Dopo di questi, mancheranno solo due libri
per avere la collezione completa delle avventure dell’ispettore E. Morse, ed
allora ne troneremo a parlare. Rilevo solo che la media di queste letture si
attesta su tre libri e mezzo, che è un punteggio decisamente alto.
Colin
Dexter “Il segreto della camera 3” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a
13,30 euro)
[A: 15/02/2022 – I: 23/01/2023 – T: 25/01/2023]
- &&&&
[tit. or.: The secret of annexe 3; ling. or.: inglese; pagine: 332; anno 1986]
Prima di quello della camera, il mistero è la
data del libro. Ora, generalmente, gli editori nelle prime pagine di un testo
riportano i necessari riferimenti ai diritti d’autore, agli anni di
pubblicazione, ai traduttori, insomma a tutte quelle notizie che noi amanti dei
libri riteniamo nella nostra memoria per collocare il libro in una giusta luce,
anche storica. Nonostante Sellerio sia solitamente corretta in ciò, il mistero
è che indica come anno di pubblicazione il 1983, mentre tutti i testi
consultati riportano per questo testo il 1986. Io, come dice la grande libreria
online “Open Library” mi attesto su “first published in 1986”.
Fatta questa premessa possiamo tornare con
soddisfazione alla lettura degli scritti di Colin Dexter, che, ricordiamo, non
fu un autore prolifico, ma che nei tredici romanzi aventi con protagonista
l’ispettore E. Morse, mostra una grande capacità di mettere in moto i nostri
neuroni. C’è sempre un fascino negli scritti di Dexter, che descrivono,
propongono, mettono in moto i personaggi, a volte fanno dei piccoli giri
apparentemente di altre parti, per poi convergere verso un finale in cui i
nodi, se non già scoperti, sono tutti portati alla luce.
La bellezza della scrittura, più che della
trama che comunque è sempre intrigante, è che, da buon enigmista, bisogna
seguire le sue parole. Se saltiamo dei passaggi ci troviamo a non capire
l’evolversi del “dramma” che stiamo seguendo, non capendo (a volte) come Morse
arrivi alle sue conclusioni. Dexter ci dà tutti gli elementi per competere con
Morse, ed anche questa volta, io e l’ispettore siamo arrivati molto vicini. Ovvio,
che alla fine Morse abbia vinto, ma di poche pagine.
La trama, inoltre, prevede qualche filone da
decifrare anche se da corredo al filone principale, che, per brevità e per
gusto, neanche menziono. Il filone principale vede all’opera tre personaggi: i
coniugi Margaret e Tom e l’amante di lei. Dopo un periodo in cui Margaret e
l’amante perseguono la loro tresca, si arriva ad un punto di svolta quando Tom
ne scopre le tracce. Ed è Tom che propone a Margaret, che sembra indecisa tra i
due, una soluzione drastica. Trovare il modo di eliminare l’amante.
Vediamo quindi svolgersi una festa di
Capodanno, dove si presentano, travestiti come richiesto dall’invito, Margaret
ed un uomo. Margaret vestita da odalisca e l’uomo da rasta. Non sembrano
divertirsi, mangiano poco, solo alla fine c’è un momento diverso, che l’uomo
vince il primo premio come miglior travestimento. Poi tutti a nanna. Ovvio,
che, come dal titolo, i due sono alloggiati nella camera numero 3. Tardi, il
primo dell’anno, dopo che molti ospiti sono andati via, si scopre un morto in
quella camera. E già si capisce, non svelo gran che, il morto essere Tom e non
l’amante.
Forse il piano di Tom è andato a monte, e
l’amante da uccidere ha invece ucciso? Forse Margaret ha cambiato idea ed ha
inscenato una controstoria per liberarsi del marito? Oppure altro ancora che
non vi sto dicendo, così avete un dubbio in più?
Fatto sta che, basandosi sui pochi indizi
presenti, e su piccole scoperte, che a volte sfuggono ad un non attento
lettore, Morse deve risalire la china. Intanto deve scoprire chi siano le
persone della camera 3, visto che hanno dato nomi e indirizzi falsi. Poi, una
volta scoperti, deve trovarli, capire chi sia l’amante, come si è sviluppata la
storia d’amore. E soprattutto, se Margaret è stata parte attiva o passiva della
vicenda.
Un bel mistero (teniamo conto che siamo negli
anni ’80 e non ci sono e-mail con indirizzi fasulli che possono far luce
sull’andamento) è lo scambio di missive tra l’hotel e la coppia che ha
prenotato. Scambio che avviene per lettera, con un indirizzo di poco differente
dal reale, ma differente. E poi ci sono lettere, libri, cartoline, ognuno con
un piccolo tassello di verità e di novità.
Morse a volte sembra distratto, a volte
prende anche lui cantonate, spesso ribaltandone la colpa sul suo assistente,
l’ispettore Lewis. Ma il più delle volte, intorno ad un boccale di birra (ah,
piccole reminiscenze di Maigret), imbrocca la strada giusta.
E sempre come Maigret, non è detto che la
giustizia trionfi sempre e su tutti i fronti. Ma questo è un discorso diverso,
che magari affronteremo altrove. Anche se mi piacerebbe continuare con altri
esempi dell’acume di Dexter, ma continuo a dirvi soltanto di leggerne. Per il
mio gusto, pur scoperto in età avanzata (mia) e dopo la morte di Dexter, è
sempre una lettura stimolante.
Un ultimo appunto, invece, merita il
traduttore. O meglio un disappunto (mio, che sono fissato). A pagina 307 viene
menzionato, per motivi altri, Steve Davis che viene indicato come campione di
biliardo. Seppur si tratta sempre di panno verde, Steve Davis è stato un grande
campione di snooker, vincendo, tra il 1980 ed il 2010, 28 competizione indicate
come le maggiori dello sport, tra cui ben sei titoli mondiali. Nel ranking
mondiale di tutti i tempi è secondo dietro al mio mito, il campione indiscusso,
che di competizioni ne ha vinte 39 tra cui 7 titoli mondiali (dal 1992 ad oggi,
dove, a 47 anni, è ancora il numero 1 del ranking). Va bene, avete capito, a me
lo snooker, piace!
Colin
Dexter “La fanciulla è morta” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 13,30
euro)
[A: 23/02/2022 – I: 02/02/2023 – T: 04/02/2023]
- &&&
[tit. or.: The Wench is Dead; ling. or.: inglese; pagine: 268; anno 1989]
Continuiamo nelle letture delle purtroppo
poche pagine scritte da Colin Dexter sulle avventure del suo commissario Morse.
Rispetto ai libri già letti questo prende un po’ meno dal punto di vista
narrativa e di azione, essendo praticamente un esercizio tutto intellettuale
dell’autore.
Non c’è, in verità, una vera e propria trama
gialla, anche se assistiamo ad un’inchiesta svolta con (quasi) tutti i crismi.
Ma è un’inchiesta tutta libresca, anche se l’autore la sviluppa in modo
affascinante. L’avvio, l’idea di Dexter è stata quella di tributare una serie
di omaggi a libri, autori e personaggi che devono averlo intrigato. Infatti,
l’impianto generale è un omaggio alla scrittrice Josephine Tey (pseudonimo di Elizabeth
MacKintosh) che scrisse sei romanzi con protagonista l’ispettore Alan Grant.
Nel quinto (intitolato “La figlia del tempo”) Grant è in ospedale con una gamba
rotta, e per svagarsi indaga sulla figura di Riccardo III, svolgendo una vera e
propria indagine.
Abbiamo quindi anche qui, il nostro
commissario Morse che, per problemi intestinali dovuti ad eccessi alcolici, è
costretto in un letto d’ospedale. Per non annoiarsi, e per diversificarsi dalla
Tey, Morse si ingolfa nella lettura di un libretto auto pubblicato da un
generale da poco morto, e relativo alla morte di tal Joanna Franks ed al
processo dei suoi presunti assassini. Qui, il riferimento è più esplicito, che
la vicenda di Joanna si rifà ad un testo di John Godwin intitolato “The Murder
of Christina Collins: The Story of the Bloody Steps Murder of 1839 on the Trent
& Mersey Canal”, dovutamente omaggiato in ex ergo.
Morse nel suo “letto di dolore”, pur accudito
da due simpatiche infermiere, blandito di omaggi dal suo fido secondo,
l’ispettore Lewis, e coccolato dalle attenzioni di una signorina che viene a
visitare il padre, ma che soprattutto lavora in una biblioteca, legge
avidamente la storia di Joanna. Una storia che Dexter ripropone, creando una
sorta di libro nel libro. In particolare, mettendo il lettore su di un piano
simile a Morse. Noi e lui ne leggiamo. Ma solo Morse viene preso da dubbi, e
cerca di approfondire la vicenda.
La storia è piuttosto semplice. Una donna, al
suo secondo matrimonio, vivendo in quel di Oxford, decide di raggiungere il
marito a Londra, effettuando il viaggio in barca sui canali navigabili. Si sa
che i barcaioli son dediti all’alcool, e sulle brache, con una sola donna,
possono facilmente cedere alle tentazioni. Fatto sta che Joanna, dopo un inizio
sereno, comincia a manifestare preoccupazioni nelle varie stazioni di sosta.
Per poi sparire, fino a che ne viene ritrovato il corpo, di sicuro uccisa, e
viene riconosciuta dal marito. I barcaioli sono allora incriminati, e dopo due
processi, due di loro vengono riconosciuto colpevoli e giustiziati.
Morse, da alcuni accenni del testo, che a me
erano sinceramente sfuggiti, si fa venire dei dubbi. Coinvolge allora Lewis ad
un’indagine negli archivi della polizia e l’amica bibliotecaria ad una ricerca
nelle more dei libri dell’epoca. Che, mi ero dimenticato di accennare, il
delitto risulta avvenuto nel 1859. In pratica assistiamo non ad un cold case,
ma ad un “ice case”.
Costruendo un castello sulla base di annuari
delle ferrovie, libri mastri di navigli naviganti sui canali, estratti
enciclopedici sull’andamento della popolazione, ed altri piccoli tasselli,
arriva a ricostruire tutta una sua interpretazione della vicenda. Di certo
congruente con gli indizi in suo possesso, ma senza alcuna prova tangibile.
Prova che tuttavia trova su di un vecchio muro in via di abbattimento,
confrontando le misurazioni lì riportate con i dettagli scritti nei referti
della polizia del tempo. Una conclusione non solo ragionevole, ma decisamente
sorprendente.
Tuttavia, non è un caso che appassiona, anche
se Dexter svolazza qua e là riportando le solite manie di Morse: il buon bere,
il piacevole mangiare, nonché un occhio sempre pronto verso le bellezze
muliebri, che il cinquantenne commissario, anche se un po’ su di peso, è sempre
un uomo con del fascino. E non sorprende anche qui acchiappi qualcosa. Per
questo, alla fine, la scrittura di Dexter porta il libro ad una sufficienza
piena, anche se non raggiunge i piacevoli gradimenti dei libri precedenti.
Per la solita puntigliosità che mi
contraddistingue, rilevo un difficile momento di traduzione, nonché un
trasversale indizio. Allora, il titolo, visto che Dexter è di sicuro colto e
letterato, viene da un passo tratto dal dramma di Christopher Marlowe “L’ebreo
di Malta”. Il protagonista, un ebreo di nome Barabba (nome su cui torniamo più
avanti) è abbastanza empio e debosciato. Ad un certo punto, accusato di aver fornicato,
lui ammette e conclude “e poi, la fanciulla è morta”. Che di certo capite come
riferimento al titolo. Ma in inglese, l’originale riporta “wench” che, oltre
che per signorina, sta ad indicare una donna dedita alla mercificazione del
proprio corpo. Comunque, ed è ovvio, non si poteva intitolare il libro “la
prostituta è morta”, sia perché non lo era Joanna, sia perché avrebbe sviato
l’attenzione del lettore verso un dettaglio non pertinente.
Finisco infine con l’accenno a Barabba, non
tanto per il testo di Marlowe, quanto per l’uso storico che ne viene fatto. In
realtà, è un nome molto comune, nella quasi totalità dei casi preceduto da un
nome proprio. Infatti, in aramaico (che poi passerà nell’arabo storico) si usa
scriverlo come Bar Abba, cioè bar (figlio) di abba (del padre). Qui si potrebbe
innescare tutto un filone di ragionamenti interessanti, che sono tuttavia stati
ampiamenti esperiti nel libro di Benedetto XVI “Gesù di Nazareth”.
Io ritorno con umiltà al mio bravo scrittore
inglese ed alle sue vicende oxfordiane.
Colin
Dexter “Il gioiello che era nostro” Sellerio euro 14
[A: 11/03/2022 – I: 10/02/2023 – T: 12/02/2023]
- &&& e ½
[tit. or.: The Jewel that was ours; ling. or.: inglese; pagine: 381; anno 1991]
Eccoci al nono episodio delle avventure (o
meglio delle indagini) dell’ispettore capo E. Morse. Dove continuo a seguire
l’interessante scrittura di Dexter, sempre attento agli indizi, alle
possibilità, all’incrocio degli avvenimenti. Sempre, inoltre, con un tocco di
descrizioni altre, che ci portano paesaggi urbani di Oxford e dintorni, non
mancando altresì la caratterizzazione dei personaggi che si muovono lungo il
romanzo. Ed un pizzico di enigmistica su cui torneremo.
Non è tornato ai livelli dei primi episodi,
ma sicuramente migliora rispetto al precedente, il cui interesse, ricordo, era
molto più cerebrale e letterario che legato alla storia in sé.
Qui, il plot è invece ben delineato. C’è una
comitiva di turisti americani in visita alla vecchia Inghilterra, con un
elemento centrale. una coppia ha promesso di riportare ad Oxford un prezioso
gioiello: un puntale intarsiato che si incastra perfettamente con una antica
fibbia conservata in un museo di Oxford.
Dexter, in ogni caso, prende l’avvio da
lontano. Comincia a descriverci il responsabile del museo, Theodore Kemp,
impenitente donnaiolo, sia insieme alla sua amente Sheila (addicted sia di
uomini che di alcol), sia nelle problematiche familiari. Due anni prima,
ubriaco, è uscito di strada, ha investito una donna uccidendola, e la moglie,
al suo fianco, è rimasta paralizzata dalla vita in giù. Lui niente, continuando
la sua vita di prima. Con le continue schermaglie con il collega Cedric,
ipoudente, non disdegnando di fare la corte alla di lui moglie. Un bel
caratterino, invero, e comunque al centro delle attenzioni che sarà lui a
ricevere il Puntale, che, da storico, sono anni che insegue.
Poi c’è la coppia del puntale, lei, Laura, la
ricca, anziana e sempre urlante malata di piedi ed il marito Eric,
ex-tanatoprattore (bravura di Colin relativa a chi esegue trattamenti alle
salme prima delle esequie) e discretamente succube. C’è Janet l’anziana
rompiscatole so tutto io con una borsa alla Mary Poppins. C’è il pavido Philip,
un po’ sottomesso alla di cui prima quasi a farne involontariamente il cavalier
servente. E c’è il responsabile del tour, John Ashenden, che seguiamo in una
vicenda che nulla centra con il romanzo, se non per alcuni squarci sui cimiteri
oxfordiani. A parte il rimando letterario che se ne può trarre ricordando che
l’impavido agente segreto di Somerset Maugham proprio Ashenden si chiamava (e
rimando alla relativa trama per chi ne volesse approfondire i tratti
significativi).
Il mistero nasce dal furto della borsetta
della signora Laura contente il famoso puntale, dalla seguente morte della
stessa, ma per infarto, nonché della morte invece provocata al donnaiolo Kemp.
Da qui in poi entra in opera il nostro Morse. Con la solita sequenza di
interrogatori, di deduzioni (all’inizio sempre coerenti ma sbagliate), di lettura
di deposizioni o di giornali o di rapporti investigativi. Quello che colpisce è
il fatto che riesca a trovare sempre errori di ortografia e passaggi capziosi
che a noi sfuggono e che a lui portano avanti nelle deduzioni.
Ad esempio, in un testo scritto da un
possibile indagato Morse dice di aver rilevato 4 errori. Io, letto due volte,
ne ho trovato uno (un “cera” che avrebbe dovuto essere “c’era”).
Il problema maggiore è collegare il furto del
puntale alla morte di Kemp, cosa che sembra in prima istanza improbabile. Ma
Morse (ed il suo fido Lewis) sono poliziotti di buone risorse, ed anche se
rischiano di andare un paio di volte fuori strada, alla fine il rompicapo
comincia a ricomporsi. La capacità di Dexter sta nel non perdersi alcun
dettaglio. C’è un sospetto che prende il treno? Ecco che parte una ricerca
sugli orari, le coincidenze, gli scioperi, le locomotive. Insomma, un lavoro
investigativo coi fiocchi. Se tu non stai attento ti perdi, oppure decidi che
Dexter è più in gamba di te, e lasci che Morse lavori.
Ovvio anche che ci sia una profusione di
bevute (che Morse senza pub sarebbe inutile), alcuni tentativi di approcci
para-sessuali (che in fondo Morse non è di legno), ma soprattutto un rigirare
tra possibili colpevoli, per arrivare al fine alla giusta ricostruzione di
tutti i fatti.
Dexter mi soddisfa proprio per questo suo non
lasciar cadere nulla, e per dare risposta a tutte le domande che vengono in
mente a noi poveri lettori. C’è un passaggio, in particolare, che illustra il
modo di pensare dell’enigmista Dexter. Parlando di cruciverba (di cui è un
accanito risolutore), Morse ne ricorda uno in cui ogni definizione poteva
essere risolta con due diverse parole. Con un’abilità tale che tutti si
incastravano rendendo (quasi) possibile una soluzione alternativa. Solo ad un
certo punto, una soluzione, per una lettera, andava in fuori gioco, rimettendo
il solutore al piede di partenza per ricominciare da capo. Così nelle indagini
di Morse descritte da Dexter: spesso i dettagli vanno al loro posto, meno uno
che costringe Morse a ripensare tutto da capo. Un gioco enigmistico che avrebbe
reso felice il mio compianto amico Peres.
Il risultato finale, comunque, se come detto
migliora, ancora non torna ai massimi livelli, che una delle pagliuzze risolutive
non può essere dedotta se non accedendo ad informazioni che noi lettori non
potremmo mai avere. L’abilità dello scrittore è nel farci comunque arrivare
alla soluzione (che avevo pensato, anche se non ne capivo gli incastri) per
poi, svelando quella pagliuzza, farci contenti del castello ben ricostruito.
“Ho sentito dire che gli
ultrasessantacinquenni possono avere una vita sessuale molto intensa.” (227)
[no comment]
Colin
Dexter “La strada nel bosco” Sellerio euro 15 (in realtà, scontato a 14,25 euro)
[A: 02/03/2022 – I: 20/02/2023 – T: 22/02/2023]
- &&& e ½
[tit. or.: The Way Through the Woods; ling. or.: inglese; pagine: 468; anno 1992]
Altro interessante caso che la penna di Colin
Dexter sciorina nelle sue pagine con al centro il sempre più enigmistico
ispettore Morse. L’intreccio non è al massimo delle potenzialità della serie,
certo non ai livelli delle prime uscite. Tuttavia, ha un bel piglio, un
discreto guazzabuglio di intrighi e possibilità, qualche punto oscuro e forse
rimasto tale, ed una sapiente miscela di narrazione e di misteriosità.
Per il secondo punto devo tuttavia confessare
che credo solo un buon cultore della lingua inglese riesce realmente ad
apprezzare i molti passaggi enigmistici dell’autore (o forse sarebbe più
corretto dire enigmatici). Il più tipico esempio è la poesia centrale per la
trama cui un enigmista di razza (un Peres inglese) avrebbe potuto comprendere che
nelle cinque strofe (giustamente citate in inglese) era presente l’anagramma di
una località cruciale per le indagini. Dexter è sufficientemente attento a
farci comprendere il messaggio, ma credo che lì, ed in altre parti, qualcosa
possa sfuggire a noi non-anglofoni.
È comunque un giallo che avvince anche (e
soprattutto) per questi contorni “non gialli”, per la capacità di Dexter di
portarci lontano da Londra (un bene), ed immergerci nell’andamento lento della
vita a Oxford e dintorni, con le sue piccole cittadine, le strade nel verde, di
certo i boschi, ed i pub dove si va a passare la vita, incidendo su dei tassi
alcolici che mettono pensiero. Li ho visti, gli inglesi e non solo, bere,
mangiucchiare, e poi bere, riuscendo ad introdurre nei loro corpi, ogni volta,
una quantità di liquidi che credo mi sia sufficiente per una vita.
Qui, se da una parte il mistero è ben
avviato, Dexter riesce a costruirci intorno tanti piccoli torrenti che solo la
sua capacità riesce alla fine a far defluire nel giusto alveo.
Morse, stranamente ed in maniera episodica, è
finalmente in ferie, a fare un tour per le campagne inglesi, sulle orme
letterarie di Jane Austen, per le scogliere del Dorset teatro de “La donna del
tenente francese”, seguendo i luoghi giovanili di Coleridge. Tanto per essere
poco colti!
Lì incappa in Claire, una intrigante signora,
anche brillante, che attira la sua attenzione (maschile) ma anche quella
poliziesca che nel giornale da lei in lettura, legge una poesia che sembrerebbe
riaprire uno strano caso rimasto in sospeso l’anno precedente.
Il caso di Karin Eriksson, giovane svedese,
misteriosamente scomparsa nei boschi intorno ad Oxford. Da qui comincia
l’epifania di Morse. Che segue il caso, leggendo e commentando le lettere ai
giornali che seguono la pubblicazione della poesia. Ma che è riluttante a
buttarsi sul caso stesso a capofitto. Da qui, comunque, inizia il caso della
Fanciulla Svedese.
Alla fine, sarà un caso ben complesso. Karin,
giovane e disinibita, a corto di soldi, si allontana da Londra, per recarsi
proprio ad Oxford, attratta dal miraggio di un servizio fotografico discinto e
ben remunerato. Incappando in una villa frequentata da voyeur, che, intreccio
dei casi, da un lato sono tutti personaggi che prima o poi compaiono sulla
scena nei dintorni del famigerato bosco di Wytham (quello anagrammato nella
poesia iniziale), dall’altro si intrecciano con altre storie.
Ad esempio, Claire è l’amante di tal
Hardinge, che risulta essere uno dei frequentatori della casa. Come lo è il
guardaboschi che, casualmente o meno, fa scoprire un corpo nel suddetto bosco,
anche se è uno scheletro maschile e non femminile. E niente vale anche la
missione della spalla di Morse, l’agente Lewis, in quel di Stoccolma, in visita
alla famiglia Eriksson. Da dove torniamo con alcuni flash della capitale (ben
colti da Dexter) ed una domanda sul reticente comportamento della famiglia
della scomparsa.
Non vi porto a lungo intorno al mistero, che
Morse, imboccando ogni volta una traccia sbagliata, alla fine riuscirà a
risolvere. Saranno bei colpi di teatro la soluzione del mistero della Fanciulla
Svedese, la risoluzione di una serie di morti legate al mistero, nonché quello
delle lettere ai giornali. Un buon giallista, che mescola tanto, riuscendo (e
questa volta con successo) a confondere il lettore, tanto che anche io sono
rimasto sorpreso dalla soluzione finale.
Come detto, quindi, multiforme è la
presentazione del testo al lettore. Ed in questo Dexter riesce a districarsi
abilmente. C’è la narrazione, ci sono diari, ci sono interrogatori e resoconti
di interrogatori, ci sono articoli di giornale, ci sono citazioni in ogni
inizio di capitolo e soprattutto ci sono le lettere dei lettori ai giornali,
che intervengono nel caso e ne disquisiscono “coram populo”. Sono questi due ultimi
punti che vorrei ancora sottolineare. Le citazioni, ogni volta corredate dal
nome dell’autore e dal testo di riferimento. Ma sono sempre vere? Bisognerebbe
avere la cultura di Dexter per decifrarle tutte, anche perché, sappiamo, che
ogni tanto ne inserisce una riferita al lessicografo Diogenes Small, che invece
è un personaggio inventato dallo stesso Dexter (con tutta la citazione stessa
inventata).
L’altro punto, senza entrare nel merito delle
lettere di cui ho già narrato, Dexter, già nel ’92, si lamentava della
sovraesposizione mediatica che i giornali (allora) o altri mezzi di
comunicazione ora (televisioni, internet e via dicendo) offrono agli eventi di
cronaca, siano o meno eventi di cronaca nera o di mondanità. Una lancia che
trent’anni fa il buon professore buttava nell’arena, e che, ora, è ancor più
d’attualità.
Ed ora avviamoci verso la lettura dei suoi
ultimi romanzi.
Colin
Dexter “Le figlie di Caino” Sellerio s.p. (Regalo di Emilio&Fako)
[A: 07/05/2022 – I: 22/03/2023 – T: 24/03/2023]
- &&& e ½
[tit. or.: The Daughters of Cain; ling. or.: inglese; pagine: 468; anno 1994]
Con questa siamo all’undicesimo romanzo
dell’ispettore Morse uscito dalla felice penna del compianto Colin Dexter. Una
lettura che porta sempre un discreto piacere, nell’affrontare le impervie
montagne che l’autore ci presenta prima che si riesca ad arrivare alla
soluzione del caso. Soluzione che, spesso e qui non fa eccezione, porta a
comprendere ciò che è successo, ma non sempre porta a condanne ed altro. In
fondo, Dexter ha in mente la lezione di Simenon, dove si cerca di capire chi ha
fatto cosa e perché, ma non sempre c’è interesse alla vendetta.
Questo, tra l’altro, ci porta ad una parte
della decifrazione del titolo, che, come ci dice la Genesi, Dio pose un segno
sopra Caino affinché fosse riconosciuto e condannato per l’eternità. Non a caso
la lega per l’abolizione della pena di morte si è battezzata “Nessuno tocchi
Caino”, indicando con quella frase la necessità di una giustizia senza
vendetta.
Comunque, a noi intanto fa piacere tornare
nel mondo dell’ispettore capo E. Morse e del suo sottoposto Lewis. Anche
perché, pure in questo undicesimo titolo non viene svelato il significato
dell’iniziale del nome del nostro. Mistero che rimarrà tale fino all’ultimo
titolo.
Siamo al solito ad Oxford, Morse sta
invecchiando, e l’abuso di alcool e sigarette minano sempre più il suo fisico,
tanto che anche questa volta sarà costretto ad un breve passaggio ospedaliero.
Morse si avvicina anche ad un’età pensionabile, che ora guarda con possibilità
più che sospetto, confessando a Lewis che nel caso diventasse un pacifico
pensionato, avrebbe il solo rimpianto di non lavorare più con il sottoposto.
Continua inoltre, il nostro Morse a lanciarsi
in ipotesi svariate e strampalate per tutto lo sviluppo del caso. Ipotesi che
Lewis potrebbe raccogliere in un saggio su “Gli errori del mio capo”. Errori
che, combinati ad elementi reali, portano sempre i nostri a raddrizzare il tiro
e ad arrivare a capo delle matasse che si srotolano per le più di 400 pagine
del testo.
Anche qui cominciamo si può dire al buio. Lo
stimato professor McClure viene trovato assassinato nel suo studio, senza alcun
indizio su possibili moventi e colpevoli del fatto. Indagine che arriva nelle
mani di Morse per caso (il responsabile deve allontanarsi per problemi
familiari), così che Morse, rileggendo i documenti del caso, ci conduce passo
dopo passo ad entrare nell’universo scolastico oxfordiano. Dove, anche qui con
lentezza, vediamo emergere possibili problemi, se non probabili moventi.
McClure è all’apparenza una persona stimata,
senza particolari macchie. Una vita da studioso, un buon rapporto con gli
studenti, anche se una deriva di piacere verso l’universo femminile, pur non
essendosi mai sposato. Solo nell’ultimo periodo sembra far coppia fissa con una
donna come si direbbe “di facili costumi”. Ma all’amor non si comanda.
Scavando nel passato, si scopre solo il
professore essere stato coinvolto, seppur solo come testimone, nella morte di
uno studente a lui caro. Studente che aveva come amica del cuore la signorina
che poi diventerà coppia fissa (o quasi) con McClure. Studente che aveva un
carissimo amico che subentrerà nella coppia con la signorina di cui sopra,
volendo anche convolare a nozze con lei. Il tutto condito da un guardiano della
scuola di Oxford forse coinvolto in questioni di droga. Comunque, la morte
viene archiviata come suicidio ed il guardiano si trova un nuovo lavoro nel
locale Museo Etnografico.
Poiché Dexter è abile nell’aprire scatole
laterali, vediamo che il suddetto guardiano è il marito manesco di tale Brenda,
pacifica e sottomessa signora, nonché governante e tutto fare della
professoressa Julia, anche lei insegnante ad Oxford, ma colpita da un male
grave, incurabile e che la sta portando velocemente all’al di là.
Morse e Lewis brancolano nel buio, che
aumenta quando, sospettando del guardiano, ne scoprono prima la scomparsa, poi
il ritrovamento in un sacco della mondezza affiorato dal fiume locale. Ucciso
con una coltellata, di uno strano coltello che si trovava tra i reperti
rhodesiani del Museo dove lavorava il guardiano.
Una matrioska che sembra non finire mai,
quando si scoprono anche i trascorsi della signorina allegra. Morse, come
detto, continua a fare ipotesi fantasiose sugli avvenimenti, spesso e
volentieri indugiando nella sua dieta liquida ad altra gradazione, foraggiata al
pub dal borsellino del fido Lewis (sappiamo da altri racconti che Morse ha un
po’ il braccino corto).
Come avrete capito, tante sono le donne che
affiorano nel corso delle indagini, tutte all’interno di un universo femminile
che, al fine, ci riporta al titolo. Che riprendo come promesso, sottolineandone
l’affascinante erudizione che ci ricorda la storia di Lemech. Siccome,
tuttavia, se ve ne narro più in dettaglio, decifrate anzi tempo il castello
romanzesco costruito da Dexter, non dico su ciò una parola in più.
Mi rimane da sottolineare il gradimento delle
atmosfere che ci presenta Dexter, con quel tocco di ironia tipicamente inglese
che non guasta, e con quell’umanizzare i vari personaggi anche questo con
piacevoli elementi di lettura. Anche se, purtroppo, sono lontani i momenti
migliori dei primi romanzi. Certo, ci si mantiene alti, ma si vorrebbe sempre
di più.
Anche perché questa volta ci sono pochi o
nulli svolazzi enigmistici, e se ne sente la mancanza.
Finisco con quello che viene segnalato, ed a ragione,
con un doppio errore di Morse. A pagina 326, Morse si lancia in una descrizione
delle terne pitagoriche, quelle per cui vale la seguente equazione x2
+ y2 = z2. E di cui la terna 3, 4 e 5 è l’esempio
classico. Morse dice di aver letto su di una scatola di fiammiferi che queste
terne erano conosciute già anche dagli Egizi, e cita la terna 5961, 6480 e 8161
(assai complessa e ne rimando parte ai miei amici di stampo scientifico).
Orbene quali sono i due errore? Il primo è che la terna suddetta fu scoperta (e
ne è stata ritrovata traccia) in scritture babilonesi e non egizie. La seconda,
e più grave, è che così posta è sbagliata. La terna corretta infatti è 4961,
6480 e 8161. Ci si domanda allora (visto che non è un errore di stampa,
comparendo così anche nell’originale) se Dexter si sia sbagliato o, più
ragionevolmente, se il nostro autore abbia voluto giocare ancora una volta con
noi lettori.
Bella domanda senza risposta, ma piena di
congetture interessanti.
Ed ora aspettiamo che siano reperibili anche
gli ultimi due romanzi.
“Nella vita è più facile affrontare la
verità piuttosto che le mezze verità.” (116)
“L’insonnia non esiste … chiunque non
riesca ad addormentarsi, non ha veramente bisogno di dormire.” (305)
Come prima lettura del mese di agosto, vi
dovete anche sorbire il riepilogo delle letture di maggio, di un buon numero
rispetto alla media. E dove non sorprende che abbiamo ancora un Colin Dexter in
testa a tutti, ed uno dei poco leggibili libri di spy stories in fondo alla
fila (questo mese è Jason Matthews ad aggiudicarsi la maglia nera).
# |
Autore |
Titolo |
Editore |
Euro |
J |
1 |
Augusto
De Angelis |
Giobbe
Tuama & C. |
Mondadori |
6,50 |
2 |
2 |
Simonetta
Agnello Hornby |
Vento
scomposto |
Corriere
Oggi |
8,90 |
2 |
3 |
Erskine
Childers |
L’enigma
delle sabbie |
Repubblica
Spy |
7,90 |
3 |
4 |
Francesco
Abate |
I delitti della salina |
Repubblica
Essenza Noir |
8,90 |
3 |
5 |
Haruki
Murakami |
After
Dark |
Corriere |
8,90 |
3 |
6 |
Marco
Malvaldi |
Oscura
e celeste |
Giunti |
s.p. |
3 |
7 |
Daniel
Silva |
L’angelo
caduto |
Repubblica
Spy |
7,90 |
2 |
8 |
Alan
Bennett |
Arresti
domiciliari |
Adelphi |
s.p. |
2,5 |
9 |
Piero
Colaprico |
Il
fantasma del Ponte di Ferro |
Repubblica
Brivido Noir |
8,90 |
3 |
10 |
Rosa
Teruzzi |
Ombre
sul Naviglio |
Feltrinelli |
9,50 |
3 |
11 |
Lorenza
Gentile |
Le
piccole libertà |
Feltrinelli |
s.p. |
3 |
12 |
Jeffery
Deaver |
Lo
scheletro che balla |
SuperPocket |
s.p. |
3 |
13 |
Rosa
Teruzzi |
Gli
amanti di Brera |
Feltrinelli |
s.p. |
3 |
14 |
Attia
Hosain |
La
casa delle donne |
Garzanti |
s.p. |
2 |
15 |
Daniel
Pennac |
Capolinea
Malaussène |
Feltrinelli |
s.p. |
2 |
16 |
Jason
Matthews |
Red
Sparrow |
Repubblica
Spy |
7,90 |
1,5 |
17 |
Colin
Dexter |
La
morte mi è vicina |
Sellerio |
s.p. |
4 |
18 |
Manuel
Puig |
Il
bacio della donna ragno |
Repubblica
Latinoamericana |
9,90 |
3 |
Visto che siamo in relax, e che vi siete
sorbiti una spero interessante “dexteriana”, invece della solita citazione
settimanale, vi allego due paginette dedicate alle citazioni di uno dei miei
autori preferiti, Eric-Emmanuel Schmitt.
Come molti sanno, ripeto che agosto è
dedicato al riposo ed alla campagna, per cui siamo cui nella Tuscia, con un
tempo che si sperava leggermente più clemente. Tuttavia, va bene così, che il
riposo è sacro, e le letture continuano. Ovviamente, essendo qui, ci si
dedicherà anche a mettere a posto, per quanto possibile, i libri presenti.
Per cui pensatemi in questo lavoro, come io vi penso, ovunque voi siate.
Citazioni dedicate a Èric-Emmanuel Schmitt
Schmitt è stato ed è uno dei miei scrittori preferiti, che le sue storie, elementari ma ben congeniate, sulla storia delle religioni mi hanno fatto passare bei momenti di riflessione. Per poi potermi dedicare alle sue opere teatrali, dove ritengo le frasi che riporto in finale, uno dei migliori esempi di teatro ben congeniato.
Cominciamo dalle prime citazioni di
riflessione dedicate a quello che viene indicato come il “Ciclo degli
Invisibili”:
“Milarepa” Magnard euro 5,53
“La
differenza tra noi due è che io, le illusioni, le vedo.” (30)
“I
dizionari spiegano solo le parole che già conosciamo.” (71)
“Monsieur Ibrahim et les Fleurs du Coran” Magnard euro 5
“È pazzesco, Monsieur Ibrahim, come le
vetrine dei [negozi] ricchi siano così povere… - Questo è il lusso, Momo:
niente nella vetrina, niente nel negozio, tutto nel prezzo.” (28)
“Quando si vuole imparare qualcosa, non si
prende un libro. Si parla con qualcuno.” (37)
“Ciò che regali, Momo, è tuo per sempre; ciò
che conservi, è perduto per sempre.” (38)
“Se vuoi sapere se sei in un posto ricco o
povero, guarda la spazzatura. Se non vedi né spazzatura né bidoni è molto
ricco. Se vedi i bidoni ma non la spazzatura, è ricco. Se vedi la spazzatura
accanto ai bidoni, non è né ricco né povero: è turistico. Se vedi la spazzatura
nei bidoni è povero. E se le persone abitano nella spazzatura, è molto, molto
povero.” (54)
“Lui mi faceva entrare nei luoghi religiosi
con gli occhi bendati per farmi indovinare la religione dall’odore… - Puzza di
cera, è cattolico… - Qui, puzza di incenso, è ortodosso…. – E qui puzza di
piedi, è mussulmano.” (56)
“Oscar et la dame rose”
Magnard euro 5,53
“Ci sono due tipi di sofferenze, mio piccolo
Oscar, quella fisica e quella morale. Il dolore fisico lo si subisce. Il dolore
morale, lo scegliamo noi.” (52)
“Le domande più interessanti, rimangono
delle domande. Avvolgono un mistero. Ad ogni risposta, si deve aggiungere un
'forse'. Solo le domande banali hanno una risposta definitiva ... Io è quello
che penso, Mamie-Rose, non c'è soluzione alla vita se non vivere.” (72)
“Non è la sua lunghezza che dà valore alla
vita, ma la sua qualità.” (110)
“Il
bambino di Noè” BUR euro 5
“- Tu vorresti sapere quale delle due
religioni è vera. Ma nessuna delle due lo è! Una religione non è né vera né
falsa, propone un modo di vivere. – Allora perché dovrei rispettare le
religioni, se non sono vere? – Se hai in testa di rispettare solo la verità,
temo che non avrai granché da rispettare. Due più due uguale quattro, ecco
quale sarà l’unico oggetto del tuo rispetto. Tolto questo te la dovrai vedere
con elementi incerti: sentimenti, norme, valori, scelte, tutte costruzioni
fragili e vaghe. Niente di matematico. Il rispetto non va tributato a ciò che è
certificato, ma a ciò che viene proposto” (67-68)
Poi
ci sono i romanzi, o le drammatizzazioni:
“L’évangile selon Pilate” Le livre de Poche euro 6,15
“È
l'unica cosa che ci insegna la morte: è urgente amare.” (29)
“Il
mio orgoglio più grande e più bello su questa terra è senza dubbio di avere, un
giorno, convinto mia madre.” (67)
“Non
si vedono mai gli altri come sono. Ne abbiamo solo visioni parziali, tronche,
a seconda degli interessi del momento.” (232)
“Dubitare e credere sono la
stessa cosa, Pilato. Solo l'indifferenza è atea.”
(236)
“Che
cos’è un mistero? Tutt'altra cosa da un problema o una
domanda. Una domanda è una richiesta di
informazione che riceve una di risposta. Esempio: In che anno è stato pubblicato
“La Principessa di Clèves”? Risposta: nel 1678. Un problema è una domanda che può
ricevere diverse risposte. Esempio: Ha un senso la vita? Ci sono risposte molteplici a questo problema, nessuna ci dà una
soluzione, nessuna chiude la questione, nessuno può pretendere di essere
qualcosa di diverso di una risposta tra le altre. Un mistero è un problema che fa
esplodere il quadro razionale, che mina il modo stesso di fare domande, sgonfia
la razionalità” (263)
Ed infine, uno dei miei libri “cult” (e credo
che l’ordine di archiviazione storica sia una delle migliori invenzioni che
abbia mai sentito):
“Piccoli crimini coniugali” E/O euro 7,50
“LISA:
Non sopporti che ti metta a posto la scrivania, e chiami il caos in cui ammassi
le tue carte ‘ordine di archiviazione storica’. Affermi che una libreria senza
polvere è una libreria da sala d'attesa. … Non cambi mai le lampadine fulminate
con la scusa che per qualche giorno bisogna portare il lutto della luce. In
compenso, dopo quindici anni di studi e vicinanza coniugale sono arrivata alla
conclusione che le tue molteplici teorie possono essere raccolte sotto
un'unica, fondamentale tesi: non fare un accidente in casa!” (10)
“LISA:
Ecco il mondo non è popolato solo di donne della mia età. A vent'anni ci si può
permettere di ignorare gli anni che passano; dai quaranta in poi, l'illusione
crolla; una donna si rende conto dell'età che ha nel momento in cui scopre che
esistono donne più giovani di lei.” (25)
“L'umorismo
permette di dire la verità” (28)
“LISA:
Ti ho molto amato, Gilles. Molto. GILLES: L'hai detto come se dicessi: ‘Ho
molto sofferto, Gilles, molto’. LISA: Forse. Non so amare senza soffrire.” (29)
“Una
coppia non è la realtà. E prima di tutto un sogno che si fa insieme, no?” (56)
“Abbiamo
dei problemi, questo è chiaro. Ciò nonostante, mi sono reso conto che in fondo
tu ami me per quello che sono.” (58)
“Le
parole non hanno lo stesso significato per te e per me” (62)
“-
Che tipo di uomo sei? - Il tuo tipo? - Decisamente sì. Ogni frase mi provoca un
brivido lungo la schiena, mi sento il cervello intorpidito, ho tutti i sintomi
di un malessere che si chiama attrazione irresistibile. - Mi dispiace, non ho
rimedi. - Ma sei tu il rimedio.” (67)
“Non
si può eludere il proprio destino. Tu sei il mio destino. Noi non ci
apparterremo mai fisicamente, ma ci apparteniamo mentalmente. Tu ti sei immerso
nei miei abissi più profondi, io nei tuoi, siamo schiavi l'uno dell'altra.
Anche se non nella carne, sei il mio uomo nei miei ricordi, nei miei sogni,
nelle mie speranze. E questo che mi lega a te. Possiamo anche separarci, ma non
potremo mai lasciarci. Tutti questi giorni in cui tu non c'eri, eri assente da
qui, assente da te stesso, io continuavo a rivolgerti i miei pensieri, a farti
partecipe dei miei umori. Sai cosa vuol dire amare un uomo con amore? Vuol dire
amarlo malgrado te stessa, malgrado lui, contro tutto e tutti. Vuol dire amarlo
in un modo che non dipende più da nessuno. Amo i tuoi desideri e amo anche le
tue avversioni, amo il male che mi fai, un male che non mi dà dolore, che passa
subito, un male che non lascia tracce. Amare vuol dire avere quella resistenza
che ti permette di passare attraverso tutti gli stati con la stessa intensità,
dalla sofferenza alla gioia. … [anche se tu te ne andassi] continuerei ad
amarti” (82)
“Mi
sa che preferisci le storie che si riescono a gestire: forse non sopporti
l'abbandono. … che le cose ti sfuggano di mano. Che le situazioni siano troppo
forti. Che i sentimenti siano troppo grandi per te. Se si vuole essere sicuri
di tutto, bisogna accontentarsi di storie corte. Di legami delimitati
chiaramente, riconoscibili, con un inizio, un mezzo, una fine e un percorso
segnato da tappe ben precise: il primo sorriso, il primo scoppio di risa, la
prima notte, il primo litigio, la prima riconciliazione, la prima seccatura, il
primo malinteso, le prime vacanze andate male, la prima separazione, la
seconda, la terza e poi la separazione vera. Dopo si ricomincia. … Viene
definita una vita piena di avventure, ma in realtà più che avventurosa è una
vita in serie. Non è sensato amare sempre, amare a lungo, è follia pura. La
cosa più ragionevole è amare finché è gradevole. Si chiama razionalismo
amoroso: amarsi finché durano le nostre illusioni; appena crollano, lasciarsi.
E appena abbiamo a che fare con persone reali, non più con immagini della
fantasia, separarsi. … è contro natura amare per sempre, amare a lungo. … Per
fare in modo che duri bisogna accettare l'incertezza, bisogna avanzare in acque
pericolose, avventurarsi là dove si precede solo con la fiducia, riposarsi
galleggiando su onde contraddittorie, certe volte di dubbio, certe volte di
fatica, certe volte di serenità, ma mantenendo sempre la rotta.” (95)
“GILLES:
C’è qualcuno nella tua vita? LISA: In questo momento ci sei tu.” (107)
Infine, il nostro è autore di uno dei più bei titoli che mi ricordo: “Quando penso che Beethoven è morto mentre tanti cretini ancora vivono.”
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