lunedì 8 ottobre 2018

Maigret 12 - 07 ottobre 2018


In questo mese di ottobre, che si preannunciava di fasti e gaudi, visto quel che sta succedendo, è bene rifugiarsi su porti sicuri. Come questo dodicesimo volume di Maigret, probabilmente il migliore di quelli fino ad ora letti. Tutto svizzero (e non so se sia un bene o una colpa), ma soprattutto, completamente incentrato sui risvolti umani di Gino-Jules. Veramente magistrale.
[A: 21/03/2016 – I: 17/06/2018 – T: 27/06/2018] - &&&&&
[tit. or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese; pagine: 688; anno 2016]
Ritengo che alla fine, questo sia per ora il miglior volume della serie di Maigret. Ormai Simenon scrive solo in Svizzera, e questo volume è tutto composto, tra il giugno ’60 ed il maggio ’62 nella sua residenza di Noland. Ma la bellezza è che fa risaltare tutti i caratteri “umani” del commissario. Certo, ci sono crimini, certo ci sono inchieste. Tuttavia, quello che risalta è la descrizione dei luoghi e dei personaggi: gli aristocratici amanti del primo e la famiglia normale del terzo, il ladro pigro e metodico del secondo e il barbone, umanissimo, del quinto. Nonché il romanzo quasi senza crimine del quarto. Una maturità ed una pienezza bellissime.

Titolo
Scritto
Uscito
Data
Luogo
Maigret e i vecchi signori
15 – 21 giugno 1960
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
novembre 1960
Maigret e il ladro indolente
17 – 23 gennaio 1961
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
novembre 1961
Maigret e le persone perbene
5 – 11 settembre 1961
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
aprile 1962
Maigret e il cliente del sabato
21 – 27 febbraio 1962
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
novembre 1962
Maigret e il barbone
26 aprile – 2 maggio 1962
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
primo trimestre 1963

[tit. or.: Maigret et les viellards; ling. or.: francese; pagine: 11 – 145 (135); anno 1960]
Questo dodicesimo volume si apre con quello che da più parti viene considerato uno dei migliori romanzi di tutto il ciclo di Maigret. Simenon è ad un punto cruciale della sua vita. Tornato stabilmente in Europa, dopo il lungo soggiorno americano, dopo qualche girovagare si stabilisce definitivamente in Svizzera, dove rimarrà sino alla morte. Ma questi anni che trascorrono a Échandens non sono certo tra i più felici, nonostante come visto la nascita del quarto figlio (il terzo con Denyse). Simenon ha problemi di salute (soffre di nevralgie continue ed una specie di labirintite), e Denyse dà segni sempre più accentuati di instabilità. Ad inizio anno Simenon segue un caso giudiziario a Ginevra (l’affare Jaccoud, che se avrò tempo in altra sede se ne riparlerà) che gli serve da vago plot per un suo romanzo. Studia Balzac per un programma televisivo, fa un viaggio forse distensivo a Londra con Denyse. Ma soprattutto, dal 4 maggio è il presidente della giuria al XIII Festival di Cannes, dove promuove e convince i giurati a premiare con “La Palma d’Oro” il film di Fellini “La Dolce Vita”. Tutti questi su e giù tra allegria e tristezza, tra passato e presente, lo portano sempre più da vicino a pensare alla vecchiaia, tanto che il 25 giugno (più o meno 58 anni fa) decide di cominciare a scrivere il primo libro delle sue memorie, quelle che intitolerà “Quand j’étais vieux”. Quattro giorni prima, quasi come prodromo a questi scritti, nella sua solita settimana di lavoro, imbastisce, redige e rivede questo “Maigret et les viellards”. Uno strano caso, intriso di tristezza e malinconia. Ma anche di strana gioia (secondo me Fellini c’entra un po’). Una storia che si svolge su dei binari che sembrano paralleli o forse no. Da un lato, la vecchiaia, l’invecchiamento: l’ambasciatore conte Armand di Saint-Hilaire di 77 anni che viene trovato morto dalla domestica Jaquette di 73 anni che da 40 anni vive con lui. E tutti i “vecchi” che saltano fuori nella vicenda. La morte, per malattia, pochi giorni prima del principe Hubert de V…, la presenza, bella ma non per questo meno inquietante, della principessa Isabelle de V… di 72 anni. Tra queste persone anziane ma del milieu aristocratico, che sanno morire, che sanno invecchiare (almeno sembra), Maigret (e con lui Simenon) si sente anche lui una ruga qui ed una ruga là. Sente la pensione che ogni volta si avvicina come uno spauracchio. E non lo consolano né le chiacchierate con il dottor Pardon, né le cene con la moglie Louise. Anche se in un ristorantino di rue de Borugogne non disdegna una superba razza al burro nero (per chi poco pratico, siamo sempre intorno a “Les Invalides”, nella zona dove si svolge la maggior parte del dramma). L’altro binario del romanzo, quello “allegro”, ruota intorno all’amore. Al lungo amore mai consumato ed oramai inconsumabile, tra Armand e Isabel. All’amore sotterraneo, leggero, di Jaquette. Al modo “simenoniano” di affrontare la vita ed il sesso da parte dello stesso Armand. Ma poi si torna sempre ad Armand ed Isabel. Ed il nostro riempie pagine e pagine di brani di lettere d’amore tra i due. Con sentimenti forti, con i sensi della vita aristocratica eterodiretta dalle convenzioni sociali. Maigret si muove a disagio tra questi due binari. Un po’ perché si sente vecchio anche lui. Un po’ perché, come contraltare, la sua vita amorosa con Louise è diretta, costante, mai deflessa. Difficile che Maigret abbia pensieri altri. Impossibile, e mai successo, che abbia atteggiamenti altri. Tornando al testo, poco questa volta vi dico. Armand muore con 4 colpi di pistola, di cui 3 dopo morto, come per un accanimento. Ci sono anche storie collaterali, il nipote del conte, il figlio della principessa. Ma altro è il senso del romanzo. Certo, Maigret svela alla fine i come ed i perché. Passando però per tutta la parte che più preme a Simenon: la vecchiaia e l’amore. E sono belle queste pagine, che ci anticipano le riflessioni degli ultimi 12 anni in cui continueremo a seguire Maigret, la sua umanità, il suo essere poliziotto perché, da poliziotto riesce a penetrare nell’animo delle persone meglio di uno psichiatra, come gli dice il suo amico Pardon. È un racconto di anime, che cercano la loro strada, mentre si sentono gli acciacchi del tempo che inesorabilmente vengono a colpire. Una bella lettura di riflessione.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (rue Saint-Dominique, rue de Varenne, rue Jacob, rue de la Pompe)
conte Armand de Saint-Hilaire, 77 anni, ambasciatore in pensione, celibe, vittima
principessa Isabelle de V…, detta Isi, 72 anni, figlia del duca di S…, moglie e poi vedova del principe Hubert
Jaquette Larrieu, 73 anni, governate del conte
Alain Mazeron, antiquario, nipote del conte, separato da sua moglie
principe Philippe de V…, 45 anni, figlio di Isabelle e Hubert
Joseph Moers, d'origine fiamminga, tecnico di laboratorio della polizia
2 giorni
Maggio
[tit. or.: Maigret et le voleur paresseux; ling. or.: francese; pagine: 149 – 281 (133); anno 1961]
Siamo nel periodo di passaggio di Simenon, passeggio interiore, laddove le sue malattie ma soprattutto lo stato di salute di Denyse, cominciano a gettare ombre sulla svizzera serenità dei Simenon. Georges prova in estate a distendere la situazione con un viaggio di famiglia a Venezia, poi però deve essere operato di appendicite in settembre, e, durante la permanenza in ospedale a Versailles, decide anche di controllare la sindrome di Ménière che pare si stia aggravando. Un grande momento di socialità avviene nel novembre del ’60, quando passano per Échandens per brevi vacanze Henry Miller e la famiglia Chaplin. Ma Denyse non migliora, anzi ad inizio del 1961 lo stato psichico della moglie si aggrava. Simenon, per uscire fuori da questi impasse mentali, decide di tornare al suo Maigret, ed in fine gennaio confeziona questo nuovo romanzo. Che, come ovvio, non può prescindere dallo stato d’animo dell’autore. Tanto che uno dei nuovi tratti distintivi che caratterizzano il romanzo è proprio quell’entrare nell’intimità del commissario, quel farlo vedere nella sua casa, nel letto quando si sveglia, in cucina per il solito caffè preparato appena sveglio dalla impagabile moglie Louise. Come se, entrare in queste pieghe private, consolasse lo stato d’animo poco sereno che sta attraversando lo scrittore. Il primo elemento, infatti, che salta agli occhi è l’inizio del romanzo. Qui, come in molti dell’ultimo ciclo dei romanzi di Maigret, Simenon ci apre la casa di Boulevard Richard-Lenoir, magari facendoci trovare il commissario a letto, in attesa di essere svegliato dal caffè della moglie Louise. Certo, né qui né altrove, l’intimità procede oltre, e solo talvolta le labbra del commissario sfiorano la fronte della signora Maigret. Poi il romanzo si sviluppa con toni mesti. Il morto è un ladro di appartamenti, tranquillo, metodico, che studia a lungo la scena prima di fare il colpo. Ed il corpo sembra essere stato portato dal luogo del delitto, vista la mancanza di tracce. Qui c’è il secondo elemento che caratterizza il romanzo: il conflitto tra Maigret (che coinvolge la polizia in generale) e l’apparato giudiziario. Infatti, Maigret dovrebbe condurre una diversa inchiesta, inseguendo gli autori di diverse rapine, e non un caso che sembra fin dall’inizio senza speranza. Ma Maigret ha la testa dura, anche perché riconosce nel morto una sua vecchia conoscenza, Honorè Cuendet, ne traccia il profilo, e risale, aiutato da altri ispettori sparsi sul territorio, alla madre ed alla fidanzata. Pressato dal giudice, tuttavia, non dimentica la pista delle rapine, cercando di incastrare l’inafferrabile Fernand. Tutta questa parte, pur presente e ben sviluppata, non è però funzionale agli interessi di Simenon, che ne parla, ne risolve, ma subito ci riporta là dove stanno le sue reminiscenze e rimembranze. Alla descrizione dello stile di lavoro del “tranquillo vaudois (cioè svizzero francese del cantone di Vaud)”, che ricorda a Maigret il proprio stile di approcciare la risoluzione dei crimini. Un esempio per tutti: nel capitolo 3, per descrivere il modo lungo e laborioso di Cuendet per realizzare i suoi furti, Simenon ci dice che “provava un certo piacere nell'entrare nella vita delle persone”. Cosa che si può ben applicare allo stesso Maigret. Dall’indagine di Lognon, che lo aiuto da lontano, Maigret risale alla casa che Cuendet stava osservando per cercare di trovare tempi e modi per la rapina. Peccato che sia la casa di un facoltoso inglese, Stuart Wilson. Inglese con buoni rapporti con la Francia (così come dice il giudice che chiede a Maigret di lasciare il caso). Peccato che abbia un figlio scapestrato, playboy da strapazzo, che divorziò dalla moglie avendola sorpresa in intimità con il padre Stuart. Maigret è certo, nelle sue certezze senza prove, che sia stato il figlio ad eliminare Cuendet, perché questi aveva visto le segrete cose familiari, e la famiglia Wilson non voleva fossero rese pubbliche. Così il caso si chiude, con la soluzione per le rapine, ma con un nulla di fatto per il povero svizzero. Unica consolazione, per Maigret, distogliere parte della refurtiva non reclamata, in modo da assicurare qualche anno di serenità all’anziana madre del morto. Sappiamo, dalla lunga frequentazione con l’opera di Simenon, che, al fine di velocizzare la stesura dei suoi lavori, spesso l’autore riutilizza idee e situazioni già presentate, magari camuffandole un po’, ma riprendendole in modo da non dover sempre inventare cose nuove. Così, il cadavere che viene scoperto al Bois de Boulogne ci rimanda sia a “Il morto di Maigret” del ’48 sia a “Maigret e la giovane morta” del ’54. L’idea del ladro indolente e tranquillo è già presente in “Maigret e i testimoni recalcitranti” del ’58. I tre matrimoni di Stuart Wilson si possono avvicinare idealmente a quelli di David Ward in “Maigret si mette in viaggio” del ’57. Comunque, siamo sempre ruotando alle stesse tematiche. Simenon sente passare il tempo, e riversa tutte le sue angosce sul Commissario.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (quartieri Étoile, Opéra, Montmartre et Marais), Corbeil
Honoré Cuendet, 50 anni, svizzero valdese, vecchia conoscenza di Maigret, vittima
Justine Cuendet, sua madre
Stuart Wilton, circa 70 anni, ricco inglese
Florence Lenoir, ex-moglie di Wilton che continua a portare il suo cognome, ballerina
figlio di Wilton, play-boy divorziato (quando scoprì che la moglie Lida, modella ungherese, era l'amante di suo padre)
Ispettore Aristide Fumel
giudice Cajou
Una decina di giorni
Fine gennaio – inizio febbraio
[tit. or.: Maigret et les Braves Gens; ling. or.: francese; pagine: 285 – 422 (138); anno 1962]
Cercando di uscire dalle sue paranoie e malattie, questo 1961 sembra essere per Simenon un anno per fare altro. Almeno, altro da Maigret. Infatti, se il ladro tranquillo viene scritto ad inizio anno (e tra l’altro con una coincidenza non sempre presente tra tempo di scrittura e tempo dell’azione), bisogna aspettare sino a settembre perché si metta mano ad un’altra avventura del nostro commissario. Certo non è che dimentica la scrittura, portando a termine due nuovi romanzi “durs”, pieni dei risvolti psicologici (“Il treno” e “La porta”). Intanto è sempre assillato dai malanni, suoi e di Denyse, tanto da fare in febbraio un approfondito check-up. Per festeggiare le notizie rassicuranti, in marzo i Simenon sono a Ginevra, al salone dell’auto, dove Georges regala alla moglie una Chrysler disegnata dalla maison “Ghia”, e lui si concede una Rolls-Royce, la “Blue Mist” (che ai meglio informati ricorda l’auto con cui Lawrence d’Arabia entrò a Damasco). A luglio, inoltre, porta tutta la famiglia al Resort di Bürgenstock sul lago di Lucerna. Riposato, rilassato, ma sempre pensieroso sui guai suoi e della sua famiglia, in settembre spende la solita settimana per la redazione di questo romanzo. Con una specie di filo rosso che lo unisce ai due precedenti di questo volume. Delitti in tempi concordi alla scrittura (qui appunto, l’omicidio avviene in settembre) e delitti in un preciso ambito sociale. Ma se il primo era nel mondo dell’aristocrazia, ed il secondo coinvolge elementi del bel mondo, qui Maigret si ritrova a svolgere un’inchiesta in un ambiente che potrebbe essere il suo. Un “morto della porta accanto”, che serve a sottolineare da parte di Simenon che il crimine non ha frontiere. Entriamo così con Maigret in questo appartamento a Montmartre (e poi torneremo sopra i condomini del commissario), dove vive la famiglia Josselin. I coniugi Francine e René, sulla sessantina, lui in pensione. Spesso visitati dalla figlia Veronique con il marito Paul. Come spesso accade, una sera le donne vanno a teatro, e gli uomini giocano a scacchi. Ma una chiamata urgente convoca Paul, che è pediatra, presso un cliente, di cui però non trova indirizzo né traccia. Intanto le donne, tornate a casa, trovano René ucciso da due proiettili della sua pistola. Strano caso in cui tutti hanno un alibi, anche se quello di Paul è molto labile. Maigret è convinto però che ci sia qualche punto oscuro. Si aggira allora nel quartiere, parla, beve, interroga. E scopre che sia Francine che René avevano parlato a lungo con uno strano tipo sui quarant’anni, molto agitato. Poi Maigret scopre anche che c’è una stanza al sesto piano che una volta era utilizzata dalla cameriera di famiglia, ma che ora sarebbe disabitata. Peccato che trova tracce di una presenza estranea. Il pressing sulla famiglia Josselin è ossessivo, tanto che alla fine Francine getta le armi: il misterioso personaggio non è altri che Philippe de Lancieux, suo fratello. Che aveva avuto un’infanzia complicata, presto orfano (non Francine che ha otto anni di più), con padre alcolizzato. La sorella si sposa presto per fuggire la vita familiare. Philippe non ne sa uscire, se non continuando a chiedere soldi alla sorella ed al cognato. Non ci sono misteri a questo punto, c’è solo la solita, titanica lotta di Maigret con dei testimoni che non vogliono parlare, con Francine che cerca di ritardare le indagini per fare in modo che il fratello scappi. Alla fine, però, in uno dei più corti capitoli dell’intero ciclo di Maigret, il nostro commissario dovrà comunicare a Francine che il fratello, accusato dell’omicidio di Renè, è stato trovato morto probabilmente per mano di qualche esponente della malavita parigina. Per la cronaca ci sono 6 romanzi sui 75 di Maigret che hanno un capitolo di due pagine, in genere l’ultimo, che serve a volte per tirare le somme. Visto che stiamo dando i numeri, poi, vi dico che i romanzi di Maigret hanno in media 144 pagine e 9 capitoli (dove si vede quindi che in media ci sono 16 pagine per capitolo; potenza dei numeri). Un ultimo accenno ai condomini descritti da Simenon nel corso delle sue opere. Da una delle più belle descrizioni, quella di Place des Vosges 61, ne “L’ombra cinese”, al 42 ter di rue Notre-Dame-de-Lorette in “Maigret al Picpus” o rue Lhomond in “Maigret e l’affittacamere”. Sono sempre descrizioni minuziose, che servono ad inquadrare i possibili delitti ed il loro mondo. Nella prima casa, ad esempio, ricordo esservi, oltre l’immancabile portiera, un aristocratico al primo piano la cui moglie sta per partorire, ed al secondo due ragazze amanti della musica, una coppia matura e due vecchie zitelle. Nel secondo c’è sempre la solita portiera (sposata ad un agente di polizia); poi c’è un parrucchiere per signore al mezzanino, una massaggiatrice al primo piano, un laboratorio di fiori artificiali al secondo, mentre il terzo è affollato da una spogliarellista, una guardarobiera ed una barista. Non mi dilungo su quella dell’affittacamere, che ho già descritto a lungo. Ma penso che prima o poi ci si possa dedicare ad un saggio su “Gli appartamenti dei casi del commissario Maigret”.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (Montparnasse)
René Josselin, circa 65 anni, sposato, una figlia, vittima
Francine Josselin, nata de Lancieux, 51 anni, sua moglie
Véronique Fabre, nata Josselin, figlia di René e Francine, sposata, due figli
Paul Fabre, marito di Véronique, pediatra
Philippe de Lancieux, 43 anni, fratello di Francine, seconda vittima
2 giorni
Settembre
[tit. or.: Maigret et le client du samedi; ling. or.: francese; pagine: 425 – 552 (128); anno 1962]
Nel passaggio tra i primi due anni dei “mitici 60”, si svolgono avvenimenti fondamentali per la vita di Simenon. In ottobre fa un trionfale viaggio nella sua città natale, Liegi, ricevendo premi, e dove il 13, venerdì, inaugura la Biblioteca comunale che prenderà il suo nome (sottolineo la data perché, gli amanti della precisione sapranno di certo che il 13 ottobre 1961 cominciò la costruzione del “Muro di Berlino”). Ma se di onori non sa fare a meno, sono altri due i motivi della particolarità del periodo. In autunno, durante uno dei suoi frequenti viaggi a Milano, chiede alla segretaria del suo editore italiano, Arnoldo Mondadori, se poteva trovargli una cameriera per la moglie Denyse, che ormai ha bisogno di assistenza continua. Sarà così che il 14 dicembre 1961 entrerà nella vita della famiglia Simenon, la “donna finale” della sua vita, Teresa Sburelin, sulla cui presenza torneremo magari più avanti. Il secondo episodio è la decisione di lasciare la villa di Noland, a causa dei cantieri autostradali che di lì a poco modificheranno la vita della zona. Per la prima volta, decide quindi di farsi costruire una casa tutta sua. Sceglierà la località di Épalinges, ma anche su questo punto vedremo meglio in seguito. Per ora, e siamo verso la fine di febbraio, poco dopo il suo cinquantanovesimo compleanno, e Simenon mette in scena un romanzo atipicamente giallo, seppur tipicamente simenoniano. Tra l’altro, di passaggio, potremo anche chiederci se i romanzi di e con Maigret siano romanzi polizieschi o altro. Forse una mescolanza di molte cose, o forse solo romanzi che raccontano pezzi delle nostre vite, magari descrivendo cosa succede ad un “uomo normale” tra boulevard Richard-Lenoir e quai des Orfevres. Se poi volessimo essere didattici, nei 74 romanzi “propri” di Maigret (escludiamo solo “Le memorie” come romanzo atipico), ci sono ben 87 crimini. E di questi, quasi il 50% sono ascrivibili a situazioni umilianti per il colpevole o comunque perseguiti all’interno del mondo criminale (a partire da “Pietr il Lettone”, dove appunto Pietr uccide il fratello che lo aveva umiliato per passare al piccolo Albert, ucciso dalla banda dei Polacchi in “Maigret e il suo morto”, ed altri ancora di cui tenere il conto). Questo per ribadire che Maigret non “cerca il colpevole” ma cerca l’uomo. Tant’è che spesso lascia soluzioni aperte, non persegue o fa in modo che non sia perseguibile il colpevole se il suo ruolo di “accordatori di destini” glielo consente. In quest’ambito, questo cliente del sabato ha una sua struttura molto atipica. Per lunga parte del romanzo seguiamo le vicissitudini di Léonard Planchon, un imprenditore edile che tutti i sabati si presenta in commissariato per parlare con Maigret senza riuscirci. Ci riuscirà solo andandolo a trovare a casa e raccontandogli la sua triste storia. Sposato con Renée, di 9 anni più giovane, si accorge che lei, ben presto, lo tradisce con Roger, suo impiegato. Non solo, ma Roger si installa in casa, soppiantandolo in tutto. Il nostro, esacerbato, non sa che fare e decide di uccidere i due, confessando il crimine a Maigret prima che venga commesso. L’arte del nostro serve a calmare l’esagitato, a farsi promettere di non fare passi falsi. Peccato che poco dopo, Léonard scompare. Maigret indaga, ma la moglie gli dice che hanno raggiunto un accordo, su base monetaria, ed esibisce un contratto di cessione della ditta. Il commissario tuttavia non si lascia prendere dalla montatura, continua ad indagare, scoprendo piccole discrepanze tra tutte le testimonianze. Fino a ritrovare il corpo del povero Léonard, in una sacca alla deriva nella Senna. La parte finale ci fa ritrovare Maigret alle prese con le aule giudiziarie dove si giudicano i due colpevoli che, per cercare salvezze improbabili, si accusano a vicenda. E sarà proprio Maigret che offrirà loro una piccola scappatoia, con la riduzione della pena (giusta ma non a vita), quando testimonia della volontà del morto di essere lui ad uccidere i due. Omicidio per legittima difesa, ma pur sempre omicidio. Quello che premeva a Simenon di farci vedere è il tormento di un uomo umiliato, la capacità di Maigret di empatizzare con i personaggi, la cattiveria del mondo, ed altri momenti di vita. Maigret deve sempre cercare la verità e svelarla. Certo, i due sordidi individui che sconvolgono la vita di Léonard sono riprovevoli. Ma il morto aveva tutte le possibilità di risolvere la vicenda in altro modo. Un altro romanzo che, alla fine, lascia un po’ di amaro in bocca, in noi e nel commissario.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (Montmartre, in particolare rue Tholozé)
Léonard Planchon, 36 anni, imprenditore di pittura edile, sposato, una figlia di 7 anni, vittima
Renée Planchon, 27 anni, sua moglie
Roger Prou, 29 anni, pittore della ditta, amante di Renée
3 giorni
Gennaio
[tit. or.: Maigret et le clochard; ling. or.: francese; pagine: 555 – 688 (134); anno 1963]
Tutto preso dalle nuove incombenze (l’entrata di Teresa, che ben presto diventerà la sua terza “donna”, le direttive per la costruzione della nuova villa, l’aggravarsi delle condizioni psichiche di Denyse), in questo 1962 Simenon ha poca voglia di tornare ai libri “seri”. Anche perché, distratto nel mese di marzo, dalla nascita di Serge Georges Paul, figlio di Marc Simenon e di Francette Grisoni. Simenon diviene nonno per la prima volta prima dei sessant’anni. Allora, due soli mesi dopo il precedente, nella settimana a cavallo tra aprile e maggio, pone mano alla redazione di questo che risulta il degno epilogo di uno dei volumi migliori di tutta l’opera di Maigret. La storia è lineare, seppur con una sua complessità evolutiva. Un barbone in fin di vita viene ripescato dalla Senna, all’altezza del Quai des Célestins, da parte del battelliere olandese Jef. Inciso, ricordo ai meno adusi alla topografia parigina, che siamo nella banchina prospicente il retro di Notre-Dame, in direzione Place des Vosges. Una zona che Maigret spesso percorre a piedi per andare da casa all’ufficio. Il barbone è ricoverato in ospedale, e Maigret, proprio per le reminiscenze dei luoghi, cerca di capire qualcosa dalla vicenda. Il barbone è stato colpito alla testa, Jef narra di macchine fuggite. Interrogando gli altri barboni allocati sotto il Pont Marie, Maigret scopre il nostro essere tal François Keller, sessantatreenne ed ex medico. Aiutato da alcuni oggetti, dalla barbona Lèa, e dalla rintracciata famiglia, ricostruisce la storia di Keller. La moglie vive proprio sull’Ile-Saint-Lois (una zona di benestanti), e lì vicino c’è la figlia, sposato ad un ricco uomo d’affari. Keller invece era un medico come il mio amico Emilio, con una passione enorme per la medicina, con un’empatia gigante per i pazienti, con la voglia di aiutare tutti, senza pensare al lato economico della professione. Ciò lo porta alla rottura con la famiglia, e con la decisione, una trentina di anni prima, di andare ad esercitare in Africa (in particolare in Gabon, al tempo protettorato francese). Anche lì, tuttavia, la sua onestà avrà poca luce, ed allora, disgustato, decide di tornare in patria, e di vivere il resto della vita da barbone, insieme agli ultimi, seppur non lontano da moglie e figlia. In tutto ciò, sebbene Keller non parli, Maigret si convince che nelle azioni di Jef ci siano elementi strani. Intanto, la barca dell’olandese, con cane, moglie, figlia e fratello, naviga verso Rouen. Dove Maigret li raggiunge, dove fa crollare le prime difesa di Hubert, il fratello, e da dove convoca a Parigi Jef. In una scena magistrale di interrogatorio, dove Simenon sta diventando maestro di romanzo in romanzo, ricostruiamo tutta la storia. Jef era marinaio nella barca di Louis, e si era innamorato, ricambiato della di lui figlia Anna. Louis osteggiava in tutti i modi la loro unione, perciò una sera, ubriaco, viene spinto ina acqua da Jef durante una colluttazione. E Louis, ubriaco, affoga senza che Jef lo voglia salvare. Alla scena ha assistito un barbone, appunto il nostro Keller. Jef sposa Anna, diventa mastro battelliere, hanno un figlio, associa il fratello alle navigazioni sul fiume. Ma ha sempre il tarlo della possibile denuncia di quel testimone. Quando, due anni dopo i fatti, si ritrova ormeggiato allo stesso punto, e rivede Keller, per paura di essere smascherato, lo colpisce e lo butta in acqua. Tuttavia, le grida di Keller risvegliano altri battellieri, e Jef è costretto, suo malgrado, a salvarlo. Qui, c’è il colpo da maestro di Simenon, che tutto si basa sul fatto che Keller voglia denunciare Jef e l’accaduto. Ma Keller dice al commissario una frase che sintetizza tutta la filosofia di Simenon: “Quello che è impossibile, è giudicare”. Questo rifiuto di giudicare l’altro farà salire il sentimento di rispetto di Maigret verso Keller. Una nobiltà d’animo che, benché deluso, l commissario non può non riconoscere. Come detto più volte, uno svolgimento magistrale per un romanzo esemplare. Dove, e non è un caso data la ristrettezza dei tempi di elaborazione, troviamo una messe di temi già presenti negli altri romanzi. Nei “Maigret” spesso troviamo il personaggio che abbandona il suo ambito per vivere altrove. Ci viene subito in mente Jean Darchambaux, il medico di Toulouse che si ricicla cavallante (in “Il cavallante della ‘Provvidenza’”). Ma tanti altri sono i motivi dei “ricordi”: il mondo delle chiatte dal cavallante appena citato a “La chiusa n.1”, i marinai che ritrovano i resti di un corpo (in “Maigret e il corpo senza testa”). Senza dimenticare che, affacciato alla sua finestra in ufficio, spesso Maigret si fissa nel rimirar le barche sulla Senna. Sempre ripensando a “La chiusa n.1”, Anna, la moglie di Jef, ci evoca nel ricordo Aline Gassin, la diciottenne un po’ disturbata, anche lei con quello sguardo di donna bambina. Ed è ovvio, per chi sa del resto dell’opera di Simenon, collegare i ricordi gabonesi di Keller con i romanzi tropicali del nostro (che essendo fuori del ciclo di Simenon, non se ne parla qui). Infine, sempre per rimanere sulle chiatte, il cane danese di Jef ci ricorda Olaf, il primo cane di Simenon che con lui girava in gioventù per i canali fluviali francesi. Un elemento di curiosità è l’imbarazzo che sempre prova Maigret quando entra in contatto con strutture ospedaliere, specialmente per una persona, come appunto Maigret, che medico voleva diventare. Lo vediamo quando va a visitare Darchambaux (sempre nel Cavallante), Pierre Le Clinche (in “All’insegna di Terranova”), la slovacca Maria (in “Il morto di Maigret”), o i suoi collaboratori come Janvier (in “Maigret e l’affittacamere”), Lognon (in “Maigret, Lognon e i gangster”). Anche quando è al capezzale della moglie (in “Le vacanze di Maigret”) o è lui stesso il paziente (in “Il pazzo di Bergerac”). Infine, in questo romanzo si esalta, come detto, la maestria di Simenon nei dialoghi: non solo negli interrogatori, ma anche nei colloqui tra Maigret e la moglie, quasi che gran parte della trama si svolgesse in stile diretto, con domande e risposte, lasciando le poche descrizioni alle sensazioni, sul tempo e sulla vita, dello stesso commissario.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (quai des Célestins, quai d'Orléans, Hôtel-Dieu), lungo la Senna da Juziers a Mantes-la-Jolie
François Keller, 63 anni, già medico, diventato clochard, sposato, originario di Mulhouse, ha lasciato moglie e figlia da 22 anni, ha lavorato come Dr. Schweitzer in Gabon ed è tornato a Parigi da 15 anni
Joseph Van Houtte, detto Jef, battelliere belga, proprietario della chiatta "Zwarte-Zwaan", sposato, una figlia
Anna Van Houtte, nata Willems, detta Anneke, moglie di Jef
Hubert Van Houtte, 22 anni, fratello di Jef
Mme Keller, 55 anni, moglie di François
Jacqueline Rousselet, nata Keller, 35 anni, figlia di François, sposata (con René), ha una figlia (Jeannot)
3 giorni
25 – 27 marzo
Prima trama del mese, quindi eccoci alle relativamente poche letture di luglio, complice una bellissima avventura scozzese. Letture però illuminate da un bellissimo Terzani e da una molto interessante Highsmith. Di contro, speravo meglio in Ishiguro, che invece continua a deludermi.
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Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Patricia Highsmith
Carol
Bompiani
10
4
2
Tiziano Terzani
Un altro giro di giostra
TEA
7,50
5
3
Flavio Soriga
Metropolis
Repubblica Italia Noir
7,90
3
4
David Grossman
Che tu sia per me il coltello
Mondadori
12
2
5
Ross King
La cupola di Brunelleschi
Corriere della Sera Arte
7,90
3
6
David Frome
Mr. Pinkerton ha un indizio
Corriere della Sera Gialli
6,90
3
7
Kazuo Ishiguro
Il gigante sepolto
Einaudi
13
1
8
Victor L. Whitechurch
Il delitto della portantina
Corriere della Sera Gialli
6,90
2
9
Philip Pullman
L’ombra nel Nord
Salani
10
2

Si dice dei guasti, e si diceva che forse, dati i continui incidenti di percorso, sarebbe bene organizzare un pellegrinaggio. O quanto meno una visita ad un esorcista. In mancanza di meglio, sarebbe sufficiente anche un Harry Potter efficiente. Che vi devo dire? Continuiamo a stringerci vicini l’un l’altro, sperando che aumenti la nostra empatia. Io per non sbagliare vi saluto e vi abbraccio ad uno ad uno.

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