domenica 26 marzo 2017

Camilleri's - 26 marzo 2017

Eccoci allora ad una bella quaterna dedicata al decano degli scrittori italiani. Con quattro libri diversi e di resa quasi tutta bassa. Non mi ha convinto uno degli ultimi “Montalbano”, non mi convince, al solito, una ennesima raccolta di racconti ambientati a Vigata, rimane lieve la raccolta-omaggio dedicata ai sogni. L’unico che si alza dalla media, è un romanzo di una decina di anni fa, ben articolato nelle varie componenti di personaggi ed azioni.
Andrea Camilleri “La giostra degli scambi” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 11,90 euro)
[A: 07/05/2015 – I: 25/08/2016 – T: 27/08/2016] - && e ½
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 255; anno 2015]
Come confessa in finale l’autore, e come noi sappiamo dalla lettura di una sua cinquantina di libri, il più delle volte Camilleri prende una vicenda, un fatto, uno spunto “reale” e lo trasforma e lo interpreta nel suo mondo “letterario”. Il più delle volte significa che talvolta l’idea viene da altrove, o, come in questo caso, l’idea è correlata ad una parola che ronza intesta allo scrittore. E su questa, intorno a questa parola costruisce il suo romanzo. Quindi nessun fatto di cronaca che viene ad inserirsi nella vita tranquilla del nostro commissario, ma la parola scambio, anzi, come direbbe Camilleri nel suo siculo, “scangio”. Come in una giostra alla Schnitzler, allora, abbiamo tutta una serie di scambi, veri o supposti, che fanno da trama a questa nuova avventura dei nostri eroi di Vigata. Ne leggiamo con gusto, anche se il risultato finale è un po’ sotto le attese. Poco mordente, pochi momenti ilari come solitamente accadeva, tutto, forse, pervaso da quell’invecchiamento che non solo circonfonde il nostro più che novantenne scrittore, ma che adombra di scarse luci il poco più che cinquantenne commissario. L’idea dello scambio è già lì, nelle prime pagine, dove Salvo è tormentato da una mosca, che, anche se con difficoltà, uccide, per poi averne una nuova che ronza per casa. e si domanda: avrò ucciso quella che mi dava fastidio, o la mosca morta era innocente? Da qui si dipana la storia. Montalbano viene coinvolto in una rissa, e scambiato per l’aggressore invece che per il paciere che voleva essere. Il signor Virduzzo viene scambiato da Angelina per un ladro, e colpito duramente con una padella, mentre era venuto per denunciare al commissario una scomparsa. Due donne vengono rapite per poche ore, cloroformizzate e poi rilasciate, con l’unico punto in comune di essere giovani e di lavorare in banca. Anche loro scambiate per qualche altra donna? Finché noi ci imbattiamo nel mistero che dovrebbe essere il centro della vicenda. La scomparsa del proprietario di un negozio di elettrodomestici in seguito a un incendio doloso e, in una successione senza pause, un terzo sequestro, sempre di una ragazza che lavora in banca. Questa, Silvana, è la donna la cui scomparsa veniva a denunciare Virduzzo. Per tutta la vicenda Virduzzo cerca di parlare con Salvo, che la scomparsa Silvana è una ragazza che lui adotta, per darle agio di accedere alle sue proprietà (vista la non poca differenza di età tra i due). Anche se Virduzzo non sembra proprio limpido in questo atteggiamento. Che cerca di coinvolgere, o di incolpare, tal Bonfiglio, ben noto “puttaniere” (almeno secondo Mimì), coetaneo o poco meno di Virduzzo, ed amico, più o meno sincero, del Di Carlo. Bonfiglio che aveva avuto una storiella con Silvana, presto troncata dalla stessa, anche se foriera di forte gelosia in Virduzzo. Per riprendersi dalla storia Silvana va in vacanza a Lanzarote, dove incontra, qui certo casualmente, Di Carlo. Nasce lì nelle Canarie una storia d’amore, che i due “piccioncini” sembra vogliano tenere segreta. Sembra, ma è anche vero che, svolgendo indagini, Slavo ed i suoi scoprono che sia Bonfiglio che Virduzzo ne sanno. E sembra che entrambi ne patiscano una forte gelosia. Tutto precipiterà con il ritrovamento del corpo di Silvana, ovviamente uccisa. Noi seguiamo le indagini, e fino alla fine siamo presi dallo scambio anche fra i due possibili colpevoli: Virduzzo o Bonfiglio? Bonfiglio o Virduzzo? Chi ne leggerà saprà. Noi sappiamo solo qualcosa dei contorni. Ma non di quelli succulenti che prepara la brava Angiolina, né quelli, suntuosi, che imbandisce il ristoratore Enzo al suo commensale preferito. Sono i contorni degli eroi del commissario di Scicli, pardon di Vigata (non è un lapsus, è un omaggio), Fazio il preciso, che, in quanto preciso fa e farà sempre innervosire Salvo, Augello il latin lover (ma ad un certo punto mi sono perso la moglie Beba), e la “macchietta” Catarella, che con la sua presenza da commedia dell’arte serve ad alleggerire la vicenda nei momenti opportuni. Sono i contorni di Salvo Montalbano che, come tutti noi mortali, invecchia. Fortunatamente qui si interroga poco sul procedere della sua età. A me rimane solo quel bellissimo accenno a pagina 170 ad una mirabile poesia, che io invece riporto per intero: “Come pesa la neve su questi rami / come pesano gli anni sulle spalle che ami. / L'inverno è la stagione più cara, / nelle sue luci mi sei venuta incontro / da un sonno pomeridiano, un'amara / ciocca di capelli sugli occhi. / Gli anni della giovinezza sono anni lontani.” Non solo riporto, ma ne cito l’autore, che Camilleri non cita. Si tratta di Attilio Bertolucci, poeta e padre del regista Bernardo. Ritengo anche io, come molte trame nella rete indicano, che questo non sia né il migliore Camilleri, né tanto meno il migliore Montalbano. È però sicuramente un prodotto onesto, leggibile con facilità, di modo da aiutare i nostri aggrovigliati sensi a rilassarsi, nei moneti bui. Non mi sembra certo poco. Un piccolo pensiero finale, suscitato da questa lettura: spero che il mio amico Carlo trovi agio nella sua Marinella.
Andrea Camilleri “Il casellante” Sellerio euro 11 (in realtà, scontato a 8,80 euro)
[A: 21/03/2016 – I: 21/11/2016 – T: 22/11/2016] - &&& e ½ 
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 140; anno 2008]
Alla fine del primo decennio di questo millennio c’è un’impennata nella produzione sempre rigogliosa del maestro siciliano. Tra nuovi libri, raccolte e racconti, nel 2007 sono pubblicati 8 testi, 9 nel 2008 e 10 nel 2009. Il 2008 tra l’altro vede due nuove storie inedite di Montalbano. Questo, invece, si colloca nel versante vigatese di recupero delle memorie e degli innesti di leggende di origine greca nella storia siciliana. Aveva terminato l’anno prima quella “Maruzza Musumeci” che si rifaceva al mito della sirena. Qui, tra diversi altri punti, la storia converge invece sul mito della donna-albero. Il mito di Smyrna (o Mirra) che tramutata in albero dopo nove mesi dà alla luce Adone, uno degli uomini più belli mai comparsi sulla terra, tanto da far innamorare Venere, e da ingelosirne Marte, che, tramutatosi in cinghiale lo uccide. Il sangue di Adone bagna la terra, dando luogo ad una vegetazione fiorente, per cui diventa simbolo della rinascita e della primavera. Ma qui non stiamo a parlare dei miti greci, che altro spazio e luogo meriterebbero, stiamo parlando del grande maestro e delle sue opere non montalbaniane. In questo breve libretto, inoltre, trattate di passaggio, ma ben presenti, sono diverse fila della costruzione del mondo di Camilleri. La storia di Nino e Minica si intreccia con le ferrovie siciliane, con il fascismo, con la guerra, con i legami tra mafia e sbarco americano in Sicilia, con la mafia stessa e l’impotenza dello Stato. La storia principale in realtà è abbastanza semplice. C’è Nino che si trova a fare il casellante di una ferrovia siciliana, sposa Minica, vogliono un figlio, lei rimane in cinta. Mentre nino è coinvolto in altre storie, di cui parlerò poi, Minica rimane sola, viene assalita, stuprata, quasi uccisa. Perde il figlio, perde la possibilità di averne altri e si avvia verso una china di follia. Tanto che decide di trasformarsi in donna-albero per generare la prole. Ma, al contrario del mito greco, Camilleri non crede (troppo) alle favole. Solo l’amore di Nino ed un inaspettato regalo di guerra porteranno ad una conclusione meno drammatica del previsto. Anche se quest’ultima parte, troppo onirica forse, va avanti in tono minore. Ma in cosa era coinvolto Nino per lasciare sola ed indifesa Minica? Per guadagnare qualcosa suona nella “barberia” del paese ed ogni tanto fa qualche favore al potente (mafioso?) locale, don Simone. Nelle scorribande musicali, per l’esuberanza popolare, si trova a stravolgere in mazurka un inno fascista. Scatenando (questa parte gustosa e drammatica) le ire del segretario del fascio. Durante il breve carcere avvengono i fatti di cui sopra. Sarà don Simone a tirarlo fuori, ad indicargli il colpevole, ad aiutare Nino nell’atroce vendetta. Chiedendo in cambio un aiuto per far sbarcare, nascondere e fuggire un americano (o meglio un siculo-americano) testa di ponte di quella che di lì a poco sarà lo sbarco in Sicilia. Questi i due lati della medaglia. E se da un lato ci si appassiona al dramma di Minica ed ai tentativi di Nino di assecondarla e di non farla cadere nella follia, l’altra faccia ha risvolti di controversa natura. Certo, sempre scritti con gusto, e con la capacità di Camilleri di farti entrare nel suo mondo di fantastica lingua, che si segue anche senza capirne parola per parola. Ci sono parti molto dense, e piacevoli. La storia, parziale e ristretta, delle linee ferroviarie siciliane. Che Camilleri ama, e che io ho provato in un fantastico viaggio da Palermo ad Agrigento, passando per quel di Racalmuto, e che ho trovato superlative nella loro semplicità. E nell’attraversa quei campi viola di erica. Siamo nel pieno della Guerra. Quindi ci sono i fascisti, da sempre e con feroce cattiveria, messe in berlina da Camilleri. Anche se si capisce la brutalità di alcune fasce provinciali (dove spesso la politica è presa a pretesto di vendette personali). Ci sono i soldati, che lasciati soli in luoghi sperduti, mostrano anche loro facce poco rassicuranti. C’è, potente, sommersa, presente e riconosciuta, la mafia siciliana. Che, nella persona di don Simone, una volta constatata l’impotenza della giustizia, a questa si sostituisce. Prima parentesi: è vero, è successo così, ma il tono di Camilleri è troppo accondiscendente, in questo caso. È vero, ripeto, lo Stato non avrebbe trovato il modo di punire il colpevole del massacro di Minica. Ma l’uso privato della giustizia che Camilleri avalla mi lascia qualche domanda in fondo alla testa. Non è che, di compromesso in compromesso, si scivola troppo lontano dall’etica che dovrebbe governare la nostra vita. Altro discorso, invece, riguarda il rapporto tra Mafia e liberazione americana. Senza il connubio tra Mafia siciliana e Gangster americani, probabilmente molto più lenta sarebbe trascorsa la guerra. Camilleri ci fa intravedere questo rapporto con poche ed efficaci parole, e molti sottointesi. Qualcuno, da qualche parte, ne ha sicuramente scritto meglio e più a fondo di me. Io volevo riprendere il tema e portarvelo alla luce del sole. In fondo, son meno di 150 pagine, ed al solito, Camilleri intreccia molte storie, ed ha molte frecce al proprio arco narrativo. Comunque l’ho trovato, seppur in calando nella fase finale, uno scritto meglio dosato dei precedenti, ed anche di alcuni successivi. Una stagione felice, questa del 2008. E lo sottolineo ancora ed ancora.
Andrea Camilleri “I sogni di Andrea Camilleri” Sellerio s.p. (prestito di Mamma)
[A: 01/01/2016 – I: 22/11/2016 – T: 23/11/2016] - && e ¾  
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 207; anno 2015]
Un piccolo divertimento ed un gradito omaggio che Sellerio ha fatto al suo più prestigioso autore (che ovviamente, ad ogni uscita, rimpingua notevolmente le casse dell’editore). Il 6 settembre 2015, infatti, Camilleri ha festeggiato i suoi 90 anni. Sellerio in omaggio ha pubblicato questo cofanetto-strenna. Che non ha molto senso, dal punto di vista del contenuto. Non è una nuova storia, non ha alcunché di inedito. È una astuta “compilation”, se mi consentite il paragone musicale, di tutti i momenti in cui, nei quasi 50 libri pubblicati dal maestro agrigentino presso le edizioni palermitane, si parla di sogni. O si sogna. Ma prima di parlare di sogni, parliamo della seconda parte del cofanetto, che contiene una diversa e diversamente gradita strenna. Al momento della pubblicazione del cofanetto, erano 49 i libri usciti da Sellerio: di questi viene riportata, a forma di cartolina, l’effige di copertina. E sappiamo bene che le copertine di Sellerio sono sempre delle piccole opere d’arte. Possono piacere o meno, ma hanno un loro perché, essendo spesso particolari di quadri, interpretazione grafiche, ed altre ben accette rappresentazioni. Dispiace che nella loro riproposizione, l’editore non abbia voluto inserire l’opera o l’autore da cui sono derivati. Tuttavia sono visivamente interessanti, una piacevole disamina di belle figure. Ma torniamo invece ai sogni. Non ad una loro disamina, che, nella loro essenzialità, vengono riproposti scarnamente, ed ovviamente fuori dal contesto dei romanzi o dei racconti che li contenevano. A loro uso, che, in Camilleri, si avvicina più ad una interpretazione junghiana del sognare, piuttosto che ad una stretta osservanza freudiana. Non hanno bisogno, come strettamente rilevava Freud, di una decodifica, di una “interpretazione”. Sono, come ammonisce Jung, totalizzanti. Rivelano cioè tutto del soggetto che li sogno e dell’oggetto del sognare. In questo cofanetto poi rileviamo che in ben 28 dei 49 testi da Sellerio, il nostro fa sognare qualcuno. Mentre nelle storie vigatesi, il sogno è sempre immediatamente funzionale alla storia, o a volte, come in “La mossa del cavallo” serve per chiuderla e lasciarci andare via, verso i nostri sogni, nei “Montalbano” hanno una funzione più complesso. Possono sì essere utili ad un memento di verifica di quale sia lo stato di Salvo. Ma soprattutto, possono permetterci una interpretazione del mondo di Montalbano, come lui stesso, ragionando con sé stesso, è portato a fare. Anche se potrebbe andare più a fondo. In “Il campo del vasaio” appunto, rivisitando il sogno in cui si spaventa della presa del potere statale da parte della Mafia (ed è un palese invito a non abbassare le armi verso i Grilli e i Salvini ed i loro epigoni vari), ricerca nel sogno i ruoli del suo mondo reale. Non ci stupiamo quindi che il buon Catarella possa assurgere al ruolo di “angelo custode” delle sbandate montalbaniane. E se ne avesse il coraggio, Salvo potrebbe anche scoprire che Fazio ed Augello non sono altro che due suoi alter ego, che fanno cose che lui vorrebbe fare, ma che… Certo non sarà mai preciso come Fazio, ma quando deve ricostruire storie ed episodi, anche senza i famosi “pizzini” del suo aiutante, si rivela di una precisione incontestabile. Certo vorrebbe essere uno sciupafemmine come Augello, ma pur rimanendo sempre fedele alla sua Livia, ha qualche onesta scivolata nella sana sessualità. Insomma, si parte dal sogno e si arriva all’anima dei personaggi. Perché come diceva Shakespeare ne “La Tempesta” (ed io lo avrei messo in ex ergo al volume) “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”. Chiudo qui questa non trama, questo piccolo volo del vostro umile sognatore, riportando una frase che ben esprime questi modi di essere. Aspettando poi di tornare a più corpose letture. Dimenticavo, la quasi sufficienza deriva proprio da queste piccole mancanze che ho rilevato, sulle cartoline, e su un discorso leggermente più approfondito sul senso più che sul significato di questi sogni.
“Ma com’è che a cinquantasetti anni [ma anche a 60 e più, nota mia] faciva sogni da vintino? Forsi che la vicchiaglia non era accussì vicina come pariva che era?” (152) [estratto da “La caccia al tesoro”]
Andrea Camilleri “Le vichinghe volanti e altre storie d’amore di Vigata” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 11,90 euro)
[A: 19/10/2015 – I: 20/03/2017 – T: 23/03/2017] - && ---
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 308; anno 2015]
Un altro lungo capitolo delle storie di Vigata, dove il nostro “vecchio” della scrittura siciliana, orfani qui delle più complesse storie di Montalbano, ci offre una serie (otto per l’esattezza) di racconti. Che accettiamo per il piglio spavaldo con cui porta avanti il vigatese (tanto ormai sappiamo che bisogna leggerlo anche senza capire tutte le frasi, che il senso arriva), anche se, in quanto racconti, raramente hanno il respiro calmo e piano che questo genere di scrittura meriterebbe. Certo, c’è quel sottotitolo che lega le storie all’amore. Ma sono tutti momenti poco incisivi, tutte storie che sottendono frasi fatte, o momenti diversi. Soprattutto, mi sono sembrate troppo spesso piene di stereotipi, maschili e femminili, per cui non mi sono neanche tanto divertito. Prendiamo intanto il terremoto del ’38, uno scritto che in una quarantina di pagine cerca soltanto di ribadire il concetto “tutto è bene quel che finisce bene”. Dove è divertente l’intreccio di storie e storielle terremotate che gravitano nei quattro piani del palazzo Fulconis, ma dove non si capisce il senso di parlare del bombardamento del ’42. Nulla aggiunge al terremoto di 4 anni prima, se non con il pallino (più da Vitali che da Camilleri) di mettere giustamente in berlina il comportamento poco consono dei locali gerarchi fascisti. Dove invece il terremoto serve a far celebrare 4 matrimoni ed a sanare i debiti di due persone. Qualche sorriso e poco più. Anche il secondo testo si basa sulla spiegazione di un proverbio: “chi la fa l’aspetti”. Ma è molto in tono minore. Uno sciupafemmine deve mettere la testa a partito per ricevere l’eredità paterna (sposarsi e mettere al mondo un figlio). Schermaglie d’amore, abbandoni e vicinanze, ma Arturo Brucato (e che la moglie si chiamerà Matilde Mistretta?), avrà qualche sorpresa al momento della nascita. E che dire del terzo, dove il super antipatico zio Gennaro vuole mettere all’asta sua nipote Caterina? Bella ed un poco stonata, essendo l’unica rimasta viva di una piccola tragedia familiare. Ma per nascondere Caterina agli occhi del mondo la fa rinchiudere in campagna, dove c’è un nipote scemo e “abbisognevole d’aiuto”. Ovvio che noi si fa il tifo per Caterina, e con ragione. Assolutamente moscio il quarto, che poi dà il titolo alla raccolta. Queste quattro vichinghe, che vengono con il circo a fare evoluzioni sulle moto, e che il dottore di Vigata, scapolo e buontempone, vuole (e riesce) ad abbordare. Ma essendo quattro ha bisogno di tre compari. Che sfortunatamente sono sposati, così che la festa si trasformerà in qualcos’altro, e sarà interessante sapere per colpa di chi. Purtroppo, una volta saputolo, restiamo un po’ dispiaciuti che la trovata sia proprio, come ho detto prima, moscia. I due seguenti, pur con tracce diverse, ripercorrono il tema della ricerca di accoppiamento con conseguenze tentativo, a volte riuscito a volte meno, di liberarsi di qualcuno. Nel quinto c’è una specie di spirale, che Vincenzo per liberare ‘Ngilina, pur essendo sposato, uccide sbadatamente il marito di lei. Peccato che venga a sua volta ucciso dall’amante della moglie. I fantasmi, invece, com’è ovvio, non sono che dei travestimenti dell’amante di una vigatese che cerca di fare il proprio piacere in tempi di Carnevale. Lascio per ultimo il settimo, e passo un velo pietoso di silenzio all’ultimo, dove le pie e vogliose donne vigatesi si prendono di passione per il corpo, giovane e di certo ben fatto, del giovane Luicino. Ma non riusciranno fino in fondo nei loro intenti. Dicevo del settimo, quello che fa salire a due i libricini, che altrimenti erano proprio pochini. Non è una storia facile, quella della bella Matilde, che non va a scuola, che è bella e che vuole diventare santa. Motivo per cui sta più in chiesa che in casa. Riuscendo così a diventare diavolo tentatore per il parroco don Lucio. Cederà il parroco alla tentazione? Si salverà Matilde? Il laico Camilleri imbastisce l’unica storia con un po’ di sostanza, e con un finale misantropico ma realista. L’unico altro elemento di interesse è la collocazione temporale delle storie, tutte ambientate in una Vigata d’epoca, tra il 1910 ed il 1950. Questo potrebbe dare agio all’autore di deliziarci anche con pennellate storico-culturali. Ma a parte alcuni accenni ai gerarchi fascisti nel primo ed alle elezioni del ’48 nel sesto, non c’è molto altro. Come se fosse tutto sospeso in una nuvola atemporale, in attesa che si scatenino le passioni, che si soddisfino le voglie. Insomma, ben poca cosa, e senza grande coinvolgimento. Speriamo sempre che Salvo ci salvi…
Ho lasciato il commento finale al primo libro tramato, che così era al momento della scrittura. Purtroppo Carlo non ha fatto in tempo.
Io continuo a studiare viaggi sia a breve che a lungo termine, sperando che sia possibile renderli concreti. Vero amici? 

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