Torniamo su questa tematica che
mi aveva incuriosito ed interessato alla lettura del degno “Loanda” di Isabela
Valadão. E ci torniamo con una dose massiccia di Spagna (da cui il titolo
ispanico). Anzi, con una dose massiccia, quasi letale della spagnola Asensi.
Che però non riesco a portare al quarto titolo (troppo deluso dal terzo). E vi
unisco quindi un portoghese, Tiago Rebelo, che speravo risollevasse questa
uscita. Che invece rimane molto in minore.
Matilde Asensi “Tutto sotto il cielo” SuperPocket euro 6,90 (in realtà,
scontato a 6 euro)
[A: 13/05/2012 – I: 11/11/2012 – T: 19/11/2012]
[tit. or.: Todo bajo el cielo; ling. or.: spagnolo; pagine: 465;
anno 2006]
Peccato!
Una buona occasione un po’ buttata via. L’idea di base del romanzo, infatti, ha
un suo interesse, e poteva portare sviluppi interessanti o coinvolgenti. Siamo
nel 1923. Una benestante donna spagnola, che vive in Francia con i soldi del
marito francese il quale però vive in Cina (così ognuno fa la sua vita senza intralciarsi,
visto il matrimonio fu di convenienza), è costretta a recarsi in Cina che muore
il marito. L’accompagna la nipote sgraziata Fernanda, cui sono morti i genitori
e di cui lei è tutrice. A Shangai scopre che il marito era: oppiomane, pieno di
debiti, un po’ truffaldino, un po’ antiquario, e soprattutto che è morto ucciso
da una Banda in cerca di un qualche tesoro. In breve tempo, la nostra Elvira,
sotto i consigli di uno scozzese unico amico vero del marito morto, conosce un
antiquario che le fa scoprire quale fosse il tesoro nascosto del marito. Uno
scrigno che, decifrando i misteri in esso contenuto, dovrebbe portare alla
tomba del Primo Imperatore. Il mitico Qin Shi Huang Di (che significa Primo
Imperatore della Dinastia Qin, dalla cui pronuncia deriva il nome Cina). Da qui
parte l’avventura che porta Elvira, Fernanda, Biao (un orfano cinese dalle
grandi capacità matematiche) e l’antiquario Lao Yiang ad un lungo giro con
molti mezzi per la Cina dell’epoca. Per decifrare i misteri dello scrigno. Per
scampare le insidie ed i pericoli nascosti. Per trovare (forse) i tesori del
Primo Imperatore. Questa trama poteva svilupparsi e dipanarsi in modo
piacevole, magari giocando sul contro-altare delle differenze Oriente – Occidente,
viste soprattutto da una giovane signora. Ed in parte utilizza questa chiave.
Ma che viene annegata in alcune (troppe) didascaliche discussioni e/o
elencazioni di “must” cinesi. La divinazione con l’I Ching. Le interpretazioni
dello Yin e dello Yang. Il taoismo. Il Tai chi. I monaci shaolin. La supremazia
cinese in tutti i campi (hanno inventato tutto loro molto prima e meglio che
l’Occidente). Per poi scendere (poco) nel campo dei costumi e nel campo
alimentare. Ed infine per imbastire tutta una disquisizione sullo stato della politica
cinese. Senza però avere la verve pronta per suscitare empatia o interesse.
Siamo nell’epoca di Sun Yat-sen. L’ultimo imperatore Pu Yi è rinchiuso nella
Città Proibita. Il Kuomintang ed il Partito Comunista sono alleati contro le
possibili inferenze dei Giapponesi. Insomma, c’era, eccome, materia per narrare
ed intrigare. Purtroppo, le corde della Asensi in questo campo sembrano meno
vibranti di quelle, ad esempio, che incontrammo nelle storie con gli aymara
(cfr. “L’origine perduta”). Non coinvolge. Elenca, ma la narrazione rimane esterna.
Vediamo i nostri quattro risalire fiumi, scalare montagne, visitare monasteri e
tempi vari. Vediamo Elvira entrare meglio in sintonia con l’ambiente. Vediamo
Fernanda crescere, dimagrire e maturare. Vediamo Biao risolvere enigmi più o
meno complicati (tra cui viene proposto un quadrato magico d’ordine 9, che si
risolve in tre minuti…). Vediamo infine l’antiquario Lao Yiang passare
attraverso mille sfaccettature: antiquario, filosofo, nazionalista, comunista.
Alla fine i nostri (o almeno alcuni o forse altri, ma questo non ve lo dico)
troveranno la famosa tomba. Ma potranno prendere solo alcuni (ma di molto
valore) gioielli, per poi far crollare tutto. E far perdere le tracce della
scoperta. Perché, come molti sanno, la tomba è stata poi realmente scoperta con
il suo meraviglioso esercito di terracotta solo nel 1974 (e cioè 50 anni dopo
le vicende narrate). La fine fila via liscia, anche molto velocemente, ed in
una decina di pagine seguiamo le vicende di almeno quaranta anni seguenti ai
tre mesi narrati per 400 pagine. Insomma, come detto un’occasione perduta.
Qualche inesattezza (per preservare per duemila anni alcune preziosità
l’autrice utilizza mercurio, laddove i cinesi usavano il solfuro di mercurio
che seconda la tradizione taoista è un attivatore della lunga vita). Da
utilizzare per qualche lettura distensiva, all’ombra di una palma o davanti un
caminetto accesso. Non molto di più.
“Sì, il mio pensiero era stato esattamente questo: voglio fare della
mia vita un’opera d’arte.” (135) [da ricordare perché in 3 degli ultimi 6 libri
ricorre questa frase, cfr. Hilmann e Bianchi]
Matilde Asensi “Terra ferma” BUR euro 8,90
[A: 31/01/2012 – I: 27/11/2012 – T: 29/11/2012]
[tit. or.: Tierra firme; ling. or.: spagnolo; pagine: 217;
anno 2008]
Una prova di riscatto.
Un’avventura, certo, e con un tocco (piccolo) di metastoriografia. Ma questa
volta scorre, non ha intoppi, non si imbarca in descrizioni che portano lontano
senza aiutare il povero lettore. Sarà che si parla di problematiche connesse al
mondo spagnolo, ma senz’altro si sente sono più consone all’autrice. Intanto
utilizza una scrittura più accattivante: sempre in prima persona, ma Catilina
sembra proporsi in modo più simpatico rispetto alla stravagante dama scaraventata
dall’Europa in Cina. Qui abbiamo fatto un bel balzo all’indietro (siamo verso
la fine del 1500) e torniamo nelle terre di lingua ispanica. Siamo alla nascita
ed allo sviluppo delle colonie spagnole nel primo secolo dopo Colombo. La
storia si sviluppa poi proprio intorno alle isole caraibiche, ed alla costa
colombiana in particolare, con epicentro logico in quel di Cartagena de Las Indias,
appunto in Colombia. La quindicenne Catilina, figlia di una famiglia in
disgrazia, viaggia verso le colonie per un matrimonio di convenienza. Per non
cadere in mano ai pirati fugge dalla nave vestita da ragazzo e salvandosi su di
un relitto alla maniera del buon Ismaele della Balena Bianca. Dopo giorni di
deriva, si ritrova su di un’isola, dove vive, alla Robinson Crusoe, per più di
un anno. Finalmente viene salvata da un buon battello di mercanti. E qui
cominciano le sue fortune. Il comandante è un brav’uomo che le consiglia di
rimanere vestita da ragazzo e poi da uomo. La porta in salvo sulla sua isola di
Santa Marta, dove comincia la seconda parte della vita di Catilina ora Martin.
Viaggi per nave, mercati e mercanti, crescita, amicizia con la donna di
Esteban, tenutaria di un bordello. Tanto brava riesce (ed è ovviamente
intelligente) che il nostro mercante, senza figli, decide di adottarla per
lasciarle il suo impero (piccolo ma redditizio) in eredità se e quando si
ritirerà dagli affari. Nel frattempo si assiste alla fuga degli schiavi dalle
disumane condizioni dei coloni. Alla lotta tra negri liberati e coloni stessi,
un po’ sulla falsariga dell’Isola sotto il mare della Allende. Inciso: in
effetti, sembra quasi che la nostra scrittrice faccia un patchwork di diverse situazioni
e diversi libri, per creare, comunque, un’atmosfera interessante e godibile. Ed
Esteban aiuta gli ex-schiavi a rifornirsi di armi, entrando in contatto con
pirati e corsari. Alcuni incisi non pedanti si aprono su queste tematiche, che
non hanno la pesantezza e la saccenza di quelli cinesi, anzi stimolano a
saperne di più sulle guerre da Corsa (così venivano chiamate le scorribande
all’epoca, tra spagnoli, inglesi ed olandesi). Ma Esteban è strangolato da un
sordido usuraio spagnolo, di origine sivigliana (e già immagino che qualche
cosa succederà nel successivo romanzo della Asensi, che sembra ambientarsi
nella città spagnola per me foriera di bei ricordi). La nostra Catilina allora
ordirà un meccanismo complicato, ma molto ingegnoso, per liberare il padre
adottivo e castigare il cattivo Melchiorre. Non ve ne svelo i dettagli, ma
nello svolgersi complicato delle vicende finali, riusciamo a sapere anche che
lo sposo di Catilina muore per un’epidemia di vaiolo. E la nostra bella eroina
si trova alla fine erede di due fortune: quella come Catilina sulla terraferma
e quella come Martin sull’isola e sulle navi. Quale sarà la sua scelta,
anch’essa è motivo di silenzio da parte mia, ed in un certo senso anche la
scrittrice non svela/rivela tutto il bandolo della matassina. E forse questa
parte sul dualismo uomo/donna di Catilina andrebbe ripresa meglio. In finale,
torno solo a ribadire la piacevolezza degli scritti della Asensi quando si
pongono obiettivi raggiungibili, e li affrontano con senso della misura.
Arrivederci a Siviglia, Matilde.
Matilde Asensi “La vendetta di Siviglia” BUR euro 8,90 (in realtà,
scontato 7,56 euro)
[A: 04/10/2012 – I: 17/04/2013 – T: 18/04/2013]
[tit. or.: Venganza en
Sevilla; ling. or.: spagnolo; pagine: 263; anno 2010]
Un libro inutile. Ed è un
peccato, perché in realtà ha una sua storia, che prescinde dal testo, ma
attiene al contesto, che avrebbe meritato di meglio. Infatti, la mia storia
verso la Asensi comincia nel 2010 al tempo dell’organizzazione del viaggio a
Siviglia (molto bello seppur caldo). Girellando in libreria mi sembrava un
colpo del caso vedere proprio un libro intitolato “Vendetta a Siviglia”.
Scoperto che fa parte di una serie di libri, e scoperto che l’autrice
(nonostante pensassi fosse italiana) è spagnola, pensai di dedicarmi alla
lettura dei suoi libri. Sono partito così dalla “Camera d’Ambra” e sono andato
avanti. Finalmente dopo 6 libri di diversa resa, con alti e bassi, arrivo a
quello che doveva essere il primo. Soprattutto, dopo aver letto “Terra ferma”
che riportava la scrittura dell’autrice quasi ai livelli di “Origine perduta”.
Ed, infatti, finivo la trama precedente con un saluto alla città. Ora, tutto mi
aspettavo meno un libro così piatto. Sparisce quasi completamente quella
metastoriografia che mi aveva incuriosito e di cui avevo parlato in passato.
Viene lasciato da parte, e molto, il dualismo uomo/donna nelle vicende di
Catalina/Martin. Certo a volte si veste da uomo, a volte da donna, ma non
sembra tirare fuori i conflitti che condivano la parte finale del primo libro.
Inoltre la vicenda è non solo piatta, ma anche molto scontata. Era ovvio che i
Curvo, una volta passato del tempo, avrebbero cercato la vendetta sulla
famiglia di Esteban. E così, accusandolo ingiustamente, cercano di uccidere
tutte le persone a conoscenza delle loro losche trame (senza riuscirci).
Catalina, allora, prende i soldi del suo tesoro, e con i suoi bravi fa vela
verso Siviglia. Dove troverà aiuto da un’anziana sodale della Madre adottiva,
ex-prostituta anche lei. E farà in modo di accogliere le ultime parole del
padre morente: “Vendetta!”. E vendetta sia. Con l’aiuto di Clara e dei suoi
soldi, si crea una posizione nella società sivigliana, in veste di Catalina.
Così conosce e comincia a frequentare il bel mondo, Curvo inclusi. Il giovane
Diego, il più depravato, che sarà punito attraverso una prostituta affetta di
sifilide. Isabel uccisa con il curaro. Juana fatta cadere nelle trappole
d’amore utilizzando un servo, sbugiardata in pubblico, e giustiziata da padre e
figlio per vendicarne l’onore. E Ferdinando, il capo famiglia e più anziano dei
fratelli, affrontato in duello. Unico momento intenso delle scarne duecento
pagine. Con momenti di cui non vi dico, e strascichi che vedremo in futuro.
Certo, in questo modo spende tutta la sua fortuna, viene ovviamente bandita
dalla Spagna. Ma la sua astuzia, scoperto il modo con cui i fratelli Curvo
facevano fior di soldi tra le miniere d’argento di Potosì in Perù (anche se ora
è in Bolivia, ma allora tutta la zona Perù, Bolivia e Nord del Cile era
chiamata Perù) e la Spagna natia (inciso: gli unici momenti gradevoli sono
quelli di citazioni geografiche, quando si parla di Perù, delle isole caraibiche,
o di città tra Spagna e Portogallo, non ultimo l’Arenal sivigliano, il suono
delle campane cittadine, la Giralda…), farà in modo di ricostruirne e
recuperarne molto. Anche qui non vi svelo nessun segreto, che qualcuno, più
paziente di me, forse vorrà leggerne, per passare qualche ora sotto un
ombrellone, guardando il mare e “wasting time”, come diceva Otis Redding.
Tuttavia, ci meravigliamo che un Curvo sia ancora vivo? Si tratta di Arias,
quello rimasto in Sudamerica. E la vendetta di Catalina non si fermerà sino
alla totale riuscita (o sconfitta). E guardando gli scaffali, vedo che è uscito
l’ultimo volume della trilogia. Per ora mi ha un po’ saturato. In futuro…
“Se la donna vuole essere libera … non deve prender marito, altrimenti
perde non solo i suoi beni, ma anche il governo di sé e persino il diritto di
parlare.” (157)
Tiago Rebelo “Il tempo degli amori perfetti” Beat euro 9 (in realtà,
scontato a 7,65 euro)
[A: 01/11/2012 – I: 26/04/2013 – T: 28/04/2013]
[tit. or.: Tempo dos Amores
Perfeitos; ling. or.: portoghese; pagine: 496; anno 2006]
Peccato!
Un’altra buona occasione un po’ buttata via. Pensavo di rinverdire non dico la
migliore Asensi e le sue storie spagnolo - caraibiche, ma almeno di emulare la Valadão
di Loanda. E invece è solo una brutta copia di quest’ultimo romanzo spostato
duecento anni dopo. Siamo, infatti, sul versante delle colonie portoghesi, e
quindi ci spostiamo nella fascia sub-tropicale. L’autore avrebbe potuto ben
inserire la sua storia, che secondo la sua datazione si svolge intorno al 1895,
nella crisi che il Portogallo cominciò ad avere alcuni anni prima, dovendo
subire i diktat inglesi e tedeschi in quella zona australe. Dai fasti del
grande impero (quello che avevamo visto nell’epica di Loanda) decennio dopo
decennio il Portogallo inizia a ripiegarsi su se stesso. Mancanza di regimi
sicuri, di persone di spicco, distacco dalla Spagna, e poi la perdita del
Brasile nel 1820, stanno facendo precipitare i lusitani in una crisi che non
credo sia ancora passata, nonostante il bellissimo riscatto di 40 anni fa (e
andate a vedere “Un treno per Lisbona”, così rinverdite le informazioni sul
periodo). Se Rebelo avesse inquadrato la sua storia in questo contesto avrebbe
potuto fare un affresco, utilizzando l’altrove (l’Angola per intenderci) al
fine di darci un buon esempio di meta-storiografia. Ed invece… Sì, nei primi
capitoli c’è un po’ di accenno al contesto. Ma poi si perde, da un lato nella
lunga e sfortunata storia d’amore tra Carlos e Leonor. Dall’altra nelle vicende
militari del tenente Carlos Montanha detto “Muxabata”, cioè l’invincibile. I
due si conoscono nella nave che da Lisbona li porta nella colonia. Nasce subito
l’amore. Ma il tenente è destinato all’interno, in una guarnigione dove,
vittoria dopo vittoria, troverà giustamente il suo soprannome di Muxabata. Con
il conseguente rispetto dei nativi e l’invidia dei militari (un po’ scontato…).
Leonor rimane a Luanda, accudita da Benvinda, una negretta che all’inizio
sembra ripetere le gesta della mulatta della Valadão, scappando dai negrieri.
La cameriera di Leonor però dopo di ciò non fa più nulla di rimarchevole. Se
non far precipitare tutte le storie nel peggiore dei modi. Il negriero la
ritrova, e cerca di rapirla. Lei si salva, e quello viene imprigionato. Peccato
che Carlos, per tornare vicino a Leonor, chiede il trasferimento a Luanda. Ed
ottiene il posto a capo delle guardie carcerarie. Ma Carlos è un uomo d’onore,
e vedendo il negriero senza accuse lo libera. E dopo l’unica notte d’amore con
Leonor, il cattivone pensa bene di tentare di uccidere la famiglia di Leonor in
chiesa. Dove Carlos li salva, ma viene colpito quasi a morte. E qui l’autore ci
propina pagine a pagine di inutili rimandi. Carlos è malato. Leonor non lo va a
trovare pensando che sia stata la sua dabbenaggine a creare la quasi tragedia.
Il padre di Leonor lo bandisce dalla città. Carlos torna nella guarnigione, a
fare conquiste inutili. Ma lo scandalo porta il padre di Leonor ad essere
allontanato da Luanda e messo a governare la regione dove agisce Carlos. E per
vendetta lo manda in missioni suicide, durante una delle quali tutta la
guarnigione viene uccisa, ma di lui non si trova il corpo. Leonor, a questo
punto ravvedutasi, scappa di casa e vaga nella giungla alla ricerca di Carlos.
Carlos vaga nella giungla per salvarsi. E non riescono mai ad incontrarsi.
Qualcuno morirà e chi sopravvive vivrà il resto della vita nel rimpianto.
Insomma, si era partiti bene con un passo tra storia alta e storia bassa, poi
si scade nel melenso. Il brutto è che l’autore impiega tre pagine per volte a
dire quanto può enunciare in tre righe. Usando anche quei trucchetti tipo
commentare una situazione, anticipando quanto potrà succedere una decina di
pagine dopo. Ma non crea né suspense né voglia di sapere. Tanto che tutto
sembra scritto nel primo capitolo. Le altre 450 pagine sono inutili. E non sono
certo una “Via col vento” africana come commenta La Spina o la storia di un
amore che supera ogni difficoltà come dice Marilia Piccone nei commenti. Che
l’amore non ne supera una di difficoltà. Anzi si arena subito. Una prova
inutile, sconsigliata a che cerca anche una riga di piacere nella lettura.
Peccato!
“L’Africa è il luogo più affascinante della
terra, un luogo del quale un uomo si innamora irrimediabilmente. Non c’era il
minimo dubbio che una volta abituata alla vastità di quel territorio spaventoso,
una persona, qualunque persona, non sarebbe stata capace di essere nuovamente
felice nel continente europeo.” (168)
Inizia
foriero di buone sensazioni questo mese di maggio. Purtroppo sono sensazioni
personali, che il contorno economico e politico non ci sorregge. Allora andiamo
ad elencare le letture del mese di febbraio. In una normale media numerica, ma
con qualche buono spunto. Innanzi tutto i due seppur datati libri di Trevi ed
Atzeni, i primi episodi del commissario Ponzetti e l’interessante libro della
israeliana Liebrecht.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Elizabeth Peters
|
Indagine nel museo Egizio
|
TEA
|
8,60
|
2
|
2
|
Emanuele Trevi
|
Musica distante
|
Ponte alle Grazie
|
s.p.
|
4
|
3
|
Carlo Giorgi
|
Vado in Senegal
|
Terre di Mezzo
|
7,50
|
3
|
4
|
Michael Connelly
|
Utente sconosciuto
|
Piemme
|
11
|
3
|
5
|
Andrea Vitali
|
Una finestra vistalago
|
Garzanti
|
12
|
3
|
6
|
Giovanni Ricciardi
|
Le indagini del commissario Ponzetti
|
Fazi
|
14,90
|
4
|
7
|
Sergio Atzeni
|
Passavamo sulla terra leggeri
|
Ilisso
|
7
|
4
|
8
|
Giovanni Ricciardi
|
Portami a ballare
|
Fazi
|
16,50
|
3
|
9
|
Jean-Christophe Rufin
|
Asmara et les
causes perdues
|
Folio
|
7,10
|
3
|
10
|
Elizabeth Peters
|
Il mistero della città perduta
|
TEA
|
9
|
2
|
11
|
Savyon Liebrecht
|
Prove d’amore
|
E/O
|
7,75
|
4
|
12
|
Camilla Läckenberg
|
Il predicatore
|
Marsilio
|
14
|
3
|
13
|
Michael Connelly
|
La città delle ossa
|
Piemme
|
11
|
3
|
14
|
Cristiana Astori
|
Tutto quel rosso
|
Mondadori
|
4,90
|
2
|
15
|
Elizabeth Peters
|
La maledizione di Nefertiti
|
TEA
|
8,60
|
2
|
Comunque non finiremo mai di
citare il titolo di un vecchio lavoro della mia amica Rosa (“Invecchiare è l’unico
modo per non morire”). Per questo continuiamo a fare quello di cui siamo
capaci: leggere, viaggiare, condividere con gli amici, e mandare a tutti
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