Avrei
voluto dedicare tutta la trama di oggi ad un solo autore di avventure, ma ho terminato
tutti i libri già usciti di Wilbur Smith (e leggete la bella intervista su
Robinson di questa settimana). Quindi ci aggiungo un lontanissimo (e poco
riuscito) Cussler per chiudere le trame odierne. Sarà che questi autori sono diventati un po’
ripetitivi nei loro temi, ma i romanzi di oggi vanno dal poco riuscito ma
discreto sino all’inutile. Speriamo sempre che il futuro ci riservi sorprese
migliori.
Clive Cussler &
Thomas Perry “L’enigma dei Maya” TEA euro 9,90
[A: 28/05/2018 – I: 21/08/2020 – T:
23/08/2020] - &&
[tit. or.: The Mayan Secrets; ling. or.: inglese; pagine: 331; anno 2013]
FARGO05
Mi
sembra quasi superfluo rilevare come le storie dei coniugi Fargo si collochino
in basso del mio gradimento verso Cussler, che, per le altre serial story
rimane immutato ed alto. Secondo libro letto dopo la morte di Clive, ed anche
questo come vedete in alto, dispiace per il poco coinvolgimento intellettuale
ed emotivo che mi ha recato.
Come
rilevato nella precedente puntata, Cussler ingaggia Perry per risollevare le
sorti della serie. E con Perry torna alla riproposizione di elementi storici
che vengono da lontano e che danno un certo senso alla vicenda. Tuttavia, pur
essendo uno spunto interessante, non riesce a dare una svolta al romanzo, che
rimane sull’onda di lotte, inseguimenti, sparatorie e poco altro.
Intanto,
facciamo un passo indietro, verso il titolo. Ora, per tutta la vicenda, seppur
in modo trasversale e mai diretto, si parla dei Maya e delle cose da loro fatte
e rimaste incomprensibili: scritture non tutte decifrate, testi astronomici e
matematici all’avanguardia. I Maya hanno ancora tanti segreti che dobbiamo
scoprire. Così come sottolinea Cussler. Non certo “un” enigma da rivelare, come
farebbe intendere il titolo italiano.
Proprio
dai Maya la vicenda comincia, ricordandoci l’interessante figura di Bartolomé
de Las Casas, prima soldato sbarcato alla conquista delle Indie di Colombo, poi
frate domenicano che spese tutta la vita a difendere gli indios dalle angherie
spagnole. Certo, era prete e missionario, e stava in America Centrale per
convertire i pagani (anche). Ma mai con la forza, e sempre rispettando la
dignità di quelli che all’epoca erano considerati “selvaggi”.
La
figura di Bartolomé serve agli autori per introdurre un codice Maya, salvato
dalla distruzione spagnolo a Rabinal nel 1537 (fatto storico) da un indio che
lo porta a nasconderlo nei dintorni del vulcano Tacanà, sempre in Guatemala, ma
vicino al Chiapas. Piccolo inciso di rimembranza, sono sempre e per vari motivi
legato al Chiapas, la cui capitale si chiama San Cristobal de Las Casas,
indovinate perché.
Da
qui intervengono i coniugi Fargo. Sono nella Baja California a studiare squali,
sentono di un terremoto a Tacanà, e si precipitano. Lì, fortuitamente, scoprono
il nascondiglio dell’indio di cui sopra, e tanti reperti archeologici. Qualcuno
tenta di rubarli, ed i nostri, con abili mosse, li trafugano, portandoli nella
loro casa a La Jolla in California. Insieme ad un docente dell’Università
cominciano a decifrare il codice, ma vengono presto interrotti dal cattivo,
anzi dalla cattiva di turno. Sarah Allesby, predatrice di tesori in giro per
tutta la terra, nonché stanziatasi in Guatemala, dove offre parte delle sue
terre ai signori della droga.
Purtroppo,
da qui in avanti la maggior parte della trama si risolve nei tentativi di Sarah
e dei suoi scagnozzi di fermare, depistare nonché cercare di uccidere i nostri
bravi Sam e Remi. Utilizzando in particolare due “bravi” manzoniani, che
tuttavia fanno più che altro la figura degli Gianni e Pinotto del crimine.
Finendo spesso nel ridicolo. Ma soprattutto, dopo che hanno prima messo in ridicolo
Sarah, poi messa in difficoltà, poi fatti uccidere dalle forze del bene un
centinaio di scherani del signore della droga, finendo in modo poco dignitoso
nel “chunnel”.
È
abbastanza scontato che i Fargo ed i loro amici avranno la meglio, ma
l’escamotage di Cussler questa volta è deboluccio. Perché l’asso della manica
dei Fargo è il ritrovamento, tra le carte del lascito di Bartolomé al convento
di San Gregorio in Valladolid, della copia del libro Maya, dove i nostri
riusciranno a decifrare alcuni importanti e sino ad ora non conosciuti siti
Maya. Ora, è praticamente impossibile che nessuno, in 450 anni, non abbia
compulsato le carte del nostro pur bravo domenicano.
Quindi,
storia poco credibile, scene di lotta e di morte un po’ “a muzzo”. Riamane al
solito qualche brandello di memoria: la calata nel cenote, che mi ricorda il
mio primo viaggio in Messico ed il bagno che vi feci (cosa che ora, sapendone
la pericolosità eviterei); i passaggi nel Chiapas (paese del cuore) ma anche il
Guatemala di Coban e dello stato di Verapaz (che esiste veramente, proprio con
capoluogo il sito stupendo); ma anche il ricordo di Livingston e del passaggio
tra Belize e Guatemala, che non feci, ma che lo scorso anno vidi da vicino con
un gruppo di bravissimi viaggiatori.
Alla
fine, un cenno di ricordo al sempre amato Clive, ed una speranza che le altre
serie siano più all’altezza delle mie aspettative.
Wilbur
Smith “La volpe dorata” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 7,45 euro)
[A:
25/08/2018 – I: 25/08/2020 – T: 27/08/2020] - & e ½
[tit.
or.: Golden Fox; ling. or.: inglese; pagine: 417;
anno 1990]
(periodo:
1969 - 1977) (COURTNEY 18)
Devo dire, dopo aver letto decine di libri di
Smith, che questo l’ho trovato uno dei peggio riusciti. E per fortuna che ne
leggo solo in quanto filone cronologico della storia, perché se lo avessi letto
all’epoca della scrittura, avrei preso tutta la “smithografia” e l’avrei
cestinata.
Ora, non è che non sia vero che i Servizi
Segreti intervengono nella storia di molti paesi del mondo. Lo hanno fatto e lo
fanno tuttora. Ma dipingere come “cattivi” solo il KGB russo, ed in corollario,
tutti quelli dei paesi comunisti (o che almeno lo erano all’epoca della
scrittura) mi sembra una forzatura non da poco.
Smith cerca di dipingere il mondo australe
africano come si stava sviluppando negli anni Settanta, ma con molto occhio a
quanto sta accadendo, soprattutto in Sud Africa, al momento della scrittura del
romanzo. Smith, infatti, scrive il testo nel 1990, anno in cui, l’11 febbraio,
dopo 27 anni di carcere, viene fatto uscire di prigione Nelson Mandela, e si
avvia il processo di liberazione del Sud Africa dalle morse dell’Apartheid.
Certo, il testo si colloca subito dopo il
precedente, sia per il tempo della scrittura che per il tempo dell’azione. C’è
ancora lo Smith sequenziale, che, dopo un po’di cartucce in giro per la sua
Africa amata, si fissa sulla saga dei Courtney, quella del ramo “Waite”. Così,
anche qui, ritroviamo la capostipite, Centaine detta Nana, il figlio da lui
avuto con Michael durante la prima guerra mondiale, Shasa, ed i suoi quattro
figli: Sean, il maggiore, ormai stabilmente dedicatosi alla caccia e
stabilitosi in Rhodesia, Garry, il secondogenito, destinato a prendere il posto
del padre nell’impero della famiglia, Michael, il giovane, che sapevamo già
propenso ad aiutare i neri, e qui sempre più coinvolto (anche se il fatto che
sia gay credo sia una caduta dello stile Smith, non per il fatto in sé, ma per
il modo) e Isabella, detta Bella, che diventa il fulcro della narrazione, e
vedremo perché e come. Ci sono poi tutti i personaggi sopravvissuti ai disastri
dell’ultimo libro. La moglie di Shasa, Tara, ormai stabilmente a Londra ed in
sostegno alla lotta armata dei neri, anche con Ben, il figlio avuto da Moses.
Il ribelle nero Raileigh Tabaka che non riesce ad assurgere al ruolo di vero
protagonista.
Il protagonista, come dal titolo, è Ramon de
Santiago y Machada. Di antiche origini spagnole, è in realtà cubano e
soprattutto membro di spicco del KGB. È lui che ordisce tutta la trama che
risulta essere la spina dorsale del libro. Irretisce Bella facendola
innamorare, la metta incinta, poi le sottrae il figlio Nicholas Miguel Ramon de
Santiago y Machada Courtney e con il ricatto di fargli del male, costringe
Bella a diventare un agente dei Servizi Segreti russi.
Non vi sto a tediare su come Bella faccia
carriera politica, ma le sue delazioni servono a fermare la corsa alla bomba
atomica del Sud Africa, ad alcune avventure collaterali, sino al fermo e
probabilmente alla distruzione della produzione di un surrogato di gas nervino.
Ora, le cose che Bella ferma sono giustamente bloccate (tant’è che, libero
Mandela, il Sud Africa aderisce al bando delle armi di distruzione di massa),
ma il modo in cui Smith presenta le azioni di Bella fanno risaltare la
cattiveria di Ramon (giusto, è un cattivo e dovrà finir male), la mal riposta
infatuazione di Michael, lo stesso agire sconsiderato dei russi in Etiopia (per
cacciare e/o uccidere Hailé Selassié, e poi avere decenni di Terrore Rosso con
Menghistu) o dei cubani in Angola (con l’appoggio ad Agostino Neto ed altre
rappresentazioni storiche che se fossi stato Smith avrei evitato di
rappresentare, come le scene ed i piani militari che vengono discussi tra Ramon
e … Fidel Castro; da evitare).
Per inciso, Shasa trova anche il modo di
innamorarsi dell’italo-svizzera Elsa Pignatelli.
La rete di Ramon intorno a Bella crollerà
solo quando, anche se fortuitamente, la famiglia Courtney verrà coinvolta
nell’affare.
Tutta la famiglia, in un finale convulso,
partecipa alla liberazione del piccolo Nicky, al tentativo (vedrete voi se di
successo) di fermare Ramon ed i suoi. Tra l’altro, con l’aiuto di militari
quasi regolari rodesiani, comandati da Ronald Ballantyne (ecco un altro spunto
per riunire le due saghe). Comunque, dopo pagine e pagine di “finta” spy story
alla Le Carré, troppo veloce si avvia alla conclusione, lasciando sul terreno
alcune domande che si spera saranno risolte in altri libri.
Chi e quanti saranno i morti alla fine delle
avventure della “Volpe Dorata”? Anche perché il diciannovesimo libro dei
Courtney è uscito l’anno prima di questo, e penso difficilmente potrà contenere
elementi di chiarimento. Forse solo il libro uscito quest’anno in Inghilterra,
che dovrebbe basarsi sulle avventure di Jack Courtney potrà darci lumi. Perché
Jack, se capisco dalle parole di Smith, dovrebbe essere il figlio di Nicky.
Comunque, quando parla di politica attuale,
anche se lo ha fatto trenta anni fa, è meglio che Smith adotti un basso
profilo. E forse è meglio torni alla caccia grossa, che quando descrive di Sean
in Rhodesia è molto più coinvolgente di tutto il resto del libro.
Wilbur
Smith “L’ultima preda” Longanesi s.p. (Biblioteca di Proba Petronia)
[A: 19/03/2018 – I: 31/08/2020 – T:
02/09/2020] - &&
[tit. or.: A Time to Die; ling. or.: inglese; pagine: 516; anno 1989]
(periodo:
1987) (COURTNEY 19)
Cronologicamente nel senso della storia,
questo è l’ultimo volume della saga dei Courtney, essendo invece il settimo dei
diciannove scritti per la serie completa. E sono elementi che si sentono
pesantemente, tanto che lo scritto si risolleva per la prima metà, dove si
parla di caccia e di Africa, mentre cade vertiginosamente nella seconda metà,
quando entra a parlare della Guerra Civile del Mozambico, e dei riflessi nella
regione.
Come speravo alla fine della trama
precedente, questo libro anteriormente scritto, ha una lunga parte dedicata
alla caccia grossa. Della grande stirpe dei Courtney, coinvolta in disastri
nella fine del libro incentrato sulla “volpe dorata”, veniamo a sapere solo che
ci ha lasciato, nel 1979, Centaine. Mentre, con vari titoli, sono ancora in
giro Garrick con la moglie Holly diventato il capo dell’impero, Isabella,
ritiratasi a vivere con il figlio Nicky, il grande vecchio Shasa, nonché, visto
che ne è il principale protagonista, Sean. Compare in un cameo finale il
“cuginastro” Lothar, ed in un inciso sappiamo che il colonello Roland
Ballantyne è morto pure lui.
Ma qui, ci dedichiamo a Sean Courtney.
Sappiamo che la famiglia gli ha regalato una bella riserva in Rhodesia, già dai
tempi di Ian Smith. E sappiamo anche che Sean aveva combattuto con le milizie
rhodesiane, contro sia i guerriglieri interni, che quelli dei paesi limitrofi
(soprattutto Mozambico e Angola). Ora il paese è suddiviso in Zambia e
Zimbabwe, ma noi non ci facciamo confondere da tutto ciò.
Perché la prima parte è ben fatta, e come
dice Smith, parla delle cose che lui ben conosce: le grandi distese africane,
gli animali, la caccia. Sean lavoro per i ricchi cacciatori, ed ora sta facendo
da balia ad un italo sudamericano, Ricardo Monterro, accompagnato dalla figlia
Claudia. Già dall’inizio immaginiamo un happy end tra Sean e Claudia, ma molta
acqua dovrà passare sotto i ponti. Intanto, Ricardo è malato terminale, e questa
è in ogni caso la sua ultima caccia. Per cui vuole uccidere un leone ed il
grande elefante delle riserve, il vecchio Tukutela, che secondo quanto ci dice
Smith, dovrebbe avere 74 anni più o meno. Seguiamo la caccia al leone, e, a
parte le descrizioni cruente, può andare. Ma l’elefante fugge in Mozambico, e
per accontentare i suoi fornitori di dollari, Sean decide inopinatamente di
addentrarsi nel territorio ex-portoghese. Molto scriteriato, che il Mozambico,
benché formalmente pacificato, è ancora scosso dalla guerra civile tra i
governativi del FRELIMO (Frente de Libertação de Moçambique) ed i contro
governativi del RENAMO (Resistência Nacional Moçambicana). I primi di
ispirazione marxista e sovietica, i secondi conservatori. Non ci sorprende che
Sean dopo la fine della caccia all’elefante con morte conseguente di Tukutela e
di Ricardo, venga catturato dal RENAMO del suo acerrimo nemico soprannominato
“el Chino”. Che ovviamente userà Claudia come elemento per costringere Sean a
lavorare per lui. Così che in una serie di azioni che sono la parte più pallosa
del libro, Sean deve fronteggiare gli attacchi del FERLIMO con elicotteri usati
dai russi in Afghanistan, andare in Zimbabwe a rubare al governo locale i
missili “Stinger”, armamenti americani unici a poter fermare gli elicotteri.
Ovvio che el Chino alzerà ogni volta la
posta, che Sean e Claudia cercheranno ogni volta di farvi fronte, fino alla
battaglia finale, di cui non posso svelare l’esito scontato.
Anche perché, ad ora, questo è l’ultimo
libro, dove la saga iniziata nel 1565 con sir Charles Courtney, si ferma, ora
che siamo nel 1987.
Ripeto, quando Smith parla di politica
attuale non è che siamo molto efficace, anche perché pur cercando di presentare
i punti di vista di tutte le fazioni, ha comunque una piccola riserva in favore
dei bianchi, che sono sì cattivi, ma qualcuno si salva. Mentre dei “coloured”
nessuna ha una valenza positiva.
Anche dal punto di vista dei personaggi,
seppur abbiamo seguito e con interesse quelli che di volta in volta, nella grande
famiglia Courtney impersonavano elementi positivi, Smith non smentisce la sua
scrittura un po’ manichea. Tendenzialmente misogina, dove forse solo Centaine
de Thiry e Saffron Courtney sembrano avere caratteri positivi, mentre in genere
sono i maschi ad avere preponderanza. Anche se solo i maschi “alfa”, quelli che
attirano su di sé tutte le voglie. Mentre i gay, pur presenti, sono sempre un
po’ bistrattati: come Jordan Ballantyne, che si suicida, o Michael Courtney,
terrorista dalla parte sbagliata. E per finire, il lato politico delle storie
scritte negli anni ’80 è ancora troppo vicino agli avvenimenti per avere un
occhio più disteso, come da prima frase riportata. Occhio che avrà più agio di
distendersi nelle storie post Duemila.
Prima di lasciarvi, un ricordo personale, che
Sean e Claudia attraversano i confini verso il Mozambico intorno al fiume
Limpopo. E ben ricordo una delle mie più belle “gite” australi, proprio dal
Kruger a Maputo guadando selvaggiamente il fiume. Ricordo bellissimo.
Ora aspettiamo solo l’ultimo capitolo dei
Ballantyne, e magari qualche nuovo episodio del “vecchio” Smith.
“Oltre quel confine si trovano quindici
anni di marxismo, corruzione, avidità e incompetenza.” (33)
“L’ultimo fiume era il Limpopo, il ‘gran grigioverde
oleoso’ di Rudyard Kipling, tutto costellato di eucalipti.” (444)
Wilbur
Smith “La notte del leopardo” TEA euro 6,90
[A:
01/11/2018 – I: 02/04/2021 – T: 04/04/2021] - &&
e ½
[tit. or.: The Leopard Hunts in the Darkness; ling. or.: inglese; pagine: 465; anno 1984]
(periodo:
anni ‘80) (BALLANTYNE 08)
Ultimo
(finalmente) dei “vecchi” scritti di Wilbur Smith che chiude (almeno
parzialmente) i cicli storici iniziati dall’anziano autore. Ora escono altre
avventure, che si incastreranno qua e là, nelle storie dei Courtney e dei
Ballantyne, ma i romanzi “classici” con questo sono terminati.
Sicuramente
il libro risente dei quasi quaranta anni dalla scrittura e, come ho scritto
altrove, dal fatto che Smith parla di avvenimenti praticamente contemporanei
alla scrittura, motivo per cui è da una parte coinvolto anche personalmente (o
almeno emozionalmente) dall’altra non ha ancora una prospettiva storica per
interpretare le trame politiche del nascente Zimbabwe.
Anche
la scrittura è datata, si perdono un po’ le descrizioni “africane” che tanto
avevano avuto successo nei suoi primi libri. Certo, rimane l’immagine iniziale
degli elefanti, qualche leopardo e qualche iena, ed un po’ dei modi di vita dei
locali. C’è anche del sesso, come era nelle prime scritture, ma anche qui molto
lieve, molto di passaggio. Ma tutto è molto datato, ed anche poco
consequenziale, come gli ultimi libri del grande ex-rhodesiano ci hanno
abituato.
Tra
l’altro, il protagonista principale è sì della stirpe dei Ballantyne, ma di
lontana generazione, anche se era il protagonista della seconda parte del libro
“Gli angeli piangono”. Stiamo infatti parlando di Craig Mellow, bis nipote
dell’ultimo Ballantyne noto, cioè Jonathan “Bawu” Ballantyne. Cioè, per la
precisione, una delle tre moglie di Bawu dà alla luce due figli: Douglas e
Jean. Il primo sposa Valerie da cui nasce Douglas che muore ne “Gli angeli
piangono”. Jean invece sposa un tal Mellow (forse discendente alla lontana dei
Codrington che nell’Ottocento intrecciarono i loro destini con i Ballantyne) e
dalla loro unione nasce Craig (quello che qui seguiamo). Craig che avevamo
lasciato in partenza per New York, a seguire la sua carriera di scrittore
insieme alla bella Janine.
Ora
lo ritroviamo ancora a New York, caduto nella spirale alcolica, senza
prospettive per altri libri, irretito da lusinghe editoriali della World Bank,
bistrattato dal suo editor, incuriosito dalla figura della fotografa Sally-Anne
(essendo Janine volata ad altri lidi).
Tutto
congiura a che Craig torni nello Zimbabwe, dove trova la situazione politica
che noi, a quarant’anni di distanza, ben conosciamo. Cacciata dei bianchi,
razzismo alla rovescia, atteggiamenti tipici degli arrivisti (neri, bianchi o
di qualsiasi colore), ingerenze delle potenze straniere (lì molta Russia e un
po’ di CIA, ora tanta, tantissima Cina), insomma il solito circo africano,
senza neanche troppe “invenzioni”.
Craig
ritrova Tungata, suo sodale di razza matabele, ma non riescono ad intrecciare
subito le vecchie sinergie. Viene invece irretito da Peter Fungabera, aitante
ministro di razza mashona, che lo coinvolge in alcune sue idee di
modernizzazione del territorio. Craig ci casca mani e piedi, anche se noi già
pensiamo che ‘sto Peter mica ci convince tanto. Craig va su e giù per le terre
dei suoi avi, con la bella Sally-Anne che fa delle foto da favola. Ma anche
qui, il gioco è scoperto: quanto ci metteranno per andare a letto insieme?
Craig
ricompra le terre del nonno, ipotizza di lanciare turismo dei parchi (cosa che
ancor oggi vediamo stentare; se volete vi parlo della mia ultima visita in
Botswana), ed insieme alla sua bella cerca di mettere fine al bracconaggio
verso i rinoceronti. Ovvio che cada nella trappola di Peter, accusi e faccia
condannare Tungata, con tutto quello che ne consegue.
Assistiamo
allora al solito carosello di facili conseguenze che ci aspettiamo dal classico
Smith: Craig e Sally-Anne capiscono di aver toppato, cercano, con l’aiuto di
Sally, la donna di Tungata di metterci una pezza, Peter se ne accorge, dichiara
Craig nemico del popolo, gli requisisce terre e soldi, cerca anche di uccidere
lui e Sally-Anne. Anche perché Peter, sobillato dai russi, cerca anche di
ritrovare il famoso tesoro di Lobengula Khumalo, il secondo ed ultimo re dei
Metabele. Vi posso facilmente risparmiare le vicissitudini avventurose un po’
alla Cussler più che alla Smith che vedono protagonisti Craig, Sally-Anne,
Sarah e Tungata (per chi lo avesse scordato, ricordo di passaggio che il suo
vero nome era Samuel Khumalo, fate voi i collegamenti) e che li porteranno a
sfuggire ad ogni trappola, a ribellarsi a Peter, a trovare il modo di metterlo
fuori causa, nonché a trovare il tesoro dei matabele, con tutto quello che ne
consegue, in termini personali e di “happy end”.
Finirei
soltanto rimarcando, appunto, che la troppa vicinanza con gli avvenimenti
lascia l’occhio di Smith poco distante e poco “neutrale”. Non dico che
bisognava prendere le parti di Robert Mugabe, il dittatore rosso dello Zimbabwe
che, in varie forme, tenne il potere dal 1980 al 2017, ma di certo neanche
dargli addosso (almeno in alcune attività iniziali). Certo, Mugabe e la sua 5^
Brigata (che nel libro diventa 3^) furono colpevoli dell’eccidio di almeno
20.000 matabele. Certo, Mugabe era (e venne dimostrato esserlo) corrotto. Ma
dare senza mezzi termini tutte le colpe al KGB (come fa qui Smith) senza tener
conto anche del ruolo della CIA, mi sembra un po’ troppo facilone.
Comunque,
con questo ed il precedente siamo arrivati agli anni ’90 dello scorso secolo,
sia per i Courtney che per i Ballantyne. La scrittura di questi libri è molto
datata, e io sento la mancanza delle “grandi colline d’Africa”. Non so se
quelli che stanno uscendo (e ne parlerò a tempo debito) riescono a rinverdire i
fasti dell’inizio, ma spero che almeno siano emozionalmente migliori. Vedremo.
Seconda
trama del mese, che, in tema con i sentimenti del periodo, è dedicata alla
vecchiaia.
Visto
che in molte uscite del periodo la poesia è in prima linea, anche se non spesso
nelle mie corde, vi dedico comunque un breve versoi di Alda Merini tratto
dal bellissimo "Sono nata il ventuno a primavera": "nuvole
di pianto sono le mie parole / un brivido di canto il silenzio del tuo
respiro".
È comunque un periodo arduo, tanto si accavalla, di attività e di impegni da risolvere, che non staremo qui ad elencare, ma che ci ricorderemo insieme più in là. Penso solo che tutti riescano a fare i vaccini, come sperato.
CURARSI CON I LIBRI di Ella Berthoud e Susan Elderkin con i
“bugiardini” di Giovanni
APRILE 2021
Beh, non sarà mai una malattia,
ma di certo è una condizione cui tutti (spero) arriveremo in forma, e che
dovremmo affrontare. Come?
VECCHIAIA, ORRORE DELLA
Jane
Gardam “Figlio dell’impero
britannico”
Marco
Malvaldi “La briscola in cinque”
«La
vecchiaia ha i suoi lati positivi che, per quanto differenti, non sono
inferiori ai piaceri della gioventù». Così disse il vecchio saggio Somerset
Maugham, che gradì tanto l’ultimo periodo della sua vita da superare i
novant’anni. La maggior parte di noi non riesce a vederli, questi lati
positivi, e alcuni addirittura arrivano ad auspicare una via di uscita alla
James Dean, vivere veloce-mente e smettere quando si può ancora «lasciare un
bel cadavere» come dice il personaggio di Nick Romano in “Le lacrime della
città” di Willard Motley (ne è stato tratto anche un film con Humphrey Bogart).
La stragrande maggioranza di noi lascerà arrivare la vecchiaia; essere vivi,
anche se deboli, inaciditi e scorbutici è meglio, in generale, che essere
morti. Per aiutarvi ad accogliere il vostro canto del cigno in un modo più
positivo, vi prescriviamo due romanzi per dimostrarvi che avere settant’anni
non significa ancora essere finiti.
Il
giudice Feathers, protagonista di “Figlio dell'impero britannico” di Jane
Gardam è un uomo estremamente dignitoso e ancora straordinariamente bello, con
una forte presenza. È anche molto pulito - quasi vanitoso. Le sue scarpe
splendono «come castagne d’india», i suoi vestiti sono eleganti com’erano negli
anni Venti, completi di fazzoletto di seta nel taschino e calzini gialli
acquistati da Harrods. Non vi è alcun odore di vecchiaia nella sua casa - è
ricco, e un tempo aveva dei domestici, eredità degli anni di servizio in
Oriente, che si «occupavano» di lui. Non è per mancanza di igiene personale o
domestica, quindi, che da parecchi anni viene soprannominato «vecchia
schifezza»; è un nomignolo che si è dato da solo, perché «dopo aver fallito a
Londra, ci aveva provato con Hong Kong».
Lui
e la moglie Betty, in realtà, a Hong Kong avevano avuto un successo
strabiliante, e tutti davano per scontato che ci sarebbero rimasti. Ma
qualunque ipotesi formulata su Feathers tende a non cogliere nel segno. Nella
sua vita, infatti, ci sono dei segreti alimentati da traumi del passato, e il
giudice è in realtà un uomo completamente diverso da quello che sembra. Sotto
la superficie, scopriamo un caleidoscopio di progetti di viaggi, miriadi di
persone da visitare, sogni di incontri riparatori - e lui è uno più che capace
di realizzare tutto questo. (Soprattutto di lasciarsi alle spalle un bel
cadavere).
Pensatela
così: quando sarete vecchi, non dovrete più farvi ostacolare dalla facciata
professionale degli anni della maturità. Potrete fare uscire il giudice
Feathers che avete dentro - sperando, tuttavia, che il vostro guidi un po’
meglio.
Non
si deve comunque mai dimenticare che la migliore ricetta è vivere ogni età
della propria vita con ironia. Un buon esempio lo danno i vecchietti del
BarLume. Abitano a Pineta, nella provincia di Livorno, davanti al Mar Tirreno.
Tutti i giorni, alla stessa ora, calano dalle loro case come uno stormo di
uccelli che molto hanno volato, si siedono al solito tavolino e da lì
cominciano a cicalare nei loro discorsi tutta la vita che non potranno più
vivere.
Del
resto, quando hai ottant’anni ed è agosto «l’unica cosa che puoi fare è andare
al bar» a giocare a briscola in cinque o a spiare la scollatura di una ragazza.
Ma può anche capitare che le loro chiacchiere servano a qualcosa, perché non si
smette mai di essere utili. Per esempio, a sgomitolare l’affaraccio di un
omicidio costringendo i pensieri a viaggiare alla velocità giusta. La verità è
che da seduti si guarda meglio. E la loro banda lo sa. Hanno nomi d’altri
tempi: Aldo, Pilade, Ampelio, Gino. Sono i più anziani e irregolari
investigatori che si siano mai visti da queste parti. In una strana forma,
comica e leggera, oppongono la loro sfrontata resistenza a un mondo che non la
finisce di offendere e di devastare la memoria di tutto.
Bugiardino
Jane
Gardam ce l’ho e prima o poi lo leggerò, ed allora ne riparleremo. Malvaldi,
invece, è presente con tutti i suoi scritti nella mia biblioteca, e questo
citato è il primo che ne lessi, che mi fulminò d’amore immediato. Certo, ne
parlai tredici anni fa, in un tempo in cui le mie trame erano molto stringate. Chissà
se meglio ora o allora?
[tit. or.: Gone with the Wind; ling. or.: inglese; pagine: 1104; anno 1936]
Marco Malvaldi “La
briscola in cinque” Sellerio euro 10
[tramato
il 23 dicembre 2007]
Opera prima del
ricercatore pisano. E come tutte le prime piena di elementi positivi e interessanti.
Vedremo la seconda. Per ora mi godo l'aria della Pineta versiliana, il BarLume
che offre caffè artigianale di Seravezza. Ed un mistero che si dipana proprio
quando sembra arrivato ad un punto morto. Da un cassonetto dell'immondizia in
un parcheggio periferico, sporge il cadavere di una ragazza giovanissima. Siamo
in un paese della costa intorno a Livorno "diventato località balneare di
moda a tutti gli effetti, e quindi la Pro Loco sta inesorabilmente estinguendo
le categorie dei vecchietti rivoltandogli contro l'architettura del paese: dove
c'era il bar con le bocce hanno messo un discopub all'aperto, in pineta al
posto del parco giochi per i nipoti si è materializzata una palestra da
body-building all'aperto, e non si trova più una panchina, solo rastrelliere
per le moto". L'omicidio ha l'ovvio aspetto di un brutto affare tra droga
e sesso, anche a causa della licenziosa condotta che teneva la vittima, viziata
figlia di buona famiglia. E i sospetti cadono su due amici della ragazzina nel
giro delle discoteche. Ma caso vuole che, per amor di maldicenza e per
ammazzare il tempo, sul delitto cominci a chiacchierare, discutere, contendere,
litigare e infine indagare il gruppo dei vecchietti del BarLume e il suo
barista. In realtà è quest'ultimo il vero svogliato investigatore. E sotto
all’intrigo giallo, la vita di una provincia ricca che sopravvive testarda alla
devastazione del consumismo turistico. Per l'estate al Forte.
Conclusioni
Intanto, visto che avevo scritto “vedremo
la seconda (per Malvaldi)”, devo dire che l’ho vista, mi è piaciuta e continuo
a leggerne. Forse non sono solo questi gli orrori della vecchiaia, che, e parlo
soprattutto per Malvaldi, più che di orrori parlerei di consolazioni. Per gli
orrori, avrei citato qualcosa che descrivesse malattie e stati d’animo “tristi”,
che so, tanto per fare un nome, “Una cosa da nulla” di Mark Haddon.
CIAO
RispondiEliminaspettatore Sono qui per condividere la mia testimonianza su come sono finalmente entrato nel quartiere degli Illuminati e sono diventato RICCO, FAMOSO E POTENTE, ho fatto del mio meglio per diventare un membro della confraternita, ma sono stato truffato più volte, prima di trovare una testimonianza. su internet quindi ho contattato l'agente, avevo tanta paura che mi avrebbe chiesto un sacco di soldi prima che potessi unirmi alla luce, ma con mia grande sorpresa mi ha chiesto solo di acquistare gli articoli che ho realizzato e oggi sono molto felice di dirgli al mondo che sono ricco e sono stato in grado di costruire molti affari con tutto questo ho ottenuto una somma istantanea di $ 7 milioni di dollari nel mio conto personale e sono anche conosciuto in tutto il mondo con il business. che la confraternita degli Illuminati mi ha dato e ho anche il potere di fare quello che voglio... so che molte persone possono essere nella mia corsia anche in cerca di aiuto ecco voi
email ufficiale: illuminatilight676@gmail.com
N. WhatsApp: (+ 1 (573) 982-0773)
ATTENTI AI TRUFFATORI E DEVI AVERE 18 ANNI.
CIAO
RispondiEliminaspettatore Sono qui per condividere la mia testimonianza su come sono finalmente entrato nel quartiere degli Illuminati e sono diventato RICCO, FAMOSO E POTENTE, ho fatto del mio meglio per diventare un membro della confraternita, ma sono stato truffato diverse volte, prima di trovare una testimonianza. su internet quindi ho contattato l'agente, avevo tanta paura che mi avrebbe chiesto un sacco di soldi prima che potessi unirmi alla luce, ma con mia grande sorpresa mi ha chiesto solo di acquistare gli articoli che ho realizzato e oggi sono molto felice di dirgli al mondo che sono ricco e sono stato in grado di costruire molti affari con tutto questo ho ottenuto una somma istantanea di $ 7 milioni di dollari nel mio conto personale e sono anche conosciuto in tutto il mondo con il business. che la confraternita degli Illuminati mi ha dato e ho anche il potere di fare quello che voglio ... so che molte persone possono essere nella mia corsia anche in cerca di aiuto ecco tu
email ufficiale: illuminatilight676@gmail.com
N. WhatsApp: (+ 1 (573) 982-0773)
ATTENTI AI TRUFFATORI E DEVI AVERE 18 ANNI.