare
alla soluzione. Ma se questa è scontata, non è questa che interessa a Simenon,
ma tutta la catena di eventi e persone che hanno costruito il caso. Due ultime
chicche: in questo romanzo è una delle ultime volte che incontriamo il dottor
Paul, il patologo preferito di Maigret, che gli dà alcune dritte per capire la
meccanica degli eventi. E che Simenon (e Maigret) trattano sempre con simpatia.
L’altra è più marginale, ma significativa: così come il primo romanzo scritto
in America portò il commissario sul suolo americano, così il primo dei 25
romanzi svizzeri porta Maigret in Svizzera, a Losanna (che è a soli 17
chilometri dal castello di Simenon). Non solo, ma il commissario locale, mentre
spiega al nostro meccanismi e rapporti locali, lo porta a mangiare in una
trattoria del Canton de Vaud, quello dove per sei anni risiederà Simenon e
famiglia. Al solito, lo scrittore scrive presto e veloce (la solita settimana)
ma riempie le pagine anche di elementi di facile reperibilità ed usabilità,
come appunto un pranzo svizzero.
“Abbiamo parecchie scuole
di questo tipo in Svizzera…” (111)
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi, Orly,
Monte Carlo, Losanna
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David Ward, 63 anni, inglese, colonnello e uomo d'affari,
sposato tre volte, due figli, vittima
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John T. Arnold, inglese, amico e segretario personale di Ward
contessa Louise
Palmieri, nata La Serte,
39 anni, francese divenuta italiana per matrimonio, divorziata due volte,
amante di Ward
conte Marco
Palmieri, italiano, primo
marito della contessa
Joseph Van Meulen, detto Jef, 65-70 anni, belga, proprietario di
una fabbrica di prodotti chimici, secondo marito della contessa
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3 gg.
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7 – 9 ottobre
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“Gli scrupoli di Maigret”
[tit. or.: Les scrupules de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 163
– 307 (144); anno 1958]
Simenon
con Denyse, John e Marie-Jo si comincia ad assestare nella nuova vita svizzera,
godendo un bell’autunno montano nel suo castello nel Vaud, ed ha tempo allora
anche di riflettere su tutte le sue tematiche. Riflessioni che, distillandosi,
entrano nei suoi libri. Come in questo atipico sugli scrupoli di Maigret, dove
vediamo serpeggiare molte tematiche extra-poliziesche, legate all’uomo, alla
vita, ai rapporti umani. Qui in particolare, tutto il romanzo si incentra su di
un crimine che non è stato ancora commesso. Gli scrupoli vengono a Maigret
perché non sa se intervenire, e soprattutto come intervenire. Tutto comincia
dalla doppia visita dei coniugi Marton. Prima viene il marito Xavier,
responsabili del reparto giocattoli ai Magazzini Lafayette, che, pur con
difficoltà espressive, cerca di far capire che teme per la propria vita. Pensa
che la moglie voglia ucciderlo, probabilmente per riscuotere il premio
dell’assicurazione, o forse per avere una vita quasi serena con il suo amante
Maurice, benché questo sia sposato. Potrebbe anche voler mettere fine ad una
possibile tresca tra Xavier e la bella cognata Jenny. Per fugare ogni dubbio,
Xavier è anche andato da uno psichiatra, perché questi possa dire se lui sia o
meno pazzo. Poi Maigret riceve la visita della moglie Gisele, che invece cerca
di convincere il commissario che il marito, forse non è proprio pazzo, ma molto
esaurito certamente. Che vede montagne dove non ci sono neanche topolini. La
moglie dà anche una spiegazione ragionevole ad ogni possibile elemento che
Xavier aveva tirato fuori come prova inconfutabile del possibile assassinio.
Maigret è turbato dal fatto che queste due “confessioni” possano portare ad un
crimine. Potrebbe Gisele realmente uccidere Xavier, o, di converso, potrebbe
Xavier, sentendosi minacciato, uccidere preventivamente Gisele. Al fine di
mettersi la coscienza a posto, Maigret adotta una serie di strategie. Prima di
tutti sguinzaglia i suoi uomini sulle tracce della famiglia Marton. Vediamo
Lucas, Torrence, Janvier e il giovane Lapointe muoversi per Parigi sulle orme
prima dei due, poi, scoprendo l’esistenza anche di Jenny, dei tre. Il tutto nel
solito brevissimo lasso di tempo, che Xavier viene a trovare Maigret il 10
gennaio, e la conclusione avverrà già il 12 dello stesso mese. Intanto, da
parte sua, Maigret si mette anche a leggere trattati di psicologia, per capire
se ha davanti un caso clinico reale. Cerca anche conforto in una chiacchierata
con il suo amico, il dottor Pardon, per fugare i suoi dubbi, e cercare di
carpire i segreti dello psichiatra consultato da Xavier. Entrambi i tentativi
falliscono, inducendo Maigret anche a qualche sarcastico commento
sull’astrusità dei libri. Perché quello che ha di fronte non è un caso clinico,
ma come dice ad un certo punto, è la vita come si sviluppa ogni giorno. La vita
e le azioni degli uomini, che vediamo, che a volte capiamo. Ma a volte no.
Maigret convince comunque Xavier a fare un nuovo test di “follia” presso il
carcere mandamentale. Ma capisce anche che potrebbe essere un elemento
scatenante la pazzia latente. Ed a ragione. Che Lapointe, messo a guardia per
la notte, lo chiama alle sei di mattina: Xavier è morto. Bevendo veleno. Gisele
ha vomitato nella notte. Jenny ha due occhi stravolti. Non potendo far altro
che constatare il decesso, porta le due donne in Centrale, dove dà vita ad uno
dei suoi serrati interrogatori. Dove scopriamo che i tre avevano preso una
tisana la sera prima, preparata da Jenny, cui anche Xavier poteva aver accesso,
ma che Gisele, avuto il vassoio sul tavolo, ha provveduto a spostare di mezzo
giro, in modo che la tazza di Xavier sia finita a lei e la sua a quella di
Xavier. Ovvio che Xavier aveva messo una piccola dose di veleno per far in modo
di avere un piccolo malore ed avere la scusa di uccidere la moglie. Ma chi ha
messo l’altro veleno? Xavier stesso o Jenny la cognata innamorata? Vi lascio il
bel capitolo finale con le discussioni e gli interrogatori di Maigret che sono
al solito magistrale, così da poter delucidare la fine della storia. Qui
notiamo soltanto altre tre cose. Non è la prima volta che Simenon utilizza il
triangolo marito-moglie-cognata. A mia memoria, già tre volte utilizzato in
precedenti romanzi: Un delitto in Olanda (1931), Il pazzo di Bergerac (1932) e
Le Vacanze di Maigret (1948). Inoltre, come spesso accade, fa un piccolo
riferimento incrociato: nel capitolo 6 descrive un episodio criminale, che non
è altro la trama centrale del romanzo “L’uomo della panchina” del 1952. Questo
per dire che sicuramente Simenon ha una buona mente, ma che anche, come scrisse
in qualche quaderno, ha anche appunti di tutto ciò che ha scritto del
commissario. L’ultimo elemento è duplice: riguarda l’invecchiamento dei
personaggi, ma anche, e soprattutto, il rapporto tra Maigret e la moglie.
Infatti, dal dopo guerra in poi, Maigret mostra la sua età, non è sempre nei
suoi “splendidi” 45, si avvicina anche se lentamente alla pensione. Ed ogni
tanto si fa visitare dall’amico dottor Pardon. Qui, invece, è la signora
Maigret che ha qualche acciacco, ed il medico le consiglia di perdere qualche chilo.
Graziosi quindi i siparietti familiari con la signora che cucina “più sano” ed
il nostro Jules che fa finta di nulla. Ma questo dà anche modo di spolverare
ricordi. Ed è con la nostalgia di chi forse non ha mai avuto un simile
approccio familiare che Simenon ci narra sprazzi della giovinezza dei due. Il
momento più bello e tenero è il ricordo di quando si prendevano sottobraccio
all’uscita di un cinema o di un teatro. Ed i baci scambiati ossequiosamente
prima di lasciarsi. Una tenerezza infinita. Che costruisce, ormai oltre i
cinquanta romanzi, un mondo che sta in piedi da solo, una vita come si potrebbe
ricostruire. Tanto che non sono pochi coloro che hanno tentato, anche con
gradevolezza, di costruire la biografia del commissario. E chissà…
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi
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Xavier Marton, circa 40 anni, sposato, senza figli, vittima
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Gisèle Marton, 43 anni, moglie di Xavier, socia e amante di
Schwob
Jenny, circa 30 anni, sorella di Gisèle
Maurice Schwob, 49 anni, detto anche Harris, sposato, amante di
Gisèle
Ispettore Lapointe
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3 gg.
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10 – 12 gennaio
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[tit. or.: Maigret et les témoins récalcitrants; ling. or.: francese; pagine: 311
– 457 (146); anno 1959]
Il
1958 è un anno fausto per Simenon, uno di quelli che ricorderà per molto tempo,
dove fa un sacco di cose, e la vita familiare non è ancora incrinata dai
problemi degli anni Sessanta. Intanto escono ben 4 film tratti da suoi romanzi:
“Il commissario Maigret” dove Jean Gabin interpreta per la prima volta il ruolo
del commissario, “Clandestina a Tahiti” con Serge Reggiani e Arletty, il poco
noto in Italia “I fratelli Rico”, e “La ragazza del peccato” ancora con Jean
Gabin e dove la ragazza del titolo è Brigitte Bardot. Inoltre, a maggio è
presidente del festival del cinema di Bruxelles, dove, in ottobre, tiene una
conferenza dal titolo “Le roman de l’homme”. Per non farsi mancare nulla, in
estate organizza una lunga vacanza sui canali olandesi con la famiglia a bordo
di una chiatta speciale adatta a quel tipo di navigazione chiamata “tjalk”.
Sempre in ottobre poi, nella solita settimana di lavoro, butta giù questo
romanzo. Anch’esso tipico del momento: quando va tutto bene, Simenon è preso
dalla nostalgia. Che riversa nel romanzo, dove tutto è nel segno della
decadenza e della nostalgia. Decadente è la casa Lachaume, locali antiquati, ed
abitanti dai moti antichi. Nostalgico invece è il commissario che, dovendo
indagare sul morto della casa, si ricorda dei biscotti Lachaume, che avevano
punteggiato la sua infanzia con quell’inimitabile “sapore di cartone”. Maigret
si sente invecchiare, vede sempre più giovami intorno a lui, a cominciare dal
giudice Angelot che ha sostituito il suo vecchio nemico Comelieu. E si sente
vicino alla pensione: ad un certo punto dice che gli mancano solo due anni, ma
fortunatamente Simenon scriverà altri 22 romanzi prima di lasciarlo andare. Una
nostalgia che pervade tutta la prima parte del romanzo: novembre con la sua
pioggia, la stufa che vede al Quai de la Gare e che gli ricorda quella del suo
ufficio, l’azione che si svolge il 3 novembre, dopo il giorno dei morti, la
sciarpa che la signora Maigret gli fa indossare per non prendere freddo, la
costruzione di nuovi edifici che vanno trasformando la sua Parigi. Sarà
l’incontro con le due donne del romanzo che fa uscire Maigret dal letargo, dona
vitalità allo scritto, e porta ad una seconda parte più accattivante. Perché
Maigret deve indagare sulla morte di Léonard Lachaume, trovato in un bagno di
sangue nella sua stanza, e dove nessuno si era accorto di nulla. Eppure, tutti
erano presenti: i vecchi genitori, il fratello Armand con la moglie Paulette
nata Zuber, la sorella Veronique. Sono proprio la vitalità di Paulette e la
prosperità di Veronique che scuotono Maigret. Che nel capitolo 5, come dice lui
stesso “posa i piedi per terra”, si concede una suntuosa choucroute con birra
alsaziana, e comincia a macinare la sua azione di scoperta. Entra nella vita
del morto, che sposò una ricca signorina ora morta per avere soldi per
mantenere il biscottificio. Nella vita del mesto fratello Armand, anche lui
sposo per denaro, con la ricca Paulette, il cui padre, mercante e traffichino,
aveva lasciato piena di soldi. Soldi che Léonard non aveva tema di chiedere a
più riprese, in genere a fine mese, per far fronte ai debiti sempre ingenti
dell’esercizio familiare in rovina. Nella vita di Veronique, andata via di casa
per fuggirne l’oppressione, donna libera, che ora si accompagna con tal
Jacques. Che sembra un pesce lesso, ma che invece è un misero cacciatore di
dote. Così che, quando scopre che Paulette è la vera detentrice dei cordoni
della borsa, non esita a tentarne riuscendoci un abbordaggio di classe. Nella
parte finale, c’è tutto il contraltare della prima. Dove la sapiente mano dello
scrittore, ci fa vivere in due capitoli l’interrogatorio dei testimoni presenti
nella casa, con quei modi di non dire nulla, di sviare le domande, insomma di
recitare la parte del titolo, quella dei testimoni reticenti. Mentre quando
comincia a capire che molto ruota intorno alle due donne, il piglio si fa
spedito. Al solito è guidato dalle sue intuizioni, dai pedinamenti che fa
effettuare ai suoi ispettori. Inciso: ci sono alcune belle scene ambiente al
Quai des Orfevres, come quella in cui Maigret, per chiedere un lavoro a Lucas,
si alza e va nella sala dove risiedono gli ispettori. E Simenon ce la descrive,
prendendo sempre spunto da quel suo scritto del 1933, in cui, dopo le prime
inchieste del commissario, fu invitato a fare un giro turistico nelle stanze
della Polizia Giudiziaria. Ma ci sono quindi anche indizi materiali, cose che
non sono dove dovrebbero essere o che mancano. Il lenzuolo con le iniziali P di
Paulette che sta sul letto di Léonard, una chiave inglese nella stanza del
morto, la mancanza di una vestaglia. Maigret non fa fatica a ricapitolare gli
ultimi avvenimenti. Peccato che lo faccia a casa di Veronique, in presenza del
sordido Jacques. Questi infatti ammette di aver cambiato il tiro al suo arco, e
di aver puntato, facendo breccia, su Paulette. Che a questo punto vuole
divorziare da Armand, togliendo completamente il sostegno economico
all’azienda. Certo Veronique ci rimane di merda, Jacques viene mandato ad altri
lidi, e Paulette … Ma questo ha poca importanza per Maigret e Simenon. Abbiamo
fatto un nuovo giro in un mondo particolare, abbiamo visto da entomologhi agire
le formiche umane e le loro miserie. Il poliziesco ci sta, ma è marginale.
Quello che rimane, oltre alla scrittura, oltre al biomondo maigrettiano, è la
choucroute alsaziana. Per chi non la conoscesse è un piatto “leggero” composto
da crauti, patate, wurstel, stinco, lardo e pancetta (solo carne di maiale,
please). Buon appetito! È buona lettura di un altro degno capitolo delle opere
del commissario.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Ivry-sur-Seine, VIII arrondissement di Parigi
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Paulette Lachaume, nata Zuber, circa 30 anni, sposata, senza
figli, vive di rendita
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Léonard Lachaume, vedovo, direttore esecutivo della biscotteria
Lachaume, vittima
Armand Lachaume, fratello di Léonard, marito di Paulette
Véronique Lachaume, 34 anni, sorella di Léonard e Armand, nubile
Félix Lachaume e sua moglie, genitori dei precedenti
Frédéric Zuberski, noto come Zuber, padre di Paulette, ricco
mercante, morto 5 mesi fa
Angelot, giudice istruttore
Jacques Sainval, 44 anni, il cui vero nome è Arthur Baquet,
fidanzato di Véronique, lavora in campo pubblicitario
|
2 gg.
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3 – 4 novembre
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“Maigret si
confida”
[tit. or.: Une confidence de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 461
– 602 (141); anno 1959]
Dopo
un anno turbinante, ecco che Simenon si concede sei mesi di quiete e riposo.
Anche perché Denyse è di nuovo incinta, e l’unica attività, oltre allo scrivere,
che persegue lo scrittore nel suo rifugio svizzero è una gita a Firenze nel
dicembre del ’59, lui solo con Denyse. Ciò porta Simenon a concentrarsi, quando
si siede al tavolino con la fida macchina da scrivere, sui temi che lo
assillano in questo periodo. Temi che usa nei cosiddetti “romanzi duri”, ma che
compaiono sempre più spesso nella serie Maigret. Simenon si interroga allora
sulla giustizia, sul ruolo della polizia, sulle responsabilità e le
colpevolezze dell’Uomo (si, quello con la U maiuscola, come a rappresentarne la
specie e non elementi singoli). In questa lunga “confidenza” si sviluppa poi
uno dei meccanismi più interessanti della scrittura di Simenon. Perché, visto
che si occupa dei temi di cui sopra, non è l’inchiesta e la sua soluzione quello
che interessa lo scrittore, ma i ricordi, i sentimenti che la stessa lascia
nell’animo del commissario. Per sviluppare queste tematiche, allora, ecco che
la storia ci viene raccontata principalmente in flash-back. Con un meccanismo,
che qualcuno più maigrettiano di me senz’altro, ha analizzato a fondo,
scoprendo un modo narrativo singolare. Con un andamento su tre tempi: il
presente in cui si narrano le confidenze durante le cene tra i Maigret e i
Pardon, il passato, in cui Maigret rievoca in prima persona gli avvenimenti e
sempre il passato che però viene narrato in terza persona dal narratore, cioè
da Simenon stesso. Un andamento peculiare e ricorrente, cioè che va toccando i
tre punti sempre in sequenza. Lo spunto è una cena dagli amici Pardon. Qui Simenon
indulge nei suoi bagni di ricordi, rievocando cene conviviali, e soprattutto il
budino di riso con le mele cotte che Maigret adora (e che accompagna con bianco
frizzante della vallata del Rodano, specifico dell’Alvernia). Grande è
l’amicizia tra le due famiglie, che i Maigret non hanno altre frequentazioni
parigine, e trovano affine la famiglia del dottore, anche lui sempre sulla
cresta dell’onda, pronta a lasciare casa e cena per correre dai malati. In
questa serata di calma e rimembranza, Maigret inizia a raccontare all’amico
medico la storia di un caso che gli ha lasciato molti dubbi ed interrogativi.
Ovviamente non seguiamo l’andamento sincopato del racconto, ma ne vediamo i
tratti essenziali. Il nodo centrale è il lungo interrogatorio che Maigret affronta
per capire la verità delle azioni di Adrien Josset. Farmacista, non
particolarmente brillante, sposo di Christine, più grande e molto più ricca di
lui. Dopo le stagioni del grande amore, entra la routine, la stanchezza, la
confidenza nell’allontanamento. Christine rimorchia bande di giovinastri per
divertimenti di poche sere. Adrien ad un certo punto si innamora di Annette, la
sua giovane segretaria. Con la quale instaura una routine di vita parallela a
quella ufficiale con la moglie. Tutto procede secondo binari abbastanza
tranquilli, finché i due amanti non vengono scoperti dal padre di lei, e
Josset, uomo debole e indeciso, si costringe a promettere divorzio e matrimonio
riparatore. Sconvolto, vaga di bar in bar, e, tronato a casa, trova la moglie
uccisa a coltellate. Quando i drammi si accavallano. Josset perde la testa, fa
stupidaggini a ripetizione, fino a presentarsi solo all’alba presso un
commissariato per denunciare i fatti. Ovvio che viene da subito accusato
dell’omicidio. Nel lungo interrogatorio, Maigret è colpito dalla maniacale
precisione delle descrizioni delle mosse di Josset. Ed è colpito proprio
dall’uomo Josset, dalla sua fragilità, dalla sua (almeno apparente) sincerità.
Ma è così, o è tutta una montatura per dissimulare un feroce assassino? Maigret
non sa trovarne il bandolo, anche perché ben presto il giudice istruttore ed i
media si impadroniscono dell’affare. Anche perché il padre dell’amante, per la
vergogna, si suicida poco dopo. E perché si scopre un aborto di Annette di pochi
mesi prima. Anche se si dice, si cerca e si mormora dei ragazzi di Christine, e
se ne trovano, poco esce fuori delle ultime frequentazioni. L’opinione pubblica
si schiera ben presto contro Josset. Si arriva al processo (con alcuni elementi
che già fanno presagire il successivo romanzo di Simenon). Una volta che la
polizia viene chiamata fuori, questa la riflessione di Maigret, il tribunale,
la giustizia, saprà rendere onore ai fatti? Saprà sviscerarne le implicazioni?
Quando Maigret espone le sue considerazioni in un’aula non ha lo stesso impatto
verso il possibile colpevole di quando si siedono faccia a faccia al Quai des
Orfevres. Fatto sta che Josset viene condannato. Ma non si scioglie il mistero,
che mesi dopo, un confidente tornato dal Venezuela sostiene di aver avuto le
confidenze di un certo Popaul (giovinastro che Maigret non riuscì a trovare)
che si vantava di aver ucciso la bella ereditiera. Ma tutto ciò è molto vago.
Esiste veramente Popaul? Nell’affare Josset, allora, chi ha mentito e chi ha detto
la verità? Un romanzo atipico e di alto livello. Neanche noi sapremo mai “la
verità” (e la virgoletto ricordando sempre “Rashomon”). Ma continueremo a
riflette sul rapporto tra inchiesta e tribunali, tra polizia e avvocati. Per
questo, Maigret preferisce far confessare il colpevole. È l’unico modo di
stabilirne con certezza la colpevolezza. Rimandando ad altri scritti i rapporti
tra Maigret e pardon, un ultimo inciso sul dolce di riso dell’inizio, che fa
tornare alla mente sia l’analogo dolce (ma senza mele) servito da Anna Peeters
ne “La casa dei fiamminghi” sia la scorpacciata di profiterole cui Maigret si
deve sottoporre sotto gli occhi della madre del suo amico Chabot in “Maigret ha
paura”.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi, Fontenay-le-Comte
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Adrien Josset, 40 anni, farmacista industriale, sposato, senza
figli
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Christine Josset, 44 anni, nata Fontane, moglie di Josset,
vittima
Annette Duché, 20 anni, segretaria e amante di Josset
Martin Duché, padre di Annette, capo della prefettura di
Fontenay-le-Comte
Dr. Pardon, amico di Maigret
Mme Pardon, sua moglie
Mme Maigret
giudice Coméliau
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Non indicata
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Non indicato
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“Maigret in Corte d'Assise”
[tit. or.: Maigret aux assises; ling. or.: francese; pagine: 605 – 733 (128); anno 1959]
Una
seconda metà del 1959 altalenante quella di Simenon, tra fatti privati positivi
e dolorosi e poche attività pubbliche. Il 26 maggio, venti giorni dopo la fine
della scrittura del romanzo precedente, nasce a Losanna Pierre Nicolas Chrétien
Simenon. Ma alla fine dell’anno dovrà affrontare un periodo particolarmente
duro: da settembre a novembre inoltrato soggiornano a Lione, all’hotel Carlton,
poiché il piccolo Pierre è ricoverato alla locale clinica di Sainte-Eugénie per
problemi ematologici. Ad inizio settembre esce un nuovo film su Maigret con
protagonista Jean Gabin e contemporaneamente muore in Belgio Henri Lucien Brüll
cugino di Simenon. Quando a fine novembre pone mano ad un nuovo Maigret, questo
senso di alternanza emerge nel doppio registro del romanzo. Da un lato, il
giallo che lo porta di nuovo (dice lui per la trecentesima volta) in tribunale
e che fa emergere le sue riflessioni sulla giustizia. Dall’altro il senso della
vicinanza alla pensione, con il racconto della casa in campagna che acquista e
le sue idee per quando si ritirerà. Idealmente si ricollega al precedente con
il passaggio in tribunale, durante il processo a Gaston Meurant, accusato
dell’uccisione della zia e di una bambina di 4 anni pensionata presso la zia a
scopo di rapina. Anche qui, in flashback, mentre l’azione si svolge in ottobre,
torniamo nel febbraio per seguire le indagini e gli interrogatori del
commissario. Meurant è un corniciaio sposato con la più giovane Ginette,
ex-entraineuse che voleva fare la bella vita, ma che si è scontrata con la
scarsa capacità imprenditoriale di Gaston. Ginette lo spinge ad aprire un
ristorante che ben presto andrà in fallimento, così che Gaston torna a fare il
corniciaio. Per andare avanti, periodicamente Gaston chiede aiuto economico
alla zia. Proprio alla scadenza di una cambiale, la visita coincide con il
ritrovamento della zia e della bambina morte. Gaston è apatico, sembra quasi
non essere interessato. Maigret invece intuisce che c’è sotto qualcosa. Il
ritrovamento poi di un vestito macchiato di sangue, vestito di Gaston, fa
precipitare tutte le accuse verso il corniciaio. Ma Maigret non è contento, e
scavando scopre: una tempistica impossibile per gli spostamenti di Gaston ed
una tresca tra Ginette e tale Pierrot, sbandato amico dell’altrettanto sbandato
fratello di Gaston, Alfred. Durante il processo, sarà facile per Maigret
smontare le accuse contro Gaston e farlo assolvere per insufficienza di prove.
Ha però svelato a Gaston la tresca tra Ginette e Pierrot. Così che Gaston,
uscito di prigione, benché pedinato dagli uomini di Maigret, si procura un’arma
ed uccide Pierrot. Per quindi tornare in prigione ad espiare le sue colpe.
Simenon l’aveva già detto molte volte in altri contesti, e qui lo ribadisce con
la partica. Lui dubita della Giustizia, poiché crede che sia impossibile
giudicare qualcuno. Solo la confessione ha valore. Confessione che non fa
Gaston, che è realmente innocente della morte della zia. Confessione che non
farà in tempo a fare l’assassino Pierrot in quanto raggiunto dalla giustizia
personale di Gaston. Qui, in un certo senso, si accentua, si esaspera quella
che di Maigret aveva sempre detto Simenon sin dai primi romanzi. Il nostro
entrò in polizia perché voleva “accomodare i destini degli uomini. E qui,
Maigret sa che Gaston riesce a procurarsi un’arma, ma non fa nulla per fermarlo
preventivamente. Sa che sarà impossibile incolpare Pierrot della morte della
zia. E sta lì ad aspettare gli eventi. Un atteggiamento personalmente troppo vicino
agli dei per convincermi, ma questa è la filosofia del quasi sessantenne
scrittore. Ma c’è anche il secondo lato del romanzo. Da tempo, Maigret si sente
vicino alla pensione. E qui confessa di aver finalmente comperato a
Meung-sur-Loire la casa in campagna dove andrà a ritirarsi da qui a… Questo non
lo sappiamo, ma avremo altri quindi anni di romanzi per scoprirlo. Intanto,
facendo un pot-pourri dei romanzi del nostro, possiamo estrapolare una bella
descrizione di questa futura dimora. Circondata da un frutteto dove troviamo
ciliegi, pioppi e prugne, un platano, e un giardino con pareti basse su cui si
apre una piccola porta verde. Un piccolo orto dove Maigret coltiva lattuga,
meloni, pomodori, piselli e melanzane. La casa ha piccole finestre. Tra il giardino
e la casa, c'è un cortile parzialmente coperto con un pavimento lastricato
rosso, arredato con un tavolo di ferro, una panchina dipinta in verde, e una
grande poltrona a strisce rosse e gialle, una stufa. Si entra quindi nella casa
con un corridoio lastricato di grigio, una sala da pranzo, arredata con una
stufa e la sedia del commissario, la cucina con il soffitto a grandi travi. La
cucina comprende un camino, un armadio pieno di bottiglie di cibo e alcol,
sedie di paglia, una mensola di rame, un tavolo di faggio, una scala a sfera in
rame e gradini di quercia che porta al primo piano, dove sono la camera da
letto, arredata con una cassettiera e un armadio, e un bagno. Accanto alla
casa, c'è un capanno degli attrezzi dove Maigret conserva le sue canne da
pesca. Dietro il giardino si vede la Loira dove Maigret tiene una barchetta
verde a bordo della quale va a pescare. E da pensionato, oltre al giardinaggio
ed alla pesca, si dedicherà a giocare a carte e qualche volta a bocce. Ma ora è
tempo di chiudere anche questo 11° e molto interessante volume.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi, Tolone,
Celles
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Gaston Meurant, 38 anni, corniciaio, sposato, senza figli
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Ginette Meurant, 27 anni, sua moglie, già entraîneuse di cabaret
Léontine Faverges, 62 anni, zia di Gaston, prima vittima
Cécile Perrin, 4 anni, ospite a pensione da Léontine, seconda
vittima
Alfred Meurant, fratello di Gaston
Pierre Millard, detto Pierrot, 32 anni, amico di Alfred e
amante di Ginette, terza vittima
Ispettore Lapointe
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3 gg. e 4 gg.
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Fine febbraio – inizio marzo (prima parte) poi
ottobre (finale)
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Siamo ancora in situazioni
d’emergenza, riposati certo, abbronzati forse, ma senza tutto il nostro
bagaglio di note in rete e sul disco fisso. Quindi anche questa settimana
niente appendici, ma solo una recensione consolidata del nostro fido ed amato
Maigret.
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