domenica 6 aprile 2008

Ottocento e Novecento: viva gli anziani


Saranno le letture del momento, sarà l’avvicinarsi di altri giri di boa, ma questa settimana si fa di nuovo (e capita più spesso, ultimamente) un salto di cento, anche duecento anni all’indietro. Si torna a parlare di autori ormai belli e sepolti, ma che da una parte avevo (ho) letto male, e dall’altra (ri-)leggendoli ne scopri lati interessanti. E gradevoli per me. Non sono assolutista, non tutto quello che è classico è bello. Non tutto quello che scrivono i grandi è grande. Ho le mie opinioni, e ne verranno fuori. Allora, cominciamo questo percorso dal punto più lontano, dal maggio del 1799 (anche se era un gemello e non un toro, e andremmo a finire con un toro, passando per uno scorpione) che vide i natali di un grande (ah, si torna a parlare di russi…) di cui ho letto:

Aleksander S. Puskin "Umili prose" Feltrinelli 9,50 (in realtà, scontato 7,12) 

Le prose del grande russo. A 200 anni di distanza mantengono la forza delle idee e la freschezza del narrato. Infatti, oltre che per le opere di poesia e di teatro, Puskin è considerato un classico anche per i suoi racconti. "I racconti di Belkin", che furono tradotti in francese da Mérimée, rappresentano semplici figure, dai sentimenti autentici, in una narrazione lineare e con splendide scene di sfondo. Sono cinque racconti che l'autore attribuisce a un certo Ivan Petrovic Belkin, che li avrebbe uditi raccontare e poi trascritti: sono la storia di un duello rimandato e di un rancore covato nel tempo, quella di un amore contrastato tra una ricca fanciulla e un semplice fante, quella di un fabbricante di bare e del suo invito ai morti ad andarlo a trovare, quella di un padre vedovo lasciato solo dall'unica figlia, e quella di una nobile di provincia che inganna in amore il povero vicino. "La dama di picche" è uno dei racconti più caratteristici di Puskin: mescolando alla narrazione realistica elementi fantastici, narra dell'ossessione, fino alla follia, di un giovane per il segreto di una contessa che vince sempre alle carte. "La figlia del capitano" è un romanzo storico ispirato alla rivolta di Pugacev. Certo a volte si sente quella patina ombrata che fa la vecchia teiera su di un tavolo da cucina amish. Ma “La figlia del Capitano” rimane un esempio gradevole, scorrevole e coinvolgente di prosa finto-autobiografica. Da sceneggiare quanto prima.

“il mio amore bruciava in solitudine e ora dopo ora diveniva per me più penoso. Persi la voglia di leggere…”

Forse è nota ai dotti la storia della breve vita di Puskin, ma ne ripercorriamo alcuni tratti: Aleksander Sergeevic Puskin nasce a Mosca il 26 maggio 1799. La famiglia del padre era di piccola ma antichissima nobiltà, mentre sua madre era la nipote del famoso ingegnere di Pietro il Grande, l'etiope Abraham Gannibal, a cui Puskin dedicherà un'opera. Nonostante i rapporti con i genitori fossero piuttosto freddi, Puskin andrà sempre orgoglioso della sua nobiltà "vecchia di 600 anni" e del suo sangue africano. Venne educato non dai genitori, assidui frequentatori di salotti mondani, ma dalla nonna materna, dallo zio materno Vasilij, che apparteneva a un circolo letterario d'avanguardia chiamato Arzamas, e dalla balia Arina Rodionovna, il cui nome fu reso celebre dalle liriche che l'autore compose nell'ultimo periodo della sua vita. La sua infanzia fu sempre caratterizzata dalla presenza di libri e da un ambiente che stimolava la curiosità per la lettura. Lettore accanito, formò la sua prima cultura nella ricca biblioteca paterna sui classici francesi di Boileau, Racine, Molière, Parny, Chénier. Comincia a scrivere versi fin dal liceo, dove entra a 12 anni. A 18, diplomato senza eccellenza, diventa funzionario al Ministero degli Esteri, e da allora, con la piccola rendita, comincia a condurre una vita dedicata al piacere soprattutto per le donne. Sempre sul filo del rasoio, tra l'attività letteraria e l'attività politica, più volte mandato in confino od esiliato, con l'avvento di Nicola I torna a Pietroburgo, dove sposa la bella Natalija Goncarova. Ma proprio la bellezza di questa e la sua irruenza lo portarono alla fine. Geloso del cognato, lo sfida a duello e ne viene ferito mortalmente il 27 gennaio. Due giorni dopo il 29 gennaio 1837, muore.

E rimaniamo in Russia, facendo un salto di ventanni, ad incontrare due racconti del prolifico Fedor:

Fedor Dostoevskij “La mite” Mondadori euro 7,40

Anche qui un gradito viaggio avanti e indietro. La gioventù lasciata dietro ai Raskolnikov, ai delitti ed ai castighi, letti più per dovere che per piacere, ora lascia il passo a letture più meditate. Come questo doppio racconto. Da un lato “La mite”, che mi ha colpito ed intrigato, dall’altro “Il sogno di un uomo ridicolo” che mi ha lasciato freddo come un inverno siberiano. Qui Fedor cerca di rappresentare una società utopica, una nuova età dell'oro resa possibile dalla bontà e dalla fraternità, regalandoci un messaggio di speranza innocente. Ma pur apprezzando la scioltezza e la sicurezza del linguaggio e dell’idea, mi resta poco. Un senso di “volemose bene che tutto andrà meglio”? Accenni di “con la buona volontà si può”? Ma poco altro. Il primo invece è potente, tutto in controluce. Fedor Dostoevskij tratta in modo completamente nuovo il tema del suicidio, facendo narrare una dolorosa vicenda familiare da un marito meschino e grossolano che tuttavia, a poco a poco, riesce a riconoscere le sue colpe nei motivi che hanno spinto la giovane moglie a togliersi la vita. La mite appare infatti solo nelle parole del marito che (inconsapevolmente?) l’ha portata al suicidio. Ed è questo doppio registro che affascina. Un uomo che si confessa al pubblico, cercando di spiegare la trama della sua vita, pensando che, in fondo, ha agito per il suo meglio. In controluce, tutti i guasti delle sue azioni, che portano l’infelice moglie prima a domandarsi perché e poi, non trovando soluzioni, a scegliere quella estrema. Rimanda ad altre letture, dove si parla di “eterogenesi dei fini”, ma che, per mia semplicità traduco in non riuscire a fare del bene, anche agendo nella sua direzione. In ogni caso, buono il primo pezzo!

“oh, sono un maestro nel parlare con il silenzio. Per tutta la mia vita avevo parlato tacendo, avevo vissuto con me stesso…”

“ama gli altri come te stesso, ecco cosa è importante”

Anche qui alcuni tratti bio: Fedor (Fiodor) Mikhailovitch Dostoevskij nasce anche lui a Mosca il 30 ottobre 1821 (essendo il calendario ancora quello giuliano, in realtà bisogna spostarsi in avanti di una dozzina di giorni e portarci all’11 novembre – una data che ricorre). Il padre Mikahil era medico militare ma ritiratosi in campagna, diventa scontroso alcolizzato e viene ucciso da alcuni sue servi. La madre Maria Fedorovna moriva di tisi due anni prima nel 1837. A ventanni entra nel genio militare, ma a 23 chiede di andarsene per dedicarsi alla scrittura per due anni, fino a pubblicare nel 1846 il primo romanzo “Povera Gente” che gli porta successo. L’anno successivo ha la sua prima crisi di epilessia. Men che trentenne, in seguito a frequentazioni estremiste, viene esiliato per 4 anni in Siberia. Riammesso come ufficiale, nel 1857 sposa Maria Dimitrievna Isaeva. Nel 1861 torna a Pietroburgo. L'anno dopo fa il primo viaggio in Europa, dove incontra Apollinaria (cui chiederà la mano e che gliela rifiuterà). Ma poi muore Maria, il fratello, lui è pieno di debiti. Continua a viaggiare, tentando di mantenersi con la fortuna alla roulette. Per essere più veloce assume Anna Grigorievna come segretaria, poi la sposa nel 1867. Comincia allora il periodo dei grandi romanzi: Delitto e castigo, L'Idiota, fino ai fratelli Karamazov che pubblica a 60 anni. Muore di un emorragia il 27 gennaio (cioè il 9 febbraio) del 1881.

E facendo un salto di altri quaranta anni, e passando dalla Russia all'Austria, ho (re-)incontrato

Arthur Schnitzler “Novelle” Feltrinelli euro 8 (in realtà, scontato 6)

Mi sa, mi sa che non lo avevo mai realmente letto. Credo di ricordare qualcosa in gioventù sul “Doppio sogno”, ma sfuma nella nebbia. Allora, affrontiamo questo bagno dell’Austria a cavallo del secolo scorso, con questi suoi personaggi che vanno correndo verso un mondo che non capiranno e che li travolgere. Una serie di racconti che ho letto volentieri, anche per un come me che non sempre ci si ritrova. Gustando il variare della scrittura: la prima persona, la terza, il flusso di pensieri. Alcune prove sono dignitose. Altre le ho trovate sublimi: “Il sottotenente Gustl” mi ha preso con la sua tronfia ignoranza ed “Il destino del barone” mi ha travolto di risate per quel finale insospettato, anche se non è un testo comico. Anche il “diario di Redegonda” ha il suo fascino, forse tagliando le ultime due pagine. Dopo la domanda: e lei lo ha colpito? E la risposta: No, ma la sua pallottola mi ha preso in pieno petto e mi ha ucciso, avrei salutato tutti e chiuso il libro. La scrittura ha uno svolgimento rapido e lineare, va dritta al suo punto culminante senza distrarsi in episodi o personaggi marginali; benché lo scioglimento sia spesso anticipato in apertura, la tensione non ne è diminuita perché il racconto si concentra tutto sulla dinamica che deve portare al punto preannunciato. Non sono certo io a dover parlare del grande austriaco. Ma sono contento di averlo letto ora, apprezzandolo meglio di quanto avrei fatto decenni addietro. Forse le mie bioenergetiche frequentazioni mi hanno aiutato.

“ci si può riconciliare senza perdonare e si può perdonare senza dimenticare”

Il nostro amico toro, Arthur Schnitzler nasce a Vienna il 15 maggio del 1862, dove frequenta le scuole superiori dal 1871 al 1879. Successivamente si iscrive alla facoltà di medicina e consegue la laurea nel 1885. Già durante gli studi universitari emerge la sua inclinazione letteraria, ma la sua prima opera è del 1888: l'atto unico “L'avventura della sua vita”. In essa compare per la prima volta il personaggio di Anatol che darà il nome ad un ciclo di atti unici. Alla morte del padre, nel 1893, lascia l'impiego ospedaliero e apre uno studio medico privato. Nel 1895 viene rappresentato al Burgtheater di Vienna, “Amoretto” che dà subito notorietà e successo all'autore. Nel 1900 pubblica “Sottotenente Gustl” che provoca la sua radiazione da tenente medico dell'esercito, a seguito della impietosa rappresentazione della vita militare fatta nel romanzo. Nel 1902 nasce il figlio Heinrich, avuto dalla cantante Olga Gussmann, con cui si sposa nel 1903. Nello stesso anno va in scena a Monaco di Baviera “Girotondo”, scritto tre anni prima e mai pubblicato, provocando un notevole scandalo per il presunto cinismo con cui vengono rappresentati i rapporti tra cinque uomini e altrettante donne che sono uniti da un filo comune. Il testo teatrale viene pubblicato dopo pochi mesi dalla rappresentazione, riportando un successo di vendite strepitoso. Nel 1905 debutta “Intermezzo” con cui otterrà il Premio Grillparzer per la commedia. Nel 1909 nasce la figlia Lili. Nel 1913 pubblica “Beate e suo figlio”. Nel 1917 pubblica “Il dottor Gräsler medico termale” e nel 1918 “Il ritorno di Casanova”. Schnitzler era molto attratto dalla vita dell'avventuriero veneziano e ne fece il protagonista di opere di pura invenzione che riuscivano però a rendere con grande precisione introspettiva il carattere del personaggio. Nel 1924 pubblica “La signorina Else”. Tra il 1925 e il 1926 esce, pubblicato su una rivista, “Doppio sogno”. Il 26 luglio del 1928 la figlia Lili si suicida. È un atto inspiegabile e per il padre un durissimo colpo dal quale non si riprenderà più. Tre anni dopo, il 21 ottobre 1931, Schnitzler muore, a Vienna, per un ictus.

 

Essendo la prima domenica del mese, ed essendo stato febbraio un mese un po’ complicato, ecco i non tanti libri letti.

 







































































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Autore


Titolo


Editore


1


Simona Vinci


Rovina


VerdeNero


2


Gianluca Durante


Altravita


Giallo Mondadori


3


Soren Kierkegaard


Diario del seduttore


BUR


4


Francesco Piccolo


Allegro occidentale


Feltrinelli


5


Andrea Canobbio


Presentimento


Nottetempo


6


Joshua Ferris


E poi siamo arrivati alla fine


Neri Pozza


7


Marguerite Duras


Occhi blu, capelli neri


Feltrinelli


8


Pino Roveredo


Capriole in salita


Bompiani


9


Maeve Brennan


Il principio dell’amore


BUR


10


Amos Oz


La scatola nera


Feltrinelli


 

 Buona meditazione a tutti in questa settimana pre-elettorale

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