Scusate
l’orrendo gioco di parole, ma questa settimana si eleva sugli altri la prima
prova di Emanuele Bissattini, che so aver pubblicato un secondo libro che prima
o poi leggerò. Per il resto delle oneste ma sottotono prove di autori già ben
noti come Faletti e Recami, nonché una lettura di un testo osannato in giro per
il mondo, ma che a me non è piaciuto. Parlo del primo libro della saga di
Monaldi&Sorti, di cui forse qualcuno mi spiegherà il successo.
Emanuele Bissattini “Glock 17 – La pazienza dell’odio” Round Robin s.p.
(Regalo di Pietro DS)
[A: 24/05/2018 – I: 12/06/2018 – T: 14/06/2018] - &&&
+
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 316;
anno 2017]
Non so se l’amico di tante sudate palestrose
sarà contento, visto che lui non ama il genere (ci potrebbe stare una battuta,
ma sarebbe troppo complicato poi spiegarla, quindi immaginatela), ma a me,
questo libro, è moderatamente ma sinceramente piaciuto. Certo, ci sono cose che
non sono completamente in sintonia con me, e di questo poi accennerò. Ma
l’impianto generale, la costruzione e lo svolgimento della storia, nonché la
capacità affabulatoria (d’altra parte se uno scrive per dei giornali, qualcosa
avrà pure imparato…) sono gradevoli. Come gradevole, punto sempre di merito
dell’ottima casa editrice, il carattere di stampa che aiuta a non appesantire
le parole sulla pagina. Ed in effetti, Round Robin, nella piazza romana, ha un
suo merito, di non tirarsi indietro di fronte ad autori nuovi, ed a percorsi di
scrittura non sempre usuali. Certo, non è il grande editore internazionale. Ma
nel suo piccolo, continua a pubblicare cose gradevoli. Come gradevole, appunto
(e qui torniamo a bomba) è il libro di Bissattini. Gradevole anche se
“scabroso”, non nel senso “hot” del termine, ma che affronta una materia, il
noir in quel di Roma, che, da “Romanzo criminale” in poi ha avuto una svolta
mediatica notevole, e quindi, a volte, non è facile evitare di cadere in
ripetizioni. Qui, invece, l’idea originale, anche se ogni tanto può avere
debiti di riconoscenza con questo o con quello, ha una sua forza per camminare
da sola. Seguendo le parole dell’autore, ci immergiamo, per strati ed ondate
successive, nel mondo e nella vita di Ercole Gatto. Un “aggiustatore”, non nel
senso morale alla Maigret, ma nel senso fisico, quasi un sotterraneo Mr. Wolf,
che risolve problemi, seguendo tuttavia una sua dirittura morale. Lo vediamo
ora, nella sua “copertura” di meccanico di moto, accudito da Santina, ed
accompagnato nelle opere e nei pensieri dall’amico Sigmund. Con un uso neanche
tanto spinto di flashback, ricostruiamo la sua storia, il suo odio, la pazienza
nel perseguire lo scopo ultimo della vita. A 6 anni assiste impotente allo
stupro della madre, che ne uscirà sconvolta senza più riprendersi mentalmente.
Stupro perpetrato da una banda di malavitosi cui, pare (ma scoprirete voi come
e perché) si sia aggiunto il padre. Che non regge la violenza, e si uccide.
Sarà Santina che lo salva, lo porta in Nord Italia, e lo fa crescere. Ma
l’episodio rimane fisso nella mente di Ercole, e per esorcizzarlo, prima entra
nella Legione Straniera, poi, con alcuni elementi del gruppo, li segue in un
ingaggio in guerre mediorientali. Dove sta quasi per soccombere, se non ci
fosse Sigmund a salvarlo. Ma anche Sigmund ha le sue pene, che gli uccidono
moglie palestinese e figli. I due ritornano a Roma, Ercole meccanico e Sigmund
fioraio vicino alle Mantellate. Da lì cominciano la loro opera di aggiustatori,
ma solo per cause che ritengono degne. Il tarlo della vicenda infantile ha un
primo balsamo quando Ercole riesce a trovare il cattivo dello stupro e ad
ucciderlo. Ma questi sono antefatti, che scopriamo qua e là tra le pagine. Il
fatto è un nuovo ingaggio che, oltre ad un’azione per salvare una signorina
perduta, offre in cambio indicazioni per risalire la catena che portò a quelle
vicende. Non vi sto a tediare descrivendo i come ed i perché, che si seguono
bene nelle pagine di Bissattini. Sia per la bravura di Ercole nelle azioni
solitarie, sia per quella di Sigmund nel trovare, capire e spiegare i
retroscena. Fatto sta che, evento dopo evento, Ercole risale tutta la catena
degli eventi, ricostruisce la vita del padre, l’atmosfera del tempo, i come, i
perché ed i chi. Forse qui c’è un po’ di “accondiscendenza” che pare troppo
semplice che tutto sia conoscibile, basta seguire appunto quei fili. Che, come
nodi, si attorcigliano e non cadono mai troppo lontano dall’albero, come le
mele marce fanno in genere. Avviandoci così verso un finale, che, bene o male,
è già scritto da diversi capitoli. Ma va bene così, un po’ di sospensione non
fa male né al lettore, che è libero di decidere l’esatto svolgersi delle cose,
né all’autore che può decidere in un futuro di riprendere in mano alcuni bastoncini
e ricostruire un nuovo shanghai. Un punto in più alla piacevolezza personale
della trama, è che alcune parti della vicenda si svolgono tra Prati e
Trionfale, zone che sono le mie, e che ben conosco. Due punti in meno per la
denigrazione di via Tolemaide (dove ho abitato per 20 anni) e per una piccola
incuria editoriale. A pagina sei la frase “Carmine allarga le braccia” è
stampata “Carmine Allarga le braccia” (come se “allarga” fosse il cognome). Un
controllo in più ed era tutto liscio. Ma sono venialità, che non intaccano la
buona riuscita del romanzo stesso.
Giorgio Faletti “L’ospite” Einaudi s.p. (Regalo di Alessandra)
[A: 24/06/2018 – I: 31/07/2018 – T: 01/08/2018] - & e ½
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 117;
anno 2018]
L’anno indicato riguarda la pubblicazione di
questo libro che contiene due racconti pubblicati in precedenza. Il primo,
“L’ospite d’onore”, è del 2005, uscito nell’antologia “Crimini”. Il secondo,
“Per conto terzi”, invece è del 2008 ed è uscito nell’antologia “Crimini
italiani”. Qui, Einaudi decide una piccola operazione di marketing, tanto per
ricordare il bravissimo autore da quattro anni, purtroppo, scomparso.
Meritevole per ricordare Faletti, poco lodevole per la scelta, che i due
racconti non è che siano il massimo della scrittura e della suspense. Infatti,
il primo racconto non merita più di ½ libro. Il secondo racconto ne merita
invece uno, che ha una più solida base descrittiva, anche se sono presenti
diversi debiti verso altri scritti (e ci torneremo). Consiglio comunque di non
leggere la quarta di copertina, dove si cerca di volare alto per spiegare le
motivazioni del titolo che, se ha qualche attinenza con il primo racconto, non
si vede come possa essere appicciato al secondo. Nell’ospite d’onore, Faletti
cerca di accattivarsi il lettore ammiccando e facendo “il simpatico”. Atmosfere
distese, descrizioni anche ironicamente coinvolgenti (se potessimo leggere
tutti i libri in modo atemporale, direi quasi che potrebbe andare in parallelo
con il primo libro di Robecchi con le avventure di Carlo Monterossi). Cercando
di interessarci al “gossipismo” di Riccardo, alle bellezze procaci della nipote
Sara, nonché alla vicenda al limite del nonsense del conduttore televisivo che,
dopo la morte inspiegabile in diretta della soubrette di turno, decide di
eclissarsi. Sarà Sara che casualmente lo ritroverà, e sempre lei che ne
indicherà possibili nascondigli allo zio nonché giornalista da “Diva e Donna”.
E saranno loro che, in una Guadalupa incantata di mare e di sole,
ripercorreranno la storia di quell’ultima puntata. Con il misterioso tipo che
succhia Chupa Chups, che Faletti mette lì per incutere timore, che spaventa
Walter e che … Ma è una vicenda senza sugo, noi non siamo né Riccardo né Walter
né tantomeno Sara. Il tutto quindi scivola via senza lasciare traccia. Unico
momento che ricordo con piacere, e che mi ha fatto salire a mezzo libro il
giudizio, è la descrizione della vicenda artistica di Walter, che ricalca, con opportuni
distinguo, quella stessa di Faletti: “aveva cominciato per caso, dopo anni
trascorsi nei villaggi come animatore turistico, con una trasmissione per
giovani … su una rete Mediaset”. Ed io ben ricordo l’incontro con Giorgio nei
primi anni ’80, nel campeggio di Isuledda vicino ad Arzachena (oggi diventato
pomposamente, “Centro Vacanze Isuledda”), e la nostra gita in barca (io, lui e
Sara) nelle Bocche di Bonifacio. Ma questa, è ovvio, fa parte di altre
narrazioni. Il secondo racconto, almeno, ha una parvenza descrittiva e di trama
“quasi” gialla. Anche se, a partire dal titolo, e dal sesto capitolo, si
capisca tutto, anche troppo. Tra l’altro (ed in questo Faletti è ben onesto),
dice lui stesso che il racconto sembra copiare il film di Hitchcock “Delitto
per delitto” (anche se io propenderei per la radice comune verso “Sconosciuti
in treno” di Patricia Highsmith). Quindi del racconto non narro molto, se non
la strana (per come è congeniata, non per le motivazioni) morte di Angelo
Bertolini, detto Bradipo. La parte narrata (ed è qui che un po’ sale il
giudizio sullo scritto) si sviluppa in capitoli in cui ogni volta (almeno per i
primi sei) entra in scena un personaggio. E non ho difficoltà a tributare il
doveroso omaggio allo scrittore Faletti: agile, ben descritto, ed ognuno esce
fuori con le sue particolarità. Il morto, il commissario, il triste padre, ed
altri. L’atmosfera di Asti (città che non conosco, ma che prima o poi, seguendo
le orme di Anita dovrò visitare) viene fuori tra le brume di una sigaretta e di
un buon bicchiere di rosso. Magari con in sottofondo un bel Paolo Conte
d’annata. Insomma, un centinaio di pagine che si leggono in fretta, che danno
qualche scossetta, qua e là, ma di cui, voltata pagina 118, non rimane gran
che. Forse solo il rimpianto per un uomo che ci ha lasciato troppo presto. Ma
anche questa è un’altra storia. Una che mi vede famelico lettore del grande
successo di Giorgio, e pessimo detrattore di tutte le altre scritture. Io, si
sa, sono un po’ meteoropatico, ma mi volete bene ugualmente.
Rita Monaldi & Francesco Sorti “Imprimatur” Baldini & Castoldi
euro 9,90
[A: 16/05/2017 – I: 24/08/2018 – T: 01/09/2018] - &&
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 670;
anno 2002]
Ero curioso di
leggere questo libro dopo tutte le polemiche che aveva suscitato, e che,
sembra, tuttora susciti. La premiata ditta Monaldi&Sorti ha infatti
prodotto un discreto numero di volumi (cinque usciti e due in preparazioni) di
una serie che hanno posto sotto l’egida del titolo “diplomazia internazionale
barocca”, anche se potrebbe andare anche come attività internazionali di Atto
Melani. Costui, abate e cantore castrato, è stato un personaggio realmente
esistito, nato nel 1626 e morto nel 1714. Sembra che la coppia di scrittori ne
abbia fatto il fulcro delle loro novelle, anche a partire da qualche documento
bibliograficamente interessante ritrovato in qualche non nota (a me almeno)
biblioteca. Ho detto coppia, in quanto Rita e Francesco sono, anche, marito e
moglie. Ma cominciamo subito con le polemiche. Questo primo libro, che riporta
vicende real-fittizie probabilmente svoltesi in Roma nel settembre 1683, ha un
suo fulcro su presunte attività non proprio limpide del papa del tempo,
Innocenzo XI al secolo Benedetto Odescalchi, eletto papa nel settembre del
1676, e rimasto in carica fino alla morte avvenuta il 12 agosto 1689. Pare (e
dico pare visto che non conosco tutti i retroscena) che le gesta narrate nel
libro siano state di poco gradimento alla Chiesa Cattolica. Il libro usciva nel
2002 per i tipi di Mondadori. Ma dopo una vendita di circa 10 mila copie, la
casa editrice lo ritira dal commercio ed il libro sparisce. Peccato che
“risorga” all’estero, dove, secondo l’editore olandese che ne prende la cura,
viene tradotto in 26 lingue e tocca il milione di copie vendute. Mondadori (e
la Chiesa) nega che ci sia stato ostracismo per alcune presunte scomode verità
contenute nel libro. Monaldi&Sorti, per continuare a pubblicare la saga di
Melani, nonché altri libri, decidono di lasciare l’Italia. E da una decina
d’anni vivono a Vienna. Da dove, appunto, continuano a scrivere di Melani, e di
altri personaggi dell’epoca barocca. Periodo cui sono interessati per
formazione, nonché per studi musicologici (Sorti è esperto anche di musica
barocca del XVII° secolo). Insomma, questo il grande mistero, e questo il
motivo per cui, pur non avendone necessità particolari, la curiosità mi spinge
a leggere di questo volume, che solo dal 2016 trova un nuovo editore italiano.
È infatti Baldini&Castoldi che ne acquistano da Francoforte i diritti. E
che ne pubblicano. Veniamo allora allo specifico del libro. Che devo dire è ben
costruito, articolato, ma, per lunghi tratti, decisamente moscio. C’è poca
tensione, c’è una difficile curiosità narrativa, ci sono soluzioni scontate. E
ci sono sicuramente troppe pagine. L’azione è tutta in Roma, principalmente
nella metà di settembre del 1689, relegata nelle stanze della taverna del
Donzello, in un luogo che attualmente dovrebbe ospitare l’Hostaria dell’Orso.
In una possibile epidemia di peste (che spesso era flagello al tempo), una
decina di personaggi sono rinchiusi nella taverna. Il primo, De Mourai, un
francese, muore subito, forse avvelenato forse appestato. Così come colpito da
bubboni sembra l’inglese Bedford. Poi c’è un musico francese virtuoso di
chitarra, Robert Devizé, che spesso suona un rondò che incanta i presenti. C’è
un artista vetraio di Murano che poco entra nelle storie, così come l’astrologo
napoletano (anche se ci saranno lunghe pagine dedicate proprio alle stelle ed alla
loro influenza vera o presunta sul comportamento umano). Anche il gesuita
spagnolo, padre Robleda, avrà alcune pagine di interpretazioni teologiche ma
poco di più. Ben più presente il marchigiano Pompeo Dulcibeni, che aveva
accompagnato il de Mourai da Napoli. E che ha un comportamento assai
misterioso. Le fila del discorso sono tenute, in modo nascosto tra le quinte,
da uno dei personaggi con storicità accertata: il cantore castrato Atto Melani,
poi abate, e di sicuro spia a vario titolo del regnante francese. Le gesta ci
vengono infine narrate dal garzone della taverna, il piccolo (di statura) forse
di nome Francesco, il cui diario è fittiziamente riportato dagli autori. Storie
vere ed immaginate si intrecciano: de Mourai in realtà sarebbe il grand commis
francese Nicolas Fouquet misteriosamente fuggito dalla prigione di Pinerolo.
Dulcibeni, aiutato dal vero archiatra del papa, il dottor Tiracorda, cerca di
avvelenare con le zecche della peste le sanguisughe del papa, in base ad una
vendetta cui da anni tiene il filo. Cloridia non a caso è nella locanda,
essendo la figlia perduta di Dulcibeni. Melani, con l’aiuto di Francesco e di tombaroli
romani, detti “corpisantari”, che cercavano le reliquie dei corpi santi dentro
le catacombe romane per poi rivenderle ai gonzi pellegrini. Se volete un bel
riassunto degli avvenimenti che si succedono nel libro, gli stessi autori ne
forniscono un sunto dei sunti a pagina 505 cui rimando senza riproporlo. La
storia del libro, narrate da Francesco, si concludono tirando le fila dei vari
misteri. Ed a loro rimando per chi fosse interessato. Io vorrei sottolineare
invece da un lato la fatica nel leggere le lunghe pagine del testo, che
diluiscono le vicende, le ingarbugliano, ma non ne fanno una narrazione
avvincente come meriterebbe. D’altro lato, il punto forte è il vero (o presunto
veritiero) insieme di notizie che storicamente corredano il testo. Le notizie
della Battaglia di Vienna tra le forze cristiane guidate dal nobile polacco
Sobieski contro l’invasione turca, e la successiva vittoria dei cristiani
stessi (foraggiati dalle casse vaticane di papa Odescalchi). Le storie del re
Sole Luigi XIV e dei suoi sovraintendenti alle Finanze, prima il Fouquet poi il
Colbert. Il ruolo di spione ai servizi del re Sole dell’abate Melani. Ma
soprattutto la pietra finale dello scandalo, motivo reale secondo gli autori
dell’ostracismo vaticano nei loro confronti. Sarebbero infatti i soldi degli
Odescalchi, gestiti dal fratello del papa, Carlo, ma con il tacito assenso del
papa stesso, che avrebbero permesso a Guglielmo III d’Orange di spodestare il
cattolico Giacomo II Stuart e di instaurare, dal 1689, il regno protestante
della casa di Hannover in Inghilterra (regno che terminò con la regina Vittoria
nel 1901, per passare, tramite il di lei marito, a quello dei
Sassonia-Coburgo-Gotha cui appartiene l’attuale regina Elisabetta II). Questo
“coup de theatre” viene messo in onda dalla coppia Monaldi&Sorti proprio
nel 2002, anno in cui doveva svolgersi il processo che avrebbe portato il beato
pontefice al ruolo di Santo. Processo interrotto e non più ripreso. Devo dire
in realtà che sono proprio le ultime cento pagine di documentazione storica che
più mi hanno preso, sia per un miglior ritmo descrittivo, sia per un maggior
interesse sul reale intreccio di momenti così oscuri della storia pre-moderna.
Un ultimo accenno: questo è il primo di sette libri dedicati all’argomento, i
cui titoli, letti nell’ordine, recitano “Imprimatur Secretum Veritas Misterium
Dissimulatio Unicum Opus”, che tradotto sta a significare "Si pubblichino
tutti i segreti del mondo, ma la verità è sempre un mistero. Unica impresa, la
dissimulazione". Ma non credo che leggerò altro di queste storie.
Francesco Recami “Commedia nera n.1” Sellerio euro 14
[A: 16/03/2017 – I: 02/09/2018 – T: 03/09/2018] - &&
e ½
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 210;
anno 2017]
Francesco Recami,
terminata, più o meno, tutta la serie delle “Storie di ringhiera”, su cui
tornerò prima o poi, decide di intraprendere un nuovo filone di giallo –
burlesque (cercherò anche di spiegare cosa intendo con questo termine). Ho
anche la “Commedia nera n.2” che si leggerà, anche se per ora non so se sia
basati con gli stessi personaggi, o solo con situazioni comparabili. Vedremo
(anche se propendo per la seconda interpretazione). Ho usato il termine
burlesque nel senso etimologico primario di “spettacolo satirico con venature
comiche”, piuttosto che nell’accezione attuale di spettacolo di varietà con
canzoni, caricature e spogliarelli. Che l’intento di Recami mi sembra quello di
creare situazioni improbabili, comiche, a volte anche tragiche, facendoci
riandare alla mente i cartoni di Will Coyote che il protagonista della storia,
Antonio Maria, guarda spesso e volentieri in televisione. La vicenda è quasi un
“pas de deux” nella vita familiare appunto di Antonio Maria e di sua moglie
Maria Antonietta (notiamo già il contrappunto dei nomi). Conosciutisi
all’Università (facoltà di Giurisprudenza) Antonio Maria deve abbandonare gli
studi per la morte del padre e per prendere in mano la sartoria di famiglia.
Maria Antonietta invece si laurea, fa il concorso in polizia, dove entra carica
di onori e con una solida carriera che perseguirà presto. I due si sposano, ma
già si notano le avvisaglie delle future lotte. Il nostro è tendenzialmente un
debole, un po’ succube degli eventi che lo condizionano, piuttosto che essere
lui a guidarli. La moglie invece è assertiva e sicura, non fa un passo se non
sa la direzione che prenderà. E prende sempre il comando delle operazioni.
Anche in casa, e soprattutto a letto. Dove sfiancherà ben presto il malcapitato
Antonio Maria. Chiedendo sempre di più e con più intensità e profondità. Una
volta compreso che il marito non riesce a seguirla su questi ritmi, e dovendolo
punire ed umiliare per motivazioni varie, si arriva allo scenario con cui si
apre il romanzo. Antonio Maria, caduto anche in depressione, non esce più di
casa, dove svolge tutti i compiti per la gestione della stessa (compresa la
spesa che, non uscendo, si fa recapitare). Eccellendo particolarmente nelle
preparazioni culinarie. Maria Antonietta, relegato lo sposo in una stanza a
parte, fa installare in casa, a rotazione, stalloni in genere presi dalle forze
di polizia, che, con la scusa della sorveglianza del commissario, vivono a
rimorchio della precaria (moralmente) situazione familiare. Il balletto tra i
due è speculare e prolungato. Maria Antonietta, en passant, cita casi e situazioni
poliziesche, che risolve brillantemente. Noi, all’inizio, si pensava che
potesse scaturire da qui il filone “nero” della commedia, mentre sono solo
intermezzi per il “dramma” che invece si svolge tra le pareti domestiche. Dove
Antonio Maria tenta di fuggire, alla casa ed alle grinfie della moglie, con
tutte le difficoltà di una persona depressa, che ha paura nell’affrontare le
strade aperte. Ovviamente, tutti i tentativi del nostro, come quelli di Will
Coyote, sono destinati a fallire. Quasi sempre per inezie, per sviste, per accadimenti
imprevisti. Ci sono momenti in cui la fortuna sembra sia dalla parte di Antonio
Maria. Ma è sicuro che ogni volta, lui si ferma un attimo prima, o fa la mossa
sbagliata. Insomma, non si riesce a sfuggire alla casa. Quindi, accentuandosi
la depressione, il primo passo successivo del nostro è tentare di organizzare
un omicidio perfetto. Che prepara varie volte meticolosamente, e che, anche qui
con gli effetti “comici” che si accennava, miseramente falliscono. Il passo successivo,
allora, sarà quello di porre fine alla propria vita. Ma anche il suicidio, non
solo è difficile, ma cade sempre in successivi inciampi che ne ostacolano
l’esecuzione sia per motivi esterni che per insipienza dello stesso suicidante.
Fino alla soluzione finale: impiccarsi! Ovvio, non ve lo mando a dire, che
troverà il modo di sbagliare la lunghezza della corda, o l’altezza cui
appenderla (essendo anche non troppo alto). Finendo però… Lasciamo qualche
sospensione finale, ad una commedia che alla fine, per me, è risultata poco
nera. Molto lontana, ad esempio, da quell’”Humor noir” di un tempo che fu della
mia memoria di André Breton, che tutt’altro svolgimento e concatenazione aveva.
Un libro che scorre, ma che alla fine, nella ripetitività delle situazioni, si
aspetta solo che arrivi presto ad una conclusione, pur che sia. Vedremo che ne
sarà alla seconda puntata, che in fondo a me di Recami non dispiace leggere.
Invece,
ecco subito, in questa prima trama di dicembre, la ripresa delle intense letture
settembrine, con ben tre punte di valore: un bel libro di Pisani sulla Cappella
degli Scrovegni, il 13° volume dei romanzi di Maigret, nonché il numero
speciale di Micromega dedicato al cinquantenario del ’68. Ci sono anche punte
che volgono decisamente al basso, come l’ennesimo ed illeggibile libro su Bridget
Jones, un altrettanto illeggibile giallo anglosassone di un’esimia e
giustamente poco nota Elizabeth Daly, ma anche su di un datato e per me poco
fruibile libro di Haruki Murakami.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Monaldi & Sorti
|
Imprimatur
|
Baldini & Castoldi
|
9,90
|
2
|
2
|
Helen Fielding
|
Bridget Jones Un amore di ragazzo
|
BUR
|
9,90
|
1
|
3
|
Francesco Recami
|
Commedia nera n.1
|
Sellerio
|
14
|
2
|
4
|
Giuliano Pisani
|
I volti segreti di Giotto
|
Corriere della Sera Arte
|
7,90
|
4
|
5
|
Georges Simenon
|
I Maigret – 13
|
Adelphi
|
s.p.
|
4
|
6
|
Alessia Gazzola
|
Una lunga estate crudele
|
TEA
|
12
|
2
|
7
|
Jack Iams
|
Non si uccide pima di Natale
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
2
|
8
|
Marina Fiorato
|
La ladra della Primavera
|
Corriere della Sera Arte
|
7,90
|
3
|
9
|
Anne Perry
|
Assassinio a Brunswick Gardens
|
Mondadori
|
5,90
|
2
|
10
|
Anne Perry
|
Il complotto di Whitechapel
|
Mondadori
|
4,05
|
2
|
11
|
Anne Perry
|
L’amante egiziana
|
Mondadori
|
3,60
|
2
|
12
|
Anne Perry
|
Mezzanotte a Marble Arch
|
Mondadori
|
5,90
|
2
|
13
|
Haruki Murakami
|
La fine del mondo
e il paese delle meraviglie
|
Einaudi
|
s.p.
|
1
|
14
|
Dorothy Cameron Disney
|
Una sciarpa intorno al collo
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
2
|
15
|
Maurizio De Giovanni
|
Buio per i bastardi di Pizzofalcone
|
Repubblica Italia Noir
|
7,90
|
2
|
16
|
Autori Vari
|
Micromega 1 e 2
|
Repubblica editore
|
19,50
|
4
|
17
|
Elizabeth Daly
|
L’assassino scrive di notte
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
1
|
Per
il resto, cominciamo bene questo mese di dicembre per il suo volgere alla fine
di un anno difficile, complicato e poco amato. Niente viaggi all’orizzonte, ma
tante situazioni amical-familiari da tenere in considerazione. Sperando che non
vogliate regali, che questo Natale poco mi ispira, penso invece di continuare ad abbracciarvi.
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