domenica 29 giugno 2008

Anti-americana e pre-estiva

Dopo una settimana dedicata ai classici ed ai russi, per dare un po’ di botte al cerchio, oggi mi occupo di autori americani (o comunque di lingua inglese). Ma prima di entrare nel vivo, visto che (nel bene o nel male) siamo all’estate, volevo scrivere dell’idea che mi era venuta: quasi un gioco estivo, senza premi (per fortuna). Chi vuole, mi mandi i titoli degli ultimi tre libri che ha letto. Li avrò letti anch’io? Mi piacciono o no? Alla fine dell’estate troverete le mie riflessioni su di loro. In fondo, il gioco è mio, più che vostro. Ma chissà che non vengano altre idee nel mentre.

Torniamo agli americani, che, lapidariamente, non mi sono piaciuti. Anzi, in primo luogo torno sulla casa editrice che (seppur in forme diverse, direttamente o tramite sottomarche) pubblica queste cose. Già più volte mi sono domandato: ma quanti agganci ha, la Newton Compton per continuare a pubblicare cose bruttine e mal tradotte, e continuare ad esistere e prosperare? Oppure, tramite qualche collana di lungo respiro è riuscita ad avere una solida base economica che le consente molte nefandezze?

Veniamo allora agli autori. Cominciando da quello che meno mi è piaciuto:

Jonny Glynn “Gli ultimi sette giorni di Peter Crumb” Vertigo euro 9,90 (in realtà, scontato 6,60)

Direi che fondamentalmente non mi è piaciuto. Non che non abbia qualche spunto. La crisi di un uomo presunto normale che di fronte ad un dolore reagisce con la depressione più nera, precipitando in abissi di droga, alcool, sesso ed altro. Peter Crumb è, infatti, un uomo timido, insicuro, la cui storia è segnata da un unico e devastante episodio di violenza che ha sconvolto per sempre la sua vita e la sua mente. Fra una settimana Peter si ucciderà, ed è con questa consapevolezza che si appresta a liberare, finalmente, la sua metà oscura: in questi sette giorni Crumb è deciso a lasciare il proprio marchio sul genere umano, un marchio di sangue, di dolore e di morte, senza criterio, senza giustizia... Ma tutto è narrato sul filo del “guarda come sono bravo a raccontare”. Ma cosa racconti? Senza sugo, senza mordente, con dei paragoni da quarta di copertina (un Dostoevskij in minore?) da far rabbrividire. Ritengo che molto sia dovuto alla spinta che qualcuno vuole dare alla Newton Compton. Che non lo merita. Ricordiamo tutti le cattive traduzioni, gli smozzicati presi qua e la tra i fuori copyright. E via narrando. Spiace per il Glynn che forse sarà anche un bravo attore. Ma lasci scrivere a qualcun altro.

Poche le notizie su di lui: Jonny Glynn è inglese, scrittore ed attore, ma anche sceneggiatore per il teatro ed il cinema. A lavorato a lungo nella Royal Shakespeare Company. Questo è (per fortuna) il suo unico libro.

Passiamo poi al secondo:

Sam Mills “La confraternita del Dio criminale” Vertigo euro 9,90 (in realtà, scontato 6,60)

Seconda “bufala” consecutiva di Vertigo. Ma anche con lo sconto, non lo comperate. E se lo avete comprato, non leggetelo. Forse il primo libro del poco più che trentenne Mills aveva qualche sugo (da molti citato come buono). Questo è da evitare. La storia si dipana sulla nascita e le imprese di una banda di sedicenni esaltati, vista con gli occhi del meno “fuori di testa”. Jon si fa irretire da una fantomatica “Confraternita di Hebeteus” che sostiene di voler portare la pace nel mondo. Bianchi e misogini, sono convinti che una ragazza asiatica voglia far saltare in aria la scuola (ma non è mussulmana, bensì hindu). La rapiscono e mandano video alla polizia per introdurre leggi più restrittive sul terrorismo… La chiave di lettura sarebbe che i proclami dei confratelli sono pieni di frasi prese dai discorsi di Bush e di Blair, ma ci vuole una fatica enciclopedica per arrivare a questa chiave di lettura. E non lo merita. Il cestino è il suo posto più appropriato.

Per quanto riguarda l’autore, Sam Mills nasce nel 1975 e studia Lingua e Letteratura Inglese ad Oxford. Lavora come giornalista specializzato in scacchi e pubblicista, prima di raggiungere la fama con il suo primo romanzo (A Nicer Way to Die) dove un gruppo di ragazzi in gita scolastica va fuori strada e ne muoiono 28 su 30. Il resto del libro pare sia di conseguenza. Con il suo secondo lavoro ancora non sembra ripetere il successo del primo (e non avrei dubbi in merito).

Rispetto a questo panorama desolante, il terzo libro, pur non piacendomi, si solleva a vette elevate:

Daniel Wallace “Mr. Sebastian e l’ombra del diavolo” Newton Compton euro 9,90 (in realtà, scontato 6,90 euro)

L’autore prediletto da Tim Burton. Primo libro di Wallace per me. Luci e ombre. (E NOTARE il titolo inglese era “The Nero Magician” forse più calzante; e la pessima traduzione italiana!!!). Non ho letto altro di Wallace e non so fare riscontri. C'era una volta Henry Walker, il più grande illusionista del mondo. Un uomo capace di far svanire le montagne con un cenno dei suoi occhi e di trasportare le persone nel tempo e nello spazio grazie alla forza magnetica delle sue mani. Retaggio di un passato oscuro, i poteri magici del mago svaniscono come neve al sole quando Walker tradisce i termini di un patto scellerato. Ecco, allora, che Henry è costretto ad abbandonare le grandi platee internazionali per esibirsi nel precario "Jeremiah Mosgrove's Chinese Circus", una fiera di casi umani in pellegrinaggio lungo le strade polverose delle campagne americane, sconvolte dalla depressione e avide di divertimento a buon mercato. Questo il fatto e come ho detto, luci ed ombre. Un bel narrare, con elementi che si sovrappongono, la storia dell’illusionista, bianco, nero, chissà, che gioca tutta la sua vita sul perno dell’amore, per Hannah, per Marlene, per Sebastian. Cinematografico anche lo stile, tra narrazione e flash-back. Ma come nella tradizione del miglior Burton poi poco si “spiega” alla fine, tutto rimane su un filo che sembra l’autore non voglia sciogliere. Ho fatto tanto per portarvi fin qua. Ora pensate voi a come potrebbe finire, a come potrebbe andare avanti. A dove ho detto il vero e dove c’è l’illusione. Uffa.

“L’adattamento è il segreto della sopravvivenza”

“sarebbe bello se dentro di noi ci fosse una lampadina che si accende automaticamente quando qualcuno si innamora di noi. Sarebbe bello se l’amore venisse sempre corrisposto”

Di Daniel Wallace, sappiamo che nasce a Birmingham, Alabama nel 1959, e frequenta la Emory University, poi l’University del North Carolina, studiando facoltà commerciali; ma non si laurea, accetta un lavoro per una ditta di trading a Nagoya, Japan. Al suo ritorno in America, lavora per 13 anni in una libreria prima che sia pubblicato il suo primo libro “Big Fish”. Si sposa con Laura ed insieme al figlio Henry vive in North Carolina, insegnando scrittura nell’Università dove studiava.

Si penso proprio che sia meglio giocare ai libri che leggiamo.

Buona settimana

Giovanni


Ps. I titoli potete inviarmeli in posta o come commento al blog. Come più vi torna comodo.

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