domenica 5 maggio 2013

Meta-hystoriografìa - 05 maggio 2013


Torniamo su questa tematica che mi aveva incuriosito ed interessato alla lettura del degno “Loanda” di Isabela Valadão. E ci torniamo con una dose massiccia di Spagna (da cui il titolo ispanico). Anzi, con una dose massiccia, quasi letale della spagnola Asensi. Che però non riesco a portare al quarto titolo (troppo deluso dal terzo). E vi unisco quindi un portoghese, Tiago Rebelo, che speravo risollevasse questa uscita. Che invece rimane molto in minore.
Matilde Asensi “Tutto sotto il cielo” SuperPocket euro 6,90 (in realtà, scontato a 6 euro)
[A: 13/05/2012 – I: 11/11/2012 – T: 19/11/2012]
[tit. or.: Todo bajo el cielo; ling. or.: spagnolo; pagine: 465; anno 2006]
Peccato! Una buona occasione un po’ buttata via. L’idea di base del romanzo, infatti, ha un suo interesse, e poteva portare sviluppi interessanti o coinvolgenti. Siamo nel 1923. Una benestante donna spagnola, che vive in Francia con i soldi del marito francese il quale però vive in Cina (così ognuno fa la sua vita senza intralciarsi, visto il matrimonio fu di convenienza), è costretta a recarsi in Cina che muore il marito. L’accompagna la nipote sgraziata Fernanda, cui sono morti i genitori e di cui lei è tutrice. A Shangai scopre che il marito era: oppiomane, pieno di debiti, un po’ truffaldino, un po’ antiquario, e soprattutto che è morto ucciso da una Banda in cerca di un qualche tesoro. In breve tempo, la nostra Elvira, sotto i consigli di uno scozzese unico amico vero del marito morto, conosce un antiquario che le fa scoprire quale fosse il tesoro nascosto del marito. Uno scrigno che, decifrando i misteri in esso contenuto, dovrebbe portare alla tomba del Primo Imperatore. Il mitico Qin Shi Huang Di (che significa Primo Imperatore della Dinastia Qin, dalla cui pronuncia deriva il nome Cina). Da qui parte l’avventura che porta Elvira, Fernanda, Biao (un orfano cinese dalle grandi capacità matematiche) e l’antiquario Lao Yiang ad un lungo giro con molti mezzi per la Cina dell’epoca. Per decifrare i misteri dello scrigno. Per scampare le insidie ed i pericoli nascosti. Per trovare (forse) i tesori del Primo Imperatore. Questa trama poteva svilupparsi e dipanarsi in modo piacevole, magari giocando sul contro-altare delle differenze Oriente – Occidente, viste soprattutto da una giovane signora. Ed in parte utilizza questa chiave. Ma che viene annegata in alcune (troppe) didascaliche discussioni e/o elencazioni di “must” cinesi. La divinazione con l’I Ching. Le interpretazioni dello Yin e dello Yang. Il taoismo. Il Tai chi. I monaci shaolin. La supremazia cinese in tutti i campi (hanno inventato tutto loro molto prima e meglio che l’Occidente). Per poi scendere (poco) nel campo dei costumi e nel campo alimentare. Ed infine per imbastire tutta una disquisizione sullo stato della politica cinese. Senza però avere la verve pronta per suscitare empatia o interesse. Siamo nell’epoca di Sun Yat-sen. L’ultimo imperatore Pu Yi è rinchiuso nella Città Proibita. Il Kuomintang ed il Partito Comunista sono alleati contro le possibili inferenze dei Giapponesi. Insomma, c’era, eccome, materia per narrare ed intrigare. Purtroppo, le corde della Asensi in questo campo sembrano meno vibranti di quelle, ad esempio, che incontrammo nelle storie con gli aymara (cfr. “L’origine perduta”). Non coinvolge. Elenca, ma la narrazione rimane esterna. Vediamo i nostri quattro risalire fiumi, scalare montagne, visitare monasteri e tempi vari. Vediamo Elvira entrare meglio in sintonia con l’ambiente. Vediamo Fernanda crescere, dimagrire e maturare. Vediamo Biao risolvere enigmi più o meno complicati (tra cui viene proposto un quadrato magico d’ordine 9, che si risolve in tre minuti…). Vediamo infine l’antiquario Lao Yiang passare attraverso mille sfaccettature: antiquario, filosofo, nazionalista, comunista. Alla fine i nostri (o almeno alcuni o forse altri, ma questo non ve lo dico) troveranno la famosa tomba. Ma potranno prendere solo alcuni (ma di molto valore) gioielli, per poi far crollare tutto. E far perdere le tracce della scoperta. Perché, come molti sanno, la tomba è stata poi realmente scoperta con il suo meraviglioso esercito di terracotta solo nel 1974 (e cioè 50 anni dopo le vicende narrate). La fine fila via liscia, anche molto velocemente, ed in una decina di pagine seguiamo le vicende di almeno quaranta anni seguenti ai tre mesi narrati per 400 pagine. Insomma, come detto un’occasione perduta. Qualche inesattezza (per preservare per duemila anni alcune preziosità l’autrice utilizza mercurio, laddove i cinesi usavano il solfuro di mercurio che seconda la tradizione taoista è un attivatore della lunga vita). Da utilizzare per qualche lettura distensiva, all’ombra di una palma o davanti un caminetto accesso. Non molto di più.
“Sì, il mio pensiero era stato esattamente questo: voglio fare della mia vita un’opera d’arte.” (135) [da ricordare perché in 3 degli ultimi 6 libri ricorre questa frase, cfr. Hilmann e Bianchi]
Matilde Asensi “Terra ferma” BUR euro 8,90
[A: 31/01/2012 – I: 27/11/2012 – T: 29/11/2012]
[tit. or.: Tierra firme; ling. or.: spagnolo; pagine: 217; anno 2008]
Una prova di riscatto. Un’avventura, certo, e con un tocco (piccolo) di metastoriografia. Ma questa volta scorre, non ha intoppi, non si imbarca in descrizioni che portano lontano senza aiutare il povero lettore. Sarà che si parla di problematiche connesse al mondo spagnolo, ma senz’altro si sente sono più consone all’autrice. Intanto utilizza una scrittura più accattivante: sempre in prima persona, ma Catilina sembra proporsi in modo più simpatico rispetto alla stravagante dama scaraventata dall’Europa in Cina. Qui abbiamo fatto un bel balzo all’indietro (siamo verso la fine del 1500) e torniamo nelle terre di lingua ispanica. Siamo alla nascita ed allo sviluppo delle colonie spagnole nel primo secolo dopo Colombo. La storia si sviluppa poi proprio intorno alle isole caraibiche, ed alla costa colombiana in particolare, con epicentro logico in quel di Cartagena de Las Indias, appunto in Colombia. La quindicenne Catilina, figlia di una famiglia in disgrazia, viaggia verso le colonie per un matrimonio di convenienza. Per non cadere in mano ai pirati fugge dalla nave vestita da ragazzo e salvandosi su di un relitto alla maniera del buon Ismaele della Balena Bianca. Dopo giorni di deriva, si ritrova su di un’isola, dove vive, alla Robinson Crusoe, per più di un anno. Finalmente viene salvata da un buon battello di mercanti. E qui cominciano le sue fortune. Il comandante è un brav’uomo che le consiglia di rimanere vestita da ragazzo e poi da uomo. La porta in salvo sulla sua isola di Santa Marta, dove comincia la seconda parte della vita di Catilina ora Martin. Viaggi per nave, mercati e mercanti, crescita, amicizia con la donna di Esteban, tenutaria di un bordello. Tanto brava riesce (ed è ovviamente intelligente) che il nostro mercante, senza figli, decide di adottarla per lasciarle il suo impero (piccolo ma redditizio) in eredità se e quando si ritirerà dagli affari. Nel frattempo si assiste alla fuga degli schiavi dalle disumane condizioni dei coloni. Alla lotta tra negri liberati e coloni stessi, un po’ sulla falsariga dell’Isola sotto il mare della Allende. Inciso: in effetti, sembra quasi che la nostra scrittrice faccia un patchwork di diverse situazioni e diversi libri, per creare, comunque, un’atmosfera interessante e godibile. Ed Esteban aiuta gli ex-schiavi a rifornirsi di armi, entrando in contatto con pirati e corsari. Alcuni incisi non pedanti si aprono su queste tematiche, che non hanno la pesantezza e la saccenza di quelli cinesi, anzi stimolano a saperne di più sulle guerre da Corsa (così venivano chiamate le scorribande all’epoca, tra spagnoli, inglesi ed olandesi). Ma Esteban è strangolato da un sordido usuraio spagnolo, di origine sivigliana (e già immagino che qualche cosa succederà nel successivo romanzo della Asensi, che sembra ambientarsi nella città spagnola per me foriera di bei ricordi). La nostra Catilina allora ordirà un meccanismo complicato, ma molto ingegnoso, per liberare il padre adottivo e castigare il cattivo Melchiorre. Non ve ne svelo i dettagli, ma nello svolgersi complicato delle vicende finali, riusciamo a sapere anche che lo sposo di Catilina muore per un’epidemia di vaiolo. E la nostra bella eroina si trova alla fine erede di due fortune: quella come Catilina sulla terraferma e quella come Martin sull’isola e sulle navi. Quale sarà la sua scelta, anch’essa è motivo di silenzio da parte mia, ed in un certo senso anche la scrittrice non svela/rivela tutto il bandolo della matassina. E forse questa parte sul dualismo uomo/donna di Catilina andrebbe ripresa meglio. In finale, torno solo a ribadire la piacevolezza degli scritti della Asensi quando si pongono obiettivi raggiungibili, e li affrontano con senso della misura. Arrivederci a Siviglia, Matilde.
Matilde Asensi “La vendetta di Siviglia” BUR euro 8,90 (in realtà, scontato 7,56 euro)
[A: 04/10/2012 – I: 17/04/2013 – T: 18/04/2013]
[tit. or.: Venganza en Sevilla; ling. or.: spagnolo; pagine: 263; anno 2010]
Un libro inutile. Ed è un peccato, perché in realtà ha una sua storia, che prescinde dal testo, ma attiene al contesto, che avrebbe meritato di meglio. Infatti, la mia storia verso la Asensi comincia nel 2010 al tempo dell’organizzazione del viaggio a Siviglia (molto bello seppur caldo). Girellando in libreria mi sembrava un colpo del caso vedere proprio un libro intitolato “Vendetta a Siviglia”. Scoperto che fa parte di una serie di libri, e scoperto che l’autrice (nonostante pensassi fosse italiana) è spagnola, pensai di dedicarmi alla lettura dei suoi libri. Sono partito così dalla “Camera d’Ambra” e sono andato avanti. Finalmente dopo 6 libri di diversa resa, con alti e bassi, arrivo a quello che doveva essere il primo. Soprattutto, dopo aver letto “Terra ferma” che riportava la scrittura dell’autrice quasi ai livelli di “Origine perduta”. Ed, infatti, finivo la trama precedente con un saluto alla città. Ora, tutto mi aspettavo meno un libro così piatto. Sparisce quasi completamente quella metastoriografia che mi aveva incuriosito e di cui avevo parlato in passato. Viene lasciato da parte, e molto, il dualismo uomo/donna nelle vicende di Catalina/Martin. Certo a volte si veste da uomo, a volte da donna, ma non sembra tirare fuori i conflitti che condivano la parte finale del primo libro. Inoltre la vicenda è non solo piatta, ma anche molto scontata. Era ovvio che i Curvo, una volta passato del tempo, avrebbero cercato la vendetta sulla famiglia di Esteban. E così, accusandolo ingiustamente, cercano di uccidere tutte le persone a conoscenza delle loro losche trame (senza riuscirci). Catalina, allora, prende i soldi del suo tesoro, e con i suoi bravi fa vela verso Siviglia. Dove troverà aiuto da un’anziana sodale della Madre adottiva, ex-prostituta anche lei. E farà in modo di accogliere le ultime parole del padre morente: “Vendetta!”. E vendetta sia. Con l’aiuto di Clara e dei suoi soldi, si crea una posizione nella società sivigliana, in veste di Catalina. Così conosce e comincia a frequentare il bel mondo, Curvo inclusi. Il giovane Diego, il più depravato, che sarà punito attraverso una prostituta affetta di sifilide. Isabel uccisa con il curaro. Juana fatta cadere nelle trappole d’amore utilizzando un servo, sbugiardata in pubblico, e giustiziata da padre e figlio per vendicarne l’onore. E Ferdinando, il capo famiglia e più anziano dei fratelli, affrontato in duello. Unico momento intenso delle scarne duecento pagine. Con momenti di cui non vi dico, e strascichi che vedremo in futuro. Certo, in questo modo spende tutta la sua fortuna, viene ovviamente bandita dalla Spagna. Ma la sua astuzia, scoperto il modo con cui i fratelli Curvo facevano fior di soldi tra le miniere d’argento di Potosì in Perù (anche se ora è in Bolivia, ma allora tutta la zona Perù, Bolivia e Nord del Cile era chiamata Perù) e la Spagna natia (inciso: gli unici momenti gradevoli sono quelli di citazioni geografiche, quando si parla di Perù, delle isole caraibiche, o di città tra Spagna e Portogallo, non ultimo l’Arenal sivigliano, il suono delle campane cittadine, la Giralda…), farà in modo di ricostruirne e recuperarne molto. Anche qui non vi svelo nessun segreto, che qualcuno, più paziente di me, forse vorrà leggerne, per passare qualche ora sotto un ombrellone, guardando il mare e “wasting time”, come diceva Otis Redding. Tuttavia, ci meravigliamo che un Curvo sia ancora vivo? Si tratta di Arias, quello rimasto in Sudamerica. E la vendetta di Catalina non si fermerà sino alla totale riuscita (o sconfitta). E guardando gli scaffali, vedo che è uscito l’ultimo volume della trilogia. Per ora mi ha un po’ saturato. In futuro…
“Se la donna vuole essere libera … non deve prender marito, altrimenti perde non solo i suoi beni, ma anche il governo di sé e persino il diritto di parlare.” (157)
Tiago Rebelo “Il tempo degli amori perfetti” Beat euro 9 (in realtà, scontato a 7,65 euro)
[A: 01/11/2012 – I: 26/04/2013 – T: 28/04/2013]
[tit. or.: Tempo dos Amores Perfeitos; ling. or.: portoghese; pagine: 496; anno 2006]
Peccato! Un’altra buona occasione un po’ buttata via. Pensavo di rinverdire non dico la migliore Asensi e le sue storie spagnolo - caraibiche, ma almeno di emulare la Valadão di Loanda. E invece è solo una brutta copia di quest’ultimo romanzo spostato duecento anni dopo. Siamo, infatti, sul versante delle colonie portoghesi, e quindi ci spostiamo nella fascia sub-tropicale. L’autore avrebbe potuto ben inserire la sua storia, che secondo la sua datazione si svolge intorno al 1895, nella crisi che il Portogallo cominciò ad avere alcuni anni prima, dovendo subire i diktat inglesi e tedeschi in quella zona australe. Dai fasti del grande impero (quello che avevamo visto nell’epica di Loanda) decennio dopo decennio il Portogallo inizia a ripiegarsi su se stesso. Mancanza di regimi sicuri, di persone di spicco, distacco dalla Spagna, e poi la perdita del Brasile nel 1820, stanno facendo precipitare i lusitani in una crisi che non credo sia ancora passata, nonostante il bellissimo riscatto di 40 anni fa (e andate a vedere “Un treno per Lisbona”, così rinverdite le informazioni sul periodo). Se Rebelo avesse inquadrato la sua storia in questo contesto avrebbe potuto fare un affresco, utilizzando l’altrove (l’Angola per intenderci) al fine di darci un buon esempio di meta-storiografia. Ed invece… Sì, nei primi capitoli c’è un po’ di accenno al contesto. Ma poi si perde, da un lato nella lunga e sfortunata storia d’amore tra Carlos e Leonor. Dall’altra nelle vicende militari del tenente Carlos Montanha detto “Muxabata”, cioè l’invincibile. I due si conoscono nella nave che da Lisbona li porta nella colonia. Nasce subito l’amore. Ma il tenente è destinato all’interno, in una guarnigione dove, vittoria dopo vittoria, troverà giustamente il suo soprannome di Muxabata. Con il conseguente rispetto dei nativi e l’invidia dei militari (un po’ scontato…). Leonor rimane a Luanda, accudita da Benvinda, una negretta che all’inizio sembra ripetere le gesta della mulatta della Valadão, scappando dai negrieri. La cameriera di Leonor però dopo di ciò non fa più nulla di rimarchevole. Se non far precipitare tutte le storie nel peggiore dei modi. Il negriero la ritrova, e cerca di rapirla. Lei si salva, e quello viene imprigionato. Peccato che Carlos, per tornare vicino a Leonor, chiede il trasferimento a Luanda. Ed ottiene il posto a capo delle guardie carcerarie. Ma Carlos è un uomo d’onore, e vedendo il negriero senza accuse lo libera. E dopo l’unica notte d’amore con Leonor, il cattivone pensa bene di tentare di uccidere la famiglia di Leonor in chiesa. Dove Carlos li salva, ma viene colpito quasi a morte. E qui l’autore ci propina pagine a pagine di inutili rimandi. Carlos è malato. Leonor non lo va a trovare pensando che sia stata la sua dabbenaggine a creare la quasi tragedia. Il padre di Leonor lo bandisce dalla città. Carlos torna nella guarnigione, a fare conquiste inutili. Ma lo scandalo porta il padre di Leonor ad essere allontanato da Luanda e messo a governare la regione dove agisce Carlos. E per vendetta lo manda in missioni suicide, durante una delle quali tutta la guarnigione viene uccisa, ma di lui non si trova il corpo. Leonor, a questo punto ravvedutasi, scappa di casa e vaga nella giungla alla ricerca di Carlos. Carlos vaga nella giungla per salvarsi. E non riescono mai ad incontrarsi. Qualcuno morirà e chi sopravvive vivrà il resto della vita nel rimpianto. Insomma, si era partiti bene con un passo tra storia alta e storia bassa, poi si scade nel melenso. Il brutto è che l’autore impiega tre pagine per volte a dire quanto può enunciare in tre righe. Usando anche quei trucchetti tipo commentare una situazione, anticipando quanto potrà succedere una decina di pagine dopo. Ma non crea né suspense né voglia di sapere. Tanto che tutto sembra scritto nel primo capitolo. Le altre 450 pagine sono inutili. E non sono certo una “Via col vento” africana come commenta La Spina o la storia di un amore che supera ogni difficoltà come dice Marilia Piccone nei commenti. Che l’amore non ne supera una di difficoltà. Anzi si arena subito. Una prova inutile, sconsigliata a che cerca anche una riga di piacere nella lettura. Peccato!
“L’Africa è il luogo più affascinante della terra, un luogo del quale un uomo si innamora irrimediabilmente. Non c’era il minimo dubbio che una volta abituata alla vastità di quel territorio spaventoso, una persona, qualunque persona, non sarebbe stata capace di essere nuovamente felice nel continente europeo.” (168)
Inizia foriero di buone sensazioni questo mese di maggio. Purtroppo sono sensazioni personali, che il contorno economico e politico non ci sorregge. Allora andiamo ad elencare le letture del mese di febbraio. In una normale media numerica, ma con qualche buono spunto. Innanzi tutto i due seppur datati libri di Trevi ed Atzeni, i primi episodi del commissario Ponzetti e l’interessante libro della israeliana Liebrecht.
#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Elizabeth Peters
Indagine nel museo Egizio
TEA
8,60
2
2
Emanuele Trevi
 Musica distante
Ponte alle Grazie
s.p.
4
3
Carlo Giorgi
Vado in Senegal
Terre di Mezzo
7,50
3
4
Michael Connelly
Utente sconosciuto
Piemme
11
3
5
Andrea Vitali
Una finestra vistalago
Garzanti
12
3
6
Giovanni Ricciardi
Le indagini del commissario Ponzetti
Fazi
14,90
4
7
Sergio Atzeni
Passavamo sulla terra leggeri
Ilisso
7
4
8
Giovanni Ricciardi
Portami a ballare
Fazi
16,50
3
9
Jean-Christophe Rufin
Asmara et les causes perdues
Folio
7,10
3
10
Elizabeth Peters
Il mistero della città perduta
TEA
9
2
11
Savyon Liebrecht
Prove d’amore
E/O
7,75
4
12
Camilla Läckenberg
Il predicatore
Marsilio
14
3
13
Michael Connelly
La città delle ossa
Piemme
11
3
14
Cristiana Astori
Tutto quel rosso
Mondadori
4,90
2
15
Elizabeth Peters
La maledizione di Nefertiti
TEA
8,60
2

Comunque non finiremo mai di citare il titolo di un vecchio lavoro della mia amica Rosa (“Invecchiare è l’unico modo per non morire”). Per questo continuiamo a fare quello di cui siamo capaci: leggere, viaggiare, condividere con gli amici, e mandare a tutti

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