Quando arriva Simenon, i Maigret
vengono a grappoli, come questi due volumi, di cui il primo ho parlato domenica
scorsa, anzi martedì visto che domenica mi riposavo in campagna. Intorno allo
scorso Natale, invece di panettoni, ho fatto abbuffate di commissari. Ancora
tutti del “periodo americano”, e tuttavia, dopo i primi fast, comincia un
periodo in calando. Mancanza senza dubbio delle atmosfere intorno alla Senna,
che spero mio cugino & c. stia apprezzando in questo lungo week-end.
Georges Simenon “I Maigret – volume
7” Adelphi s.p. (regalo di mamma)
[A: 28/11/2014– I: 20/12/2016 –
T: 29/12/2016] - &&&&--
[tit. or.: vedi
singoli libri; ling. or.: francese;
pagine: 745; anno 2014]
Ormai siamo nel pieno del periodo americano,
il lungo esilio decennale dove Simenon, vagando dall’Est all’Ovest del
continente, mette alcuni punti nuovi (non dico saldi, perché ne vedremo delle
belle) alla sua vita. Il divorzio da Tigy, il matrimonio, la nascita di John si
concentrano tutti in questo periodo, dove, in 18 mesi (oltre agli altri) scrive
5 romanzi “Maigret”. I primi due magistrali, poi con qualche calo. Sino
all’ultimo, il finto diario del commissario, che ha i suoi punti di interesse,
ma che porta solo notizie sulla vita del personaggio, senza inchieste o altro.
Ma l’esilio sarà ancora lungo e prolifico (fino ad ora sul suolo americano ha
scritto 9 romanzi).
Titolo
|
Scritto
|
Uscito
|
|
Data
|
Luogo
|
||
Il mio amico Maigret
|
24 gennaio – 2 febbraio
1949
|
Scritto nella tenuta Stud
Barn di Tumacàcori, un'antica riserva indiana, ora parco storico naturale nei
dintorni di Tucson, Arizona (Stati Uniti d'America)
|
10/06/1949
|
Maigret va dal coroner
|
21 – 30 luglio 1949
|
Scritto a East Whitman
Street, Tucson, Arizona (Stati Uniti d'America)
|
31/10/1949
|
Maigret e la vecchia
signora
|
29 novembre – 8 dicembre
1949
|
Scritto a Ocean View
Avenue, Carmel, California (Stati Uniti d'America)
|
28/02/1950
|
L’amica della signora
Maigret
|
13 – 22 dicembre 1949
|
Scritto a Ocean View
Avenue, Carmel, California (Stati Uniti d'America)
|
31/05/1950
|
Le memorie di Maigret
|
19 – 27 settembre 1950
|
Scritto a Shadow Rock Farm,
Lakeville, Connecticut (Stati Uniti d'America)
|
Gennaio 1951
|
“Il
mio amico Maigret”
[tit. or.: Mon
ami Maigret; ling. or.: francese;
pagine: 9 – 153 (144); anno 1949]
Benché innamorato della sistemazione a
Tumacàcori, questo è l’ultimo romanzo che vi scrive, dovendo presto, per
ragioni interne alla sua famiglia allargata, spostarsi e girovagare. Ma il
posto è proprio come lui si immaginava il suo soggiorno americano. La nostalgia
lo prende allora dei “suoi” posti francesi. Tanto che scrive un romanzo “duro”
ambientandolo a La Rochelle in Vandea (dove soggiornò durante la guerra) e
questo trentunesimo Maigret per la maggior parte nell’isola di Porquerolles.
Un’isola ben presente nella vita di Simenon, che vi trascorse alcuni mesi
felici di riposo insieme alla diletta sposina Tigy nel lontano 1926. Lo
scrittore, ventitreenne, era sovraccarico di lavoro, il medico gli consiglia un
periodo di riposo, e Tigy (che sempre lo amerà da ora sino alla fine) trova
questa sistemazione nel Mediterraneo, poco sotto Marsiglia, dove la famiglia
Simenon di allora si trasferisce (famiglia composta da Tigy, la cameriera
tuttofare Boule, il cane Jessie ed il gatto Molécule). Dopo quel soggiorno, spesso,
come ho già scritto, e per dieci anni Simenon tornerà a Porquerolles ed a Villa
“Les Roberts” (che anni e anni dopo verrà acquistata dal figlio Marc). Ora, nel
volontario esilio americano, rosolando al sole dell’Arizona, pensa bene di
ambientare una nuova avventura del commissario proprio lì nel Sud della
Francia, nel pieno del sole di maggio, mentre a Parigi piove (come al solito).
Il gioco di Maigret qui è doppio. Infatti da un lato c’è appunto l’inchiesta
del commissario che dà modo allo scrittore di ripercorrere tutti i suoi luoghi
isolani, con l’affetto che si ha nella memoria (e questo sarà uno dei fili
conduttori del romanzo, affetto e memoria). Dall’altro mette un piccolo
elemento di disturbo: per imprecisate ragioni di collaborazione, Scotland Yard
chiede alla polizia francese di studiare il “metodo Maigret”, così che il
nostro è affiancato dall’ispettore Pyke. Qui si consuma il contraltare della
storia, nel modo di rapportarsi (o di non rapportarsi) tra i due poliziotti, un
po’ confrontandosi ed un po’ affrontandosi. È divertente il confronto tra i
due, che estrapoliamo un po’ dal contesto, e che serve a Simenon per “giocare”
un po’ sulle differenze tra mondo francese e mondo anglosassone. Allora vediamo
che Maigret è un tipo da choucroute (che ricordo è un piatto alsaziano di
crauti, salsicce e lardo) e aïoli (salsa, come dice il nome di aglio e olio)
mentre Pyke è da uova al bacon. Maigret beve calvados, Pyke whisky. Nelle
stanze di Maigret c’è un “forte odore di pipa”, dove sta Pyke c’è “un discreto
profumo di lavanda”. Maigret indossa la giacca per nascondere le bretelle, Pyke
va in giro per l’isola in costume da bagno e espadrillas. E si potrebbe
continuare. Anche perché nel corso del round di investigazione, spesso Maigret
deve ammettere che Pyke è più corretto, più deciso di lui. Anche se alla fine
sarà l’intuizione del commissario a portare alla soluzione del caso. Un match
che finisce in pareggio, ma che, come dirà Bogart alla fine di Casablanca, sarà
“l’inizio di una grande amicizia”. Il tutto comincia appunto nella piovosa
Parigi, durante un interrogatorio dove cominciavo a vedere le schermaglie
sottese tra Maigret e Pyke. Un gendarme del Sud, appunto con la giurisdizione
su Porquerolles, chiama il commissario a causa della morte di tal Marcel
Pacaud, che si professava amico di Maigret. Cedendo alle insistenze del suo
capo, ma anche per staccarsi da Parigi, dove la cozza-Pyke gli dava più
grattacapi che sollievi, i nostri si spostano al sud. Dove Simenon ha modo di
sviscerare la sua “porquerollite”. Il nostro ama profondamente l’isola ed il
suo clima mediterraneo, come fa dire in bocca al dottore, un personaggio minore
che evoca alla grande il modo di sentire di Simenon. Un dottore di Bordeaux
che, una volta passato per l’isola se ne innamora, liquida tutte le sue
attività e si trasferisce a Porquerolles, vivendo quasi di nulla. Come di poco
vivono i transfughi che lì si sono rifugiati. Il Marcel ucciso, ma anche il
maggiore Bellam, cadetto di una famiglia inglese che dimesso per malattia dall’esercito
di stanza in India, preferisce il sud e gli alcolici ad un improbabile ritorno
nelle brume londinesi. O la signora Wilcox, che si va attempando, con i capelli
tinti di rossi di cui si vede la ricrescita, abbastanza piena di soldi, ma
dedita anch’essa alla bottiglia, tanto che il figlio la interdice di tornare in
Inghilterra. Onde per cui lei gira il mediterraneo sul suo yacht, dove da un
paio d’anni presta servizio come segretario Philippe de Moricourt. Philippe che
è un bel tipo di gigolò, di quelli che già altre volte abbiamo incontrato nelle
storie di Maigret (come Willy Marco ne “Il cavallante della ‘Provvidenza’”).
Poi c’è il 24-enne Jef de Greef, un pittore olandese, anarchico che gira il
mondo sul suo battello (per alcuni mesi attraccò anche sulla Senna vicino a
Parigi), insieme alla sua amante diciottenne Anna Bebelmans. Nonché Ginette,
ex-prostituta una volta protetta da Maigret, ora cinquantenne, che gestisce una
casa di piacere di proprietà di Emile, sessantacinquenne, e che lei spera di
sposare alla morte dell’arcigna madre Justine. Maigret viene coinvolto perché
Marcel viene ucciso poco dopo essersi vantato (anche se non con tutti) di poter
fare dei soldi e di avere come amico il famoso commissario Maigret. Cosa in
realtà vera, che Maigret aveva favorito il suo ritiro dalla scena della
prostituzione, con una condanna mite, che aveva portato Marcel poi al sole del
Sud. Sole che aveva fatto bene anche alla di lui amante Ginette, che Maigret
aveva spedito in sanatorio, salvandola da una fine infelice. Ma il ruolo di
“accordatore di destini” non riesce benissimo al nostro, che Marcel sempre di
espedienti vive. E Ginette, uscita dal sanatorio non trova di meglio che fare
la maitresse di una casa chiusa, non riuscendo in altri mestieri. Tutto però si
svolge nell’isola con i suoi ritmi, con l’andata e la venuta di Ginette dal
continente per portare i soldi ad Emile, e per sostenere un po’ il vecchio
Marcel. Tutti che si aggirano intorno al locale di Paul, l’Arca di Noè. Tutti
gli estranei, che gli isolani doc vanno nella taverna di patron Galli. La
svolta ci sarà quando Maigret conosce meglio Helen Wilcox, la sua svampitezza,
ed il suo amore per i quadri. Nonché quando, frequentando l’ufficio postale
(dove l’impiegata ascolta tutte le conversazioni telefoniche) scopre che
Philippe è stato implicato varie volte in tentativi di raggiri di persone
anziane, che Marcel ha chiesto a Ginette se un certo Vincent, pittore, fosse
morto. Quando lei gli risponde che è morto nel 1890, si scatena il dramma. Di
cui non vi dico tutti i particolari (a parte la morte di Marcel) che avrete già
capito chi possa esserne partecipe. Quello che rimane nello stile di Simenon è
la non-fine della storia. Nel senso che una volta delineato lo scenario e
capiti moventi e movimenti, al nostro interessa poco la dinamica esatta dei
fatti. Anche chi non commette materialmente un crimine può essere colpevole.
Ora noi, Maigret e Pyke sappiamo cosa pensavano gli attori del dramma, siamo
entrati nella loro testa, e ne vediamo scorrere l’azione. Questo basta. A
Simenon sicuro. Anche a Maigret, che seppur dispiaciuto del fatto che i suoi
“amici” poi non riescano ad uscire interamente dalla cattiva strada, almeno
rimangono dei “cattivi onesti”. Un bel modo per Simenon di salutare il caldo
dell’Arizona prima di tornare verso il Nord e verso l’Ovest, come vedremo nei
prossimi romanzi.
“Adesso
era una persona adulta: lo pensavano tutti, e solo lui, ogni tanto, faticava a
convincersene.” (127)
“Maigret
va dal coroner”
[tit. or.: Maigret
chez le coroner; ling. or.: francese;
pagine: 157 – 305 (148);
anno 1949]
Le acque simenoniane si cominciano ad
intorbidire. Ora Denise è incinta, e la “famiglia” non se la sente di vivere
isolata nella missione di Tumacacori. Allora, il nostro per alcuni mesi affitta
una casa in East Whitman Street a Tucson, dove scrive questo nuovo romanzo.
Subito dopo, però, acquista una Villa (chiamata “Desert Sands”) al centro di
Tucson, vicino all’ospedale dove nascerà il suo secondogenito, Jean Denis
Chrétien detto John. Mentre le acque interne del suo universo si stanno quindi
increspando, una nuova e diversa tegola gli arriva il 19 luglio: una lettera
dalla Francia lo avvisa che il “Comitato d’epurazione” lo aveva ritenuto
colpevole di connivenza con l’occupante tedesco ed aveva bandito per due anni
le sue pubblicazioni in Francia, avvenimento che avrebbe colpito la “famiglia”
in maniera drastica. Attraverso il suo avvocato Maurice Garçon fa avere una
memoria in Francia con le motivazioni delle sue attività. Ed il bando viene
revocato. Nel mentre, dal 22 al 30 luglio, sulla scorta di una breve udienza a
cui lui stesso aveva assistito, imbastisce un nuovo romanzo atipico per
Maigret, ma potente e ben costruito. Atipico (o particolare) perché Maigret non
è in Francia, anzi è proprio a Tucson, invitato ad un viaggio di studio
dall’FBI, che gli dà l’agente Harry Cole come chaperon. Cole deve indagare su
un traffico di marijuana per cui parcheggia Maigret ad un processo. Che, in
poco tempo, appassiona il nostro. Inoltre Maigret è solo (tutti i suoi
collaboratori e la moglie fedele sono rimasti a Parigi) e non indaga ma
osserva. Maigret è anche capace di comprendere l’inglese. E questo non è una
cosa di poco conto per un commissario di polizia europeo degli anni Quaranta.
Non è “fluent”, ma segue gli interrogatori, ed interloquisce con il capo locale
Micky O’ Rourke e con alcuni spettatori presenti al processo (nonché con la
gente che beve nei bar). La bellezza di questo esercizio letterario è che è
quindi tutto basato sui dialoghi. Non c’è azione, ma c’è descrizione della
stessa. Assistiamo al coroner che interroga le persone coinvolte nell’affare.
Assistiamo a Maigret che si interroga sulle cose dette e non dette. Assistiamo
alle descrizioni di cosa successe in quella notte tra il 27 ed il 28 luglio.
Tutto ciò permette anche a Simenon di inzeppare una serie di considerazioni
sulle differenze tra Vecchio e Nuovo Mondo in tutti gli aspetti presenti: la
legge, il modo di gestirla (ma questo sarebbe già abbastanza ovvio pensando al
differente codice penale tra i due mondi), le città (il centro che si svuota
alla chiusura degli uffici che tutti abitano in periferia), le case (con quei
giardini senza barriere tra una villetta e l’altra), i bar. Ma anche le
ipocrisie: non ci sono prostitute, ma gli uomini soli trovano il modo di
intortare qualche ragazza per avere i loro piaceri, si beve a fiumi, ma se dai
da bere ad un minorenne o menti ad una giuria rischi fino a dieci anni di
detenzione. Tuttavia non siamo qui per approfondire un’analisi su questi
aspetti, che potrebbero anche essere interessanti. Siamo per seguire, insieme a
Maigret, un’indagine condotta “all’americana”. L’indagine deve definire se
Bessy Mitchell, di anni 17 e mezzo, è stata travolta da un treno per dolo o per
disgrazia. Fu omicidio? La ragazza (all’epoca già sposata, divorziata e madre
di un bambino) è l’amante del sergente Ward, meccanico della base aerea. Il
quale è sposato, con due figli, la moglie in attesa del terzo, ma vorrebbe
divorziare per sposare Bessy. La quale, quando beve (anche se non potrebbe data
l’età) si concede comportamenti molto licenziosi, e non solo con Ward. Quella
notte famosa, c’erano i militari in libera uscita. Con Bessy e Ward, c’erano il
sergente Mullins, uscito dal riformatorio e per questo arruolatosi nelle forze
armate, il sergente O’ Neil, figlio di un rigido istitutore e scappato di casa
perché non sopportava l’ottusità familiare, il sergente Van Fleet, figlio di un
agricoltore ed arruolatosi per fuggire la campagna, ed il caporale Wo Lee,
ovviamente d’origine cinese, che usa il militare per integrarsi nella vita
americana. I 6 bevono, bevono con Ethel l’amica di Bessy, con il fratello di
Bessy, a casa di un musicista, dove Bessy, già ubriaca, ha un breve rapporto
con Mullins. Poi loro 6 decidono di andare in Messico, dove si beve anche fuori
orario, lungo una strada che Simenon conosce bene (è quella che lega Tucson
alla sua precedente residenza di Tumacacori), e che corre parallela alla
ferrovia. Il coroner interroga quindi i cinque militari su cosa accadde quella
notte. E le loro versioni sono tutte discordanti. Ward dice che si sono fermati
due volte, la prima per pisciare, la seconda per permettere a lui e Bessy di
litigare e di lasciare lì a piedi da sola. Mullins dice che la sosta è stata
una sola. Van Fleet e O’ Neil sono sulla traccia di Ward e Wo Lee su quella di
Mullins. Tutti concordano che tornati a Tucson senza Bessy, Ward e Mullins
tornano a cercarla in macchina, gli altri tre prendono un taxi per fare lo
stesso. Poi proseguono a piedi. Ward e Mullins si ritrovano addormentati vicino
ad un albero senza ricordarsi nulla. I tre, separatisi per aumentare le
probabilità di trovare Bessy, sembra senza successo, fanno l’autostop per
tornare alla base. C’è anche un divertente, per me, tentativo di descrivere la
scena del delitto attraverso quattro cartine disegnate da ferrovieri,
vicesceriffi e periti per mostrare segni, corpi, impatti. E credo sia l’unica
volta che Simenon usa tale tecnica (potenza dell’America). Dopo le prime
tornate di interrogatori, O’ Rourke ha la possibilità di arrestare tutti e
cinque i sospetti, poiché hanno dato da bere ad una minorenne. Poi c’è una
lussuosa cena che O’ Rourke offre a Maigret, durante la quale il nostro riesce
a porre tutte quelle domande che avrebbe fatto se fosse stato lui a capo
dell’inchiesta. Lì, Maigret capisce che molta parte dell’inchiesta stessa era
stata svolta a porte chiuse, e quello che si vede in tribunale è solo la punta
dell’iceberg. Prima della seduta finale, Maigret consegna una busta a O’ Rourke
con il nome del colpevole secondo lui. Cosa che puntualmente si verificherà
alla fine del processo, a seguito di un bel colpo di genio dello scrittore: un
giurato chiede ai cinque quando hanno visto l’ultima volta Bessy, viva o morta.
Il giurato è vicino a Maigret, sarà lui che gli ha suggerito la domanda
scatenante? Non importa, e non importa anche se non seguiremo il verdetto, dato
che Maigret è chiamato altrove. Ma non è quello importante, appunto. Il bello è
stato seguire il dibattimento. Il bello è vedere che Maigret batte America 1 a
0! Forza Vecchio Mondo. Un'altra prova superlativa.
“Maigret
e la vecchia signora”
[tit. or.: Maigret
et la Vieille Dame; ling. or.: francese;
pagine: 309 – 454 (156);
anno 1950]
Il nostro girovago scrittore belga ancora una volta si mette in moto
per le strade americane. Intanto, la moglie Tigy ed il primo figlio Marc si
sono spostati da tempo a Carmel, in California, dato che avevano qualche
“fastidio” ad aspettare la nascita del secondogenito. Dopo la nascita di John, anche
Georges e Denyse si spostano in California, dove il nostro affitta una casa in
Ocean View Avenue a Carmel (per noi che frequentiamo i posti, ricordo che
Carmel è poco sotto Monterey). Tuttavia l’atmosfera non è serena. Simenon
aspetta notizie dalla Francia sull’esito del ricorso per l’epurazione che ho
menzionato nella precedente trama. Inoltre c’è tensione tra le due case
“carmelitane”: quella nuova con Denyse e John, quella “antica” con Tigy, Marc e
Boule. In questo momento oscuro, quindi, il nostro al solito si butta nella
scrittura, ancora più del solito. In fine di novembre del ’49, in una settimana
scrive questo romanzo, e due settimane dopo, in quattro giorni, completa il
successivo. Al solito, scrivere di Maigret gli rasserena l’animo, dato che riversa
sul commissario le sue “paturnie”. E mentre Georges sta lì a guardare le onde
del Pacifico, il buon vecchio Jules si trova a risolvere un giallo sulle coste
della Normandia. Prima di entrare nella trama notiamo comunque che, per tutto
il romanzo, il commissario Maigret si fa un’overdose di Calvados, da quello a
buon mercato delle osterie al super ricercato della signora Valentine (un
Calvados di trent’anni). Perché, come diceva Queneau, “i Normanni bevevan
Calvados” (da “I fiori blu”). L’inchiesta parte dalla visita di una vecchia
signora al commissario Maigret a Parigi. Valentine Besson, vedova del
farmacista Ferdinand, una volta ricco ed agiato, ma la cui fortuna, alla morte
di lui, si è rapidamente dilapidata, chiede al nostro commissario di indagare
sulla morte della sua cameriera Rose, che lei dice essere morta avvelenata al
suo posto. Altro inciso, la “vecchia signora” (che non è la Juventus come
direbbero i patiti del pallone) scopriremo nel corso del libro che ha 62 anni.
E la chiamano vecchia? Vergona, Simenon! A sollecitare Maigret è anche il
figliastro di Valentine, Charles, deputato e amico del Prefetto. Quindi
Maigret, visto che poi le ferie non se le prende (quasi) mai, in questo
ingrigente settembre parte da Parigi, fa sosta a Le Havre, e si dirige ed
arriva ad Étretat, poco ridente cittadina sul canale della Manica. Dove tristi
famiglie vanno a passare tristi estati al tristo sole del Nord. Magari a giugno
c’è qualche giorno allegro. Di certo, a settembre non dev’essere
particolarmente invitante. Al solito l’inchiesta di Maigret si sviluppa
velocemente, anzi è forse più veloce l’inchiesta che la lettura. Tutto si
concentra nei giorni del 6 e 7 settembre. Dove abbiamo modo di apprezzare sia
il modo operativo del commissario, sia le facilità dello scrittore di
presentarci persone e situazioni. Maigret, come di consueto, si aggira. Arriva
a Étretat, si sistema in albergo, comincia a frequentare il luogo, magari
insieme al locale ispettore di polizia. Ricostruisce, a suo modo, chi pensa
cosa, chi si muove, chi tace. Abbiamo la signora Valentine, il cui ritratto è
il più difficile da seguire, che si palesa non tutto insieme. Tanto che poi è
bene ricostruirlo. Signorina belloccia ed affascinante, sposa un tizio poco
appariscente che, dopo avergli dato una figlia, Arlette, si fa da parte
(muore). Valentine fa qualche mestiere, per poi diventare commessa in una
pasticceria, dove conosce il vecchio farmacista Ferdinand, già carico di due
figli. Ferdinand è ricco, Valentine lo sposa. E per molti anni fanno la bella
vita, fino a che, di tracollo in tracollo (il mercato delle creme passa dallo
stato artigianale a quello industriale e Ferdinand non ha il piglio da capitano
d’industria), la fortuna è dilapidata. Ferdinand muore e Valentine vive di una
piccola rendita. Sembra fragile e bonaria, ma entrando in casa si notano
dissonanze. Elementi finto lusso, accanto a esposizioni di povertà. Elemosina
ai poveri e tirchierie familiari. Che riversa sulla povera cameriera Rose,
figlia di pescatori della vicina cittadina di Yport. Rose che muore per aver
bevuto un bicchiere con arsenico, sembra destinato a Valentine e motore delle
indagini del commissario. Morte che avviene nel giorno del compleanno di
Valentine, dove erano tutti presenti. La figlia Arlette, che per fuggire di
casa, sposa un oscuro dentista parigino, e che trova tutti i modi di andare a
letto con chiunque. Tanto che nella notte della tragedia stava a letto con il
suo ultimo amante. I due figliastri: Charles, il deputato, quello che ha fatto
carriera, sposato con figli, e Théo, celibe senza professione, che vive di
espedienti e di gioco al casino. Théo che da giovane era concupito da Arlette.
Théo che si allontana anche lui dalla famiglia, ma che Maigret scopre frequenti
Rose nell’ultimo periodo. Per darci il quadro del piccolo mondo di provincia,
Simenon ci fa conoscere anche i parenti di Rose, in particolare il fratello
Henri. Duri, testardi, e sicuri che è la famiglia Besson in qualche modo
colpevole della morte di Rose. Tutto precipita e si risolve quando Maigret fa
in modo di convogliare sospetti e sospettati verso la magione di Valentine.
Anche qui in una notte fosca si ritrovano Valentine, Henri e Théo. Ci sarà una
nuova morte, ma questo darà modo a Maigret di risolvere il caso. Si sente il
momento cupo di Simenon, non c’è l’approccio solare del precedente. C’è solo
l’aggrapparsi dello scrittore al suo autore di rifugio. Dove continua (e lo
vedremo meglio anche nel successivo) a farci vedere in controluce i suoi
momenti. La stabilità della famiglia Maigret, cui lui tende. L’insicurezza
delle famiglie multiple, anche qui con vedove, figli di primo e di secondo
letto (o di letto trasversale). Famiglie che hanno o generano problemi. E
nonostante il sole californiano, la vicenda si svolge al pallido sole normanno,
riscaldati dal solo calvados.
“Quando si diventa vecchi, non
si bada più all’opinione della gente, e si fa quel che si vuole.” (405)
“L’amica
della signora Maigret”
[tit. or.: L'Amie
de madame Maigret; ling. or.: francese;
pagine: 457 – 610 (153);
anno 1950]
Passano solo cinque giorni dalla chiusura del
precedente romanzo, che già Simenon si butta a capofitto in una nuova avventura
di Maigret. Non ci sono quindi nuovi avvenimenti di contesto che ci aiutano a
decifrare il libro. Dove infatti aleggia ancora l’aria dimessa che nel
precedente faceva da padrona. Tuttavia, il fatto di far tornare l’azione a
Parigi, nei luoghi deputati del Simenon-Maigret, già dà un piglio diverso
all’atmosfera. Che risente beneficamente anche dalla parte attiva che nel romanzo
stesso ha la signora Maigret. Notiamo inoltre che nei 74 romanzi-Maigret
(escludiamo il successivo perché, poi lo capirete) ben 66 iniziano nel primo
capitolo con la presenza del commissario fin dalle prime righe. Anzi, nel primo
paragrafo. 7 si palesa durante il primo capitolo, e solo in uno non entra in
scena che nel secondo capitolo. Altro elemento di novità di questo romanzo, è
l’inizio della presenza di un nuovo collaboratore del commissario, il giovane
ispettore Lapointe (che diverrà uno dei preferiti di Maigret, e lo vedremo ben
presto). Facciamo anche un piccolo inciso sui “quattro moschettieri”, i quattro
fedeli collaboratori del nostro commissario. Il “bravo” Lucas (André) è il
primo, che compare brevemente nel primo Maigret scritto (Pietro il lettone) e
si palesa integralmente ne “Il cavalcante della ‘Provvidenza’” (marzo 1931). Il
“piccolo” Janvier (Albert) entra invece in campo ne “La testa in gioco”
(settembre 1931). Il “grosso” Torrence (Joseph) è il primo alter-ego di
Maigret, presente proprio nel primo libro (Pietro il lettone del 1929) dove
però muore; Simenon lo farà resuscitare già fin dai cicli “Gallimard”, ma non
riprenderà più il posto accanto al capo, che ormai ha stabilmente Lucas (che
tra l’altro prenderà il posto di Maigret quando quest’ultimo andrà in
pensione). Il “giovane” Lapointe (Albert, come Janvier) appare solo qui,
vent’anni dopo i primi volumi del commissario. Ma torniamo allora al romanzo,
che inizia con l’avventura della signora Maigret che si trova abbandonata in Place
d’Anvers dalla sua “amica” che gli lascia un bambino di due-tre anni da
guardare, e che scompare per due ore. Disavventura che lascia interdetta la
signora Maigret e lascia il commissario senza pranzo. Maigret intanto stava
indagando su di una strana storia che si svolge vicino a Place des Vosges. In
base a segnalazioni anonime, vengono scoperti denti umani nella caldaia di un
rilegatore di libri belga, Franz Steuvels. Che viene fermato per accertamenti.
Il tutto complicato dalla presenza di un avvocato rampante che mette molti
bastoni tra gli ingranaggi di Maigret. Si scoprirà con il tempo che il tutto è
legato proprio … al giovane Lapointe. Che, preso dalla foga della prima
indagine, ne parla con la sorella, che ne parla al suo ragazzo, che è legato all’avvocato.
Questa è una delle più lunghe, temporalmente, inchieste di Maigret. Il tempo
passa, non si fanno passi avanti su Franz, e la polizia dedica del tempo
all’avventura della signora Maigret. Scoprendo che la signorina presunta amica,
seguendone i percorsi in taxi, si era recata da un losco figuro, a sua volta
legato a tal Alfred Moss. Ex-acrobata ed ora, da anni, truffatore a tempo
pieno. Tanto che tutti i grandi alberghi gli negano l’ingresso anche solo nei
loro atri. Il divertente è che anche la signora Maigret fa delle sue indagini,
colpita dall’insolito cappellino della signorina. Gira che ti rigira sarà lei a
scoprire che il cappello è stato acquistato dalla ricca contessa italiana
Panetti. La quale ha una dama di compagnia italiana, Gloria, che corrisponde
alla descrizione della signorina stessa. Indagando sulla contessa,
misteriosamente scomparsa, Maigret collega Gloria, il suo amante, il figlio di
Gloria proveniente da un precedente matrimonio, e l’amico dell’amante, che non
è altro che Alfred. Il tutto precipita verso la soluzione quando si scopre, ma
solo dopo un mese, una macchina finita in un ramo della Senna a pochi
chilometri da Parigi, e con dentro il corpo della contessa. Uccisa con un colpo
di pistola. Non avremo subito tutte le soluzioni dei vari personaggi, che
Simenon relega in alcuni trafiletti finali che ci faranno avere le chiavi
finali della vicenda. Avremo soltanto un lungo colloquio-interrogatorio tra
Maigret e Franz, quando il nostro commissario scopre che Alfred e Franz sono
fratelli e che, un mese prima, era stata pubblicata una sua foto in compagnia
della moglie. Ma i nodi ve li lascio leggere con calma. Notiamo soltanto alcune
altre chicche del romanzo, che è intrigante ma non riuscitissimo come i primi
tre. A parte il ruolo della signora Maigret, inusuale e quasi mai ripetuto,
abbiamo anche una serata al cinema della famiglia Maigret (peccato non sapere
che film sono andati a vedere), preceduta anche da una cena al ristorante, dove
il nostro si prenda la sua solita choucroute. Che, per chi non lo ricordasse, è
un piatto di crauti contornato da diversi tagli di carne di maiale (salsicce,
lardo, cotechino e altre cose leggerissime). Inoltre c’è un’insistenza spaziale
nel collocare pedinamenti e appostamenti alla casa di Franz, tra Place des
Vosges e rue de Turenne, e le avventure della signora Maigret, sotto
Montmartre, tra place d’Anvers e rue Lepic. Ah, quanti ricordi delle mie
passeggiate solitarie su e giù per Parigi.
“Le
memorie di Maigret”
[tit. or.: Les
Mémoires de Maigret; ling. or.: francese;
pagine: 613 – 745 (132);
anno 1951]
Momento cruciale nella vita di Simenon, che
ne approfitta anche per fare un punto proprio dei suoi rapporti con il
personaggio amato-odiato, ma che quanto meno è quello che gli consente i maggiori
incassi. Gli dà da vivere e da poter scrivere anche i suoi romanzi “di
letteratura”, come a volte si esprime. Non è un caso che passino ben 9 mesi tra
la stesura dell’ultimo Maigret e questo nuovo capitolo della saga. Nove mesi
cruciali: per le leggi americane non può riconoscere il figlio John nato in
settembre del ’49. Allora il 21 giugno del ’50 a Reno nel Nevada divorzia da
Régine Renchon ed il 22 giugno (cioè il giorno dopo!) sposa Denyse Ouimet.
Secondo colpo di testa: i “nuovi” Simenon decidono di tornare verso l’Atlantico
e Simenon compra una villa, chiamata “Shadow Rock Farm” a Lakeville nel
Connecticut (a metà strada tra New York ed il Canada di Denyse). Tigy, con Marc
e Boule, invece, risiede in un’altra villa, “Salmon Creek”, nel villaggio di
Lime Rock a quattro miglia a sud-est di Lakeville. La vicinanza con il Canada
fa sì che spesso sia nella fattoria la madre di Denyse, egocentrica e
chiacchierona, che tiene tutti alzati sino a dopo la mezzanotte (e Simenon era
invece abituato ad orari più regolari), così che il nostro non riesce a
scrivere nulla di lungo e/o impegnativo. Solo in settembre, senza suocere, e
rintanato nello studio in nove giorni butta giù un nuovo Maigret. Ma come detto
è un Maigret che serve da raccordo, che fa un punto del passato e mette delle
basi per l’avvenire. Simenon ha bisogno di costruire una storia organica
intorno al suo personaggio, quasi a dargli delle fondamenta. Poiché sino ad
ora, ogni romanzo nasceva da un’idea, senza che lo scrittore si curasse più di
tanto di una “storiografia” di Maigret. Non è come gli autori seriali moderni,
che sembrano facciano nascere i loro personaggi con tutta una storia intorno, e
che li seguono nel percorso di vita, tipo nascita, matrimonio e morte. Eccoci
allora con queste “memorie” che non tirano fuori nessun mistero, nessun giallo,
ma danno modo di mettere una serie di puntini sulle frasi della vita del
commissario. Certo, Simenon consulta i suoi appunti di modo che, in queste
memorie, noi che abbiamo letto i precedenti 34 romanzi ci ritroviamo nessi ed
annessi. Da un lato, quindi, ci ritroviamo ad ancorare il personaggio alla sua
storia, in modo che Simenon ci dica: “guardate è un poliziotto vero, non
un’invenzione”. Abbiamo la giovinezza in campagna, dove nasce nel 1887, dove il
padre è amministratore di un castello e delle fattorie afferenti. Ad otto anni
la madre muore in seguito ad un parto mal riuscito, soprattutto a causa del
maldestro medico. Che però non verrà mai rimproverato dal padre Evariste, e
questa sarà una forte lezione per il futuro “accomodatore di destini”. Visto
che il padre è solo, il piccolo Jules viene affidato ad una zia paterna e va a
vivere in quel di Nantes, dove studia, fa il liceo, poi inizia gli studi di
medicina. Nel 1906 il padre, 44 anni, muore di pleurite. L’anno successivo
anche la zia muore di pleurite. Maigret abbandona gli studi, va a Parigi per
cercare un lavoro, abita vicino alla Senna, e scopre un vicino, ispettore di
polizia, che lo affascina, e decide di diventare poliziotto. Qui c’è un piccolo
salto temporale, per noi che ricostruiamo la storia. Dovrebbe essere l’inizio
del 1908, ma invece si dice che Maigret diventa agente ciclista nel 1909. Si fa
ben presto notare, tanto che viene chiamato a fare il segretario nel
commissariato del IX arrondissement (come abbiamo visto nel romanzo “La prima
inchiesta di Maigret”). Alcuni anni dopo incontra per caso un ex-compagno di
liceo, che sta facendo il filo ad una signorina, e che lo convince ad
accompagnarlo, per non sentirsi solo, ai venerdì di casa Léonard. Lì conosce
questa signorina, Louise, che non ha interesse per l’amico, ma che si interessa
a Jules. Maigret-Simenon ci dona alcune descrizioni di questi venerdì e
dell’imbranato comportamento di Jules e delle dolcezze di Louise che sono mirabili.
Nel 1912 trova una nuova casa, dove pensa di abitare per poco tempo ma che sarà
la sua casa di sempre, al 132 di boulevard Richard-Lenoir. Lo stesso anno sposa
Louise. Il resto delle memorie sono occupate da considerazioni sulla polizia,
sul suo ruolo nella stessa e sui comportamenti suoi presso la Polizia
Giudiziaria. Ma la cosa più intrigante è l’attacco, ed alcune considerazioni
sparse, riguardanti i rapporti tra Maigret e Simenon. Il commissario racconta
la finzione di una sua conoscenza con lo scrittore intorno al 1927, quando
questi visita a più riprese il Quai des Orfèvres per capire le dinamiche
poliziesche e seguire alcune indagini. Che convoglierà nei suoi scritti. È
divertente questo intreccio di finzione nella finzione, con Maigret che si lamenta
del fatto che lo scrittore riporti solo i casi più eclatanti, dimenticando
(omettendo) la vita quotidiana e ben più significativa, secondo il commissario.
Divertente al quadrato è la confessione che Maigret ha uno scaffale con tutti i
libri di Simenon, da lui sottolineati nelle parti che lo scrittore ha
modificato. Perché secondo Simenon, lo scrittore vero, a volte bisogna
enfatizzare e modificare la realtà per rendere il racconto più “veritiero”. Una
affermazione che, benché da discutere, ha un suo fascino. Dice Simenon: “la
qualità della verità è di essere semplice, ed io ho semplificato”. Tutto per
dimostrare alla fine che Simenon e Maigret sono realmente amici, tanto che
Louise, in fine di romanzo, sta sferruzzando delle babbucce a maglina per il piccolo
John! Solo un’ultima precisazione: durante il primo incontro, il commissario
Maigret parla degli usi e costumi del tempo, ricordando la liberalità che
andava percorrendo la città, e citando come uno degli elementi il libro,
secondo lui appena uscito, di Victor Mergueritte “La Garçonne”. Libro che
andrebbe ripreso in altro contesto, ma che qui ricordiamo solo per essere
uscito 5 anni prima degli avvenimenti descritti. Più attenzione Georges!
Mentre ci
si prepara ad un altro week-end di assoluto riposo, come ben sapete e non ripeto,
mentre ci si prepara, anche, alla fine del mese in quelle terre mediorientali
che non ci si stanca mai di visitare, ricordo a tutti che si aprono scenari
interessanti per un settembre “cino-veneto”. Per chi non capisce cosa dico,
rimando ai siti dove lo si spiega.
Nessun commento:
Posta un commento