domenica 7 luglio 2024

Ricorrenze e ricordanze - 07 luglio 2024

Un titolo che forse non attiene al contenuto della trama in sé e per sé, ma che ha altre valenze. La prima riguarda la numerologia della trama, che è la ventiquattresima del ventiquattresimo anno del secolo. Già un bell’incrocio. Poi ricorre (ma certo è poco noto ai più) la mia partenza per il servizio militare avvenuta, per l’appunto, in un giorno “superfortunato”, il 7 luglio 1977, cioè 07/07/77. E non dico altro, ma vengo ai testi.

Italiani, di buon livello seriale con Emilio Martini, Barbara Bellomo e Gianrico Carofiglio. Di interesse sempre presente con il ritorno del commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone, anche se, da De Giovanni mi aspetto sempre qualche cosa in più.

Emilio Martini “Il ritorno del marinero” TEA euro 10 (in realtà, scontato a 9 euro)

[A: 18/11/2020 – I: 28/12/2023 – T: 29/12/2023] &&& --

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 234; anno: 2018]

La cronologia delle opere di Emilio Martini è un tantino confusa dal fatto che le pubblicazioni hanno avuto diverse case editrici, nonché ristampe ed altro, ma, per quanto riguarda le mie conoscenze ed i miei libri, questa risulterebbe la settima inchiesta del commissario Berté. Il secondo elemento di confusione è stato anche che per i primi romanzi l’autore si nascondeva, e solo col tempo si è rivelato essere … due, e per meglio dire, come per Diabolik, due sorelle, Elena e Michela Martignoni. Non entreremo nei loro perché, rimandoci legati a Martini ed alle sue storie.

Dove seguiamo le avventure del commissario Luigi (Gigi) Berté, trasferito da Milano in Liguria per dissapori vari (è assai burbero, invero). Ma lì, nel luogo inventato di Lungariva ha trovato (o ritrovato) una sua strada. Non è rimasto ancorato al passato, alla Rocco Schiavone, ma si è man mano costruito un presente. Con una bella squadra di indagini, ma soprattutto con il rapporto con la dolce ed innamoratissima Marzia.

Visto che sono passati due anni dall’ultima lettura ricordiamo anche altre caratteristiche del corpulento protagonista: una buona dose di intelligenza, deduttiva e pronta all’ascolto, una puntualità lombarda che spesso lo mette in difficoltà nei rapporti (soprattutto con la sua squadra) controbilanciata, sul piano personale, da una gelosia da profondo sud. Ha smesso di fumare, ma non smette, neanche qui, di mangiare, addicted ad esempio dell’untuosa pizza del forno Bernasconi. Anche se adora Marzia, non manca di farle notare le sue insofferenze verso i locali affollati e verso lo shopping in generale. In ultimo, la sua pianta preferita è la paulonia (andatela a vedere) ed il suo aperitivo immancabile è il … Martini (banalotto, eh!).

A parte l’indagine del romanzo, il libro è innervato da alcune storie di secondo piano, ma che incidono su Berté. Il questore di Milano lo rivuole in sede, e questo innesta una crisi di coscienza: voglia di tornare e voglia di restare a Lungariva con Marzia. Marzia, incinta, perde il bambino, ma i due, si capisce tra le righe, forse pensano di riprovarci. Infine, viene rubato il suo portatile, laddove scrive i suoi racconti. Piccole storie che innervano anche gli altri romanzi, e che servono a volte da contraltare alle inchieste. Un colpo pesante, che verrà risolto in modo positivo da Marzia, così che, alla fine, c’è un racconto che distende in Berté l’animo triste di un inchiesta abbastanza complicata.

Perché gira tutto intorno a Sebastian Scettro, detto il Marinero, che dopo nove anni torna a Lungariva, dove vivono la nonna, i fratelli, gli amici e le amiche di sempre. Era fuggito con la sua barca dopo essere stato accusato di violenza dalla sua ex Nathalie, ed anche perché invischiato in qualche losco traffico. Torna e non trova di meglio che prendersi tre pallottole nel cuore, partite da una rivoltella d’epoca, forse addirittura della Seconda guerra mondiale.

E tutti, chi più chi meno, hanno motivi e mezzi per farlo fuori: fratelli in lite, innamorate deluse, amici scontenti, frequentazioni al limite della legge. La rivoltella era del nonno, che l’aveva venduta a qualcuno, ma non sappiamo chi. E poi vediamo che, alla rinfusa.

Il suo sodale lo cercava che aveva nascosto una refurtiva nella custodia della chitarra del Marinero, che però era partito senza dirgli dove fosse. Nathalie, che si era pentita delle accuse (tra l’altro false), era sempre innamorata e forse combattuta tra amore e gelosia. Di certo geloso era il titolare del negozio dove lavora Samantha, che da nove anni cerca di convincere la giovane a sposarlo, ed ora non vede certo un aiuto nel ritorno del girovago. Anche gli amici “fraterni” forse non lo erano tanto, che Seba aveva avuto una storia nascosta con Vera, senza che Antonio il marito sospettasse. Fatto sta che Simona ora ha nove anni…

Anche senza l’aiuto della sua coscienza Bastarda che qui sembra averlo abbandonato, e che lo fa sbandare un po’, alla fine il nostro Gigi troverà il bandolo che consegnerà alla nonna di Seba, unica a rimanere candida e pura in mezzo a tutta la confusione. Rimane solo un dubbio, dopo che la Bastarda torna a farsi sentire e noi ci dobbiamo sorbire anche un raccontino: il commissario Berté rimarrà in Liguria o tornerà in Lombardia?

Non so se è uscito l’ottavo volume, ma staremo in guardia, restando anche sulle parole di Emilio Martini, magari non capolavori, ma capaci di cullare riposi estivi (o invernali).

Barbara Bellomo “Il terzo relitto” TEA euro 10

[A: 04/10/2019 – I: 26/01/2024 – T: 27/01/2024] &&&

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 380; anno: 2017]

Avevo letto anni fa con discreto interesse il primo libro di Barbara Bellomo, “La ladri di ricordi”, imperniato sulle prime mosse dell’archeologa investigatrice Isabella De Clio. Una discreta lettura, con un misto di indagini, suspense, momenti personali e storia romana. D’altra parte, l’autrice ha lavorato per diversi anni presso la cattedra di Storia romana all’Università di Catania. Ho quindi iniziato con un po’ di attesa ed un po’ di apprensione questo secondo episodio della serie di Isabella.

Poteva cadere di tono, perdersi in modi manieristici sul piccolo successo del primo. Invece, pur avendo alti e bassi, e con qualche deviazione qua e là dalla trama principale, il romanzo si mantiene gradevole, anche nelle parti storiche che, anche se con qualche invenzione, risultano ben fatte e coerenti.

Dicevo, forse, la cosa migliore è la ricostruzione inventata della storia romana intorno alla prima guerra punica. La guerra con i Cartaginesi inizia intorno al 264 a.C., con la preminenza navale dei fenici. Per questo Roma si impegna alla costruzione di una flotta, che nel 261 a.C. sbarca a Lipari al fine di impegnare i nemici tra Milazzo e Palermo. Qui parte la fantasy. Vero è il comandante romano, il console Gneo Cornelio Scipione Asina, di fantasia la quinquereme che cerca di fuggire con a capo Lucio Calvinio. Le cronache, infatti, riportano la sconfitta romana e la prigionia di Asina per anni in quel di Tunisi.

Detto così sembra il romano un codardo. Visto nella prospettiva di Barbara che racconta si lasci prendere per permettere alla nave di Lucio di fuggire, si capisce meglio che, quando Asina fu liberato dopo cinque anni, gli fu ridato il comando della flotta, sconfisse i Cartaginesi, conquisto Palermo e gli fu decretato il trionfo in Roma. Cosa impensabile se fosse stato sconfitto con disonore.

Per imbastire questo “pastiche” storico, la nostra storica scrittrice utilizza di nuovo la simpatica Isabella. Sono passati tre anni dal libro precedente (e siamo nel 2017 come dimostrerò più avanti e non perché così dicono i diritti d’autore), Isabella è ricercatrice presso il Museo di Avola (poco a sud di Siracusa), ma, invitata ad un convegno a Genova scopre un papiro che parla della flotta di Asina e di come tre navi cercarono la fuga.

Qui ci imbattiamo nel ricorrente problema di Isabella: abbandonata dal padre a sette anni, cerca sempre di trovare sicurezze rubando piccole cose a destra e manca. Così come ruba il microfilm che parla di Asina, e poi, una volta cercatone riscontro nei libri di storia, si domanda come portare avanti la sua ricerca.

Qui, la sua vicenda si incrocia per la parte tecnica con il Museo di Archeologia Subacquea di Luca Tridente e Paul Anderson, che venti anni prima aveva trovato due barche romane vicino alle coste delle isole Eolie, e per la parte personale con i trasporti di Isabella verso l’altro sesso. È attratta da Ottavio, anche se non sa che questi è il nipote di Tridente, ma anche da Paul, che purtroppo per lei è sposato. Come sposato è il commissario Caccia che la aiutò nella prima inchiesta e che le rimane sempre nel cuore.

Tra un furto ed una (o più) notti d’amore, viene anche alla luce la storia delle prime scoperte archeologiche, e della tragica morte di una ricercatrice subacquea, Carla. Questa era la fidanzata di Paul, ma soprattutto una donna corretta e rispettosa delle leggi. Mentre Paul e Luca, probabilmente, avevano qualcosa di losco da nascondere, che cercavano di nascondere il più possibile i traffici intorno ai relitti. In questo aiutati dal giovane avvocato Ottavio. Carla era anche bersaglio della gelosia di Giulia. Questa era sposata con Antonio, ed i due avevano per primi trovati i relitti che poi erano oggetto della ricerca di Paul e Carla.

Ma Giulia era anche innamorata di Ferdinando, e non vedeva bene l’aggirarsi di Carla, single, tra tutti questi uomini. Giulia e Antonio, però, se ne vanno dall’isola poco dopo i tragici fatti e non tornano più. Solo ora Giulia, rimasta vedova, torna per cercare di riallacciare il rapporto con Ferdinando.

Insomma un guazzabuglio che un romanzo rosa sembra un componimento scolastico delle medie. Anche perché, sul lato ricerche, Isabella fa scoperte insieme a Paul, all’insaputa di tutti, trovando, lì dove il microfilm lo indicava, tracce della terza nave (quella del titolo) ed un coltello che, da brava cleptomane, fa subito sparire. Un furto che le salverà la vita quando verrà messa in situazioni difficili nel corso dei finali dell’opera.

Finali che la vedono riflettere su Ottavio, su Paul, sulla morte di Carla, sulla fortuna museale di Luca. Insomma su tutto l’universo del libro. Che finisce con note positive sulla vita lavorativa della nostra, e meno su quella privata. Chissà se la lettura, per ora non prevista, del terzo libro porterà a dei chiarimenti.

Alcune cose finali. Intano il soprannome di Gneo Cornelio, laddove Asina che tutti indicavano come per uno che avesse paura dell’acqua, come appunto le femmine della specie, alla fine (così come riportato dai testi in particolare di Valerio Massimo, che nel suo “Fatti e Detti memorabili” cita Asina come esempio della fortuna che cambia la vita) viene appunto riferito alle vicende sociale del nostro, che pare dovesse portare un asino carico d’oro in Senato per pagare le spese del matrimonio di una sua figlia, come dice Macrobio.

L’altro è l’anno. Ad un certo punto si parla di una domenica 2 aprile, e nel decennio passato l’unico anno con tale data è appunto il 2017. Meno chiaro è l’accenno nel capitolo precedente, che si svolge il 29 marzo, laddove Ottavio chiede a Isabella se deve lavorare il giorno dopo, e poi ripete “Ma tu lavori anche la domenica?”. Sarà un refuso o una mia poca agilità nella comprensione del testo?

In ogni caso, come dicevo all’inizio, una lettura facile e godibile.

Gianrico Carofiglio “L’orizzonte della notte” Einaudi s.p. (Regalo della sig.ra Laura)

[A: 02/04/2024 – I: 18/04/2024 – T: 19/04/2024] &&& e ½    

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 280; anno: 2024]

Non mi aspettavo un regalo pasquale, ma non solo è gradito, ma l’ho anche messo subito in lettura tra le novità. Tra l’altro, è il ventesimo testo di Carofiglio che entra nella mia biblioteca, segno di un discreto amore per la sua scrittura. Certo, con alti e bassi, che i sei volumi già letti dell’avvocato Guido Guerrieri si collocano ben sopra le altre letture poliziesche dell’autore. Lasciando a parte gli altri romanzi, i libri di cucina e memoir, ma soprattutto quello a me più gradito sulla città di Bari (“Né qui né altrove”).

Con questo siamo alla settima avventura del nostro avvocato, e ne seguiamo l’andamento cronologico, che anche lui “invecchia”, anche se forse non arriva ancora ai sessanta dell’autore. Non solo, ma i tormenti esistenziali che manifesta sono anche quelli di Carofiglio, o almeno così me li immagino, che quindi danno all’impianto generale del romanzo, una valenza non solo “thriller”, ma anche e soprattutto personale ed intima.

Dicevo, c’è l’impianto giallo anche senza non c’è suspense, e molta della trama “quasi noir” si aggira intorno alla parte legale della trama. Spesso non facile da seguire, anche se Carofiglio ci mette molta buona volontà, sia per spiegarla sia per non farla pesare troppo al lettore poco aduso a questi dibattimenti. Anche perché, magari, noi siamo più ferrati sulla giurisprudenza americana alla Grisham, più che su quella italiana.

Il filo rosso che lega il testo si coniuga con la vendetta. Quella attiva, ma forse involontaria, di Elvira Castell, quella passiva che Guerrieri subisce dal tempo che passa. Tutto comincia con un bel tocco di personale umanità, che incontriamo di nuovo uno dei sodali dell’avvocato, Ottavio, il libraio notturno dell’”Osteria del Caffelatte”, che coinvolge Guido nelle vicende di Elvira. In lutto per il suicidio della gemella, da lei attribuita a Giovanni, compagno della sorella nonché suo persecutore. Per cui Elvira lo affronta e lo uccide. E poi chiede aiuto, prima a Ottavio e poi all’avvocato. Guido ne accetta la difesa, impostandola sulla legittima difesa, sostenendo Elvira essere stata aggredita da Ottavio, prima dello sparo. Peccato che lei la pistola la portava da casa. Per difendersi, sostiene Elvira. Per vendicarsi, sostiene l’accusa.

E mentre i tempi della legge scorrono paralleli al tempo normale, con interesse (maggiore direi) seguiamo le vicende di Guido-Gianrico. È stata da poco lasciato da Annapaola, più o meno sua fidanzata, e lasciata per una giovane spagnola. riceve un messaggio post-mortem della sua storica amica e sodale Margherita, stroncata da un cancro. Tutto ciò non lo aiuta ad affrontare i dubbi del processo ad Elvira, tanto che intensifica una pratica da poco iniziata, seppur con convinzione limitata: le sedute periodiche con uno psicanalista.

Così entriamo meglio nel suo mondo, con gli interessanti dialoghi tra i due, che oltre a spaziare nei ricordi di una vita di Guerrieri (e su una cosa torneremo più avanti), evidenzia alcune forti contraddizioni nel suo stato attuale professionale ed etico. Perché c’è un forte contrasto tra l’atteggiamento che, come avvocato, deve seguire, ed il suo convincimento che forse Elvira è proprio colpevole. E quindi come decidete se perseguire la giustizia o la propria serenità personale? Arrivando al dilemma che dà origine al titolo: se di notte l’orizzonte non si vede, possiamo dire che esiste? Se facciamo assolvere un colpevole, è ancora giustizia?

Sia nella professione che con lo psicologo si evidenzia il timore (anche dello scrittore) legato allo scorrere del tempo, tanto che adombriamo la possibile fine delle avventure di Guido, soprattutto per tutta la parte finale, dedicata alla conclusione del processo (dove vi dico poco, che per me è solo incidentale) e dalle riflessioni di Guido, che porta anche il lettore a riflettere sulla propria vita, sulla base, anche, delle parole della poesia che cito in finale. Per chi non lo ricorda è una poesia senza titolo, che posteriormente venne intitolata “Invictus”, e che era il mantra che Nelson Mandela si ripeteva in carcere, con quel grido potente a cui ci associamo: “io sono il padrone della mia vita”.

In questo andamento indolente e dolente di scrittura, come detto sopra, ci sono momenti, tra Guido e lo psicologo, da prendere e meditare a lungo: le esperienze infantili, i turbamenti adolescenziali, i sempre difficili rapporti con i genitori, racchiusi in un lungo monologo verso pagina 200, che non poteva che suscitare in me ricordi assonanti.

In ogni caso, Carofiglio mi garba nella scrittura, e ve ne parlerò ancora a lungo.

“Un tipico segno dell’età che avanza è pensare sempre più spesso ai presunti, tipici segni dell’età che avanza.” (61)

“Perché si deve morire? … Perché è proprio questo che rende la vita bellissima e preziosa.” (125-126)

“Tutti siamo chiamati a portare a compimento la nostra vita meglio che possiamo.” (148)

“Non importa quanto sia stretta la porta / quanto pieno di castighi il destino / Io sono il padrone della mia sorte [poesia di William Ernest Henley]” (254)

Maurizio de Giovanni “Soledad (Un dicembre del commissario Ricciardi)” Einaudi s.p. (regalo di Alessandra)

[A: 25/12/2023 – I: 20/01/2024 – T: 22/01/2024] &&& --     

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 279; anno: 2023]

CR15

Nuovo episodi del mio amatissimo commissario Ricciardi, che tuttavia, anche lui, un po’ si sta incartando. Certo, la capacità di de Giovanni è di mantenere in piedi il circo dei personaggi, senza lasciarne cadere alcuno e portandone avanti le storie. Tutto ciò, però, a scapito della parte giallo-poliziesca che, almeno nei primi episodi, aveva un suo spazio di interesse.

Certo anche qui c’è il morto, anzi la morta, ma l’intreccio si capisce già dalle prime battute, e tutte le altre 250 pagine, pur tornando sull’argomento, si occupano di altro.

Vediamo tornare, oltre al commissario, tutti i personaggi delle storie di de Giovanni: la figlia Marta, la famiglia Colombo (soprattutto il suocero), la domestica Nelide, il dottor Modo, la contessa Bianca, il brigadiere Maione e famiglia, il questore Garzo ed anche, con alcuni interventi inutili alla trama attuale ma forse forieri di sorprese nei prossimi (probabili) episodi, la cantante Livia.

Marta ha molto meno spazio del precedente episodio. Capiamo solo, da un breve stacco nel parco, che lei non sente i morti come il padre, ma i vivi che hanno problemi di fonia, siano essi il piccolo Federico (qui assente) che il cattivo guidatore di caprette.

La famiglia Colombo è associata idealmente ai problemi del questore Garzo. Che i Colombo sono ebrei, come Rachele, la moglie di Garzo, nonché Sara e Rebecca, le due figlie. Dato che non solo ci sono stati l’anno precedente le leggi razziali (la storia si svolge nel dicembre del ’39), ma c’è stata l’invasione della Polonia da parte dei nazisti in settembre, i venti di guerra che si avvicinano, nonché l’inasprirsi delle persecuzioni verso gli ebrei. Motivo per cui Garzo ipotizza di fuggire con la famiglia in Francia, ed il nostro pensa di rifugiarsi, insieme a Marta ed ai Colombo nella tenuta avita in campagna.

Nelide è sempre presente, con i suoi proverbi in cilentano stretto, ma anche con una piccola storia di possibile amore con il verduraio. Storia che qui non ha seguito, ma chissà.

Seguiamo il dottor Modo nelle sue piccole (dis)avventure legate a possibili dissidenze con il regime. Ed anche alla maniera in cui, inaspettatamente, si salva da una retata e forse inizierà a lavorare clandestinamente verso possibili resistenze, per ora solo ipotizzate.

La contessa Bianca è sempre tormentata dal suo affetto nascosto verso Ricciardi, che non si palesa mai, e dall’amore verso Marta, cui la lega le promesse con la defunta Enrica. Ma dovrà fare i conti con la realtà, e forse troverà altre strade.

Il simpatico brigadiere, invece, oltre ad essere di supporto nelle indagini, è assillato dal problema del figlio minore, troppo imbevuto di retorica fascista, tanto da commettere qualche atto poco raccomandabile. C’è un pippone natalizio di Maione sugli eroi e sulle loro gesta, di cui si capisce il destinatario, ma non se abbia successo.

Ricciardi si muove sempre con circospezione, intorno alla morta, alla di lei madre con problemi deambulatori e molta necessità di cure ad attenzione, financo agli amanti e protettori della morta. L’anziano Catello che le fornisce di che vivere ed il giovane fascista rampante di cui si è invaghita, ricambiata, e con il quale sembra aver avuto rapporti molto intimi. Ma come detto è una storia flebile, che, se seguiamo i vari passi formali, si potrebbe sciogliere in poche battute ma viene tirata per le lunghe, fino alle pagine finali.

Dicevo, ci sono anche le puntate in Argentina, dove si è rifugiata Livia per superare il dolore della morte del figlioletto. Ma da dove vuole tornare in Italia, incurante dei possibili pericoli guerreschi. La parentesi sudamericana serve anche all’autore per inzepparci con uno dei più belli e tristi tanghi di Carlos Gardel, “Soledad” che serve anche a titolare il romanzo. Un tango che parla della solitudine seguente un abbandono, solitudine che, chi più chi meno, tutti nel libro patiscono. Perché, e lo sappiamo bene anche noi, la solitudine si sente anche in grande compagnia. Ed è ben diversa dall’essere “solo”, come nessuno in questo libro è.

Una solitudine che tuttavia va in parallelo con l’altro sentimento che innerva il testo: l’amore. Quello di Ricciardi per la sua Enrica ed ora per Marta. Quello di Maione per la sua famiglia. Quello di Bianca verso destinatari cui non arriverà. Quello di Nelide che per amore rinuncia all’amore. Quello di Livia che lascia cantando l’ultimo quadro dall’Argentina; ovviamente cantando “Volver”, un tango sempre dell’immenso Gardel.

Finisco con un ultima citazione musicale. La contessa Bianca, nei suoi momenti solitari, continua ad ascoltare il jazz del suo amante morto. Ed in particolare più volte ritorna ad “As time goes by”. Ora, è pur vero che la canzone è del ’31, ma la sua fama imperitura avverrà solo diventando la colonna sonora di “Casablanca” che è del ’42, tre anni dopo le avventure del libro. Sembra, quindi, strano che Bianca rimugini su “You must remember this /a kiss a just a kiss”, il refrain mitico di Bogart che guarda Ingrid. Anche perché nel ’39 la canzone era ancora completa e non tronca come nel film, ed eseguita magistralmente da Rudy Vallée, il cantante canadese-americano che aprì la strada a quel genere musicale poi dilagante: il crooner, dalla voce sussurrata, ben udibile grazie all’avvento dei microfoni negli anni Trenta.

Per cui chiudo con un rimando al testo originale che riporto in chiusura di trama, con quell’introduzione che blandisce i tempi presenti (c’è anche Einstein) per poi dedicarsi ai fondamentali: ci sarà sempre posto per gli innamorati. Spero che anche de Giovanni lo sappia.

Maurizio de Giovanni “Pioggia (per i Bastardi di Pizzofalcone)” Einaudi s.p. (regalo della sig.ra Laura)

[A: 07/05/2024 – I: 13/05/2024 – T: 14/05/2024] && e ½      

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 230; anno: 2024]

BP13

Dopo due anni e mezzo, il nostro bravo scrittore seriale, decide di riprendere anche la serie dei Bastardi, con un nuovo episodio, che, pur con la solita eccellente scrittura, lascia un po’ di delusione in fondo ai pensieri. Ci sono alcuni salti delle storie che poco si spiegano (se non ricorrendo alla serie televisiva, ma questo sarebbe una misticanza un po’ ardita) e c’è la solita liricità, legata all’idea del titolo che questa volta poco prende nell’economia del testo.

Forse sarà anche perché, a me, la pioggia, non è che piaccia gran che. Certo, in questo romanzo, è una costante. Piove per lavare i peccati. Piove per bagnare i protagonisti che magari con la scusa della pioggia, possono trovarsi o ritrovarsi. Che, al solito, in questo “procedural thriller” all’italiana (che deve molto alla memoria di Ed McBain ed all’87° Distretto) ci sono i due filoni che vanno in parallelo. Il thriller, il morto, la ricerca dei motivi e di chi ha perpetrato il crimine. Ma c’è anche tutta la storia privata dei Bastardi, ognuno che prosegue la sua storia, ognuno, omaggiato da De Giovanni, con una pioggia speciale (o forse è l’editor di Einaudi che ha fatto lo sforzo?).

C’è il vicequestore Luigi Palma (pioggia incalzante) che non riesce a staccarsi da Ottavia ma che si trova sempre di fronte il dilemma (reciproco) del figlio di lei autistico. Ed ovviamente c’è Ottavia, vice sovrintendente, e pioggia insistente, con i sentimenti reciproci e opposti al questore. C’è il sostituto commissario in quiescenza Giorgio Pisanelli (pioggia persistente) che non riesce a smettere di lavorare, anche perché si è preso pure l’onere di custodire il Serpico del gruppo. Che ovviamente è l’agente scelto Marco Aragona (pioggia fastidiosa), diviso tra le sparate alla grande agente americano e la realtà di un innamoramento con l’infermiera Nadia che promette interessanti sviluppi di intreccio (o di scioglimento se Maurizio sarà molto cattivo). C’è l’agente assistente Alex Di Nardo (pioggia improvvisa) con il suo rapporto lesbico con la dottoressa e la difficoltà di farlo accettare alla sua famiglia. C’è l’assistente capo Francesco Romano (pioggia fortissima) anche lui nel pieno dilemma tra il rapporto con la piccola che ha salvato da morte certa qualche libro fa, il nuovo amore con la dottoressa pediatra e l’impossibilità di andare sia avanti che indietro con la moglie. C’è la vicecommissaria Elsa Martini (pioggia incessante) trasferitasi a Napoli alla ricerca del padre della sua bambina, e coinvolta nella complessa vicenda tra l’averlo trovato e l’intelligente Vittoria (detta Vicky) che ha sgamato tutto. Ed infine c’è l’ispettore Giuseppe Lojacono (pioggia battente) quello che tanti anni fa diede il via alla serie in solitario, per poi costruirsi una bella identità con il gruppo, e soprattutto con la figlia Marinella (che qui seguiamo in un periodo di turbe adolescenziali) e forse con qualche speranza futura di nuove avventure, visto che la precedente con il magistrato Laura Piras non è finita bene.

Poi, sempre bagnato dalla pioggia, c’è la storia del morto. Viene trovato, ucciso e brutalizzato, il temutissimo avvocato Leonida Brancato, ormai pensionato. Un uomo dai mille segreti, e dalle mille vittorie in Tribunale, capace di far assolvere o condannare a pene lievi anche i peggiori delinquenti. Che quello che importa è la corsa, non se chi corre non è leale.

Ma Leonida, appunto, si è ritirato da anni, dopo la morte dell’amata moglie. Non mancando certo di mantenere le redini del suo studio, che, per non farlo fallire, invece che al figlio, volenteroso ma senza attributi, decide di affidare alla nipote, una vera donna in carriera.

I nostri brancolano nel buoi, che non c’è stata effrazione, che la portinaia non ha visto né sentito nulla, che il figlio ha un alibi sicuro, che anche la ditta di ristrutturazioni dell’appartamento affianco si comporta peggio delle tre scimmiette (forse due, non vedo e non sento, che a parlare, interrogati) si deve.

La forza del nostro scrittore, tanto amato in alcune scritture, quanto non troppo benvisto nei panni di tifoso di calcio (che ho in astio tutte le sovraesposizione pedatorie, attività in cui sono abilissimi i tifosi del Napoli e di Maradona), è nel costruire un puzzle che alla fine ci restituisce la storia condita, come ovvio, non da errori giudiziari, ma da precorsi al limite della giurisprudenza. E dico un puzzle, che alla ricostruzione della storia, che metteva ancora una volta in pericolo l’onorabilità dei nostri Bastardi, ognuno di loro porta un pezzo, che alla fine Lojacono e Martini riusciranno ad incollare tutti insieme.

Non ci sorprende che in passato l’avvocato Brancato abbia fatto assolvere, attraverso cavilli, un imputato di droga responsabile della morte di un giovane. Imputato che, anni dopo, sarà ancora a processo per lo stesso reato. Qualcuno (e non vi dico se uomo o donna) coinvolto nel primo e qualcuno nel secondo hanno l’idea di ergersi a giustizieri laddove giustizia non c’è.

In fondo, a parte appunto l’evolversi della storia e delle storie, è questo che rimane nei meandri del cervello: esiste una giustizia giusta? Dove possono arrivare elementi che mitigano il giudizio complessivo? E dove e quando questi elementi, di giustizia per gli uni, saranno ingiustizia per gli altri? Un bel dilemma filosofica, che non verrà risolto qui. Anche se speriamo e ci auguriamo di ritrovare presto i nostri Bastardi (magari all’asciutto, Maurizio, eh?).

Prima trama del mese di luglio, quindi con i rimandi alle letture di aprile, che, complici strascichi pasquali e ponti di fine aprile, è ben più densa della solita media. Anche se l’unico libro che si eleva sopra la media è l’ottimo testi di Dario Ferrari (da leggere). E l’unico che si inabissa è il purtroppo inutile breve saggio della generalmente da me amata, Banana Yoshimoto.

 

#

Autore

Titolo

Editore

Euro

J

1

Bruno Morchio

La fine è ignota

Repubblica Profondo Noir

8,90

2

2

Italo Calvino

Ultimo viene il corvo

Repubblica

9,90

2,5

3

Augusto De Angelis

La barchetta di cristallo

Mondadori

6,50

2,5

4

Enrico Franceschini

Bassa marea

Repubblica Brivido Noir

8,90

2

5

Dario Ferrari

La ricreazione è finita

Sellerio

s.p.

4

6

Rosa Teruzzi

Il valzer dei traditori

Feltrinelli

s.p.

3

7

Louise Penny

Natura morta

Repubblica Profondo Noir

8,90

3

8

Banana Yoshimoto

Che significa diventare adulti?

Feltrinelli

12

1

9

Gillian Flynn

Sharp Objects

Corriere Profondo Nero

7,90

2

10

Lorenza Ghinelli

Bunny Boy

Feltrinelli

s.p.

2

11

Isabel Allende

Eva Luna racconta

Repubblica

9,90

2

12

Roberta De Falco

Sangue del mio sangue

Repubblica Emozione Noir

7,90

3

13

Gianrico Carofiglio

L’orizzonte della notte

Einaudi

s.p.

3,5

14

Enzo Bianchi

La vita e i giorni

Corriere

8,90

3,5

15

Augusto De Angelis

Il canotto insanguinato

Mondadori

6,50

2,5

16

Antonio Paolacci & Paola Ronco

Nuvole barocche

Repubblica Brivido Noir

8,90

2,5

17

Jorge Amado

Alte uniformi e camicie da notte

Repubblica Latino-americana

9,90

2

18

Michael Hjorth & Hans Rosenfeldt

Oscuri segreti

Corriere Profondo Nero

7,90

3

 

Mentre per la mia solita citazioni di passaggio vi riporto ad un autore italiano che spesso passa per il poliziesco con un simpatico investigatore. Qui porgo Gian Mauro Costa nel suo “Il libro di legno”, con delle frasi che di sicuro avrebbe pensato entrando nella mia biblioteca:

“Quando raramente … si convinceva a prestare uno dei volumi della sua biblioteca … lo sostituiva con uno di legno. Si era fatto costruire da un falegname dei volumi perfettamente sagomati, lisci, di due o tre misure. Quando prestava un libro, lo sostituiva subito con una copia di legno.” (19)

“Ma si era stufato davvero di molte cose, anche di quel lato del suo carattere. Decise di smetterla con i riepiloghi, con le messe a punto, con le cose tutte sistemate e in ordine. Non avrebbe sentito la mancanza di tutto quello che stava eliminando.” (291)

Nonostante sollecitazioni e richieste, devo confessare che gli ultimi viaggi mi hanno stancato più del previsto e del prevedibile. Per cui, mi prospetto due mesi di vario riposo prima di pensare a riprendere aerei ed altre appendici di mobilità.

Si andrà nei riposi litoranei o pedemontani, cercando di mettere in ordine libri, case ed altro, senza mai farvi mancare i miei abbracci.

PS: Come accennato, vi riporto il testo integrale della versione originale di “As time goes by”, sperando apprezziate le prime due strofe, spesso dimenticate

 

This day and age we’re living in

gives cause for apprehension,

With speed and new invention,

and things like third dimension.

I giorni che viviamo oggi

danno motivi di apprensione,

Velocità e nuove invenzioni,

e cose come la terza dimensione.

 

 

Yet, we get a trifle weary,

with Mr. Einstein’s theory,

So, we must get down to earth,

at times, relax relieve the tension.

Eppure, ci affatichiamo un po',

con la teoria di Mr. Einstein,

Quindi dobbiamo scendere con i piedi per terra,

A volte, rilassarsi allevia la tensione.

 

 

No matter what the progress,

or what may yet be proved,

The simple facts of life are such,

they cannot be removed…

Non importa quale sia il progresso,

o ciò che può ancora essere provato,

I semplici fatti della vita sono tali

Che non possono essere rimossi...

 

 

You must remember this:

A kiss is still a kiss,

A sigh is just a sigh.

The fundamental things apply,

As time goes by

Devi ricordarlo sempre

Un bacio è solo un bacio,

Un sospiro è solo un sospiro

Valgono le cose fondamentali

Con il passare del tempo

 

 

And when two lovers woo,

They still say, "I love you".

On that you can relay

No matter what the future brings,

As time goes by

E quando due amanti si corteggiano

Dicono ancora: "Ti amo"

Su questo puoi fare affidamento

Non importa cosa ci riserverà il futuro

Con il passare del tempo

 

 

Moonlight and love songs

Never out of date

Hearts full of passion

Jealousy and hate

Woman needs man,

And man must have his mate.

That no one can deny

Chiaro di luna e canzoni d'amore

Mai fuori moda

Cuori pieni di passione

Gelosia e odio

La donna ha bisogno dell'uomo

E l'uomo deve avere la sua compagna

Questo nessuno può negarlo.

 

 

Well, it's still the same old story,

A fight for love and glory

A case of do or die.

The world will always welcome lovers

As time goes by

Beh, è sempre la stessa vecchia storia

Una lotta tra amore e gloria

Una situazione: agire o morire

Il mondo accoglierà sempre gli innamorati

Con il passare del tempo

 

 

Oh, I'm singing it to you right now,

Cause we're talking about

Moonlight and love songs

Never out of date

Oh, te lo canto ore

Perché stiamo parlando di

Chiaro di luna e canzoni d'amore

Mai fuori moda

 

 

Hearts full of passion

Jealousy and hate

Woman needs man,

And man must have his mate.

That no one can deny

Cuori pieni di passione

Gelosia e odio

La donna ha bisogno dell'uomo

E l'uomo deve avere la sua compagna

Questo nessuno può negarlo.

 

 

Well, it's still the same old story,

A fight for love and glory

A case of do or die.

The world will always welcome lovers

As time goes by

As time goes by

Beh, è sempre la stessa vecchia storia

Una lotta tra amore e gloria

Una situazione: agire o morire

Il mondo accoglierà sempre gli innamorati

Con il passare del tempo

Con il passare del tempo

 

 

Time goes by

Il tempo passa

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