domenica 7 luglio 2019

Raymond vs. Mickey - 07 luglio 2019


Mickey Spillane “Una ragazza e una pistola” Corriere della sera Gialli Americani 13 euro 6,90
[A: 11/09/2017 – I: 09/02/2019 – T: 12/02/2019] - &&  
[tit. or.: My Gun is Quick; ling. or.: inglese; pagine: 269; anno 1950]
Nell’ambito di questa nuova collana, riprendo dopo tanti anni la lettura di uno dei maggiori esponenti dell’hard-boiled. Anzi, direi l’hard per definizione. Perché se Chandler e Hammett sono in vetta inarrivabili, con il loro mix di violenza, sesso e vita, Spillane elimina i ragionamenti psicologici e si sposta tutto sui due binari principali. Elimina cioè la vita “reale” dei personaggi, spostando tutto l’accento su “violenza e sesso”. Non è certo un caso, come dirà Sciascia in un suo bel saggio sulla letteratura gialla, che Spillane ha una visione razzista e fascistoide della vita, ben espressa dal suo personaggio principale Max Hammer, maschilista e violento. Pur tuttavia questi gialli degli anni Cinquanta ci danno una visione dell’America violenta, di quella che tutt’ora vota per avere armi in casa, di quella che di lì a poco, ingaggerà una battaglia contro “gli intellettuali comunisti”, una battaglia dove Spillane prende attivamente le parti del senatore McCarthy e dei suoi accoliti. Allora, vediamo meglio come si muove Hammer, in questa violenta New York. Una sera Mike Hammer, dopo aver chiuso un caso, incontra in un bar una ragazza dai capelli rossi. La donna è una prostituta, ma Mike trova in lei una persona con ancora molte possibilità, le dà così qualche soldo, buoni consigli e la salva da un violento che cerca di approfittare di lei. Il giorno dopo Mike viene però a sapere che la ragazza è morta, investita da un’auto, e capisce che, nonostante sembri un incidente, la ragazza è stata uccisa. Prende allora contatto con il suo amico poliziotto Pat Chambers, che spesso figurerà come alter-ego di Mike, ma dalla parte della legge. Durante le indagini, seguendo il filo di un anello che la ragazza aveva al dito, i due si trovano ad indagare su diversi crimini, che coinvolgono sia giri di prostitute che potenti signori del bel mondo americano. Signori con attive connessioni con la malavita, e mezzi per minacciare chi ostacola la loro strada verso i soldi ed il potere. Anche senza un committente, con la segretaria Velda che cerca di dissuaderlo, Mike prosegue sulla sua strada fatta di violenza, e di incontri femminili. Con una punta di amarezza, ad un certo punto, sembra guardare il lettore e dirgli che, se non ci fosse lui, la morte di una prostituta sarebbe stata presto dimenticata, avvalorando la tesi della necessità di una vendetta privata, laddove la giustizia usuale fallisce. Nelle indagini, si introducono ad un cero punto due elementi di disturbo. Un facoltoso cliente sembra interessarsi alla risoluzione del caso. Ed Hammer incontra Lola, una prostituta che conosceva Nancy, la morta dai capelli rossi. In effetti, Hammer sembra, o forse si innamora veramente di Lola, che gli fornisce diverse dritte su come si svolge la prostituzione locale, sulla difficoltà di evitare malattie veneree, sulle angherie che subisce dai cosiddetti protettori. Hammer non giudica, e si comporta con lei onestamente. Hammer si innamora di Lola perché la vede come una persona uguale a lui nella sua umanità, nonostante la sua difficoltà nel vedersi uguale a causa del suo passato. Ovvio però che non ci può essere un lieto fine. Ovvio che, e non vi dico come, Lola andrà incontra ad una fine tragica. Come vi andrà il cattivo alla base di tutta la storia. Un cattivo di cui capiamo l’identità ben presto, e ci aspettiamo solo di capire come ed in che modo Hammer e Spillane porteranno a termine la vicenda. Conoscendo l’autore, non ci meravigliamo allora che nel finale, in una tragica scena di un incendio che potrebbe anche essere fatale a Mike, questi affronti il cattivo, e mentre polizia e pompieri stanno arrivando, non farà nulla per consegnarlo alla giustizia, ma, poco prima dell’arrivo dei nostri, Spillane ci dice: “Stava ancora gridando quando premetti il grilletto.”. nonostante le riserve che potete capire, la trama tuttavia funziona. Ci sono colpi di scena, molta azione, molto dramma. Certo, molte cose poco piacevoli si sarebbe potute evitare se Mike e Pat collaborassero al meglio, e non cercassero ognuno di tirare acqua ai propri mulini. Tuttavia, l’intento di Spillane in questo suo secondo libro con Hammer (il primo “Ti ucciderò” lo lessi veramente molti, molti anni fa) è di precisare meglio la figura di questo eroe con tante macchie ma senza paura, carico di un inesauribile spirito di vendetta, inserito in un ambiente tipico da “bulli e pupe”. Un ambiente in cui ognuno è e sarà solo, in cui le donne hanno poche speranze, così come Hammer, i cui amori finiranno sempre con pochi margini di successo.
[A: 05/09/2017 – I: 05/02/2019 – T: 07/02/2019] - && ½
[tit. or.: Vengeance is Mine!; ling. or.: inglese; pagine: 233; anno 1950]
In realtà, questa l’ho letto poco prima del precedente, ma ora le riordino in termini di scrittura. Tanto, non è che cambi molto nella genesi del personaggio, e nella costruzione del testo da parte dello scrittore. Infatti, Spillane segue la sua solita formula: molta azione, molta violenza e un sacco di sesso abbastanza squallido. E va detto che è una formula divertente, molto ben eseguita, anche se non sempre condivisibile. In questa avventura Mike Hammer si sveglia in una stanza d'albergo dopo una notte ad alto tasso alcoolico, con un cadavere nella camera, quello di un suo ex compagno d'armi. Il suo amico, Chester Wheeler, si è apparentemente suicidato con la stessa pistola di Hammer dopo aver bevuto tutta la notte. Poiché non viene considerato un omicidio, Hammer non è sospettato, ma il Procuratore distrettuale coglie l'opportunità di revocare le tutte sue licenze di Investigatore. Hammer è disposto ad accettare la decisione del procuratore distrettuale fino a quando non si accorge di qualcosa di molto strano. Solo un colpo è stato sparato, ma nella sua pistola sono rimasti solo quattro colpi, laddove lui ha sempre sei colpi in canna. Questa discrepanza è sufficiente perché Mike sospetti che ci sia qualcosa di losco, e le sue indagini presto cominceranno a puntare sull'omicidio. Durante le quali si imbatte in un ex criminale di mezza tacca e in un'agenzia di modelle. Scopre che entrambi sono coinvolti in un grande piano di ricatto che sembra includere anche molte persone ricche e potenti in tutta New York. Parte dell'investigazione viene svolta dalla segretaria di Hammer, Velda e le loro indagini li portano a frequentare lo squallido mondo di costose modelle, fotografi di moda e bar gay. Come al solito, Mike riceve un prezioso aiuto dal suo amico poliziotto Pat Chambers. Naturalmente ci sono alcune donne pericolose coinvolte nel caso e naturalmente Mike si avvicina molto a loro. In effetti molto vicino davvero. La relazione Mike Hammer-Velda è anch’essa interessante. È una di quelle relazioni in cui ci si immagina che i due dovrebbero davvero finire insieme se solo loro potessero ammetterlo a sé stessi e se solo condizioni avverse non continuassero a intralciarlo. Questo romanzo dà a Velda la possibilità di mostrare davvero quello che può fare e si dimostra dura, piena di risorse e più che disposta a sparare ai cattivi che si mettono sulla sua strada. Comunque, anche se ripetitiva, la formula funziona: Hammer ha sempre successo con le donne, è duro con i duri, ma è anche umano con le persone cui vuole bene. Inoltre, dopo tutto il casino che combina, alla fine, pur dicendo che da bravo macho non spara mai alle donne, uccide la cattiva Juno. Una sorpresa che vi lascio scoprire. In fondo, tuttavia, la trama è solo un gioco per Spillane, tanto che la lascerei così senza troppo approfondirla. Mentre citerei alcuni aspetti che rivestono interessi vari. Innanzi tutto, il formidabile attacco, degno di una tragedia inglese del ‘500, dove l’incipit del romanzo è “The guy was dead as hell.”, tradotta ottimamente da Matteo Curtoni con “Quel tizio non poteva essere più morto di così”. Secondo elemento di curiosità sta nel fatto che sembra Spillane abbia scritto il libro su una scommessa. Un amico lo aveva sfidato a scrivere un mistero in cui l'ultimo indizio veniva trattenuto fino all'ultima pagina. Quindi il nostro scrittore si impegna, ed in effetti, come ho accennato ma non spoilerarto l'ultima e cruciale informazione viene data proprio nell'ultima frase, anzi proprio nell'ultima parola. In tutto il romanzo, anzi in tutti i suoi romanzi, compare sempre forte (Sciascia dixit) la misoginia di Spillane, l'omofobia di Spillane o le sue opinioni politiche di supporto alla John Birch Society (per chi non la conoscesse, è un'associazione politica statunitense ultraconservatrice che propugna ideali discriminatori e d'estrema destra quali il razzismo, l'antisemitismo, l'omofobia, e l'anticomunismo). Non condivido le sue opinioni. Non approvo i suoi messaggi. Ma cerco di entrare nella facilità e destrezza con cui si esprime. Come nella prima frase. Come quando, visitando l’agenzia di modelle, osserva esserci “lot of women dressed in very little nothing … so the camera would pick up most of the nothing she was wearing and none of the most she was showing” (molte donne vestite di molto poco così che la macchina fotografica potesse riprendere molto del nulla che indossavano e nulla del molto che mostravano). Poi, una volta la sospensione delle licenze, osserva che i giornali, cui forniva molte notizie, erano pronti a dimenticarsi di lui, e chiosa ironicamente: “Solo uno si è preoccupato di essere sentimentale nei miei riguardi. Mi ha scritto un epitaffio. In rima.” Come ha scritto un critico migliore di me, sembra una prosa ritmata col jazz. Una prosa diretta ed efficace, che cattura l'atmosfera delle strade del mondo criminale nascosto di New York con notevole vividezza. Ed in fondo, con tutta la violenza che esprime, Mike Hammer, come ogni buon eroe poliziesco, deve fare affidamento sul suo cervello e non solo sui muscoli per risolvere il caso.
“Le diedi un bacio talmente lungo che lei smise di avercela con me.” (119)
Mickey Spillane “Cacciatori di donne” Corriere della sera Gialli Americani 6 euro 6,90
[A: 25/07/2017 – I: 13/02/2019 – T: 16/02/2019] - && --
[tit. or.: The Girl Hunters; ling. or.: inglese; pagine: 204; anno 1962]
Terzo ed ultimo libro di Spillane e Hammer, di cui, dopo questa infornata, credo di aver avuto una dose anche un po’ eccessiva. Comunque, questo è un testo fondamentale per chiudere la parentesi “Spillane”. Dopo un folgorante inizio, in cui scrive 6 romanzi hard-boiled con il duro Hammer, nel 1953 Mickey si ferma. Sarà che entriamo nella fase dura del maccartismo, sarà la sua vena in esaurimento, posa la penna, e si volge alla religione. Per otto anni, sarà parte attiva dei testimoni di Geova. Ma un autore come lui, ad un certo punto, non si può tirare indietro, anche perché le risorse finanziarie non sono eterne. Ed allora, ecco che tira fuori dal cilindro questo libro tutto basato su anticomunismo, guerra fredda, ed altre topiche proprie del suo essere uno scrittore coerentemente di destra. Per far sì che la finzione si adegui alla realtà, il lettore scopre che anche Hammer sono sette anni che non esercita più. Anzi vive da barbone ed ubriaco nei bassofondi di New York. Scopriamo ben presto che il motivo della caduta in basso di Mike è la scomparsa dell’amata e amante segretaria Velda. C’era stata una missione affidata a lui e a Velda, una protezione di gente importante in un ricevimento mondano di Chicago. Protezione finita male, dove il protetto muore e Velda scompare. Tutti pensano alla sua morte, ed Hammer si attacca alla bottiglia. Più di tutti, lo accusa il suo vecchio sodale, il capitano Pat Chambers, che non perde occasione di manifestare il suo odio verso Mike per la morte di Velda (forse anche Pat ne era innamorato). In tutto ciò, Hammer viene convocato da un portuale che sta morendo per gravi ferite. Richie Cole insiste a parlare solo con Hammer, a cui rivela che Velda è ancora viva e minacciata, lei, dallo stesso assassino di Cole: un killer sovietico di grande destrezza, soprannominato “il Drago”. L’unica possibilità per Hammer è scoprire l’identità del killer per riuscire a salvare Velda. Cole gli dice di avergli inviato indizi, nascosti in una busta depositata a suo nome presso il suo edicolante di fiducia. Cole muore prima di poter dire altro, ed anche il giornalaio viene freddato. Allora, Hammer si sveglia, e benché senza nessun incarico ufficiale (è sempre senza licenza), comincia ad indagare, ed a scontrarsi con Chambers, che cerca di fermarlo non ritenendolo più idoneo alle ricerche investigative. Hammer dribbla Pat, ma si trova invischiato nelle trame di un agente federale di nome Art Rickerby, che gli rivela che sia Cole che Velda erano agenti federali sotto false identità. Anche Art vuole il Drago, promettendo a Mike aiuti per riportare alla luce Velda. Le indagini lo portano a questo punto a contatto con un’altra femme fatale, Laura Knapp, vedova di un senatore assassinato anche lui dal russo cattivissimo. Dalle indagini di Mike, e dalle ammissioni di Laura, scopriamo che Velda è stata drogata, ed inviata oltre la cortina di ferro. Da dove ora è fuggita, nascondendosi nel posto indicato da Cole ma che Mike non riesce a decifrare. Mike sembra comunque cedere alle lusinghe di Laura, anche se questa non è proprio limpidissima. Poi si cimenta in una brutale lotta all'ultimo sangue con una metà del team di assassini del Drago, prima di mettere insieme l'ultimo dei pezzi che alla fine lo porterà a Velda. Nell’ultima scena vediamo che qualcuno (e non vi dico chi) cerca di sparare a Mike per impedirgli di salvare Velda. Ma lui è super furbo, ed ha tappato con l’argilla le canne del fucile, che scoppia in mano ed uccide chi stava per ucciderlo. La particolarità del ritorno alla scrittura di Spillane è che immediatamente, sull’onda dei film “patriottici” dell’inizio degli anni ’60 (ma anche dello spionaggio alla James Bond, visto che proprio nel ’62 usciva “Licenza di uccidere”), il romanzo viene adattato per lo schermo. Non avrà molto successo, ma si distingue per due “idee forti”. La prima è che il ruolo di Hammer è interpretato proprio da Mickey Spillane in una delle sue (per fortuna poche) uscite da attore (l’altra sarà in un telefilm della serie “Colombo”). L’altra è che il ruolo di Laura è interpretato da Shirley Eaton, che, per la sua avvenenza, recita per quasi tutto il tempo in bikini. Ora, voi direte che c’entra tutto ciò? Ebbene, un anno e mezzo dopo, Shirley interpreterà Jill Masterson, la ragazza tutta d’oro di “Goldfinger”. E scusate se è poco. Finisco questo breve excursus su Mike Hammer ed il suo autore, citando una delle frasi esemplari costruite da Spillane per il suo personaggio: “Io non ho mai sparato ad una signora … le prendo sempre a calci!”. Adieu, Mickey.
Raymond Chandler “Addio mia amata” Corriere della sera Gialli Americani 7 euro 6,90
[A: 25/07/2017 – I: 17/02/2019 – T: 20/02/2019] - &&& +
[tit. or.: Farewell, My Lovely; ling. or.: inglese; pagine: 282; anno 1940]
Humphrey cammina nell’ombra. Dopo tanti anni, letture diverse, film belli e a volte strampalati, torno ad un Chandler puro. Lasciando da parte il buon Dashiell Hammett, capostipite, fondatore e esponente senza pari dell’hard-boiled americano, il nostro Raymond ha la capacità di creare un mondo reale, in cui cala personaggi a volte al limite, ma che si muovono nel nostro spazio umano. Certo, la scrittura di ottanta anni fa si sente, ma se ci caliamo nel clima dell’epoca, e seguiamo la penna del più che cinquantenne scrittore, possiamo dimenticare tutto ed affermare che siamo di fronte ad un bel libro, ad una scrittura potente, e ad una fotografia della California degli anni ’30 senza pari. Certo, Chandler viene poco considerato all’epoca, troppo fuori schema sono le sue trame e soprattutto il suo Philip Marlowe. Un investigatore che ha fatto l’Università, che oltre a bere (con moderazione) e a sparare sa anche giocare a scacchi, apprezza la musica classica ed ha forti principi morali. Chandler ha inoltre una indubbia capacità sia nelle descrizioni (a volte i suoi capitoli si aprono con lunghe descrizioni di uomini e luoghi al limite della fotografia alla Perec), sia nei dialoghi. Tanto che spesso lo si accosta ad Hemingway. E Chandler se ne prende gioco, come qui, dove, a pagina 161, descrive così il grande Ernest:
“Ma insomma chi sarebbe questo Hemingway?”
“Uno che continua a ripetere sempre le stesse cose finché tutti non cominciano a pensare che quello che dice sia interessante per forza.”
Venendo invece al romanzo appena letto, ribadisco lo zibaldone di trama che riesce a combinare il nostro, inzeppando il testo di personaggi (alcuni improbabili come il dottor Amthor). Ma nonostante tutto, l’autore non perde mai lo slancio, e porta a termine, più o meno, la sua avventura. Che comincia quasi per caso: mentre segue un caso di routine si imbatte in tal Moose Malloy, un nero fuori misura, che lo coinvolge nella ricerca della sua bella Velma, un tempo frequentante il Florian. Una discoteca che, dopo otto anni di carcere di Moose, ha cambiato stile e proprietario. Ma Moose, non si dà per vinto, irrompe con la sua brutalità, uccide il gestore attuale e fugge. Marlowe si vede allora quasi costretto a seguire le fila delle avventure di Moose. Rintraccia la vedova Florian, viene coinvolto da un tal Marriott in un pagamento di riscatto per una collana rubata, e si ritrova pesto in un canyon di Los Angeles, con Marriott morto. Viene raccolto dalla bella Anne, figlia di un onesto poliziotto di Bay City (nome fittizio per la cittadina di Santa Monica), che gli rivela la collana appartenere a tal signora Grayle, ex-cantante ed ora moglie di un facoltoso abitante di Bay City. Tra l’altro, in tasca a Marriott, Philip trova sigarette di marjuana che lo portano al tal Amthor di cui sopra. Che lo droga e lo fa rapire da due corrotti poliziotti, e da questi portare nell’inquietante clinica del dr. Sonderborg, un losco dottore, in realtà commerciante di droga. Per non far mancare nulla agli intrecci, Marlowe scopre anche che la casa della signora Florian è di proprietà di Marriott. Inoltre, scopre Malloy nella clinica di Sonderborg, da cui Moose fugge per rifugiarsi sulla barca del malavitoso Brunette, che gestisce la malavita di Bay City. Marlowe cerca di contattarlo, ma Malloy fugge e Brunette affronta il nostro: non hanno interessi in comune, così che Brunette lo lascia andare, comunicando a Malloy dove sia la casa di Philip. Qui arriviamo alla resa dei conti. Marlowe riesce a portare la signora Grayle in casa sua, dove c’è Malloy. La fa parlare, così che scopriamo che lei (come sospettiamo da decine di pagine) è proprio la Velma cercata da Malloy. Che si trastullava con Marriott, e lo utilizzava per pagare la signora Florian che la ricattava. Tra l’altro, era stata proprio Velma a denunciare a suo tempo Moose per farlo finire in carcere. Finirà tutto in un calderone di sparatorie, fughe, ricerche ed ammazzamenti. Dove tutti, a parte il nostro eroe. Faranno una brutta fine. Ma non è quello che interessa Chandler. Poco gli importa di seguire le venti regole di Van Dine o il decalogo di Ronald Knox. Lui sta dipingendo un mondo, e ci riesce bene. Se poi qualche rivolo si perde, importa poco. L’importante è il clima, l’atmosfera. Certo anche il fatto che la simpatica Anne chieda espressamente al sentimentale Marlowe di baciarla, accidenti a lui, non guasta. Tuttavia, come detto il libro è un calderone di contraddizioni, di personaggi che spuntano ed escono (certo Amthor e Sonderborg faranno anche loro una brutta fine, ma viene lasciato un po’ all’immaginario di noi lettori, piuttosto che ad una descrizione coerente dell’autore). Ma questo è Chandler. E questo è Marlowe. Prendere o lasciare.
Raymond Chandler “Finestra sul vuoto” Corriere della sera Gialli Americani 11 euro 6,90
[A: 05/09/2017 – I: 21/02/2019 – T: 24/02/2019] - &&&   
[tit. or.: The High Window; ling. or.: inglese; pagine: 267; anno 1942]
Come concludevo prima, allora prendiamo. Prendiamo anche quest’altro Chandler, scritto un paio di anni dopo il primo. Prendiamo ancora questo Marlowe, un uomo anche lui apparentemente normale, ed anche apparentemente mediocre, uno dei tanti che compongono il quotidiano della vita. Almeno il quotidiano degli anni Trenta in America. Dico apparentemente che Marlowe, sotto le spoglie del disincantato investigatore, ha comunque uno spessore che lo distingue dai suoi coevi. Ama la musica classica (un po’ come una cinquantina di anni dopo il Bosch di Connelly ama il jazz), ed è un appassionato di scacchi. Tanto che il libro si conclude con una sua partita solitaria, ed uno sguardo allo specchio. Prendiamo anche questo mio scritto che sarà un mega-spoilerone che consiglio di non leggere ai patiti del giallo (almeno saltate la fine). La prosa di Chandler è questa, certo ingabbiata in un genere che ancora non si era tolto dalle pastoie di “scrittura di genere”, per cui ci doveva essere una trama complicata, dei morti, locali fumosi, donne belle e perdute. Tuttavia, la scrittura in soggettiva e l’occhio attento dello scrittore ce li fanno vivere quasi fosse un dipinto di Hopper. Non è un caso, allora, che Humphrey Bogart sia rimasto l’icona rappresentativa di Marlowe, con quella faccia e quell’andamento che andavano bene da “Casablanca” a “La Regina d’Africa”. Con quel suo avvicinarsi alle donne, senza mai approfittarne. Quasi che Chandler, memore dei suoi studi inglesi, ne volesse fare un idealista con un tocco di romanticismo, una sorta di Sir Galahad dell’era moderna. Si confeziona così questo (terzo come scrittura) romanzo di Chandler, combinando il gusto di trame un po sconclusionate alla Hammett con una indubbia bravura nei dialoghi (e nelle frasi corte) alla Hemingway. Perché certo la trama, che inizia abbastanza piano, si complica man mano, dando anche vita ai ritratti delle persone di ogni giorno, ed anche di ogni ceto. Comincia con Marlowe che viene coinvolto nella ricerca di un doblone scomparso dalla collezione della signora Murdock. Una anziana vedova, discretamente acida, che beve porto al posto delle medicine. Insieme alla moneta di valore, scompare anche Lois, una ex-entraineuse sposatasi con Leslie, il figlio della signora. Leslie che cerca di sviare subito le attenzioni di Marlowe da tutta la faccenda, riuscendo solo ad incuriosirlo, e fargli scoprire che il giovane è ben carico di debiti di gioco, soprattutto verso il losco Morny. Marlowe viene anche avvicinato da tal Philipps che dice di avere notizie per lui. Scopre inoltre l’esistenza di un commerciante in monete, tal Morningstar, che sostiene avere un doblone (o il doblone). A questo punto la trama vira nell’hard, che prima troviamo Philipps morto nella sua stanza d’albergo. E poco dopo, anche il commerciante si fa cadavere nel suo negozio. Intanto, Marlowe ritrova Lois, che ora se la fa proprio con Morny. Ma che sembra avere una tresca anche con tal Vannier. In tutto ciò, entra ed esce dalle pagine la signorina Merle, la segretaria dell’anziana Murdock, la quale la tratta come una mappina. Morny convince Marlowe ad indagare su partite di prodotti odontoiatrici fatti sparire da Vannier, e forse rivenduti dal dottor Tagger. Vi state perdendo? Aspettate un po’, che la signora Murdock licenzia Marlowe avendo, secondo lei, avuto indietro il doblone. Ma il nostro Galahad-Marlowe non si ferma. Il meccanismo complicato è che Leslie, per pagare i debiti con Morny, voleva falsificare i dobloni, rubandone uno come campione, inducendo Tagger ad usare tecniche per la produzione di protesi come conio di monete d’oro, facendosi incastrare da Vannier che vuole entrare nell’affare dato che da anni ricatta la famiglia Murdock con delle foto che ritraggono la caduta da una finestra del secondo piano del primo marito della signora Murdock. Caduta di cui la signora incolpa Merle, che sottostà alle angherie essendo innamorata di Leslie. I cattivi poi inducono l’ingenuo Philipps a fare da corriere dei falsi. Quando questi di spaventa dell’entità del gioco, Vannier lo uccide, come uccide il commerciante che poteva scoprire i giochi. Ma anche Vannier viene trovato morto. Noi sappiamo che è stato Leslie, ma una serie di circostanze che non rivelo, portano a classificarlo come suicidio. Alla fine, Marlowe libera dal giogo anche la signorina Merle, facendole vedere la foto del ricatto, dove è proprio la signora Murdock a spingere il marito fuori dalla finestra. La libera, e la riporta a casa dai genitori, da dove si allontana, mentre Chandler chiosa, con un tocco di lirismo: "Provai una sensazione strana quando ho visto la casa scomparire nello specchietto retrovisore, come se avessi scritto una poesia molto bella e l’avessi perduta, conscio di non poterla più ricordare.". Due note finali: il titolo e la storia dell’affare Cassidy, citato nel capitolo 15. La finestra alta del titolo inglese si riferisce all’uso delle villette americane di avere un grande finestrone ai piani nobili per dar luce alla casa e spaziare sul giardino. Come e perché sia diventata una finestra sul vuoto rimane un mistero. Invece, l’affare Cassidy, cui Marlowe si riferisce per fare un paragone con i potenti che coprono i delitti della propria casta, si riferisce ad un vero caso giudiziario, quello di Ned Doheny che commette un omicidio-suicidio con il proprio segretario Hugh (per due motivi: implicati in corruzioni e gay), ed è coperto dal padre, il magnate del petrolio Edward Doheny. Sarebbe interessante anche entrare nella storia della famiglia Doheny, ma forse non in questa trama.
Prima trama di luglio, ed allora eccoci ai libri letti lo scorso aprile. Un mese “drogato” nelle letture dal viaggio messicano, dove molto si è visto e poco si è letto. Un mese anche decisamente piatto, ma verso il basso. Dove solo il poco noto Gunnar Gunnarsson ha dato un tocco di pallida luce a dieci letture poco avvincenti.

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Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Alessandro Baricco
La sposa giovane
Repubblica Duemila
9,90
2
2
Gunnar Gunnarsson
Il pastore d’Islanda
Corriere Boreali
9,90
3
3
Tomas Tranströmer
I ricordi mi guardano
Corriere Boreali
9,90
2
4
Cormac McCarthy
Oltre il confine
Einaudi
12,50
2
5
Eric-Emmanuel Schmitt
La femme au miroir
Livre de Poche
9,20
2
6
Philip Pullman
La tigre nel pozzo
Salani
10,80
2
7
Wilbur Smith
Il giorno della tigre
Longanesi
12,90
2
8
Tom De Haven
È Superman!
Edizioni BD
s.p.
2
9
@seisocial @network
I grandi classici riveduti e scorretti
Longanesi
s.p.
3
10
Stig Dagerman
Il viaggiatore
Corriere Boreali
9,90
2

Confermo il caldo, e confermo che c’è molta fatica nel concentrarsi e nel cercare di produrre scritti, idee, visite ed altro. Ma siamo fiduciosi nel supporto di tutti, amici, viaggiatori ed altro, per un luglio di alta produzione. Per cui non posso che augurarvi un buon caldo a tutti.

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