Perché dopo una puntata tutta
dedicata a Banana, questa trama è tutto centrata sul grande Michael Connelly. E
dove di certo abbiamo il suo eroe di punta, con il ritorno di Bosch nei ranghi
della polizia di Los Angeles, dove ricomincia ad indagare dai “cold case”, ma
ben presto tornerà sulla cresta dell’onda, anche se dovrà sempre far fronte al
suo caratteraccio. Ma abbiamo anche l’ingresso nell’arena di Mickey Haller, con
un ottimo romanzo, che vedrà dei seguiti interessanti nel futuro.
Michael Connelly “La ragazza di polvere” Piemme euro 11 (in realtà,
scontato a 8,25 euro)
[A: 01/09/2012– I: 22/08/2013
– T: 27/08/2013] - &&&&
[tit. or.: The Closers; ling. or.: inglese; pagine: 394; anno 2005]
Dopo
un paio di libri in cui il nostro amato Bosch, ovviamente Hieronymous detto
Harry, è rimasto fuori dalla polizia, ecco che, con un altro colpo da maestro,
il mago del thriller ci riporta dentro i dipartimenti di polizia di Los
Angeles. Così in un solo colpo, ritroviamo l’ambiente maestro di Bosch,
ritroviamo Kiz Rider, la sua compagna – alter ego, contro altare delle migliori
indagini di Bosch. E Connelly avrà modo di innestarsi su uno dei filoni
preferiti del thriller degli ultimi anni: quello dei cold case. Harry chiede di
tornare in servizio, e, insieme alla fida Kiz, viene incluso nelle squadre che
si occupano dei casi “vecchi”, ma non risolti (e sappiamo che Bosch ha sempre
avuto una passione per questi, inclusa l’uccisione irrisolta della madre). Ed
il primo caso è subito “complicato”. Rebecca, una ragazza uccisa quindici anni
prima, non ancora maggiorenne. La riapertura del caso è dovuto al fatto che ora
si dispone dell’analisi del DNA, non fattibile all’epoca. E sulla pistola viene
trovato il DNA di un pregiudicato. Inizia così, con il solito metodo “BOSCH”,
una ricerca a tutto tondo. Sull’ambiente della vittima (la scuola, le amiche,
il ragazzo, la famiglia, il pregiudicato). E l’analisi dei vecchi rapporti,
redatti da due poliziotti, uno andato in pensione e poi stranamente suicidatosi,
l’altro all’apice di una grigia carriera ed in vista della pensione. Altri
sfasci porta alla luce la morte di Rebecca: la famiglia si è sfasciata, la
madre continua a vivere nel ricordo della figlia, lasciando intatta la stanza
di lei, il padre non ha retto, è andato via di casa, e fa il barbone per le
strade. Si scopre inoltre che Rebecca aveva fatto un aborto poche settimane
prima della sua uccisione. E nella stanza di lei, Bosch trova un diario con
pagine d’amore dedicate ad un certo MTL. Che non sono le iniziali dello spasimante,
ma l’acronimo per “My True Love”. Ritrovano anche Mackey il pregiudicato, ne
cercano i passi falsi, ma quando sembra che riescano ad ottenere qualcosa, il
tipo viene misteriosamente investito. Morte casuale o omicidio premeditato? Il
tutto, inoltre, ostacolato da qualcosa, da interventi non richiesti, da
(sembra) depistaggi. Che il pregiudicato, all’epoca dei fatti, faceva parte di
una banda di quartiere, di quelle che sorgono in America tanto perché è un popolo
pacifico. Banda razzista, dedita a piccoli attentati verso negri ed ebrei. E
non a caso i vecchi fatti avvenivano nel 1988, dove 88, nell’iconografia degli
sbandati è la doppia H (ottava lettera dell’alfabeto), quella del saluto
nazista (Heil Hitler). Volevano fare “casino” i giovani sbarbatelli. Ma la
polizia li seguiva da presso. E ne limava le unghie, per cercare di non far
scatenare altri casi di “odi razziali”. Non è un caso che sempre la vicenda
“Rodney King” esca fuori. Per far tacere gli sbarbatelli si usavano le maniere
forti. Meno con il capetto, che guarda caso era figlio di un boss della polizia
locale. Harry e Kiz mettono a nudo tutta quest’ala di potere sotterraneo, di
malversazioni, di oscuri personaggi dalla luminosa carriera. Ora però siamo nel
XXI° secolo, e sembra che anche la polizia voglia ridarsi lustro, emarginando
le pecore nere (ahi, perché non abbiamo esempi anche qui da noi, dove le pecore
nere continuano a condizionare la vita di tutta una nazione…). Alla fine,
scopriamo che Mackey era stato costretto dal giudice correzionale a prendersi
un diploma, che aveva rubato la pistola di cui sopra ad un ebreo, che aveva
preso lezioni private in una scuola con gli stessi docenti di quella di
Rebecca, che era dislessico, ma aveva preso il diploma ugualmente. Bosch fa
fatica, ma alla fine tutti gli elementi del conto tornano e disvela la vicenda.
La madre di Rebecca riprende a respirare, i cattivi (sia poliziotti che civili)
hanno le loro punizioni. Solo il padre di Rebecca non si trova, ma alla fine… E
no, questo non ve lo dico. Insomma, un buon ritorno di Connelly, che, uscito
dall’impasse di aver fatto dimettere Bosch per incompatibilità con il suo capo,
ora lo reintegra, e riesce a far andare in pensione anche il cattivello.
Aspettiamoci altri fuochi e fulmini anche nei prossimi libri (sperando che non
si continui con gli assurdi titoli che la Piemme continua a sfornare: ma dove
sta la polvere della ragazza? Anche se capisco l’intraducibilità del titolo,
derivato dal gergo del baseball, dove con il termine “closers” si indicano quei
lanciatori che entrano verso la fine di una partita compromessa per cercare di
ribaltare il risultato).
Michael Connelly “Avvocato di difesa” Piemme euro 11,50 (in realtà,
scontato a 8,62 euro)
[A: 01/09/2012– I: 24/11/2013
– T: 26/11/2013] - &&&& e ½
[tit. or.: The Lincoln Lawyer; ling. or.: inglese; pagine: 426; anno 2005]
Ho
sempre pensato (ed i fatti lo confermano) che Connelly sia un bravo scrittore.
Direi da bravo a eccellente. Ci sono capitoli della saga di Harry Bosch veramente
degni (intrecci, sguardo sul mondo, tensione, rapporti umani). Come ci sono dei
bassi (è umano). Al pari dei grandi scrittori seriali poi, a fianco della serie
principale, un bravo scrittore inserisce storie, episodi che possono avere vita
propria. Si vede come rispondono. E se funzionano si continua. In questo, basta
analizzare la maestria della ditta Cussler & co di cui spesso ho parlato.
Qui, Connelly (come in altri libri già recensiti) inserisce un nuovo
personaggio. Un avvocato difensore (da cui il titolo italiano) che viaggia
sempre su delle Lincoln, avendone quattro (e da cui il titolo originale
inglese). Devo dire che questo nuovo personaggio funziona. A volte può sembrare
irritante, soprattutto nel modo di intendere e rappresentare la giustizia. Ma è
di sicura presa. Ha anche una storia interessante alle spalle: padre grande
avvocato, morto quando lui aveva cinque anni, cresciutone all’ombra, poi avvocato
lui stesso, sposato con Maggie, pubblico ministero (detta Maggie la Spietata),
da cui divorzia dopo aver avuto una figlia (Hayley) che ora ha otto anni, poi
sposato con Lorna, ma si accorgono presto di aver fatto tutti e due un errore,
divorziano, ma rimangono buoni amici, tanto che lei gli fa da segretaria. E
lui, Mickey Haller, l’avvocato che gira in Lincoln, fin dall’inizio ci dà un
saggio dell’idea di giustizia americana. Oltre al romanzo in sé, questo libro
ha anche il pregio di illuminarti, senza essere pedante, su come funzioni la
giustizia di là dell’Oceano. Prima di tutto con quella divisione tra penale e
civile, per cui se tu patteggi una colpevolezza lieve in un processo penale,
puoi essere spennato dai risarcimenti nel processo civile per danni (leggi OJ
Simpson, tanto per dirne una). E poi nel penale, tutti i trucchi e trucchetti
vari, per aggirare la legge, o quanto meno per trarre vantaggi dalla sua rigida
applicazione. Che è quello che fa Mickey, facendo uscire di prigione personaggi
colpevolissimi, solo perché c’è qualche intoppo burocratico (tipo, classico,
quello di non leggere i diritti all’imputato, o di fermarlo per un motivo ed
arrestarlo per un altro; ma ci vorrebbe un avvocato per parlarne, a me resta la
sensazione che sia una giustizia veramente “sul filo del rasoio”, con l’unico
pregio, sembra, di essere comunque veloce, non come qui in Italia, dove si
potrebbe cominciare un lungo discorso, ma lo salto). Detto questo contorno che
comunque è interessante, la vicenda ha un suo piglio ed andamento niente male.
Mickey viene ingaggiato da un riccone (e questo è una manna per un avvocato
difensore) per essere difeso da un’accusa di tentato stupro e omicidio. Con
l’aiuto del fido investigatore Raul, si riescono a mettere in fila una serie di
prove che rendono dubbia la testimonianza della vittima. Ovviamente calcando la
mano sul fatto che sia una prostituta. Tuttavia, cominciano a crearsi delle
crepe quando Louis, l’imputato, inizia a dire delle bugie, che Raul scopre. E
quando Mickey si accorge che Regina, la prostituta colpita, è molto simile ad
un’altra, però uccisa, e per la quale il suo cliente di allora, uno spanglish
di nome Jesus, sta scontando una lunga pena a San Quintino, la prigione di San
Francisco (ovviamente le gesta di Haller sono a L.A.). Il processo si avvicina,
con Mickey che cerca di capire chi, tra Louis e Jesus, sia innocente. Ripetendo
una massima del suo augusto padre (“Non c’è cliente peggiore che un cliente
innocente”). La situazione precipita quando il suo aiutante Raul, dopo aver
lasciato un messaggio a Mickey in cui dice di aver trovato la soluzione, viene
ucciso. A questo punto l’avvocato (e noi con lui) è praticamente certo che Louis
sia colpevole della precedente morte, ma anche di questo tentativo. Comincia il
processo, ed è molto gustoso, dal punto di vista della trama, vedere Mickey che
come avvocato cerca di far salvare il proprio cliente dall’accusa di tentato
omicidio nel processo in corso, ma cercando nel contempo di mettere le basi per
farlo accusare sia del precedente omicidio, che della morte di Raul. Inoltre,
di questa seconda vicenda, molto si complica una volta scoperto che la pistola
usata è quella che Mickey teneva in cassaforte. E che inoltre Louis (pur
appoggiato da una famiglia forte, con madre dispotica) ha un braccialetto di
segnalazione che ne individua i movimenti, per cui è impossibile che abbia
ucciso Raul. Tuttavia Mickey, con una strategia magistrale (che non rivelo) pur
mettendo in pericolo la figlia (ma la LAPD fa buona guardia, e tra lui e Maggie
sembrano rinascere pulsioni), trova il bandolo della matassa, riuscendo a far risorgere
un sentimento di giustizia che per tutto il libro si era andato perdendo. Ma
c’è, come c’è nella serie maggiore di Harry (e noto di passaggio che Connelly
passa sempre per la musica, con Bosch patito di jazz e Mickey intriso del rap,
che spesso gli dà la chiave dei comportamenti dei suoi assistiti). Insomma, un
buon inizio per una possibile nuova serie, rispetto a quelli tentati nei libri
#9 e #11 da lui scritti, ma che poi non videro seguito. Una bella e solida
scrittura. E, ripeto, una descrizione dei meccanismi giudiziari americani veramente
impagabile.
Michael Connelly “Il cerchio del lupo” Piemme euro 10,50 (in realtà,
scontato a 8,92 euro)
[A: 01/09/2012– I: 27/11/2013 – T: 29/11/2013] - &&&
e ½
[tit. or.: Echo Park; ling. or.: inglese; pagine: 358;
anno 2006]
Un
altro buon romanzo di Connelly, solo leggermente scalfito dall’insensatezza
della titolazione italiana. Costava molto lasciare il titolo originale? Tanto
che nelle maggiori lingue in cui il libro è stato tradotto (almeno in quelle a
me note) il titolo è rimasto con il riferimento al quartiere di Los Angeles
(noto ai cinefili per aver ospitato gli studios dei primi film di Chaplin e di
Stanlio e Ollio). Da noi si traduce, e si introduce un elemento di fastidiosa
inutilità. Perché di lupi non c’è nessuna traccia in tutto il libro. Tutt’al
più di volpi, che il personaggio cattivo centrale si chiama Raynard,
storpiatura del francese Reinart, volpe appunto. E la volpe ha un suo ruolo
centrale nella trama. Appunto, allora, veniamo al libro, sperando che prima o
poi qualcuno si renda conto delle idiozie commesse. Qui ritorna in primo piano
l’eroe di Connelly, il nostro amato detective Hieronymus “Harry” Bosch. Ancora
relegato alla sezione “Cold Case” come nel precedente, ed ancora con Kiz Rider
come partner. Tuttavia più che su Kiz (qui un po’ in ombra) le luci si
riaccendono su Rachel Walling, agente FBI con cui Bosch ha avuto una storia in
“Il poeta è tornato”, e che qui Harry coinvolge per cercare di capire meglio la
personalità del malvagio di turno, appunto Reinart Waits. Ed è fatale che si
riaccenda la fiamma tra i due. Intanto la storia si incentra su Waits, fermato
casualmente ad Echo Park con un furgone contenente due cadaveri. Per salvare la
pelle dalla pena capitale, accetta di collaborare con la polizia, ed in
particolare con Richard O’Shea, un capo dipartimento che sta cercando di dare
una scalata politica al potere locale (uno dei tanti meccanismi politici urbani
americani che un po’ mi lasciano perplesso per la loro diversità). Comincia a
confessare altro, ed in particolare l’omicidio di tal Marie, un caso di cui si
era occupato Bosch una dozzina di anni prima, e che era rimasto in sospeso. Qui
si scatena la vena intrallazzona di Connelly che mischia polizieschi
procedurali e legislazione americana (che abbiamo cominciato a conoscere meglio
nel precedente libro sull’avvocato Haller) per darci il solito quadro di
mescolanza tra arroganza dei poteri, meschinità delle persone, carrierismo ed
altri intrallazzi vari. Proprio per capire meglio Waits appunto, Harry
coinvolge Rachel, che gli fa intravedere subito possibili incongruenze, andando
poi ad uno dei noccioli della questione (il nome che Rachel subodora falso).
Harry si ingarbuglia anche perché O’Shea gli mostra un reperto della sua
vecchia indagine che avrebbe portato a Waits ma che fu ignorato. Con tutti
questi incasinamenti nella testa, si organizza la ricerca del cadavere di
Marie. Che si trova nei boschi intorno ad Echo Park (e devono essere dei
signori boschi, visto che ci hanno girato film western). Dove Waits sfrutta un
momento di confusione per rubare la pistola ad un poliziotto, ucciderlo, ferire
quasi mortalmente Kiz e fuggire. Anche se incolpevole, Harry viene sospeso. Ma
il nostro non si arrende mai. Ovviamente aveva copie dei verbali di tutto, e
rileggendoli scopre incongruenze con quelli attuali. Mette l’antenna fuori alla
ricerca dei bastardi, ovviamente puntando su O’Shea e la sua cricca. Nel
frattempo Waits rapisce un’altra donna. Harry e Rachel, spulciando quei verbali
trovano una traccia, che li porta di nuovo nei dintorni di Echo Park, dove pare
sempre più probabile trovare la tana della volpe (ma quale lupo, signori
miei!!). Il nostro eroe senza macchia e senza paura, segue come un segugio
questa traccia, riuscendo a stanare la volpe, mettendo a rischio però la vita
sua e di Rachel. E questa volta lei non lo perdona. Tutta la storia di Marie
era una montatura per incastrare Bosch (oltre che per far salire le quotazioni
di O’Shea). Ma che interesse aveva il politico ad incastrare il poliziotto? Una
volta che Harry scioglie questa matassa, riesce a risalire anche all’altro
bandolo della stessa ed a trovare il vero assassino della ragazza. Chiude così
il caso dopo 16 anni. Ma chiude anche la storia con Rachel. Rimane in sospeso
il rapporto con la sua ex e la figlia che ormai si sono trasferite ad Hong
Kong. Vede compromesso il futuro lavorativo con Kiz, che tornerà in polizia, ma
con mansioni più da ufficio. Insomma, tanta carne al fuoco per le prossime
avventure del nostro. E per l’inventiva di Connelly, che, confesso, scrive la
parte finale con una maestria che mi ha tenuto incollato alla pagina per ore,
nottetempo. Dovevo vederne la fine. Questo il segreto di un seriale di
successo. Se ti incolla alla lettura, ha già fatto una metà del lavoro. Poi
l’attenzione alla realtà quotidiana, ed ai suoi guasti, fa il resto (ricordo
che l’azione dei romanzi di Connelly è generalmente in contemporanea alla
lettura).
“Qualcuno ha detto che … si finisce per
conoscere una città … se si rimane seduti al bancone di un ristorante.” (138)
Michael Connelly “La città buia” Piemme euro 5,90
[A: 15/07/2012– I: 02/12/2013 – T: 04/12/2013] - &&&
[tit. or.: The Overlook; ling. or.: inglese; pagine: 232; anno 2007]
Se
mai mi capitasse di scrivere un romanzo storico, penso che lo dovrei
intitolare: ”Le astronavi del Sesto Pianeta”. Che c’entra? Beh, come spiegate
allora il cambiamento dal mestiere di supervisore (quello che guarda da sopra,
l’overlook) a quello di dipendente comunale in sciopero che lascia quindi “la
città buia”? E perché buia? Forse perché il nostro amato Bosch - Batman risolve
il caso in sole 12 ore, la maggior parte delle quali in notturna? Eppure la
supervisione ha un suo preciso senso nello svolgimento della trama. Come
l’altro significato possibile, visto che l’omicidio avviene si lungo Mulholland
Drive (che ogni volta mi riporta a David Lynch), nel punto denominato Hollywood
Bowl Overlook (che è ovviamene un punto panoramico). Questo romanzo, tra
l’altro, può essere considerato un passaggio tra il Bosch maturo e quello del
tramonto. Ovvio, non di scrittura, ma di impegni e di capacità. Harry, come
tutti, invecchia (dovrebbe avere ormai tra i 55 e i 60 anni), e serviva a
Connelly un romanzo di raccordo dopo il precedente che aveva messo tanta carne
al fuoco, ed era finito forse un po’ bruscamente. Allora, la storia tra Harry e
Rachel è tramontata, con la seconda ormai sempre più inserita nei meccanismi
FBI. La partner storica di Harry, Kiz, è rientrata dopo il ferimento e la quasi
morte, occupando un lavoro d’ufficio. Harry ritorna alla Omicidi, lasciando i
Casi Freddi, e si deve ambientare con il nuovo partner Ignacio Iggy Ferras.
Insomma, serve un po’ di spazio per mettere qualche punto fermo e consentire
anche al lettore “nuovo” di inserirsi nella trama. E quanto di meglio, mettere
sul piatto un omicidio con possibili conflitti tra poliziotti e federali? Viene
uccisa una persona sulla collina che domina LA, come detto sopra. Peccato che
non sia una persona qualunque, ma sia un tecnico addetto al trasporto di
materiale radioattivo per cure oncologiche. Peccato che si scopra la moglie
legata al letto, e costretta a far da tramite, per permettere a qualcuno di
rubare il cesio che trasportava il marito. Ovvio che da qui cominciano subito i
conflitti, tra LAPD ed FBI. Ed in particolare, tra chi conduce le indagini da
una parte, Harry, e chi dall’altra, Rachel. L’FBI sospetta la mano terroristica
e mira tutto al ritrovamento del cesio. Bosch è interessato a risolvere
l’omicidio. Quindi contrasti, sgambetti, testimoni che vengono reciprocamente
nascosti. Insomma, quanto di meno collaborativo si possa trovare. Ma mentre
anche una parte della polizia cade nei tranelli terroristici, e soprattutto
post-2001, cioè con tanti arabi di mezzo, Bosch prosegue nei suoi ragionamenti,
coinvolgendo il nuovo partner Iggy, anche se un po’ di malavoglia. Che Bosch, e
noi con lui, si domanda perché la signora Kent non sia stata uccisa come il
marito. Domanda che ti domanda, tra un interrogatorio ad un possibile
testimone, ed un’escalation di colloqui con i vertici della polizia, la svolta
(ma noi già la si pensava da un po’) l’abbiamo al ritrovamento di una persona
con malattia da contatto con i radioisotopi. Si trova l’auto del tizio, con il
cesio ed altre prove. Ovviamente senza arabi. Purtroppo Harry maneggia il cesio
e rischia anche lui il contagio. Ma riesce a convincere Rachel del suo
ragionamento, la porta a casa Kent dove trovano altri riscontri. Ed esce fuori
il colpevole, che sembrava veramente poco sospettabile. Come nella migliore
tradizione di Connelly, i colpevoli pagano per le loro colpe, ma raramente
attraverso la giustizia ordinaria. Bosch sblocca il rapporto con il nuovo
partner (che speriamo veder migliorare nelle prossime uscite), e smuove anche
il rapporto con Rachel (sempre il difficile connubio tra cuore e testa). Quelli
che fanno una figura barbina, sono i supervisori ed i superiori in genere.
Anche se l’anarchia di Bosch ormai è un po’ troppo scontata. Nuoce inoltre alla
(possibile) bellezza del libro la brevità, che fa succedere tutto di corsa, ma
non con quell’andamento mozzafiato dei thriller di gran successo. Di corsa perché
Connelly vuole chiudere in fretta, per dedicarsi a qualche trama più
articolata. Alla fine, sembra quasi un libro su commissione, visto che, magari,
avrà fatto un accordo con tanto di libri a scadenza. Aspettiamo di meglio,
anche se questo non è un brutto libro.
“A cinquantasei anni era ancora in forma e
asciutto … I capelli bianchi non avevano avuto la meglio su quelli castani,
anche se ormai erano molto vicini alla vittoria.” (10)
Ma sapete anche, miei lettori di
lunga data, che è la prima trama del mese. Quindi riporto i libri letti nel
mese di Novembre, dove l’attesa del futuro Tommaso mi ha reso viepiù lettore,
con ben 18 titoli nel carniere. Con due buone prove: la Banana di cui ho
parlato la settimana scorsa e l’avvocato di Connelly di cui parlo sopra. C’è
anche una pessima riuscita, di una novella di Nick Hornby, che dispiace viste
le ottime prove cui l’autore mi aveva abituato.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Banana Yoshimoto
|
Sly
|
Feltrinelli
|
6,50
|
4
|
2
|
Liza Marklund
|
Freddo Sud
|
Marsilio
|
12,50
|
3
|
3
|
Andrea Vitali
|
La modista
|
Garzanti
|
s.p.
|
2
|
4
|
Andrea Vitali
|
Il meccanico Landru
|
Garzanti
|
11,60
|
3
|
5
|
Andrea Camilleri
|
La rivoluzione della luna
|
Sellerio
|
14
|
3
|
6
|
Haruki Murakami
|
Kafka on the shore
|
Vintage Books
|
9
|
3
|
7
|
Ezio Mauro & Camillo Ruini
|
Laici e credenti nell’età di Papa Francesco
|
Repubblica – Idee
|
1
|
2
|
8
|
Nick Hornby
|
Tutti mi danno del bastardo
|
Guanda
|
9
|
1
|
9
|
Clive Cussler & Dirk Cussler
|
Alba di fuoco
|
TEA
|
9
|
3
|
10
|
Giovanni Negri
|
Il sangue di Montalcino
|
Einaudi
|
12
|
3
|
11
|
Amos Oz
|
Soumchi
|
Feltrinelli
|
7
|
3
|
12
|
Erri De Luca
|
E disse
|
Feltrinelli
|
10
|
2
|
13
|
Ian Rankin
|
Dietro quel delitto
|
TEA
|
9,60
|
3
|
14
|
Michael Connelly
|
Avvocato di difesa
|
Piemme
|
11,50
|
4
|
15
|
Francesco
|
Lumen Fide
|
Libreria editrice Vaticana
|
3,50
|
3
|
16
|
Roberto Alajmo
|
Il primo amore non si scorda mai, anche volendo
|
Mondadori
|
10
|
2
|
17
|
Michael Connelly
|
Il cerchio del lupo
|
Piemme
|
10,50
|
3
|
18
|
Erri De Luca
|
Storia di Irene
|
Feltrinelli
|
9
|
1
|
E per finire, anche se febbraio
si preannuncia come un mese di meditazione e costruzione, già si intravede la
possibilità di un nuovo viaggio sudafricano per l’inizio di marzo. Spero che si
concretizzi, dato che vorrei tornare nell’Africa australe ora orfana di
Mandela. Per ora un saluto
Nessun commento:
Posta un commento