domenica 30 aprile 2017

Maigret 7 - 30 aprile 2017

Quando arriva Simenon, i Maigret vengono a grappoli, come questi due volumi, di cui il primo ho parlato domenica scorsa, anzi martedì visto che domenica mi riposavo in campagna. Intorno allo scorso Natale, invece di panettoni, ho fatto abbuffate di commissari. Ancora tutti del “periodo americano”, e tuttavia, dopo i primi fast, comincia un periodo in calando. Mancanza senza dubbio delle atmosfere intorno alla Senna, che spero mio cugino & c. stia apprezzando in questo lungo week-end.
Georges Simenon “I Maigret – volume 7” Adelphi s.p. (regalo di mamma)
[A: 28/11/2014– I: 20/12/2016 – T: 29/12/2016] - &&&&-- 
[tit. or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese; pagine: 745; anno 2014]
Ormai siamo nel pieno del periodo americano, il lungo esilio decennale dove Simenon, vagando dall’Est all’Ovest del continente, mette alcuni punti nuovi (non dico saldi, perché ne vedremo delle belle) alla sua vita. Il divorzio da Tigy, il matrimonio, la nascita di John si concentrano tutti in questo periodo, dove, in 18 mesi (oltre agli altri) scrive 5 romanzi “Maigret”. I primi due magistrali, poi con qualche calo. Sino all’ultimo, il finto diario del commissario, che ha i suoi punti di interesse, ma che porta solo notizie sulla vita del personaggio, senza inchieste o altro. Ma l’esilio sarà ancora lungo e prolifico (fino ad ora sul suolo americano ha scritto 9 romanzi).

Titolo
Scritto
Uscito
Data
Luogo
Il mio amico Maigret
24 gennaio – 2 febbraio 1949
Scritto nella tenuta Stud Barn di Tumacàcori, un'antica riserva indiana, ora parco storico naturale nei dintorni di Tucson, Arizona (Stati Uniti d'America)
10/06/1949
Maigret va dal coroner
21 – 30 luglio 1949
Scritto a East Whitman Street, Tucson, Arizona (Stati Uniti d'America)
31/10/1949
Maigret e la vecchia signora
29 novembre – 8 dicembre 1949
Scritto a Ocean View Avenue, Carmel, California (Stati Uniti d'America)
28/02/1950
L’amica della signora Maigret
13 – 22 dicembre 1949
Scritto a Ocean View Avenue, Carmel, California (Stati Uniti d'America)
31/05/1950
Le memorie di Maigret
19 – 27 settembre 1950
Scritto a Shadow Rock Farm, Lakeville, Connecticut (Stati Uniti d'America)
Gennaio 1951

“Il mio amico Maigret”
[tit. or.: Mon ami Maigret; ling. or.: francese; pagine: 9 – 153 (144); anno 1949]
Benché innamorato della sistemazione a Tumacàcori, questo è l’ultimo romanzo che vi scrive, dovendo presto, per ragioni interne alla sua famiglia allargata, spostarsi e girovagare. Ma il posto è proprio come lui si immaginava il suo soggiorno americano. La nostalgia lo prende allora dei “suoi” posti francesi. Tanto che scrive un romanzo “duro” ambientandolo a La Rochelle in Vandea (dove soggiornò durante la guerra) e questo trentunesimo Maigret per la maggior parte nell’isola di Porquerolles. Un’isola ben presente nella vita di Simenon, che vi trascorse alcuni mesi felici di riposo insieme alla diletta sposina Tigy nel lontano 1926. Lo scrittore, ventitreenne, era sovraccarico di lavoro, il medico gli consiglia un periodo di riposo, e Tigy (che sempre lo amerà da ora sino alla fine) trova questa sistemazione nel Mediterraneo, poco sotto Marsiglia, dove la famiglia Simenon di allora si trasferisce (famiglia composta da Tigy, la cameriera tuttofare Boule, il cane Jessie ed il gatto Molécule). Dopo quel soggiorno, spesso, come ho già scritto, e per dieci anni Simenon tornerà a Porquerolles ed a Villa “Les Roberts” (che anni e anni dopo verrà acquistata dal figlio Marc). Ora, nel volontario esilio americano, rosolando al sole dell’Arizona, pensa bene di ambientare una nuova avventura del commissario proprio lì nel Sud della Francia, nel pieno del sole di maggio, mentre a Parigi piove (come al solito). Il gioco di Maigret qui è doppio. Infatti da un lato c’è appunto l’inchiesta del commissario che dà modo allo scrittore di ripercorrere tutti i suoi luoghi isolani, con l’affetto che si ha nella memoria (e questo sarà uno dei fili conduttori del romanzo, affetto e memoria). Dall’altro mette un piccolo elemento di disturbo: per imprecisate ragioni di collaborazione, Scotland Yard chiede alla polizia francese di studiare il “metodo Maigret”, così che il nostro è affiancato dall’ispettore Pyke. Qui si consuma il contraltare della storia, nel modo di rapportarsi (o di non rapportarsi) tra i due poliziotti, un po’ confrontandosi ed un po’ affrontandosi. È divertente il confronto tra i due, che estrapoliamo un po’ dal contesto, e che serve a Simenon per “giocare” un po’ sulle differenze tra mondo francese e mondo anglosassone. Allora vediamo che Maigret è un tipo da choucroute (che ricordo è un piatto alsaziano di crauti, salsicce e lardo) e aïoli (salsa, come dice il nome di aglio e olio) mentre Pyke è da uova al bacon. Maigret beve calvados, Pyke whisky. Nelle stanze di Maigret c’è un “forte odore di pipa”, dove sta Pyke c’è “un discreto profumo di lavanda”. Maigret indossa la giacca per nascondere le bretelle, Pyke va in giro per l’isola in costume da bagno e espadrillas. E si potrebbe continuare. Anche perché nel corso del round di investigazione, spesso Maigret deve ammettere che Pyke è più corretto, più deciso di lui. Anche se alla fine sarà l’intuizione del commissario a portare alla soluzione del caso. Un match che finisce in pareggio, ma che, come dirà Bogart alla fine di Casablanca, sarà “l’inizio di una grande amicizia”. Il tutto comincia appunto nella piovosa Parigi, durante un interrogatorio dove cominciavo a vedere le schermaglie sottese tra Maigret e Pyke. Un gendarme del Sud, appunto con la giurisdizione su Porquerolles, chiama il commissario a causa della morte di tal Marcel Pacaud, che si professava amico di Maigret. Cedendo alle insistenze del suo capo, ma anche per staccarsi da Parigi, dove la cozza-Pyke gli dava più grattacapi che sollievi, i nostri si spostano al sud. Dove Simenon ha modo di sviscerare la sua “porquerollite”. Il nostro ama profondamente l’isola ed il suo clima mediterraneo, come fa dire in bocca al dottore, un personaggio minore che evoca alla grande il modo di sentire di Simenon. Un dottore di Bordeaux che, una volta passato per l’isola se ne innamora, liquida tutte le sue attività e si trasferisce a Porquerolles, vivendo quasi di nulla. Come di poco vivono i transfughi che lì si sono rifugiati. Il Marcel ucciso, ma anche il maggiore Bellam, cadetto di una famiglia inglese che dimesso per malattia dall’esercito di stanza in India, preferisce il sud e gli alcolici ad un improbabile ritorno nelle brume londinesi. O la signora Wilcox, che si va attempando, con i capelli tinti di rossi di cui si vede la ricrescita, abbastanza piena di soldi, ma dedita anch’essa alla bottiglia, tanto che il figlio la interdice di tornare in Inghilterra. Onde per cui lei gira il mediterraneo sul suo yacht, dove da un paio d’anni presta servizio come segretario Philippe de Moricourt. Philippe che è un bel tipo di gigolò, di quelli che già altre volte abbiamo incontrato nelle storie di Maigret (come Willy Marco ne “Il cavallante della ‘Provvidenza’”). Poi c’è il 24-enne Jef de Greef, un pittore olandese, anarchico che gira il mondo sul suo battello (per alcuni mesi attraccò anche sulla Senna vicino a Parigi), insieme alla sua amante diciottenne Anna Bebelmans. Nonché Ginette, ex-prostituta una volta protetta da Maigret, ora cinquantenne, che gestisce una casa di piacere di proprietà di Emile, sessantacinquenne, e che lei spera di sposare alla morte dell’arcigna madre Justine. Maigret viene coinvolto perché Marcel viene ucciso poco dopo essersi vantato (anche se non con tutti) di poter fare dei soldi e di avere come amico il famoso commissario Maigret. Cosa in realtà vera, che Maigret aveva favorito il suo ritiro dalla scena della prostituzione, con una condanna mite, che aveva portato Marcel poi al sole del Sud. Sole che aveva fatto bene anche alla di lui amante Ginette, che Maigret aveva spedito in sanatorio, salvandola da una fine infelice. Ma il ruolo di “accordatore di destini” non riesce benissimo al nostro, che Marcel sempre di espedienti vive. E Ginette, uscita dal sanatorio non trova di meglio che fare la maitresse di una casa chiusa, non riuscendo in altri mestieri. Tutto però si svolge nell’isola con i suoi ritmi, con l’andata e la venuta di Ginette dal continente per portare i soldi ad Emile, e per sostenere un po’ il vecchio Marcel. Tutti che si aggirano intorno al locale di Paul, l’Arca di Noè. Tutti gli estranei, che gli isolani doc vanno nella taverna di patron Galli. La svolta ci sarà quando Maigret conosce meglio Helen Wilcox, la sua svampitezza, ed il suo amore per i quadri. Nonché quando, frequentando l’ufficio postale (dove l’impiegata ascolta tutte le conversazioni telefoniche) scopre che Philippe è stato implicato varie volte in tentativi di raggiri di persone anziane, che Marcel ha chiesto a Ginette se un certo Vincent, pittore, fosse morto. Quando lei gli risponde che è morto nel 1890, si scatena il dramma. Di cui non vi dico tutti i particolari (a parte la morte di Marcel) che avrete già capito chi possa esserne partecipe. Quello che rimane nello stile di Simenon è la non-fine della storia. Nel senso che una volta delineato lo scenario e capiti moventi e movimenti, al nostro interessa poco la dinamica esatta dei fatti. Anche chi non commette materialmente un crimine può essere colpevole. Ora noi, Maigret e Pyke sappiamo cosa pensavano gli attori del dramma, siamo entrati nella loro testa, e ne vediamo scorrere l’azione. Questo basta. A Simenon sicuro. Anche a Maigret, che seppur dispiaciuto del fatto che i suoi “amici” poi non riescano ad uscire interamente dalla cattiva strada, almeno rimangono dei “cattivi onesti”. Un bel modo per Simenon di salutare il caldo dell’Arizona prima di tornare verso il Nord e verso l’Ovest, come vedremo nei prossimi romanzi.
“Adesso era una persona adulta: lo pensavano tutti, e solo lui, ogni tanto, faticava a convincersene.” (127)
“Maigret va dal coroner”
[tit. or.: Maigret chez le coroner; ling. or.: francese; pagine: 157 – 305 (148); anno 1949]
Le acque simenoniane si cominciano ad intorbidire. Ora Denise è incinta, e la “famiglia” non se la sente di vivere isolata nella missione di Tumacacori. Allora, il nostro per alcuni mesi affitta una casa in East Whitman Street a Tucson, dove scrive questo nuovo romanzo. Subito dopo, però, acquista una Villa (chiamata “Desert Sands”) al centro di Tucson, vicino all’ospedale dove nascerà il suo secondogenito, Jean Denis Chrétien detto John. Mentre le acque interne del suo universo si stanno quindi increspando, una nuova e diversa tegola gli arriva il 19 luglio: una lettera dalla Francia lo avvisa che il “Comitato d’epurazione” lo aveva ritenuto colpevole di connivenza con l’occupante tedesco ed aveva bandito per due anni le sue pubblicazioni in Francia, avvenimento che avrebbe colpito la “famiglia” in maniera drastica. Attraverso il suo avvocato Maurice Garçon fa avere una memoria in Francia con le motivazioni delle sue attività. Ed il bando viene revocato. Nel mentre, dal 22 al 30 luglio, sulla scorta di una breve udienza a cui lui stesso aveva assistito, imbastisce un nuovo romanzo atipico per Maigret, ma potente e ben costruito. Atipico (o particolare) perché Maigret non è in Francia, anzi è proprio a Tucson, invitato ad un viaggio di studio dall’FBI, che gli dà l’agente Harry Cole come chaperon. Cole deve indagare su un traffico di marijuana per cui parcheggia Maigret ad un processo. Che, in poco tempo, appassiona il nostro. Inoltre Maigret è solo (tutti i suoi collaboratori e la moglie fedele sono rimasti a Parigi) e non indaga ma osserva. Maigret è anche capace di comprendere l’inglese. E questo non è una cosa di poco conto per un commissario di polizia europeo degli anni Quaranta. Non è “fluent”, ma segue gli interrogatori, ed interloquisce con il capo locale Micky O’ Rourke e con alcuni spettatori presenti al processo (nonché con la gente che beve nei bar). La bellezza di questo esercizio letterario è che è quindi tutto basato sui dialoghi. Non c’è azione, ma c’è descrizione della stessa. Assistiamo al coroner che interroga le persone coinvolte nell’affare. Assistiamo a Maigret che si interroga sulle cose dette e non dette. Assistiamo alle descrizioni di cosa successe in quella notte tra il 27 ed il 28 luglio. Tutto ciò permette anche a Simenon di inzeppare una serie di considerazioni sulle differenze tra Vecchio e Nuovo Mondo in tutti gli aspetti presenti: la legge, il modo di gestirla (ma questo sarebbe già abbastanza ovvio pensando al differente codice penale tra i due mondi), le città (il centro che si svuota alla chiusura degli uffici che tutti abitano in periferia), le case (con quei giardini senza barriere tra una villetta e l’altra), i bar. Ma anche le ipocrisie: non ci sono prostitute, ma gli uomini soli trovano il modo di intortare qualche ragazza per avere i loro piaceri, si beve a fiumi, ma se dai da bere ad un minorenne o menti ad una giuria rischi fino a dieci anni di detenzione. Tuttavia non siamo qui per approfondire un’analisi su questi aspetti, che potrebbero anche essere interessanti. Siamo per seguire, insieme a Maigret, un’indagine condotta “all’americana”. L’indagine deve definire se Bessy Mitchell, di anni 17 e mezzo, è stata travolta da un treno per dolo o per disgrazia. Fu omicidio? La ragazza (all’epoca già sposata, divorziata e madre di un bambino) è l’amante del sergente Ward, meccanico della base aerea. Il quale è sposato, con due figli, la moglie in attesa del terzo, ma vorrebbe divorziare per sposare Bessy. La quale, quando beve (anche se non potrebbe data l’età) si concede comportamenti molto licenziosi, e non solo con Ward. Quella notte famosa, c’erano i militari in libera uscita. Con Bessy e Ward, c’erano il sergente Mullins, uscito dal riformatorio e per questo arruolatosi nelle forze armate, il sergente O’ Neil, figlio di un rigido istitutore e scappato di casa perché non sopportava l’ottusità familiare, il sergente Van Fleet, figlio di un agricoltore ed arruolatosi per fuggire la campagna, ed il caporale Wo Lee, ovviamente d’origine cinese, che usa il militare per integrarsi nella vita americana. I 6 bevono, bevono con Ethel l’amica di Bessy, con il fratello di Bessy, a casa di un musicista, dove Bessy, già ubriaca, ha un breve rapporto con Mullins. Poi loro 6 decidono di andare in Messico, dove si beve anche fuori orario, lungo una strada che Simenon conosce bene (è quella che lega Tucson alla sua precedente residenza di Tumacacori), e che corre parallela alla ferrovia. Il coroner interroga quindi i cinque militari su cosa accadde quella notte. E le loro versioni sono tutte discordanti. Ward dice che si sono fermati due volte, la prima per pisciare, la seconda per permettere a lui e Bessy di litigare e di lasciare lì a piedi da sola. Mullins dice che la sosta è stata una sola. Van Fleet e O’ Neil sono sulla traccia di Ward e Wo Lee su quella di Mullins. Tutti concordano che tornati a Tucson senza Bessy, Ward e Mullins tornano a cercarla in macchina, gli altri tre prendono un taxi per fare lo stesso. Poi proseguono a piedi. Ward e Mullins si ritrovano addormentati vicino ad un albero senza ricordarsi nulla. I tre, separatisi per aumentare le probabilità di trovare Bessy, sembra senza successo, fanno l’autostop per tornare alla base. C’è anche un divertente, per me, tentativo di descrivere la scena del delitto attraverso quattro cartine disegnate da ferrovieri, vicesceriffi e periti per mostrare segni, corpi, impatti. E credo sia l’unica volta che Simenon usa tale tecnica (potenza dell’America). Dopo le prime tornate di interrogatori, O’ Rourke ha la possibilità di arrestare tutti e cinque i sospetti, poiché hanno dato da bere ad una minorenne. Poi c’è una lussuosa cena che O’ Rourke offre a Maigret, durante la quale il nostro riesce a porre tutte quelle domande che avrebbe fatto se fosse stato lui a capo dell’inchiesta. Lì, Maigret capisce che molta parte dell’inchiesta stessa era stata svolta a porte chiuse, e quello che si vede in tribunale è solo la punta dell’iceberg. Prima della seduta finale, Maigret consegna una busta a O’ Rourke con il nome del colpevole secondo lui. Cosa che puntualmente si verificherà alla fine del processo, a seguito di un bel colpo di genio dello scrittore: un giurato chiede ai cinque quando hanno visto l’ultima volta Bessy, viva o morta. Il giurato è vicino a Maigret, sarà lui che gli ha suggerito la domanda scatenante? Non importa, e non importa anche se non seguiremo il verdetto, dato che Maigret è chiamato altrove. Ma non è quello importante, appunto. Il bello è stato seguire il dibattimento. Il bello è vedere che Maigret batte America 1 a 0! Forza Vecchio Mondo. Un'altra prova superlativa.
“Maigret e la vecchia signora”
[tit. or.: Maigret et la Vieille Dame; ling. or.: francese; pagine: 309 – 454 (156); anno 1950]
Il nostro girovago scrittore belga ancora una volta si mette in moto per le strade americane. Intanto, la moglie Tigy ed il primo figlio Marc si sono spostati da tempo a Carmel, in California, dato che avevano qualche “fastidio” ad aspettare la nascita del secondogenito. Dopo la nascita di John, anche Georges e Denyse si spostano in California, dove il nostro affitta una casa in Ocean View Avenue a Carmel (per noi che frequentiamo i posti, ricordo che Carmel è poco sotto Monterey). Tuttavia l’atmosfera non è serena. Simenon aspetta notizie dalla Francia sull’esito del ricorso per l’epurazione che ho menzionato nella precedente trama. Inoltre c’è tensione tra le due case “carmelitane”: quella nuova con Denyse e John, quella “antica” con Tigy, Marc e Boule. In questo momento oscuro, quindi, il nostro al solito si butta nella scrittura, ancora più del solito. In fine di novembre del ’49, in una settimana scrive questo romanzo, e due settimane dopo, in quattro giorni, completa il successivo. Al solito, scrivere di Maigret gli rasserena l’animo, dato che riversa sul commissario le sue “paturnie”. E mentre Georges sta lì a guardare le onde del Pacifico, il buon vecchio Jules si trova a risolvere un giallo sulle coste della Normandia. Prima di entrare nella trama notiamo comunque che, per tutto il romanzo, il commissario Maigret si fa un’overdose di Calvados, da quello a buon mercato delle osterie al super ricercato della signora Valentine (un Calvados di trent’anni). Perché, come diceva Queneau, “i Normanni bevevan Calvados” (da “I fiori blu”). L’inchiesta parte dalla visita di una vecchia signora al commissario Maigret a Parigi. Valentine Besson, vedova del farmacista Ferdinand, una volta ricco ed agiato, ma la cui fortuna, alla morte di lui, si è rapidamente dilapidata, chiede al nostro commissario di indagare sulla morte della sua cameriera Rose, che lei dice essere morta avvelenata al suo posto. Altro inciso, la “vecchia signora” (che non è la Juventus come direbbero i patiti del pallone) scopriremo nel corso del libro che ha 62 anni. E la chiamano vecchia? Vergona, Simenon! A sollecitare Maigret è anche il figliastro di Valentine, Charles, deputato e amico del Prefetto. Quindi Maigret, visto che poi le ferie non se le prende (quasi) mai, in questo ingrigente settembre parte da Parigi, fa sosta a Le Havre, e si dirige ed arriva ad Étretat, poco ridente cittadina sul canale della Manica. Dove tristi famiglie vanno a passare tristi estati al tristo sole del Nord. Magari a giugno c’è qualche giorno allegro. Di certo, a settembre non dev’essere particolarmente invitante. Al solito l’inchiesta di Maigret si sviluppa velocemente, anzi è forse più veloce l’inchiesta che la lettura. Tutto si concentra nei giorni del 6 e 7 settembre. Dove abbiamo modo di apprezzare sia il modo operativo del commissario, sia le facilità dello scrittore di presentarci persone e situazioni. Maigret, come di consueto, si aggira. Arriva a Étretat, si sistema in albergo, comincia a frequentare il luogo, magari insieme al locale ispettore di polizia. Ricostruisce, a suo modo, chi pensa cosa, chi si muove, chi tace. Abbiamo la signora Valentine, il cui ritratto è il più difficile da seguire, che si palesa non tutto insieme. Tanto che poi è bene ricostruirlo. Signorina belloccia ed affascinante, sposa un tizio poco appariscente che, dopo avergli dato una figlia, Arlette, si fa da parte (muore). Valentine fa qualche mestiere, per poi diventare commessa in una pasticceria, dove conosce il vecchio farmacista Ferdinand, già carico di due figli. Ferdinand è ricco, Valentine lo sposa. E per molti anni fanno la bella vita, fino a che, di tracollo in tracollo (il mercato delle creme passa dallo stato artigianale a quello industriale e Ferdinand non ha il piglio da capitano d’industria), la fortuna è dilapidata. Ferdinand muore e Valentine vive di una piccola rendita. Sembra fragile e bonaria, ma entrando in casa si notano dissonanze. Elementi finto lusso, accanto a esposizioni di povertà. Elemosina ai poveri e tirchierie familiari. Che riversa sulla povera cameriera Rose, figlia di pescatori della vicina cittadina di Yport. Rose che muore per aver bevuto un bicchiere con arsenico, sembra destinato a Valentine e motore delle indagini del commissario. Morte che avviene nel giorno del compleanno di Valentine, dove erano tutti presenti. La figlia Arlette, che per fuggire di casa, sposa un oscuro dentista parigino, e che trova tutti i modi di andare a letto con chiunque. Tanto che nella notte della tragedia stava a letto con il suo ultimo amante. I due figliastri: Charles, il deputato, quello che ha fatto carriera, sposato con figli, e Théo, celibe senza professione, che vive di espedienti e di gioco al casino. Théo che da giovane era concupito da Arlette. Théo che si allontana anche lui dalla famiglia, ma che Maigret scopre frequenti Rose nell’ultimo periodo. Per darci il quadro del piccolo mondo di provincia, Simenon ci fa conoscere anche i parenti di Rose, in particolare il fratello Henri. Duri, testardi, e sicuri che è la famiglia Besson in qualche modo colpevole della morte di Rose. Tutto precipita e si risolve quando Maigret fa in modo di convogliare sospetti e sospettati verso la magione di Valentine. Anche qui in una notte fosca si ritrovano Valentine, Henri e Théo. Ci sarà una nuova morte, ma questo darà modo a Maigret di risolvere il caso. Si sente il momento cupo di Simenon, non c’è l’approccio solare del precedente. C’è solo l’aggrapparsi dello scrittore al suo autore di rifugio. Dove continua (e lo vedremo meglio anche nel successivo) a farci vedere in controluce i suoi momenti. La stabilità della famiglia Maigret, cui lui tende. L’insicurezza delle famiglie multiple, anche qui con vedove, figli di primo e di secondo letto (o di letto trasversale). Famiglie che hanno o generano problemi. E nonostante il sole californiano, la vicenda si svolge al pallido sole normanno, riscaldati dal solo calvados.
“Quando si diventa vecchi, non si bada più all’opinione della gente, e si fa quel che si vuole.” (405)
“L’amica della signora Maigret”
[tit. or.: L'Amie de madame Maigret; ling. or.: francese; pagine: 457 – 610 (153); anno 1950]
Passano solo cinque giorni dalla chiusura del precedente romanzo, che già Simenon si butta a capofitto in una nuova avventura di Maigret. Non ci sono quindi nuovi avvenimenti di contesto che ci aiutano a decifrare il libro. Dove infatti aleggia ancora l’aria dimessa che nel precedente faceva da padrona. Tuttavia, il fatto di far tornare l’azione a Parigi, nei luoghi deputati del Simenon-Maigret, già dà un piglio diverso all’atmosfera. Che risente beneficamente anche dalla parte attiva che nel romanzo stesso ha la signora Maigret. Notiamo inoltre che nei 74 romanzi-Maigret (escludiamo il successivo perché, poi lo capirete) ben 66 iniziano nel primo capitolo con la presenza del commissario fin dalle prime righe. Anzi, nel primo paragrafo. 7 si palesa durante il primo capitolo, e solo in uno non entra in scena che nel secondo capitolo. Altro elemento di novità di questo romanzo, è l’inizio della presenza di un nuovo collaboratore del commissario, il giovane ispettore Lapointe (che diverrà uno dei preferiti di Maigret, e lo vedremo ben presto). Facciamo anche un piccolo inciso sui “quattro moschettieri”, i quattro fedeli collaboratori del nostro commissario. Il “bravo” Lucas (André) è il primo, che compare brevemente nel primo Maigret scritto (Pietro il lettone) e si palesa integralmente ne “Il cavalcante della ‘Provvidenza’” (marzo 1931). Il “piccolo” Janvier (Albert) entra invece in campo ne “La testa in gioco” (settembre 1931). Il “grosso” Torrence (Joseph) è il primo alter-ego di Maigret, presente proprio nel primo libro (Pietro il lettone del 1929) dove però muore; Simenon lo farà resuscitare già fin dai cicli “Gallimard”, ma non riprenderà più il posto accanto al capo, che ormai ha stabilmente Lucas (che tra l’altro prenderà il posto di Maigret quando quest’ultimo andrà in pensione). Il “giovane” Lapointe (Albert, come Janvier) appare solo qui, vent’anni dopo i primi volumi del commissario. Ma torniamo allora al romanzo, che inizia con l’avventura della signora Maigret che si trova abbandonata in Place d’Anvers dalla sua “amica” che gli lascia un bambino di due-tre anni da guardare, e che scompare per due ore. Disavventura che lascia interdetta la signora Maigret e lascia il commissario senza pranzo. Maigret intanto stava indagando su di una strana storia che si svolge vicino a Place des Vosges. In base a segnalazioni anonime, vengono scoperti denti umani nella caldaia di un rilegatore di libri belga, Franz Steuvels. Che viene fermato per accertamenti. Il tutto complicato dalla presenza di un avvocato rampante che mette molti bastoni tra gli ingranaggi di Maigret. Si scoprirà con il tempo che il tutto è legato proprio … al giovane Lapointe. Che, preso dalla foga della prima indagine, ne parla con la sorella, che ne parla al suo ragazzo, che è legato all’avvocato. Questa è una delle più lunghe, temporalmente, inchieste di Maigret. Il tempo passa, non si fanno passi avanti su Franz, e la polizia dedica del tempo all’avventura della signora Maigret. Scoprendo che la signorina presunta amica, seguendone i percorsi in taxi, si era recata da un losco figuro, a sua volta legato a tal Alfred Moss. Ex-acrobata ed ora, da anni, truffatore a tempo pieno. Tanto che tutti i grandi alberghi gli negano l’ingresso anche solo nei loro atri. Il divertente è che anche la signora Maigret fa delle sue indagini, colpita dall’insolito cappellino della signorina. Gira che ti rigira sarà lei a scoprire che il cappello è stato acquistato dalla ricca contessa italiana Panetti. La quale ha una dama di compagnia italiana, Gloria, che corrisponde alla descrizione della signorina stessa. Indagando sulla contessa, misteriosamente scomparsa, Maigret collega Gloria, il suo amante, il figlio di Gloria proveniente da un precedente matrimonio, e l’amico dell’amante, che non è altro che Alfred. Il tutto precipita verso la soluzione quando si scopre, ma solo dopo un mese, una macchina finita in un ramo della Senna a pochi chilometri da Parigi, e con dentro il corpo della contessa. Uccisa con un colpo di pistola. Non avremo subito tutte le soluzioni dei vari personaggi, che Simenon relega in alcuni trafiletti finali che ci faranno avere le chiavi finali della vicenda. Avremo soltanto un lungo colloquio-interrogatorio tra Maigret e Franz, quando il nostro commissario scopre che Alfred e Franz sono fratelli e che, un mese prima, era stata pubblicata una sua foto in compagnia della moglie. Ma i nodi ve li lascio leggere con calma. Notiamo soltanto alcune altre chicche del romanzo, che è intrigante ma non riuscitissimo come i primi tre. A parte il ruolo della signora Maigret, inusuale e quasi mai ripetuto, abbiamo anche una serata al cinema della famiglia Maigret (peccato non sapere che film sono andati a vedere), preceduta anche da una cena al ristorante, dove il nostro si prenda la sua solita choucroute. Che, per chi non lo ricordasse, è un piatto di crauti contornato da diversi tagli di carne di maiale (salsicce, lardo, cotechino e altre cose leggerissime). Inoltre c’è un’insistenza spaziale nel collocare pedinamenti e appostamenti alla casa di Franz, tra Place des Vosges e rue de Turenne, e le avventure della signora Maigret, sotto Montmartre, tra place d’Anvers e rue Lepic. Ah, quanti ricordi delle mie passeggiate solitarie su e giù per Parigi.
“Le memorie di Maigret”
[tit. or.: Les Mémoires de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 613 – 745 (132); anno 1951]
Momento cruciale nella vita di Simenon, che ne approfitta anche per fare un punto proprio dei suoi rapporti con il personaggio amato-odiato, ma che quanto meno è quello che gli consente i maggiori incassi. Gli dà da vivere e da poter scrivere anche i suoi romanzi “di letteratura”, come a volte si esprime. Non è un caso che passino ben 9 mesi tra la stesura dell’ultimo Maigret e questo nuovo capitolo della saga. Nove mesi cruciali: per le leggi americane non può riconoscere il figlio John nato in settembre del ’49. Allora il 21 giugno del ’50 a Reno nel Nevada divorzia da Régine Renchon ed il 22 giugno (cioè il giorno dopo!) sposa Denyse Ouimet. Secondo colpo di testa: i “nuovi” Simenon decidono di tornare verso l’Atlantico e Simenon compra una villa, chiamata “Shadow Rock Farm” a Lakeville nel Connecticut (a metà strada tra New York ed il Canada di Denyse). Tigy, con Marc e Boule, invece, risiede in un’altra villa, “Salmon Creek”, nel villaggio di Lime Rock a quattro miglia a sud-est di Lakeville. La vicinanza con il Canada fa sì che spesso sia nella fattoria la madre di Denyse, egocentrica e chiacchierona, che tiene tutti alzati sino a dopo la mezzanotte (e Simenon era invece abituato ad orari più regolari), così che il nostro non riesce a scrivere nulla di lungo e/o impegnativo. Solo in settembre, senza suocere, e rintanato nello studio in nove giorni butta giù un nuovo Maigret. Ma come detto è un Maigret che serve da raccordo, che fa un punto del passato e mette delle basi per l’avvenire. Simenon ha bisogno di costruire una storia organica intorno al suo personaggio, quasi a dargli delle fondamenta. Poiché sino ad ora, ogni romanzo nasceva da un’idea, senza che lo scrittore si curasse più di tanto di una “storiografia” di Maigret. Non è come gli autori seriali moderni, che sembrano facciano nascere i loro personaggi con tutta una storia intorno, e che li seguono nel percorso di vita, tipo nascita, matrimonio e morte. Eccoci allora con queste “memorie” che non tirano fuori nessun mistero, nessun giallo, ma danno modo di mettere una serie di puntini sulle frasi della vita del commissario. Certo, Simenon consulta i suoi appunti di modo che, in queste memorie, noi che abbiamo letto i precedenti 34 romanzi ci ritroviamo nessi ed annessi. Da un lato, quindi, ci ritroviamo ad ancorare il personaggio alla sua storia, in modo che Simenon ci dica: “guardate è un poliziotto vero, non un’invenzione”. Abbiamo la giovinezza in campagna, dove nasce nel 1887, dove il padre è amministratore di un castello e delle fattorie afferenti. Ad otto anni la madre muore in seguito ad un parto mal riuscito, soprattutto a causa del maldestro medico. Che però non verrà mai rimproverato dal padre Evariste, e questa sarà una forte lezione per il futuro “accomodatore di destini”. Visto che il padre è solo, il piccolo Jules viene affidato ad una zia paterna e va a vivere in quel di Nantes, dove studia, fa il liceo, poi inizia gli studi di medicina. Nel 1906 il padre, 44 anni, muore di pleurite. L’anno successivo anche la zia muore di pleurite. Maigret abbandona gli studi, va a Parigi per cercare un lavoro, abita vicino alla Senna, e scopre un vicino, ispettore di polizia, che lo affascina, e decide di diventare poliziotto. Qui c’è un piccolo salto temporale, per noi che ricostruiamo la storia. Dovrebbe essere l’inizio del 1908, ma invece si dice che Maigret diventa agente ciclista nel 1909. Si fa ben presto notare, tanto che viene chiamato a fare il segretario nel commissariato del IX arrondissement (come abbiamo visto nel romanzo “La prima inchiesta di Maigret”). Alcuni anni dopo incontra per caso un ex-compagno di liceo, che sta facendo il filo ad una signorina, e che lo convince ad accompagnarlo, per non sentirsi solo, ai venerdì di casa Léonard. Lì conosce questa signorina, Louise, che non ha interesse per l’amico, ma che si interessa a Jules. Maigret-Simenon ci dona alcune descrizioni di questi venerdì e dell’imbranato comportamento di Jules e delle dolcezze di Louise che sono mirabili. Nel 1912 trova una nuova casa, dove pensa di abitare per poco tempo ma che sarà la sua casa di sempre, al 132 di boulevard Richard-Lenoir. Lo stesso anno sposa Louise. Il resto delle memorie sono occupate da considerazioni sulla polizia, sul suo ruolo nella stessa e sui comportamenti suoi presso la Polizia Giudiziaria. Ma la cosa più intrigante è l’attacco, ed alcune considerazioni sparse, riguardanti i rapporti tra Maigret e Simenon. Il commissario racconta la finzione di una sua conoscenza con lo scrittore intorno al 1927, quando questi visita a più riprese il Quai des Orfèvres per capire le dinamiche poliziesche e seguire alcune indagini. Che convoglierà nei suoi scritti. È divertente questo intreccio di finzione nella finzione, con Maigret che si lamenta del fatto che lo scrittore riporti solo i casi più eclatanti, dimenticando (omettendo) la vita quotidiana e ben più significativa, secondo il commissario. Divertente al quadrato è la confessione che Maigret ha uno scaffale con tutti i libri di Simenon, da lui sottolineati nelle parti che lo scrittore ha modificato. Perché secondo Simenon, lo scrittore vero, a volte bisogna enfatizzare e modificare la realtà per rendere il racconto più “veritiero”. Una affermazione che, benché da discutere, ha un suo fascino. Dice Simenon: “la qualità della verità è di essere semplice, ed io ho semplificato”. Tutto per dimostrare alla fine che Simenon e Maigret sono realmente amici, tanto che Louise, in fine di romanzo, sta sferruzzando delle babbucce a maglina per il piccolo John! Solo un’ultima precisazione: durante il primo incontro, il commissario Maigret parla degli usi e costumi del tempo, ricordando la liberalità che andava percorrendo la città, e citando come uno degli elementi il libro, secondo lui appena uscito, di Victor Mergueritte “La Garçonne”. Libro che andrebbe ripreso in altro contesto, ma che qui ricordiamo solo per essere uscito 5 anni prima degli avvenimenti descritti. Più attenzione Georges!
Mentre ci si prepara ad un altro week-end di assoluto riposo, come ben sapete e non ripeto, mentre ci si prepara, anche, alla fine del mese in quelle terre mediorientali che non ci si stanca mai di visitare, ricordo a tutti che si aprono scenari interessanti per un settembre “cino-veneto”. Per chi non capisce cosa dico, rimando ai siti dove lo si spiega.

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