lunedì 7 dicembre 2015

Gialli in viaggio verso Natale - 06 dicembre 2015

Cominciamo il breve viaggio verso Natale, scusandomi del giorno di ritardo sulla solita cadenza, ma anche il vostro scrittore ogni tanto si concede una pausa rigenerante (e campagnola). Riprendendo però subito il percorso che ci porterà a fine anno, e con alcune uscite di gialli classici (nel senso di autori che ormai sono nel mio repertorio da anni). Purtroppo, la svedese Marklund attraversa un brutto periodo di forma, tanto che i suoi gialli con la (un tempo) simpatica Annika stanno diventando poco leggibili. Così come poco leggibile l’ormai scolpito nel tempo Arsenio Lupin. Meglio sicuramente l’Islanda di Indridason (anche se da tempo orfano di Erlandur) o la Melbourne di Kerry Greewood (sperando di tornare presto in entrambe le isole).
Liza Marklund “Linea di confine” Marsilio euro 12,50 (in realtà, scontato a 10,63 euro)
[A: 01/08/2014– I: 13/05/2015 – T: 15/05/2015] - & e ½   
[tit. or.: Du gamla, du fria; ling. or.: svedese; pagine: 461; anno 2011]
Cominciamo dal titolo, di non facile traduzione ammetto, ma che nella versione italiana mi ha lasciato perplesso. Qualche conoscenza svedese, e qualche ricerca, mi suggerisce che potrebbe significare. “Sei il passato, sei libero”. Che avrebbe un senso (forse più nel futuro che in questo romanzo stesso). Laddove “Linea di confine” potrebbe essere quella tra passato e futuro nella vita della nostra cara giornalista Annika. Piuttosto che il confine tra Kenya e Somalia, dove si impantana la vita di Thomas, il marito della nostra. Ma siamo andati già un po’ oltre, facciamo un passo indietro. Che questo è il 9° romanzo(anche se solo otto pubblicati in Italia) della scrittrice svedese incentrato sulla giornalista di nera, involontariamente investigatrice. Romanzi che cominciai a leggere fin dall’inizio (era il ’98) con gusto per le novità di scrittura che portava questa nuova scrittrice. Una delle prime ad aprire la strada del “giallo svedese contemporaneo”. Purtroppo, con l’andare del tempo, le trame si sono fatte sempre più inconsistenti. Fino a questo che ritengo essere il suo peggior romanzo, cui do solo quel mezzo punto in più di stima storica e niente di più. Abbaiamo seguito Annika nei primi passi come detective nel giornale cui scriveva e scrive. L’amore con Thomas, i due figli, poi il progressivo allontanamento dal marito che si rivela un seduttore di bassa lega. Un divorzio, poi, a seguito di vicende complicate (un attentato ad Annika, l’incendio della casa, un ritrovarsi con Thomas in Spagna) un riavvicinamento. Qui poi, in flash, scopriamo che sono passati tre anni, trascorsi dalla famiglia Bengtzon in America, lei come corrispondente, lui come diplomatico. Ora però sono di nuovo a Stoccolma. Anzi lei è in Svezia, mentre lui è in missione in Africa, dove capiamo che è andato anche per seguire qualche nuova gonna da sedurre. E mentre aspettiamo che si possa svolgere la solita trama (un morto, un’indagine, crisi familiari ed altro) ci troviamo in uno scenario poco consono sia alla scrittrice che al giallo. Certo, ci sono delle donne che vengono uccise a coltellate, ma delle indagini non si occupa Annika, se non marginalmente. Lei sostiene, senza prove certe, essere colpa di mariti o compagni violenti (e ci potrebbe stare). Ma sono altri al giornale che se ne occupano. Fino all’arresto di un presumibile colpevole che, non si capisce quanto volontariamente quanto per mitomania, confessa gli omicidi. Tutto però velato da incredulità e poca partecipazione. Dato che tutta la storia è invece incentrata su altro. Sul fatto che Thomas, in Africa, viene rapito, insieme ai componenti di una missione della Comunità Europea, da un gruppo di banditi somali. Rapimento che si barcamena su di un doppio registro: l’Europa vuole chiudere le frontiere all’immigrazione (e questo è di certo un problema reale ed attuale) mentre i banditi somali vorrebbero un’apertura delle stesse, e sul riscatto che i banditi stessi chiedono per la liberazione dei rapiti. Viviamo così, a corrente alterna, tra le descrizioni degli orrori in terra d’Africa ed i tentativi di capire come rispondere al rapimento in terra europea. Con Jimmy, il capo di Thomas, che si installa a casa di Annika per seguire da vicino il rapimento e le trattative. In Africa, i rapiti vengono seviziati, ridotti alla fame, a volte turpemente uccisi per un nonnulla, ed anche, alcuni, liberati dopo pagamenti sotto banco. In Svezia assistiamo al progressivo avvicinamento tra Jimmy ed Annika, ed a tutta una serie di palle megagalattiche su riscatti, ricerca di soldi, ed altre amenità da rapimento. Finché, trovato un accordo con i rapitori, Jimmy ed Annika portano i soldi in Somalia, i rapitori saltano in aria per una bomba messa dagli americani, e Thomas si ritrova libero, anche se menomato. Ma tutta la storia è di una pallosità unica. Si punta un po’ sugli orrori africani, un po’ su disquisizioni sulle frontiere aperte o chiuse, molto su i rapporti tra Thomas ed Annika (di una volta) e su quelli tra Jimmy ed Annika (ora). Non ci sono componenti gialle o poliziesche. Non siamo coinvolti dalle descrizione dei patimenti africani di Thomas. Insomma, non vedevo l’ora di arrivare alla fine di questo lungo ed inutile libro. Che può essere saltato da chi vuole leggere qualcosa anche di rilassante, ma di ben scritto. Qui, niente trama avvincente, niente colpi i scena che non siano visti e rivisti, una desolazione lunga quasi cinquecento pagine.
Arnaldur Indriðason “Cielo nero” TEA euro  9 (in realtà, scontato a 7,65 euro)
[A: 16/03/2014– I: 29/05/2015 – T: 31/05/2015] - &&&+
[tit. or.: Svörtuloft; ling. or.: islandese; pagine: 341; anno 2009]
Premetto che, da quando ne comprai il primo libro (e questo è l’ottavo che leggo), l’islandese Arnaldur non mi è mai dispiaciuto. Forse alti e bassi, qualche svirgolata verso il difficoltosamente letto. Pur tuttavia, interessante per quello sguardo sull’isola del Nord sempre e comunque acuto. Comincio quindi questa trama con una lunghissima tirata d’orecchi all’editore TEA. Che, sotto il titolo “Cielo nero”, mette il sottotitolo “Un caso dell’agente Erlendur Sveinsson”. Ora, se fossimo in regime di controllo di marketing per le dichiarazioni mendaci TEA prenderebbe una multa salatissima. Che Erlendur non compare in neanche una riga delle 341 pagine, se non evocato per poche righe da una telefonata della figlia Eva Lind, e al centro di uno scambio di battute tra Elíngbor e Sigurður Óli. Arnaldur, invece, continua con questo romanzo ad allargare la sfera delle nostre conoscenze interne alla squadra di Erlendur. Dopo il precedente, tutto dedicato a Elíngbor, questo è invece incentrato e dedicato tutto a Sigurður Óli, detto Siggi (anche se a lui il soprannome non piace). Essendo comunque un poliziotto, seguendone la vita, veniamo alle prese con un intricato caso poliziesco. Il cognato di un amico di Siggi sta per essere ricattato a causa di foto prese durante uno “swing party” (cioè un party con scambi di coppie). Si chiede a Siggi di indagare amichevolmente, e lui trova Lina, la ricattatrice, morta. Pur se parzialmente coinvolto, comincia ad indagare, mostrando meglio le sue qualità che fino ad ora non erano risaltate particolarmente (tanto che lo consideravo un personaggio minore). Scava tra le macchine parcheggiate vicino alla casa della morta (ricordo sempre quanto sia paesotto l’Islanda), e tra quelle fuori zona, ne trova una che non ci dovrebbe essere. Presa in prestito da uno sbandato chiamato Toggi. Che sembra coinvolto, tanto che sparisce. Tramite le sue conoscenze tra i dropout della capitale, viene a sapere che Toggi è un piccolo trafficante di droga, con pochi amici. Anzi uno solo, Höddi. Il nostro comincia a pedinarlo, e scopre quindi il rifugio di Toggi, li arresta e vengono ben presto incriminati per l’uccisione. Ma Siggi non è convinto che sia tutto lì. Indaga sulla vita di Lina e del suo compagno Ebbi. Scopre una gita con allegri bancari cui facevano da guida i due. E dove un bancario morì. Si convince che sono i bancari i mandanti della morte di Lina, e comincia a scavare nelle loro vicende. Dando modo di mettere in luce la bolla economica che stava vivendo l’Islanda. Non a caso, poco dopo, la Banca Centrale dichiara bancarotta, e l’Islanda si trova molto peggio della Grecia attuale. Qui si capisce anche il titolo, che la Banca è soprannominata nell’ambiente “Aria nera” (in islandese “Svörtuloft”), nome che è anche dato alla zona in cui i bancari organizzano la gita, dovuta alle spesso pessime condizioni atmosferiche. Comunque è questa parte di politica economica uno dei punti forti della trama, ben descritta in poche righe ed anticipatrice, per noi che già lo sappiamo, delle future difficoltà del paese. Trova il nostro che i quattro bancari stavano speculando sui “titoli derivati”, investendo montagne di soldi derivanti da sporchi traffici pedopornografici guidati da un bancario lussemburghese. Motivo per cui uno dei quattro si voleva ritirare e che guarda caso muore in quella gita. Tuttavia poco sembra collegare i bancari a Lina. Sarà l’analisi di tabulati telefonici di Höddi che invece poteranno al vero mandante, insospettabilmente vicino a Siggi, che a quel punto lascia tutte le indagini per conflitto d’interesse. Il tutto intrecciato dalla storia di Dreis, un barbone che si era incontrato qualche libro fa, che si scopre essere stato violentato dal patrigno in gioventù, di essersi dato all’alcool, ed ora di averlo ritrovato, poi ucciso, per poi farsi morire al cimitero, unico posto in cui si sentiva tranquillo. Siggi cercherà per tutto il libro di salvarlo, di rincorrerlo, di aiutarlo, senza riuscirci. Anche perché siamo coinvolti nelle vicende personali del nostro Sigurður Óli. Capiamo come e perché si sia lasciato da BergÞóra. Conosciamo l’inflessibile madre, cinica ed opportunista, ora revisore di conti in una grande industria. E conosciamo il padre di Siggi, divorziato dalla stronza quando lui era piccolo, ed ora ricoverato per un cancro alla prostata. Ma più che altro entriamo nella solitudine del nostro agente, che sperava in una vita diversa, che aveva vissuto un anno in America, innamorandosi degli sport americani. Che aveva fatto un paio d’anni di legge, per poi iscriversi alla scuola di polizia, e farla diventare la sua vita. Anche sotto la guida, silente ed essenziale, dell’agente Erlendur, quello che non ancora torna. Ecco, poco approfondita sul lato giallo, molto intensa sul lato vita vissuta e quotidianità islandese. Per questo do un voto sopra la sufficienza, anche se di poco. Aspettando di capire se Erlendur, andato nei boschi per liberarsi del peso del fratello morto in gioventù, si decida prima o poi a tornare.
“Non era un lettore accanito. Era già un buon risultato se riusciva a concludere a fatica un libro all’anno. Invece ascolta molta musica, rock classico americano e country.” (102)
Kerry Greenwood “Morte di un marito” Repubblica MondoNoir 17 euro 7,90
[A: 27/10/2014– I: 31/05/2015 – T: 02/06/2015] - &&& 
[tit. or.: Fly too high; ling. or.: inglese; pagine: 189; anno 1990]
Seguendo il grande carosello delle mie letture casualmente distribuite, eccoci ritornati alla collana di Repubblica dedicata al giallo intorno al mondo. Qui vorrei spendere una parola pro ed una contro questa uscita. Interessante è la scelta della “location” come direbbero quelli del cinema: l’ambiente è Melbourne ed il mondo australiano. Anche se collocato temporalmente negli anni Venti, cosa che tuttavia può suscitare interesse, in quanto poco se ne sa di cosa si facesse a quell’epoca dall’altra parte del mondo. Meno condivisibile è la scelta, che l’esimia signora Greenwood, che tra poco compirà 61 anni, ha scritto ben 20 libri con la protagonista di questo giallo, Miss Phryne Fisher. Ed allora perché non pubblicarne il primo, invece che il secondo? Misteri editoriali. Il secondo mistero, piccolo, è perché quel titolo? L’originale (ripreso poi dall’ex ergo) si riferisce alla bellissima canzone di Cole Porter (“I get a kick out of you”) e, perché no, al fatto che alcune azioni si svolgono su dei piccoli aeroplani. E legati agli ambienti dell’aria sono le due vicende che si intrecciano e sulle quali indaga la spigliata Phryne. La morte di un antipatico signorotto locale, che tiranneggia la moglie, che maltratta la figlia Amelia non riconoscendole le virtù artistiche, e che ingaggia liti feroci con il figlio Bill che ha aperto una non molto proficua scuola di volo. Dall’altra il rapimento della piccola Candida, figlia di un altro aviatore che pochi mesi prima aveva vinto una cospicua somma in una lotteria. Tutta la storia è però incentrata appunto sulla nostra investigatrice. Piena di soldi e da poco trasferitasi dall’Europa nel nuovo mondo, vive in albergo, ha una super macchina (per l’epoca, e precisamente una Hispano-Suiza che costava più di una Rolls-Royce), sa guidare gli aerei, si compra una villa, con tanto di due aiutanti ed una segretaria. Quest’ultima da mie ricerche proviene dalla prima puntata della serie, così come Bert e Cec i due tuttofare che aiutano Phryne nella ricerca delle prove alle sue intuizioni. Phryne è anche una libertina niente male, per l’epoca, visto che va a letto con almeno due uomini in questa puntata, e probabilmente continuerà a farlo nelle altre. Ma torniamo alla trama. Ingaggiata dalla madre di Bill per aiutarlo, visto che questi viene incolpato dell’uccisione del padre, si scontra presto con gli ottusi poliziotti. E va alla ricerca delle prove, che il prepotente è stato ucciso con un colpo di pietra alla testa, cosa che contrasterebbe con una morte in seguito ad una accesa discussione. La polizia australiana non sembra particolarmente attenta alla ricerca di prove, visto che pensa di avere il colpevole in mano. Sarà lei che trova una corda insanguinata, ed altre piccole prove che porteranno ad una ricostruzione dell’incidente occorso. Erano dei bimbi, autorizzati da Amelia a giocare in giardino, che stavano costruendo una piramide spinti dall’onda delle coeve scoperte egiziane della tomba di Tutankhamon. Lui li rincorre urlando, e questi fanno cadere la pietra che stavano usando per la piramide che casualmente spacca la testa al prepotente. Cosa che ovviamente fa poi piacere a tutti, che se ne liberano. Bill per la sua scuola di volo. Amelia per la sua pittura e per l’amore con uno scultore italiano. La moglie che può rifarsi una vita con un suo segreto spasimante. Ma avevamo anche lasciato Candida in balia dei rapitori. Qui c’è la parte movimentata. Dei tre, uno è coinvolto suo malgrado dalla moglie e da uno pseudo-amico molto fuorilegge. Al pagamento del riscatto, Phryne si sistema sul retro della Bentley dei rapitori (si sa che a quel tempo le macchine hanno dei pianali assai lunghi), lascia una scia fosforescente, che è seguita dalla sua amica aviatrice con un piccolo Fokker. Si troveranno così faccia a faccia con i banditi. Il cattivo uccide la fedifraga, e mentre sta per sparare anche a Candida, il buono la fa scappare, ed interviene Phryne che con un colpo di pistola micidiale (è anche un’ottima tiratrice) disarma il cattivo. E tutto finisce in gloria. C’è un po’ di giallo nella parte della morte del prepotente. Ma tutto è giocato sulle atmosfere e sui rapporti umani. Senza scordare alcuni tocchi sulla vita australiana dell’epoca, tanto per non scordarsi che anche l’autrice è australiana. Scrittura scorrevole, veramente poco impegnativa. Insomma, un gradevole divertissement.
Maurice Leblanc “Arsène Lupin, ladro gentiluomo” Corriere della Sera euro 6,90
[A: 03/04/2015– I: 19/06/2015 – T: 23/06/2015] - &&
[tit. or.: Arsène Lupin, gentleman cambrioleur; ling. or.: francese; pagine: 207; anno 2005]
Da anni inseguivo la prima uscita in volume delle gesta di Arsenio, sperando però, visto che l’eroe è ben francese, di riuscire a leggerne in originale. Ora, l’esimio Corriere aveva iniziato la pubblicazione dell’opera omnia di Leblanc, così che mi son detto, beh, che se ne legga un po’. E bene ho fatto a cominciare qui, e poi fermarmi. Che l’opera è datata, poco convincente, e certamente leggibile solo in funzioni filologiche. Dato che poi, codesti scritti, son datati più di cento anni addietro. Ma non hanno la freschezza che ancora suscitano le gesta coeve di Sherlock Holmes. Inoltre, pensavo che si trattasse di un romanzo, che illustrasse la nascita e lo svilupparsi del personaggio. Invece sono nove racconti, il primo dei quali esce nel 1905 con un buon successo di pubblico. Tanto che l’autore viene incoraggiato a scriverne ancora. Così che nel 1907 i primi nove corti episodi sono raccolti in questo agile volume. In cui tuttavia abbiamo dei piccoli assaggi del personaggio, che in ogni raccontino fa aumentare in noi la conoscenza delle sue attività. Anche se, in tutti e nove, non si riesce ancora a capire come e perché sia diventato un “ladro gentiluomo”. Tornando agli inizi, il primo racconto su Arsenio (“L’arresto di d'Arsène Lupin”) si svolge su di una nave di ritorno in Europa, dove un cablo avverte della presenza del ladro. Presenza confermata da un furto di gioielli. Seguiamo anche la seduzione del bel Bernard alla simpatica Miss Nelly. All’arrivo in porto, però, sarà l’ispettore Ganimard, da sempre sulle tracce di Lupin, ad arrestarlo sotto le spoglie di Bernard. Ma la refurtiva, nascosta nella borsetta di Nelly, non viene trovata. Ci sono alcuni caratteri del futuro “grande ladro”, soprattutto la capacità di camuffarsi, tanto che nessuno, pare, lo abbia visto come è in realtà. Quando gli viene chiesto di proseguire la saga, Leblanc è in difficoltà, essendo Lupin in prigione. Ma si inventa un secondo gustoso episodio (“Arsène Lupin in prigione”) dove il nostro ladro, dalla prigione, organizza il furto di alcuni quadri dalla casa del barone Cahorn, usando una libera uscita dalla prigione stessa, e travestendosi da… Ganimard. Il barone lascia l’ispettore (falso) a guardia del palazzo, e Lupin effettua il furto e torna in prigione. Ma Leblanc non può proseguire su questa falsariga, e nel terzo episodio (“L’evasione di Arsène Lupin”) Lupin riesce a fuggire. Prima facendo finta e poi tornando in prigione, insieme al barbone Désiré. Poi camuffandosi da Désiré durante il processo. Così che i giudici lo liberano. Ma non è Désiré, è invece Lupin che quindi sfugge alla giustizia con il beneplacito della stessa. Questa concatenazione dei primi tre episodi è senz’altro la miglior riuscita delle novelle. Poi ne abbiamo altre in ordine sparso. Ne “Il misterioso viaggiatore” Lupin è derubato durante un viaggio in treno, ma aiuta la polizia a smascherare il colpevole. Ne “La collana della Regina” si narra di un antico furto attributo a Lupin, che con destrezza, appunto, sottrae la collana alla contessa di Dreux-Soubise; solo anni dopo, ad un pranzo presso il conte, il gentiluomo Floriani spiega come avvenne il furto. Ed è ovvio chi sia Floriani. Qui l’edizione italiana fa poi un guazzabuglio mescolando le successive uscite, per cui ne parlo invece nell’ordine originale. Il successivo racconto “La cassaforte della signora Imbert” narra infatti del primo colpo di Lupin, che, prima mette in pericolo poi finge di salvare il signor Imbert, per farsi assumere come segretario e rubare i titoli presenti nella cassaforte. Che però erano stati già trafugati dalla signora. E questo rimane l’unico smacco del nostro ladro. Anche il successivo poteva essere uno smacco, ma solo per i molti guai che procurò a Leblanc. Il quale che volle mettere a confronto il grande ladro con il grande detective Sherlock Holmes, cosa che fece infuriare Conan Doyle. Per cui il racconto uscì con il titolo “Herlock Sholmes arriva troppo tardi”, dove si narra della ricerca di un passaggio segreto per arriva ad un tesoro in un castello, con l’inglese che potrebbe fermare il tutto, ma arriva in ritardo (o forse no?). Nel penultimo, “La perla nera”, sembra anche qui subire una sconfitta: entra a rubare la perla del titolo nella stanza della contessa Andillot. Ma la trova morta e senza perla. Anni dopo, seguendo le sue elevate risorse, trova il vero colpevole, a cui finalmente ruba la perla. Infine, l’ultimo racconto, anch’esso assai fragile, serve a giustificare la scrittura di Leblanc. Costui, scrittore e legato a servizi segreti, ha nascosti nella sua casa i piani di un sottomarino micidiale. Sembra che qualcuno li voglia sottrarre, e Leblanc, aiutato dal suo amico Jean Despry, sventa i piani dei cattivi. Peccato che poi scopra Despry essere Lupin, che comunque ha avuto il suo tornaconto. Ma da questa avventura nasce un forte legame tra i due e Leblanc diviene il biografo ufficiale del ladro. Non so di altri romanzi con il grande Lupin protagonista, ma di questa scrittura se ne può fare a meno. Rimangono solo alcuni ricordi e rimandi. Il fatto che Leblanc si basi sulle avventure dell’anarchico Marius Jacob (ladro per riparare i torti, suicida a 75 anni lasciante il seguente biglietto ai suoi amici “Ho vissuto. Adesso posso morire”). Il fatto che alle prime azioni di Jacob-Lupin si ispiri un altro anarchico di inizio secolo, quel Jules Bonnot, capo della “Banda Bonnot”, che inoltre per alcuni mesi fece da autista privato a Londra a … Conan Doyle! Le azioni di Lupin riprese come “sentimento” nel bellissimo film di Hitchcock “Caccia al ladro” con Cary Grant e la stupenda Grace Kelly. Nonché, per finire, gli indimenticati fumetti giapponesi di Arsenio Lupin III, immaginario nipote degno del grande nonno. Queste nascite e questi rimandi sono divertenti. Lo scritto originale ormai ha fatto il suo tempo.
E dopo le pause di Agosto, ecco che a Settembre si sono ripresi ritmi abituali, coronati da ben tre libri decisamente sopra la media: innanzi tutto il bellissimo libro di Brokken dedicato ai Paesi Baltici visitati in agosto, l’altrettanto intenso libro “tutto sardo” di Salvatore Satta e l’Australia del Nord con la storia intrecciata delle due famiglie di Tim Winton. Un solo libro, per fortuna, è invece da dimenticare subito, quello di Pigozzi che credo sia ormai al capolinea delle sue uscite poliziesche di anche piccolo interesse.

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Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Agatha Christie
Il ritratto di Elsa Greer
Corriere della Sera
6,90
3
2
Jan Brokken
Anime Baltiche
Iperborea
19,50
4
3
Manuela Costantini
Le immagini rubate
Mondadori
4,90
2
4
Agatha Christie
Il terrore viene per posta
Corriere della Sera
6,90
2
5
Tim Winton
Cloudstreet
Fazi editore
11
4
6
Agatha Christie
Verso l’ora zero
Corriere della Sera
6,90
3
7
Filippo Bologna
Come ho perso la guerra
Fandango
10
2
8
Anthony Cartwright
Heartland
Repubblica  Pallone
6,90
3
9
Salvatore Satta
Il giorno del giudizio
Adelphi
12
4
10
Osvaldo Soriano
Pensare con i piedi
Repubblica – Pallone
6,90
2
11
Georges Simenon
I Maigret – 3
Adelphi
s.p.
3
12
Paolo Roversi
Milano criminale
Corriere della Sera
6,90
2
13
Stefano Pigozzi
Non riuscirai a salvarle tutte
Mondadori
4,90
1
14
Carmine Abate
Gli anni veloci
Mondadori
9,50
3
15
Agatha Christie
Giorno dei morti
Mondadori
s.p.
2
16
Agatha Christie
Un delitto avrà luogo
Corriere della Sera
6,90
3
17
Annamaria Fassio
L’oro di Sarah
Mondadori
4,90
3
18
Nadia Morbelli
Amin, che è volato giù di sotto
Giunti
5,90
2
19
Agatha Christie
Polvere negli occhi
Corriere della Sera
6,90
3

Confermiamo quindi che l’anno nuovo si aprirà con una bella parentesi cubana, allietata da una compagnia che si prospetta di ordine eccellentissimo. Intanto, nelle more delle letture, comincio a leggere e preparare anche il viaggio. 

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