domenica 18 ottobre 2015

La Signora del Giallo 1 - 18 ottobre 2015

Comincia con questa lunga trama una lunga visitazione dei fondamenti del giallo. Ho fatto un percorso vario e, personalmente, approfondito su due dei tanti “maestri” (o “maestre”) del genere: Agatha Christie e Georges Simenon. In questa prima trama prendiamo in esame la grande scrittrice britannica, dalla giovinezza avventurosa e poi dalla facile penne e dalla grande inventiva. Ho cercato anche di mantenermi il più cronologico possibile, proprio per evidenziare l’evoluzione della scrittura e della resa degli scrittori. Non è un caso quindi che questi primi cinque scritti (data la massa di volumi che i nostri hanno scritto, per non tenervi occupati per anni, prendo in esame cinque libri per volta) hanno tutti una più o meno buona sufficienza, meno (e come non aspettarselo) l’unico libro di racconti.
Agatha Christie “Poirot a Styles Court” Mondadori s.p. (biblioteca di Tolemaide)
[A: 07/05/1996 – I: 30/04/2015 – T: 02/05/2015] - &&&
[tit. or.: The Mysterious Affair at Styles; ling. or.: inglese; pagine: 224; anno 1920]
Sfruttando una duplice occasione ho ripreso in mano e letto a tamburo battente il primo libro della grande giallista inglese. Le due occasioni sono la necessità di svuotare la libreria di Tolemaide, ad altre destinazioni avviata, recuperando libri per me e per la mia genitrice-lettrice. Il secondo e più prosaico avvenimento è l’inizio di una lunga sequela di libri dedicati ad Agatha Christie, in quasi totalità provenienti dall’esimia collana pubblicata dal Corriere della Sera. Ma come privarsi del piacere di ripercorrere almeno le tappe salienti della grande signora del giallo, capostipite e progenitrice ideale di una lunghissima schiera di scrittori e scrittrici. E non è un caso che in parallelo vada spulciando nell’enorme produzione del padre di Maigret, che, casualmente, vede muovere i primi passi un po’ dopo Poirot, ma parallelamente a Miss Marple, come vedremo in seguito. Pur se edito solo nel 1920, questo romanzo viene scritto quattro anni prima, a seguito di una scommessa di Agatha con la sorella, se fosse stata capace di scrivere un libro pubblicabile. E gli echi del 1916, si sentono, anche se indirettamente. Poirot infatti è belga, e fugge dalla patria durante l’invasione tedesca dell’inizio della prima guerra mondiale. Ispettore in patria, si trova qui a far da spalla alla polizia inglese, per poi, a valle di questa prima uscita, a fare per una serie di anni da investigatore privato. In questa prima uscita viene tirato in ballo dal suo amico, il capitano Arthur Hastings che soggiorna a Styles Court (maniero realmente esistente che riprende il nome della prima casa in cui visse la scrittrice con il suo primo marito) invitato dal suo amico John Cavendish. Una notte la matrigna di John, Emily Inglethorp muore avvelenata e Hastings chiede aiuto a Poirot. Le indagini di Poirot restringono ben presto il campo tra il marito fedifrago, Alfred, ed il figliastro John. E soprattutto sul primo si accentrano i sospetti: viene accusato da Evelyn, la dama di compagnia di Emily, ed inoltra si scopre che potrebbe aver acquistato della stricnina nel villaggio. Ma non avrebbe avuto modo di somministrarlo alla moglie, come argutamente dimostra Poirot. La polizia allora appunta i sospetti su John, il maggior beneficiario del testamento. Alla fine del romanzo Poirot dimostra, rovesciando le premesse, l’innocenza di John e la colpevolezza di Alfred. Questi ha organizzato il tutto con l’aiuto di Evelyn, sua cugina nonché sua amante, quindi solo in apparenza la sua nemica giurata. La coppia ha utilizzato uno stratagemma chimico mescolando bromuro e stricnina, il tutto risultante in una miscela letale, ma a scoppio ritardato. Il piano della coppia prevedeva che Alfred fosse incriminato con delle false prove, che potevano essere facilmente confutate in tribunale. Una volta assolto, grazie ad un cavillo della legislazione inglese, non avrebbe potuto essere processato per lo stesso reato una seconda volta, anche se fossero state trovate delle vere prove contro di lui. Come spesso nelle prime novelle da lei scritte, la storia è narrata in prima persona. Questa volta dal capitano Hastings, che per anni collaborerà con Poirot. Inoltre è piena di elementi che diventeranno archetipi della letteratura gialla: l’azione si svolge in un luogo grande ed isolato, ci sono almeno sei o sette possibili sospetti, ognuno che nasconde elementi che potrebbero far pendere la bilancia della giustizia da una parte e dall’altra, ci sono false piste e colpi di scena a sorpresa. Pur se ancora con scrittura acerba, dovuta all’età (ha 26 anni quando lo scrive) ed imbevuto di modi tipici dell’epoca ma forse ormai superati, mantiene a quasi cento anni di distanza la capacità di tenerci vicini alla pagina, aspettando il prossimo colpo di scena. O lo scioglimento della vicenda, che arriva proprio in ultimo, e che, per come viene posto, prende un po’ in contropiede. Che dire, un degno inizio di una luminosa carriera.
Agatha Christie “Il mistero del Treno Azzurro” Corriere della Sera 10 euro 6,90
[A: 07/10/2014– I: 01/05/2015 – T: 03/05/2015] - &&& e ½
[tit. or.: The Mystery of the Blue Train; ling. or.: inglese; pagine: 315; anno 1928]
Dato che Mrs. Christie ha scritto 66 romanzi ed un numero imprecisato di racconti, non ne andremo a spulciare tutti, ma solo la trentina della collana. Quindi, dopo il doveroso omaggio al debutto su carta di Hercule Poirot, saltiamo qualche episodio, tra cui il magistrale “L’assassinio di Roger Ackroyd”, che fortunatamente ho letto prima della nascita delle trame. Altrimenti sarebbe forse l’unico di cui non spenderei più di una parola: leggetelo (che io non ve ne parlerò mai)! E ci ritroviamo sul treno blu che collega Parigi alla Costa Azzurra, ed a tutti i suoi misteri. Qui per la prima volta ci troviamo ad un narrato in terza persona, ed anche la storia, così rappresentata, scorre meglio. Ci vengono presentati gli attori: un miliardario americano che compra un favoloso rubino che regalerà alla figlia, figlia sposata ad un arrivista (forse poi non tanto malvagio, certo scapestrato), il di lei marito, appunto, con tanto di amante senza scrupoli, un ladro internazionale che si aggira per rubare il rubino, un “gagà” che ruba lo stolto cuore della di sopra citata figlia, il segretario del miliardario, sempre un po’ troppo presente, una trentenne ereditiera poco adusa ai soldi (che guarda caso viene da St. Mary Meads, che sarà teatro delle gesta di Miss Marple). Per fortuite coincidenze (Rufus il miliardario convince la figlia Ruth a divorziare dallo scapestrato Derek Kettering, questa decide di raggiungere Armand l’amante, il marito li segue), quasi tutti gli attori, inclusa l’ereditiera Katherine ed un “pensionato” Hercule Poirot si ritrovano sul “Treno Azzurro” che da Parigi li porta in Costa Azzurra. Dove arrivano tutti, meno Ruth, che viene trovata uccisa, ed il rubino, che viene rubato. Come al solito, la scrittrice si dilunga in descrizioni e digressioni, che sembrano talvolta servire ad allungare il brodo del racconto, mentre, a ben vedere, sono utilizzati per disseminare di indizi la narrazione. Così che il lettore attento può cercare di stare al passo con Poirot, e magari provarsi a bruciarlo nel finale. Io avevo ipotizzato il possibile colpevole, ma non ne avevo prove valide, così ho proseguito imperterrito a seguire i ragionamenti di Poirot. E della polizia, che è convinta della colpevolezza di Derek, che non sa spiegare i suoi movimenti sul treno, dove viene però visto da Katherine entrare nello scompartimento della morta, e dove viene trovata una sigaretta marcata con una “K”. C’è poi un misterioso uomo, che la cameriera di Ruth dice aver visto con lei a Parigi, ma che poi scompare. Una volta esaurite le possibilità di ragionamento, Poirot convince tutti, anche Rufus ed il segretario Knighton, a riprendere il treno e ripercorrere il viaggio da Parigi a Nizza. Una volta arrivati a Lione, tuttavia, su ordine di Poirot, la polizia, nascosta in uno scompartimento comunicante con il suo, arresta Knighton. L’investigatore rivela, dunque al miliardario la reale versione dei fatti: ad aver assassinato Ruth non era stato altri che Knighton con la complicità della cameriera, il cui vero nome è, infatti, Katy Kidd, ex attrice e Knighton è, in realtà, un efferato criminale noto con lo pseudonimo di “marchese”. Desideroso di appropriarsi dei rubini, Knighton, aveva progettato l’assassinio di Ruth. Durante il viaggio era, dunque, salito sul treno in una delle numerose fermate che precedono Parigi, aveva ucciso Ruth e aveva prelevato i rubini, per poi scendere. Successivamente, la finta cameriera, vestita come la signora Kettering, aveva fatto credere che Ruth fosse ancora viva. Giunta, poi, a Lione, vestita da uomo, era scesa dal treno e ne aveva preso un altro per arrivare a Parigi. Interrogata dalla polizia, la donna, aveva poi, inventato numerosi dettagli sullo svolgimento dei fatti e il complice aveva, successivamente, confermato il suo alibi. Peccato che la “K” della sigaretta si riferisca a quelle fumate da Knighton. Non particolarmente danneggiato da una lunghezza forse non giustificata, la scrittura è qui più scorrevole, più coinvolgente. E l’idea di fare tutta una descrizione, e poi ripercorrerla, con Poirot che spiega passo dopo passo gli avvenimenti è degna delle migliori regole del giallo. Alla fine una lettura onesta, un po’ sopra la media, anche se comincio a pensare che questi primi romanzi siano un po’ troppo datati. Vedremo.
Agatha Christie “I Sette Quadranti” Corriere della Sera 27 euro 6,90
[A: 05/02/2015– I: 07/05/2015 – T: 11/05/2015] - &&& -
[tit. or.: The Seven Dials Mystery; ling. or.: inglese; pagine: 286; anno 1929]
Dopo la lettura di due libri con Poirot, ed in attesa di leggere il primo libro con Miss Marple, ecco un nuovo giallo con dei protagonisti diversi. Il personaggio investigativo, che compare qui ed in alcuni altri scritti, è il sovraintendente Battle, anche se poi in questo libro la parte centrale di ricerche e scoperte è affidata a Lady Eileen Brent detta “Bundle” (fagotto, nel senso che non bada troppo al vestire). La trama, quando non ci sono i due eroi, sembra abbastanza complicata, forse per tener desti i lettori. Ma la complicazione invece va un po’ a scapito della chiarezza, anche se, ed in questo Agatha è maestra, alla fine la trama si svela nella sua pienezza. Qui siamo di fronte ad un mistero di spionaggio e di furto di informazioni, che coinvolge il Ministero degli Esteri, e tutta una serie di personaggi che vi ruotano intorno. C’è Bundle appunto. Poi c’è il giovane attaché Bill, due altri giovani a loro vicini, Gerry e Ronny; la sorellastra di Gerry, Loraine, ed il giovane sfaccendato ma pieno di risorse Jimmy. Ma prima di arrivare al nocciolo del problema si dovranno affrontare molte pagine. Durante un lungo week-end nel maniero di Chemnys, il giovane Gerry, che si alza sempre tardi, è vittima dello scherzo degli orologi: gli vengono posti dagli otto amici, otto sveglie puntate alla mattina presto. Questo delle sveglie è il motivo che da origine al titolo, in quanto “dials” significa anche quadrante dell’orologio, ed in seguito vedremo che è anche il nome di una strana confraternita. Peccato che al mattino Gerry non si svegli affatto, in quanto deceduto per un eccesso di un sonnifero (il cloralio, che per gli amanti della storicità, era la droga cui si era assuefatto Dante Gabriele Rossetti). Tornata nella sua magione, Bundle scopre una strana lettera di Gerry alla sorella dove si parla di “Sette Orologi”. Vuole parlarne all’amico Bill, ma per strada si imbatte in Ronny, moribondo per un colpo di fucile, che spirando parla anche lui di sette orologi e di Jimmy. Bundle allora si reca a Londra per parlarne con Jimmy, dove incontra anche Loraine. I tre decidono di indagare sulle morti misteriose, e Bundle inizia parlandone con Bill, che le rivela i “Sette Orologi” siano un covo malfamato londinese. Bundle ne parla anche con il poliziotto Battle, che non le è d’aiuto. Andando nel night-club, Bundle riconosce il portiere come uno dei camerieri presenti al party, poi scomparso, e ricattandolo si fa nascondere nella stanza dove si riuniscono strani individui, guidati, pare, dal magante russo Mosgorovsky. Dove ascolta i presenti concertare qualcosa di losco, ma, nascosta, non li può vedere. Quelli che si capisce è l’interesse di tutti per un party organizzato dal Ministero degli Esteri, dove un tale Eberhard dovrebbe mostrare i progetti di una mirabile invenzione innovativa in campo bellico, per rendere meno costosi e più affidabili gli aeroplani. Bundle e Jimmy pianificano quindi il loro intervento, non invitati alla presentazione. Dove ci sono tutti, compressa una misteriosa contessa ungherese, Bill, nonché il Sovrintendente Battle mascherato da cameriere. Jimmy e Bill, intuendo che il ladro ha solo una notte per agire, decidono di fare guardia a turno. Mentre Bill dorme, Jimmy sente un rumore e va nella salone dove dovrebbero stare i piani segreti. All’esterno del salone Bundle che cerca anche lei di fare la guardia, si imbatte in Battle, che la convince a ritirarsi. Ma tornando in stanza, lei scopre che Jimmy è scomparso. Si mette alla ricerca di Bill, e si accorge che anche la contessa è scomparsa. A quel punto si odono degli spari. Anche Loraine si stava avvicinando alla magione, sempre nell’intento di aiutare nell’indagine. Ed udendo i colpi si china e scopre un pacco misterioso. Lo prende e scappa, ma si imbatte in Battle, e tutti insieme accorrono nella biblioteca, dove trovano Jimmy colpito da un colpo di pistola al braccio. Nella stanza c’è anche la contessa svenuta. La formula scomparsa, ma è ritrovata da Loraine nel misterioso pacco del giardino. Dopo alterne vicende, in un altro party, la formula viene finalmente rubata, ma Bundle sembra vicina a qualche scoperta. Bill allora va da Jimmy svelando misteriosi indizi inviatigli da Ronny prima di morire. decidono allora di andare tutti, con Loraine e Bundle, ai “Sette Quadranti”. Dove prima sviene Bill, poi, mentre Bundle cerca di rianimarlo, anche lei viene colpita e perde i sensi. Ma siamo nel finale, e quando si risveglia, Bundle si trova attorniata da Battle, Mosgorovsky ed altri individui che le svelano il mistero. Sono loro la confraternita, e sono loro che combattono i cattivi, laddove non riesce a farlo la polizia. Per questo hanno messo in moto tutta questa messinscena per stanare ed arrestare … Certo non vi dirò l’ultimo tassello. Ma solo che finisce tutto in gloria, con la richiesta, da parte di Battle, che Bundle entri anche lei a far parte dei “Sette”. Come vedete la trama è ben complicata, ma gradevole e scorrevole. Non mette molto sull’avviso il lettore, che altrove la nostra scrittrice sfida per vedere se si riesca a risolvere gli enigmi prima dell’investigatore. Bisognerà però aspettare ben dieci anni per vedere Battle tornare sulla scena, perché sta per irrompere Miss Marple, e Poirot sta per avere una serie lunghissima di avventure da protagonista. Alla fine, una lettura buona anche se al limite della sufficienza.
Agatha Christie “La morte nel villaggio” Corriere della Sera 22 euro 6,90
[A: 27/12/2014– I: 02/06/2015 – T: 04/06/2015] - &&& +
[tit. or.: Murder at Vicarage; ling. or.: inglese; pagine: 294; anno 1930]
Ed eccoci finalmente alla prima uscita in un romanzo della fantomatica Miss Marple che tanta fama darà alla nostra scrittrice. Erano già usciti alcuni racconti, che saranno solo successivamente raccolti in volume e ne parlerò a suo tempo. Qui, abbiamo tutto un libro incentrato sulla signora, sui suoi metodi di ragionamento, nonché sulla piccola cittadina di S. Mary Mead. Un microcosmo, come lo definirà Miss Jane Marple (che questo è il suo nome completo, come impareremo dal nipote Raymond), un universo in cui i piccoli avvenimenti tra le diverse tipologie di abitanti prefigurano i grandi avvenimenti anche delle città. C’è la parte religiosa, costituita in genere da un prete protestante sposato, a volte con figli. C’è la polizia locale, normalmente inetta come quasi tutta Scotland Yard, almeno nella maggior parte degli scritti di Agatha. C’è il circolo delle “allegre comari”, signorotte locali dedite al pettegolezzo ed al cucito. A volte c’è anche un lord con magione avita. Spesso ci sono coppie di passaggio, in genere male assortite, artisti ed altra varia umanità. Intanto, tiriamo un po’ le orecchie ai traduttori che non si capisce perché abbiano tradotto “Vicarage” con villaggio e non con canonica. Dato anche che l’assassinio avviene proprio nella canonica. E che tutto il libro è narrato in prima persona proprio dal canonico Clement. Nella cui casa viene infatti trovato, ucciso da un colpo di pistola, il burbero colonnello Proterhoe, che nessuno, neanche Clement, poteva sopportare. Molte sono le trame che si annodano intorno alla morte. C’è un pittore, Lawrence Redding, a lungo in litigio con il colonnello per un ritratto osé della figlia di questi, ma che in realtà è l’amante di Anna la moglie del colonnello. C’è ovviamente Anna. C’è Lettice, la figlia del colonnello, che questi tratta sempre rudemente. C’è Archer, un bracconiere che il colonnello aveva condannato in qualità di giudice locale, e che è appena uscito di prigione. E la di lui fidanzata Mary, nonché domestica del canonico. C’è la signora Lestrange, una misteriosa donna da poco trasferitasi nella cittadina. C’è il curato Hawes, che probabilmente è coinvolto nel furto di alcuni fondi della chiesa. C’è il dr. Stone, un archeologo che scava resti antichi nella campagna del colonnello. E la di lui segretaria, la giovane Gladys. C’è infine ilo dr. Haydock, il medico del villaggio, che sembra, unico, conoscere i misteri di Mrs. Lestrange. La nostra Miss Marple sta nell’ombra, guarda e collega i fatti. All’inizio è proprio Lawrence che si autoaccusa dell’omicidio, tra l’altro effettuato con la sua pistola. Ma il gesto, complice anche un possibile alibi del giovane, non convince. Anche perché è seguito dalla confessione dell’amante Anna, fatta per salvare il pittore. Ed anche qui, le descrizioni che i due danno, ed il fatto che la bella Anna andasse in giro senza borsa, quindi non potendo nascondere una pistola, fanno sì che Miss Marple convinca la polizia a cercare altrove. Anche perché il colonnello stava per fare il nome del ladro dei soldi ecclesiastici. Che ovviamente è il curato Hawes, che cerca di uccidersi (o forse si cerca di uccidere), elemento che fa spostare su di lui il mirino poliziesco. Ma non ne avrebbe avuto il tempo. Tempo che invece si scopre poteva avere il dr. Stone, che non è un archeologo, ma un ladro che tenta di rubare l’argenteria del colonnello. Ma fugge prima di essere arrestato. Potrebbe allora essere proprio Mrs. Lestrange, che il dottore confessa essere la prima moglie del colonnello, venuta per rivedere la figlia Lettice, cosa che il colonnello le nega. Ha ragione quindi Miss Marple ad elencare sette possibili sospetti, tutti con motivi validi, ma con difficoltà di conciliarli con i tempi dell’uccisione. Sarà la casuale scoperta di un vaso di fiori non innaffiato che farà emergere la diabolica trama ordita dagli amanti, e debellata alla fine dalla nostra investigatrice. La trama è sicuramente ben congeniata, ed avvolgente, come spesso accade in Agatha Christie che fa nascere colpi di scena, che svia l’attenzione, per poi riportarla su particolari minimi, ma illuminanti. Peccato che il meccanismo ricalchi leggermente quello del primo romanzo della nostra, poco sopra tramato. Quel meccanismo di “ne bis in idem” che anche qui, seppur velatamente, gli amanti cercano di sfruttare. Sembra come che Agatha voglia fare un parallelo, pur molto lontano, tra Poirot e Miss Marple, mettendoli in situazioni di consimile fattura. Per la mia sensibilità di lettore, tuttavia, il belga, per ora, mi è più simpatico dell’arzilla vecchietta. Che rimane molto, forse troppo, legata agli stereotipi della letteratura ottocentesca anglosassone della descrizioni campagnole e delle vicende in punta di tombolo. Poco sopra la sufficienza, quindi.
Agatha Christie “Miss Marple e i tredici problemi” Corriere della Sera 16 euro 6,90
[A: 15/11/2014– I: 02/06/2015 – T: 05/06/2015] - &&
[tit. or.: The Thirteen Problems; ling. or.: inglese; pagine: 232; anno 1932]
Nel 1932 vengono riuniti in volume una serie di racconti pubblicati tra il 1926 ed il 1931, in cui la nostra Miss Marple la fa da padrona. In questo modo la nostra scrittrice comincia a delinearne i caratteri definitivi. Ambienti di provincia, racconti a chiave, descrizioni. Miss Marple così si impone sulla scena, anche se bisognerà aspettare altri dieci anni per avere un romanzo interamente dedicato a lei (che poi in totale avremo 12 romanzi e 20 racconti in cui l’arzilla vecchietta sviluppa le sue capacità deduttive). Questi 13 problemi sono poi divisi in tre tronconi. I primi 6 andarono sotto il titolo di “Club del Martedì” dove sei personaggi si riuniscono per proporre a turno un mistero da risolvere. I secondi sei si svolgono un anno dopo con le stesse modalità, ma con personaggi diversi, a parte Miss Marple e l’ex-commissario di Scotland Yard sir Henry Clithering. L’ultimo è invece un avventura con solo Miss Marple e Sir Clithering. Quindi, Miss Marple è sempre presente, perché sarà lei che risolverà i tredici “Misteri”. Così come presente è sir Henry Clithering, in funzione di io narrante. Curiosa la composizione dei due quartetti: nel primo ci sono Raymond, scrittore e nipote di Miss Marple, il canonico dr. Pender, l’avvocato Petherick ed una donna giovane, quasi fuori luogo, l’attrice Joyce Lemprière. Nel secondo ci sono invece il colonnello Bantry e signora, il medico dr. Lloyd ed anche qui, una giovane donna anche lei un po’ smarrita, l’attrice Jane Helier. Tuttavia non è particolarmente importante l’analisi di ogni singolo racconto, altrimenti dovrei ripetervi tutto il libro (che come avete visto non è che mi sia piaciuto gran che). Meglio sarebbe addentrarsi negli schemi narrativi di questi racconti, tutti con un che ti legato alla persona che ne narra (come detto sopra). Una morte per avvelenamento d’aragosta in scatola, che poi invece era il dolce al cianuro. Un uomo pugnalato senza aver nessuno vicino. Un rapimento senza scopo di riscatto, forse simulato. Una coppia diabolica che uccide per ereditare. Un testamento scritto con l’inchiostro simpatico. E per finire la prima sestina, un nuovo avvelenamento forse da pesce, ma poi risolto dalla nostra collegando una parola inglese alla malattia mentale di uno dei protagonisti. Come vedete in questi primi sei ricorre, come spesso in Miss Marple, l’elemento “inusitato”. Come può l’aragosta essere stata avvelenata? Come può il tizio avere un pugnale nel costato? Ed ogni volta, mentre tutti brancolano nel buio, Miss Marple collega un pezzo qui ed uno là, ricostruisce, interpreta e spesso (ma non sempre) spiega. Come invece spiega il mistero dei gerani dipinti al muro, cui i fumi del potassio avvelenato fanno virare al color blu. Ed anche se in ritardo, spiega la morte di una signorina come vendetta venuta da lontano, ricalcando però il motivo narrativo della coppia diabolica (qualcuno che si fa passare per altro, giocando sulle scarse conoscenze delle persone intorno). Più intrigante la storia di Sir Clithering, che non può che essere legata allo spionaggio, in cui un messaggio cifrato viene inviato attraverso un catalogo di giardinaggio. E quando Agatha si appassiona ad un elemento, ecco che te lo ripropone in tutte le salse. Qui siamo al terzo “travestimento”, in cui l’amante dell’assassino si traveste da “morta” per dargli un alibi, ed è smascherata da un piccolo particolare (che ovviamente non vi dico). Nel successivo ritornano invece i temi dell’avvelenamento da digitale, con un anziano geloso che compie le sue malefatte mitridatizzandosi. L’ultimo racconto è molto confuso nella descrizione (non a caso proviene dalla frivola attricetta) che imbastisce una complicata storia di amanti, furti e gioielli. Storia che Miss Marple facilmente smonta: non è realtà, ma un’idea dell’attrice per punire un suo ex-marito. Arriviamo così al tredicesimo problema, e questa volta in stile completamente diverso: c’è una morta, un presunto assassino, Miss Marple è convinta di sapere chi sia il reale colpevole, ma non ha le prove, quindi scrive la soluzione su di un biglietto e lo da a Sir Henry. Sarà lui ad indagare sulla morte di Rose, sul suo amante Rex, sul suo spasimante Joe e sulla vedova Bartlett. Miss Marple non compare, ma alla fine il nome del colpevole è quello sul suo “pizzino”. Insomma come vedete, molte piccole vicende, ma tutte abbastanza sterili (alcune inutili come quella dell’attrice). Una prova in minore, sperando in meglio per la nostra investigatrice (anche se non è che ci stia simpaticissima, come ho già avuto modo di dire).  
Come promesso la settimana scorsa, con una settimana di ritardo, vi allego anche una piccola medicina sulle modalità di convivere (o di sbarazzarsi) dei fantasmi.
Mentre mando gli auguri alla mia cara mamma, assidua lettrice dei miei gialli, per i suoi oltre novanta, mi accingo a porre armi e bagagli al servizio del prossimo viaggio. Che si parte a fine mese, di nuovo India, anche se verso Mumbai e non verso Kolkata (e prima o poi, perché non il Kerala?). 

CURARSI CON I LIBRI di Ella Berthoud e Susan Elderkin con i “bugiardini” di Giovanni

OTTOBRE 2015
Ottobre, cominciano i primi freddi e quella festa insopportabile di Halloween si avvicina. Allora come resistere ad uno scritto che cerca di spiegarci come sopravvivere con i fantasmi?

FANTASMI, ESSERE TORMENTATI DAI

Susan Hill “La donna in nero”
Toni Morrison “Amatissima”
Se pensate di essere tormentati dai fantasmi, il primo problema potrebbe essere convincere gli altri a prendere sul serio la vostra situazione. Se questo è il caso, fate leggere a tutti “La donna in nero” di Susan Hill. Ambientato a Eel Marsh House, una dimora solitaria che due volte al giorno la marea isola dal resto del mondo, il romanzo racconta di come un fantasma molto amareggiato tormenti Arthur Kipps, l’avvocato chiamato a risolvere la questione dell’eredità della proprietaria della tenuta, recentemente scomparsa. Questo libro vi farà scendere più di un brivido lungo la spina dorsale, e se non farà nulla per curare voi, di sicuro convincerà i vostri amici ad ascoltare la vostra storia, con gli occhi sbarrati.
Per voi, invece, raccomandiamo “Amatissima”, il romanzo per cui Toni Morrison ha vinto il Nobel. Sethe è un ex schiava che vive con Denver - la figlia adolescente – e il fantasma di un’altra figlia morta. Sethe si è ormai abituata alla presenza di questo spirito dispettoso che manda in frantumi gli specchi, lascia impronte di mani di bambina sulla glassa delle torte ai compleanni e chiazze rosse sulla soglia che i visitatori devono attraversare per entrare In casa. La maggior parte delle persone, in realtà, si tiene alla larga dalla casa e dai suoi occupanti. Quando Paul D, un vecchio amico di Sethe, ricompare dopo diciotto anni, il fantasma sembra trovare pace, almeno finché non si ripresenta in forma umana.
Amatissima viene fuori dal fiume come un’adulta completamente vestita e passa qualche giorno a raccogliere le forze per aprire gli occhi, mentre il suo vestito si asciuga e la sua pelle perfettamente liscia si abitua al sole. Ha una voce particolarmente bassa, è sempre assetata e sembra possedere una forza sovrumana, che le fa sollevare la sorella maggiore con una sola mano. Amatissima, tuttavia, non è una forza positiva: si nutre dell’amore di sua madre come del latte, che per lei non era mai abbastanza. Allontana Paul da Sethe, e nel frattempo lo costringe, contro i suoi desideri e contro ogni buonsenso, a «toccarla sulla parte interna». Si nutre di vita come una mosca della carne. Sappiamo che non può durare. Sethe ha in sé quello che serve affinché Amatissima trovi davvero la pace – ma prima deve ammettere con se stessa una scomoda verità.
Fatevi coraggio, voi che siete tormentati dai fantasmi. Non solo è possibile affrontarli, con loro si può anche parlare, discutere, si possono addirittura amare. Se il vostro fantasma vuole venire a vivere con voi per un po’, spendere tutti i vostri soldi e allontanare i vostri cari così sia. Quando si sarà sfogato, potrete rimetterlo al suo posto.

Bugiardino

Non ho letto, né conosco (non sono mica onnileggente) Susan Hill, che salto a piè pari. Mentre ho letto e ne ho scritto un anno fa di Toni Morrison e del suo più famoso libro, che mi è piaciuto, anche se non tanto quanto mi aspettavo.
Toni Morrison “Amatissima” Pickwick euro 10,90
[pubblicato il 2 agosto 2015]
Saranno più di venti anni che la mia amica Cristina cerca di convincermi a leggere gli scritti del Premio Nobel 1993, l’americana Toni Morrison. E per una somma di motivi (stanchezza, casualità ed altro) avevo fino ad ora tralasciato questa potente scrittura nero americana. Preso ora da voglie di recupero di tanti testi passati (ma non invano) ho preso e letto questo scritto, tra l’altro Premio Pulitzer nel 1988. Che dire? Non è un testo facile, né una lettura che lascia indifferenti. Anche se, appunto, è pieno di citazioni e rimandi alla storia americana, non sempre decifrabili da noi poveri d’oltreoceano (e ringrazio per le esaurienti note al testo). Ed è, soprattutto, una scrittura personalmente ostica, che rimanda molto (pur con i dovuti distinguo) ad alcune belle prose sudamericane, con voli nello spazio e nel tempo, con sogni, son invenzioni ed irrealtà difficili da comprendere. Una specie di “flusso di coscienza” collettivo, che ci porta in pieno Ottocento americano, e per la precisione, nel pieno della metà del Secolo. Con tutte le lotte tra neri e bianchi, e tra bianchi e bianchi, che quell’epoca provocò la schiavitù. La Morrison, dobbiamo senz’altro dargliene atto, dà voce, e che voce, ai neri, tirando fuori, ad una ad una tutti i soprusi, gli abusi, le negazioni dell’individuo che l’epoca schiavista portò alla luce. Lo fa attraverso la storia di Sethe (tra l’altro lo spunto è una storia vera, qui romanzata e portata ad epigono di un momento storico), dei momenti della sua schiavitù, della fuga, del carcere, della libertà, dell’angoscia, e di un finale forse non allegro, ma forse speranzoso e non più disperato. La difficoltà, dicevo, è che il racconto non è lineare, ma va a balzi, passa da un personaggio all’altro, il quale ci porta i suoi pensieri, i suoi ricordi, di modo che, certo, alla fine, si potrà avere una pittura completa, ma bisogna prestare attenzione a tutti i passaggi (e non è un caso che ho impiegato più tempo a leggerlo e capirlo). Quindi da una parte c’è la storia come la possiamo ricostruire: Sethe è schiava in una piantagione dove non conosce sua madre, dove deve scegliersi un compagno nero che possa dare figli schiavi al padrone (sempre indecisa tra due, Halle e Paul D), nelle grazie dei padroni (più umani di loro simili negrieri) finché uno muore e la signora si ammala e cerca aiuto in un nuovo gestore della piantagione. Questo sarà come la quasi totalità degli schiavisti, pieno di rancore verso i neri (ma perché non si capisce), consentirà lo stupro di Sethe da parte del nipote, metterà ferri e catene ai neri validi per età. Tanto che un gruppo cerca di fuggire. Halle sembra scomparire. Paul D viene ripreso, messo alla catena, e solo dopo mille traversie riuscirà ad arrivare a Cincinnati. Sethe ed i suoi tre figli più la piccola che ha in pancia arrivano per primi a casa della madre di Halle (che questi aveva riscattato). Ma il cattivo padrone li ritrova e mentre sta per prenderli, per non essere di nuovo ridotta in schiavitù, Sethe uccide la figlia piccola. Tutto si ferma allora. La prendono, la processano, la giudicano pazza. Poi tornerà dalla nonna, in una casa piena dei fantasmi della figlia uccisa (che lei chiamerà solo e soltanto “Beloved”, Amatissima, come dice il titolo italiano, ma anche Adorata o Diletta, che avrebbe rispettato le 7 lettere dell’inglese). I maschi partiranno presto, e lei rimarrà con la piccola Denver. Dopo la morte della nonna li raggiungerà Paul D che per un po’ scaccerà i fantasmi, fino a che Diletta (così la chiamerò io) non compare di nuovo, come fantasma tangibile, intossicando la vita ai presenti, facendoli piombare nei rimorsi. Paul D viene subito emarginato. Denver pensa di aver ritrovato una sorella, la cerca, le sta vicino, ma si accorge ben presto che Diletta è tornata per tormentare la madre. Sethe proverà a spiegarle e spiegarci che stava uccidendo i suoi figli per non farli tornare schiavi. Ma Diletta non la comprende. E quel che è peggio, neanche Sethe, pur capendosi, si assolve. Fino a che, grazie alla costanza ed all’amore sia di Denver che di Paul D, Diletta scompare e rimarranno i vivi a cercare di portare avanti una vita non certo facile. La forza e la potenza del libro sono quegli squarci quasi giornalistici sulla crudeltà subita dai neri durante la schiavitù (e non a caso, il libro è dedicato ai milioni di persone morte durante la traversata atlantica nelle navi-prigione). La difficoltà (mia) è nel seguire le vicende di Diletta come se fosse vera, come se il fantasma potesse muoversi tra noi, agire fisicamente e non solo nella mente e nella coscienza delle persone. Ma il libro, che nonostante tutto consiglio di leggere, pone tante domande forti, oltre a quelle sul rapporto tra le due razze, tuttora irrisolto (lì e altrove). Pone domande sull’amore e sul rapporto tra Sethe e Paul D. Pone soprattutto domande sul rapporto genitori – figli e sui sensi di colpa che i genitori potranno avere (avranno) per tutta la loro vita, perché “un figlio è sempre un figlio”. Al solito, ora che ne scrivo, lucidamente dopo la lettura, trovo punti e spunti migliori, che durante le pagine mi lasciavano perplesso, e mi mettevano fatica. Chissà forse questo ci insegnerà qualcosa.
“Grande non significa niente per una mamma. Un figlio è sempre un figlio. È chiaro, crescano, invecchiano. Grande, però, cosa vuol dire? … Io la proteggerò quando sarò viva e la proteggerò anche quando non ci sarò più.” (64)
“Quello che è giusto non è detto che vada bene per forza.” (357)
“Io e te messi assieme abbiamo più passato di tutti quanti. Ora abbiamo bisogno di un po’ di futuro.” (382)

Conclusioni

Quando penso ai fantasmi, penso ai film si serie B (almeno così si chiamavano) e da tutto quel recupero favoloso che ne faceva il mio caro cugino Paolo, che ci ha lasciato da poco ed a cui dedico alcune trame filmiche del futuro. Invece questi fantasmi libropeutici mi convincono poco. Di più mi sembrano valere quelli di Edoardo De Filippo o altri più fantasmi che reali. Perché la Morrison, come ho detto nel finale, mi ha fatto venire in mente i rapporti genitori – figli, e per chi vuole approfondire l’argomento questo è da leggere (come “Angel” delle Taylor, ad esempio). Insomma, chi pensa a Demi Moore meglio legga altro.

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