In
questo mese di ottobre, che si preannunciava di fasti e gaudi, visto quel che
sta succedendo, è bene rifugiarsi su porti sicuri. Come questo dodicesimo
volume di Maigret, probabilmente il migliore di quelli fino ad ora letti. Tutto
svizzero (e non so se sia un bene o una colpa), ma soprattutto, completamente
incentrato sui risvolti umani di Gino-Jules. Veramente magistrale.
[A: 21/03/2016 – I: 17/06/2018 – T: 27/06/2018]
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[tit. or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese; pagine: 688; anno 2016]
Ritengo
che alla fine, questo sia per ora il miglior volume della serie di Maigret.
Ormai Simenon scrive solo in Svizzera, e questo volume è tutto composto, tra il
giugno ’60 ed il maggio ’62 nella sua residenza di Noland. Ma la bellezza è che
fa risaltare tutti i caratteri “umani” del commissario. Certo, ci sono crimini,
certo ci sono inchieste. Tuttavia, quello che risalta è la descrizione dei
luoghi e dei personaggi: gli aristocratici amanti del primo e la famiglia
normale del terzo, il ladro pigro e metodico del secondo e il barbone,
umanissimo, del quinto. Nonché il romanzo quasi senza crimine del quarto. Una
maturità ed una pienezza bellissime.
Titolo
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Scritto
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Uscito
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Data
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Luogo
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Maigret
e i vecchi signori
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15
– 21 giugno 1960
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Scritto
a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
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novembre
1960
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Maigret
e il ladro indolente
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17
– 23 gennaio 1961
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Scritto
a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
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novembre
1961
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Maigret
e le persone perbene
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5
– 11 settembre 1961
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Scritto
a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
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aprile
1962
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Maigret
e il cliente del sabato
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21
– 27 febbraio 1962
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Scritto
a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
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novembre
1962
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Maigret
e il barbone
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26
aprile – 2 maggio 1962
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Scritto
a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
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primo
trimestre 1963
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[tit. or.: Maigret et les
viellards; ling. or.: francese; pagine: 11 – 145 (135); anno 1960]
Questo
dodicesimo volume si apre con quello che da più parti viene considerato uno dei
migliori romanzi di tutto il ciclo di Maigret. Simenon è ad un punto cruciale
della sua vita. Tornato stabilmente in Europa, dopo il lungo soggiorno
americano, dopo qualche girovagare si stabilisce definitivamente in Svizzera,
dove rimarrà sino alla morte. Ma questi anni che trascorrono a Échandens non
sono certo tra i più felici, nonostante come visto la nascita del quarto figlio
(il terzo con Denyse). Simenon ha problemi di salute (soffre di nevralgie
continue ed una specie di labirintite), e Denyse dà segni sempre più accentuati
di instabilità. Ad inizio anno Simenon segue un caso giudiziario a Ginevra
(l’affare Jaccoud, che se avrò tempo in altra sede se ne riparlerà) che gli
serve da vago plot per un suo romanzo. Studia Balzac per un programma
televisivo, fa un viaggio forse distensivo a Londra con Denyse. Ma soprattutto,
dal 4 maggio è il presidente della giuria al XIII Festival di Cannes, dove
promuove e convince i giurati a premiare con “La Palma d’Oro” il film di
Fellini “La Dolce Vita”. Tutti questi su e giù tra allegria e tristezza, tra
passato e presente, lo portano sempre più da vicino a pensare alla vecchiaia,
tanto che il 25 giugno (più o meno 58 anni fa) decide di cominciare a scrivere
il primo libro delle sue memorie, quelle che intitolerà “Quand j’étais vieux”.
Quattro giorni prima, quasi come prodromo a questi scritti, nella sua solita
settimana di lavoro, imbastisce, redige e rivede questo “Maigret et les viellards”.
Uno strano caso, intriso di tristezza e malinconia. Ma anche di strana gioia
(secondo me Fellini c’entra un po’). Una storia che si svolge su dei binari che
sembrano paralleli o forse no. Da un lato, la vecchiaia, l’invecchiamento:
l’ambasciatore conte Armand di Saint-Hilaire di 77 anni che viene trovato morto
dalla domestica Jaquette di 73 anni che da 40 anni vive con lui. E tutti i
“vecchi” che saltano fuori nella vicenda. La morte, per malattia, pochi giorni
prima del principe Hubert de V…, la presenza, bella ma non per questo meno
inquietante, della principessa Isabelle de V… di 72 anni. Tra queste persone
anziane ma del milieu aristocratico, che sanno morire, che sanno invecchiare
(almeno sembra), Maigret (e con lui Simenon) si sente anche lui una ruga qui ed
una ruga là. Sente la pensione che ogni volta si avvicina come uno spauracchio.
E non lo consolano né le chiacchierate con il dottor Pardon, né le cene con la
moglie Louise. Anche se in un ristorantino di rue de Borugogne non disdegna una
superba razza al burro nero (per chi poco pratico, siamo sempre intorno a “Les
Invalides”, nella zona dove si svolge la maggior parte del dramma). L’altro
binario del romanzo, quello “allegro”, ruota intorno all’amore. Al lungo amore
mai consumato ed oramai inconsumabile, tra Armand e Isabel. All’amore
sotterraneo, leggero, di Jaquette. Al modo “simenoniano” di affrontare la vita
ed il sesso da parte dello stesso Armand. Ma poi si torna sempre ad Armand ed
Isabel. Ed il nostro riempie pagine e pagine di brani di lettere d’amore tra i
due. Con sentimenti forti, con i sensi della vita aristocratica eterodiretta
dalle convenzioni sociali. Maigret si muove a disagio tra questi due binari. Un
po’ perché si sente vecchio anche lui. Un po’ perché, come contraltare, la sua
vita amorosa con Louise è diretta, costante, mai deflessa. Difficile che
Maigret abbia pensieri altri. Impossibile, e mai successo, che abbia
atteggiamenti altri. Tornando al testo, poco questa volta vi dico. Armand muore
con 4 colpi di pistola, di cui 3 dopo morto, come per un accanimento. Ci sono
anche storie collaterali, il nipote del conte, il figlio della principessa. Ma
altro è il senso del romanzo. Certo, Maigret svela alla fine i come ed i
perché. Passando però per tutta la parte che più preme a Simenon: la vecchiaia
e l’amore. E sono belle queste pagine, che ci anticipano le riflessioni degli
ultimi 12 anni in cui continueremo a seguire Maigret, la sua umanità, il suo
essere poliziotto perché, da poliziotto riesce a penetrare nell’animo delle
persone meglio di uno psichiatra, come gli dice il suo amico Pardon. È un
racconto di anime, che cercano la loro strada, mentre si sentono gli acciacchi
del tempo che inesorabilmente vengono a colpire. Una bella lettura di
riflessione.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (rue Saint-Dominique, rue de Varenne, rue
Jacob, rue de la Pompe)
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conte Armand de Saint-Hilaire, 77
anni, ambasciatore in pensione, celibe, vittima
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principessa Isabelle de V…,
detta Isi, 72 anni, figlia del duca di S…, moglie e poi vedova del principe
Hubert
Jaquette Larrieu,
73 anni, governate del conte
Alain Mazeron,
antiquario, nipote del conte, separato da sua moglie
principe Philippe de V…,
45 anni, figlio di Isabelle e Hubert
Joseph Moers,
d'origine fiamminga, tecnico di laboratorio della polizia
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2
giorni
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Maggio
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[tit. or.: Maigret et le
voleur paresseux; ling. or.: francese; pagine: 149 – 281 (133); anno 1961]
Siamo
nel periodo di passaggio di Simenon, passeggio interiore, laddove le sue
malattie ma soprattutto lo stato di salute di Denyse, cominciano a gettare
ombre sulla svizzera serenità dei Simenon. Georges prova in estate a distendere
la situazione con un viaggio di famiglia a Venezia, poi però deve essere
operato di appendicite in settembre, e, durante la permanenza in ospedale a
Versailles, decide anche di controllare la sindrome di Ménière che pare si stia
aggravando. Un grande momento di socialità avviene nel novembre del ’60, quando
passano per Échandens per brevi vacanze Henry Miller e la famiglia Chaplin. Ma
Denyse non migliora, anzi ad inizio del 1961 lo stato psichico della moglie si
aggrava. Simenon, per uscire fuori da questi impasse mentali, decide di tornare
al suo Maigret, ed in fine gennaio confeziona questo nuovo romanzo. Che, come
ovvio, non può prescindere dallo stato d’animo dell’autore. Tanto che uno dei
nuovi tratti distintivi che caratterizzano il romanzo è proprio quell’entrare
nell’intimità del commissario, quel farlo vedere nella sua casa, nel letto quando
si sveglia, in cucina per il solito caffè preparato appena sveglio dalla
impagabile moglie Louise. Come se, entrare in queste pieghe private, consolasse
lo stato d’animo poco sereno che sta attraversando lo scrittore. Il primo
elemento, infatti, che salta agli occhi è l’inizio del romanzo. Qui, come in
molti dell’ultimo ciclo dei romanzi di Maigret, Simenon ci apre la casa di
Boulevard Richard-Lenoir, magari facendoci trovare il commissario a letto, in
attesa di essere svegliato dal caffè della moglie Louise. Certo, né qui né
altrove, l’intimità procede oltre, e solo talvolta le labbra del commissario
sfiorano la fronte della signora Maigret. Poi il romanzo si sviluppa con toni
mesti. Il morto è un ladro di appartamenti, tranquillo, metodico, che studia a
lungo la scena prima di fare il colpo. Ed il corpo sembra essere stato portato
dal luogo del delitto, vista la mancanza di tracce. Qui c’è il secondo elemento
che caratterizza il romanzo: il conflitto tra Maigret (che coinvolge la polizia
in generale) e l’apparato giudiziario. Infatti, Maigret dovrebbe condurre una
diversa inchiesta, inseguendo gli autori di diverse rapine, e non un caso che
sembra fin dall’inizio senza speranza. Ma Maigret ha la testa dura, anche
perché riconosce nel morto una sua vecchia conoscenza, Honorè Cuendet, ne
traccia il profilo, e risale, aiutato da altri ispettori sparsi sul territorio,
alla madre ed alla fidanzata. Pressato dal giudice, tuttavia, non dimentica la
pista delle rapine, cercando di incastrare l’inafferrabile Fernand. Tutta
questa parte, pur presente e ben sviluppata, non è però funzionale agli
interessi di Simenon, che ne parla, ne risolve, ma subito ci riporta là dove
stanno le sue reminiscenze e rimembranze. Alla descrizione dello stile di
lavoro del “tranquillo vaudois (cioè svizzero francese del cantone di Vaud)”,
che ricorda a Maigret il proprio stile di approcciare la risoluzione dei
crimini. Un esempio per tutti: nel capitolo 3, per descrivere il modo lungo e
laborioso di Cuendet per realizzare i suoi furti, Simenon ci dice che “provava
un certo piacere nell'entrare nella vita delle persone”. Cosa che si può ben
applicare allo stesso Maigret. Dall’indagine di Lognon, che lo aiuto da
lontano, Maigret risale alla casa che Cuendet stava osservando per cercare di trovare
tempi e modi per la rapina. Peccato che sia la casa di un facoltoso inglese,
Stuart Wilson. Inglese con buoni rapporti con la Francia (così come dice il
giudice che chiede a Maigret di lasciare il caso). Peccato che abbia un figlio
scapestrato, playboy da strapazzo, che divorziò dalla moglie avendola sorpresa
in intimità con il padre Stuart. Maigret è certo, nelle sue certezze senza
prove, che sia stato il figlio ad eliminare Cuendet, perché questi aveva visto
le segrete cose familiari, e la famiglia Wilson non voleva fossero rese
pubbliche. Così il caso si chiude, con la soluzione per le rapine, ma con un
nulla di fatto per il povero svizzero. Unica consolazione, per Maigret,
distogliere parte della refurtiva non reclamata, in modo da assicurare qualche
anno di serenità all’anziana madre del morto. Sappiamo, dalla lunga
frequentazione con l’opera di Simenon, che, al fine di velocizzare la stesura
dei suoi lavori, spesso l’autore riutilizza idee e situazioni già presentate,
magari camuffandole un po’, ma riprendendole in modo da non dover sempre
inventare cose nuove. Così, il cadavere che viene scoperto al Bois de Boulogne
ci rimanda sia a “Il morto di Maigret” del ’48 sia a “Maigret e la giovane
morta” del ’54. L’idea del ladro indolente e tranquillo è già presente in
“Maigret e i testimoni recalcitranti” del ’58. I tre matrimoni di Stuart Wilson
si possono avvicinare idealmente a quelli di David Ward in “Maigret si mette in
viaggio” del ’57. Comunque, siamo sempre ruotando alle stesse tematiche. Simenon
sente passare il tempo, e riversa tutte le sue angosce sul Commissario.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (quartieri Étoile, Opéra, Montmartre et
Marais), Corbeil
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Honoré Cuendet, 50 anni, svizzero
valdese, vecchia conoscenza di Maigret, vittima
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Justine Cuendet,
sua madre
Stuart Wilton,
circa 70 anni, ricco inglese
Florence Lenoir, ex-moglie
di Wilton che continua a portare il suo cognome, ballerina
figlio di Wilton, play-boy
divorziato (quando scoprì che la moglie Lida, modella ungherese, era l'amante
di suo padre)
Ispettore Aristide Fumel
giudice Cajou
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Una
decina di giorni
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Fine
gennaio – inizio febbraio
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[tit. or.: Maigret et les
Braves Gens; ling. or.: francese; pagine: 285 – 422 (138); anno 1962]
Cercando
di uscire dalle sue paranoie e malattie, questo 1961 sembra essere per Simenon
un anno per fare altro. Almeno, altro da Maigret. Infatti, se il ladro
tranquillo viene scritto ad inizio anno (e tra l’altro con una coincidenza non
sempre presente tra tempo di scrittura e tempo dell’azione), bisogna aspettare
sino a settembre perché si metta mano ad un’altra avventura del nostro
commissario. Certo non è che dimentica la scrittura, portando a termine due
nuovi romanzi “durs”, pieni dei risvolti psicologici (“Il treno” e “La porta”).
Intanto è sempre assillato dai malanni, suoi e di Denyse, tanto da fare in
febbraio un approfondito check-up. Per festeggiare le notizie rassicuranti, in
marzo i Simenon sono a Ginevra, al salone dell’auto, dove Georges regala alla
moglie una Chrysler disegnata dalla maison “Ghia”, e lui si concede una
Rolls-Royce, la “Blue Mist” (che ai meglio informati ricorda l’auto con cui
Lawrence d’Arabia entrò a Damasco). A luglio, inoltre, porta tutta la famiglia
al Resort di Bürgenstock sul lago di Lucerna. Riposato, rilassato, ma
sempre pensieroso sui guai suoi e della sua famiglia, in settembre spende la
solita settimana per la redazione di questo romanzo. Con una specie di filo
rosso che lo unisce ai due precedenti di questo volume. Delitti in tempi
concordi alla scrittura (qui appunto, l’omicidio avviene in settembre) e
delitti in un preciso ambito sociale. Ma se il primo era nel mondo
dell’aristocrazia, ed il secondo coinvolge elementi del bel mondo, qui Maigret
si ritrova a svolgere un’inchiesta in un ambiente che potrebbe essere il suo.
Un “morto della porta accanto”, che serve a sottolineare da parte di Simenon
che il crimine non ha frontiere. Entriamo così con Maigret in questo appartamento
a Montmartre (e poi torneremo sopra i condomini del commissario), dove vive la
famiglia Josselin. I coniugi Francine e René, sulla sessantina, lui in
pensione. Spesso visitati dalla figlia Veronique con il marito Paul. Come
spesso accade, una sera le donne vanno a teatro, e gli uomini giocano a
scacchi. Ma una chiamata urgente convoca Paul, che è pediatra, presso un
cliente, di cui però non trova indirizzo né traccia. Intanto le donne, tornate
a casa, trovano René ucciso da due proiettili della sua pistola. Strano caso in
cui tutti hanno un alibi, anche se quello di Paul è molto labile. Maigret è
convinto però che ci sia qualche punto oscuro. Si aggira allora nel quartiere,
parla, beve, interroga. E scopre che sia Francine che René avevano parlato a
lungo con uno strano tipo sui quarant’anni, molto agitato. Poi Maigret scopre
anche che c’è una stanza al sesto piano che una volta era utilizzata dalla
cameriera di famiglia, ma che ora sarebbe disabitata. Peccato che trova tracce
di una presenza estranea. Il pressing sulla famiglia Josselin è ossessivo,
tanto che alla fine Francine getta le armi: il misterioso personaggio non è
altri che Philippe de Lancieux, suo fratello. Che aveva avuto un’infanzia
complicata, presto orfano (non Francine che ha otto anni di più), con padre alcolizzato.
La sorella si sposa presto per fuggire la vita familiare. Philippe non ne sa
uscire, se non continuando a chiedere soldi alla sorella ed al cognato. Non ci
sono misteri a questo punto, c’è solo la solita, titanica lotta di Maigret con
dei testimoni che non vogliono parlare, con Francine che cerca di ritardare le
indagini per fare in modo che il fratello scappi. Alla fine, però, in uno dei
più corti capitoli dell’intero ciclo di Maigret, il nostro commissario dovrà
comunicare a Francine che il fratello, accusato dell’omicidio di Renè, è stato
trovato morto probabilmente per mano di qualche esponente della malavita
parigina. Per la cronaca ci sono 6 romanzi sui 75 di Maigret che hanno un
capitolo di due pagine, in genere l’ultimo, che serve a volte per tirare le
somme. Visto che stiamo dando i numeri, poi, vi dico che i romanzi di Maigret
hanno in media 144 pagine e 9 capitoli (dove si vede quindi che in media ci
sono 16 pagine per capitolo; potenza dei numeri). Un ultimo accenno ai
condomini descritti da Simenon nel corso delle sue opere. Da una delle più
belle descrizioni, quella di Place des Vosges 61, ne “L’ombra cinese”, al 42
ter di rue Notre-Dame-de-Lorette in “Maigret al Picpus” o rue Lhomond in
“Maigret e l’affittacamere”. Sono sempre descrizioni minuziose, che servono ad
inquadrare i possibili delitti ed il loro mondo. Nella prima casa, ad esempio,
ricordo esservi, oltre l’immancabile portiera, un aristocratico al primo piano
la cui moglie sta per partorire, ed al secondo due ragazze amanti della musica,
una coppia matura e due vecchie zitelle. Nel secondo c’è sempre la solita
portiera (sposata ad un agente di polizia); poi c’è un parrucchiere per signore
al mezzanino, una massaggiatrice al primo piano, un laboratorio di fiori
artificiali al secondo, mentre il terzo è affollato da una spogliarellista, una
guardarobiera ed una barista. Non mi dilungo su quella dell’affittacamere, che
ho già descritto a lungo. Ma penso che prima o poi ci si possa dedicare ad un
saggio su “Gli appartamenti dei casi del commissario Maigret”.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi
(Montparnasse)
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René Josselin, circa
65 anni, sposato, una figlia, vittima
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Francine Josselin,
nata de Lancieux, 51 anni, sua moglie
Véronique Fabre,
nata Josselin, figlia di René e Francine, sposata, due figli
Paul Fabre,
marito di Véronique, pediatra
Philippe de Lancieux,
43 anni, fratello di Francine, seconda vittima
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2
giorni
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Settembre
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[tit. or.: Maigret
et le client du samedi; ling. or.: francese; pagine: 425 – 552 (128); anno 1962]
Nel
passaggio tra i primi due anni dei “mitici 60”, si svolgono avvenimenti
fondamentali per la vita di Simenon. In ottobre fa un trionfale viaggio nella
sua città natale, Liegi, ricevendo premi, e dove il 13, venerdì, inaugura la
Biblioteca comunale che prenderà il suo nome (sottolineo la data perché, gli
amanti della precisione sapranno di certo che il 13 ottobre 1961 cominciò la
costruzione del “Muro di Berlino”). Ma se di onori non sa fare a meno, sono
altri due i motivi della particolarità del periodo. In autunno, durante uno dei
suoi frequenti viaggi a Milano, chiede alla segretaria del suo editore
italiano, Arnoldo Mondadori, se poteva trovargli una cameriera per la moglie
Denyse, che ormai ha bisogno di assistenza continua. Sarà così che il 14
dicembre 1961 entrerà nella vita della famiglia Simenon, la “donna finale”
della sua vita, Teresa Sburelin, sulla cui presenza torneremo magari più
avanti. Il secondo episodio è la decisione di lasciare la villa di Noland, a
causa dei cantieri autostradali che di lì a poco modificheranno la vita della
zona. Per la prima volta, decide quindi di farsi costruire una casa tutta sua.
Sceglierà la località di Épalinges, ma anche su questo punto vedremo
meglio in seguito. Per ora, e siamo verso la fine di febbraio, poco dopo il suo
cinquantanovesimo compleanno, e Simenon mette in scena un romanzo atipicamente
giallo, seppur tipicamente simenoniano. Tra l’altro, di passaggio, potremo
anche chiederci se i romanzi di e con Maigret siano romanzi polizieschi o
altro. Forse una mescolanza di molte cose, o forse solo romanzi che raccontano
pezzi delle nostre vite, magari descrivendo cosa succede ad un “uomo normale”
tra boulevard Richard-Lenoir e quai des Orfevres. Se poi volessimo essere
didattici, nei 74 romanzi “propri” di Maigret (escludiamo solo “Le memorie”
come romanzo atipico), ci sono ben 87 crimini. E di questi, quasi il 50% sono
ascrivibili a situazioni umilianti per il colpevole o comunque perseguiti
all’interno del mondo criminale (a partire da “Pietr il Lettone”, dove appunto
Pietr uccide il fratello che lo aveva umiliato per passare al piccolo Albert,
ucciso dalla banda dei Polacchi in “Maigret e il suo morto”, ed altri ancora di
cui tenere il conto). Questo per ribadire che Maigret non “cerca il colpevole”
ma cerca l’uomo. Tant’è che spesso lascia soluzioni aperte, non persegue o fa
in modo che non sia perseguibile il colpevole se il suo ruolo di “accordatori
di destini” glielo consente. In quest’ambito, questo cliente del sabato ha una sua
struttura molto atipica. Per lunga parte del romanzo seguiamo le vicissitudini
di Léonard Planchon, un imprenditore edile che tutti i sabati si presenta in
commissariato per parlare con Maigret senza riuscirci. Ci riuscirà solo
andandolo a trovare a casa e raccontandogli la sua triste storia. Sposato con
Renée, di 9 anni più giovane, si accorge che lei, ben presto, lo tradisce con
Roger, suo impiegato. Non solo, ma Roger si installa in casa, soppiantandolo in
tutto. Il nostro, esacerbato, non sa che fare e decide di uccidere i due,
confessando il crimine a Maigret prima che venga commesso. L’arte del nostro
serve a calmare l’esagitato, a farsi promettere di non fare passi falsi.
Peccato che poco dopo, Léonard scompare. Maigret indaga, ma la moglie gli dice
che hanno raggiunto un accordo, su base monetaria, ed esibisce un contratto di
cessione della ditta. Il commissario tuttavia non si lascia prendere dalla
montatura, continua ad indagare, scoprendo piccole discrepanze tra tutte le
testimonianze. Fino a ritrovare il corpo del povero Léonard, in una sacca alla
deriva nella Senna. La parte finale ci fa ritrovare Maigret alle prese con le
aule giudiziarie dove si giudicano i due colpevoli che, per cercare salvezze
improbabili, si accusano a vicenda. E sarà proprio Maigret che offrirà loro una
piccola scappatoia, con la riduzione della pena (giusta ma non a vita), quando
testimonia della volontà del morto di essere lui ad uccidere i due. Omicidio
per legittima difesa, ma pur sempre omicidio. Quello che premeva a Simenon di
farci vedere è il tormento di un uomo umiliato, la capacità di Maigret di
empatizzare con i personaggi, la cattiveria del mondo, ed altri momenti di
vita. Maigret deve sempre cercare la verità e svelarla. Certo, i due sordidi
individui che sconvolgono la vita di Léonard sono riprovevoli. Ma il morto
aveva tutte le possibilità di risolvere la vicenda in altro modo. Un altro
romanzo che, alla fine, lascia un po’ di amaro in bocca, in noi e nel
commissario.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi
(Montmartre, in particolare rue Tholozé)
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Léonard Planchon, 36 anni,
imprenditore di pittura edile, sposato, una figlia di 7 anni, vittima
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Renée Planchon, 27 anni, sua moglie
Roger Prou, 29 anni, pittore della
ditta, amante di Renée
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3 giorni
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Gennaio
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[tit. or.: Maigret
et le clochard; ling. or.: francese; pagine: 555 – 688 (134); anno 1963]
Tutto
preso dalle nuove incombenze (l’entrata di Teresa, che ben presto diventerà la
sua terza “donna”, le direttive per la costruzione della nuova villa,
l’aggravarsi delle condizioni psichiche di Denyse), in questo 1962 Simenon ha
poca voglia di tornare ai libri “seri”. Anche perché, distratto nel mese di
marzo, dalla nascita di Serge Georges Paul, figlio di Marc Simenon e di
Francette Grisoni. Simenon diviene nonno per la prima volta prima dei
sessant’anni. Allora, due soli mesi dopo il precedente, nella settimana a
cavallo tra aprile e maggio, pone mano alla redazione di questo che risulta il
degno epilogo di uno dei volumi migliori di tutta l’opera di Maigret. La storia
è lineare, seppur con una sua complessità evolutiva. Un barbone in fin di vita
viene ripescato dalla Senna, all’altezza del Quai des Célestins, da parte del
battelliere olandese Jef. Inciso, ricordo ai meno adusi alla topografia
parigina, che siamo nella banchina prospicente il retro di Notre-Dame, in
direzione Place des Vosges. Una zona che Maigret spesso percorre a piedi per
andare da casa all’ufficio. Il barbone è ricoverato in ospedale, e Maigret,
proprio per le reminiscenze dei luoghi, cerca di capire qualcosa dalla vicenda.
Il barbone è stato colpito alla testa, Jef narra di macchine fuggite.
Interrogando gli altri barboni allocati sotto il Pont Marie, Maigret scopre il
nostro essere tal François Keller, sessantatreenne ed ex medico. Aiutato da
alcuni oggetti, dalla barbona Lèa, e dalla rintracciata famiglia, ricostruisce
la storia di Keller. La moglie vive proprio sull’Ile-Saint-Lois (una zona di
benestanti), e lì vicino c’è la figlia, sposato ad un ricco uomo d’affari.
Keller invece era un medico come il mio amico Emilio, con una passione enorme
per la medicina, con un’empatia gigante per i pazienti, con la voglia di
aiutare tutti, senza pensare al lato economico della professione. Ciò lo porta
alla rottura con la famiglia, e con la decisione, una trentina di anni prima,
di andare ad esercitare in Africa (in particolare in Gabon, al tempo
protettorato francese). Anche lì, tuttavia, la sua onestà avrà poca luce, ed
allora, disgustato, decide di tornare in patria, e di vivere il resto della
vita da barbone, insieme agli ultimi, seppur non lontano da moglie e figlia. In
tutto ciò, sebbene Keller non parli, Maigret si convince che nelle azioni di
Jef ci siano elementi strani. Intanto, la barca dell’olandese, con cane,
moglie, figlia e fratello, naviga verso Rouen. Dove Maigret li raggiunge, dove
fa crollare le prime difesa di Hubert, il fratello, e da dove convoca a Parigi
Jef. In una scena magistrale di interrogatorio, dove Simenon sta diventando
maestro di romanzo in romanzo, ricostruiamo tutta la storia. Jef era marinaio
nella barca di Louis, e si era innamorato, ricambiato della di lui figlia Anna.
Louis osteggiava in tutti i modi la loro unione, perciò una sera, ubriaco,
viene spinto ina acqua da Jef durante una colluttazione. E Louis, ubriaco,
affoga senza che Jef lo voglia salvare. Alla scena ha assistito un barbone,
appunto il nostro Keller. Jef sposa Anna, diventa mastro battelliere, hanno un
figlio, associa il fratello alle navigazioni sul fiume. Ma ha sempre il tarlo
della possibile denuncia di quel testimone. Quando, due anni dopo i fatti, si
ritrova ormeggiato allo stesso punto, e rivede Keller, per paura di essere
smascherato, lo colpisce e lo butta in acqua. Tuttavia, le grida di Keller
risvegliano altri battellieri, e Jef è costretto, suo malgrado, a salvarlo.
Qui, c’è il colpo da maestro di Simenon, che tutto si basa sul fatto che Keller
voglia denunciare Jef e l’accaduto. Ma Keller dice al commissario una frase che
sintetizza tutta la filosofia di Simenon: “Quello che è impossibile, è
giudicare”. Questo rifiuto di giudicare l’altro farà salire il sentimento di
rispetto di Maigret verso Keller. Una nobiltà d’animo che, benché deluso, l commissario
non può non riconoscere. Come detto più volte, uno svolgimento magistrale per
un romanzo esemplare. Dove, e non è un caso data la ristrettezza dei tempi di
elaborazione, troviamo una messe di temi già presenti negli altri romanzi. Nei
“Maigret” spesso troviamo il personaggio che abbandona il suo ambito per vivere
altrove. Ci viene subito in mente Jean Darchambaux, il medico di Toulouse che
si ricicla cavallante (in “Il cavallante della ‘Provvidenza’”). Ma tanti altri
sono i motivi dei “ricordi”: il mondo delle chiatte dal cavallante appena
citato a “La chiusa n.1”, i marinai che ritrovano i resti di un corpo (in
“Maigret e il corpo senza testa”). Senza dimenticare che, affacciato alla sua
finestra in ufficio, spesso Maigret si fissa nel rimirar le barche sulla Senna.
Sempre ripensando a “La chiusa n.1”, Anna, la moglie di Jef, ci evoca nel
ricordo Aline Gassin, la diciottenne un po’ disturbata, anche lei con quello
sguardo di donna bambina. Ed è ovvio, per chi sa del resto dell’opera di
Simenon, collegare i ricordi gabonesi di Keller con i romanzi tropicali del
nostro (che essendo fuori del ciclo di Simenon, non se ne parla qui). Infine,
sempre per rimanere sulle chiatte, il cane danese di Jef ci ricorda Olaf, il
primo cane di Simenon che con lui girava in gioventù per i canali fluviali
francesi. Un elemento di curiosità è l’imbarazzo che sempre prova Maigret
quando entra in contatto con strutture ospedaliere, specialmente per una
persona, come appunto Maigret, che medico voleva diventare. Lo vediamo quando
va a visitare Darchambaux (sempre nel Cavallante), Pierre Le Clinche (in
“All’insegna di Terranova”), la slovacca Maria (in “Il morto di Maigret”), o i
suoi collaboratori come Janvier (in “Maigret e l’affittacamere”), Lognon (in
“Maigret, Lognon e i gangster”). Anche quando è al capezzale della moglie (in
“Le vacanze di Maigret”) o è lui stesso il paziente (in “Il pazzo di
Bergerac”). Infine, in questo romanzo si esalta, come detto, la maestria di
Simenon nei dialoghi: non solo negli interrogatori, ma anche nei colloqui tra
Maigret e la moglie, quasi che gran parte della trama si svolgesse in stile
diretto, con domande e risposte, lasciando le poche descrizioni alle
sensazioni, sul tempo e sulla vita, dello stesso commissario.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (quai des Célestins, quai d'Orléans,
Hôtel-Dieu), lungo la Senna da Juziers a Mantes-la-Jolie
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François Keller, 63 anni, già medico,
diventato clochard, sposato, originario di Mulhouse, ha lasciato moglie e
figlia da 22 anni, ha lavorato come Dr. Schweitzer in Gabon ed è tornato a
Parigi da 15 anni
|
Joseph Van Houtte, detto Jef,
battelliere belga, proprietario della chiatta "Zwarte-Zwaan",
sposato, una figlia
Anna Van Houtte, nata Willems, detta
Anneke, moglie di Jef
Hubert Van Houtte, 22 anni, fratello
di Jef
Mme Keller, 55 anni, moglie di
François
Jacqueline Rousselet, nata Keller, 35
anni, figlia di François, sposata (con René), ha una figlia (Jeannot)
|
3 giorni
|
25 – 27 marzo
|
Prima
trama del mese, quindi eccoci alle relativamente poche letture di luglio,
complice una bellissima avventura scozzese. Letture però illuminate da un
bellissimo Terzani e da una molto interessante Highsmith. Di contro, speravo
meglio in Ishiguro, che invece continua a deludermi.
#
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Autore
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Titolo
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Editore
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Euro
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J
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1
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Patricia
Highsmith
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Carol
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Bompiani
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10
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4
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2
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Tiziano Terzani
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Un altro giro di
giostra
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TEA
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7,50
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5
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3
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Flavio Soriga
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Metropolis
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Repubblica Italia
Noir
|
7,90
|
3
|
4
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David Grossman
|
Che tu sia per me
il coltello
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Mondadori
|
12
|
2
|
5
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Ross King
|
La cupola di
Brunelleschi
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Corriere della
Sera Arte
|
7,90
|
3
|
6
|
David Frome
|
Mr. Pinkerton ha
un indizio
|
Corriere della
Sera Gialli
|
6,90
|
3
|
7
|
Kazuo Ishiguro
|
Il gigante sepolto
|
Einaudi
|
13
|
1
|
8
|
Victor L.
Whitechurch
|
Il delitto della
portantina
|
Corriere della
Sera Gialli
|
6,90
|
2
|
9
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Philip Pullman
|
L’ombra nel Nord
|
Salani
|
10
|
2
|
Si dice dei guasti, e si diceva che forse,
dati i continui incidenti di percorso, sarebbe bene organizzare un
pellegrinaggio. O quanto meno una visita ad un esorcista. In mancanza di
meglio, sarebbe sufficiente anche un Harry Potter efficiente. Che vi devo dire?
Continuiamo a stringerci vicini l’un l’altro, sperando che aumenti la nostra empatia.
Io per non sbagliare vi saluto e vi abbraccio ad uno ad uno.
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