domenica 17 agosto 2025

Vanina Guarrasi - 17 agosto 2025

Una sicurezza: Cassar Scalia (mi raccomando con l’accento sull’A). Qui ci dedichiamo praticamente a leggerne l’integrale dedicato al vicequestore Vanina Guarrasi ed alle storie della bellissima Sicilia. Quella di città, quella che ci ha fatto riamare la Catania etnea, senza dimenticare Palermo e le sue bellezze. Libri che si leggono agevolmente, che hanno anche alcuni spunti interessanti, e dove, in gran parte, si è riusciti a bilanciare il giallo ed il privato. Tant’è che sono tutti oltre la media di gradimento.

Dei nove episodi della serie, qui riprendiamo il primo (cronologicamente delle avventure) mentre lasciamo l’ultimo a future letture. Infine, pur apprezzando sempre le trasposizioni televisive, ritengo che in questo caso, a parte i primi episodi, si sia andati in due direzioni diverse, per me a favore della carta.

Cristina Cassar Scalia “Il re del gelato” Einaudi euro 16 (in realtà, scontato a 15,20 euro)

[A: 23/11/2024 – I: 19/05/2025 – T: 20/05/2025] &&&

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 161; anno: 2022]

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Avendo avuto in dono il completo “Guarrasi pensiero”, come mia abitudine un po’ distorta cerco di leggerne in un qualche ordine. In genere, seguo quello delle uscite in libreria. Tuttavia, la presenza, a metà strada, di un prequel al corpus della storia, mi ha consigliato di cominciare da qui. Anche se, credo che le motivazioni della produzione di questo testo siano leggermente più ampie della piccola giustificazione che ne dà l’autrice (“Volevo mostrare Vanina prima che diventasse Vanina”).

Dal punto di vista narrativo, in effetti, il primo episodio, “Sabbia nera”, vede il vicequestore aggiunto Giovanna Guarrasi detta Vanina, già con una sua storia ed un suo ruolo. Era quindi giusto parlare degli inizi, di come si stesse costruendo un ruolo ed una squadra. Non mancando inoltre la spinta del parallelo inizio dell’elaborazione della sceneggiatura che poi ha portato alla produzione di quattro episodi delle avventure della nostra “ispettrice” (interpretata sullo schermo dalla brava Giusy Buscemi).

Così, in una dimensione ridotta che questo sembra più un racconto lungo che un romanzo breve, cominciamo a conoscere come nasce la squadra dei “Reati contro le persone” in quel di Catania. E soprattutto, come nasce con alcuni catanesi doc, per avere una responsabile di Palermo (e si sa che tra le due città non corre buon sangue). Vediamo quindi la memoria storica, l’ispettore Carmelo Spanò, aiutante in primis ed in primis sodale a tavola. Vediamo l’ispettrice Marta Bonazzoli, bresciana trasferitasi a Catania per amore. Vediamo il sovraintendente Mimmo Nunnari, il mago del computer e segretamente invaghitosi di Marta. Vediamo l’agente Salvatore Lo Faro, sempre fuori sintonia. E vediamo Tito Macchia, il Grande Capo.

A latere gli amici, o meglio i primi amici di Vanina. L’avvocatessa Giuli De Rosa, liceale con Vanina, ed ora sempre alla doppia ricerca: un uomo per sé ed uno per Vanina. Il secondo, fatica vana. Il primo, fatica sbagliata che si innamora di Luca, il quale però è il compagno del secondo amico di Vanina, il medico legale Adriano Calì. Qui, inoltre, ne abbiamo sentito parlare, ma ancora non entra a pieno titolo nelle storie, il commissario in pensione Biagio Patanè.

Tutto, come dice il titolo, ruota intorno alla catena di locali gestita da Agostino Lomonaco, il Re del Gelato. Che prima viene bersagliato da un’adulterazione dei gelati, e poi viene trovato morto nel suo locale. Subito indagini a 360° come si direbbe ora. Analizzati i comportamenti e gli orari della moglie, dei due figli di Agostino e quelli del suo storico rivale, Ruggero Cammarata, e del di lui figlio.

E poco dopo muore anche Ruggero, ed altri altarini si scoprono. Agostino voleva la prova del DNA sulla figlia Corinna, convinto che fosse figlia di una relazione adulterina della moglie con il Cammarata. Rino Lo Monaco era sempre a corto di soldi ed arrotondava i guadagni con il traffico di droga, aiutato da Carmine, il figlio di Cammarata. E Cammarata era stato rovinato a suo tempo da Lo Monaco.

In modo un po’ troppo facile vediamo la scena poliziesca riempirsi di sospetti, per poi vuotarsi e stringersi intorno ad una sola persona. Alla cui incriminazione, ognuno per parte sua, tutti mettono un tassello, così che Vanina consentirà di farsi chiamare “capo”.

E nel finale scopriamo (anche se avendo letto i primi libri scritti lo sapevamo già) dell’amore interrotto di Vanina con il magistrato antimafia Paolo Malfitano. Un ex con cui però non si riesce a troncare del tutto.

Comunque, l’operazione “fornisce un passato a Vanina”, riesce alla meraviglia. Così come riesce il delinearsi delle manie del personaggio: beve dosi eccessive di caffeina, non cucina, mangia solo se Bettina, la vicina, gli prepara qualcosa o se convince Spanò ad andare al ristorante, dorme pochissimo e ha una passione per il cinema (che condivide con Adriano).

L’oculista Cristina dimostra quindi che la buona penna ce l’ha, quella che usa la notte per scrivere le sue storie, dovendo lasciare il giorno alla pratica della sua professione. Spero solo che il successo televisivo non porti la nostra a deviare un po’ il suo personaggio, magari per aumentare il numero dei suoi estimatori televisivi.

Cristina Cassar Scalia “L’uomo del porto” Einaudi euro 12,50 (in realtà, scontato a 11,25 euro)

[A: 18/05/2022 – I: 14/06/2025 – T: 16/06/2025] &&&

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 320; anno: 2021]

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Dopo aver letto per completezza di cronaca (e per completezza seriale televisiva, visto che era anche il primo episodio) la prima avventura di Vanina Guarrasi, torniamo nel solco della scrittura “normale”, dove questo quinto episodio si innesta sulle ceneri del precedente (letto da poco, visto che era novembre scorso) e che, con grande probabilità, darà avvio al sesto episodio.

Rilevato che la scrittura e la trama sono di buona fattura, rimarchiamo come, al solito, queste strutture seriali siano sempre imperniate sulla doppia trama: quella privata e/o del gruppo protagonista e quella relativa al fatto su cui si deve indagare. Il tutto legato a quel filo doppio dei feuilleton ottocenteschi: sappiamo dal libro precedente (e se non lo avete letto, sappiatelo) che Vanina è minacciata dai mafiosi palermitani cui dava la caccia ai tempi delle sinergie amoroso-lavorative con il PM Paolo Malfitano. E per questo motivo è posta sotto scorta, per cui dovremmo sorbirci tutte le diatribe (giuste) di chi vive senza libertà, fino allo scioglimento del problema (che però non incide su nessuna parte della trama).

Nel sempre vivo dibattito tra lei ed il buon Paolo, questo episodio ci lascia con la domanda fondamentale in sospeso: chi avrà vinto il posto di ruolo a Catania? Ma come detto, questi sono i due fili che servono a legare i vari episodi, mentre a noi interessa il cuore di questo. Sia dal punto di vista pubblico che dal punto di vista privato.

Sul primo, non ci sono grandi approfondimenti, ognuno si cala dentro il proprio ruolo ed in quello tira avanti per tutta la trama. Spanò fa il vice attento alle dinamiche della società catanese (avendo fatto pace con il sé stesso stalker). Marta, ormai palesato il suo rapporto con il capo, è distesa e sicura nel ruolo di secondo vice. Nunnari, accettando il suo sfortunato amore, si dedica a quello che sa fare (informatico), aiutato dall’ombra Fragapane (che ancora non ha un suo posto preciso). Esce un meglio Lo Faro, frenati i suoi slanci eccessivi e forse incanalando le sue attività verso qualcosa di concreto, ma non poliziesco.

Non possiamo poi dimenticare l’apporto esterno ma fondamentale dell’ex-commissario Patanè, risolutivo con i suoi ricordi investigativi. E neanche scordiamo la corte delle vicinanze: la sempre presente e premurosa vicina Bettina, il proprietario del bar, Nino della trattoria, Sebastiano della bottega, l’amica Giuli con l’avanzare della gravidanza, e le serate cinema con Adriano. Tutto per sottolineare il valore dell’amicizia, e l’amore e la benevolenza reciproca, che passa nei gesti e nel cibo (tra l’altro Vanina mangia e fuma in maniera forse eccessiva).

Il giallo si impernia sull’omicidio del professor Vincenzo La Barbera, uno che viene dai quartieri alti, ma che li rifiuta per scelta, andando a vivere su di una barca nel porto (da cui il titolo) e lavorando per il recupero delle tossicodipendenza. Ovviamente, il filone droghe è quello che subito si segue, soprattutto quelle del piccolo spaccio nelle scuole. Ma Cristina ha una buona mano anche per ricostruire la personalità del filosofo. Che appunto non ha debiti, non sembra avere nemici palesi. E allora?

Ci vorrà la memoria di Patanè per ricostruire un passato dimenticato. La giovinezza hippie del professore, la vita in una comune, il crollo degli ideali di una generazione passata dal crack al sistema al crack dell’eroina. Con tutta una serie di personaggi presenti allora e presenti ora. Magari con la vita cambiata, diventati professionisti stimati, genitori integerrimi o altro. Rimane un neo in quel passato: la scomparsa di alcuni giovani che prelude di poca la diaspora della vita in comune e dei loro sogni.

La Barbera c’era, ma con che ruolo? E perché, una volta adulto, si dedica con tenacia alla lotta per il recupero dei tossici? Che successe allora? E come si muovono quelli che allora erano lì, fatti di droghe e svuotati di tutto? Un bel filone di ricerca che si intreccia con le problematiche familiari di Vincenzo. Perché, dopo tanto tempo, riprende contatto con i fratelli? Chi sono le persone misteriose che lo incontrano nelle ultime sere prima della morte?

Poiché noi siamo smaliziati, abbiamo subito pensato alla soluzione meno ovvia, che, con qualche aiuto esterno alla squadra, non poteva che portare ai giusti risultati.

Ovvio che la scrittura della nostra siciliana trapiantata a Catania non poteva che fornirci qualche chicca cittadina. Qui ci riporta alla tremenda eruzione dell’Etna avvenuta nel 1669. Un eruzione a più riprese, che durò dal marzo al luglio di quell’anno, con una colata lavica che arrivò fino in città, ricoprendo quasi interamente il corso del fiume cittadino, l’Amenano. Importante per la trama che, ora essendo sotterraneo ma esistente, un ritrovo locale vi ha ricavato alcune salette relax, dove poi verrà ritrovato il corpo di La Barbera.

Sono anche rimarchevoli le puntate gastronomiche di Vanina, con i dolci alla ricotta che gridano vendetta, soprattutto se accompagnati da ottimo caffè. La nostra scrittrice dribbla con bravura ostacoli e trappole, fornendoci alla fine un’onesta prova di scrittura.

“La coscienza umana ha una soglia, che varia in maniera inversamente proporzionale all’entità dei pesi che contiene. Se uno ci vuole convivere serenamente, deve sgombrarla da quelli più grossi.” (275)

Cristina Cassar Scalia “Il talento del Cappellano” Repubblica Mistero Noir 4 euro 8,90

[A: 10/07/2024 – I: 22/06/2025 – T: 24/06/2025] &&&

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 318; anno: 2021]

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Uscito verso la fine del ’21, fa sì che, nell’anno del Covid, la nostra brava Cristina fa uscire due episodi della nostra vicequestore aggiunto Vanina Guarrasi. Con un forte aggancio alla fine del libro precedente (almeno dal punto di vista delle vicende personali) e con una riflessione: siamo di nuovo nei tempi del Natale, ed essendo passato un anno dalla prima avventura scritta della nostra protagonista, siamo quindi alla fine del 2016.

E siamo anche, come nel precedente, al di fuori della programmazione televisiva seriale, che si è fermata al quarto episodio, laddove tuttavia si ipotizza che altri episodi usciranno dopo l’estate (o almeno così si dice, anche se…).

Come tutte le belle storie seriali, la trama si regge certo sulla struttura poliziesca principale, ma è anche sostenuta e rinforzata da tutta l’ambientazione secondaria, o di rinforzo. Dalla vicina Bettina che mai le fa mancare il supporto gastronomico, dall’amica Giuli (da non confondere con il ministro) che finalmente scioglie il dilemma sul suo futuro (purtroppo in modo indotto e non diretto), dall’anatomopatologo Adriano, con il quale continua a condividere la cinefilia, oltre al reciproco supporto lavorativo. Qui vediamo meglio anche la madre ed il patrigno (che a me sta simpatico a pelle), mentre personalmente continuo a non vedere di buon occhio il PM Paolo, a cui preferisco il dottor Manfredi. Sulla squadra mobile e sull’ex-commissario Patanè non mi pronuncio, che se ne parla nella trama.

Comunque, il libro inizia e finisce anche qui all’insegna dell’amato-non amato Paolo. Abbiamo la risposta al suo concorso e la sua comparsa, nel finale, alla cena di Capodanno con Manfredi, Giuli e Adriano, ovviamente non invitato…

Ma seppur ci fa piacere seguire le vicende personali dei nostri amici catanesi, ben più interessante questa volta, per alcuni risvolti, la trama che ci porta ai morti ed agli assassini. Che, fortunatamente, coinvolge anche il territorio catanese. Ed in particolare “la muntagna”, che in un’eruzione dell’83, isolò e face fallire il “Grand Hotel della Montagna”. Che ora, dopo tanti anni, viene ristrutturato. Ma uno dei lavoranti, in un Santo Stefano nevoso, decide di fare un controllo e sostiene di avervi trovato una morta. Che, all’arrivo della nostra squadra, non risulta.

Senza entrare nei come e nei perché, Vanina ed i suoi cominciano ad indagare (ricerche sul territorio, telecamere dei benzinai) senza risultato. Si brancola nel buio per un po’ poi il corpo viene ritrovato, in una cripta cimiteriale, insieme ad un prelato di buon lignaggio e di grande rappresentatività sul territorio. Lì, in una strana messa in scena, si trovano la pediatra Azzurra e monsignor Antonino.

Qui parte il nucleo centrale delle indagini dei nostri. Con la supervisione del grande Capo Tito Macchia (uscito finalmente allo scoperto per la sua relazione con la bresciana vegana) e con le idee illuminanti di Vanina, la squadra parte per le varie piste. Nunnari segue le tracce tecnologiche ed i tracciamenti dei cellulari. Lo Faro fa tutte le opere di bassa manovalanza, ma alla fine Vanina gli accorda il permesso di chiamarla Capo. Marta è operativa sul campo (e sempre pronta a guidare spericolatamente ogni sorta di velivolo). Spanò cavalca tutti i “curtigghi” (cioè i pettegolezzi) che la sua sterminata famiglia lancia su Catania come una grande rete da tonnara. Ed il supporto Patané, pur non avendo idee brillanti proprie, alla fine, con il ragionamento, arriva alla soluzione un passo prima di Vanina.

Intanto, e con dovizia, seguiamo il percorso di Antonino ed Azzurra. Lui prete degli scout, poi missionario in Africa, quindi inserito nella Curia catanese, ma sempre pronto ad opere di bene ed all’aiuto verso gli altri. Azzurra, giovane scolta da adolescente (e spero sappiate il significato scoutistico), sempre in prima fila nello studio (meno, forse, in matematica, ahi, ahi), sposata, separata, sempre pronta a fare di tutto in ospedale per i suoi piccoli pazienti.

Nell’ultimo periodo Antonino ed Azzurra avevano lavorato insieme in Ospedale, assistendo, purtroppo, alla morte della piccola dei Vizzino. Che sono una delle famiglie mafiose della zona, che minacciano sonoramente e pubblicamente i due, ritenendoli responsabili del decesso. Nell’ultimo periodo, il marito separato di Azzurra si traveste da stalker supponendo (a ragione?) una qualche tresca amorosa della ex. Nell’ultimo periodo c’è una grande rimpatriata degli ex scolari del liceo, quelli che da giovani andavano nell’hotel dismesso, a parlare, appartarsi, fumare e rimirar le stelle.

Da tutti questi intrecci, qualcosa alla fine uscirà fuori: la soluzione del mistero, con alcune sorprese ed alcune decisioni, giuste ma impopolari, di Vanina. Anche perché la morte di un monsignore sempre questione delicata è.

La buona capacità di Cristina è di saper dosare i vari elementi, il pubblico ed il privato, riuscendo anche a non dimenticare e far ritornare personaggi di episodi precedenti se servono a dare un tono allo scritto. Né a tralasciare momenti altri, come i temi sociali, le indagini di mafia, la criminalità comune. Ecco, uno dei sottoprodotti di queste puntate è che, sì certo, la mafia c’è, ma non tutte le morti e le male avventure avvengono per mano della Mafia. Dimostrando, se ce n’era bisogno, che anche in momenti disimpegnati, ci si può ricordare di vivere in un mondo complesso.

Cristina Cassar Scalia “La carrozza della Santa” Einaudi euro 13 (in realtà, scontato a 12,30 euro)

[A: 26/10/2024 – I: 02/07/2025 – T: 05/07/2025] &&&

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 280; anno: 2022]

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Eccoci arrivati al settimo episodio delle avventure del vicequestore Vanina Guarrasi, sempre condotta con mano ferma e bel piglio narrativo dalla simpatica Cassar Scalia (mi raccomando con l’accento sull’A, se non si confonde con il mio compianto amico Massimo). Continuando anche qui con il famoso “doppio binario” delle avventure seriali. C’è il morto, c’è l’indagine e ci sono le vicende personali e private.

Vicende private che cerchiamo subito di toglierci di mezzo. C’è sempre l’amica Giuli, il suo trasporto per Luca, compagno erratico dell’anatomopatologo Adriano. Giuli che era rimasta involontariamente incinta, Giuli che aveva avuto un aborto spontaneo, Giuli che era il caso andasse a riposarsi lontano, in America magari. Ma Giuli sparisce, e vedremo la prossima puntata che fine ha fatto.

Poi c’è la squadra di Vanina. C’è Spanò che (pare) abbia superato i traumi del divorzio, c’è Marta finalmente libera di seguire il suo amore per il commissario grande capo Tito, c’è Lo Faro e le sue sfortunate storie d’amore, c’è Nunnari ed il suo lato militaresco. Ma soprattutto, c’è l’ex-commissario Biagio Patanè, diviso tra i doveri casalinghi e l’amore per la sua Angelina da un lato, ed il coinvolgimento nelle indagini di Vanina dall’altro. Un equilibrio assai fragile, che si fa sempre più delicato, libro dopo libro.

In parallelo c’è la storia di amore e di diffidenza (paura) tra Vanina e il magistrato Paolo, tanto amore ma tanta paura che lui possa soccombere alla mafia, come il padre, come tanti poliziotti e magistrati siciliani. Anche se Vanina non si tira indietro quando Paolo la coinvolge nella caccia all’uomo all’ultimo mafioso in libertà della banda che uccise il di lei padre. Una caccia ancora una volta infruttuosa. Dal lato amoroso poi, c’è sempre l’incombente e simpatico dottor Manfredi, che secondo me meriterebbe qualche chance in più. Cosa che Cristina non gli concede. Ancora.

Tolti di mezzo questi fatti (che bene o male occupano una buona metà del testo), rimane l’indagine ed il morto. Morto che sarebbe un notabile catanese, Vasco Nocera, trovato senza vita in una carrozza del Settecento utilizzata per i festeggiamenti di Sant’Agata a Catania, che si svolgono i primi giorni di febbraio. Sono le carrozze del Senato catanese, ma, visto che vengono usate per il corteo storico della festa, da Vanina, che ricordo è palermitana, vengono chiamate le carrozze della Santa (da cui il titolo).

Sebbene notabile del paese, Vasco non è proprio limpido. Ha di sicuro un’amante, che potrebbe essere (e poi scopriremo che è) la fidanzata del figlio. Ha quindi sia un figlio che una moglie che potrebbero volerlo eliminare (niente divorzi, che è Vasco che ha i cordoni della borsa). Anche l’amante potrebbe avere buoni motivi per farlo fuori, visto che Vasco non si decide tra lei e la moglie. E poi c’è il suo coetaneo Libero, che da sempre bazzica casa Nocera, trattato quasi come un figlio dal padre di Vasco. Almeno finché questi era in vita. Poi Vasco lo allontano abbastanza, e Libero un po’ ne soffre, un po’ sembra cercare di capire motivi ed altre storie.

Che Libero è figlio di madre single, madre che poi per vent’anni visse rinchiusa in un manicomio, dopo la fine della guerra. Che perse la ragione quando dalla natia Cuneo si trasferì a Catania per seguire le orme del padre di Libero, il marchese Ruggero Torrebianca della Rocca, morto in circostanze misteriose poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Ovviamente è facile predire che tutte le fila dei vari legami che portano a Vasco (dimenticavo, potrebbero entrarci anche collusioni mafiose, visto che, comunque, siamo in Sicilia), unendo i puntini della moglie, dell’amante, del figlio e di Libero, sarà la memoria storica di Patanè, corroborata, ovviamente dai ricordi che riesce a ricostruire anche il fido Spanò. Arrivando ad una soluzione abbastanza annunciata, pur se abilmente camuffata per pagine e pagine.

È la solita, onesta confezione che Cristina sforna con una ragionevole cadenza. Il giallo ha una buona presa, anche se, come succede negli ultimi episodi, perde un po’ di mordente, rispetto al tarlo maggiore delle pene d’amore e mafia di Vanina. Ed al solito, a prescindere da quanto detto su indagine e su lato personale, una delle cose migliori è lo spaccato di cultura siciliana che ci propone Cristina: le arancine o gli arancini, la pasta coi masculini, le cotolette, le panelle e le raviole, i peperoni al forno, le scacce ragusane, tanto per rimanere sul lato gastronomico. Ma anche le feste per la santa, e gli scorci palermitani sono sempre ben congeniati.

Rimane il solito onesto prodotto in attesa di nuove puntate.

Cristina Cassar Scalia “La banda dei carusi” Einaudi s.p. (regalo di Alessandra)

[A: 07/05/2025 – I: 14/07/2025 – T: 15/07/2025] &&& +

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 289; anno: 2023]

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Quindi, come detto alla fine della trama precedente, eccoci ad una nuova puntata, con una trama un filo più interessante delle precedenti, anche perché, per una serie di motivi, il lato personale delle storie di Vanina viene messo un po’ in disparte, al fine di dar spazio alla parte “gialla”. Rimane, ovvio, l’ambiente generale, l’aspetto corale della Squadra Mobile di Catania, l’aspetto personale della storia di Vanina e Paolo, ma le vicende dei giovani che lottano per un mondo migliore deve e può essere portata in primo piano.

Come nei feuilleton dell’Ottocento, Cristina cerca di terminare i suoi libri con un aggancio che stimoli noi lettori a proseguire nella lettura. Questa volta si trattava della (presunta) scomparsa dell’amica Giuli che, partita per New York, sembrava scomparsa. Ci aveva lasciato con il fiato sospeso, ma la cattiveria è stata tanta, da parte di Cristina: bisogna quasi arrivare a pagina cento per sapere che Giuli era a posto e si era trattato di un disguido.

Comunque, sul piano privato tra Giuli, Adriano e compagnia, forse solo i piccoli problemi di Bettina, la simpatica vicina, ci danno qualche momento nuovo (sembra un attentato, ma solo una candela accesa fatta cadere dal gatto). Anche sul piano amoroso, prosegue da un lato il buon rapporto a distanza con Paolo, dall’altro ci si domanda: sarà sempre a distanza? E per finire, la sua Squadra è sempre più compatta e coesa nel lavoro e nei rapporti interpersonali (e migliora vieppiù il legame tra Marta e Tito).

Quello che invece ci intriga di più è invece il giallo, iniziato con il ritrovamento del cadavere di un ragazzo (“caruso” in siciliano) da noi già incontrato in altre indagini. Si tratta di Thomas, uno dei ragazzi che don Rosario Limoli (che aiutarono Vanina nel sesto episodio). Impegnato, come tutti i carusi, nel tentativo di far uscire i ragazzi dal tunnel della droga, e quindi in perenne scontro con la Mafia locale. Thomas, inoltre, aveva un forte storia d’amore con Emanuela, figlia dell’avvocato Greco, che ora vive con l’ex moglie di Carmelo Spanò. Uno dei motivi per rendere più intensa e partecipata la ricerca della verità da parte della Squadra.

Thomas, inoltre, scriveva di nascosto e sotto pseudonimo, articoli sulla mafia e sulle collusioni con i potenti locali. Tanto che c’è tutta una sfilza di connessioni intorno a Thomas. C’è Natale Zinna, il capostipite, padrino di Pasquale Giustino, sposato con Crocefissa Burgiò, a sua volta figlia di qualche ramo mafioso. Poi c’è Agatino, il figlio di Natale, che inopinatamente stava dalle pareti della spiaggia dove è avvenuto il delitto. E c’è Agatino Ercole, altro parente Zinna, che forse tratta male la moglie, o forse no.

Thomas inoltre era stato contattato dalla SCO (Sezione Crimini Organizzati) per capire se fosse possibile farlo infiltrare nel clan Zinna. Per tutti questi motivi, Thomas, sentendosi in pericolo, cerca di allontanare da sé Emanuela, senza però dirle i motivi. Così che la ragazza, rimasta colpita e senza spiegazioni, ed anche un po’ gelosa, era anche lei nel luogo del delitto, che risulta infine assai affollato.

Sarà la banda dei carusi di don Rosario che, unendo piccoli elementi di informazione, arriverà a disegnare il totale della scena, arrivando alla soluzione insieme a Vanina ed alla sua squadra. Certo però che questa volta, a parte alcune connessioni sui legami mafiosi, ed un aiuto ai carusi, il buon Biagio non appare tanto. In ogni caso, rimane un caso che, se dal punto di vista umano tocca molte corde, dal punto di vista dell’intreccio è abbastanza scritto fin dalle prime battute. Per le corde, ci sono il degrado delle periferie cittadine, il riscatto di chi esce dal tunnel della droga e di chi, per povertà ed altro non ha avuto modo di sviluppare le proprie capacità. I ragazzi di don Rosario sono un esempio limpido di quanto Vanina tende a dimostrare.

Anche qui, poi, finisce con un gancio di cui ci si aspetta un prossimo seguito: in finale, si affaccia alla porta di Vanina la sorella Costanza annunciando di aver mandato a monte il matrimonio. Il perché, spero, lo troveremo nel prossimo episodio.

L’episodio finisce, noi siamo abbastanza sereni dall’aver passato alcune ore in una buona compagnia, leggendo un episodio ben scritto e ben congeniato. Come detto, forse a volte scontato, ma sempre di buon livello.

Visto che siamo in un numero monografico, diamo anche conto di ricordi di citazioni provenienti da romanzi non polizieschi e di cultura, più o meno, islamica o mediorientale. Iniziamo con Amara Lakhous e il suo “Divorzio all’islamica a viale Marconi”: “Le cose non accadono casualmente, c’è sempre una ragione. L’importante è fare tutto il possibile e assumersi le proprie responsabilità. Mi piace il concetto di fair play nello sport: dare il massimo e accettare il risultato finale.” (30)

Poi mettiamo due “grandi vecchi” (purtroppo ormai del passato) l’israeliano Abraham Yehoshua e l’egiziano Naguib Mahfuz.

Il primo nel bellissimo “L'amante” ci ricorda: “Anch’io sto cambiando, non si può rimanere eternamente giovani…” (93).

Il secondo in uno degli scritti cardine della sua opera, “Il ladro e i cani”, ci parla tanto d’amore

“Nessun lavoro è meschino, se rispettabile.” (40)

“Egli … dichiara: ‘Approfitterò della tua ospitalità per un lungo periodo.’ Raggiante, Nur solleva la testa e mormora: ‘Puoi restare tutta la vita, se vuoi!’” (83)

“Talvolta accade che la luce di una lampadina venga oscurata da escrementi di mosche.” (135)

“Questo … gli rivela che …. è ormai una parte insostituibile di lui, al di sopra di ogni aspettativa: è una componente fondamentale della sua inutile vita, sospesa in equilibrio sull’orlo del precipizio. Nel buio, chiude gli occhi e tacitamente confessa a sé stesso che ne è innamorato e che non esiterebbe a sacrificare la propria vita pur di vederla tornare.” (143).

Siamo oltre il Ferragosto, quindi metà del mese del nostro riposo è passato, e qualcosa si è messo in cantiere per i prossimi impegni post-agostani. Speriamo che le nostre piccole vicende private non siano oltremodo intaccate da un momento della storia mondiale che avremmo voluto non vedere mai. Abbracciamoci con tutto l’affetto che abbiamo.

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