domenica 24 settembre 2023

Ridateci Le Carré - 24 settembre 2023

Una settimana d’inizio autunno, che quasi esaurisce, senza alcun rimpianto, la collana assai poco riuscita, delle “spy stories” di Repubblica. Un filologico (ed unico d’interesse) libro di 120 anni fa, un lavoro di routine di Daniel Silva, e tre pessime riuscite, di autori celebri e celebrati come Cruz Smith, Matthews e Clancy. Come sapete leggo anche “brutti” libri, per poterne parlare. E per poter rimpiangere un autore che neanche mi piace tanto come Le Carré.

Se poi volete saltare le trame, potete andare alla fine con la solita citazione settimanale.

Martin Cruz Smith “La ragazza di Venezia” Repubblica Spy 12 euro 7,90

[A: 09/04/2019 – I: 03/04/2023 – T: 05/04/2023] - & e ½ 

[tit. or.: The Girl from Venice; ling. or.: inglese; pagine: 297; anno 2016]

In fondo è un po’ spiacevole essersi accostati con tante speranze ad un libro di Cruz Smith e rimanerne assai deluso. Certo, sapevo già che non era nel filone di Arkady Renko, che resta la miglior serie di romanzi scritta dall’autore. Tuttavia, un spera sempre un po’ che ci sia qualcosa che rimanga nella scrittura.

Invece, questo libro risulta poco avvincente, a tratti quasi svogliato. Con alcune concessioni “alla platea” che esulano, e di molto, dal contesto storico in cui si dovrebbe inserire. Non cerco scusanti all’autore, ovvio, anche se il fatto che ormai siano una decina d’anni che abbia un Parkinson conclamato, e che le storie le narra, per poi lasciare spazio alla moglie Emily che le riporta su carta, qualcosa possa aver influito. Ciò detto, non ci torno su e passo al testo.

Cominciamo dal contesto. Un’ambientazione fascinosa come Venezia piò risultare gradita al pensionato americano che vive nel Missouri, noi che, fortunatamente, a Venezia e nel Nord Italia ci andiamo in poche ore, sembra più che altro una cartolina un po’ finta. Soprattutto quando gran parte della vicenda “veneta” si svolge a Pellestrina che a Venezia sta come Ladispoli a Roma (o Malibu a Los Angeles se parliamo d’America). Quindi, “The girl from Venice” è già un po’ fuorviante.

Secondo punto, siamo addentro all’ultima fase della guerra, direi che potrebbe essere un’ambientazione “1945”, che inizia con l’incontro tra Giulia e Cenzo e finisce dopo la guerra, passando per l’esecuzione di Mussolini e Claretta. Ma è un’ambientazione molto sui generis, sia nei momenti veneziani, sia, ed ancora peggio, quando l’azione si svolge a Salò. Figure mal delineate, cineasti da cartolina, tedeschi “buoni”. Insomma, tutta una serie di luoghi comuni e di falsi storici che sarebbe stato meglio evitare.

Come evitabile è la trama in sé. Abbiamo il pescatore Cenzo che dopo un arruolamento forzato in Abissinia, ed un congedo con disonore (si rifiutava di bombardare gli etiopi), si ritira in Pellestrina. Magari si sposa con la bella Gina, mentre il fratello minore Ugo convola a nozze con Celestina. In mezzo abbiamo il fratello maggiore, Giorgio, quello bello, quello che fa l’attore prima (con la mirabile interpretazione nel film “Il leone di Tripoli”), poi il portavoce fascista, infine voce calda della radio dei repubblichini di Salò.

Ma Giorgio è soprattutto uno “sciupafemmine”, visto che fugge a Milano con Gina, dopo aver avuto anche una piccola storia con Celestina. Cenzo rimane scottato e si fa introverso. Ugo si fa “incazzuso”, ma mentre cerca vendetta muore in mare.

Fatto questo proemio, la storia inizia quando Cenzo incontra Giulia, giovane ebrea che sta fuggendo ai tedeschi, mentre tutti i suoi parenti vengono presi e deportati. Giulia faceva parte del lato “ricco e benestante” degli ebrei veneziani, con case in laguna e villette al Lido. Per sua fortuna è giovane, atletica e pronta a mettersi in gioco. Così fugge ai tedeschi, si ripara da Cenzo, i due hanno una convivenza problematica, fino a che lui non decide di contattare i suoi amici partigiani per farla riparare oltre confine (in Svizzera, forse).

Qui nasce anche tutta la parte “finta”. Giulia non riesce a raggiungere la salvezza, ma forse si rifugia a Salò. Cenzo va a cercarla aiutato da Giorgio e da un sedicente comandante nazista innamorato dell’Italia (una figura veramente mal delineata). Tralascio tutta l’inutile parte repubblichina, con i finti misteri, gli improbabili cineasti, le amiche di Claretta ed altre incongruenze storiche. Ci sarà una resa dei conti finale tra Giorgio e Cenzo, ovviamente. Ed anche con i nazisti, e poi con la cognata, la moglie fuggita e morta, e tanti altri piccoli inutili misteri.

Come ci si aspetta fin dalle prime righe, Cenzo e Giulia imbastiranno una loro storia. Ma noi rimaniamo con il mistero di fondo. Tutto il libro si basa sulla ricerca che i nazisti fanno di Giulia in quanto testimone di una deportazione che dovrebbe portare a smascherare “traditori” della patria. Vi sembra normale, conoscendo la storia della Guerra, che, nel momento che si avvicina alla resa dei conti, qualcuno si mobiliti per una piccola, poco credibile ragazza?

Questo romanzo ibrido tra romanzo storico con svista, thriller improbabile e storia d’amore scontata, qualcuno impegni mesi di quel tempo prezioso alla ricerca di Giulia? Insomma, uno sforzo di scrittura che non partorisce neanche un topolino.

Finisco con una considerazione laterale: in rete ci sono commenti entusiasti del libro (per me un po’ misteriosi) corredati da altrettanti svarioni, di cui ne riporto uno solo. Un commento svela che Cenzo era traumatizzato da un arrolamento forzato in Afghanistan (!!!!). Stiamo fuori come una batteria di balconi, dove si confonde l’Asia con l’Africa. Qui termino le mie lamentele, esortandovi a leggere il libro solo se avete perduto tutto il resto della vostra libreria.

Erskine Childers “L’enigma delle sabbie” Repubblica Spy 17 euro 7,90

[A: 09/05/2019 – I: 02/05/2023 – T: 04/05/2023] - &&& ---

[tit. or.: The Riddle of the Sands; ling. or.: inglese; pagine: 428; anno 1903]

Sapevo che era un libro “filologico”, e tale si è rivelato, raggiungendo alcuni punti più come prodromo di altri che per il valore in sé. Ma la sorpresa è stata la scoperta dell’autore e della sua storia. Il nome completo dell’autore è infatti Robert Erskine Childers, nato a Londra nel 1870 da un orientalista inglese ed una latifondista irlandese. Per motivi familiari, da Londra, all’età di sei anni, si sposta in Irlanda, imparando ad amare questa terra. Laureato in lettere e giurisprudenza a Cambridge, vorrebbe anche dedicarsi allo sport, ma una lesione alla schiena lo costringe a praticare l’unico sport consentitogli, la vela. Ed in barca percorre in lungo ed in largo il Mare del Nord. Cosa di cui riparleremo.

Nel ’03 scrive il libro che stiamo attraversando. Nel ’04 sposa Molly e l’anno successivo nasce Erskine Hamilton Childers, di cui pure riparleremo. Lavora nel Parlamento inglese, partecipa da giovane alla Guerra Boera e poi alla Prima guerra mondiale, sempre nell’Esercito Britannico, ricevendo menzioni dal Primo Lord dell’Ammiragliato, sir Winston Churchill. Ma anno dopo anno, azione dopo azione, si accorge di essere sempre più vicino all’Irlanda ed alle posizioni dell’ala irredentista del Sinn Féin. Nel momento topico dell’insurrezione irlandese degli inizi degli anni Venti, si schiera con i duri dell’IRA insieme ad Eamon de Valera, in contrapposizione all’ala morbida di Michael Collins (se non ve ne ricordate, andate a rivedere il film del ’96 con Liam Neeson e Julia Roberts).

Trovato in possesso di una pistola, seguendo la legge marziale all’ora in vigore, viene condannato a morte e giustiziato il 24 novembre 1922. A parte l’interesse storico di questo spiegone, quello che mi premeva sottolineare è che il “capo” di Childers, de Valera, divenne Presidente della Repubblica Irlandese dal ’59 al ’73, anno in cui gli succedette, quasi una nemesi per gli inglesi, Erskine Hamilton, il figlio di Childers.

Prima, comunque, di entrare nel merito del libro, parliamo dei meriti, che proprio il sopranominato Churchill tributa a Childers l’onore di avere, in tempi non sospetti, risvegliato un interesse verso le sorti della marina inglese, senza di cui, durante la Prima Guerra mondiale, probabilmente, alcune sorti militari avrebbero potuto essere diverse.

Il romanzo in sé, invece delle avventurose vicende di vita, risulta al contrario discretamente lento ed in un certo senso, non particolarmente appassionante. Con molta lentezza seguiamo le vicende di due gentiluomini inglesi, Carruthers, un piccolo funzionario ministeriale, senza grandi scopi nella vita, e Davis, provetto marinaio nonché, forse, qualcos’altro che tuttavia non si palesa in modo efficace per tutto il libro.

Davis veleggia con un piccolo scafo a vela per il Mare del Nord, tra Olanda, Danimarca e Germania. Scopre, forse, qualcosa che non si sa spiegare nei comportamenti di alcuni marinai, molto vicini alla Marina del Kaiser. Chiede quindi aiuto al suo amico Carruthers, e da qui seguiamo quasi duecento pagine di descrizioni di avventure marine. Scandagli, secche, boma, timoni, derive ed altre enunciazioni di origini navali che farebbero piacere al mio amico Renato.

Il contraltare dei due è un certo Dollman, che si presente come tedesco, ma che forse non lo è. Sicuro sembra losco, o comunque poco limpido. Tutto il contrario della giovan figlia, che, anche se non viene molto approfondita forse a causa della datazione del testo, dove all’epoca di queste cose si accennava solo di sfuggita, ha un debole per Davis.

A complicare il quadro vengono poi alla ribalta un militare teutonico ed alcuni suoi sodali poco raccomandabili. Che cercano, lo si capisce anche se non viene mai fuori uno scontro a viso aperto come avrebbe fatto un Cussler, di mettere fuori gioco i nostri due “impiccioni”. Infatti, Davis e Carruthers, seguendo le peripezie di Dollman e degli altri tedeschi, non fanno altro che entrare ed uscire dai vari estuari tra la Germania ed il mare, per tutta la regione dello Schleswig-Holstein (e ci torneremo su questo).

Uno scrittore più esperto avrebbe approfondito meglio gli aspetti spionistici, che, pur presenti nelle seconde duecento pagine, non portano mai ad un “pathos” reale. Capiamo fin dalle prime pagine dove Childers vuole andare a parare, e, appunto filologicamente, ne seguiamo le frasi. È l’impianto, l’impostazione generale quella che rimane, anche solida. Un tipo di ideazione avventurosa che più di cinquanta anni dopo vedrà risvegliarsi su queste ceneri prima con Ian Fleming e poi con John Le Carrè.  

Quello che Childers vuol tirar fuori da queste pagine (forte anche delle sue esperienze da velista) è la debolezza intrinseca della Marina Inglese in quella zona marina. Una debolezza che potrebbe permettere ad una Germania agguerrita di avere presto il sopravvento navale. Di questo appunto Churchill lo ringrazia, ed avrà modo, in una decina d’anni, di porvi rimedio, di modo che, il ’14 allo scoppio delle ostilità gli inglesi non saranno impreparati.

Quindi, ringrazio Childers per i suoi sforzi, e per la sua vita (come sopra descritta brevemente). Io finisco con un ricordo personale, che, durante la mia vita lavorativa, per due anni ho lavorato insieme ad una società tedesca di stanza proprio nello Schleswig-Holstein. Con un bel fine settimana marino nel capoluogo Kiel. Ma questa è tutta un’altra storia.

Daniel Silva “L’angelo caduto” Repubblica Spy 5 euro 7,90

[A: 24/02/2019 – I: 09/05/2023 – T: 10/05/2023] - && ---

[tit. or.: The Fallen Angel; ling. or.: inglese; pagine: 395; anno 2012]

Un altro autore che da decenni scrive best-seller, ma che non avevo ancora incontrato. Peccato che l’esimia collana di Repubblica ci presenti il dodicesimo volume della serie, senza per altro dire che si tratta di una serie che ruota intorno ad un personaggio, questa volta fortunatamente spia come vorrebbe la collana stessa.

Benché comunque Silva abbia una buona penna, non è un romanzo che sta “in piedi da solo”, che tutta una serie di retroscena andrebbero spiegati o indicati. Certo, nello svolgere del testo, qualcosa capiamo della figura e delle azioni del protagonista, Gabriel Allon. Che giustamente ci viene presentato come esimio restauratore (è forse un caso che il primo volume della serie uscito nel 2000 abbia per titolo “Il restauratore”?) tra l’altro alle prese con un delicato intervento su di un Caravaggio. Mentre però noi lettori per la prima volta dobbiamo aspettare fior di pagine per capirne meglio le sfaccettature, chi lo conosce sa che Allon, in prima battuta, è un agente dei Servizi Segreti israeliani. Reduce di tante battaglie, più volte sull’orlo del baratro, poi in un qualche momento calmatosi delle furie, intraprende un percorso amoroso con una simpatica veneziana, che qui gli è vicina e ne cura gli aspetti “privati”.

Come molte spy stories, l’azione comincia con una morte, che qui è particolarmente vicina a me lettore. Una donna esperta di Belle Arti viene trovata sfracellata alla base di una impalcatura tesa alla restauro del Baldacchino di San Pietro posto a guardia dell’altar maggiore della Basilica di San Pietro. Un’ambientazione che perdura per almeno un terzo del libro, facendoci godere, soprattutto ai romani, non solo delle bellezze vaticane, ma anche di alcuni scorci capitolino, alcuni quartieri, ed altre amene consuetudini, anche personali.

Allon viene convinto dal segretario del papa, monsignor Donati, ad interessarsi alla vicenda, che tutti (meno la polizia italiana) pensano poco probabile il suicidio. Nelle more scopriamo che Donati era un prete della “teologia della liberazione”, operante vicino ai sandinisti in Sudamerica, dove vive esperienze terribili, lascia la tonaca, ha una breve storia d’amore con tal Veronica, per poi tornare nella Chiesa convinto da quello che poi diventerà a breve Papa Paolo VII. Veronica, esperta d’arte etrusca, si consola con il losco Carlo Marchese, che, anche per spinta di Donati, va a ricoprire cariche importanti nelle finanze vaticane.

Breve interludio: nelle more ed indagando veniamo a sapere che in un qualche episodio di poco precedente, Allon aveva salvato il Papa durante un attacco missilistico in Vaticano, che aveva portato alla morte di 700 persone, tra cui 4 cardinali, 8 vescovi, 3 monsignori. E qui mi taccio per non svelare altri libri di Silva nonché una tendenza alla sfiga latente di Allon.

Comunque, gli etruschi c’entrano, perché la morta Claudia, cercando di mettere ordine al patrimonio culturale della Santa Sede, trova un aggancio con i tombaroli della Tuscia (altro momento di insight della mia attuale esistenza). Che con facile equazione noi legheremmo al Carlo di cui sopra. Ma una volta fatto il collegamento, e quasi arrivati ad un principio di soluzione, essendo solo verso pagina 150, Silva non può che decollare verso le sue mire più spionistiche.

Da qui, infatti, parte una sarabanda di intrighi intorno al mondo, che, partendo da Roma, si sposta prima in Svizzera, per poi approdare in Medio Oriente, ed in altre zone “bellicose”. Dove, come un commentatore giustamente rileva, sembra nascere la battaglia pallino di Silva: Israele contro Resto del Mondo. Non vi sto ad elencare tutte le attività e le azioni che Allon imbastisce, basti solo dire che ben presto, i Servizi Segreti israeliani entrano in prima persona nella trama. Mentre terroristi ed islamici (ma non solo) iniziano a far la parte dei cattivi.

Di certo non mi aspettavo un così truculento allargamento di prospettive partendo da una piccola morte romana. Ma Silva è fondamentalmente fazioso e molto dedito ad una prospettiva del mondo “alla John Wayne”, fortunatamente molto lontana dal mio mondo, anche da quello immaginario della lettura. Ovvio che Allon abbia un certo fascino simpatico, che rimane sempre un piccolo passo al di qua dal cadere nel banale. È tuttavia forse l’unico punto a favore, oltre a quelle prime ambientazioni romane ed etrusche. Alla fine, tutto si risolve, seppur non con tutti i cattivi puniti, che stiamo sempre dalle parte dello spionaggio, dove c’è molto grigio.

Per i patiti dei supereroi alla Marvel una lettura distensiva e quasi “da ombrellone”. Non certo un libro per entrare in modo sereno nel mondo di Silva, che forse andrebbe letto in altri romanzi che mi dicono meglio costruiti.

Un ultima spigolatura, tenendo conto che il libro esce nel 2012. La morta si chiama Claudia Andreatti, curiosamente omonima della Miss Italia del 2006. Casualità o fine ironia?

Jason Matthews “Red Sparrow” Repubblica Spy 18 euro 7,90

[A: 15/05/2019 – I: 23/05/2023 – T: 25/05/2023] - & e ½

[tit. or.: originale; ling. or.: inglese; pagine: 506; anno 2013]

Sempre poco avvincente ed un po’ scontata questa collana dedicata alle storie di spionaggio (magari con qualche tocco di noir, anche se non qui) uscita quattro anni fa con Repubblica, e che sto, faticosamente, portando a compimento di lettura.

Intanto cominciamo con qualche notizia preliminare e complementare. Come spesso può accadere tra l’acquisto e la lettura, un autore anziano ci può lasciare. Anche se poi anziano non era, Matthews muore di degenerazione cortico-cerebrale nel 2021 a settanta anni (un ragazzo!). Aveva, come si evince in alto, scritto questo libro nel ’13, proseguendo ogni due/tre anni con un nuovo capitolo, al fine di comporre una trilogia. Anche il secondo è uscito in Italia, con il titolo “Il palazzo degli inganni”. Mentre il terzo mi risulta ancora inedito, uscito in patria con il titolo “The Kremlin's Candidate”.

Seconda notizia, fortunatamente qui l’editore ha usato il titolo originale, invece di quello usato dall’editore Bookme, che lo ribattezzò “Nome in codice: Diva”. Ovvio che questo titolo fa l’occhiolino all’elemento centrale del romanzo (anzi della trilogia), dove tuttavia il titolo originale era più ammiccante. Infatti, “Sparrow”, che credo anche il mio ornitologo Alessandro interpreti come “passero”, è il nome di una scuola di seduzione per spie messa in piedi dall’Intelligence russa ove addestrare le spie a sedurre, portare a letto ed inguaiare potenziali nemici. Peccato che nella traduzione, la scuola venga in italiano indicata come “Scuola delle Rondini”, usando “swallow” invece che “sparrow”.

Ciò detto, è di sicuro un libro scritto da una persona, come Matthews, che per decenni ha militato nella CIA, mostrando nel corso della trama una conoscenza di prima mano su attività di spionaggio, controspionaggio, sorveglianza, reclutamento, interrogatori e raccolta di informazioni. Peccato che tutto ciò sia al servizio di una trama prevedibile e non particolarmente emozionante. Certo, si cerca di ingarbugliare le acque, di mescolare gli elementi in gioco, ma arrivando ad un prodotto che non risulta particolarmente accattivante.

L’unico elemento di sicuro effetto è l’ambientazione nella Russia attuale, non solo e non tanto per la presentazione degli elementi storici dello spionaggio, come l’evoluzione del KGB in altre e nuove forme. Quanto per la presenza, qui nell’ombra e nei successivi libri, mi si dice, sempre più in primo piano, dell’uomo forte del Cremlino. Già qui vediamo agire Vladimir Putin, con tutto il corredo di quanto ora, durante la guerra in Ucraina, sappiamo palesemente di lui. Ambizioso, crudele, comandante con pugno di ferro su tutto e su tutti, tanto che già qui viene indicato come mandante diretto di assassini all’estero. Dato che in patria tutto gli è premesso.

In ogni caso quello che seguiamo è il percorso di Dominika Egorova. Inizialmente promettente ballerina, in seguito ad un incidente provocato (rottura della tibia), alla ricerca di un nuovo ruolo, che gli fornisce lo zio, uno dei capi del Servizio Segreto Russo. Deve trovare una spia assoldata dalla CIA, e per fare ciò deve sedurre e prendere all’amo il referente americano della spia, l’agente della CIA Nate Nash. Che all’inizio pensiamo essere il centro della storia, seguendone alcune brillanti operazioni. Ma, a causa di errori piccoli seppur non fatali, viene spostato a Helsinki. Dove lo raggiunge Dominika.

Lei nei frattempo aveva assistito e/o partecipato ad un assassinio, e, coinvolta nelle spire dello spionaggio, addestrata nella scuola di cui sopra. Ad Helsinki inizia l’avvicinamento, ma una serie di elementi esterni la fanno maturare sul falso ruolo della Russia di questo secolo. Aggiungendo a ciò il fascino del giovane Nash. Insomma, comincia una spirale di lotte, fughe, ricerche, depistaggi, scoperta di traditori, trame complesse per salvare a destra e mettere nei guai a sinistra.

Non ci meravigliamo che, dato il fascino reciproco dei due giovani, sarà il buon occidentale a convincere Dominika – Diva a passare dall’altra sponda. Rimane da organizzare il salvataggio della spia russa talpa della CIA da quindici anni. Salvataggio della persona o quanto meno della struttura messa in piedi in tanti anni.

Tuttavia, pur essendo ben pensata, non mostra caratteri di particolare novità. Quello che ci aspettiamo, accade. Chi deve morire, muore. Chi deve continuare i lavori, continua. Rimanendo il dubbio se, in tutta questa confusione, l’avvicinamento tra Nate e Diva avrà un seguito.

Dicevo, unico punto positivo di tutto il romanzo è l’aver coinvolto direttamente Putin. Ma è anche un elemento che di sicuro avrà fatto innervosire il nostro, tanto che un anno dopo l’uscita del libro, invade la Crimea cominciando quella che, bene o male, da dieci anni è una guerra in terra europea.

Dispiace che l’autore ci abbia lasciato, che io ho sempre pietà per i morti. Sempre.

Tom Clancy “Il cardinale del Cremlino” Repubblica Spy 9 euro 7,90

[A: 13/03/2023 – I: 09/06/2023 – T: 11/06/2023] - & e ½

[tit. or.: The Cardinal of the Kremlin; ling. or.: inglese; pagine: 651; anno 1988]

Non sono un amante delle spy stories, che trovo spesso noiose rispetto anche ai thriller più scalcinati. Certo ci sono esempi in controtendenza, come Le Carrè e pochi altri. Per questo non ho mai dedicato molta attenzione a Tom Clancy, che ricordo solo per il film sul sommergibile sovietico “Ottobre Rosso”. Ho quindi dato fondo a questa lettura, sperando di essere smentito.

Purtroppo, il librone che ho appena finito ha solo rinforzato i miei dubbi sul genere e sull’autore, nonché, se vogliamo, anche sul personaggio principale, John Patrick Ryan detto Jack. Clancy scrisse 13 romanzi con lui protagonista, sino alla sua morte nel 2013. Poi altri, su mandato della famiglia, ne continuarono l’opera, tanto che alla fine mi risultano circa 28 volumi imperniati su di lui.

Tra l’altro, come si ricostruisce da Internet, la carriera di Ryan è stata luminosa ed articolata. Intanto, risulterebbe nato nel 1950 (e quindi sotto i quarant’anni quando comincia ad essere protagonista). Vittima di un incidente con l’elicottero a 23 anni, avrà sempre un po’ di paura nel prendere mezzi volanti. Inizia quindi come analista finanziario alla Merryl Linch, dove conosce e sposa Caroline "Cathy". A fronte di varie vicissitudini poco importanti diventa prima consulente poi membro a tutti gli effetti della CIA.

Clancy sostiene che la sua entrata fu dovuta all’invenzione della “trappola per canarini”, un metodo per scoprire fughe di notizie mettendo in circolo diverse versioni dello stesso fatto, che divergono di poco l’una dall’altra. Quando il “nemico” utilizza una di queste versioni, si può risalire all’origine della fuga.

La carriera di Ryan sarà poi sempre in crescendo, tanto che nel romanzo uscito intorno al 1995 viene addirittura eletto (o cooptato, non so bene non avendone letto) Presidente degli Stati Uniti. Una carica cui accederà nuovamente una decina d’anni dopo, anche se poi si eclisserà pian pianino, di certo per la morte di Clancy, ma anche, come spin-off, per dare spazio alla nuova serie della famiglia Ryan, che ha per protagonista il figlio del nostro, Jack Ryan jr.

Mi pare ovvio che, data questa biografia fittizia, il “ryanverso”, come viene chiamato dai fan tutta la fiction che gira intorno a lui, vedrà come protagonisti anche molti personaggi presi, con piccole differenze, dalla vita reale. Certo, per essere usati dall’autore nelle direzioni che lui predilige, funzionali alle sue trame.

Questo volume è il terzo in ordine di scrittura ma il quinto per cronologia di avvenimenti.

Qui, siamo intorno alla metà degli anni ’80, in un periodo di grandi turbamenti all’interno del mondo sovietico. Tanto che il Presidente russo ha molti tratti in comune con il pensiero di Gorbačëv. Il romanzo poi, si svolge molto internamente alle logiche russe, sottolineando caratterizzazioni di personaggi che tradiscono la Russia come oggetto del partito al potere per non tradire la Russia intesa come patria.

Assistiamo quindi ai tormenti di un eroe della Seconda Guerra mondiale, più volte decorato come comandante di Carri Armati (vedi anche battute finali di questo scritto), fermamente convinto a perseguire il bene della Patria a scapito del capo del KGB. Vediamo le modalità di scambio dei messaggi tra Agenti Segreti, i depistaggi, gli interrogatori brutali. Insomma, tutto il repertorio che ci si aspetta da una storia di spionaggio.

Vediamo anche Ryan, seppur compare in una cinquantina di pagine sparse nelle più di seicento del libro. Con un cruciale ruolo di consulenze, nonché ideatore di un trappolone che dovrebbe permettere di liberare l’arrestato eroe. Infatti, si fa falsamente incriminare per poter avvicinare il capo del KGB minacciandolo poi di rivelare le bugie messe in giro intorno alla cattura del sommergibile russo, cattura avvenuta nel libro precedente.

Prima, durante e dopo ci sono molti altri momenti narrativi che ruotano intorno alle due installazioni rivali, una americana l’altra russa, alla ricerca di una metodologia per utilizzare raggi laser al fine di colpire “oggetti nemici” a notevole distanza e con efficacia. Ci sono arresti, ci sono rapimenti, ci sono sparatorie, c’è perfino (ma non si capisce che cosa c’entri) un assalto ai laser russi da parte di un comando afghano guidato da un guerrigliero chiamato “Arciere” e manovrato nell’ombra dalla CIA. Certo, sono gli anni dell’invasione russa in Afghanistan (ricordo che quella prima guerra si svolse dal ’79 all’89), ma l’episodio è inserito un po’ a capocchia.

Comunque, Ryan si comporta benino, anche quando manca di salire su di un aereo in corsa (memore le sue paure nel volare), cosa che permette a Clancy di imbastire un colloquio tra Ryan ed il finto-Gorbačëv, che serve a dare un senso alla storia. Che tuttavia non decolla mai e prende ancor meno.

Riprendo quanto accennato sopra a proposito dei Carri Armati, perché Clancy era un patito di tale armamento, tanto che, per uno Natale, la moglie gli regalò un carro armato M4 Sherman. Penso che questo sia un commento più che sufficiente per quanto riguarda i miei rapporti con Tom Clancy e con le storie di spionaggio. Anche se ne ho ancora due da leggere.

Come detto all’inizio, vi porgo una bella frase della prima scrittrice che mi ha aperto le porte del Giappone. Banana Yoshimoto nel suo “Presagio triste” ci ricorda che: “In realtà, si scappa da casa quando si ha un posto dove tornare” (39).

Invece noi non scappiamo, ma approfittiamo di questa breve transizione autunnale per pensare all’organizzazione dei prossimi mesi, tra feste e viaggi. Molte per le prime e pochi per i secondi. Ma noi si prosegue indefessi sui nostri binari, si prosegue mandandovi abbracci.

PS: rinnovo una periodica richiesta: se avete libri recenti che ritenete di interesse, mandatemene una segnalazione.

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