Una nuova puntata di gialli, che tra poco avranno un calo di lettura dovuto ad una non eccelsa produzione. Dove le isole, Cuba e Giappone, danno dei punti ad un decano americano. In particolare, mi ha incuriosito Natsuo Kirino, anche se la sua serie non ha un’uscita programmata in Italia. Mentre ha un buon livello Padura Fuentes, da cui, tuttavia, mi aspettavo di più.
Elmore Leonard “Raylan” Repubblica
Noirissimo 18 euro 7,90
[A: 09/10/2017 – I: 11/04/2020 – T: 13/04/2020]
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[titolo: Raylan, a novel; lingua: inglese; pagine: 299; anno:
2012]
Nonostante frequenti a lungo il lato “noir” della
letteratura, in tutte le sue componenti, non avevo fino ad ora avuto modo di
imbattermi in questo, considerato uno dei decani del genere. Morto tra l’altro,
l’anno dopo l’uscita di questo libro, all’età di 88 anni. Uno scrittore capace
di attraversa tutti i generi della letteratura, come si diceva una volta, di
serie B (forse saltando solo il romanzo rosa). E che dà il meglio di sé in quel
ramo specifico della letteratura americana, noto come “hard boiled”. Quello dei
Chandler, degli Hammett, nonché, anche se non il mio tipo, degli Spillane
(tanto per citare i più noti).
La specificità di Leonard, che lo rende poi molto
in voga nelle trasposizioni cinematografiche, è il dialogo. Anche se molte di
non elevato livello, tanto che io ne ricordo solo due veramente interessanti
“Jackie Brown” per la regia di Quentin Tarantino e “Out of sight” per la regia
di Steven Soderbergh. In questo, che per me è l’unico suo libro che ho letto,
le descrizioni sono, infatti, quasi a zero, e le quasi trecento pagine di trama
si reggono solo con un lungo intrecciarsi di dialoghi. Che ci portano a spasso
per diverse situazioni ed avventure, legate dal “fil rouge” del personaggio
principale, lo sceriffo federale Raylan Givens.
Ho scoperto solo a posteriori che Raylan era stato
protagonista di altre tre romanzi, il primo dei quali scritto ben venti anni
prima di questo. E si sente, che in effetti, alla lettura, molte situazioni,
molte prese di posizione del protagonista vengono buttate là come se noi
dovessimo saperne di più. Ma noi sappiamo solo che è uno sceriffo federale, che
sa sparare come pochi e che porta in testa uno Stetson da cowboy. Ora, il
romanzo in sé è discretamente leggibile, anche se non posso dire sia
avvincente. Perché si seguono diverse piste di indagini per diverse situazioni
criminali, dove alla fine, con un rondò alla Schnitzler tutto sembra tornare al
proprio posto. Ma la frammentarietà delle situazioni fa sì che non sia un vero
giallo (non dobbiamo certo scoprire chi ha fatto cosa o come, che tutto è ben
palese), ma solo una trama hard nera.
Nella prima avventura, vediamo all’opera due
criminali che trovano il modo di far soldi inventandosi un business rischioso
ma, a suo modo, divertente. In qualche modo circuiscono una persona, la
drogano, poi non la rapinano, ma, essendo una delle due addentro al mondo
chirurgo-infermieristico, asportano i reni della persona. Per poi, se viene
salvata, offrirli dietro pagamento. Altrimenti venderli sul mercato dei
trapianti clandestini. Una delle due è un’infermiera, l’altro è un nero di nome
Cuba. Questi era prima uno scagnozzo al servizio del ricco Harry, che lo usava
per delle macchiette al bar. Cuba incontra Layla, l’infermiera, lascia Harry e
i due si gettano nel business dei trapianti.
Avendo però bisogno di manodopera utilizzano i due
fratelli Crowe come galoppini. Ma questi sono balordi, e ben presto Cuba e
Layla hanno bisogno di fermarli. Ci pensa Cuba, facendoli fuori, e cercando di
uccidere anche il loro padre Pervis. Poi attirano Raylan in una trappola.
Sarebbe semplice addormentarlo con una iniezione di morfina, ma Layla non
riesce a bucare tutte le maglie del federale, così che si addormenta sì, ma poi
si sveglia nudo in una vasca. Da dove, con delle scene degne del miglior
Tarantino, riesce prima a disarmare Cuba, poi a ucciderlo ed infine a far fuori
anche Layla.
Subito dopo vediamo Raylan fare da guardia del
corpo ad una grande dirigente del servizio minerario locale. Che però aveva da
poco per motivi complessi e fuorvianti dalla nostra indagine, ucciso un
minatore in pensione, aiutata da un lavorante di nome Buddy. Qui ci sono una
settantina di pagine dedicate al carbone, all’ecologia, ai minatori che muoiono
di tisi, e a tutta una serie di giuste prese di posizione para ecologiche.
Ricordo, anche se forse non lo avevo detto, che tutto si svolge nel Kentucky,
uno stato molto agricolo, ma che nacque, economicamente, sul carbone, ed ora si
basa sull’industria automobilistica. Alla fine del pastiche Buddy da un fucile
carico alla vedova del minatore che uccide la dirigente di cui sopra.
La parte finale è poi un pastiche che cerca di
riunificare capra e cavoli. Si mescolano una ventenne con grandi abilità al
poker ed una banda di donne sotto stupefacenti che un malavitoso incallito
costringe a derubare banche. Il malavitoso è tal Delroy già intravisto nel
corso del romanzo, la bella si chiama Jackie e viene protetta al tavolo da
quell’Harry di cui alla prima storia che si accompagnava con Cuba. Alla fine di
girandole ed altro, Delroy muore, Jackie vince una barca di soldi e lei e
Raylan finiscono in un letto dove non vi dico cosa fanno, anche se, con la
vostra geniale immaginazione, potete capirlo.
Un hard boiled duro e puro che alla fine non
soddisfa più di tanto, se non per la parte sulla politica carbonifera del
Kentucky. Un po’ poco. Mi sa che è meglio andarsi a vedere i film tratti dai
libri del buon Elmore, piuttosto che leggere altro. Tra l’altro, alla fine
della scrittura di questo libro lo scrittore a 87 anni ci ha lasciato.
Leonardo Padura “Passato remoto” Repubblica
EmozioneNoir 19 euro 7,90
[A: 21/10/2019 – I: 21/05/2020 – T: 23/05/2020]
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e ½
[tit. or.: Pasado Perfecto; ling. or.: spagnolo; pagine: 265; anno 1991]
Finalmente,
dopo anni di ricerca, eccoci ad aver ritrovato (o trovato), il primo episodio
cubano della saga di Mario Conde. Pensata, sognata e scritta dal giornalista e
scrittore cubano Leonardo de la Caridad Padura Fuentes (questo il nome
completo, dove però, fuori de La Habana rimangono solo i nomi citati in alto).
Di
Padura lessi ben undici anni fa quel quinto libro della serie di Mario Conde
che non mi appassionò. Ora, dopo ricerche varie, posso anche aggiungere che il
racconto in coda ad “Addio, Hemingway”, si intitolava “La coda del serpente” ed
è di 3 anni antecedente allo scritto principale di allora. Ma qui siamo invece
alla prima uscita dello scrittore, e vediamo quindi nascere il personaggio
principale della serie, che verrà quasi sempre chiamato con l’articolo, il
Conde. È un tenente di polizia, che non è molto ben inserito nello schema
poliziesco e di vita cubano. Ne vede limiti, anche se è interno agli ingranaggi
del sistema.
La
scrittura segue l’andamento di un giallo, ma serve a Padura per dire anche
altro. Non a caso, colloca la storia, scritta nel 1991, a cavallo della fine
degli anni Ottanta, per la precisione alla fine del 1988. Non è certo un caso,
che dopo pochi mesi molte cose saranno mutate, con la caduta del Muro di
Berlino, e con la caduta anche di molti sogni ed ideali. Rispetto alle critiche
del primo libro, credo che questo mi riconcili con lo scrittore, fors’anche
perché nel frattempo ho anche visitato Cuba, e quindi meglio comprendo i luoghi
ed i sentimenti. Quando i personaggi prendono una stanza in un albergo sul
Malecon, ora so bene cos’è e cosa si prova. In più, nel libro c’è un misto di
scrittura, tra passato e presente, che consente a Padura di imbastire una
storia meno semplice di una inchiesta lineare. Pur, devo comunque ammetterlo,
con la mia difficoltà nel seguire sempre i salti temporali che gli autori fanno
fare alle loro storie.
È
un libro di formazione. Non per Padura, ma per il Conde, che, alla ricerca
dello scomparso Rafael Morin, ripercorre una parte della sua vita, delle sue
scelte, del suo stato attuale. Rafael, alto dirigente industriale cubano,
scompare la mattina del Primo di gennaio del 1989. Misteriosamente, che Rafael
ha una posizione altolocata, una bella moglie, viaggia spesso all’estero per
lavoro. Ma Rafael è anche un fantasma dell’infanzia del Conde e dei suoi amici:
Carlos il Magro, Miki Faccia da Pupa, la bella Tamara. Tutti nella stessa
scuola, ma Rafael sempre un passo avanti. Primo negli studi, portavoce,
fustigatore delle deviazioni, anche delatore, se serve. Fulgido ed
irreprensibile, tanto che si prende anche Tamara (cui il Conde teneva molto) e
se la sposa. Per laurearsi, per fare la sua carriera fino agli alti posti.
Mentre Miki rimane a galleggiare nella mediocrità. Mentre Carlos il Magro viene
ferito e reso paraplegico durante la guerra in Angola. Mentre Mario, dopo
alcuni tentativi di dedicarsi alla scrittura, decide di fare il poliziotto per
vivere. Mestiere che gli porta onori (sappiamo che risolve molti casi) ed un
secondo, Manolo, che lo venera come un dio del mestiere. Tuttavia, il Conde,
fin dalla scuola, aveva delle riserve su Rafael, gli era sempre sembrato troppo
perfetto. Ed ora che scompare, cominciando a scavare gli vengono tanti e tanti
dubbi.
Perché
va con altre donne spacciandosi per il suo direttore commerciale René Maciques?
Come fa a tornare dai viaggi sempre con tanti regali costosi nonostante la
scarsa diaria di trasferta? Il Conde viaggia con la mente, ci riporta la sua
giovinezza (con il bellissimo e significativo pezzo sul giornale scolastico e
sul suo primo racconto), utilizza a fondo l’amicizia con Tamara per trovare
piccole crepe, ed una volta trovato un appiglio, apre uno spiraglio, poi un
buco, poi una voragine.
Nell’era
che stava portando alla caduta di quasi tutti i comunismi, anche una parte dei
dirigenti cubani cercava il proprio tornaconto. Ha fatto così Rafael? È morto o
fuggito a Miami come molti profughi cubani? Il Conde, con l’amarezza che già lo
caratterizza, risolve il caso fin nelle sue piccole pieghe. Tutto va al proprio
posto, anche alcuni tasselli incompiuti della sua giovinezza, con Carlos ma
soprattutto con Tamara. Alla fine, abbiamo una fotografia del ’89 cubano con
tutte le sue contraddizioni, e con tutte le sue innegabili bellezze. La vita, i
sigari, il rum, il Floridita. Il ricordo di Hemingway incontrato su di un molo
a dieci anni, i libri dei suoi autori preferiti, la musica (Mario è innamorato
dei Beatles e di “Strawberry fields”).
Padura
non si esime da critiche, anche se decide, lui e il Conde, di rimanere ancora
all’interno di Cuba così come trent’anni prima hanno cominciato a costruirla
Fidel e il Che. Noi siamo con lui, anche se ne vediamo, trenta anni dopo, tutti
i purtroppo ben evidenti limiti. Ma, come diceva Osgood Fielding III in “A
qualcuno piace caldo”, “Nessuno è perfetto”.
“Ti
sei mai chiesto … perché tu ed io siamo amici? … smettila di arrovellarti sulle
cose della vita, vanno in un certo modo e basta.” (261)
Leonardo Padura “Venti di Quaresima”
Repubblica Noirissimo 27 euro 7,90
[A: 12/12/2017 – I: 26/05/2020 – T: 27/05/2020]
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[tit. or.: Vientos de cuaresma; ling.
or.: spagnolo; pagine: 263; anno 1994]
Questa seconda
prova della serie del Conde mi ha lasciato moderatamente più insoddisfatto
della prima. Innanzi tutto, che per la parte “noir” c’è poco o nulla. E quel
poco non riesce neanche a coinvolgere il lettore. Anche perché, dal punto di
vista psicologico, la figura del morto (o qui della morta) ricalca a grandi
linee la stessa tipologia del morto del primo libro.
Come accennavo
nella trama del primo libro, Padura scrive nove libri con protagonista Mario
Conde (detto il Conde, cioè il Conte) che inizia come tenente di polizia, per
poi ad un certo punto (più avanti) lasciare le forze armate e fare altro. Io ne
lessi il quinto, poi poca fa il primo, ora il secondo. Un libro ancora pieno di
motivi ricorrenti che servono a caratterizzare il personaggio, le sue
sfaccettature, la sua voglia di scrivere, ed il suo non facile inserimento
nella realtà cubana.
Mentre il primo
libro si svolge tra il Natale del 1988 e l’Epifania del 1989, qui stimo andando
avanti, perché arriveremo a Pasqua, come sottolinea il titolo che parla di
Quaresima. La tecnica narrativa rimane sostanzialmente coerente: una forte componente
personale cui si intreccia una morte su cui indagare. Rimangono così vive le
amicizie del Conde, in particolare il suo sodale più vicino, Carlos il Magro,
ridotto sulla sedia a rotelle dopo una ferita quasi mortale in Angola. Ma
compaiono anche alcuni altri, che servono a volte a riannodare qualche filo col
passato: Miki Faccia da Pupa e Candito il Rosso.
In un inciso, il
Conde ci fa sapere che la storia con Tamara, brevemente riallacciata nel
precedente libro, è ovviamente finita (troppo diversi e distanti i loro due
mondi). Ma poiché l’amore a Cuba è un elemento di base della vita, Mario vede
passare e subito si innamora di Karina. C’è tutta una parte assolutamente poco
funzionale sulle aspettative sue verso la bella, il cui vero talento, per me
che ne leggo, è la capacità di suonare il sassofono e discettare di jazz. Sarà
anche questa una storia a termine? Si accettano scommesse.
Come dicevo,
intanto, il copione sembra ripercorrere alcune strade note. Che la morta,
Lissette, è una giovane professoressa del solito istituto scolastico a noi già
noto: il famoso Pre-universitario de La Habana, brevemente detto “il Pre”.
Questo dà agio, come fu Rafael nel precedente, al Conde di rimembrare le sue
vicende giovanili, di ripercorrere momenti salienti per la sua crescita: le
fughe da scuola, le sigarette fumate al bagno, i sodalizi, le piccole angherie.
Momenti che ovvio si ritrovano anche negli studenti attuali. Come detto poi, le
indagini del Conde, e del suo alter-ego poliziesco Manolo, portano, velo dopo
velo, a scoprire facce diverse della bella prof.
Intanto, mentre
nessuno ne parla male, i colleghi, il preside, gli studenti, dopo qualche
interrogatorio, anche perché nella stanza della morta si trova una bella dose
di marijuana, si scoprono altre facce. Lissette amava la vita, ed amava il
sesso. Era stata a lungo con un tipo che si occupava di moto, per poi lasciarlo
e darsi alla bella vita con il preside. Questo anche si rivela dal multiplo DNA
spermatico presente nel corpo. Tramite le soffiate, anche poco volenti, dei
suoi amici, si risale a traffici di droga internazionali, ad altri elementi
out, al rapporto tra Lissette e la madre giornalista anaffettiva. Se poi si
collega il fatto che un suo ex-studente è anche il cugino di uno spacciatore,
si trovano i collegamenti tra sesso, droga e rock’n’roll. Ma la parte “noir”
viene ben presto liquidata come marginale, tanto che si arriva alla sua
soluzione senza che il lettore ne sia granché coinvolto.
Quello che a
Padura interessa di più è descrivere le modifiche che stanno intervenendo nel
tessuto sociale cubano. E non è un caso che ogni tanto ci porta in qualche
locale (possiamo noi scordarci del Floridita?), poi saltiamo in un barrio e
nella sua vita stentata. La vita cubana è fatta però anche di neoborghesia,
come quella che vive nel quartiere Deportivo. Pallino costante, è lo
smascherare la facciata di rispettabili rivoluzionari in gente che vuole solo
arricchirsi. Non è un caso che Padura percorre, mese dopo mese, l’anno cruciale
dell’89. Una chicca laterale, preso dall’infatuazione per Karina, al Conde
torna voglia di scrivere, e comincia a por mano ad un libro, cui, se terminato,
vuol dare il titolo di “Pasado perfecto”. Vi suona niente?
Non nego la piacevolezza
del leggere, soprattutto a chi, avendo visto Cuba, se la fa tornare in mente.
Ma alla fine mi aspettavo qualcosa di più, tenendo anche conto della risonanza
internazionale di Padura Fuentes.
Natsuo Kirino “Pioggia sul viso” Repubblica
Noirissimo 20 euro 7,90
[A: 02/01/2018 – I: 20/06/2020 – T: 22/06/2020]
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[tit.
or.: 顔に降りかかる雨
Kao ni Furikakaru Ame;
ling. or.: giapponese; pagine: 445; anno 1993]
Prima
di entrare nel testo e nel contesto, ho solo un piccolo dubbio. Il titolo
giapponese, per quanto tradotto automaticamente, ci riporta esattamente
“Pioggia sul viso”. Ma il risvolto delle notizie editoriali svaria verso
l’inverosimile. Si dice: titolo originale “Rain in my face” (che sarebbe
“pioggia sul mio viso”), e poi prosegue, tradotto dal giapponese da Gianluca
Coci. Il che fa piacere, che Coci è un esimio iamatologo. Ma allora, quel
titolo inglese? Come direbbe Ruggeri, “mistero!”.
Veniamo
ora alla scrittrice, Natsuo Kirino che come sovente accade in Giappone è uno
pseudonimo della quasi settantenne Mariko Hashioka. I motivi di queste scelte
nipponiche sarebbe bello poterli chiedere a Coci che ben conosce il Giappone.
Comunque, Mariko si barcamena fino ai trent’anni, quando comincia a scrivere
romanzi rosa. Un genere assolutamente poco appetito in patria, ed in effetti,
ben presto deve decidere di trovare altre modalità di guadagno. Sui quaranta,
allora, tenta una carta strana per il Giappone. Un poliziesco hard boiled di
stile americano, ma non americaneggiante. Uno stile che raggiunge un discreto
successo, ed alcune buone uscite (una su tutte che le ha portato fama è “Le
quattro casalinghe di Tokyo”, tra l’altro il primo suo libro uscito in Italia).
Tanto che al momento attuale è ancora considerata una delle scrittrici di punta
del panorama giapponese.
Questa
“pioggia” è la sua prima uscita nel genere, e benché assai datata (uscì quasi
trent’anni fa) ha caratteristiche proprie interessanti ed una trama solida,
anche se a volte ripercorre binari abbastanza noti. Seguiamo la vicenda
tallonando la protagonista Murano Miro, di cui veniamo a sapere che era
un’addetta al marketing, licenziatasi in seguito al suicidio del marito a
Giacarta, ed ora in un limbo senza occupazioni e che ha un padre
ex-investigatore privato, molto noto anche perché ha risolto diversi casi per
la yakuza giapponese. Miro viene coinvolta nella trama in quanto amica di Yoko,
scrittrice misteriosamente scomparsa con un’ingente somma di denaro. La cerca
in particolare l’amante di Yoko, Naruse, in quanto la somma era stata data a
lui come passaggio di denaro proprio da una corporation legata alla yakuza.
Yoko
era inoltre un personaggio strana, che scriveva libri su erotismo estremo, in
particolare fetish e bondage. Anche Naruse è strano, ex-studente legato ai
momenti estremisti studenteschi, poi riconvertitosi al denaro, e legatosi mani
e piedi alla yakuza. Abbiamo quindi una catena di ricerche che convergono: la
yakuza sta sul collo a Naruse, che sta sul collo a Miro, in quanto è possibile
che Yoko si sia confidata con lei, unica vera amica. Nel ballo delle ricerche,
in una Tokyo bagnata dalla pioggia, vengono anche coinvolti altri personaggi:
Yukari, la segretaria di Yoko dalla cui scrivania ogni tanto compaiono oggetti
della scomparsa, Fujimura, l’amante di Yukari nonché agente letterario di Yoko,
e Kawazoe, un violinista dalla passione perversa per le foto di cadaveri. Tutto
legato anche ad una gita a Berlino di Yoko, dove lei assiste ad un omicidio
negli ambienti neonazisti, dove pare sia coinvolta anche una bionda prostituta
giapponese.
Miro,
anche se tirata per i capelli, è l’unica che riesce a mettere in fila dettagli
ed indizi, che presto collegano Berlino ad ambienti di destra giapponesi,
legati ad uno strano personaggio dalla doppia personalità. Non vi dico altro
sulle indagini, se non che, con molto garbo, Kirino ci porta ad un finale che
tutto spiega, ma che Miro non ritiene soddisfacente. Tanto che prosegue a
cercare collegamenti, per arrivare al finale vero che mette finalmente tutto al
proprio posto (e con una bella riverenza alle teorie poliziesche di S.S. Van
Dine).
Kirino
è brava a gestire una massa di informazioni che potevano mettere in difficoltà
autori meno dotati, anche se, talvolta, le azioni di personaggi sono molto
giapponesi, e ci vuole un po’ per entrare nello spirito.
Farei
tre considerazioni finali. Primo, si sentono gli anni che passano, purtroppo,
che spesso i protagonisti sono al telefono, o inviano fax, cosa che, alla luce
odierna, risulta un po’ obsoleta. Secondo, c’è molta Tokyo nella trama, e pur
se lodevolmente c’è un piccolo glossario finale, se non conosci la città,
rimangono punti poco chiariti. Uno su tutti, il quartiere dove vive Miro è Shinjuku
Nichome, il quartiere gay di Tokyo. Ed anche molto Giappone, come quando Miro
prende il tè nelle famose tazze Kiyomizuyaki, che non viene detto, ma io so
essere una porcellana molto fine che si fabbrica a Kyoto. Invece del glossario
avrei messo qualche nota a piè di pagina, e alcuni passaggi risulterebbero più
chiari. Terzo ed ultimo, la follia poco lucida della quarta di copertina, che
etichetta Miro come “detective privata”. Falso! Non lo è, o non lo è ancora.
Penso che nelle successive uscite si chiarisca la sua posizione lavorativa, che
qui risulta ancora non definita. Tirando le somme, in ogni caso, è una buona
scrittura, che illumina un aspetto diverso della letteratura giapponese,
lontana da Banana o da Murakami. Lontana, ma interessante.
“Perdeva
spesso le sue cose, forse perché non era capace di sistemare e mettere in
ordine, o semplicemente perché non aveva una memoria di ferro.” (105)
Visto che siamo alla prima trama di
settembre, eccovi i commenti cumulativi delle intense letture di giugno, ad ora
il top reading dell’anno (come numero, ma anche con una buona media). C’è su
tutti la famiglia Karnowski di Singer, accompagnato da quattro libri molto
vicini nel giudizio. Di negativo, uno degli ultimi gialli americani di Burnett,
e l’ultimo episodio letto di Kay Scarpetta.
# |
Autore |
Titolo |
Editore |
Euro |
J |
1 |
Wilbur
Smith |
Re
dei re |
Harper
Collins |
s.p. |
3 |
2 |
Barbara Bellomo |
La ladra di ricordi |
TEA |
10 |
3 |
3 |
Wilbur Smith |
La voce del tuono |
TEA |
6,90 |
3 |
4 |
Amitav
Ghosh |
L’isola
dei fucili |
Neri
Pozza |
s.p. |
2 |
5 |
Wilbur Smith |
La spiaggia
infuocata |
TEA |
6,90 |
2,5 |
6 |
William R. Burnett |
Il boia è solo |
Corriere
della sera Gialli |
6,90 |
1 |
7 |
Davide
Enia |
Appunti
per un naufragio |
Sellerio |
s.p. |
3,5 |
8 |
Mark
Haddon |
Una
cosa da nulla |
Repubblica
Duemila |
9,90 |
3 |
9 |
Ross MacDonald |
Il delitto non
invecchia |
Corriere
della sera Gialli |
6,90 |
3,5 |
10 |
Roberto
Calasso |
Come
ordinare una biblioteca |
Adelphi |
14 |
3,5 |
11 |
Leonard Gardner |
Città amara |
Repubblica
Duemila |
9,90 |
3,5 |
12 |
Patricia
Cornwell |
Caos |
Mondadori |
14,50 |
1 |
13 |
Francesco
Piccolo |
Momenti
trascurabili |
Einaudi |
s.p. |
2 |
14 |
Margaret
Atwood |
L’eredità
dell’ancella |
Mondadori |
s.p. |
3 |
15 |
Natsuo
Kirino |
Pioggia
sul viso |
Repubblica
Noirissimo |
7,90 |
3 |
16 |
Zerocalcare |
La
profezia dell’armadillo |
Bao
publishing |
s.p. |
3 |
17 |
Tove Jansson |
Il libro dell’estate |
Corriere
Boreali |
8,90 |
3 |
18 |
Wilbur Smith |
Gli eredi dell’Eden |
TEA |
6,90 |
3 |
19 |
Sally
Andrew |
Amori,
crimini e una torta al cioccolato |
Repubblica
Noirissimo |
7,90 |
2 |
20 |
Israel
J. Singer |
La
famiglia Karnowski |
Repubblica
Duemila |
9,90 |
4 |
Comincia settembre, e come dice IL (rigidamente maiuscolo) poeta “Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età, dopo l'estate porta il dono usato della perplessità”. Scoperto chi sia il poeta, non ci resta altro che sperare in qualche ripresa, di incontri, di notizie, di viaggi.
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