Eccoci allora ad una bella
quaterna dedicata al decano degli scrittori italiani. Con quattro libri diversi
e di resa quasi tutta bassa. Non mi ha convinto uno degli ultimi “Montalbano”,
non mi convince, al solito, una ennesima raccolta di racconti ambientati a
Vigata, rimane lieve la raccolta-omaggio dedicata ai sogni. L’unico che si alza
dalla media, è un romanzo di una decina di anni fa, ben articolato nelle varie
componenti di personaggi ed azioni.
Andrea Camilleri “La giostra degli scambi” Sellerio euro 14 (in realtà,
scontato a 11,90 euro)
[A: 07/05/2015 – I: 25/08/2016 – T: 27/08/2016] - &&
e ½
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 255;
anno 2015]
Come confessa in finale l’autore,
e come noi sappiamo dalla lettura di una sua cinquantina di libri, il più delle
volte Camilleri prende una vicenda, un fatto, uno spunto “reale” e lo trasforma
e lo interpreta nel suo mondo “letterario”. Il più delle volte significa che
talvolta l’idea viene da altrove, o, come in questo caso, l’idea è correlata ad
una parola che ronza intesta allo scrittore. E su questa, intorno a questa
parola costruisce il suo romanzo. Quindi nessun fatto di cronaca che viene ad
inserirsi nella vita tranquilla del nostro commissario, ma la parola scambio,
anzi, come direbbe Camilleri nel suo siculo, “scangio”. Come in una giostra
alla Schnitzler, allora, abbiamo tutta una serie di scambi, veri o supposti,
che fanno da trama a questa nuova avventura dei nostri eroi di Vigata. Ne
leggiamo con gusto, anche se il risultato finale è un po’ sotto le attese. Poco
mordente, pochi momenti ilari come solitamente accadeva, tutto, forse, pervaso
da quell’invecchiamento che non solo circonfonde il nostro più che novantenne
scrittore, ma che adombra di scarse luci il poco più che cinquantenne
commissario. L’idea dello scambio è già lì, nelle prime pagine, dove Salvo è
tormentato da una mosca, che, anche se con difficoltà, uccide, per poi averne
una nuova che ronza per casa. e si domanda: avrò ucciso quella che mi dava
fastidio, o la mosca morta era innocente? Da qui si dipana la storia. Montalbano
viene coinvolto in una rissa, e scambiato per l’aggressore invece che per il
paciere che voleva essere. Il signor Virduzzo viene scambiato da Angelina per
un ladro, e colpito duramente con una padella, mentre era venuto per denunciare
al commissario una scomparsa. Due donne vengono rapite per poche ore,
cloroformizzate e poi rilasciate, con l’unico punto in comune di essere giovani
e di lavorare in banca. Anche loro scambiate per qualche altra donna? Finché
noi ci imbattiamo nel mistero che dovrebbe essere il centro della vicenda. La
scomparsa del proprietario di un negozio di elettrodomestici in seguito a un
incendio doloso e, in una successione senza pause, un terzo sequestro, sempre
di una ragazza che lavora in banca. Questa, Silvana, è la donna la cui
scomparsa veniva a denunciare Virduzzo. Per tutta la vicenda Virduzzo
cerca di parlare con Salvo, che la scomparsa Silvana è una ragazza che lui
adotta, per darle agio di accedere alle sue proprietà (vista la non poca
differenza di età tra i due). Anche se Virduzzo non sembra proprio limpido in
questo atteggiamento. Che cerca di coinvolgere, o di incolpare, tal Bonfiglio,
ben noto “puttaniere” (almeno secondo Mimì), coetaneo o poco meno di Virduzzo,
ed amico, più o meno sincero, del Di Carlo. Bonfiglio che aveva avuto una
storiella con Silvana, presto troncata dalla stessa, anche se foriera di forte
gelosia in Virduzzo. Per riprendersi dalla storia Silvana va in vacanza a
Lanzarote, dove incontra, qui certo casualmente, Di Carlo. Nasce lì nelle Canarie
una storia d’amore, che i due “piccioncini” sembra vogliano tenere segreta.
Sembra, ma è anche vero che, svolgendo indagini, Slavo ed i suoi scoprono che
sia Bonfiglio che Virduzzo ne sanno. E sembra che entrambi ne patiscano una
forte gelosia. Tutto precipiterà con il ritrovamento del corpo di Silvana,
ovviamente uccisa. Noi seguiamo le indagini, e fino alla fine siamo presi dallo
scambio anche fra i due possibili colpevoli: Virduzzo o Bonfiglio? Bonfiglio o
Virduzzo? Chi ne leggerà saprà. Noi sappiamo solo qualcosa dei contorni. Ma non
di quelli succulenti che prepara la brava Angiolina, né quelli, suntuosi, che
imbandisce il ristoratore Enzo al suo commensale preferito. Sono i contorni
degli eroi del commissario di Scicli, pardon di Vigata (non è un lapsus, è un
omaggio), Fazio il preciso, che, in quanto preciso fa e farà sempre innervosire
Salvo, Augello il latin lover (ma ad un certo punto mi sono perso la moglie
Beba), e la “macchietta” Catarella, che con la sua presenza da commedia
dell’arte serve ad alleggerire la vicenda nei momenti opportuni. Sono i
contorni di Salvo Montalbano che, come tutti noi mortali, invecchia.
Fortunatamente qui si interroga poco sul procedere della sua età. A me rimane
solo quel bellissimo accenno a pagina 170 ad una mirabile poesia, che io invece
riporto per intero: “Come pesa la neve su questi rami / come pesano gli anni
sulle spalle che ami. / L'inverno è la stagione più cara, / nelle sue luci mi
sei venuta incontro / da un sonno pomeridiano, un'amara / ciocca di capelli
sugli occhi. / Gli anni della giovinezza sono anni lontani.” Non solo riporto,
ma ne cito l’autore, che Camilleri non cita. Si tratta di Attilio Bertolucci,
poeta e padre del regista Bernardo. Ritengo anche io, come molte trame nella
rete indicano, che questo non sia né il migliore Camilleri, né tanto meno il
migliore Montalbano. È però sicuramente un prodotto onesto, leggibile con
facilità, di modo da aiutare i nostri aggrovigliati sensi a rilassarsi, nei
moneti bui. Non mi sembra certo poco. Un piccolo pensiero finale, suscitato da
questa lettura: spero che il mio amico Carlo trovi agio nella sua Marinella.
Andrea Camilleri “Il casellante” Sellerio euro 11 (in realtà, scontato
a 8,80 euro)
[A: 21/03/2016 – I: 21/11/2016 – T: 22/11/2016] - &&&
e ½
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 140;
anno 2008]
Alla
fine del primo decennio di questo millennio c’è un’impennata nella produzione
sempre rigogliosa del maestro siciliano. Tra nuovi libri, raccolte e racconti,
nel 2007 sono pubblicati 8 testi, 9 nel 2008 e 10 nel 2009. Il 2008 tra l’altro
vede due nuove storie inedite di Montalbano. Questo, invece, si colloca nel
versante vigatese di recupero delle memorie e degli innesti di leggende di
origine greca nella storia siciliana. Aveva terminato l’anno prima quella
“Maruzza Musumeci” che si rifaceva al mito della sirena. Qui, tra diversi altri
punti, la storia converge invece sul mito della donna-albero. Il mito di Smyrna
(o Mirra) che tramutata in albero dopo nove mesi dà alla luce Adone, uno degli
uomini più belli mai comparsi sulla terra, tanto da far innamorare Venere, e da
ingelosirne Marte, che, tramutatosi in cinghiale lo uccide. Il sangue di Adone
bagna la terra, dando luogo ad una vegetazione fiorente, per cui diventa
simbolo della rinascita e della primavera. Ma qui non stiamo a parlare dei miti
greci, che altro spazio e luogo meriterebbero, stiamo parlando del grande
maestro e delle sue opere non montalbaniane. In questo breve libretto, inoltre,
trattate di passaggio, ma ben presenti, sono diverse fila della costruzione del
mondo di Camilleri. La storia di Nino e Minica si intreccia con le ferrovie
siciliane, con il fascismo, con la guerra, con i legami tra mafia e sbarco
americano in Sicilia, con la mafia stessa e l’impotenza dello Stato. La storia
principale in realtà è abbastanza semplice. C’è Nino che si trova a fare il
casellante di una ferrovia siciliana, sposa Minica, vogliono un figlio, lei
rimane in cinta. Mentre nino è coinvolto in altre storie, di cui parlerò poi,
Minica rimane sola, viene assalita, stuprata, quasi uccisa. Perde il figlio,
perde la possibilità di averne altri e si avvia verso una china di follia.
Tanto che decide di trasformarsi in donna-albero per generare la prole. Ma, al
contrario del mito greco, Camilleri non crede (troppo) alle favole. Solo
l’amore di Nino ed un inaspettato regalo di guerra porteranno ad una
conclusione meno drammatica del previsto. Anche se quest’ultima parte, troppo
onirica forse, va avanti in tono minore. Ma in cosa era coinvolto Nino per lasciare
sola ed indifesa Minica? Per guadagnare qualcosa suona nella “barberia” del
paese ed ogni tanto fa qualche favore al potente (mafioso?) locale, don Simone.
Nelle scorribande musicali, per l’esuberanza popolare, si trova a stravolgere
in mazurka un inno fascista. Scatenando (questa parte gustosa e drammatica) le
ire del segretario del fascio. Durante il breve carcere avvengono i fatti di
cui sopra. Sarà don Simone a tirarlo fuori, ad indicargli il colpevole, ad
aiutare Nino nell’atroce vendetta. Chiedendo in cambio un aiuto per far
sbarcare, nascondere e fuggire un americano (o meglio un siculo-americano)
testa di ponte di quella che di lì a poco sarà lo sbarco in Sicilia. Questi i
due lati della medaglia. E se da un lato ci si appassiona al dramma di Minica
ed ai tentativi di Nino di assecondarla e di non farla cadere nella follia,
l’altra faccia ha risvolti di controversa natura. Certo, sempre scritti con
gusto, e con la capacità di Camilleri di farti entrare nel suo mondo di
fantastica lingua, che si segue anche senza capirne parola per parola. Ci sono
parti molto dense, e piacevoli. La storia, parziale e ristretta, delle linee
ferroviarie siciliane. Che Camilleri ama, e che io ho provato in un fantastico
viaggio da Palermo ad Agrigento, passando per quel di Racalmuto, e che ho
trovato superlative nella loro semplicità. E nell’attraversa quei campi viola
di erica. Siamo nel pieno della Guerra. Quindi ci sono i fascisti, da sempre e
con feroce cattiveria, messe in berlina da Camilleri. Anche se si capisce la
brutalità di alcune fasce provinciali (dove spesso la politica è presa a
pretesto di vendette personali). Ci sono i soldati, che lasciati soli in luoghi
sperduti, mostrano anche loro facce poco rassicuranti. C’è, potente, sommersa,
presente e riconosciuta, la mafia siciliana. Che, nella persona di don Simone,
una volta constatata l’impotenza della giustizia, a questa si sostituisce.
Prima parentesi: è vero, è successo così, ma il tono di Camilleri è troppo
accondiscendente, in questo caso. È vero, ripeto, lo Stato non avrebbe trovato
il modo di punire il colpevole del massacro di Minica. Ma l’uso privato della
giustizia che Camilleri avalla mi lascia qualche domanda in fondo alla testa.
Non è che, di compromesso in compromesso, si scivola troppo lontano dall’etica
che dovrebbe governare la nostra vita. Altro discorso, invece, riguarda il
rapporto tra Mafia e liberazione americana. Senza il connubio tra Mafia
siciliana e Gangster americani, probabilmente molto più lenta sarebbe trascorsa
la guerra. Camilleri ci fa intravedere questo rapporto con poche ed efficaci
parole, e molti sottointesi. Qualcuno, da qualche parte, ne ha sicuramente
scritto meglio e più a fondo di me. Io volevo riprendere il tema e portarvelo
alla luce del sole. In fondo, son meno di 150 pagine, ed al solito, Camilleri
intreccia molte storie, ed ha molte frecce al proprio arco narrativo. Comunque
l’ho trovato, seppur in calando nella fase finale, uno scritto meglio dosato
dei precedenti, ed anche di alcuni successivi. Una stagione felice, questa del
2008. E lo sottolineo ancora ed ancora.
Andrea Camilleri “I sogni di Andrea Camilleri” Sellerio s.p. (prestito
di Mamma)
[A: 01/01/2016 – I: 22/11/2016 – T: 23/11/2016] - &&
e ¾
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 207;
anno 2015]
Un
piccolo divertimento ed un gradito omaggio che Sellerio ha fatto al suo più
prestigioso autore (che ovviamente, ad ogni uscita, rimpingua notevolmente le
casse dell’editore). Il 6 settembre 2015, infatti, Camilleri ha festeggiato i
suoi 90 anni. Sellerio in omaggio ha pubblicato questo cofanetto-strenna. Che
non ha molto senso, dal punto di vista del contenuto. Non è una nuova storia,
non ha alcunché di inedito. È una astuta “compilation”, se mi consentite il
paragone musicale, di tutti i momenti in cui, nei quasi 50 libri pubblicati dal
maestro agrigentino presso le edizioni palermitane, si parla di sogni. O si
sogna. Ma prima di parlare di sogni, parliamo della seconda parte del
cofanetto, che contiene una diversa e diversamente gradita strenna. Al momento
della pubblicazione del cofanetto, erano 49 i libri usciti da Sellerio: di
questi viene riportata, a forma di cartolina, l’effige di copertina. E sappiamo
bene che le copertine di Sellerio sono sempre delle piccole opere d’arte.
Possono piacere o meno, ma hanno un loro perché, essendo spesso particolari di
quadri, interpretazione grafiche, ed altre ben accette rappresentazioni.
Dispiace che nella loro riproposizione, l’editore non abbia voluto inserire
l’opera o l’autore da cui sono derivati. Tuttavia sono visivamente
interessanti, una piacevole disamina di belle figure. Ma torniamo invece ai
sogni. Non ad una loro disamina, che, nella loro essenzialità, vengono
riproposti scarnamente, ed ovviamente fuori dal contesto dei romanzi o dei
racconti che li contenevano. A loro uso, che, in Camilleri, si avvicina più ad
una interpretazione junghiana del sognare, piuttosto che ad una stretta
osservanza freudiana. Non hanno bisogno, come strettamente rilevava Freud, di
una decodifica, di una “interpretazione”. Sono, come ammonisce Jung,
totalizzanti. Rivelano cioè tutto del soggetto che li sogno e dell’oggetto del
sognare. In questo cofanetto poi rileviamo che in ben 28 dei 49 testi da
Sellerio, il nostro fa sognare qualcuno. Mentre nelle storie vigatesi, il sogno
è sempre immediatamente funzionale alla storia, o a volte, come in “La mossa
del cavallo” serve per chiuderla e lasciarci andare via, verso i nostri sogni,
nei “Montalbano” hanno una funzione più complesso. Possono sì essere utili ad
un memento di verifica di quale sia lo stato di Salvo. Ma soprattutto, possono
permetterci una interpretazione del mondo di Montalbano, come lui stesso,
ragionando con sé stesso, è portato a fare. Anche se potrebbe andare più a
fondo. In “Il campo del vasaio” appunto, rivisitando il sogno in cui si
spaventa della presa del potere statale da parte della Mafia (ed è un palese
invito a non abbassare le armi verso i Grilli e i Salvini ed i loro epigoni
vari), ricerca nel sogno i ruoli del suo mondo reale. Non ci stupiamo quindi che
il buon Catarella possa assurgere al ruolo di “angelo custode” delle sbandate
montalbaniane. E se ne avesse il coraggio, Salvo potrebbe anche scoprire che
Fazio ed Augello non sono altro che due suoi alter ego, che fanno cose che lui
vorrebbe fare, ma che… Certo non sarà mai preciso come Fazio, ma quando deve
ricostruire storie ed episodi, anche senza i famosi “pizzini” del suo aiutante,
si rivela di una precisione incontestabile. Certo vorrebbe essere uno
sciupafemmine come Augello, ma pur rimanendo sempre fedele alla sua Livia, ha
qualche onesta scivolata nella sana sessualità. Insomma, si parte dal sogno e
si arriva all’anima dei personaggi. Perché come diceva Shakespeare ne “La
Tempesta” (ed io lo avrei messo in ex ergo al volume) “Noi siamo fatti della
stessa sostanza dei sogni”. Chiudo qui questa non trama, questo piccolo volo
del vostro umile sognatore, riportando una frase che ben esprime questi modi di
essere. Aspettando poi di tornare a più corpose letture. Dimenticavo, la quasi
sufficienza deriva proprio da queste piccole mancanze che ho rilevato, sulle
cartoline, e su un discorso leggermente più approfondito sul senso più che sul
significato di questi sogni.
“Ma com’è che a cinquantasetti anni [ma
anche a 60 e più, nota mia] faciva sogni da vintino? Forsi che la vicchiaglia
non era accussì vicina come pariva che era?” (152) [estratto da “La caccia al
tesoro”]
Andrea Camilleri “Le vichinghe volanti e altre storie d’amore di
Vigata” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 11,90 euro)
[A: 19/10/2015 – I: 20/03/2017 – T: 23/03/2017] - &&
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[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 308;
anno 2015]
Un
altro lungo capitolo delle storie di Vigata, dove il nostro “vecchio” della
scrittura siciliana, orfani qui delle più complesse storie di Montalbano, ci
offre una serie (otto per l’esattezza) di racconti. Che accettiamo per il
piglio spavaldo con cui porta avanti il vigatese (tanto ormai sappiamo che
bisogna leggerlo anche senza capire tutte le frasi, che il senso arriva), anche
se, in quanto racconti, raramente hanno il respiro calmo e piano che questo
genere di scrittura meriterebbe. Certo, c’è quel sottotitolo che lega le storie
all’amore. Ma sono tutti momenti poco incisivi, tutte storie che sottendono
frasi fatte, o momenti diversi. Soprattutto, mi sono sembrate troppo spesso
piene di stereotipi, maschili e femminili, per cui non mi sono neanche tanto
divertito. Prendiamo intanto il terremoto del ’38, uno scritto che in una
quarantina di pagine cerca soltanto di ribadire il concetto “tutto è bene quel
che finisce bene”. Dove è divertente l’intreccio di storie e storielle
terremotate che gravitano nei quattro piani del palazzo Fulconis, ma dove non
si capisce il senso di parlare del bombardamento del ’42. Nulla aggiunge al
terremoto di 4 anni prima, se non con il pallino (più da Vitali che da
Camilleri) di mettere giustamente in berlina il comportamento poco consono dei
locali gerarchi fascisti. Dove invece il terremoto serve a far celebrare 4
matrimoni ed a sanare i debiti di due persone. Qualche sorriso e poco più.
Anche il secondo testo si basa sulla spiegazione di un proverbio: “chi la fa
l’aspetti”. Ma è molto in tono minore. Uno sciupafemmine deve mettere la testa
a partito per ricevere l’eredità paterna (sposarsi e mettere al mondo un
figlio). Schermaglie d’amore, abbandoni e vicinanze, ma Arturo Brucato (e che
la moglie si chiamerà Matilde Mistretta?), avrà qualche sorpresa al momento
della nascita. E che dire del terzo, dove il super antipatico zio Gennaro vuole
mettere all’asta sua nipote Caterina? Bella ed un poco stonata, essendo l’unica
rimasta viva di una piccola tragedia familiare. Ma per nascondere Caterina agli
occhi del mondo la fa rinchiudere in campagna, dove c’è un nipote scemo e
“abbisognevole d’aiuto”. Ovvio che noi si fa il tifo per Caterina, e con
ragione. Assolutamente moscio il quarto, che poi dà il titolo alla raccolta.
Queste quattro vichinghe, che vengono con il circo a fare evoluzioni sulle
moto, e che il dottore di Vigata, scapolo e buontempone, vuole (e riesce) ad
abbordare. Ma essendo quattro ha bisogno di tre compari. Che sfortunatamente
sono sposati, così che la festa si trasformerà in qualcos’altro, e sarà
interessante sapere per colpa di chi. Purtroppo, una volta saputolo, restiamo
un po’ dispiaciuti che la trovata sia proprio, come ho detto prima, moscia. I
due seguenti, pur con tracce diverse, ripercorrono il tema della ricerca di
accoppiamento con conseguenze tentativo, a volte riuscito a volte meno, di
liberarsi di qualcuno. Nel quinto c’è una specie di spirale, che Vincenzo per
liberare ‘Ngilina, pur essendo sposato, uccide sbadatamente il marito di lei.
Peccato che venga a sua volta ucciso dall’amante della moglie. I fantasmi,
invece, com’è ovvio, non sono che dei travestimenti dell’amante di una vigatese
che cerca di fare il proprio piacere in tempi di Carnevale. Lascio per ultimo
il settimo, e passo un velo pietoso di silenzio all’ultimo, dove le pie e
vogliose donne vigatesi si prendono di passione per il corpo, giovane e di
certo ben fatto, del giovane Luicino. Ma non riusciranno fino in fondo nei loro
intenti. Dicevo del settimo, quello che fa salire a due i libricini, che
altrimenti erano proprio pochini. Non è una storia facile, quella della bella
Matilde, che non va a scuola, che è bella e che vuole diventare santa. Motivo
per cui sta più in chiesa che in casa. Riuscendo così a diventare diavolo
tentatore per il parroco don Lucio. Cederà il parroco alla tentazione? Si
salverà Matilde? Il laico Camilleri imbastisce l’unica storia con un po’ di
sostanza, e con un finale misantropico ma realista. L’unico altro elemento di
interesse è la collocazione temporale delle storie, tutte ambientate in una
Vigata d’epoca, tra il 1910 ed il 1950. Questo potrebbe dare agio all’autore di
deliziarci anche con pennellate storico-culturali. Ma a parte alcuni accenni ai
gerarchi fascisti nel primo ed alle elezioni del ’48 nel sesto, non c’è molto
altro. Come se fosse tutto sospeso in una nuvola atemporale, in attesa che si
scatenino le passioni, che si soddisfino le voglie. Insomma, ben poca cosa, e
senza grande coinvolgimento. Speriamo sempre che Salvo ci salvi…
Ho
lasciato il commento finale al primo libro tramato, che così era al momento
della scrittura. Purtroppo Carlo non ha fatto in tempo.
Io
continuo a studiare viaggi sia a breve che a lungo termine, sperando che sia
possibile renderli concreti. Vero amici?
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