domenica 2 febbraio 2014

Bosch e non solo - 02 febbraio 2014

Perché dopo una puntata tutta dedicata a Banana, questa trama è tutto centrata sul grande Michael Connelly. E dove di certo abbiamo il suo eroe di punta, con il ritorno di Bosch nei ranghi della polizia di Los Angeles, dove ricomincia ad indagare dai “cold case”, ma ben presto tornerà sulla cresta dell’onda, anche se dovrà sempre far fronte al suo caratteraccio. Ma abbiamo anche l’ingresso nell’arena di Mickey Haller, con un ottimo romanzo, che vedrà dei seguiti interessanti nel futuro.
Michael Connelly “La ragazza di polvere” Piemme euro 11 (in realtà, scontato a 8,25 euro)
[A: 01/09/2012– I: 22/08/2013 – T: 27/08/2013] - &&&&
[tit. or.: The Closers; ling. or.: inglese; pagine: 394; anno 2005]
Dopo un paio di libri in cui il nostro amato Bosch, ovviamente Hieronymous detto Harry, è rimasto fuori dalla polizia, ecco che, con un altro colpo da maestro, il mago del thriller ci riporta dentro i dipartimenti di polizia di Los Angeles. Così in un solo colpo, ritroviamo l’ambiente maestro di Bosch, ritroviamo Kiz Rider, la sua compagna – alter ego, contro altare delle migliori indagini di Bosch. E Connelly avrà modo di innestarsi su uno dei filoni preferiti del thriller degli ultimi anni: quello dei cold case. Harry chiede di tornare in servizio, e, insieme alla fida Kiz, viene incluso nelle squadre che si occupano dei casi “vecchi”, ma non risolti (e sappiamo che Bosch ha sempre avuto una passione per questi, inclusa l’uccisione irrisolta della madre). Ed il primo caso è subito “complicato”. Rebecca, una ragazza uccisa quindici anni prima, non ancora maggiorenne. La riapertura del caso è dovuto al fatto che ora si dispone dell’analisi del DNA, non fattibile all’epoca. E sulla pistola viene trovato il DNA di un pregiudicato. Inizia così, con il solito metodo “BOSCH”, una ricerca a tutto tondo. Sull’ambiente della vittima (la scuola, le amiche, il ragazzo, la famiglia, il pregiudicato). E l’analisi dei vecchi rapporti, redatti da due poliziotti, uno andato in pensione e poi stranamente suicidatosi, l’altro all’apice di una grigia carriera ed in vista della pensione. Altri sfasci porta alla luce la morte di Rebecca: la famiglia si è sfasciata, la madre continua a vivere nel ricordo della figlia, lasciando intatta la stanza di lei, il padre non ha retto, è andato via di casa, e fa il barbone per le strade. Si scopre inoltre che Rebecca aveva fatto un aborto poche settimane prima della sua uccisione. E nella stanza di lei, Bosch trova un diario con pagine d’amore dedicate ad un certo MTL. Che non sono le iniziali dello spasimante, ma l’acronimo per “My True Love”. Ritrovano anche Mackey il pregiudicato, ne cercano i passi falsi, ma quando sembra che riescano ad ottenere qualcosa, il tipo viene misteriosamente investito. Morte casuale o omicidio premeditato? Il tutto, inoltre, ostacolato da qualcosa, da interventi non richiesti, da (sembra) depistaggi. Che il pregiudicato, all’epoca dei fatti, faceva parte di una banda di quartiere, di quelle che sorgono in America tanto perché è un popolo pacifico. Banda razzista, dedita a piccoli attentati verso negri ed ebrei. E non a caso i vecchi fatti avvenivano nel 1988, dove 88, nell’iconografia degli sbandati è la doppia H (ottava lettera dell’alfabeto), quella del saluto nazista (Heil Hitler). Volevano fare “casino” i giovani sbarbatelli. Ma la polizia li seguiva da presso. E ne limava le unghie, per cercare di non far scatenare altri casi di “odi razziali”. Non è un caso che sempre la vicenda “Rodney King” esca fuori. Per far tacere gli sbarbatelli si usavano le maniere forti. Meno con il capetto, che guarda caso era figlio di un boss della polizia locale. Harry e Kiz mettono a nudo tutta quest’ala di potere sotterraneo, di malversazioni, di oscuri personaggi dalla luminosa carriera. Ora però siamo nel XXI° secolo, e sembra che anche la polizia voglia ridarsi lustro, emarginando le pecore nere (ahi, perché non abbiamo esempi anche qui da noi, dove le pecore nere continuano a condizionare la vita di tutta una nazione…). Alla fine, scopriamo che Mackey era stato costretto dal giudice correzionale a prendersi un diploma, che aveva rubato la pistola di cui sopra ad un ebreo, che aveva preso lezioni private in una scuola con gli stessi docenti di quella di Rebecca, che era dislessico, ma aveva preso il diploma ugualmente. Bosch fa fatica, ma alla fine tutti gli elementi del conto tornano e disvela la vicenda. La madre di Rebecca riprende a respirare, i cattivi (sia poliziotti che civili) hanno le loro punizioni. Solo il padre di Rebecca non si trova, ma alla fine… E no, questo non ve lo dico. Insomma, un buon ritorno di Connelly, che, uscito dall’impasse di aver fatto dimettere Bosch per incompatibilità con il suo capo, ora lo reintegra, e riesce a far andare in pensione anche il cattivello. Aspettiamoci altri fuochi e fulmini anche nei prossimi libri (sperando che non si continui con gli assurdi titoli che la Piemme continua a sfornare: ma dove sta la polvere della ragazza? Anche se capisco l’intraducibilità del titolo, derivato dal gergo del baseball, dove con il termine “closers” si indicano quei lanciatori che entrano verso la fine di una partita compromessa per cercare di ribaltare il risultato).
Michael Connelly “Avvocato di difesa” Piemme euro 11,50 (in realtà, scontato a 8,62 euro)
[A: 01/09/2012– I: 24/11/2013 – T: 26/11/2013] - &&&& e ½
[tit. or.: The Lincoln Lawyer; ling. or.: inglese; pagine: 426; anno 2005]
Ho sempre pensato (ed i fatti lo confermano) che Connelly sia un bravo scrittore. Direi da bravo a eccellente. Ci sono capitoli della saga di Harry Bosch veramente degni (intrecci, sguardo sul mondo, tensione, rapporti umani). Come ci sono dei bassi (è umano). Al pari dei grandi scrittori seriali poi, a fianco della serie principale, un bravo scrittore inserisce storie, episodi che possono avere vita propria. Si vede come rispondono. E se funzionano si continua. In questo, basta analizzare la maestria della ditta Cussler & co di cui spesso ho parlato. Qui, Connelly (come in altri libri già recensiti) inserisce un nuovo personaggio. Un avvocato difensore (da cui il titolo italiano) che viaggia sempre su delle Lincoln, avendone quattro (e da cui il titolo originale inglese). Devo dire che questo nuovo personaggio funziona. A volte può sembrare irritante, soprattutto nel modo di intendere e rappresentare la giustizia. Ma è di sicura presa. Ha anche una storia interessante alle spalle: padre grande avvocato, morto quando lui aveva cinque anni, cresciutone all’ombra, poi avvocato lui stesso, sposato con Maggie, pubblico ministero (detta Maggie la Spietata), da cui divorzia dopo aver avuto una figlia (Hayley) che ora ha otto anni, poi sposato con Lorna, ma si accorgono presto di aver fatto tutti e due un errore, divorziano, ma rimangono buoni amici, tanto che lei gli fa da segretaria. E lui, Mickey Haller, l’avvocato che gira in Lincoln, fin dall’inizio ci dà un saggio dell’idea di giustizia americana. Oltre al romanzo in sé, questo libro ha anche il pregio di illuminarti, senza essere pedante, su come funzioni la giustizia di là dell’Oceano. Prima di tutto con quella divisione tra penale e civile, per cui se tu patteggi una colpevolezza lieve in un processo penale, puoi essere spennato dai risarcimenti nel processo civile per danni (leggi OJ Simpson, tanto per dirne una). E poi nel penale, tutti i trucchi e trucchetti vari, per aggirare la legge, o quanto meno per trarre vantaggi dalla sua rigida applicazione. Che è quello che fa Mickey, facendo uscire di prigione personaggi colpevolissimi, solo perché c’è qualche intoppo burocratico (tipo, classico, quello di non leggere i diritti all’imputato, o di fermarlo per un motivo ed arrestarlo per un altro; ma ci vorrebbe un avvocato per parlarne, a me resta la sensazione che sia una giustizia veramente “sul filo del rasoio”, con l’unico pregio, sembra, di essere comunque veloce, non come qui in Italia, dove si potrebbe cominciare un lungo discorso, ma lo salto). Detto questo contorno che comunque è interessante, la vicenda ha un suo piglio ed andamento niente male. Mickey viene ingaggiato da un riccone (e questo è una manna per un avvocato difensore) per essere difeso da un’accusa di tentato stupro e omicidio. Con l’aiuto del fido investigatore Raul, si riescono a mettere in fila una serie di prove che rendono dubbia la testimonianza della vittima. Ovviamente calcando la mano sul fatto che sia una prostituta. Tuttavia, cominciano a crearsi delle crepe quando Louis, l’imputato, inizia a dire delle bugie, che Raul scopre. E quando Mickey si accorge che Regina, la prostituta colpita, è molto simile ad un’altra, però uccisa, e per la quale il suo cliente di allora, uno spanglish di nome Jesus, sta scontando una lunga pena a San Quintino, la prigione di San Francisco (ovviamente le gesta di Haller sono a L.A.). Il processo si avvicina, con Mickey che cerca di capire chi, tra Louis e Jesus, sia innocente. Ripetendo una massima del suo augusto padre (“Non c’è cliente peggiore che un cliente innocente”). La situazione precipita quando il suo aiutante Raul, dopo aver lasciato un messaggio a Mickey in cui dice di aver trovato la soluzione, viene ucciso. A questo punto l’avvocato (e noi con lui) è praticamente certo che Louis sia colpevole della precedente morte, ma anche di questo tentativo. Comincia il processo, ed è molto gustoso, dal punto di vista della trama, vedere Mickey che come avvocato cerca di far salvare il proprio cliente dall’accusa di tentato omicidio nel processo in corso, ma cercando nel contempo di mettere le basi per farlo accusare sia del precedente omicidio, che della morte di Raul. Inoltre, di questa seconda vicenda, molto si complica una volta scoperto che la pistola usata è quella che Mickey teneva in cassaforte. E che inoltre Louis (pur appoggiato da una famiglia forte, con madre dispotica) ha un braccialetto di segnalazione che ne individua i movimenti, per cui è impossibile che abbia ucciso Raul. Tuttavia Mickey, con una strategia magistrale (che non rivelo) pur mettendo in pericolo la figlia (ma la LAPD fa buona guardia, e tra lui e Maggie sembrano rinascere pulsioni), trova il bandolo della matassa, riuscendo a far risorgere un sentimento di giustizia che per tutto il libro si era andato perdendo. Ma c’è, come c’è nella serie maggiore di Harry (e noto di passaggio che Connelly passa sempre per la musica, con Bosch patito di jazz e Mickey intriso del rap, che spesso gli dà la chiave dei comportamenti dei suoi assistiti). Insomma, un buon inizio per una possibile nuova serie, rispetto a quelli tentati nei libri #9 e #11 da lui scritti, ma che poi non videro seguito. Una bella e solida scrittura. E, ripeto, una descrizione dei meccanismi giudiziari americani veramente impagabile.
Michael Connelly “Il cerchio del lupo” Piemme euro 10,50 (in realtà, scontato a 8,92 euro)
[A: 01/09/2012– I: 27/11/2013 – T: 29/11/2013] - &&& e ½
[tit. or.: Echo Park; ling. or.: inglese; pagine: 358; anno 2006]
Un altro buon romanzo di Connelly, solo leggermente scalfito dall’insensatezza della titolazione italiana. Costava molto lasciare il titolo originale? Tanto che nelle maggiori lingue in cui il libro è stato tradotto (almeno in quelle a me note) il titolo è rimasto con il riferimento al quartiere di Los Angeles (noto ai cinefili per aver ospitato gli studios dei primi film di Chaplin e di Stanlio e Ollio). Da noi si traduce, e si introduce un elemento di fastidiosa inutilità. Perché di lupi non c’è nessuna traccia in tutto il libro. Tutt’al più di volpi, che il personaggio cattivo centrale si chiama Raynard, storpiatura del francese Reinart, volpe appunto. E la volpe ha un suo ruolo centrale nella trama. Appunto, allora, veniamo al libro, sperando che prima o poi qualcuno si renda conto delle idiozie commesse. Qui ritorna in primo piano l’eroe di Connelly, il nostro amato detective Hieronymus “Harry” Bosch. Ancora relegato alla sezione “Cold Case” come nel precedente, ed ancora con Kiz Rider come partner. Tuttavia più che su Kiz (qui un po’ in ombra) le luci si riaccendono su Rachel Walling, agente FBI con cui Bosch ha avuto una storia in “Il poeta è tornato”, e che qui Harry coinvolge per cercare di capire meglio la personalità del malvagio di turno, appunto Reinart Waits. Ed è fatale che si riaccenda la fiamma tra i due. Intanto la storia si incentra su Waits, fermato casualmente ad Echo Park con un furgone contenente due cadaveri. Per salvare la pelle dalla pena capitale, accetta di collaborare con la polizia, ed in particolare con Richard O’Shea, un capo dipartimento che sta cercando di dare una scalata politica al potere locale (uno dei tanti meccanismi politici urbani americani che un po’ mi lasciano perplesso per la loro diversità). Comincia a confessare altro, ed in particolare l’omicidio di tal Marie, un caso di cui si era occupato Bosch una dozzina di anni prima, e che era rimasto in sospeso. Qui si scatena la vena intrallazzona di Connelly che mischia polizieschi procedurali e legislazione americana (che abbiamo cominciato a conoscere meglio nel precedente libro sull’avvocato Haller) per darci il solito quadro di mescolanza tra arroganza dei poteri, meschinità delle persone, carrierismo ed altri intrallazzi vari. Proprio per capire meglio Waits appunto, Harry coinvolge Rachel, che gli fa intravedere subito possibili incongruenze, andando poi ad uno dei noccioli della questione (il nome che Rachel subodora falso). Harry si ingarbuglia anche perché O’Shea gli mostra un reperto della sua vecchia indagine che avrebbe portato a Waits ma che fu ignorato. Con tutti questi incasinamenti nella testa, si organizza la ricerca del cadavere di Marie. Che si trova nei boschi intorno ad Echo Park (e devono essere dei signori boschi, visto che ci hanno girato film western). Dove Waits sfrutta un momento di confusione per rubare la pistola ad un poliziotto, ucciderlo, ferire quasi mortalmente Kiz e fuggire. Anche se incolpevole, Harry viene sospeso. Ma il nostro non si arrende mai. Ovviamente aveva copie dei verbali di tutto, e rileggendoli scopre incongruenze con quelli attuali. Mette l’antenna fuori alla ricerca dei bastardi, ovviamente puntando su O’Shea e la sua cricca. Nel frattempo Waits rapisce un’altra donna. Harry e Rachel, spulciando quei verbali trovano una traccia, che li porta di nuovo nei dintorni di Echo Park, dove pare sempre più probabile trovare la tana della volpe (ma quale lupo, signori miei!!). Il nostro eroe senza macchia e senza paura, segue come un segugio questa traccia, riuscendo a stanare la volpe, mettendo a rischio però la vita sua e di Rachel. E questa volta lei non lo perdona. Tutta la storia di Marie era una montatura per incastrare Bosch (oltre che per far salire le quotazioni di O’Shea). Ma che interesse aveva il politico ad incastrare il poliziotto? Una volta che Harry scioglie questa matassa, riesce a risalire anche all’altro bandolo della stessa ed a trovare il vero assassino della ragazza. Chiude così il caso dopo 16 anni. Ma chiude anche la storia con Rachel. Rimane in sospeso il rapporto con la sua ex e la figlia che ormai si sono trasferite ad Hong Kong. Vede compromesso il futuro lavorativo con Kiz, che tornerà in polizia, ma con mansioni più da ufficio. Insomma, tanta carne al fuoco per le prossime avventure del nostro. E per l’inventiva di Connelly, che, confesso, scrive la parte finale con una maestria che mi ha tenuto incollato alla pagina per ore, nottetempo. Dovevo vederne la fine. Questo il segreto di un seriale di successo. Se ti incolla alla lettura, ha già fatto una metà del lavoro. Poi l’attenzione alla realtà quotidiana, ed ai suoi guasti, fa il resto (ricordo che l’azione dei romanzi di Connelly è generalmente in contemporanea alla lettura).
“Qualcuno ha detto che … si finisce per conoscere una città … se si rimane seduti al bancone di un ristorante.” (138)
Michael Connelly “La città buia” Piemme euro 5,90
[A: 15/07/2012– I: 02/12/2013 – T: 04/12/2013] - &&&
[tit. or.: The Overlook; ling. or.: inglese; pagine: 232; anno 2007]
Se mai mi capitasse di scrivere un romanzo storico, penso che lo dovrei intitolare: ”Le astronavi del Sesto Pianeta”. Che c’entra? Beh, come spiegate allora il cambiamento dal mestiere di supervisore (quello che guarda da sopra, l’overlook) a quello di dipendente comunale in sciopero che lascia quindi “la città buia”? E perché buia? Forse perché il nostro amato Bosch - Batman risolve il caso in sole 12 ore, la maggior parte delle quali in notturna? Eppure la supervisione ha un suo preciso senso nello svolgimento della trama. Come l’altro significato possibile, visto che l’omicidio avviene si lungo Mulholland Drive (che ogni volta mi riporta a David Lynch), nel punto denominato Hollywood Bowl Overlook (che è ovviamene un punto panoramico). Questo romanzo, tra l’altro, può essere considerato un passaggio tra il Bosch maturo e quello del tramonto. Ovvio, non di scrittura, ma di impegni e di capacità. Harry, come tutti, invecchia (dovrebbe avere ormai tra i 55 e i 60 anni), e serviva a Connelly un romanzo di raccordo dopo il precedente che aveva messo tanta carne al fuoco, ed era finito forse un po’ bruscamente. Allora, la storia tra Harry e Rachel è tramontata, con la seconda ormai sempre più inserita nei meccanismi FBI. La partner storica di Harry, Kiz, è rientrata dopo il ferimento e la quasi morte, occupando un lavoro d’ufficio. Harry ritorna alla Omicidi, lasciando i Casi Freddi, e si deve ambientare con il nuovo partner Ignacio Iggy Ferras. Insomma, serve un po’ di spazio per mettere qualche punto fermo e consentire anche al lettore “nuovo” di inserirsi nella trama. E quanto di meglio, mettere sul piatto un omicidio con possibili conflitti tra poliziotti e federali? Viene uccisa una persona sulla collina che domina LA, come detto sopra. Peccato che non sia una persona qualunque, ma sia un tecnico addetto al trasporto di materiale radioattivo per cure oncologiche. Peccato che si scopra la moglie legata al letto, e costretta a far da tramite, per permettere a qualcuno di rubare il cesio che trasportava il marito. Ovvio che da qui cominciano subito i conflitti, tra LAPD ed FBI. Ed in particolare, tra chi conduce le indagini da una parte, Harry, e chi dall’altra, Rachel. L’FBI sospetta la mano terroristica e mira tutto al ritrovamento del cesio. Bosch è interessato a risolvere l’omicidio. Quindi contrasti, sgambetti, testimoni che vengono reciprocamente nascosti. Insomma, quanto di meno collaborativo si possa trovare. Ma mentre anche una parte della polizia cade nei tranelli terroristici, e soprattutto post-2001, cioè con tanti arabi di mezzo, Bosch prosegue nei suoi ragionamenti, coinvolgendo il nuovo partner Iggy, anche se un po’ di malavoglia. Che Bosch, e noi con lui, si domanda perché la signora Kent non sia stata uccisa come il marito. Domanda che ti domanda, tra un interrogatorio ad un possibile testimone, ed un’escalation di colloqui con i vertici della polizia, la svolta (ma noi già la si pensava da un po’) l’abbiamo al ritrovamento di una persona con malattia da contatto con i radioisotopi. Si trova l’auto del tizio, con il cesio ed altre prove. Ovviamente senza arabi. Purtroppo Harry maneggia il cesio e rischia anche lui il contagio. Ma riesce a convincere Rachel del suo ragionamento, la porta a casa Kent dove trovano altri riscontri. Ed esce fuori il colpevole, che sembrava veramente poco sospettabile. Come nella migliore tradizione di Connelly, i colpevoli pagano per le loro colpe, ma raramente attraverso la giustizia ordinaria. Bosch sblocca il rapporto con il nuovo partner (che speriamo veder migliorare nelle prossime uscite), e smuove anche il rapporto con Rachel (sempre il difficile connubio tra cuore e testa). Quelli che fanno una figura barbina, sono i supervisori ed i superiori in genere. Anche se l’anarchia di Bosch ormai è un po’ troppo scontata. Nuoce inoltre alla (possibile) bellezza del libro la brevità, che fa succedere tutto di corsa, ma non con quell’andamento mozzafiato dei thriller di gran successo. Di corsa perché Connelly vuole chiudere in fretta, per dedicarsi a qualche trama più articolata. Alla fine, sembra quasi un libro su commissione, visto che, magari, avrà fatto un accordo con tanto di libri a scadenza. Aspettiamo di meglio, anche se questo non è un brutto libro.
“A cinquantasei anni era ancora in forma e asciutto … I capelli bianchi non avevano avuto la meglio su quelli castani, anche se ormai erano molto vicini alla vittoria.” (10)
Ma sapete anche, miei lettori di lunga data, che è la prima trama del mese. Quindi riporto i libri letti nel mese di Novembre, dove l’attesa del futuro Tommaso mi ha reso viepiù lettore, con ben 18 titoli nel carniere. Con due buone prove: la Banana di cui ho parlato la settimana scorsa e l’avvocato di Connelly di cui parlo sopra. C’è anche una pessima riuscita, di una novella di Nick Hornby, che dispiace viste le ottime prove cui l’autore mi aveva abituato.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Banana Yoshimoto
Sly
Feltrinelli
6,50
4
2
Liza Marklund
Freddo Sud
Marsilio
12,50
3
3
Andrea Vitali
La modista
Garzanti
s.p.
2
4
Andrea Vitali
Il meccanico Landru
Garzanti
11,60
3
5
Andrea Camilleri
La rivoluzione della luna
Sellerio
14
3
6
Haruki Murakami
Kafka on the shore
Vintage Books
9
3
7
Ezio Mauro & Camillo Ruini
Laici e credenti nell’età di Papa Francesco
Repubblica – Idee
1
2
8
Nick Hornby
Tutti mi danno del bastardo
Guanda
9
1
9
Clive Cussler & Dirk Cussler
Alba di fuoco
TEA
9
3
10
Giovanni Negri
Il sangue di Montalcino
Einaudi
12
3
11
Amos Oz
Soumchi
Feltrinelli
7
3
12
Erri De Luca
E disse
Feltrinelli
10
2
13
Ian Rankin
Dietro quel delitto
TEA
9,60
3
14
Michael Connelly
Avvocato di difesa
Piemme
11,50
4
15
Francesco
Lumen Fide
Libreria editrice Vaticana
3,50
3
16
Roberto Alajmo
Il primo amore non si scorda mai, anche volendo
Mondadori
10
2
17
Michael Connelly
Il cerchio del lupo
Piemme
10,50
3
18
Erri De Luca
Storia di Irene
Feltrinelli
9
1
E per finire, anche se febbraio si preannuncia come un mese di meditazione e costruzione, già si intravede la possibilità di un nuovo viaggio sudafricano per l’inizio di marzo. Spero che si concretizzi, dato che vorrei tornare nell’Africa australe ora orfana di Mandela. Per ora un saluto

Nessun commento:

Posta un commento