domenica 16 settembre 2012

Georgeide - 16 settembre 3012


Una settimana di puro stacco, di grande relax fisico e mentale. Dedicata ad Elizabeth George  un’autrice che meriterebbe un bel posto tra le letture da consigliare alla mia amica Marina quando si ha bisogno di leggere e riflettere con il motore al minimo. Libri con qualche tinta di giallo (in ogni caso l’eroe è un ispettore di Scotland Yard) ma molto di “atmosfera”, dove la scrittrice americana riesce a restituirci sensazioni e momenti tra Londra e la Bassa Inghilterra (non certo la Scozia, dove ci affidiamo a McCall Smith). Tant’è che, oramai passa metà dell’anno in Inghilterra. Comunque, con questi ho ricucito il filone “Lynley”, per cui i prossimi, se verranno, saranno coevi all’uscita.
Elizabeth George “Dicembre è un mese crudele” TEA euro 9 (in realtà, scontato 6,75 euro)
[A: 19/01/2012 – I: 11/05/2012 – T: 13/05/2012]
[titolo: Missing Joseph; lingua: inglese; pagine: 593; anno: 1993]
Nell’ansia (mania?) di completezza ho finalmente trovato uno dei libri che avevo tralasciato della serie gialla dedicata all’Ispettore Lynley. La nostra quasi coetanea californiana ha dedicato 16 libri negli ultimi 25 anni alle storie dell’aristocratico ispettore. E questo era il sesto della serie, quando ne pubblicava circa uno all’anno. Poi ha un po’ diradato l’uscita, dedicandosi sempre più anche all’atmosfera, al contorno, ed ai co-protagonisti. Con alti e bassi, direi. Anche se per seguire ed approfondire il suo lavoro, ha lasciato l’insegnamento e divide la sua vita tra la California e l’Inghilterra. Qui siamo in un libro un po’ di passaggio. Dove c’è sì un giallo, ma c’è anche molto contorno. Lynley è un Lord inglese, che, per scelta di vita, decide di dedicarsi alla vita poliziesca, entrando in Scotland Yard. Dove, in qualche anno, mette in piedi una sua squadra di lavoro, discretamente rodata. Ed imperniata sul suo numero due, il sergente Barbara Heavers. Che ne è un po’ il contro-altare, in quanto donna e popolare d’estrazione, con mamma alzheimerata. Poiché ci scordiamo (o proviamo a farlo) di quanto avverrà nei libri seguenti, qui ci godiamo ancora il corteggiamento che l’ispettore fa alla sua bella Lady Helen. Ed alle pene di amore e difficoltà di procreazione che ha il suo fraterno amico, nonché patologo, Simon St. James con la moglie Deborah (tra l’altro ex dell’ispettore). Ed è proprio la difficoltà di portare a termine le gravidanze che mette casualmente in contatto Deborah con il parroco anglicano Robin Sage. Che improvvisamente ed inspiegabilmente muore avvelenato con la cicuta. È un parroco della brughiera del Lancshire (e mi sa che ci si dovrà fare un giro nell’inverno del nostro riposo). Ed è lì che i nostri convergono. Prima i St. James in una vacanza per distendere le tensioni (ed alla fine della quale decideranno di affrontare con calma e tempi lunghi i problemi di natalità). Poi, scoperto il possibile crimine, anche l’ispettore in un momento di crisi con la sua bella. Qui si innesta il secondo piano del romanzo. Quello imperniato sulla comunità locale dominata dal signorotto locale Lord Thampton-Jones. Con la misteriosa Juliet, erborista in fuga perenne con la figlia Maggie al seguito. Tredicenne che vive i primi momenti amorosi, e li vive in ribellione della madre, non avendo e non sapendo di chi sia figlia. Madre che cede alle lusinghe del poliziotto locale, l’ambiguo Colin, cui da poco è morta di cancro la ventisettenne moglie. E di cui è innamorata la stramba Polly, dal seno prosperoso e casualmente (il cerchio pian piano si stringe) perpetua del parroco Robin. Quello che morirà avvelenato dopo un piatto di verdura ad una cena con Juliet. Con la quale era andato a parlare per affrontare i turbamenti della giovane Maggie. È tutto un gioco poi di rimandi a figli, natalità, paternità biologiche e di vita. Che il parroco un tempo era sposato, ma la moglie scompare in mare traversando la Manica (fuga? Suicidio? Omicidio?) non essendosi ripresa dalla morte del figlioletto di tre mesi (morte nel sonno? Incuria per motivi oscuri?). La vicenda si ingarbuglia assai. Tutti hanno molte ombre che saltano fuori pagina dopo pagina (ed altrimenti come facciamo ad arrivare quasi a 600?). L’ispettore ha un suo ruolo catalizzante, riuscendo, con tempo e fatica, a collegare i vari pezzetti della storia. Ed a risolvere il mistero. Delle morti. Delle scomparse. Di tutti i filoni che si erano aperti nel frattempo. Facendoci capire che la storia con Helen avrà un seguito. E giustificando il titolo inglese del libro, incongruentemente riportato verso la crudeltà del mese di Dicembre (che il parroco muore proprio pochi giorni prima di Natale). Perché l’agnizione finale si ricollega alla scena iniziale, collocato nella National Gallery dove si incontrano il parroco e Deborah davanti al quadro di Leonardo. E dove il parroco nota che nella pittura della Vergine con il Bambino, S. Anna e San Giovanni Battista, manca il padre, manca Giuseppe (il titolo “Missing Joseph”). Comunque sia, una lettura gradevolmente distensiva, nonostante questo neo editoriale. Continueremo a leggerne, via.
“Io credo che tutti noi scegliamo i (nostri) tormenti.” (68)
“C’era soltanto … l’attesa di quei pochi momenti di felicità effimera che rendevano la vita degna di essere vissuta.” (112)
“La morte non è la liberazione per nessuno, salvo per chi muore.” (174)
“Non possiamo predire il futuro. Possiamo soltanto usare il presente e sperare che ci guidi in quella direzione.” (249)
“Il passato non si cambia… lo si può soltanto perdonare. È il presente che mi preoccupa.” (576)
Elizabeth George “Un pugno di cenere” TEA euro 9,80
[A: 15/04/2012 – I: 29/05/2012 – T: 10/06/2012]
[titolo: Playing for the Ashes; lingua: inglese; pagine: 675; anno: 1995]
Un altro volumone della saga dell’ispettore Lynley, che avevo lisciato anni fa quando era uscito, e che ho recuperato sull’onda delle vendite scontate delle librerie (o delle riedizioni economiche). Un libro che, per impostazioni e contenuti, è molto “inglese”, per cui si può capirne lo scarso entusiasmo rispetto ad altri romanzi della serie. Intanto l’argomento centrale, la morte del capitano in pectore della nazionale inglese di … cricket. Gioco tipicamente da sudditi dell’impero, lontano progenitore del baseball, ma con regole ed andamenti di gioco tanto peculiari che, fuori dall’ombra della corona inglese, pochi ne sanno qualcosa. Infatti “Ashes” (ceneri) è il titolo della più vecchia competizione di cricket tra Inghilterra ed Australia, che si disputa dal 1882, ed è quasi alla 70^ edizione (in genere una sfida in cricket dura due-tre mesi, tipo l’ultima che si è disputata dal 25 novembre 2010 al 7 gennaio 2011). Ma non è solo questo il motivo del titolo. Quanto il fatto che Kenneth, il morto, muore bruciato. Ah, sottigliezza dell’ironia. Fortunatamente, essendo la George americana, non ci si addentra, se non marginalmente, nel mondo e nelle complicazioni del cricket. Ma si parte da questo spunto per costruire tutto un mondo intorno, talmente brulicante di personaggi e fatti che un po’ ci si perde. Non è un caso che anche la lettura si sia protratta a lungo, anche se ha contribuito il modo “atipico” della scrittura del libro, in cui una serie di capitoli sono visti e scritti in soggettiva da uno dei protagonisti, Olivia. La storia che Lynley e l’ispettore Barbara si avviano a dipanare è bella intorcinata. Uno dei pilastri della vicenda è la famiglia Whitelaw, dove troviamo la madre, Margareth, insegnante, che ha un debole (intellettuale) per un suo studente, Kenneth, appunto. E non si da pace quando questi, a 16 anni, mette in cinta Jane, e decide di sposarla. E di farci altri due figli. Da lì comincia una tattica pluriennale di Margareth per cercare di allontanare i due. E ci riesce quando trova la leva dello sport. Per cui, spinge e sponsorizza la carriera di cricket di Kenneth. E come detto, le partite sono lunghe, i giocatori rimangono a lungo separati dalla famiglia. Così Kenneth va a vivere da solo, separandosi di fatto dalla famiglia. E conoscendo altre donne, tanto che dopo due anni di separazione chiede il divorzio perché vuole sposare Gabriella, attuale moglie, in via di separazione, dello sponsor del prossimo incontro per le “Ashes”. Programmi che vanno “in fumo” (ah ah), con la morte del capitano nella villetta nel Kent di proprietà di Margareth. Dove si era recato anche il suo sbandato figlio maggiore, Jimmy, che diventa il principale sospettato dell’omicidio. Ma non è la sola vicenda para-edipica, perché l’altro pilastro è Olivia, la figlia di Margareth, che (coeva di Kenneth) si dà alla droga ed al sesso a pagamento, fuggendo di casa, e, una volta scoperta, facendo morire di crepacuore il padre. Elemento che crea una frattura insanabile con la madre. Lei si sbanda sempre più, sino a che non viene raccolta dal buon samaritano Chris, che vive su un barcone, e che fa parte dell’Animal Liberation Front (ALF – un’organizzazione clandestina che assalta laboratori per liberare animali-cavie). Chris con pazienza e tenacia “redime” la bella Olivia, pur non essendone innamorato. Fino a che, al momento in cui li incontriamo, scopriamo che Olivia è affetta da SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) ed è quindi destinata a morire ben presto (ah che dolore rinvangano queste parole). Per questo scrive le sue memorie. Per questo cerca di riavvicinarsi alla madre, al fine di chiedere che, dopo la morte, venga cremata e le sue ceneri (ancora!!) unite a quelle del padre. E questi sono solo gli elementi portanti, che tanti altri ce ne sono al fuoco di Elizabeth George: i cani di Chris, la relazione tra Ken e la moglie, i tre figli, l’ALF, lo SLA, per non dimenticare che Lynley sta cercando di convincere Lady Helena che sono fatti l’uno per l’altra e che si devono sposare. Alla fine c’è anche un mini-dilemma morale per l’ispettore che, per incriminare chi ha fatto il misfatto, deve decidere se utilizzare le prove in suo possesso, che incriminerebbero altri per altri reati. Un guazzabuglio. Ma la nostra abile scrittrice riesce alla fine a sveltire il tutto, e nelle ultime 100 pagine rimette tutto a posto. Un a posto che condivido. Insomma, certamente un po’ lungo, e forse da giornate sotto l’ombrellone, ma tuttavia sempre e comunque gradevole (più del terz’ultimo volume che mi storse, e che spero di recuperare nelle prossime uscite). Un solo appunto al curatore inglese: forse si poteva correggere l’indicazione che “La capannina” sia un ristorante di Firenze con la corretta indicazione della sua ubicazione a Forte dei Marmi (certo sfortunato il curatore di incappare in un conoscitore dei luoghi…).
“Aveva scoperto da tempo che la verità di rado era semplice come appariva da una spiegazione verbale.” (186)
“Chiunque abbia bisogno di sessantatre pagine per far valere il suo punto di vista non merita di essere ascoltato.” (604)
Elizabeth George “Agguato sull’isola” TEA euro 10
[A: 15/04/2012 – I: 17/06/2012 – T: 26/06/2012]
[titolo: A Place of Hiding; lingua: inglese; pagine: 634; anno: 2003]
Niente di eccelso, ma dopo alcune letture da cui mi aspettavo qualcosa (ho parlato a lungo di autori cui sono generalmente affezionato, ma le cui prove non sempre mi soddisfano), torniamo a visitare l’esimia giallista anglo-americana e la sua saga imperniata sull’Ispettore Lynley. Una storia che mantiene quello che promette. È ben costruita, ha un decente grado di suspense, ha sviluppi non sempre banali. Un volumone per allietare le caldi notti romane. Sebbene questa sia un recupero (lo avevo mancato all’uscita e poi non trovato per un po’), facciamo anche un mini-riassunto dei capisaldi della serie. Il personaggio centrale è l’Ispettore Thomas Lynley, di Scotland Yard, ma anche rampollo di un’aristocratica famiglia della Cornovaglia (tanto che si può fregiare del titolo di Sir). Ha una sua squadra per la sezione omicidi, il cui punto fermo è il sergente Barbara Heavers, di estrazione popolare e con una mente attiva e reattiva. Sir Lynley, dopo una breve e focosa storia con Deborah “Debs” Cotten, si innamora e sposa Lady Helen. Mentre Deborah si innamora e sposa il miglior amico dell’ispettore, Simon Allcourt St.James. Il giro di valzer degli amori avviene durante i tre anni che Debs passa in America. Questa puntata della serie, in genere, viene messa fuori ordine, che l’ispettore è solo marginalmente presente, essendo invece incentrata su Simon e Debs. E sull’aiuto che a loro viene chiesto dai fratelli River, China e Cherokee, accusati di uno strano omicidio avvenuto nell’isola di Guernsey. Che, pur essendo inglese, ha un suo statuto di indipendenza. I River avevano ospitato Debs in California, quindi niente di strano se, in difficoltà, chiedono aiuto. Difficoltà create dalla scarsa adesione alla realtà di Cherokee che, nel tentativo di guadagnare soldi senza fatica, accetta di portare un plico dall’America all’isola di Guernsey. Plico innocuo che nasconde un quadro fiammingo. Storia innocua che nasconde i risentimenti tra i fratelli River, che China ha una storia con tale Matt, ex-amico di Cherokee, che confessa alla sorella di averla “venduta” sedicenne per un a tavola di surf. E China per 13 anni continua a prendersi e lasciarsi con Matt, ignorando sia la storia sia che nel frattempo Matt si è sposato con un'altra. I due nell’isola trovano una situazione complicata, imperniata sulla figura di Guy Brouard, un tipo dedito ad accumulare denaro e portarsi a letto (nonostante i 65 anni suonati) qualsiasi donzella gli capiti a tiro. Ed inimicandosi la metà dell’isola: l’amante ufficiale (di cui si è stufato), il padre della diciassettenne Cheryl (che lo accusa implicitamente di averla plagiata), l’architetto Norrie (cui fa credere di voler costruire un museo di guerra, per poi lasciarlo con un palmo di naso), il solitario Frank Ouseley (il possessore dei cimeli dell’occupazione nazista dell’isola ed anche lui interessato al Museo), la famiglia del giovane Paul (anche lui affascinato dal canuto Don Giovanni), il figlio inetto di primo letto Adrian (ossessionato da una madre talmente assillante che ucciderla sarebbe una liberazione). Tutte persone che hanno più di una ragione nel vederlo morto. E nel disputarsene l’eredità. Insomma un bel guazzabuglio di storie e controstorie, dove ben si muove la nostra scrittrice. Aggiungendovi il carico delle difficoltà del rapporto tra Debs e Simon, laddove soprattutto la giovane vorrebbe far figli ed il nostro no. Sotto la benedizione da lontano dell’ispettore, Simon si reca nell’isola e, seppur tra mille difficoltà ed incomprensioni, riesce a trovare colpevole e motivazioni. Con un finale ben costruito (anche se forse me lo aspettavo un po’).
“Credo di non averti mai ringraziato come si deve. Ecco cosa succede quando un matrimonio è troppo felice: si finisce col dare per scontata la persona amata.” (68)
“Sapeva meglio di molte altre che gli uomini anziani erano attratti da donne giovani e belle.” (144)
“Lui appariva … sempre chiuso in se stesso, a pensare, considerare, soppesare e osservare, mentre gli altri si limitavano semplicemente ad essere quelli che erano.” (153)
“Una volta superati i biblici settanta, ci si ritrova sulla china discendente che portava alla completa inettitudine.” (287)
“Comunque a volte le amicizie vanno così. Per un po’ le persone sono molto unite, e poi non più. Le cose cambiano. E anche le esigenze. … Però mi sei mancata.” (340)
“È terribile perdere qualcuno cui si vuole bene. Specialmente un amico.” (523)
Elizabeth George “La donna che vestiva di rosso” TEA euro 9
[A: 01/11/2010 – I: 28/06/2012 – T: 30/06/2012]
[titolo: Careless in Red; lingua: inglese; pagine: 571; anno: 2008]
Con questo, dopo aver colmato le lacune del tempo e dei libri mancati, torniamo nel filone normale e sequenziale delle avventure dell’Ispettore Lynley. Per chi avesse saltato qualche tappa, e rifacendomi al memo del libro precedente, vi aggiorno sulla situazione: la moglie di Thomas, Lady Helen, viene uccisa da un balordo e con lei muore anche il bimbo che stava per nascere. In conseguenza, Sir Thomas cade in depressione e si allontana da Scotland Yard. E lo ritroviamo in queste pagine. Prima ai margini, che da due mesi cammina per la Cornovaglia cercando di lenire il dolore. Ed inopinatamente si imbatte in un morto, prima pensando ad un incidente (uno scalatore caduto durante un’arrampicata) poi si scopre essere un omicidio (funi di sicurezza tagliate). La nostra brava scrittrice imbastisce al solito un romanzo in cui si intrecciano storie su storie, anche se tutte convergono lì nel paese di Pagell Cove, abbarbicato sulle scogliere inglesi, patria di scalatori e di surfisti. Tra tutti i rivoli, di cui vi lascio la scoperta alla lettura, due sono i più stimolanti. Quello imperniato sulla famiglia Kerne, il cui rampollo risulta essere il morto. E quella sulla misteriosa Deidre presso la cui casa si è sfracellato il giovane Kerne. Famiglia strampalata, la Kerne, con grosse tensioni, che negli anni si sposta di paese in paese, ed ora qui a Cove, cerca di aprire un’impresa turistica. Tensioni dovute alla non curata ninfomania della signora Kerne, che ogni tanto entra in calore ed indossa indumenti di colore rosso. Ed a quel punto non si salva nessuno. Storie di difficili rapporti, che il signor Kerne la ama sempre, comunque, ed aldilà della ragione. Ma certo non ne traggono affetto la figlia Kerra, e soprattutto il figlio Santo, che prende molto dalla madre, essendo anche belloccio. E fa strage di cuori e di sesso nel paese e dintorni. Tante saranno le scoperte che si disveleranno lungo le quasi seicento pagine del romanzo. Amori, tradimenti, storie vicine, ma anche lontane. Che la prima fuga dei Kerne avviene dal paese natio, dove, dopo una lite, muore il giovane Persons, e non si capisce se Kerne abbia avuto una parte in quella morte. Questo il filone principale dove indaga la polizia locale, che, scoprendo Lynley essere Ispettore, lo coinvolge obtorto collo nelle indagini. Ed allora, come non far arrivare anche l’esimio sergente Barbara per dar man forte sia all’ispettore (magari per convincerlo a tornare all’ovile poliziesco) sia alla polizia locale che, oltre al responsabile delle indagine, consta solo di due unità, ben dipinte come gli Stanlio ed Ollio della Cornovaglia. Ma seppur nolente, Lynley è pian pianino coinvolto nel lato umano delle indagini. Anche perché curioso e/o affascinato dalla misteriosa Deidre. Che dice una montagna di bugie, su chi sia, su dove sia stata, sulle sue conoscenze verso la vittima. Incuriosisce anche noi il lato umano della dottoressa, che lo è in quanto cura gli animali allo zoo di Bristol. E che per questa sua vicinanza con gli animali diventa vegetariana. Non solo, ma da bravo dottore è comunque empatica con chi soffre. Per cui nasce un interessante gioco di fioretto con il super-sofferente ispettore. E nasce anche un gioco di rimandi, che Thomas è sempre e comunque Sir Thomas, e Deidre invece è irrinunciabilmente borghese. Diciamo, nella scala delle caste inglesi, a metà strada tra Thomas e la super-proletaria Barbara. È un romanzo comunque interessante, anche per le storie di contorno (e con il pallino spesso presente nella scrittrice sulla donna come madre e sul rapporto genitori-figli, biologici o meno). Ed è un bel riscatto dopo le involuzioni seguite alla decisione di far morire lady Helen, che avevano portato ad un paio di romanzi sottotono. Qui si ritorna al giallo di più ampio respiro. E non siamo lontani dal pensare che il nostro bravo Thomas prima o poi… Insomma, grazie per questi ultimi romanzi Elizabeth, che stavo entrando in una spirale di letture minori che un po’ mi deprimono.
“Di fronte a una crisi le persone si dibattono alla cieca, in cerca di risposte, di una soluzione. E la soluzione è sempre quella che vogliono loro, non necessariamente quella che sarebbe la migliore per tutti.” (263)
“Dove esserci un albergo … [sulla scogliera] … dove potevano prendere un vero Cornish Cream Tea, con tanto di scones, panna e marmellata di fragole.” (562)
Aspettando prima o poi di rimangiare qualche scones originale (magari ad Edimburgo), eccoci ad una nuova settimana da affrontare. Salutando Cristina, con il suo compleanno e la settimana alle Eolie (invidia!), aspettando altri compleanni e festività, preparandoci a presentazioni e gare varie. Ma se tanti mesi sono passati, ne mancano sempre meno. Chissà se quella luce in fondo è l’uscita o un treno. Buona settimana e
Un bacio
Giovanni

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