Poiché, inoltre, la musica è una componente
importante che costeggia la scrittura di Murakami, includo un appendice con le
colonne sonore dei testi di cui narro (spero abbastanza esaustiva).
Infine, per sbilanciarmi un po’, di questi
cinque volumi, ritengo migliore “A sud del confine, a ovest del sole”.
Haruki
Murakami “Tutti i figli di Dio danzano” Corriere – Murakami 18 euro 8,90
[A:
12/09/2020 – I: 19/03/2023 – T: 20/03/2023] - &&&
[tit.
or.: 神の子どもたちはみな踊る Kami no kodomo-tachi wa mina odoru; ling. or.: giapponese; pagine: 128;
anno 2000]
Sebbene
Murakami sia ben in testa a molte mie letture passate, presente e future, in
questo libro ho dovuto affrontare più di uno scoglio non dico prima di
comprenderlo, ma renderlo malleabile nella mia mente. Soprattutto perché, e voi
miei lettori lo sapete bene, sono sei racconti riuniti in questo testo, e non
sempre questa forma espressiva riesce a coinvolgermi.
Qui,
tuttavia, ci sono alcune particolarità che alla fine mi hanno consentito di
esprimermi comunque in modo positivo. Sono racconti sospesi, a volte non
succede molto, a volte si esauriscono senza un vero finale (si sa che la vita
prosegue oltre la pagina). Ma in particolare hanno un fattor comune che li
rende uniti pur se slegati. Non a caso il sottotitolo del libro è "Dopo
il terremoto" (地震のあとで – jishin no ato de), in
quanto tutte le storie del libro, tutti i personaggi sono in qualche modo
coinvolti nel terribile terremoto di Kobe avvenuto il 17 gennaio 1995 (un
terremoto che provocò più di seimila morti). Una tragedia che è rimasta
scolpita nella memoria nipponica, e che qui Murakami a volta cita soltanto, a
volte le offre un ruolo cruciale nella trama. È una specie di omaggio, che mi
fa venire in mente “Il dolce domani” di Banana Yoshimoto dedicato allo tsunami
dell’11 marzo 2011.
Pur
nel modo mai molto lineare della scrittura di Murakami, che a volte scivola in
un fantastico che ferma un po’ la mia empatia, tutti e sei i personaggi dei
racconti fanno incontri, a volte brevi, a volte intensi, ma che li portano a
riflettere sul proprio mondo sino a cambiare in qualche modo (mai univoca) la
propria esistenza.
L’elemento
che poi vi suggerisco per spingervi alla lettura, è che pur nella brevità e frammentarietà,
nei testi sono presenti tutto un campionario dei temi che Murakami andrà
approfondendo nei suoi romanzi. Ovvia la presenza del tono surreale, che vedrà
il suo culmine in “1Q84”. Poi c’è la solitudine, come elemento che tocca da
vicino tutti i momenti della vita giapponese. Nei primi c’è anche un girare
intorno e dentro il suicidio.
Comunque,
tutti i racconti sono stati scritti nel 1999, eccetto l’ultimo che è del 2000,
e qui ne diamo un breve accenno, tanto per spingervi alla lettura.
Atterra
un Ufo su Kushiro (UFOが釧路に降りる
Yūfō ga Kushiro ni oriru)
Il
primo testo si concentra su Komura, che da single era uno sciupafemmine, ma
che, sposatosi ha desideri solo per la moglie. Il racconto ce lo fa vedere
subito dopo “il fatto”. La moglie tanto amata se n’è andata e non tornerà.
Lascia un biglietto dove scrive “Vivere con te era come avere accanto una bolla
d’aria”. Senza molta verve, vediamo Komura accettare di partire per l’Hokkaido,
dove va per consegnare un pacco alla sorella di un collega. Lì si vede con
detta sorella ed una sua amica, si parla di tutto e di niente. Poi finisce.
Paesaggio
con ferro da stiro (アイロンのある風景
Airon no aru fūkei)
In
questo racconto c’è una coppia, Junko e Keisuke, che vive vicino ad una
spiaggia, ed è coinvolta da un loro vicino, Miyake, nell’accensione di fuochi
sulla spiaggia. Si passeggia sul bagnasciuga soprattutto Junko è assidua
compagna. Il punto forte arriva quando Miyake chiede a Junko “Tu hai mai
pensato in che modo morirai?”. Non vi dico però il resto dei loro discorsi.
Tutti
i figli di Dio danzano (神の子どもたちはみな踊る
Kami no kodomo-tachi wa mina odoru)
Il
terzo è quello che dà il titolo all’antologia. Seguiamo la storia di Yoshiva,
cresciuto senza padre, e con una madre estremamente religiosa, che (e non
stiamo scherzando) lo convince di essere un figlio di Dio, in quanto ha un pene
molto grande. Quando vede un uomo senza un lobo all’orecchio sinistro, si
convince che è suo padre, e comincia un inquietante inseguimento tra i due. Vi
lascio gustare le elucubrazioni di Yoshiva, che per fortuna lo portano a
comprendere che non era importante l’identità del padre, quanto trovare il
proprio posto nel mondo.
Thailandia
(タイランド Tairando)
Qui,
invece, seguiamo Satsuki, una donna medico, specializzatasi in America sulla
tiroide, sposandosi con un americano. Dopo un difficile divorzio, torna in
Giappone e decide di fare una vacanza in Thailandia. Lì fa amicizia con il suo
autista-guida, che la porta anche in sperduti villaggi a parlare con una maga,
che indovina una serie di problemi in lei. Anche qui, i momenti forti sono i
dialoghi, dove riflettiamo a lungo su una frase dell’autista: “Se lei
continuerà a investire troppe energie solo nel vivere, non riuscirà a morire
bene”. Quello che Murakami cerca di indicarci è come il risentimento verso
qualcosa possa portare solo brutte cose.
Ranocchio
salva Tokyo (かえるくん、東京を救う Kaeru-kun, Tōkyō o sukuu)
Di
questo non parlo, avendogli dedicato una trama discutendo della sua uscita in
volume con gli splendidi disegni di Lorenzo Ceccotti. Trama pubblicata il 13
novembre dello scorso anno.
Torte
al miele (蜂蜜パイ Hachimitsu pai)
L’ultimo
racconto è il più particolare, in quanto, forse, il più normale. Tre ragazzi,
due studenti ed una ragazza, Junpei, Takatsuki e Sayoko, si uniscono in una
strana amicizia. Noi seguiamo il percorso di uno dei due ragazzi, che ripensa
ai modi in cui è nata l’amicizia, agli amori che vi si sono intrecciati. Lui,
Junpei, pur essendo diventato scrittore, si è sempre fatto trascinare, quasi
non essendo capace di prendere decisioni. Ed ora è qui che racconta la loro
storia alla figlia di Sayoko, facendoci capire quanto sia importante l’amicizia
nella nostra vita (due punti in più per questa affermazione).
Certo,
alla fine, non posso negare che è ben differente leggere i racconti o i romanzi
di Murakami. Anche se spesso la chiave di volta è la presenza di personaggi
comuni, quasi banali. Dove, nella descrizione della loro normalità, Murakami ci
avverte che, sempre, ci può essere un modo di cambiare, un modo di trovare una
via d’uscita alla passività con cui si affronta la vita.
Un
buona raccolta, che a volte spiazza, a volte ci aspettiamo cose che Murakami
sorvola. Ma come si dice in rete, grande maestra di saggezza (a volte): “Possiamo
incazzarci con Murakami per essere a tal punto Murakami? Probabilmente no”.
Haruki
Murakami “Nel segno della pecora” Corriere – Murakami 10 euro 8,90
[A:
13/07/2020 – I: 21/08/2023 – T: 23/08/2023] - &&
e ½
[tit.
or.: 羊をめぐる冒険 Hitsuji o meguru bōken; ling. or.: giapponese; pagine: 307; anno 1982]
In
effetti, questo è considerato l’esordio pieno dello scrittore giapponese. Aveva
già scritto due racconti lunghi (di cui ho già parlato) in cui cominciano ad
entrare i fondamenti delle sue poetiche, nonché dei personaggi che poi
ritornano in altri scritti. Qui, il romanzo è completo e le basi poetiche del
mondo di Murakami si consolidano.
C’è
la difficoltà di portare avanti la propria vita, c’è la ricerca di qualcosa che
consenta una svolta, c’è l’amore, il disamore, la quasi impossibilità di dire
ti amo, il lasciarsi “senza un vero perché”. C’è la solitudine di fondo di
tutti. C’è anche la disillusione verso la politica e chi la rappresenta. C’è,
come sempre nelle sue opere, la passione per il rock e per il jazz. Insomma,
c’è tutto o quasi tutto. Ah, c’è anche il lato onirico, fantastico, simbolico, surreale,
quello che per me, a volte, frena lo slancio dello scrittore verso mete
immediatamente alte. Invece fatica lui, e di certo fatico io nel comprendere la
metafora della pecora.
Intanto,
c’è anche da chiedersi perché “Il libro delle avventure della pecora” si
trasformi in questo “Nel segno della pecora”. Io non l’ho capito.
Detto
questo in favore di un autore che prima o poi meriterebbe un Nobel, ci
addentriamo nel suo mondo un po’ spaesata. Che questa prima opera procede a
scatti. All’inizio sembra dissolversi in mille rivoli o piccole sotto storie. E
noi già si sta godendo nel seguire la sconclusionata vita del trentenne
pubblicitario protagonista del romanzo.
Poi,
molte trame si perdono, si arenano come fiumi in secca, e le altre convergono
in un’unica potente direzione, che però è talmente strampalata, che dopo la
metà del libro, Murakami sembra non saper come far concludere. Il tramone si
impantana, il protagonista pure, e si arriva ad una fine che non ci dà né
soddisfazioni né dispiaceri. Però i semi sono piantati e germoglieranno.
Allora,
il protagonista comincia con due piccole trame: il ricordo di una sua amica e
la partecipazione al suo funerale (con una scrittura che ricorda gli incontri
con la ragazza senza un mignolo all’inizio di “Ascolta la canzone del vento”);
poi la separazione dalla moglie dopo quattro anni senza né alti né bassi. Ci
sono storie che si esauriscono, e lei lo capisce. Il nostro, pur facendo finta,
rimane spiazzato: lui avrebbe pure continuato così, senza prendere posizione, diventando
un campione mondiale del gioco inventato dalla mia amica Dromy: “Vegeto!”.
Essendo
un pubblicitario, è sempre dentro campagne di marketing, che in realtà non gli
dicono molto. Solo le foto di una ragazza dalle orecchie bellissime lo smuove,
la cerca, la rintraccia, ed inizia con lei una storia d’amore, nuova, profonda.
Lei lo seguirà nelle sue avventure, lo aiuta, lo sprona, ma anche questa storia
non potrà che finire. Il nostro, anche nei momenti topici, è uno che si lascia
vivere e che non vive.
La
svolta, anche verso la dimensione surreale, avviene quando una oscura organizzazione,
guidata da un fantomatico Maestro, forte politico di estrema destra, lo
contatta per trovare una pecora presente nella foto di un suo servizio
fotografico. Il potere, duro e cattivo, gli dici: o trovi la pecora o sei
finito. Il bello è che quella foto gliel’aveva mandata uno suo vecchio amico,
il Sorcio, anche lui presente nei due primi racconti lunghi. E dopo aver
mandato la foto, il Sorcio è scomparso, forse tra le montagne dell’Hokkaido.
Ecco
i nostri che si imbarcano nella molteplice ricerca: della pecora, del Sorcio,
di loro stessi. A Sapporo alloggeranno nell’Albergo del Delfino, un albergo che
ricorrerà anche nelle future opere di Murakami. Tramite il portiere
dell’albergo conoscono un professore che conosce tutto degli ovini, tanto da
essere chiamato Professor Pecora. Questi li indirizza verso il luogo della
foto.
Luogo
in cui il Sorcio, che ne è proprietario, è sparito, e dove (altro elemento
surreale e ricorrente), il nostro incontra un uomo ricoperto di pelli di pecora
(l’Uomo-pecora) che gli spiegherà alcuni arcani. Surreale e reale si mescolano,
con il nostro che, cercando di tenere insieme tanti pezzi, non fa altro che
perderne alcuni.
In
una ultima parte desolata, riesce a perdere sia la ragazza che il Sorcio, ma a
salvare il mondo dalla cattiveria (politica) del Maestro. E finisce nel Jay’s
Bar (anch’esso presente nelle prime opere) a confidarsi con il cinese Jay ed a
parlare del Sorcio.
Tante
cose che ritroveremo in “Dance, dance, dance”, che ho letto venti anni fa, e
che ricordo a chi non ne ricorda che inizia nel 1983, quando il protagonista
senta musica anni ’80 sdraiato in una stanza dell’Albergo del Delfino di
Sapporo.
Insomma,
il romanzo mette le basi della cosmogonia di Murakami, ma mancano ancora
continuità e solidità di fondo. Arriveranno, non abbiate paura.
“Non
posso fare a meno di stupirmi che i Rolling Stones e i Beach Boys siano ancora
sulla cresta dell’onda.” (78) [ricordo siamo nel 1978]
“Uno
scrittore russo ha detto che il carattere si può modificare, ma la mediocrità
resta invariata. I russi a volte tirano fuori delle perle di saggezza. Probabile
che le pensino durante i loro lunghi inverni.” (94)
Haruki
Murakami “A sud del confine, a ovest del sole”
Corriere – Murakami 8 euro 8,90
[A: 01/07/2020
– I: 24/08/2023 – T: 25/08/2023] - &&&
e ½
[tit.
or.: 国境の南、太陽の西
Kokkyō no minami, taiyō no nishi; ling. or.: giapponese; pagine: 204;
anno 1992]
Proseguiamo
nelle letture progressive dell’opera del grande scrittore giapponese. Qui siamo
cinque anni dopo il migliore (per me) romanzo che ho letto, e torniamo nella dimensione
meno fantastica ed onirica della sua produzione. Un libro di formazione con
tanti spunti sparsi, una trama se non lineare quanto meno ben delineata, e
personaggi con un loro interessante spessore. Non è un caso che, tra gli ultimi
letti, si collochi nella pattuglia di punta.
Iniziamo
con tre elementi esterni, o di contorno, ma che comunque sono significativi
nell’epica di Murakami, e nella costruzione dei suoi romanzi. La prima è la
musica, sempre presente, con ruoli diversi all’interno dei testi. Tra l’altro
il protagonista, come Murakami, ad un certo punto gestisce due jazz bar. Musica
che ho estratto anche se non totalmente, e che riporto in una tabella finale.
Gli
altri due sono le due parti del titolo. La prima parte, che indica un confine
che bisogna superare, e questo Hajime pensa ascoltandolo, in realtà è un disco
che i due ragazzi protagonisti della prima parte sentono molto spesso. Si
tratta di “South of the border” di cui pare esistere una versione di Nat King
Cole, ma quella che ascoltano i due è di sicuro quella più famosa di Frank
Sinatra e narra di un amore (infelice) tra due ragazzi intorno al confine tra
Stati Uniti e Messico. Io posso citare, come mio ricordo, la versione italiana,
“Stella d’argento”, cantata da Gino Santercole.
La
seconda, viene spiegata nel finale da Shimamoto come metafora di una malattia
chiamata “isteria siberiana”, dove i locali, durante le lunghe notti e giorni
senza luce, decidono di partire “ad ovest del sole”, finendo per perdersi e
morire. Chiudendo così il cerchio simbolico: dall’amore del primo testo, alla
fine dello stesso, dove si desidera solo annullarsi e chiudere definitivamente
con il passato (morire?).
La
storia in sé è d’altronde una parafrasi con invenzioni della vita di Murakami
stesso. Che riprende il sé stesso di “Norwegian Wood”, un protagonista poco
sotto la quarantina. Ma nel primo si focalizzava sugli anni universitari,
mentre qui si parla della giovinezza e della maturità, saltando gli anni di
mezzo.
Il
protagonista si chiama Hajime, nome che gli viene dato essendo nato la prima
settimana del primo mese del primo anno degli anni Cinquanta, e che in
giapponese significa “inizio”. Ma non è l’inizio di una famiglia, che Hajime
rimane figlio unico, situazione difficile da gestire in un mondo che, dopo la
guerra, spronava le famiglie a fare figli. Nella scuola media, Hajime incontra
un’altra persona solitaria, Shimamoto, emarginata perché ha una leggera zoppia.
I due fanno coppia fissa per tutti gli anni della scuola, creando una premessa
d’amore che allora sono troppo immaturi per vivere sino in fondo.
Fatto
sta che la famiglia di Hajime si trasferisce, e i due si perdono di vista. Qui,
negli anni liceali, Hajime incontra la seconda donna della sua vita Izumi. Ora
i ragazzi sanno meglio cosa vogliono, ma Izumi non è pronta al grande passo, e
Hajime, per ripicca, va a letto con la cugina di lei, creando tra loro un solco
che non potrà mai essere colmato.
A
questo punto c’è un salto nella narrazione e troviamo Hajime nella sua maturità
(?), sposato con Yukiko, con due figlie, e soprattutto avendo realizzato il suo
sogno di aprire dei jazz bar. Un sogno che anche Murakami realizzò in quegli
anni. Non a caso, il nostro autore rimarrà sempre legato alla musica, che serve
da contrappunto alla narrazione, sottolineandone ed evidenziandone alcuni passi.
Ad esempio, nel suo locale “Nido del pettirosso” (dedicato al brano “Robin’s
Nest” interpretato dal grande sassofonista Illinois Jacquet), ascolta un brano
dell’orchestra di Duke Ellington, “Star-Crossed Lovers”, che significa appunto
“Amanti nati sotto una cattiva stella”.
La
vita di Hajime scorre tranquilla, anche se lui rimane sempre un uomo senza
qualità, che si sente incompiuto, che pensa il suo centro essere altrove. Così
non ci meravigliamo che, all’improvviso, ricompare Shimamoto. Rinasce così il
grande sentimento d’amore tra i due, che era solo sopito. Tuttavia, mentre
Hajime sa e può raccontare cosa ha fatto, cosa è successo durante tutti gli
anni della separazione, Shimamoto è reticente, quasi a voler dire: meglio non
sapere, meglio cancellare il passato e godere il nostro presente.
Una
situazione che Hajime non accetta, che cerca di scardinare, che Shimamoto
chiude fuggendo dopo una notte d’amore. Così il nostro torna a casa, ha una
lunga spiegazione con Yukiko, che si dimostra molto più saggia e profonda di
quanto lui stesso fino ad allora aveva pensato. Arrivando al bivio finale:
cercare di ritrovare Shimamoto ed un amore sempre più improbabile o affrontare
il presente con una nuova consapevolezza? A voi lettori scoprirne il finale.
Il
libro, alla fine, rimane un po’ sospeso ed incompiuto, forse con un tocco di leggerezza
che non ci aspetta in Murakami. Ma lui, il testo e la musica ci vogliono
portare a ragionare sulla impossibilità di recuperare il tempo passato. Un
amore finito è finito, anche se delle braci continuano ad illuminare il fondo
delle ceneri. È però una lettura gradevole, scorrevole, forse datata, ma con
quei tocchi, quegli accenni di piccole decisioni della vita quotidiana che, in
ogni caso, fanno riflettere. E se un libro fa pensare, anche alle proprie cose,
è sempre un merito, di Murakami nell’averlo scritto, e di noi lettori di averlo
letto e fatto nostro.
Haruki
Murakami “L’elefante scomparso e altri racconti” Corriere – Murakami 17 euro
8,90
[A:
01/09/2020 – I: 23/10/2023 – T: 25/10/2023] - &&
e ½
[tit. or.: 象の消滅 - Zō no
shōmetsu; ling. or.: giapponese;
pagine: 311;
anno 1993]
Eccoci
ad affrontare un nuovo passo nell’universo narrativo di Haruki, approfittando
della pubblicazione integrale edita alcuni anni fa dal Corriere. Purtroppo, per
me ovvio, ogni tanto lo scrittore si cimenta in racconti piuttosto che in
romanzi, e voi sapete che è un genere che non sempre riesce ad entrare nelle
mie corde.
La
bravura di Haruki è di scrivere racconti e romanzi con lo stesso passo da
scrittore. Non c’è crasi, il testo comincia, dice, ci fa partecipe, si
ingarbuglia o si spiega, finisce. Possono essere passate cinque pagine o
cinquecento, non si sa e non interessa all’autore, che nelle sue righe ci
ricorda un passaggio fondamentale. La lettura è come un viaggio (magari nel
mondo altro dello scrittore, ma sempre un viaggio) ed è per questo che non
conta la destinazione (il finale del testo) quanto il percorso fatto per
giunger lì.
Se
non fosse un po’ scontato, potrei convenire con altri critici che sembrano
testi zen, magari postmoderni, ma con lo spirito giusto, quello di farci
passare, ad un certo punto, attraverso un’esperienza improvvisa e di sicuro
meditativa e profonda, che riesca a portarci al centro delle cose, al cuore
dell’universo, magari solo del nostro, ma a quel cuore.
Per
venire allo scritto, qui compaiono 17 racconti che, stando alla ricerca sui
siti giapponesi, sono stati scritti tra il 1980 ed il ’93, anno della sua
uscita in prima mondiale nella traduzione inglese. Vorrei capire come mai, in
questa edizione italiana, gli anni indicati come scrittura siano diversi da
quelli “ufficiali”. Anche perché suona strano, in un libro pubblicato nel ’93 (un
anno confermato anche dall’edizione italiana) sia presente un testo del ’99.
Per questo io non solo mi rapporto ai dati originali, ma ne scrivo,
brevissimamente, non in ordine di libro, ma in ordine di scrittura, dando solo
i miei piccoli tocchi di memoria.
Una
lenta nave per la Cina (中国行きのスロウ・ボート Chūgoku-yuki no
surō bōto)
Un
ricordo di un incontro con tre diversi cinesi (è interessante come loro si
considerino diversi mentre per noi sembrano uguali). In un divertente (per me)
momento drammatico: il protagonista vuole andare a letto con una ragazza, si fa
dare il numero di telefono (siamo nel 1980, ricordo), poi è nervoso, fuma tre
sigarette e butta pacchetto e numero. Niente sigarette e niente sesso.
Il
messaggio del canguro (カンガルー通信
Kangarū tsūshin)
Una
lettera, un messaggio, sprazzi di un’esistenza non felice. Tentativo di
riprodurre i passaggi mentali mentre avvengono. E i canguri? Uno spunto come un
altro.
Vedendo
una ragazza perfetta al 100%, in una bella mattina di aprile (四月のある晴れた朝に100パーセントの女の子に出会うことについて
Shigatsu no aru hareta asa ni 100 pāsento no onna no ko ni deau koto ni tsuite)
Solito
momento di incomunicabilità diretta, quindi si trasla in una lunga confessione:
un partner perfetto non deve essere bello e/o desiderabile, ma istintivamente
combaciante con i tuoi desideri. Finisce con un piccolo apologo.
L’ultimo
prato del pomeriggio (午後の最後の芝生
Gogo no saigo no shibafu)
Sempre
sensazioni, piccoli momenti, una ragazza che non c’è più, un prato, una madre
ed una ragazza assente. Forse poteva nascere qualcosa, ma …
Granai
incendiati (納屋を焼く Naya o yaku)
Storia
di amicizia con una ragazza strana. Storia di granai che bruciano. Che simbolo
sono i granai? Ne fu fatto un film coreano, dove l’antagonista dice che brucia
i granai ma in realtà è un serial killer.
Il
nano ballerino (踊る小人 Odoru kobito)
Nano
che balla metafora di cosa? Tutto un sogno che coinvolge un re, una rivoluzione,
un ballo con una donna che secerne vermi. Insomma.
Lederhosen
(レーダーホーゼン Rēdāhōzen)
Un
divorzio per colpa dei calzoni tedeschi, i tradizionali pantaloni corti di
cuoio con bretelle.
L’elefante
scomparso (象の消滅 Zō no shōmetsu)
Un
elefante legato scompare facendosi piccolo piccolo, come se diventasse un manga
di sé stesso (da confrontare con “Il gatto venuto dal cielo di Hiraide
Takashi).
Il
secondo assalto a una panetteria (パン屋再襲撃
Pan'ya saishūgeki)
Non
ne parlo, avendolo già tramato!
Affari
di famiglia (ファミリー・アフェア Fami-rii-afea)
Rapporto
tra fratello e sorella rappresentanti i due mondi giapponesi opposti: lui
inconcludente ma pieno di possibilità lei razionale e pronta ad entrare nel
sistema giapponese. È anche fidanzata con un certo Watanabe.
Il
mondo del vento scatenato (ローマ帝国の崩壊・一八八一年のインディアン蜂起・ヒットラーのポーランド侵入・そして強風世界
Rōma teikoku no hōkai, 1881-nen no Indian hōki, Hittorā no Pōrando shinnyū,
soshite kyōfū sekai)
Quattro
momenti di una giornata qualunque del solito inconcludente, peccato che il
titolo originale, prima del vento che domina la giornata parli degli altri tre pensieri/ricordi
del giovane: la caduta dell'Impero Romano, la rivolta degli indiani d’America
del 1881, l'invasione della Polonia da parte di Hitler.
L'uccello-giraviti
e le donne del martedì (ねじまき鳥と火曜日の女たち
Nejimaki-dori to kayōbi no onna-tachi)
Il
nostro “giapponese alternativo tipo” fa dei lavoretti, riceve telefonate
erotiche e va alla ricerca di un gatto scomparso (che si chiama Watanabe). Alla
fine, per sciocchezze, litiga con la moglie. In un’atmosfera che ancora mi
ricorda il libro di Takashi.
Sonno
(眠り Nemuri)
Già tramato!
Gli
uomini Tv (TVピープルTV
Piipuru)
Uno
dei peggiori: piccoli uomini (chiamati dall’autore uomini TV) installano televisori
in ambienti non richiesti. Da un lato rimanda al televisore di “After dark”,
dall’altro alle figure “chibi” tipiche dei manga.
Il
mostriciattolo verde (緑色の獣
Midori-iro no ke-damono)
Una
piccola favola ironica, stile Ranocchio, di una lotta senza esclusione di colpi
tra una donna ed un piccolo mostro verde. Ma il mostriciattolo mi sta più
simpatico.
Le
piace Burt Bacharach? (窓
Mado)
Cronaca
di un incontro che potrebbe portare a letto i protagonisti, ma non succede.
Perché nel titolo quasi scomodare Françoise Sagan invece di lasciare
l’originale “Una finestra”.?
Silenzio
(沈黙 Chinmoku)
Per
me il miglior racconto della raccolta. Non ne parlo, ma illustra un serio e
meditato passaggio di una linea d’ombra verso la maturità, pensando a Conrad,
risciacquato nella modernità.
Come
avete letto, tutti racconti dove è importante il percorso e non l’arrivo. Tra
l’altro, come nello stile di Haruki, molti sembrano potersi concatenare, per
l’atmosfera, e soprattutto per i nomi che ricorrono. Ad esempio troviamo il
nome Watanabe in due racconti, ed anche nel precedente libro “A sud del
confine, a ovest del sole”. Ma la scrittura pacata dell’autore non ci fa certo
dimenticare il senso di solitudine che emana tutta l’antologia (e che ritrovo
in altri autori giapponesi, ed in alcuni miei momenti nell’isola).
Non
eccelso, ma sempre bravo, Haruki.
“Se
qualcosa non corrisponde ai tuoi criteri, non la tocchi neppure. È estremamente
irritante, starti a guardare … in questo modo ferisci la gente, o dai
fastidio.” (168)
“Non
si dimentica mai quello che si vorrebbe dimenticare.” (296)
Haruki
Murakami “L’uccello che girava le viti del mondo” Corriere – Murakami 5 euro
8,90
[A:
09/05/2020 – I: 18/11/2023 – T: 22/11/2023] - &&
+
[tit. or.: ねじまき鳥クロニクル Nejimaki-dori kuronikuru; ling. or.: giapponese;
pagine: 832;
anno 1994]
Devo
dire che è un libro che mi ha preso, mi ha respinto, non mi è piaciuto in molte
parti, altre le ho trovate fantastiche. Risultato finale: ritengo Haruki uno
scrittore da cui non posso prescindere. Ma ritengo anche che alcune parti delle
sue opere non sia personalmente capace di farle entrare nel mio mondo. Così,
alla fine, il giudizio non è esaltante, pur dovendo ammettere che (come fanno
alcuni critici) si sarebbe dovuto spacchettare il giudizio sintetico in una più
dettagliata analisi: storia, struttura, rimandi, scrittura. Tuttavia, ho deciso
che bisogna essere coerenti con il resto delle mie trame ed ho condensato tutto
in un unico valore.
Cominciamo
allora a considerare la parte formale del libro e le sue possibili traduzioni.
Intanto, in Giappone venne pubblicato come tre libri distinti, riuniti poi per
la prima volta nella traduzione inglese. La distinzione rimane nelle tre parti
del libro come noi lo leggiamo, anche se (e se ne nota una differenza
stilistica) le prime due parti furono concepite unitariamente mentre la terza
venne scritta l’anno seguente.
Il
titolo originale del complesso “Nejimaki-dori kuronikuru” può venir tradotto
come “Cronache dell’uccello a molla”, dove “uccello a molla” viene spesso
tradotto “uccello giraviti”. Ora, è nota ai più anziani l’esistenza di piccoli
uccelli meccanici che venivano caricati con una molla. Ma ha anche un suo senso
l’uso del termine “giraviti”, dove ci si rifà al disfacimento delle cose, alla
perdita di consistenza, come se fossimo tenuti insieme da viti, e ci fosse
qualcuno che si prendesse carico di rimetterci insieme, girando le viti, e
ricomponendoci.
I
tre libri, poi, sono titolati da Haruki come “Libro della gazza ladra”, “Libro
dell'uccello profetico” e “Libro dell'uomo cacciatore di uccelli”. In italiano
le tre parti vengono invece indicate come “La Gazza Ladra”, “L’uccello profeta”
e “Il Flauto magico”. Vediamo come le prime due (quelle originarie) mantengono
la loro funzione nominale, mentre la terza è decisamente (e senza motivo)
modificata.
Altro
dato importante è la struttura temporale del testo, che potremmo così
riassumere:
a)
La Gazza ladra: da giugno a luglio 1984, dove
tuttavia i primi due capitoli fanno un flash-back sugli avvenimenti dei due
mesi precedenti;
b)
L’uccello profeta: da luglio ad ottobre 1984;
c)
Il flauto magico: da marzo a dicembre 1985, dove
i primi due capitoli si riferiscono a fatti che avverranno in dicembre, mentre
il terzo fa un riepilogo di quanto è avvenuto da ottobre ’84 a marzo 85.
La
storia in sé è una tipica storia di Haruki dove succede tanto quando non
succede nulla. Seguiamo il progredire del personaggio centrale, Toru Okada, un
uomo che incarna la passività di chi si lascia vivere, ma che, spinto da
avvenimenti esterni, deve trovare una consapevolezza di sé, deve lottare, deve
capire chi sia e cosa sono le cose che vuole. La sua storia la scopriamo man
mano, ex impiegato in uno studio legale, vive nella casa dello zio, con un
gatto e con la moglie Kumiko. Moglie che ha sposato nonostante l’opposizione
della famiglia di lei.
Scompare
il gatto, nella sua ricerca Toru incontra prima la giovane May Kasahara, poi la
sensitiva Malta Kano con la sorella Creta. Senza successo, anzi, tornando a
casa, trova che anche Kumiko scompare. Forse ha un amante o forse è presa dalle
turbe del suo passato. Dove troviamo la sorella più grande suicida ed il
fratello maggiore Noboru Watanabe odioso arrivista e manipolatore della gente.
Forse anche dal punto di vista sessuale. Fatto sta che Toru e Noboru diventa i
due poli opposti della vicenda, dove il bene dell’uno fa da contraltare al male
dell’altro. Alternandosi fino alla fine.
Questo
nelle prime due parti, che hanno un andamento quasi realistico. Nella terza,
improvvisamente, a Toru compare una voglia in faccia e da questo punto comincia
la parte “onirica” tipica di Haruki, quella che io riesco a seguire non tanto
bene (come in “1Q84” ed in altri suoi scritti). Incontra una strana signora,
Nutmeg (Noce Moscata) Akasaka e suo figlio Cinnamon (Cannella), diventa un loro
strano strumento per dare sollievo psicologico con la sua presenza (o con
quella, strana, della sua macchia facciale). Fino a trovare il modo di
rintracciare Kumiko, forse prigioniera di Noboru o forse fuggita da lui.
Alla
fine è lui che prevarrà su Noboru, ma il tocco finale spetterà a Kumiko. Come?
Leggete le oltre 800 pagine per saperlo, laddove, oltre a questa, ci sono mille
storie che si intrecciano. Sensitivi che mandano messaggi, come Toshiru Honda
che aveva favorito le nozze tra Toru e Kumiko, e che, morendo, fa incontrare
Toru con il tenente Mamiya.
Qui
si apre una gigantesca parentesi laddove Mamiya narra della guerra
sino-giapponese, e della nascita e distruzione dello stato fantoccio del
Manciukuò. Lì Mamiya viene salvato da morte certa da Honda. Lì, ma lo sapremo
solo molto dopo, viveva Nutmeg ma fuggì prima della resa dei giapponesi, mentre
vi rimase e venne ucciso il padre. Che aveva una macchia anche lui e che, come
Toru, riusciva a sentire il verso dei famosi “uccelli a molla” mentre
avvitavano e svitavano le viti del mondo.
Insomma,
Haruki fa in modo che molto si intrecci, che personaggi lontani risultano
legati da fatti non comprensibili, in questa terza parte che vorrebbe spiegare
tutto, ma che, alla fine lascia molto in sospeso. Noi abbiamo seguito
l’evolversi di Toru, la sua presa di coscienza, ma non tutto quello che avviene
nel libro viene portato ad una soluzione razionale. Come dice un personaggio
“ci sono molte più cose di quelle che sappiamo, perché noi vediamo sempre solo
una minima parte di ciò che esiste”.
Facendo
un rapido sunto quindi abbiamo una decina di personaggi che intrecciano le loro
vite. Al centro c’è Toru Okada di cui abbiamo detto. Poi c’è Kumiko la moglie,
con il suo complicato passato familiare. Soprattutto in rapporto con l’odioso
fratello Noboru. Ci sono le sorelle Kano, Malta la sensitiva e Creta
l’ex-prostituta che ha rapporti sessuali onirici con Toru. C’è la diciasettenne
May Kasahara, che avrà sempre un ottimo rapporto con Toru, ed i loro dialoghi
sono tra le parti migliori del testo. C’è il sensitivo Honda, il tenente Mamiya
ed il tuttofare Ushikawa. Infine c’è il gatto, elemento simbolo spesso usato da
Haruki.
Altro
dato che salta agli occhi è la ricorsività di situazioni e personaggi
nell’opera di Haruki. Il primo capitolo del libro è la riproposizione del
racconto “L’uccello-giraviti e le donne del martedì” presente nell’antologia
“L’elefante scomparso e altri racconti”. Il laido tuttofare Ushikawa (un lacchè
di Noboru) apparirà nella successiva “1Q84”. Creta Kano è la protagonista di un
racconto del ’93 mai tradotto in italiano. Noboru è presente anche in “Affari
di famiglia” come fidanzato della co-protagonista (racconto sempre
dell’antologia sopracitata). Ed è anche il nome del gatto di Toru, che, mi ero
dimenticato, ad un certo punto torna a casa. E da quando torna la vita di Toru
ha una svolta positiva.
Da
un punto di vista simbolico, poi, ci sono quattro punti fondamentali che
soggiacciono a tutto il romanzo. Il desiderio che si manifesta sempre in
negativo: il desiderio di Noboru per il potere o quello di Toru per Kumiko che
lo porta negli abissi del suo io interiore. Il potere sia quello cercato da
Noboru e che per viverlo sacrifica tutto sé stesso, perdendosi. Ma anche quello
di Toru che non lo ha all’inizio, ma che lo trova in sé stesso, e con questo
troverà la forza di ritrovare Kumiko. L’alienazione, tipica anche della società
giapponese, dove vediamo alla fine che tutti i personaggi sono connessi tra
loro, ma non ne hanno la consapevolezza. Con uno stretto collegamento con l’inquietudine
del quotidiano dove accadimenti banali possono portare in posti ignoti (una
telefonata, la scomparsa di un gatto, un acquisto sbagliato).
Infine,
altro tema costante di Haruki, la realtà. Che cos’è la realtà? Possiamo
modificarla cambiando nome (come farà Creta Kano). Ma è anche un modo di
presentarci quello che avviene distorto da politici e mass-media. Come nelle
lunghe disgressioni sull’invasione della Manciuria da parte dell’esercito
giapponese. Ed è proprio il ripensare a quella guerra che porterà Haruki alla
scrittura del suo libro successivo, di cui parleremo dopo averlo letto.
Ma
voglio finire, oltre che ricordando alcune delle musiche presenti nel testo,
come da piccolo elenco sottoindicato, con quel momento che a me ha dato
speranza e serenità. In mezzo a tutte le problematiche, May è fuggita lontano,
e dalla finestra del suo eremo guarda un laghetto ghiacciato, da dove sono
fuggite via le anatre che vi navigavano con il bel tempo. May si domanda dove
saranno andate, e subito tutti pensiamo ad un altro stagno, ad un altro libro,
e ad un ragazzo che si faceva la stessa domanda. Un ragazzo di nome Holden.
“Vivi
con me … ma quando mai hai preso a cuore sul serio la mia felicità?” (37)
“Non
è che basti ammettere i propri errori per risolver tutto. Che uno li ammetta o
no, gli errori restano errori.” (286)
Ad
una trama lunga, porgo ai miei lettori due brevi citazioni di Valeria Parrella tratte da “Ma quale amore”, sull’espressione
dei sentimenti, in modi differenziati:
“Sono sprofondata in un’impasse del rapporto
per cui non riesco a dire in modo naturale quello che sento.” (62)
“Un grande amore, quando diventa un ex
grande amore, smette di essere un grande amore” (100)
Continuo, imperterrito, ad augurare a tutti di viaggiare, perché “leggere è viaggiare” e viceversa. E come diceva un grande esperto di viaggi (il compianto Nicolas Bouvier) il viaggiatore è chi, mentre torna da un viaggio, inizia a programmare il prossimo. Un caldissimo abbraccio a tutti.
Appendice: La musica di
Murakami
Come è ben noto, i libri di Murakami
sono pieni di citazioni musicali. Ecco allora quelli che ho tirato fuori da
queste letture:
da “Tutti i figli di Dio danzano”:
Autore |
Titolo |
Racconto |
The Beatles |
Riferimento generico |
Atterra un Ufo su Kushiro |
Bill Evans |
Riferimento generico |
Atterra un Ufo su Kushiro |
Pearl Jam |
Riferimento generico |
Paesaggio con ferro da stiro |
The Beach Boys |
“Surfer Girl” |
Thailandia |
Bud Powell |
Riferimento generico |
Thailandia |
Buck Clayton |
Riferimento generico |
Thailandia |
Harry Edison |
Riferimento generico |
Thailandia |
Lionel Hampton |
Riferimento generico |
Thailandia |
Earl Hines |
Riferimento generico |
Thailandia |
Bud Powell |
Riferimento generico |
Thailandia |
Lester Young |
“I Can’t Get Started” |
Thailandia |
Erroll Garner |
“I’ll Remember April” |
Thailandia |
Benny Goodman Sextet |
Riferimento generico |
Thailandia |
Coleman Hawkins |
Riferimento generico |
Thailandia |
Schubert |
“Piano Quintet in A Major, D, 667 (Quintetto della Trota)”
|
Torte al miele |
Autore |
Titolo |
Capitolo |
Rossini |
Overtures (non specificate) |
1 |
Edvard Greig |
Suite da Peer Gynt |
1 |
Liszt |
Concerti per Piano |
1, 12 |
Beethoven |
Sinfonia n. 6 (Pastorale) |
1 |
Bing Crosby |
Riferimento generico |
1, 8 |
Nat King Cole |
“Pretend” |
1, 14 |
Nat King Cole |
“South of the Border” |
1, 14 |
Franz Schubert |
Viaggio invernale |
7 |
Antonio Carlos Jobim |
“Corcovado” |
8 |
Nat King Cole |
Riferimento generico |
8, 14 |
Talkin' Heads |
“Burning Down the House” |
8 |
Sir Charles Thompson |
“Robin's Nest” |
8 |
Duke Ellington |
“Star-Crossed Lovers” |
9 |
Duke Ellington |
“Embraceable You” |
9 |
Handel |
Concerto per Organo |
10 |
Mozart |
Quartetto (non specificato) |
14 |
Telemann |
Riferimento generico |
15 |
Vivaldi |
Riferimento generico |
15 |
Herman Hupfield |
“As Time Goes By” |
15 |
Autore |
Titolo |
Racconto |
Santana |
Riferimento generico |
Una lenta nave per la Cina |
Kenneth Alford |
Marcia “Colonel Bogey” |
Il messaggio del canguro |
The Doors/Jim Morrison |
“Light My Fire” |
L’ultimo prato del pomeriggio |
The Beatles |
“The Long and Winding Road” |
L’ultimo prato del pomeriggio |
Creedence Clearwater Revival |
Riferimento generico |
L’ultimo prato del pomeriggio |
Grand Funk Railroad |
Riferimento generico |
L’ultimo prato del pomeriggio |
Three Dog Night |
“Mama Told Me Not to Come” |
L’ultimo prato del pomeriggio |
Miles Davis |
“Airegin” |
Granai incendiati |
Johann Strauss |
Walzer (non specificato) |
Granai incendiati |
Ravi Shankar |
Riferimento generico |
Granai incendiati |
The Rolling Stones |
Riferimento generico |
Il nano ballerino |
Ravel |
Daphnis and Chloe |
Il nano ballerino |
Glenn Miller |
Riferimento generico |
Il nano ballerino |
Mitch Miller |
Riferimento generico |
Il nano ballerino |
Charlie Parker |
Riferimento generico |
Il nano ballerino |
Frank Sinatra |
“Night and Day” |
Il nano ballerino |
Wagner |
Overture da “Tannhäuser” |
Il secondo assalto a una panetteria |
Wagner |
Overture
da “L’olandese volante” |
Il secondo assalto a una panetteria |
Bruce Springsteen |
“Born in the U.S.A.” |
Affari di famiglia |
Herbie Hancock |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
Julio Iglesias |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
Bruce Springsteen |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
Jeff Beck |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
The Doors/Jim Morrison |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
Willie Nelson |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
Cyndi Lauper |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
Richie Beirach Trio |
Riferimento generico |
Affari di famiglia |
Sly and
the Family Stone |
Riferimento generico |
Il mondo del vento scatenato |
Shostakovich |
Concerto per Violoncello (non specificato) |
Il mondo del vento scatenato |
Rossini |
La Gazza Ladra |
L'uccello-giraviti e le donne del martedì |
Haydn |
Riferimento generico |
Sonno |
Mozart |
Riferimento generico |
Sonno |
Burt Bacharach |
Riferimento generico |
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Autore |
Titolo |
Capitolo |
The Percy Faith Orchestra |
“Tara’s Theme” |
5 |
Schumann |
“Bird as Prophet” |
11 |
Čajkovskij |
Serenata per archi |
11 |
Bach |
Offerta musicale |
14 |
Rossini |
“La Gazza ladra” |
31 |
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