sabato 15 aprile 2017

No Pitt No Party - 15 aprile 2017

Ovvio che non sto parlando di Brad, non essendo questa una trama di film. Ma di Dirk Pitt, l’eroe centrale ed imprescindibile delle lunghe saghe seriali di Clive Cussler. Mentre qui abbiamo sì Clive e la sua factory di scrittura, ma anche quattro storie senza Dirk. Le prime due dedicate ad un nuovo personaggio, Isaac Bell. Poi due semi-classici, uno degli “Oregon files” ed uno dei “Fargo files”. Tutti che viaggiano intorno alla sufficienza, senza però entusiasmare.
Clive Cussler & Justin Scott “Sabotaggio” TEA euro 9,90
[A: 01/10/2015– I: 27/11/2016 – T: 30/11/2016] - &&& +  
[tit. or.: The Wrecker; ling. or.: inglese; pagine: 462; anno 2009]
Dopo un discreto intervallo temporale (e per essere precisi come sono sempre io, sono due anni che non ne leggevo) riprendo in mano un libro della “Premiata Ditta Cussler”. Ricordo, per i più distratti, che l’ottantacinquenne californiano (d’adozione) cominciò più di 40 anni fa a produrre degli avvincenti romanzi d’avventura, imperniati, inizialmente, sulla figura di Dirk Pitt, paladino della bontà e proto-ambientalista. Andando avanti con gli anni, Cussler, alla serie principale (di cui parleremo quando se ne leggeranno altre avventure, e che, ricordo, risulta aver venduto più di 120 milioni di libri) affianca serie collaterali: la prima imperniata sempre sulla struttura di salvataggio del pianeta, specializzata in interventi marini (facenti capo alla NUMA - National Underwater and Marine Agency), con personaggio principale Kurt Austin, poi appare la serie OREGON, basata su di una organizzazione, anch’essa marina, con sede appunto sulla nave Oregon e con a capo il capitano Juan Cabrillo, con interventi più spostati sul versante “militare” americano (serie non a caso cominciata poco dopo le Twin Tower). Appaiono infine due storie leggermente svincolate dalla precedente: una basata sui coniugi Fargo, che sono ricercatori di tesori nascosti e perduti, e l’altra (e per ora unica) basata agli inizi del secolo scorso, incentrata sul personaggio di Isaac Bell, un detective che ricalca (molto) gli spiriti dei famosi “agenti Pinkerton”. Ed è proprio alla serie di Bell che è dedicato questo romanzo, secondo della serie. Il primo era stato un tentativo onesto di Cussler, che scrisse la prima puntata firmandola da solo, pensando di continuarla solo se avesse avuto successo. Cosa che ha avuto, e, nello stile della ditta “Cussler” dal secondo volume si fa affiancare da uno scrittore, Justin Scott, autore newyorkese di serie “mistery”. Per non perdere la mano, e per far sentire a casa i lettori, l’impianto di questo secondo libro è analogo al precedente. Si inizia posteriormente alla fine delle avventure con un piccolo mistero: Bell, ormai sessantenne (siamo nel 1934), si avventura nelle Alpi austriache per mettere la parola fine alla storia. Che inizia nel 1907, ed è incentrata sulla messa in opera di tronconi fondamentali del sistema ferroviario americano. Nel romanzo precedente (ambientato nel 1906), uno dei nodi centrali fu il terremoto di San Francisco. Qui siamo alla fine del cosiddetto “Panico del 1907”, quando per alcuni mesi il sistema bancario americano sembrò andare in pezzi. Uno strascico dei discorsi su finanziamenti e controlli bancari, viene illustrato nella vicenda del miliardario Hennessy, proprietario di una grossa fetta del sistema ferroviario privato americano. Che investendo soldi ed altro, tenta di costruire un ultimo tratto (rischioso perché prevede un delicato ponte sospeso) che colleghi le ferrovie americane a nord di Sacramento, con il sistema in essere tra l’Utah e la costa atlantica. Gli sforzi di Hennessy sono messi in pericolo da una serie di sabotaggio, che danneggiano linee, uccidono operai, ed in generale, ritardano tutta l’operazione. Per uscire dall’impasse il miliardario assolda l’agenzia Van Dorn, avendo a capo delle operazioni di sicurezza il nostro Isaac Bell. L’idea di fondo, che rassicura il lettore, è che, avendo letto le prime pagine, sappiamo che Bell uscirà vivo da tutte queste avventure. Non solo, ma sposerà la sua bella Marion (con la quale durante tutto il libro ha una serie di incontri fugaci ma intensi). L’alter-ego cattivo di Bell è quello del titolo (che in inglese è appunto “The Wrecker” cioè “Il Sabotatore” e non l’anonimo “Sabotaggio” usato dagli editori italiani). La scrittura non è, soprattutto all’inizio, molto lineare, scontrandosi con molti tecnicismi ferroviari che non si seguono con facilità. Dopo il primo terzo, il ritmo invece (e per fortuna) si stabilizza. E riusciamo anche noi poco adusi a seguire i diversi tentativi del Sabotatore di mettere i bastoni tra le ruote (ferrate) di Hennessy. I primi sabotaggi hanno successo. Non solo ma il cattivone riesce anche ad uccidere alcuni agenti della Van Dorn. L’abilità e l’ubiquità di Bell (molto interessante è la disamina di come muoversi velocemente tra un punto e l’altro del territorio americano prima dell’avvento degli aerei) cominciano a mettere in difficoltà il Sabotatore. Che colpo dopo colpo comincia a perdere terreno, riuscendo Bell a sventare alcune sue iniziative criminose. Ovviamente il cattivo ha una sorpresa finale (basata sulle fragilità dei ponti sospesi). Ed altrettanto ovviamente Bell, non vi dico come, riesce a capirne i meccanismi, ed a sventare all’ultimo momento l’attentato. Ma non ad arrestare il cattivo. Cosa che invece farà nel ’34, con un ultimo colpo di scena in quel di Garmisch-Partenkirchen. Non entro in tutti i dettagli, che forse sono poco interessanti raccontati. Meglio letti, con un bel po’ di castagne al rhum accanto (e magari un caminetto acceso). Lettura riposante, non eccelsa (Scott non mi pare ancora all’altezza di Kemprecos o Dirgo), e tuttavia interessante sia per i meccanismi ferroviari, sia per le connessioni bancarie. Sia infine per le storie (facili e senza complicazioni) degli amori di Isaac e Marion (ed anche di altri che penso ritroveremo nei libri successivi). Per questo dò un voto di fiducia e di speranza di altri momenti rilassanti.
“Io non ho mai fatto quello che secondo gli altri ‘dovrei’ fare. Perché cominciare proprio adesso, quando finalmente ho trovato la ragazza dei miei sogni?” (85)
Clive Cussler & Justin Scott “Intrigo” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 8,42 euro)
[A: 02/05/2015– I: 01/12/2016 – T: 07/12/2016] - &&& -  
[tit. or.: The Spy; ling. or.: inglese; pagine: 416; anno 2010]
Come mi capita spesso, la lotteria delle letture propone a ruota un altro Cussler, che ho trovato meno coinvolgente dei precedenti, quasi affiorasse un tono di stanchezza. Questo è il terzo episodio di Isaac Bell. Dopo un po' di ripetizioni nei primi due, qui abbiamo anche delle nuove metodologie da inserire sull’impianto standard di queste avventure. Innanzi tutto comincia direttamente nel vivo dell’azione senza ricorrere all’artificio di cominciare una narrazione e poi saltare indietro nel tempo al tempo del susseguirsi delle azioni storicamente conseguenti. Il primo episodio ricordo era nel 1906 (terremoto di San Francisco), il secondo nel 1907 dopo la grande crisi bancaria e durante il boom delle ferrovie. Ora siamo nel 1908, e l’America, come tutto il mondo, si avvia a grandi passi (almeno visti storicamente da qui a cento anni di distanza) verso il Primo conflitto mondiale. E con grande lungimiranza, molte potenze si dedicano al disegno ed alla costruzione di navi da guerra, più o meno bene armate. Ovviamente questo scatena una sarabanda di spie che si aggirano per l’orbe terracqueo. Non è un caso, quindi, che il libro si intitoli in inglese “la spia”. Non si capisce invece perché in italiano si debba chiamare “Intrigo”. Che è ovvio, dato che in presenza di spie ci sono intrighi. Ma l’idea narrante di Cussler e dei suoi aiutanti è quella di personalizzare i libri verso un antagonista di Isaac Bell: il macellaio prima, il sabotatore nel secondo, ed ora la spia nel terzo. Altre cose sono in via di standardizzazione nel corso del racconto: la morte, a poco a poco, di vecchi investigatori dell’Agenzia Van Dorn, come ad indicare un passaggio generazionale. Solo i top, come il grande capo, Isaac o il suo amico e sodale Archie, sembrano poter reggere l’urto del nuovo. Aggregando alla banda nuovi elementi, che vantano caratteristiche di simpatia e bravura. Ovvio che anche la storia d’amore tra Isaac e Marion procede, e come già sappiamo andrà avanti. Nel romanzo precedente, infatti, festeggeranno a Parigi i 25 anni di matrimonio. E se non vuole essere tacciato di incongruenza, deve mantenere questa costanza di rapporto. Quindi sappiamo anche che, per quanto se la possano vedere brutta, in qualche modo ne usciranno fuori. Al solito, nella migliore tradizione di Cussler, si mette anche qualche particolare tecnico, descrizioni di nuove tecnologie o simili. In questo caso si parla di navi militari e dei loro armamenti. Torpediniere rivestite, cannoni a lunga gittata. Ricordo che siamo nel 1908, quindi ancora niente aerei. Per lunga parte del racconto vediamo spie di secondo piano e di varia nazionalità perpetrare attentati che mettono in difficoltà la marina americana. Che stava, attraverso vari stabilimenti, avviandosi alla costruzione di un tipo di nave molto all’avanguardia, chiamata, non a caso, DREADNOUGHT, cioè non ho paura di nulla. Vediamo anche nell’ombra che tutti questi piccoli spioni sono guidati e coordinati dalla spia del titolo. Bell capisce che i vari sabotaggi minori hanno una mente altra, e di questa si mette in caccia. Caccia che ovviamente si risolverà sono nelle ultime pagine, dove i cattivi pagheranno il fio delle loro azioni. Nel frattempo assistiamo alle diverse avventure che portano i nostri in giro per New York ed altri posti. Vediamo le gang che si battono per il controllo di Hell’s Kitchen, che si alleano con i cinesi emergenti. Entrambi poi coordinati dalla spia per le sue attività. Vediamo Marion che comincia la sua carriera di regista (e sono i primi anni dello sviluppo di questo nuovo mezzo di comunicazione. Vediamo la giovane Dorothy, figlia di uno degli assassinati, iniziare a lottare con Bell. Vediamo aggirarsi Katherine la rossa che non capiamo se ingenua o subdola. Vediamo un orefice tedesco sempre presente nel vivo delle storie, anche se sempre per motivi suoi e validi. Vediamo la spia giapponese che lavora per l’onore nipponico e non per i soldi. Vediamo la spia inglese, forse meno propensa al GOD SAVE THE KING (nel 1908 a Londra c'è Edoardo VII). Vediamo tante lotte e colluttazioni che, quando coinvolgono Bell, in genere vedono i nostri uscire vittorioso. Ma notiamo anche le varie tecniche di lotta. E seguiamo, prima di scoprirne l’identità, la storia della spia, dai bassifondi americani sino al lavoro di gestione degli intrighi aggirandosi per i grandi alberghi. La spia però lavora per il proprio tornaconto, e non al soldo di qualche potenza. Questo porterà Bell, patriottico ante litteram, a non poter che uscire vittorioso. Scende velocemente dagli occhi al cervello, senza troppo ingolfarli. Una lettura facile, anche se non eccelsa. Con un unico appunto di traduzione dove, a pagina 123, parlando di una partita di baseball, vediamo una palla sorvolare il lanciatore sul “tumulo”. Non si poteva usare qualche conoscitore della lingua americana e tradurre “mound” con “monte di lancio” (o bisogna rimandare tutti a leggere le avventure di Charlie Brown?).
Clive Cussler & Jack Du Brul “Giungla” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 6,93 euro)
[A: 28/11/2014– I: 07/12/2016 – T: 10/12/2016] - && e ¾   
[tit. or.: The Jungle; ling. or.: inglese; pagine: 347; anno 2011]
Dopo una piccola abbuffata del “nuovo” Isaac Bell, eccoci tornati al Cussler classico, al Cussler della scuderia di scrittura, delle serie storiche. Qui, appunto, abbiamo le storie accomunate dal titolo di “Archivi Oregon”, dal nome della nave ammiraglia (e forse unica) che ospita irregolari mercenari che, come dice bene il capitano Cabrillo ad un certo punto, fanno quello che la CIA dovrebbe fare, ma che sarebbe sconveniente se fosse scoperta a fare. Benché il precedente settimo libro degli Oregon lo abbia letto più di due anni fa, devo notare (o far notare e cercare di ricordare senza fare confusione) un’evoluzione ed una discontinuità con questo ottavo volume. Infatti il settimo finiva con la scomparsa di Cabrillo, il grande capo, che non sapevamo se era rimasto ucciso nel delirio finale delle avventure antartiche. Qui lo troviamo vivo e vegeto, quindi si è salvato (ma Cussler non ci spiega il motivo). Però capiamo che qualcosa è andato storto, che gli Oregon non sono più nell’occhio favorevole della CIA e degli Stati Uniti in genere. Come se tutta la storia con i cinesi e gli argentini avesse messo in luce qualche discrepanza di vedute con la linea ufficiale americana. Tanto che Langston Overholt IV, la lunga mano della CIA che aiuta da sempre Cabrillo, viene obbligato a congelare i servizi della Corporazione (e questa è l’evoluzione). Tanto che Cabrillo & co devono cercare qualche contratto solo economicamente rilevante. Come quello che serve a salvare un povero ricco indonesiano che viene convinto da afghani malvagi a diventare un “martire della fede”. Salvataggio che comporta anche il recupero di un “contractor” americano sequestrato anche lui dai cattivi “para al-Qaeda”. Da qui si dipartono le solite, complicate avventure del gruppo comandato da Cabrillo. Anche se non ci dimentichiamo, come uso fare nei “classici” di Cussler che le prime pagine portavano un’avventura di Marco Polo durante i suoi viaggi in Oriente, incentrata sull’uso improprio di alcuni cristalli. Quindi da un lato vediamo uno svolgersi di queste avventure di Cabrillo e soci, contattati da un magnate per salvare la figlia scomparsa nella giungla birmana. In un periodo in cui Myanmar è ancora sotto un rigido tallone di ferro militare. Il magnate impone un suo uomo nella spedizione, cui partecipano, oltre a Cabrillo e la sua vice-presidente Linda, il nuovo entrato MacD (quello salvato in Afghanistan). Tralasciando le descrizioni particolareggiate delle avventure che intercorrono, scopriamo che: a) il magnate non è quello che si crede; b) il suo uomo è in combutta con i birmani ed in un’imboscata fa fare prigionieri Cabrillo e MacD; c) anche MacD non è quello che si crede, ma solo perché ricattato avendo i cattivi rapito la sua figlia di 5 anni. Il tutto serve ai cattivi (dei quali ad un certo punto scopriamo l’identità, con un po’ di malizia, che a quel punto tutti i rivoli si collegano) per costruire un super-computer in grado di entrare in tutti i sistemi mondiali. Perché in Birmania c’erano dei cristalli (quelli di Marco Polo) di non si sa quale materiale, che permettono di costruire un computer superveloce (detto computer quantico, che sappiamo cosa sia teoricamente ma che non esiste ancora; se volete ne discutiamo, ma forse non qui). Il magnate (quello cattivo del punto a.) riesce (uccidendo a destra e a manca) a costruire il mega computer, e con questo riesce a mettere in difficoltà il presidente e tutti gli Stati Uniti. Qui, il Cussler-pensiero si adegua un po’ alla linea corrente, perché mette in mezzo islam e fanatici, ma possiamo, per amore dell’avventura, sorvolare. La parte finale è molto (troppo) veloce. Cabrillo viene ricontattato dalla CIA per salvare il mondo, e, mettendo insieme tutti i pezzi del mosaico costruito per le prime 300 pagine, capisce quale sia il pericolo, e dove sia. Ovviamente, i cattivi periscono, il mondo è salvo, ma riamane il dubbio che il quantum computer abbia ancora qualcosa da dire. L’idea del computer è carina (si passa un po’ dall’avventura alla fantascienza, citando Kubrick e HAL a tutto spiano), e poteva (potrebbe?) essere sviluppato anche meglio. Un computer invasivo, capace di imitare anche la voce umana rischia di diventare uno strumento da far impallidire il Grande Fratello. Per ora Cussler si ferma qui, ma la solidità della trama ne risente un po’, tanto che non raggiunge la mia sufficienza piena. Abbiamo però altri due punti da evidenziare, da buoni lettori. Il primo è un cammeo che Cussler concede al suo co-autore. Infatti Jack Du Brul è autore, prima di entrare nella scuderia Cussler, di una saga imperniata su di un geologo salva-mondi, il dottor Philip Mercer. Che qui viene usato dal nostro capitano per capire dove possa essere stato collocato il computer. Il secondo, è una piccola frase che pronuncia Cabrillo quando vede i Buddha birmani: “la costruzione gli ricordò la città di grotte degli anasazi a Mesa Verde in Colorado”. Ed io che ho visitato Mesa Verde due volte nell’ultimo anno non posso che ripensare con piacere a quella visita, ed ai miei compagni di avventure. Per il resto, speriamo che la fucina americana sforni presto qualcosa di meglio.
Clive Cussler & Grant Blackwood “Il regno dell’oro” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 8,42 euro)
[A: 01/10/2015 – I: 25/01/2017 – T: 27/01/2017] - && e ¾   
[tit. or.: The Kingdom; ling. or.: inglese; pagine: 353; anno 2011]
Anche a questo libro del sempre più letto Cussler manca poco per la sufficienza, forse solo quel pizzico di descrizioni in più nelle ultime pagine, dove, una volta risolti i problemi posti dalla trama, si scivola via in poche parole, cercando certo di cucire qualche lato oscuro, ma sempre, sempre troppo velocemente. Anche se siamo in uno dei più riusciti spin-off della serie principale, che riprende (protagonisti a parte) manie e caratterizzazioni del fratello maggiore, c’è forse troppo di “copiato” ancora per farne una buona riuscita. I simpatici coniugi Fargo sono una replica, con meno personale, delle avventure dell’Oregon. La loro filosofia, basata sull’etica personale e sul rispetto, è, in piccolo anche qui, quanto l’agenzia NUMA dovrebbe fare in grande, coinvolgendo Nazioni e Potenze. Ed ovviamente, il filo della narrazione è anch’esso “in replica”. Prologo che viene da lontano (qui anzi, ne abbiamo due di prologhi), che pone le basi per quanto accadrà nella storia. Cattivo che, prima dei buoni, ha capito (o conosce) il prologo stesso. Lotta fra buoni e cattivi, con ovvia vittoria dei primi (anche se talvolta non indolore). Spiegazione degli avvenimenti del prologo, magari solleticando la curiosità del lettore che, come me, viene incuriosito dai brandelli della storia (prima che questi brandelli diventino favola o leggenda). Questa volta il primo prologo ci porta in Nepal, nella regione autonoma di Mustang (retta da un re indipendente fino alla caduta della monarchia nepalese nel 2008), dove si conserva e si venera una reliquia, che, per non farla cadere ai nemici, guardie scelte trafugano e portano lontano. Come ogni prologo, la guardia che seguiamo finirà male, ma la reliquia non cadrà in mano ai nemici, ma rimarrà nei ghiacci nepalesi (o tibetani o cinesi). Il secondo prologo ci racconta invece la favola di un gesuita italiano, Francesco Lana de Terzi, realmente esistito e realmente inventore di una macchina per volare, precorritrice delle mongolfiere. Anche se, la tecnologia dell’epoca (siamo verso il 1675) non gli permette di realizzarla. L’invenzione della factory di Cussler è stata di sfruttare un buco temporale della storia di Francesco, ipotizzando un suo viaggio in Cina, dove avrebbe costruito un prototipo della macchina volante. Cussler & co sono abili, quando nel finale riprenderanno la storia di Francesco, nel colmare quasi tutti i buchi della storia reale, dandoci un para-storia discretamente plausibile. C’è solo un difetto, purtroppo grosso. Il gesuita Francesco era sordomuto (tanto che inventò un alfabeto che, modificato e modernizzato, diverrà il famoso alfabeto Braille) ed avrebbe avuto difficoltà nell’intavolare trattative con i Signori della guerra cinesi. L’abilità degli scriventi è di collegare le storie seriali, facendo iniziare questa nei luoghi dove finì la precedente (che ricordo si interrogava sulla provenienza degli Aztechi). Da lì si dipartirà il solito giro di valzer intorno al mondo alla ricerca di qualcosa. Sam e Remi vengono contattati dal cattivone di turno, Charlie King, che li intortora per coinvolgere nella ricerca dello scomparso padre (ormai da 40 anni) e del loro amico Alton, cui aveva precedentemente affidato la ricerca. Ben presto i nostri conoscono Hsu, la concubina del cattivo nonché madre di due gemelli poco affidabili (altro parallelo, abbiamo gemelli maschio-femmina come i figli di Dirk Pitt). E nel Nepal cominciano le avventure. I nostri scoprono ben presto che Alton è stato rapito proprio da King per coinvolgerli nella ricerca della famosa reliquia di cui all’inizio. Scoprono che di reliquie ne sono state fabbricate almeno 8, di modo che i cattivi del 1400 avessero difficoltà nella ricerca di quella giusta. Scoprono una traccia, seguendo le orme del padre di Charlie. Scoprono che Charlie è anche coinvolto nel traffico di beni archeologici. Dopo essere sfuggiti a diversi attentati, piccoli o grandi, troveranno aiuto in un americano da trenta anni trasferitosi nel Mustang (belle le righe in cui Jack racconta la nascita del suo amore per quelle terre, e come abbia voluto vivere questo amore; righe che si possono sottoscrivere in pieno). Con Jack, i nostri scoprono inoltre che il padre di Charlie è realmente morto, che la guardia di cui all’inizio si dirigeva verso est. Tralasciando diversi avvenimenti poco significativi (la ricerca delle tracce, che porta i nostri prima in Albania poi a Sofia), nella landa dove dovrebbe esserci la reliquia, trovano invece la gondola volante di Francesco (così i prologhi si incontrano). Sarà seguendo la traccia del gesuita che ci troveremo nello scontro finale, nelle famose gole del fiume Tangpo in India. Scontro che permetterà di salvare la reliquia, salvare i nostri dall’assalto dei gemelli (dove il maschio trova la morte), e convincere l’ex-cattiva Hsu a tradire il cattivo Charlie. Ultima chicca, la reliquia è lo scheletro fatto dorare di un essere di congiunzione tra la scimmia e l’uomo, un ardipiteco (il cui scheletro è stato realmente trovato in Etiopia nel 2001). Qui abbiamo anche altri due commenti. Primo, ho tralasciato tutta la palla che gli scriventi imbastiscono sulla reliquia e su Shangri-la (nonché sui nazisti che cercavano la razza ariana pura) e credo nessuno ne senta la mancanza. Secondo, e ultimo, perché all’inglese “The Kingdom” (cioè “Il Regno”) in italiano si è aggiunto quel “dell’oro” che anticipa alcune cose della narrazione ma che non era nelle intenzioni degli autori? Credo che continuerà a lungo la mia lotta con i traduttori – pubblicitari e compagnia cantante. Comunque, e finisco, un libro decentemente di passaggio, in una settimana in cui avevo bisogno di mollare la testa.
Terza trama del mese, anche se di poco anticipata, data l’imminenza pasquale. Quindi un allegato ve lo meritate. Ed uno legato all’età, che sempre ci fa riflettere.
Per il resto, come detto, siamo di Pasqua e di Pasquetta, di pranzi e ceni con parenti e amici, e, dopo questo anticipo, probabile un ritardo la prossima settimana, se si riesce ad andare nel riposo sorianese. 

I LIBRI CHE CI AIUTANO A VIVERE FELICI di Giulia Fiore Coltellacci con i commenti di Giovanni

APRILE 2017
Ed eccoci allora che, finalmente, ci possiamo occupare degli acciacchi dell’età. In particolare, a quell’acciacco non rimediabile che è il passare del tempo. Con alcuni (divertenti) libri su ottantenni e più.

ACCIACCHI DELL’ETÀ (I)
GOCCE DI UMORISMO PER UNA VECCHIAIA SERENA (ANZI ESILARANTE)

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, Jonas Jonasson
Allan Karlsson ha cento anni. Nella casa di riposo fervono i festeggiamenti in suo onore, ma lui ha ben altri programmi. Anzi uno solo: evadere. Così esce dalla finestra e si dirige, in pantofo­le alla fermata dell’autobus. In attesa di prendere il primo mezzo per una qualunque destinazione, il suo aspetto da vecchietto conquista la fiducia di uno strano giovane che, pressato da bi­sogni urgenti, gli chiede di custodire la sua valigia mentre va al bagno. Ma l’occasione fa l’uomo ladro, arriva l’autobus, Allan ha fretta, una valigia fa sempre comodo, soprattutto quando ci si mette in viaggio, e così l’arzillo e un po’ sbadato centenario la porta con sé. Solo che niente è mai come sembra. Allan non è un ingenuo e rimbambito vecchietto e il giovane è un criminale disposto a tutto per riavere la sua valigia piena di soldi. Inizia così l’esilarante avventura di questo imprevedibile centenario, una comica girandola d’incontri, scontri, fughe, inseguimenti, minacce, equivoci, omicidi e divertentissimi flashback in cui scopriamo che il nostro amico ha un passato rocambolesco e un ruolo in quasi tutti i più importanti eventi che hanno deter­minato la storia del Novecento, un po’ come Forrest Gump. Tutt’altro che ingenuo, Allan è un tipetto esplosivo che celebra l’arrivo della cifra tonda non come un traguardo ma una nuova partenza. Decide di saltare dalla finestra per non scomparire e continuare a essere protagonista della storia, quantomeno della sua. Questo fortunatissimo romanzo svedese è un ottimo ricostituente per i lettori in età geriatrica dal momento che la sua azione principale è rivolta a inibire il deterioramento della memoria ricordando che, acciacchi dell’età a parte, non è mai troppo tardi per vivere intensamente, neanche a cento anni, perché «quando pensi di non avere tanto tempo, puoi permettere certe libertà», tra cui la libera scelta di non annoiarsi e sfruttare al massimo il tempo a disposizione. Nei soggetti affetti da osteoartrosi emotiva che, inclini a credere che la vecchiaia sia la fine del viaggio, tendono a sedersi aspettando l’autobus per il viaggio definitivo, la somministrazione del romanzo migliora la funzionalità delle articolazioni e previene la degenerazione della malattia garantendo un ritrovato slancio motorio e vitale. Grazie al rilascio continuo di endorfine messe in circolo dalle situazioni folli e deliranti in cui il protagonista e i suoi compagni di viaggio si trovano coinvolti, la storia del centenario ha un effetto positivo sull’umore scatenando frequenti e prolungati attacchi di risate. Allan è portatore sano di ottimismo e, pertanto, l’esposizione prolungata alla sua capacità disarmante di vedere il lato positivo in ogni situazione è altamente contagiosa anche per chi non è vecchio anagraficamente ma emotivamente.
A quei pazienti afflitti da scetticismo letterario, convinti che tutto questo sia possibile solo in un romanzo, consiglio di leggere la dedica all’inizio del libro per convincersi che quelli che dicono la verità non sono degni di essere ascoltati
Il best seller di Jonas Jonasson è stato portato sullo schermo da Felix Herngren in un film ad alto dosaggio di buon umore, ottimo per una terapia cinematografica sostitutiva.
Un consiglio: per continuare la cura a base di arzilli vecchi che il giorno del proprio compleanno soffiano la noia dalla propria vita al posto delle candeline sulla torta, segnalo la divertente e commovente lettura de La fantastica storia dell’ottantunenne investito dal camioncino del latte” di J.B. Morrison. Essere investiti dal camioncino del latte non è il massimo. Essere investiti dal camioncino del latte il giorno del proprio compleanno è deprimente. Essere investiti dal camioncino del latte il giorno proprio ottantunesimo compleanno potrebbe essere visto addirittura come un invito a chiudersi in casa limitandosi a guardare la televisione. Invece, proprio in seguito a questo incidente e nonostante un braccio e un piede fratturati, Frank scopre che la vita è sempre una fantastica e unica avventura.
L’audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle Miserabili Monache, Marco Marsullo.
Agile è un borbottone che odia tutto e tutti, indistintamente, Guttalax ha il cuore tenero e l’intestino intoppato. Rubirosa è un playboy che parla in spagnolo con il vizio delle over sessanta e del Viagra. Brio è il braccio armato del gruppo, un cecchi­no con la fionda, nonostante il Parkinson. Questi quattro arzilli vecchietti sono i protagonisti della surreale bravata raccontata con scoppiettante ironia da Marco Marsullo. Una gita a Roma, organizzata dalle miserabili monache che gestiscono la casa di cura Villa Betulla, diventa l’occasione per evadere e mettere in atto un audace, irriverente e sacrosanto piano: occupare la sede dell’emittente televisiva cattolica Rete Maria e porre fine allo strazio del rosario delle 18:00, recitato da padre Anselmo da Procida con un’insopportabile zeppola. Questo atto di ribellione innesca un effetto domino fatto di eventi inaspettati e situazioni ad alto tasso di comicità beffarda e irriverente e, tra nemici (capitan Findus e le Monache Miserabili), fughe, battaglie, furti, feste e amore, l’avventura dei quattro compari si trasforma in un tragicomico (molto comico) guizzo di libertà per chiudere i conti con la vita prima che la vita chiuda con loro.
Arguto, intelligente e tenero ritratto della vecchiaia come non siamo soliti immaginarla, L’audace colpo...” è un notevole aiuto per affrontare con brio la terza età: sgangherati come la combriccola de “I Soliti ignoti” di Mario Monicelli e per di più sciancati, ma con un briciolo di perfidia che ricorda gli scorrettissimi Amici miei” (sempre di Monicelli), i quattro vecchietti si prendono una rivincita con il tempo, dimostrando che a qualun­que età, il carattere e l’intraprendenza sono tutto nella vita. Se ne consiglia l’uso a qualsiasi età per neutralizzare l’idea che le bravate siano una prerogativa dei ragazzi. In confronto ai suoi protagonisti, molti giovani sono dei bacucchi rammolliti. Precari e sballottati in un presente di totale incertezza, hanno spesso difficoltà perfino a ribellarsi mentre gli anziani, ormai liberi da ogni vincolo sociale perché spesso ritenuti socialmente inutili, possono permettersi di essere i veri disubbidienti, ardimentosi nel tentativo di correggere ciò che non funziona, fosse anche il difetto di pronuncia di un predicatore TV. «Quindi: non fatevi ingannare quando si parla di vecchi e giovani, c’è sempre la fottitura. È il potere che ringiovanisce. Quello non lo fotte nem­meno l’osteoporosi». Il riferimento è al potere del denaro, ma i quattro di Rete Maria rafforzano la convinzione che è il potere del carattere a mantenere giovani, quantomeno nello spirito. E per l’osteoporosi basta un po’ di calcio, anche un calcio ai pregiudizi. Se pensate che la vita si esaurisca con la giovinezza e tutto il resto è noia, alcune gocce di Marco Marsullo prima dei pasti nuocciono gravemente alla noia.
Avvertenza: tra i possibili effetti collaterali è stato riscontrato il desiderio di occupare Rete Maria e punire tutti gli speaker radiofonici e televisivi con difetti di dizione. Ovviamente, po­trebbe anche essere forte l’impulso di evadere dalla casa di cura (o da qualunque casa soffochi il vostro anelito di libertà).
Un consiglio: stesso principio attivo (una banda di vecchietti) e stessi eccipienti (umorismo e gioia di vivere) nel farmaco equivalente La banda degli insoliti ottantenni” di Catharina Ingelman-Sundberg. Grazie alla sua composizione scoppiettante a base di una combriccola di vecchietti che evade dall’ospizio per mettere a segno il furto del secolo, contrasta lo stress ossidativo, principale causa dell’invecchiamento e aiuta a mantenersi efficienti, attivi e di buon umore. Sarebbe opportuno proseguire la cura con l’esilarante La piccola ottantenne che cambiò tutte le regole”, seconda impertinente avventura che vede l’arzilla banda di pensionati alle prese con un nuovo piano criminosamente divertente.
Terapia cinematografica sostitutiva
Se gli acciacchi dell’età non vi permettono di alzarvi dalla poltrona, sappiate che la cura letteraria risulta particolarmente efficace proprio perché consente di vivere mirabolanti avventure per interposta persona. Tutti i rimedi anti-age fin qui proposti soddisfano in pieno il bisogno di evasione anche intellettuale. Sognare arricchisce e allunga la vita, mentre ridere aiuta a mantenersi giovani e in forma. Perché l’importante è restare attivi con il cervello quando il corpo comincia a fare i capricci. A que­sto proposito, se volete continuare a divertirvi e commuovervi con storie di arzilli vecchietti, consiglio Cocoon”. In questo delizioso film diretto da Ron Howard, un gruppo di simpatici over-age ritrova forza e vigore dopo ripetuti e clandestini bagni in una piscina. Cosa si nasconde dietro? Se i (fortunati) protagonisti di Cocoon” ringiovaniscono grazie a immersioni miracolose, voi po­tete ritrovare tutto l’entusiasmo di quando eravate bambini con “Up”, poetico cartoon della Pixar. Protagonisti di questa delicata e commovente storia di sogni, amore e amicizia, sono un burbero vecchietto, un piccolo e paffuto boyscout e una casa che prende il volo sollevata da palloncini colorati alla volta di un’avventura straordinaria. Se non volete proprio saperne di stare con i piedi per terra e avete bisogno di continuare a credere che tutto può succedere, anche quando ciò che deve succedere deve farlo presto perché il tempo stringe, “Up” è perfetto. La visione di entrambi i film è consigliata a un pubblico multigenerazionale.
E poi, Paulette …, Barbara Constantine
Da quando è rimasto vedovo, Ferdinand vive solo nella sua grande fattoria. Non ha un buon rapporto con il figlio e non vede gli adorati nipotini quanto vorrebbe. Le cose cambiano, anzi Ferdinand decide di cambiare le cose quando, dopo aver scoperto che un temporale ha reso inagibile la casa della sua vicina Marceline, ha l’audace e inaspettata idea di proporle di trasferirsi da lui. La donna si aggrappa a questa mano tesa e accetta l’offerta d’aiuto, portandosi dietro un cane, un gatto, un asino e pure un violoncello. Presto si aggiungono altri coinquilini, un amico di Fernand rimasto vedovo e due simpatiche vecchiette più vecchiette degli altri. L’arrivo dei giovani Muriel e Kim abbasserà l’età media di questa inconsueta comunità sentimentale che ritrova la forza di affrontare insieme i problemi. Ah, e poi arriva Paulette, la piccola Paulette, e la vita ricomincia da capo. Con i toni leggeri di una favola moderna, il best seller della scrittrice francese è formulato come un vero e proprio antidoto contro il cinismo, un elogio dei buoni sentimenti che non risulta mai buonista ma racconta con dolcezza l’avventura di una piccola società di mutuo soccorso intergenerazionale che sembra aver trovato la ricetta della serenità nella collaborazione, nella generosa condivisione delle proprie esperienze, anche di vita, facendo fronte comune contro le difficoltà. Perché a volte non serve neanche mettere in atto un colpo audace o saltare da una finestra e scomparire per compiere un’azione coraggiosa in grado di dare una scossa alla propria anziana vita. Ferdinand e i suoi amici non vanno più in là del piccolo paese dove abi­tano, eppure intraprendono ugualmente un viaggio incredibi­le concedendo a sé stessi e ai giovani che si uniscono a loro la possibilità di ricominciare, dimostrando che anche la terza età può offrire una seconda chance. Basta saperla cogliere al volo o avere l’ardimento di crearla, oltre alla forza di perseguirla.
Se ne consiglia la somministrazione a qualsiasi età per contra­stare il precoce invecchiamento dell’anima e l’insorgere di malattie gravi come il cinismo e l’individualismo, che ostruiscono le arterie causando problemi cardiaci anche gravi. Rasserenante e tranquillizzante, allegro e commovente, stimola il dialogo intergenerazionale e rialza i livelli di altruismo nel sangue grazie alla produzione di ossitocina, “l’ormone dell’amore” che aumenta l’empatia, induce fiducia e favorisce la disposizione a creare legami. Se vi è stata diagnosticata un’intolleranza ad alcuni zuccheri, al termine del trattamento si consiglia di osservare una dieta a basso dosaggio di glucosio ristabilendo i giusti valori con l’irriverenza dei precedenti gruppi di vecchietti alla riscossa.

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Non abbiamo ancora né ottanta né cento anni, ma abbiamo letto molti libri. DI tutti questi citati, però, ne abbiamo solo uno nei miei archivi. Letto, devo dire, con molto, molto piacere.
Jonas Jonasson “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” Bompiani s.p. (regalo di Alessandra)
[trama pubblicata il 13 maggio 2012]
Un libro divertente per una scoperta di un autore (di 13 giorni + piccolo di mio fratello) che non conoscevo. Ingredienti di un ottimo regalo. Ed è anche scritto in modo che ti prende un po’ tutte le parti del corpo, e ti si piazza là, finché non vai avanti. Cervello, gambe, stomaco sono coinvolti, forse solo il cuore rimane un po’ fuori, anche se di lato e di lontano fa le sue comparse. Un Forrest Gump dall’intelligenza di Zelig attraversa le oltre 400 pagine portandoci in un turbine di avvenimenti che riescono a non stancare e a non essere neanche ripetitivi (rischio che poteva esserci). Seguiamo così Allan il centenario che fugge dall’ospizio il giorno del suo centesimo compleanno, ed avventurandosi per il mondo con le sue forze limitate ma con quell’acume che scopriremo ben presto ha, si incarta in una serie di vicende che potrebbero portarlo presto fuori strada. Ed invece… Invece si ritrova in fuga con una valigia piena di milioni, inseguito da una banda di spacciatori scalcagnati. E trova man mano l’aiuto di Julius un ladro sessantenne, di Benny un quaranta-cinquantenne che si è quasi laureato in dieci discipline diverse e di Bella una signora di 43 anni, con cane ed elefante (una delle tante invenzioni di Jonas, farci trovare una fattoria nella profonda Svezia dove si rifugia un elefante in fuga da un circo). E questa banda di svitati riesce a mettere in scacco i malviventi della banda “Never Again” (cioè mai più… dietro le sbarre di una prigione). Ed anche a prendere in giro la polizia svedese, ed il pubblico ministero incaricato delle indagini sulla morte dei malviventi. Da ricordare tutto il controinterrogatorio in cui i 4 mettono sotto scacco il GIP, con un dialogo che sembra essere il contro esempio di un manuale di comunicazione di Paul Grice, dove tutto è consequenziale, ma interpretato fuori dal contesto, in modo che per il GIP diventa assurdo ma farà in modo che la nostra banda esca vincente dalla contesa. Già questo sarebbe un bel romanzo, ma lo scrittore – giornalista Jonas lo inframmezza con la storia della vita del nostro centenario. E qui vengono fuori gli altri momenti da un lato esilaranti, dall’altro che, coinvolgendo tutti i grandi attori del secolo, ne tratteggiano tutto il possibile di modo che ne esce un ritratto della storia del Ventesimo secolo, disincantato ed un po’ anarchico. Cominciando dal padre di Allan, comunista sfegatato, che fugge in Russia, dove conosce Fabergé e si mette in contrasto con Lenin quando questi sale al potere. Allan, rimasto solo ed orfano, si dedica allo studio degli esplosivi (d’altra parte siamo nella patria di Nobel), e questo lo porterà in giro per il mondo, e per le sue vicende, nel corso degli anni. Nella fabbrica di esplosivi conosce un rifugiato spagnolo, e con lui decide di andare in Spagna quando scoppia la Rivoluzione. Per la sua esperienza viene reclutato nel far saltare i ponti, cosa che fa con coscienza, ma cercando di non uccidere nessuno. Tanto che quando qualcuno sta per saltare in aria con il ponte lo salva. Peccato che sia il generalissimo Franco. E questo lo imbarca in una serie di improbabili avventure. Franco gli fa una lettera di encomio e lo imbarca su una nave spagnola, che arrivata a New York viene sequestrata. Ma lui non è spagnolo ed è esperto di esplosivi, per cui viene mandato a Los Alamos. Lì, suggerisce ad Oppenheimer il modo di far funzionare la fissione con l’esplosivo. Quindi si ubriaca con il presidente Truman, che lo invia in missione “esplosiva” in Cina con Chiang Kai-shek. Ma Allan non sopporta i boriosi e presupponenti. Quindi abbandono il Kuomintang, salvando nel contempo la moglie di Mao Tse-Tung. Vuole tornare a casa, e si avvia a piedi dalla Cina verso l’Europa. Ma in Iran viene coinvolto in altri attentati, e per salvare la pelle (sua) salva anche quella di Winston Churchill. Tornato in patria, viene reclutato dai russi per fabbricare la bomba atomica russa. Aiuta il buon Popov, ma entra in urto con l’antipatico Stalin, che lo spedisce in Siberia. Dove fugge dopo 5 anni verso la Corea. Per trovare il modo di tornare a casa, riesce ad avere un colloquio con Kim Il-Sung, che vorrebbe però ucciderlo, ma viene salvato da Mao, presente al colloquio, quando questi scopre che lui salvò la moglie. E così si ritrova a passare 15 anni di ozio a Bali a spese della Cina comunista. E tanto altro, in modo che sarà a Parigi nel maggio del ’68 ed a Mosca nell’89. Per finire chiudendo il cerchio, centenario recalcitrante nella moderna Svezia. Il bello della scrittura di Jonas è l’uso del paradossale come se fosse normale. Con il nostro Allan - Forrest Gump che non si meraviglia di nulla, basta che non lo opprimiamo con lunghe discussioni su politica e religione e che gli facciamo avere un po’ d’acquavite. Non ci chiediamo qui se il verosimile delle storie sia anche plausibile, perché ne godiamo il lato ironico pensando che, anche se non fosse così, sarebbe carino fosse stato così. Alla fine un libro che merita il successo che ha avuto. E che mi ha fatto piacere leggere, tanto che riusciva a farmi ridere fra me e me come non succedeva da tempo. Un piccolo appunto all’editore che ha lasciato un refuso nell’indicazione del titolo originale (certe attenzioni ormai sono fuori dalle logiche di chi stampa libri, peccato).
“Lei è un pensionato …. Particolare che gli fece capire che, contro tutte le previsioni e senza averci mai pensato prima, era inaspettatamente invecchiato. E lo attendevano ancora molti, molti, molti anni di vita.” (435)

Finalino

Se l’età diventa un acciacco, meglio non pensarci e continuare a leggere, a far di posturale, ed a camminare, sempre, tanto. Magari facendo le scale a piedi senza ascensore. Se proprio non ce la fate, leggere di questi libri, allevierà gli acciacchi di tutti.

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