domenica 20 agosto 2023

Sì, è proprio gialla - 20 agosto 2023

Continuo il finto gioco di domande retoriche iniziato la trama precedente. Che l’estate, questa estate, bisogna riposarsi, staccare la spina, anche se in maniera intelligente. Ecco allora una trama seriale, di quelle che (quasi) riprendono gli episodi di vari investigatori sparsi per le lettere. In particolare, italiani. Abbiamo così la decima avventura di Lolita Lobosco (così così) e la dodicesima di Rocco Schiavone (molto meglio), la prima del duo Bramard e Arcadipane (buono) e la prima di Serena Martini (anche meglio). Il tutto condito da un romanzo storico di Malvaldi (che ci sta sempre bene). Un consiglio: se poi non volete leggere tutto saltate subito alle perfette patatine fritte.

Gabriella Genisi “Lo scammaro avvelenato e altre ricette” Sonzogno s.p. (Natale di Mario&Ines)

[A: 25/12/2022 – I: 06/01/2023 – T: 07/01/2023] && -- 

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 183; anno: 2022]

LOBOSCO10

In occasione delle feste, dovendo scegliere nuovi libri, ed in previsione dell’inizio a gennaio della nuova serie televisiva dedicata a Lolita Lobosco, non potevo certo esimermi dall’acquisto dell’ultima avventura dell’avvenente commissario barese. Anche perché, generalmente, la scrittura di Gabriella Genisi è di gradevole accompagno ad ore distensive.

Pur alfine riconoscendo che la scrittrice non delude (molto) le normali aspettative, devo dire che il risultato finale di questo libro è decisamente inferiore alle aspettative ed alle potenzialità dei personaggi.

Anche perché, leggendo attentamente il titolo, poteva venire un sospetto. Rivelatosi presto certezza. Non è un romanzo, ma un racconto lungo, dove metà delle 180 pagine è in realtà occupata da una serie di ricette. Gustose, certo, in linea con le modalità con cui si erano editorialmente proposte le prime avventure di Lolita. Ricordo infatti che i primi libri erano dedicati alle arance, alle ciliegie, all’uva, e dopo un salto, agli spaghetti.

Ma un conto è avere un piccolo addendo di ricette, un altro è rimpinzare il testo come fosse un trattato di cucina barese. Rilevante, per l’interesse culinario. Tuttavia, fuorviante se acquisto un romanzo e mi trovo tra le mani un trattato di cucina. Dove, tra l’altro, sono presenti anche ricette non solo non baresi, che la Puglia in genere va bene, ma anche di altre provenienze marinare (Napoli e Genova) e perfino limitrofo (ricette della zona del Novese in provincia di Alessandria). Insomma, una deriva che ci poteva essere risparmiata.

Venendo al racconto in sé, anche qui ci aspettano sorprese poco gradite. Intanto, i mitici bracci destro e sinistro di Lolita, cioè l’ispettore Forte e l’agente Esposito, praticamente non compaiono; sono relegati ad una piccola e marginale comparsata pur se a sostegno della nostra in un momento di estrema difficoltà.

Neanche l’amica Marietta si palesa. È invece presente “amoremio” Caruso, pur continuando il suo tira e molla tra Bari e Manfredonia. Ma è un rapporto che sta tirando le cuoia. Come direbbe il barese Modugno, “la lontananza sai è come il vento”. Soprattutto quando Caruso non riesce a tenere fermo il proprio appetito maschile verso altre bellezze muliebri. Un rapporto che è destinato a morire, qui e, spero, anche in future prove.

Rimane la vicenda in sé, che è tutta, in un certo senso, privata. Ruota tutto intorno a Carmela, la sorella di Lolita. Sappiamo dagli altri libri, che si è separata, che vive con la madre ed i due figli, che è abbastanza invidiosa della sorella, e che ha avviato, con successo, un b&b, dal fascino discreto soprattutto per le doti culinarie della famiglia Lobosco.

In questo novembre vicino al Natale (la storia si svolge dal 25 novembre al 5 dicembre) nel b&b si è trasferito tal Enrico, millantato scrittore, di sicuro alla ricerca di intingere il suo maritozzo. Cosa che fa, ma quando vede Lolita, e quando Carmela si fa più pressante, decide che sarebbe più salutare una ritirata in buon ordine.

Peccato che non possa mettere in atto i suoi propositi che, dopo una cena con lo scammaro, muore avvelenato da un botulino maligno. Ovvio che Carmela è la prima sospettata, come è ovvio che Lolita debba ritirarsi in secondo piano, essendo parente della sospettata. Ma il gioco è veramente sporco. Non si può immaginare Carmela assassina, anche se tutto sembra contro di lei. Ed in particolare, se il botulino viene da un peperone sott’olio mentre lo scammaro ha solo un peperone crusco (cioè secco e piccante) ecco che bisogna cercare altrove il bandolo della matassa.

Un lettore attento poi, saputo le modalità della morte, e leggendo con un po’ di neuroni attivi lo svolgimento delle pagine, avrebbe detto a Lolita & co dove dirigere i sospetti già dalle prime battute. Noi ci leggiamo le novanta scarse paginette, registriamo che i nostri sospetti sono fermati ed aspettiamo metà gennaio per vederne la trasposizione televisiva. Dove andremo a vedere anche come e quanto la resa televisiva si discosta dal testo.

Dispiace che le esigenze televisive abbiano fatto uscire questa decima indagine forse prima che la scrittrice riuscisse a maturare compiutamente la trama. Peccato, anche se, cara Gabriella, ti vogliamo bene ugualmente.

Sarebbe stato comunque un gentile omaggio al lettore affamato di sapere, far conoscere l’origine dello “scammaro”. Come si evince dal testo è di certo un piatto povero, e soprattutto magro. Deriva dal piatto unico servito in convento. Nei giorni di magro, alcuni monaci, se cagionevoli di salute, potevano mangiare carne, ma al chiuso delle loro camere. Gli altri mangiavano di magro fuori dalle camere. I primi erano detti “cammarati” (con la camera) ed i secondi “scammarati” (senza la camera). Per estensione, quindi “cammaro” è il mangiare grasso e “scammaro” il mangiare magro.

Marco Malvaldi & Samantha Bruzzone “Chi si ferma è perduto” Sellerio s.p. (regalo di Natale di Mario&Ines)

[A: 25/12/2022 – I: 08/01/2023 – T: 11/01/2023] &&& e ½  

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 343; anno: 2022]

Non è il primo libro che scrivono insieme, né il primo che firmano insieme, ma questo, per i coniugi Malvaldi, è il primo che esce a firma congiunta per Sellerio, dopo che altri sono usciti per collane per ragazzi. Le note editoriali sostengono, e noi non possiamo certo andarvi contro che Samantha ha collaborato anche ad altri libri Sellerio, e di questo possiamo essere contenti.

Entrambi laureati in chimica, Marco abbandona presto la carriera universitaria per dedicarsi alla scrittura ed ai fortunati (e da me amatissimi) libri del BarLume. Samantha rimane di più nella ricerca, ma credo che ora anche lei abbia rosee prospettive letterarie. La loro sinergia, in questo romanzo, è palese. Il personaggio centrale è tutto nella testa e nella penna di Samantha, mentre nell’intreccio giallo si nota bena la mano di Marco. Ma queste esegesi sono peregrine, per cui noi prendiamo la coppia insieme ed insieme andiamo a vedere cosa riescono ad imbastire, in un libro al solito di ambientazione toscana, anzi praticamente pisana.

Come dicevo, l’impianto generale è di pura derivazione della casa, che si presta molta attenzione alla caratterizzazione dei personaggi, e ad alcuni aspetti che sono molto italicamente usuali. La gestione dei bambini, in particolare, e della casa in generale. La scuola, dove, per mancanza di prossimità i pur laici coniugi Rossi – Martini si appoggiano alla Scuola Paritaria della Casa Missionaria del Grande Fiume, gestita dal clero ma con molti insegnanti laici.

La protagonista della vicenda è Serena Martini, molto modellata su Samantha. Ex-chimica licenziatasi per evidenti dissapori con la gestione femminile dell’azienda, ha un olfatto particolarmente sensibile, tanto da aver fatto anche una piccola carriera da sommelier. Ora è alla prese con la casa, con i due figli, Pietro e Martino, nonché con il marito, Virgilio Rossi, lui rimasto nella carriera universitaria, ma sempre con un’anima fricchettona dentro. Tanto che, occupandosi a livello di ricerca di videogiochi, spesso ha la testa altrove. Non chiude mai la porta di casa, difficilmente si ricorda di avviare gli elettrodomestici, ed altre piccole “banalità” (che io da maschio capisco benissimo). Fortunatamente, ha anche l’intelligenza di conoscere i propri errori e di avere doti laterali di aiuto e conforto (umorismo e capacità culinarie in primis). Con alcune particolarità, sempre anche lui modellato, ma su Marco.

Il terzo personaggio, che ogni tanto irrompe sulla scena in prima persona, è il sovraintendente Ana Corinna Stelea, per tutti Corinna. Poliziotto della zona, incaricata delle indagini, ligia ai regolamenti, in perenne contrasto con il magistrato titolare dei procedimenti, ma anche capace di comprendere l’utilità delle doti di Serena, e di utilizzarle al meglio.

La storia è abbastanza esile, tuttavia, essendo quasi un pretesto per dipingere scena di casa e di provincia, descritte sempre con molta ironia. Serena trova il cadavere del professor Caroselli, docente di musica della scuola di cui sopra. Ucciso da un fucile a pallettoni, localmente molto usato per la caccia. Incidente di caccia, allora? Pare proprio di no, che, oltre a stranezze su luogo e posizione del corpo, l’olfatto di Serena sente sul luogo del delitto un odore di acido isovalerico. Odore che ritrova anche nel gabinetto della scuola durante un consiglio d’Istituto.

Viene quindi spontaneo approfondire la figura del Caroselli. Clavicembalista di valore, ma anche ecologista duro e puro, che rinuncia alla carriera musicale perché si rifiuta di usare mezzi di locomozione diversi dalla bicicletta. Ha un buon seguito nella scuola, soprattutto per Gabriele, il figlio del liutaio Cosimo, gran talento musicale emergente. Ma Caroselli è anche un rompiscatole di prima grandezza, che si fa coinvolgere nelle beghe del clero della scuola, laddove si accorge che donne di dubbia fama entrano nel convento annesso alla scuola.

I nostri autori così riescono a mettere molti sospetti sulla graticola delle ricerca di Corinna. Le stranezze di Caroselli, lo strano rapporto con il liutaio, le liti con la Madre Superiora, il continuo inimicarsi con il Padre Spirituale della scuola, la presenza di un bidello con evidenti ritardi mentali. Saranno le capacità olfattive e chimiche di Serena che, una volta ristretto il campo, troveranno il modo di capire chi, come e cosa ha portato all’omicidio del professore.

Ma come detto, la parte più gradevole è il contorno, la tipicizzazione dei personaggi, le sparate giustamente ecologiche di Serena, le sue ricette di cucina con applicazioni della chimica, di cui riporto in finale un esempio. Meno convincenti alcune sparate anticlericali, che ci possono stare ma forse a volte sono troppo forzate.

Comunque, una lettura gradevole, con ironia, garbo e che non stanca troppo. Forse sono indulgente che la famiglia Malvaldi a me sta simpatica, ma io sono un lettore non un critico.

Un ultima domanda, analoga a quella che ho fatto nella trama del libro di Gesuino Nemus “La teologia del cinghiale”. È un caso che Gesuino chiami una psicologa esattamente Samantha Bruzzone? Se qualcuno lo sa…

“Quando ho qualche problema a cui non riesco a venire a capo, preparo un dolce.” (271)

Perfetta Patatina Fritta della Mamma chimica.

Numero uno, lavare le patate e tagliarle a bastoncini, poi asciugarle bene. Mai lavarle quando sono già tagliate, leverebbe l’amido superficiale che è esattamente quello che diventa croccante nella patatina fritta.

Numero due, cuocere le patate a vapore per 15 minuti dopo averle pennellate con poca acqua in cui avete sciolto un cucchiaino di bicarbonato. Questo alza il pH della superficie e facilita lo scioglimento della pectina, la sostanza che tiene insieme le cellule delle patate. Così saranno ammorbidite e un po’ ruvide, in pratica aumenta la superficie disponibile a diventare croccante. Nel frattempo, accendete il forno.

Numero tre, dividete le patate in porzioni.

Numero quattro, nel frattempo portate l’olio d’arachidi a 175°. È importante che l’olio resti caldo, è per quello che si dividono le patate in piccoli mucchietti, se ce le mettete tutte insieme l’olio si raffredda.

Numero cinque, friggete le patate a 175° per tre minuti tre e quando dico tre minuti intendo centottanta secondi.

Numero sei, nei tre minuti tra una frittura e l’altra prendete le patate appena scolate dall’olio, appoggiatele su un piatto con carta cucina e mettetele immediatamente nel forno a 180°. Se le lasciate scolare mentre raffreddano, il vapore acqueo presente nelle cavità delle patate improvvisamente condensa ad acqua liquida e crea il vuoto, nel quale l’olio superficiale viene risucchiato. Invece, con la procedura appena descritta, scolando e asciugando le patatine calde, la maggior parte dell’olio superficiale viene via.

Davide Longo “Il caso Bramard” Einaudi 14 (in realtà, scontato a 13,30 euro)

[A: 19/03/2021 – I: 01/02/2023 – T: 02/02/2023] &&& 

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 273; anno: 2014]

Un po’ di tempo fa c’è stato un buon battage pubblicitario su Longo e la sua serie di gialli, tanto che Einaudi lo ha ripubblicato dopo un’uscita in sordina avvenuta con Feltrinelli nel 2014. Tutto perché, come si può evincere dalla fascetta, il buon Baricco si è messo di punta per sponsorizzarle. Cosa che mi ha messo la pulce nell’orecchio, pulce che sono riuscito a togliermi dopo aver scoperto che Davide Longo è anche un docente della Scuola Holden.

Comunque, essendo io curioso come un cervo, ho comprato la trilogia, ed ora ne ho letto la prima puntata. Dove inizio con un secondo lamento: certo, nelle pagine compare con una solida presenza il commissario Vincenzo Arcadipane, ma non certo in veste di solutore dei problemi del protagonista. Aiuto certo, sostegno anche, ma l’ex-commissario ci mette molto del suo (ed anche della simpatica pseudo-Salander che lo accompagna).

La serie si sviluppa intorno a Corso Bramard, ex-commissario della Omicidi di Torino, che, seguendo un caso di serial killer sviluppatosi lungo una serie di anni (almeno cinque o forse sei), incappa nel killer che gli uccide la moglie e forse la figlia (di questa non si sa più nulla e non si trova il copro). Distrutto Corso si ritira sui monti limitrofi, e fa altro (tipo insegnare, salire sui monti senza protezione, intavolare, forse, una storia con la rumena Elena, parlare a lungo anche senza parole, con l’amico Cesare). Altro che ora, quando incominciamo a leggere, sono passati venti anni dai fatti.

Ma non sono passati invano, cioè il killer è sempre lì, con una sua astuzia strana, che fa recapitare periodicamente lettere a Corso, con brani di una canzone di Leonard Cohen. Perché in quest’ultima c’è un capello come se il killer fosse distratto? O forse ha fatto apposta per scatenare una nuova caccia, un nuovo divertimento?

Fatto sta che Corso coinvolge il commissario che ha preso il suo posto a Torino, il buon Arcadipane, tutto fuori dalle righe salutiste, al contrario di Corso. Che Bramard non fuma, beve poco, cammina molto e Vincenzo è su di peso e accende una sigarette dopo l’altra. Ma sono una bella accoppiata da indagine, anche se, come detto, Corso è l’anima pensante mentre Vincenzo è l’anima agente.

Comunque, il capello mette in moto tutta una serie di micro-avvenimenti che ci fanno fare piccoli passi avanti. Intanto, il capello rimanda alla prima vittima del killer, l’unica che non è stata uccisa, ma che è rimasta talmente colpito da andare fuori di testa. Donatella è ora ricoverata in un ospedale para-psichiatrico, mentre la famiglia è andata in pezzi: mamma suicida dal balcone, fratello morto in un incidente automobilistico in Grecia, padre morto di malattia.

Ma Corso non demorde: Donatella sembra essere visitata periodicamente da qualcuno che rimanda al possibile killer. E perché il killer dovrebbe visitare la sua prima vittima? In concomitanza (roba di targhe) si scopre la presenza di tal antiquario nelle vicinanze e nei tempi concordi delle visite. Antiquario specializzato in cose orientali e soprattutto giapponesi. Antiquario che era anche amico della famiglia di Donatella.

Affiancato, per ordine di Arcadipane, dall’agente Isa, maga del computer, Corso risale le fila delle varie frequentazioni, aiutato, almeno nell’idea, da tal madame Gina che gli parla di una casa di appuntamenti mutuata da “La casa delle belle addormentate” del premio Nobel Yasunari Kawabata. Poiché il testo è molto noto non mi addentro nelle possibili sinergie tra questo e gli avvenimenti, rimandando solo al pensiero, già più volte sviluppato durante le indagini di Corso, di un collegamento forte con il Giappone.

Fatto sta che collegando il libro, dei fiori di una camelia giapponese nel giardino del suicidio della madre di Donatella nonché una composizione di petali di fiori riprodotta sulla schiena delle vittime, Corso, aiutato dalle ricerche di Isa, riesce a ricongiungere i tasselli del problema, arrivando ad un finale dove il killer già sappiamo chi sia e chi possa essere e perché sta facendo quello che sta facendo, scoprendo anche rivoli imprevisti questi sì sorprendenti ed intriganti.

Alla fine, il romanzo risulta abbastanza gradevole, lasciandoci tuttavia alcune perplessità. La prima relativa a termine per me ignoti, come le caramelle sucai (di cui Corso è ghiotto) e che non conoscevo. Sono caramelle morbide senza gomma animale al gusto liquirizia. La seconda è relativa a tutte le vicende legate a tal Mancinelli che compare a tratti nella narrazione e che sembra messo un po’ senza troppo filo nel corso della trama. Infine, la soluzione del giallo avviene un po’ troppo frettolosamente, quasi si fossero saltati passaggi. Si cerca una macchina con targa svizzera e la pagina dopo Corso incontra il killer. C’è veramente una parte mancante o l’idea dell’autore è di saltare passaggi, lasciando noi a costruire i pezzi saltati?

Idea che rimane anche in altre parti. Il rapporto tra Corso e il cugino, ad esempio, o tra Corso ed Elena, o la provenienza dell’agente Isa Mancini, di cui si dice essere figlia di tal agente Mancini, come se noi si dovesse sapere chi è e cosa ha fatto il tizio.

Per ora un giudizio positivo, sperando le altre letture della trilogia illuminino meglio le vicende.

Marco Malvaldi “Oscura e celeste” Giunti s.p. (Regalo di Paola&Ferdinando)

[A: 07/05/2023 – I: 08/05/2023 – T: 09/05/2023] &&& +  

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 348; anno: 2023]

Un gradito regalo compleannico, che va a rendere sempre più completa la mia collezione dell’opera omnia del simpatico pisano. Certo, non è il Malvaldi del BarLume, non è l’autore dei gialli della squadra Sellerio, ma è, in ogni caso, un libro interessante, poliedrico, di difficile collazione, veramente, anche se, alla fine, direi che lo colloco onorificamente tra i gialli d’autore.

In effetti, nella produzione di Malvaldi si incontrano sovente personaggi “storici” che vengono immessi in situazione “di indagine poliziesca”, anche se con alcune notabili particolarità. Da un lato, abbiamo i Pellegrino Artusi, dove l’indagine ha un suo peso, e ne vediamo l’uscita per i tipi di Sellerio. Dall’altra, i Leonardo, o come qui, i Galilei, dove c’è anche una forte componente scientifica e divulgativa, e non a caso, vengono pubblicati da Giunti.

Siccome il Leonardo non l’ho ancora letto, debbo comunque restringere il campo a questo scritto focalizzato su di un anno specifico della vita di Galileo Galilei, il 1631. Malvaldi ha così modo di intervenire e divulgare sia alcune particolari scoperte ed intuizioni del grande toscano, sia farci toccare con mano l’insipienza di un certo tipo di potere, in massima parte di derivazione cattolica. Tuttavia, non potendo esimersi da porre anche un piccolo rompicapo all’interno della narrazione, il tutto è condito anche da una vicenda “noir” che dobbiamo risolvere, insieme all’autore ed a Galileo.

Un rompicapo che Malvaldi, con la sua nota capacità di mescolare Storia e storia, intreccia nelle godibili pagine del testo. Da una parte c’è il mistero, fittizio, della morte di Suor Agnese, suora di clausura nel convento di San Matteo, laddove sono rinchiuse anche le figlie di Galileo. Dall’altra, la Storia, tutta la vicenda legata alla pubblicazione del capolavoro di Galileo, il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, intrecciata a dotte ma comprensibili escursioni nel mondo delle invenzioni e del pensiero galileiano.

Galileo è anziano, per l’epoca (67 anni), ha bisogno di aiuto nello scrivere, sorretto dalla figlia Suor Maria Celeste, ed aiutato (fittiziamente) dalle revisioni di Suor Agnese. La quale, esperta di scienze, si ingegna all’invenzione di apparecchi meccanici atti sperimentalmente a sorreggere le tesi del maestro. Per questo viene inopinatamente uccisa, scatenando la ricerca del colpevole all’interno di una non facile indagine data la peculiarità del convento. Un’indagine, che non approfondisco, ma che Galileo, attraverso ragionamenti logici, porta alla felice conclusione. Un solo esempio, Galileo dimostra l’impossibilità del suicidio attraverso lo studio della caduta dei corpi, una trentina di anni prima degli studi di Newton sulla gravitazione universale.

Ben più interessante è la ricostruzione storica della genesi del “Dialogo”. Galileo ne ottiene l’imprimatur papale prima di averlo pubblicato, e, stante la situazione del dilagare della peste in Italia in quegli anni, si procura i mezzi per pubblicarlo a Firenze invece che a Roma. Tuttavia, la congrega gesuitica a guardia della “vera fede” farà in modo di incriminarlo per aver propagato dottrine contrarie alla teoria tolemaica del geocentrismo. Impagabile la diatriba sul passo della Bibbia nel Libro di Giosuè (“fermati o sole …” [10:12;13]). I gesuiti imputavano a Galileo un‘eresia perché, se fosse stata vera la teoria eliocentrica, le dimostrazioni di Galileo avrebbero negato la Bibbia. Partendo da questo cavillo, viene istituito il famoso processo, la forza abiura dello scienziato, nonché il suo esilio nella cittadina di Arcetri sino alla morte.

Ora noi, e Malvaldi, sappiamo che Galileo era nel giusto, ma è godibile tutta la costruzione dello scrittore intorno alla polemica, alla sua nascita, alla presenza di spie che cercano di sottrarre i manoscritti a Galileo, alle riunione della commissione esaminatrice. Insomma, a tutto quanto di risibile sorse intorno allo scritto. Devo per completezza chiosare con due elementi di grande rilevanza. La Chiesa ha riabilitato Galileo dalla condanna solo nel 1992, sotto la spinta di papa Giovanni Paolo II. Inoltre, attenti lettori della Bibbia in aramaico, nonché fini scienziati, hanno ritradotto il testo come “sole cessa di splendere”, frase che sarebbe in accordo con il fatto che il 30 ottobre 1207 a.C., epoca della battaglia di Canaan, nei luoghi della battaglia, si verificò un’eclissi solare, motivo che porta di conseguenza alla cessazione della luminosità solare.

Non voglio entrare in ulteriori particolari scientifici, lasciandovi l’amenità di leggerne. Vorrei solo sottolineare come Galileo, togliendomi le parole di bocca, afferma che “la natura è scritta in caratteri matematici”. Caratteri che vanno letti, intrepretati, e che danno una visione omogenea alle leggi universali. Il tutto senza che venga messo in discussione né la Bibbia né i credi religiosi, che i misteri di fede sono ben altri che il moto dei pianeti e delle stelle.

Malvaldi, da buon toscano e da esimio divulgatore, ci fa calare nel mondo di Galileo, dei Medici e del papato, con una fedele ambientazione ed una plausibile ricostruzione. Come dice lui stesso, tuttavia, è un romanzo non un trattato di storia, e quindi gli permettiamo piccole invenzioni, ma soprattutto gli concediamo quella libertà di battuta che rendono ancora più godibile il testo.

In conclusone, certo, io rimango fedele a Massimo ed al BarLume, ma continuerò, come spero farete anche voi, a leggere del nostro (magari ancora in altre prove con Samantha).

Antonio Manzini “ELP” Sellerio euro 17 (in realtà, scontato a 16,15 euro)

[A: 07/06/2023 – I: 26/07/2023 – T: 28/07/2023] &&& e ½  

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 533; anno: 2023]

ROCCO12

In attesa che in autunno esca un nuovo libro di Malvaldi e dei suo BarLume (versante noir-ironico), ecco che esce un nuovo episodio di Rocco Schiavone, di cui ringraziamo sempre la lucida padronanza di Antonio Manzini che, nonostante alcuni intoppi, continua a sfornare avventure del nostro simpatico amico commissario (anzi vicequestore) in trasferta permanente in quel di Aosta.

Come ormai tradizione nei gialli seriali, il filone narrativo continua a svilupparsi sui due piani di svolgimento intrecciati ma in molti casi solo paralleli. Rimane sempre, ed a volte si fa più vivo, il filone privato. Si trova, ma non sempre con la necessaria profondità di sviluppo, una trama noir che faccia da filo conduttore. Quando poi, come in questo caso, alcuni passaggi suggeriscono che le due scelte si invertono.

Abbiamo così i personaggi ormai consueti, che continuano la loro vita, e che affrontano nuovi momenti del loro percorso. Italo, quello che si era ormai dedicato al poker ed alle truffe, è stato “bevuto”, come dice Rocco, ed ora è al gabbio (carcere mandamentale cioè), in attesa di processo e giudizio conseguente. Un’assenza che non ci pesa che il personaggio aveva fatto il suo tempo.

A fare da secondo a Rocco, avanza quindi prepotentemente Antonio, che qui viene messo alla prova da Rocco. Antonio ha bisogno di soldi per aiutare il fratello. Rocco gli propone alcune soluzioni, sempre al di fuori della legge. Magari aiutato dai suoi sodali romani. Antonio dovrà fare una scelta ed un percorso: andare una volta fuori dai ranghi potrebbe essere consentito, ma per cause eccezionali. Se si prova il gusto dell’adrenalina, si farà la fine di Italo. Staremo allora attenti alle scelte di Antonio.

Due sottoposti procedono i loro percorsi ormai rodati: Casella è ben avviato nella sua storia con Eugenia, pensieroso solo dei possibili comportamenti antagonisti del di lei figlio Carlo; Deruta è al sicuro con il suo fidanzato-panettiere, con il solo obbligo di rifornire la Questura di paste fresche ogni mattina. Riflettendo a posteriori, nelle puntate precedenti, ogni sottoposto di Rocco, prendeva per un po’ la luce dei riflettori, portando a compimento il suo percorso.

Qui è il caso di D’Intino, quello imbranato che aveva ferito accidentalmente Rocco. Riprende i contatti con una sua vecchia fiamma di paese, spera di poter riallacciare un rapporto ora che la belloccia è vedova. Solo che lei si presenta ad Aosta con madre e nove valige. D’Intino prova a ribellarsi, trova poco solidarietà, ma alla fine avrà modo di capire quale sia la sua strada, e la seguire con tutta la brutalità del caso.

Rimane il rapporto di Rocco con le donne. C’è sempre Marina che compare nei sogni e nelle sue proiezioni, un blocco che Rocco non riesce (o non vuole superare). C’è Caterina, tornata ad Aosta, ormai chiaritasi con il nostro, e che sembra destinata a convolare con un collega, non senza aver prima un definitivo incontro con Rocco. E poi c’è Sandra, quella che potrebbe essere, ma che non riesce mai, che ogni volta Rocco, quando sta per, si ritrova (almeno mentalmente) Marina, e non fa il passo che deve fare. Che sa che, facendolo, potrebbe ritrovarsi in una storia che gli faccia chiudere i conti con il passato. Ma lui, lo vuole?

Rimane poco spazio per la trama nera, che in effetti è un di cui. Approfittando dell’ondata “alla Greta”, Manzini inserisce un fantomatico ELP, Esercito di Liberazione del Pianeta. Che si picca di fare azioni significative per sensibilizzare l’opinione pubblica. Come gli attivisti verdi. Però gli ELP non si incatenano alle opere d’arte, ma liberano animali destinati al macello ed altre azioni dimostrative e, fondamentalmente, innocue. Tuttavia, Manzini gioco sui ruoli istituzionali, mettendo dietro le scene tutta una serie di forze dell’ordine, di diverso grado, che cercano di venire a capo di questi episodi.

Ovviamente, qualcuno poi ne approfitta, ed usando impropriamente la sigla, prima brucia un negozio di tassidermia, poi piazza una bomba in un plico inviandolo al titolare di una ditta che potrebbe inquinare, ma che ha tutti i documenti in regola per non farlo. Nel marasma generale, solo Rocco persegue la strada di un episodio “privato”, magari scatenato dalla moglie divorziata del morto, o dal primo figlio che non accettò il divorzio, o del secondo figlio sempre in debito di soldi o della seconda moglie, magari dedita ad altri amori ancillari, o del secondo in ditta, magari alla ricerca di una scalata professionale e personale.

Nelle more di tutti gli avvenimenti, Rocco sarà il solo a trovare il bandolo dell’intricata matassa, risolvendo il giallo, e facendoci capire che, prima o poi, ci sarà una nuova puntata.

La scrittura di Manzini continua a mantenersi su buoni livelli, mentre la trama gialla è un po’ zoppicante, anche se gli attacchi ai distruttori ambientali sono giusti, ben fatti e ben motivati. Rimane anche quell’attaccamento alla moglie morta, di cui non si capisce il motivo di riuscirne, come sarebbe il caso visto che sono passati quindici anni, ad elaborarne il lutto. Ed uscirne.

Questa volta, visto che abbiamo un Marco Malvaldi che pervade tutto lo scritto, mi permetto di segnalare due sue citazioni tratta da “Il gioco delle tre carte”. Una riguarda i comportamenti umani in generale: “Uno degli aspetti più fastidiosi dell’essere umano è la ridicola convinzione che non siamo responsabili delle conseguenze delle nostre azioni, come testimonia l’infantile disinvoltura con cui troppo spesso attribuiamo alla volontà del Fato il disastroso esito delle nostre cazzate” (87).

La seconda, pur avendo una valenza per il me matematico, la prendo ad emblema di una riflessione che tutti abbiamo (dovremmo aver) fatto nella vita: “La dote fondamentale per fare il matematico è l’umiltà. L’umiltà di riconoscere quando non hai capito una cosa, e di non tentare di prenderti in giro. Se non hai capito una cosa, o non ne sei convinto, non puoi prenderla per buona. Se fai così, ti farai solo del male. Devi essere assolutamente sincero con te stesso. Bene, io per quanto riguardava la matematica ho sempre tentato di essere sincero con me stesso. E la conclusione che ho raggiunto non poteva che essere la seguente: non ero abbastanza bravo. Non ero adeguato per quel lavoro. Era al di là delle mie forze. Se avessi continuato, avrei perso del tempo e mi sarei preso in giro da solo” (169).

Confesso che erano anni che non avevo un agosto così ricaricante. Certo, non tutto è oro, ci sono tante cose che potrebbero essere migliorate, ma chi siamo noi per continuare a lamentarci, in vista di una ripresa autunnale che ci aspetta intensa? Quindi, bando ai lamenti e via con un abbraccio.

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