domenica 5 marzo 2017

Tour in Noir - 05 marzo 2017

Dopo un febbraio dedicato ad un bel tour di viaggio, riprendiamo anche i tour giallo-neri di lettura, pur nella loro non esaltante riuscita. Partendo da una Spagna poco entusiasmante di una Alicia involuta, passando per una Algeria che ricordavamo più efficace. Voliamo oltre oceano, per ritrovare, dopo tanto tempo, le avventura alfabetiche di Sue Grafton, e terminando in crescendo con la Cina vista con gli occhi ormai americani di Qiu Xialong.
Alicia Giménez-Bartlett “Sei casi per Petra Delicado” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 8,40 euro)
[A: 01/10/2015– I: 06/10/2016 – T: 09/10/2016] - && e ½    
[tit. or.: vedi sotto; ling. or.: spagnolo; pagine: 298; anno 2011-15]
Torno dopo molto tempo all’ispettrice Petra Delicado, ed alla sua creatrice Alicia. L’occasione era stato il compleanno materno, e la voglia di darle un libro gradito ma non pesante (dal punto di vista fisico). Infatti gli ultimi Maigret, pur graditi, con le loro più di 600 pagine in formato Adelphi avevano stressato l’augusta genitrice. E qui troviamo un “leggero” (anche troppo, forse) volume Sellerio, con sei racconti di diversa fortuna legati dalla presenza della nostra ispettrice, e sempre anche del suo alter-ego, il viceispettore Firmin Garzon. Per sfortuna dei lettori italiani, l’operazione è particolarmente di basso profilo, che i racconti sono stati inseriti, negli anni, in raccolte “cattura-clienti”, del tipo “Natale in Giallo”, “Ferragosto in Giallo”, “Capodanno in Giallo”, e simili. Penso che manchi solo “Pasqua in Giallo”, ma non dispero. Fortunatamente, essendo molto allergico ai racconti i sé, li avevo lisciati quasi tutti, a parte il secondo (“Vero amore” [tit. or. “Verdadero amor”]), già recensito nell’agosto del 2014 (e su cui non ritorno). Negli altri oscilliamo tra una Petra d’antan con tutti i suoi pregi ed una attualizzata, ed a volte decisamente di basso livello. Penso al peggiore tra i racconti, “Una vacanza di Petra” [tit. or. “Parecido razonable”, e mi sembra poco ragionevole la traduzione], dove si narra di una vacanza con i tre figli (di due diverse madri) del suo terzo marito. E dove non c’è nulla di giallo, di poliziesco, di noir, ma solo un rapporto di forze tra la nostra ispettrice proto femminista, benché plurisposata, ed allergica ai figli, che però deve entrare in rapporto con quelli di Miguel. Ma è saltabile anche dal punto di vista pedagogico. “La Principessa Umberta” [tit. or. “Princesa Umberta”] vede una micro-inchiesta condotta da Petra con Firmin e tutta la banda “barcellonista”, sulle tracce della strana morte di una principessa italiana, da anni rifugiatasi in Spagna, dedita ad attività filantropiche, ma con molto (sembra) da nascondere. E con un piccolo micro-giallo legato ad uno smartphone regalato a Firmin per i suoi quarant’anni di servizio. Ma quando Petra ci spiega i perché ed i percome, non ci sentiamo molto convolti. Soprattutto che alcuni motivi sulle frequentazioni malavitose della principessa rimangono oscuri. Di impianto analogo, seppur diversi per sviluppo e conclusione, sono “Carnevale diabolico” [tit. or. “Carnaval diabólico”] e “Tempi difficili” [tit. or. “Tiempos difíciles”]. Incentrati su due morti ben differenti, ci si domanda perché il tizio accoltellato ad una Gay Parade di Barcellona sono almeno due anni che vive di rendita, dopo anni passati a fare allenatore di squadre giovanili nei licei della città. E perché la giovane Noemi sia stata colpita a morte in un impeto di rabbia, nella palestra della scuola, laddove avrebbe (ma non ha) avuto un incontro con il suo presunto e poco credibile ragazzo. Si adombra in entrambi il tema dell’amore ancillare se non pedofilo, ma solo uno andrà a fondo sul tema, e forse il più scontato ma anche inaspettato. L’unico che sale leggermente sopra la media è il primo, “Un Natale di Petra” [tit. or. “Petra en Nadividiad”] dove i nostri due “eroi” sono impegnati nella disamina di due testimoni di un omicidio avvenuto in un ospedale la vigilia di Natale. C’è il morto mafioso russo. C’è un tizio che doveva sollevare il morale dei bimbi malati di cancro vestito da Babbo Natale. C’è la sua ragazza che aveva organizzato la rappresentazione. C’è la parrocchia da loro frequentata e con loro da molti immigrati, dall’est dall’ovest e dal sud (dal nord no, che vedo difficile un giovane norvegese immigrare senza mezzi verso la Spagna). Con la sua solita abilità di porre domande giuste in modo che l’interrogato sia, prima o poi, stretto all’angolo, Petra risolve anche questo caso. Lasciando molto amaro in bocca, che nessuno è quello che sembra (a parte il morto, ovvio). Purtroppo, quello che risalta dai sei racconti è poco l’aspetto noir che aveva colorato, pur con le sue sfumature femminili e femministe, le prime avventure. Risalta soltanto un certo aspetto umano. I rapporti tra Petra e Firmin, sempre amici e collaborativi, soprattutto davanti ad una pinta di birra. L’aspetto casalingo di Petra, verso il terzo marito, ed i suoi tre figli (soprattutto verso la più grande, Marina, anche in quanto femmina). In parte i rapporti di lavoro, con il sempre teso modo di rapportarsi con il suo capo, il commissario Coronas. Ma non c’è respiro. Appena si prende un po’ di spazio, il racconto si tronca e finisce. E non è solo per la dimensione “racconto”, anche se non le voglio certo bene. Ricordo a tutti che Alice Munro mi ha sempre deliziato (e non a caso ha vinto anche un Nobel).
“Bisogna approfittare del momento presente senza pensare al domani!” (176)
Yasmina Khadra “Cosa aspettano le scimmie a diventare uomini” Sellerio s.p. (prestito di Fako)
[A: 12/06/2015 – I: 10/10/2016 – T: 13/10/2016] - && e ¾
[tit. or.: Qu’attendent les singes; ling. or.: francese; pagine: 306; anno 2014]
Grazie alla benevolenza del mio amico Fako, torno dopo ben quattro anni a leggere di questo interessante, nonostante tutto, scrittore algerino. Ed è anche il primo che ne leggo tradotto. Tanto per non mancare di polemica, già dalle sopracitate righe vedo un bel doppio dubbio traduttore: perché nel titolo italiano si aggiunge la seconda parte della frase citata a pag. 172? E perché, visto che ci siamo, ne viene tolto il punto interrogativo? Si poteva ipotizzare, leggendo il titolo originale, un atteggiamento descrittivo, una spiegazione, dolorosa quanto si vuole, ma compiuta delle motivazioni che ci aspettiamo colgano i barbari a maturare. La doppia incoerenza italiana mi lascia perplesso e un poco disturbato. Intanto facciamo un paso indietro, per dire, a chi non lo conosce, che “Yasmina Khadra” è uno pseudonimo adottato anni ed anni fa da Mohamed Moulesshoul, allora ancora commissario nella polizia algerina. Tutti i suoi primi romanzi, sono interni al mondo algerino, denunciandone vizi e corruzioni, seguite con l’occhio esperto del commissario Llob. Ora, dopo altri libri, dopo aver lasciato la polizia, dopa aver lasciato (per poi tornarci) anche il paese natio, qui ritorna sui suoi temi. Ma non c’è più Brahim Llob, e la denuncia che il nostro scrittore fa, pur condivisibile, pur senza speranza, è da un lato troppo scontata e prevedibile. Dall’altro, si avvia ben presto verso un finale, che, seppur riserva qualche colpo di scena, è in linea con un certo grado di arretramento delle posizioni socio-politiche di Khadra. Scritto dieci anni prima, e magari senza che i paesi arabi fossero toccati dal soffio di qualche primavera, sarebbe stato più crudo e crudele. Qui, come spesso in Khadra, ci viene presentato uno spaccato realistico e senza speranza del mondo algerino attuale. Laddove ci sono i potenti ed intoccabili, che magari fecero le lotte nei primi anni sessanta contro l’oppressore francese, ma che ora, quaranta o cinquanta anni dopo, hanno solo gli occhi (andreottianamente parlando) per il potere. E quello esercitano, con il cinismo arabo e con la strafottenza che potremmo equiparare ad un Berlusconi prima maniera (o un Tramp dell’ultima ora). Certamente, con più libertà di manovra. Vediamo quindi intrecciarsi le vicende di vari protagonisti, eponimi del mondo algerino. Il magnate Hamerlaine, ricco e potente, intoccabile, che fa il bello ed il cattivo tempo in tutto il paese. Il giornalista Dayem, al suo servizio da anni, che comincia ad essere stritolato dalle continue richieste del magnate, e ad aver paura di non riuscire più a controllarsi. Il sotto commissario Guerd, al soldo di Dayem a cui passa notizie di prima mano, in modo che la cricca di Hamerlaine sia sempre qualche passo avanti la giustizia. Il commissario Nora Bilal, per sua sfortuna lesbica in un mondo maschilista, che tenta in ogni caso di arrivare alla giustizia, alla soluzione dei suoi casi, capendo le modalità infide di Guerd, bordeggiando attorno ai suoi superiori, troppo proni verso il magnate, ma cedendo alle beltà della ex-prostituta (ma tuttora tossicomane) Silvia. L’ispettore Zine, diventato impotente dopo aver rischiato la morte in un massacro dei Gruppi estremisti islamici, disincantato, ma forse l’unico che, proprio per le sue mancanze, ha poco da perdere. E poi tutta una selva di “nani e ballerine” come direbbe il Craxi di un tempo, che abbelliscono il mondo del magnate, e che lui comanda a bacchetta, facendoli salire e scendere sulla ruota della fortuna. Il sassolino che mette in crisi tutto l’ingranaggio è la morte di una giovane ragazza. Che viene trovata nuda, straziata ed avvolta in un lenzuolo che Nora troverà in una delle case di Hamerlaine. Noi subito sospettiamo dei sordidi gorilla che circondano il potente, anche perché, nel corso delle indagini, Nora scopre che la giovane è malauguratamente anche una nipote del suddetto. Tentativi di incastrarlo? Lotte di potere? Sesso sbagliato? Tante le ipotesi che durante le pagine si affacciano alla nostra mente. E tutti, uno dopo l’altro, le scimmie, i nani e le ballerine, periscono in un doloroso quanto prevedibile gioco al massacro. Si salverà solo, ma non vi dico come né perché né con quali conseguenze, l’unico che poteva perdere tutto. Ecco l’ottimismo finale è un po’ forzato, e non dico lieto fine, che non lo è. Ma Khadra spera ancora, e noi con lui, che la solidarietà dei piccoli possa far fronte, prima o poi, all’insolenza dei grandi. Allora, certo, un libro di denuncia della cancrena del mondo algerino (ed arabo), dove non solo i “decisori nell’ombra” si permettono di tutto, ma le scimmie si fanno comprare, accettando corruzione e terrore, per essere protetti come dei bambini orfani del futuro. Mi aspettavo dalla penna del nostro scrittore, e da come lo ricordavo, qualcosa di più crudo e di meno granguignolesco. Tuttavia credo che, per chi conosce solo marginalmente questo mondo, possa essere una utile, anche se non facile, lettura.
“Geneticamente nefasti i … hanno una loro trinità personale: mentono per natura, truffano per principio, nuocciono per vocazione.” (11) [potete sostituite i puntini con nomi a vostra scelta]
Sue Grafton “S is for Silence” Putnam euro 10
[A: 20/07/2016– I: 10/11/2016 – T: 18/11/2016] - && e ¾    
[tit. or.: originale; ling. or.: inglese; pagine: 428; anno 2005]
Riprendo dopo molto tempo, e solo grazie al luglio nel Far west, le letture dell’alfabeto del giallo di Sue Grafton e della sua alter-ego investigatrice Kinsey Millhone. Questa è il 19° libro della mia biblioteca dedicato dalla scrittrice americana al suo storico personaggio. Serie cominciata negli anni ’80 con “A is for Alibi”, e proseguito con regolare cadenza, lettera dopo lettera, fino (almeno in America) alla “W is for Wasted”. In Italia (ed è anche questo il motivo che mi ha bloccato) invece è uscito fino alla R (“R come Rancore”) per poi arenarsi. Approfittando del fatto di stare in California, dato che la serie è ambientata a Santa Teresa (fittizio clone di Santa Barbara) e questo episodio si svolge a Santa Maria, a metà strada tra la città di cui sopra e San Luis Obispo, ho acquistato il volume americano. Anche perché abbiamo dormito lì, e girato per il centro, e mangiato in un grill. Comunque, come per tutti i libri derivati da viaggi, ne ho iniziato la lettura abbastanza in fretta, ancora a ridosso delle sensazioni americane. Anche se ho dovuto fare un bel salto nella memoria, che l’ultimo libro della Grafton letto è stato uno dei primi regali di Ale. Ovviamente, data l’età, la memoria è stata aiutata da ricerche varie e piccole riletture. Che hanno sciolto quanto meno un mistero. Il fatto è che tutta la serie alfabetica rimane legata agli anni ’80, come in questa che si svolge nel 1987. Il fatto è che la Grafton ha deciso che l’ultimo volume della serie (che sappiamo già si intitolerà “Z is for Zero”) si compirà al quarantesimo compleanno della nostra eroina Kinsey Millhone. Che essendo nata nel 1950 farà questo rotondo compleanno appunto nel 1990. Risolto questo dubbio, pur nella poca presa che ha fatto su di me il romanzo, noto anche che per la prima volta la Grafton utilizza un “up and down” temporale, per narrare in diretta gli avvenimenti di contorno alla scomparsa di Violet Sullivan, avvenuta il 4 luglio 1953. Da una parte l’idea è ingegnosa (anche se varie volte sfruttata): una donna, Violet, giovane, esuberante, pronta ad incontri extraconiugali, scompare improvvisamente, senza lasciare tracce, insieme al suo giovane volpino di Pomerania ed alla macchina nuova di zecca appena comperata. Lascia un marito che la picchiava quando era ubriaco, avendo con lei uno strano rapporto di amore-odio (ma qui si entra nel territorio minato del femminicidio, ed io mi fermo). Ed una figlia sconsolata, che ora, dopo 34 anni, avendo l’opportunità di incrociare la nostra Kinsey le chiede lumi. Millhone parte lancia in resta, comincia ad interrogare a destra e sinistra, ricostruendo, per lei, per noi, per la figlia, sia la figura di Violet sia quella dei comprimari, presenti negli anni ’50 ed ancora in giro. Jake, il padre di Tannie l’amica di Kinsey, che misteriosamente in quegli anni investe i soldi nell’acquisto dell’unico locale della città, il Blue Moon, per mesi amante di Violet. Chet il venditore di automobili cui Violet concede due giorni d’amore per ottenere la bella spider. Tom, ossessionato da una moglie ricca che non gli dà un centesimo, che folleggia spesso con Violet, e che poco dopo la scomparsa anche lui ha una botta di fortuna e comincia a prosperare nel ramo “camion pesanti e costruzioni”. Winston, raggirato da Violet, licenziato da Chet, poi stranamente ripreso (un ricatto?) ed ora sposo infelice di Kathy, la figlia di Chet. Kathy stessa all’epoca dei fatti dispettosa ragazzina che inguaia l’onore dell’ex-amica Liza per un rigido codice morale, ma che ora si prende grosse libertà extra-coniugali. Liza, al tempo baby-sitter della figlia di Violet, e con una storia con il tenebroso Ty che, lei quattordicenne, la mette in cinta. Liza che viene messa “quasi” al bando dalla maldicenza di Kathy, e che solo dopo più di trenta anni troverà il modo di vendicarsi. Daisy, la figlia di Violet, traumatizzata dalla scomparsa dell’amata madre e che è rosa da un sentimento di odio-amore verso la desaparecida. Tutto questo contorno è decente ed attira. Quello che convince di meno è il metodo risolutivo di Kinsey che, unica in quasi quarant’anni, nota uno strano avvallamento nel terreno. Da quello partirà la parte finale delle indagini che porterà al thriller, al finale convulso (forse anch’esso poco convincente), alla scoperta dei come e dei perché. Insomma allo scioglimento di tutto ed anche ad una soluzione non esattamente uguale a quella cui stavo pensando. Tuttavia, a parte i flash back, il resto della storia è traballante. Sarà anche l’avanzare dell’età (in fondo la nostra Sue si avvia verso gli ottanta, e deve ancora scrivere un paio di romanzi), ma la serie è sempre più in tono minore. Vedremo. Soprattutto se TEA continuerà a non pubblicare i libri in italiano.
Qiu Xialong “Le lacrime del lago Tai” Marsilio euro 12 (in realtà, scontato a 9 euro)
[A: 10/11/2014– I: 22/11/2016 – T: 24/11/2016] - &&& e ½   
[tit. or.: Don’t cry, Tai Lake; ling. or.: inglese; pagine: 330; anno 2012]
Continuo ad avere un rapporto ambiguo verso Qiu e verso il suo ispettore Chen Cao. Che continuo a leggere (e questo è il settimo episodio), continuando ad ondivagare tra momenti di interesse e momenti di pura insofferenza. Sappiamo ormai bene che l’autore è un docente di poesia cinese da anni rifugiatosi in America, dove insegna a Saint Louis. E le poesie continuano ad essere un elemento importante nel dorsale delle storie. Peccato che, nel puro stile cinese, non se ne capisca il senso, il capo o la coda. Solo gli ultimi versi dell’ultima poesia, che riporto in finale, si riescono a decrittare, anche perché sarà difficile scordarsi la luce. Tra l’altro, proprio intorno ad una poesia legata al Lago Tai si costruisce la storia, che da poesia diventa racconto che contiene la poesia. Per fortuna, almeno per me, le poesie, che potrebbero dare sensi e modi alla trama, possono essere accantonate, restando la descrizione di una settimana di vita cinese nella nuova era capitalistica. Questa è forse la forza maggiore degli scritti di Qiu, che ci descrivono l’evolversi della società cinese, l’allargamento di alcuni concetti democratici, ma anche le storture che il nuovo corso incominciato a suo tempo da Deng Xiaoping sta portando al tessuto cinese. Che percorre a velocità stratosferica i grandi passi del capitalismo avanzato, avanzando di corsa verso mafia, corruzione ed altre degenerazioni a noi ben note. Se il profitto diventa la bandiera che guida, per accumulare tutto è lecito anche inquinare un lago le cui acque erano talmente pure un dì che la gente andava in gita per prendere il tè fatto con l’acqua di lago. Per questo, c’è una grande scuola di partito sulle rive dello stesso. Per caso, Chen vi viene inviato dal suo mentore, il dirigente Zhao. Per combinazione, ma spesso il caso diventa necessità, Chen si imbatte in un omicidio. Ma lui starebbe lì in vacanza, non si vuole immischiare. Tuttavia si imbatte nella bella Shanshan, abbastanza più giovane del tuttora giovane Chen (ah ah), e da cui Chen è subito attratto. Shanshan, attivista ambientalista, lavora nella fabbrica dove viene ucciso il direttore poco prima che la fabbrica stessa si privatizzi. Operazione che avrebbe reso Liu, il morto, un Riccone (ricordo che con questo termine per noi goliardico si indicano i capitalisti cinesi che fanno fortuna in poco tempo). Shanshan è sospettata per prima dell’omicidio, e Chen la fa scagionare subito agendo nell’ombra. Poi è indicato Jing, un altro ambientalista di lunga data, che, probabilmente, è anche in stretti rapporti con Shanshan. La quale, tuttavia, è anche attratta da Chen (ah ah), che sa parlare, che sa di letteratura, che ascolta i tormenti ambientalisti, che è potente (a suo modo, e soprattutto per i successi delle indagini). Noi vediamo anche un intorno di altri possibili colpevoli. La moglie di Liu, spesso e volentieri assente, che frequenta una chiesa protestante a Shangai, e che sarebbe colpita economicamente da un possibile futuro divorzio. La segretaria Mi, sempre a stretto contatto con Liu, anche non solo di lavoro, che vorrebbe scalzare la signora Liu, ma capisce che non ci riuscirà mai, e potrebbe aver cercato di ottenere qualcosa scalzando direttamente Liu. Il nuovo dirigente emergente Fu che non ha grandi appoggi, che potrebbe essere estromesso dalla riorganizzazione di Liu, imminente in vista dell’OPA, e che potrebbe aver deciso di far comunella (con Mi? Con la signora Liu? Con altri?) per ottenere i suoi scopi. Il lavoro combinato degli interrogatori di Chen (che sembra ripercorrere alla cinese le strade del nostro simpatico Maigret) e del lavoro sul campo a Shangai del suo aiutante Yu, consento di trovare la giusta soluzione al non tanto intrigato mistero. Ci rimane il sospeso (che Qiu scioglie, ma che non vi dico io) sul rapporto tra Shanshan e Chen. Shanshan sa che il suo impegno non potrà mai venire meno, e sa anche che potrebbe nuocere alla carriera di Chen. Chen stesso sa che, mettersi con Shanshan implicherebbe buttare via una parte della sua vita, per costruirne una nuova, su basi incerte, ma, probabilmente, con nuovamente un sorriso sul viso (e non più una lacrima alla Bobby Solo, ah ah). Quale sarà la soluzione scelta da Qiu? E quale quella che sceglieremo noi? Se lo sapessimo lo avremmo già indicato. Rimaniamo allora con in mente i problemi ambientali cinesi, che sono enormi, e che, incidendo su larga scala, hanno ovviamente un peso nella gestione ambientale di tutto il pianeta di certo non irrilevante. Speriamo che dopo il Lago Tai, anche noi non si debba piangere troppo.
“Confucio: certe persone possono anche non conoscersi veramente, pur essendo state insieme fino a che i capelli si sono imbiancati, ma certe altre possono essere veri amici dal momento in cui si incontrano.” (47)
“A volte passeggiare lo aiutava a pensare, specialmente se lo faceva in una stradina tranquilla.” (130)
“Gli uomini sono tutti uguali! Una volta raggiunto il successo si cercano ragazze che potrebbero avere l’età delle loro figlie.” (255)
“Il mondo ha un significato soltanto in ciò che ha un significato per te.” (268)
“Ci incontriamo sul mare coperto dalla notte; / Tu hai la tua meta, e io la mia. / Se tu ricorderai, bene, / ma faresti meglio a dimenticare / la luce scaturita dal nostro incontro.” (324)
Prima trama di un nuovo mese, quindi dedichiamo il piccolo spazio alle letture del mese di dicembre. In media con le letture dell’anno, ed anche in media con il gradimento che ne ho ottenuto. Si innalzano solo i due ponderosi Maigret (ma è “vincere facile”), mentre sempre più in basso precipita la collana dedicata alle “Storie di cucina”, che aveva suscitato interesse ma che continua a perdere colpi.

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Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Fred Vargas
Temps glaciaires
J’ai lu
9,10
2
2
Marco Malvaldi
Buchi nella sabbia
Sellerio
14
3
3
Clive Cussler & Justin Scott
Intrigo
TEA
9,90
3
4
Carlo Lucarelli
Il sogno di volare
Einaudi
13
2
5
Clive Cussler & Jack du Brul
Giungla
TEA
9,90
2
6
Bernardo Kucinski
K o la figlia desaparecida
Giuntina
s.p.
3
7
Georges Simenon
I Maigret – 6
Adelphi
s.p.
4
8
Elizabeth Strout
Olive Kitteridge
Fazi editore
18,50
3
9
Laurie Colwin
Home cooking
Corriere della Sera
7,90
1
10
Dylan Thomas
Ritratto dell’autore da cucciolo
Einaudi
s.p.
2
11
Georges Simenon
I Maigret – 7
Adelphi
s.p.
4
12
Alessandro Vanoli
Storie di parole arabe
Ponte alle Grazie
s.p.
2
13
Alexander McCall Smith
Le affascinanti manie degli altri
TEA
10
3

Approfittiamo allora di questo periodo di pochi viaggi e di riorganizzazioni, per dedicarci ad altro: certo controllo sempre se Avventure proponga qualcosa di interessante, ma nella vacanza di mete appetibili, meglio metter mano alle cose di casa ed agli incontri amicali. Sperando di riuscire in entrambi.

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