domenica 27 aprile 2008

Del viaggio e dell’altro

Inteso come altro da me, in questo caso sia l’africano che il mussulmano. Quindi più saggi che romanzi, anzi, come direbbero gli inglesi “non-fiction”. Da una parte un esimio ed erudito professore e dall’altra un giornalista che riesce a far combaciare la sua voglia di andare in giro con la sua professione. Certo, una settimana densa di spunti per riflettere, sempre sulla categoria dell’altro da noi, riprendendo quello che si diceva con Sofri qualche settimana fa: chi è il prossimo?

Cominciamo allora dal professore:

Bernard Lewis “L’Europa e l’Islam” Laterza euro 7

Come riuscire, in meno di cento pagine, a tratteggiare i caratteri essenziali di cosa porta al mondo che ora viviamo. Dall’analisi di un rapporto tra due termini che sembrano non essere rapportabili (uno geografico, l’altro religioso) fino all’invasione di ritorno degli ultimi anni, uno sguardo sull’evolversi dei rapporti sociali sullo scenario mondiale degli ultimi 1400 anni. Sembra paradossale, ma in queste poche pagine, Lewis mi restituisce la nascita, la crescita, la caduta ed il risorgere dell’islam, ma anche il decadere, il risorgere e l’affacciarsi al nuovo millennio di quell’entità per molto tempo astratta che è l’Europa. Lewis mostra ad esempio come la storia del conflitto tra Europa e Islam sia assai diversa, a seconda che questa sia scritta da un islamico oppure da un europeo. La storiografia di lingua araba ha riservato, ad esempio, una considerazione minima a pietre miliari della storia europea. La battaglia di Poitiers, celebrata come la vittoria che segnò la fine dell'avanzata degli infedeli in Europa, per gli storici arabi fu poco più di un tafferuglio. Le stesse crociate nell'immaginario islamico hanno ben poco da spartire con le moderne teorie che ricostruiscono le spedizioni belliche europee in Terra Santa come guerre imperialistiche ante litteram. Il libro non ha l'intento di fornire al lettore l'edulcorata prospettiva di una convivenza facile, né - al contrario - lo scenario apocalittico di uno scontro tra civiltà. Ciononostante la ricostruzione storica dell'autore sembra velare un monito: gli occhi con cui l'Occidente guarda oggi l'Islam, sono gli stessi occhi con cui un tempo i musulmani guardavano l'Europa. La condivisione di origini e finalità, che pure fu la causa della particolare asprezza del millenario conflitto tra Europa e Islam, potrebbe forse intraprendere la diversa - e ardua - strada che porta, attraverso una maggiore comprensione, al rispetto reciproco. Ottima la traduzione di Marina Astrologo. Pieno di spunti, che un lettore meno pigro di me potrebbe con piacere approfondire. Bello.

Alcune parole sul più che novantenne storico ed orientalista britannico Bernard Lewis (Londra, 31 maggio 1916). Considerato uno dei massimi studiosi del Vicino Oriente, è professore emerito di Studi sul Vicino Oriente alla Princeton University. Ottimo arabista e turcologo è specializzato sulla storia dei popoli islamici e sui rapporti tra l'Islam e l'Occidente. È stato tra i curatori della Cambridge History of Islam, strumento di riferimento fondamentale per gli studiosi accademici e non. Le sue prese di posizioni assai critiche verso certe forme di pensiero dell'Islam moderno e contemporaneo gli sono valse - malgrado la sua incontestabile dottrina - alcune aspre contestazioni, specialmente in ambiente islamico. In Francia, negli anni novanta, la sua visione critica delle violenze perpetrate dai Giovani Turchi ai danni della minoranza armena (che egli dubitava potessero essere bollate come "genocidio", limitandosi a qualificarle come "massacri" in quanto non mossi dalla precisa volontà di eliminare tutti gli armeni) gli valsero un processo e la condanna al carcere. Il tribunale non volle, infatti, in prima istanza tener conto della libertà d'indagine e di pensiero dello storico ma la cosa forse più grottesca fu che ad intentargli causa fu un'organizzazione che si batteva contro l'antisemitismo, del tutto indifferente al fatto che il grande studioso britannico (che all'epoca già insegnava nella prestigiosa sede accademica statunitense di Princeton) fosse di estrazione ebraica.

Passiamo quindi al reporter, al grande polacco da poco scomparso, di cui ho letto a breve distanza due libri, uno quasi sul versante biografico (dove nasce e come la sua voglia e capacità di fare il reporter) e l’altro tornando a bomba sulle tematiche del rapporto con gli altri. Vorrei proprio cominciare da questo

Ryszard Kapuscinski “L’altro” Feltrinelli euro 6 (in realtà, scontato 4,80)

E mi piace sempre più il reporter polacco. Da voce ad alcuni pensieri che da sempre mi ruotano: nel viaggio incontri l’altro. Ma chi è? Come ci si rapporta? Una bella immagine: dal villaggio globale all’aeroporto globale. Il libro raccoglie il materiale di sei conferenze e diventa occasione per riflettere sulla distanza fra l'uomo ipoteticamente senza connotazioni e l'uomo connotato. La definizione "l'altro"/"gli altri" può venir intesa come l'altro da sé, come l'individuo contrapposto agli altri individui, ma anche l'altro che affonda le radici nella diversità di sesso, generazione, nazionalità, religione. Attraverso il reportage (che secondo Kapuscinski è il genere letterario più collettivo che esista) l'autore ricorda gli interlocutori incontrati sulle strade del mondo, quelli che raccontano la storia della loro vita o che parlano della società alla quale appartengono. Questi interlocutori sono persone fatte da due parti spesso difficili da separare. Una è l'uomo chiunque, l'altra, sovrapposta e intrecciata alla prima, è l'identità razziale, culturale e religiosa. Le due parti non appaiono mai distinte, allo stato puro e isolato, ma convivono influendo l'una sull'altra. Kapuscinski fornisce in questo lavoro il suo punto di vista sulla percezione culturale delle persone. A me rimanda il messaggio: non aver paura della multiculturalità. Da ricollegare ad alcuni passi di padre Enzo Bianchi.

E poi la specie di autobiografia attraverso il colloquio con

Ryszard Kapuscinski “Autoritratto di un reporter” Feltrinelli euro 7 (in realtà, scontato 5,25)

Anche in questo libretto, pur forzato nella scelta e nei tagli editoriali, viene fuori il grande personaggio del reporter. Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, sui diversi temi cari a Kapuscinski: le sue origini di Kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere. Questo libro è un'occasione per conoscere la profonda etica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Ma non solo, mi ha anche dato spunti su cui riflettere: il XX secolo che non ha visto solo la nascita (e la morte) di fascismo e comunismo, ma anche di quella cosa misteriosa etichettata come terzo mondo. La televisione che inventa la realtà. Il giornalista televisivo che diviene più simile ad un venditore di automobili che ad un cronista. Sprazzi di umanità, un po’ di mestiere qua e là, belle le parole, sincere, anche se preferisco i suoi scritti più organici (come il precedente). Il tutto condito con la migliore dote di Kapuscinski: l’empatia.

Alcune frasi da ricordare:

“la mia principale ambizione è di dimostrare agli europei che l’Europa non è il mondo intero”

“vai in giro per dieci anni senza prendere appunti. Poi comincia a scrivere. Le cose che avrai vissute te le ricorderai comunque, e quelle che dimenticherai vuol dire che non valevano la pena di essere scritte”

“la curiosità è sempre stata la molla che mi ha spinto a partire”

“quando sparisce … il problema della responsabilità ... l’uomo reagisce con il nazionalismo, il razzismo, il fondamentalismo”

La biografia di Kapuscinski l’ho già riprodotta nelle trame del 17 settembre 2007.

Sperando che sia una buona settimana per tutti, ancorché intensa.

Gio.

1 commento:

  1. Salve Signor Gio,
    Sto per finire il libro, con il nome originale, "Orientalism" da Edward W. Said. Leggendo questo tuo post mi ricordò il nome del professore Bernard Lewis e ho voluto sapere il ché fu detto dal professore Said, nella grande postfazione recente, sulla persona di Lewis e sullo stesso libro, articolo o rubrica dal professore Lewis o scritti contro di lui.
    Essendo il libro di Said un 'magnum opus' per abbattere i due poli est-ovest, ci da nella postfazione del 1994 una reazione assai dura, quasi schiacciando Lewis.
    Sono stato contento di leggere "Orientalism", e me ne sono restato un uomo meglio.
    Un cordiale saluto,
    Staf

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