domenica 2 luglio 2017

(Ar)Rocco - 02 luglio 2017

Perché come avrete immediatamente capito, parliamo del vicequestore Rocco Schiavone. E lo avrei potuto anche chiamare Ah-Rocco, con un po’ di rimpianto. Che il seriale di Antonio Manzini, che ha avuto un buon inizio, verso la quarta scrittura comincia ad affondare nelle sabbie mobili. Dove anche pavento cosa sarà del non ancor letto quinto libro. Peccato, perché il personaggio è simpatico. Inoltre, è anche stato ben reso in TV da uno dei miei attori preferiti, Marco Giallini. Tra l’altro, per le oscure trame di lettura, noterete che il primo Manzini risale addirittura all’ottobre di due anni fa.
Antonio Manzini “Pista nera” Sellerio euro 13 (in realtà, scontato a 9,10 euro)
[A: 10/05/2014– I: 24/10/2015 – T: 26/10/2015] - &&&+
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 275; anno 2013]
Avevo letto un racconto in cui si muoveva il vicequestore Rocco Schiavone (che ormai, con buona pace di Maigret, non si chiamano più commissari). Mi aveva incuriosito da una parte, per l’acume che Rocco mostra. E lasciato perplesso da più parti, sulla reale retta che un personaggio così ambiguo (vedremo poi perché) potesse avere. Ma si sa, la curiosità è uno dei miei soprannomi (e vi risparmio il lungo elenco degli altri). Così, approfittando di una svendita dei libri della Sellerio, ne ho acquistati un blocco, immergendomi ora nella lettura del primo romanzo interamente a lui dedicato. Con un risultato finale che conferma il bene ed il male che ne dicevo poc’anzi. Antonio Manzini, che nasce attore e sceneggiatore, ha un buon rapporto con la scrittura. E da romano “verace” anche con le modulazioni delle tipologie romanesche. Da qui, la sua galleria di personaggi che, tutto sommato, sono forse la parte migliore. A parte Schiavone, su cui si ritorna, abbiamo l’agente Italo Pierron, defilato eppur sempre presente, discretamente ironico, blandamente poliziotto. Poi la squadra di Aosta, ancora non tutta sulla stessa marcia, ma ben delineata, con l’ispettrice Rispoli, pronta a diventare un valido aiuto, e con i caratteristi minori (Deruta, D’Intino, Caciuoppolo). Senza dimenticare il re delle autopsie Fumagalli (da ricordare anche perché ha una moglie che è uno schianto) ed il questore Baldi, che vede anche troppo, ma sa discernere dove fermare lo sguardo. Al centro, com’è ovvio, il nostro Rocco. Poliziotto sul filo, sempre in contrasto con il potere più che con i superiori. Con il cassetto pieno di spinelli da fumare quando è sotto pressione. Sempre pronto a seguire ed a commentare il gentil sesso. Qui apro una parentesi, che già nel primo racconto che avevo letto mi veniva il dubbio sulla presenza – assenza della moglie Marina. E qui ne ritroviamo la stessa incongruente altalena, dove sempre più sono convinto che la suddetta sia in qualche modo morta. Per Rocco è l’unica donna cui può voler bene. Ma la carne è debole, e da qualche parte Rocco incanala le sue energie sessuali (qui a lungo con la bellissima Nora). Tornando ai suoi rapporti con il potere, Rocco, romano de Trastevere, lo incontriamo in questa prima uscita trasferito in quel di Aosta, non per le sue uscite di pista (dove anche qui, si esibisce nel sequestro di un camion di cingalesi, armi e marijuana, portando i cingalesi a Torino, le armi in questura, e la droga a spartirsela con l’amico Sebastiano), ma per aver malmenato al limite della menomazione permanente un seduttore di ragazzine dodicenni. Che per sua sfortuna è figlio di gente altolocata. Quindi, niente carcere per il cattivo e trasferimento per il vicequestore. Che nel freddo inverno valdostano, si trova a dover affrontare una “rottura di palle a livello dieci”: un omicidio. Purtroppo, la parte gialla non è così avvincente come il contorno, come si può arguire dal numero medio di libricini. Un corpo viene travolto da un gatto delle nevi in mezzo ad una scorciatoia. E già da pagina due si capisce che chi ha deviato il percorso del gatto deve entrarci in qualche modo. Il morto, da poco sposato, con la bella moglie Luisa aveva messo su un resort da favola, che, pur con l’iniziale inerzia delle iniziative commerciali, stava decollando. Peccato che avesse dovuto chiedere prestiti per coprire le ingenti spese. Soldi che deve ad Omar, ex-fidanzato della moglie. Soldi che cerca di recuperare tramite il fratello siciliano, che non ne vuole sapere. Moglie che rimane in cinta, ma, come si saprà, Luigi è totalmente sterile. Ecco tre buoni motivi per farlo fuori: gelosie, denaro, mafia. Come detto, non si capiscono subito tutti i meccanismi, che con Schiavone e l’aiuto delle forze di polizia, ad uno ad uno verranno fuori. Ma sono troppo evidenti ad una attenta lettura. Riamane però il contorno di scrittura. Il rovello di Rocco per Marina e per le sue “parole del giorno” (e comunque agucchiare la conoscevo anche io, ma non “iattazione”). Il rapporto di Rocco con le donne, con il cibo, con Sebastiano, con Italo, insomma, singolarmente, con tutte le componenti del mondo. Ripeto infine che si legge agilmente, non stanca, anzi è difficile convincersi a poggiare il libro per dedicarsi ad altro. Ricordandomi qualche estate giovanile in quel di Gressoney, saluto Champoluc, ed attendo il secondo libro.
Antonio Manzini “La costola di Adamo” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 13,30 euro)
[A: 01/03/2015– I: 01/02/2016 – T: 03/02/2016] - &&&&
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 284; anno 2013]
Riprendo questa seconda uscita del vice questore Rocco Schiavone con le ultime considerazioni del primo romanzo: una buona scrittura da cui è difficile staccarsi, tanto che, una volta entrati nel tunnel della vicenda, sono dovuto arrivare sino in fondo, a notte fonda. Dovrai anche ripetere, in pratica, quasi tutto quanto scritto qualche mese fa, su Rocco, sulla sua squadra (poliziotti, medici e questore), per finire con l’ambientazione atipica in una cittadina, Aosta, che non è spesso teatro di azioni letterarie. Ripercorrendo tutte le note positive sopra esposte, con alcuni approfondimenti. La descrizione del video che si riferisce all’appostamento di Deruta e D’Intino per il fermo dei due spacciatori è degno dei migliori Stanlio ed Ollio. Continuano i seri problemi di Rocco con le donne, dovute, di fondo ed ora lo possiamo dire esplicitamente, alla non elaborazione completa del lutto per la morte violenta dell’amatissima moglie Marina. Così che, da un lato si ritrova ad avere relazioni che vanno poco oltre la sfera sessuale (quella cominciata con Nora nel primo libro, e che in questo sembra ormai volgere alla fine) dall’altro continua la sua macerazione casalinga con questo incessante dialogo fantasmatico con Marina, con le manie di lei, gli umori di lui. Questa è tuttavia la parte meno riuscita del personaggio, che dovrebbe trovare il modo di affrontare a viso aperto i suoi demoni. Cerca di farlo al cimitero, nell’anniversario della morte, incontrando i genitori di lei, ma si ferma sempre un passo prima. Volge invece verso un possibile idillio lo sguardo in tralice tra Italo e Caterina. Anche qui, gli amori sul luogo di lavoro si sa che non hanno vita facile, ma la coppia ha una sua forza che credo possa reggere entrambe le uscite (nel senso che i due personaggi ne possono uscire bene sia se la loro storia procede, sia se rimane un affare di sesso). Terminando le azioni di contorno, come nel precedente c’è una digressione dal filone principale, in cui il nostro Rocco riprende i mai sopiti legami con i suoi amici “sbandati di Trastevere”, questa volta “a fin di bene”, cercando cioè di mettere un punto definitivo alle storie dello sbandato violentatore di minorenni. Quello che Rocco aveva storpiato prima del primo romanzo (ci sarà anche qui un prequel?), e che lo aveva costretto all’esilio aostano. Ora, mettendoci paura che faccia qualcosa di irreparabile, lo affronta di nuovo e con lui l’esimio padre. Ho tuttavia paura che non finirà qui (possibile che durante l’intimidazione suoni il suo cellulare con l’inconfondibile trillo dell’Inno alla Gioia di Beethoven?). La storia principale invece segue la brutta fine che fa la signora Ester Baudo trovata cadavere dalla sua collaboratrice domestica, la bielorussa Irina. Con una strana particolarità: la cucina è tutta sottosopra, quasi devastata; lo studio dove il corpo è impiccato al lampadario rimane quasi ordinato; la camera da letto, dove stavano i gioielli, è pulita, meno la scatoletta con i preziosi. E subito compare il non particolarmente simpatico marito, Patrizio Baudo, rivenditore di articoli sportivi, appassionato di bicicletta (ha una Colnago da seimila euro), e, dopo la parte iniziale, lo troviamo quasi sempre in chiesa con Don Sandro. Parte inziale dove compare una magistrale la citazione del film “Il pescatore di sogni” a pagina 61, che ricordo essere un brutto titolo italiano per un film con una sua parte di interesse essendo tratto dal bellissimo libro di Paul Torday “Pesca al salmone nello Yemen”, di cui ho ampiamente parlato (fine agosto dello scorso anno) e che vi invito a rileggere se non lo ricordate. Compare poi Adalgisa, l’amica intima di Ester, che dice e non dice. Compaiono i ladruncoli che hanno effettuato il furto in casa Baudo, incastrati dalla perizia interrogativa di Rocco. Si fa vivo spesso il dottor Fumagalli, l’anatomo-patologo, che rivela una serie di particolari inquietanti, sulle ferite di Ester, presenti e passate, e sui segni al collo che mostrano delle stranezze non sempre imputabili allo strangolamento o all’impiccagione. Come detto, il giallo non è ancora il forte di Manzini, anche se il libricino in più lo merita proprio per la trovata finale, che ha fatto meravigliare anche un lettore ormai avvezzo ai più contorti finali. Bravo scrittore, e bravo nel continuare a scrivere di Rocco e delle sue avventure. Un vice questore che è e sarà Rocco, e non potrà essere, fortunatamente, Salvo, che sono due filoni diversi, e solo delle trovate editoriali poco convincenti sembrano voler accomunare. Insomma, un libro (anzi due, con il precedente) che si leggono con piacere e che promettono di introdurre altre future piacevoli letture. Solo un piccolo appunto: credo la vicenda si svolga nel 2012 (Rocco dice che son passati cinque anni dalla morte di Marina), ma quell’anno non ci fu nessuna partita Roma – Inter nel mese di marzo. Farei un po’ di attenzione alle collocazioni temporali, la prossima volta.
“Hegel … diceva che il giornale era la preghiera laica del mattino.” (91)
Antonio Manzini “Non è stagione” Sellerio euro 14
[A: 07/05/2015 – I: 21/06/2017 – T: 23/06/2017] - &&& e ½
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 317; anno 2015]
Sono fortunatamente scampato alla pur bella (mi si dice) serie televisiva in cui il nostro vicequestore è magistralmente interpretato da uno degli attori italiani cui sono molto legato, Marco Giallini. Scampato perché posso così continuare a parlare di Rocco e del suo autore senza tema di condizionamenti. Intanto devo constatare che, per le bizzarrie delle mie letture casuali, questi primi tre episodi lunghi sono stati letti al ritmo, per me impensabile, di uno all’anno. Se n’è perso un po’ di immediatezza. Se ne acquista, spero, in ponderatezza. Rocco (che non è Salvo, come forse ho già detto, ma che ripeto) è ai limiti delle regole, ma deontologicamente integro nelle sue certezze: fedeltà (di fondo) alle istituzioni, amore (viscerale) per le amicizie ed i rapporti amicali (non per quelli umani in generale, che un pochino orso lo è). passano i libri, ed il personaggio si arrotonda (non che ingrassi, ma se ne ricava, come direbbe uno scultore, un personaggio a tutto tondo). Con le sue idiosincrasie (la famosa scale di “rotture di palle” dal sesto al decimo grado, che andrebbe anche meglio approfondita), gli spinelli all’alba, le donne con cui si va a letto, ma che non entrano nella sua corazza, e Marina, la moglie che sappiamo morta da almeno cinque anni, e con la quale continua il dialogo mai interrotto. Ritengo, personalmente, che questa, pur essendo una bella trovata, alla lunga, se l’autore non la risolve in qualche modo, rischia di essere una palla al piede della storia. Con i suoi contraltari che si precisano meglio: il secondo Italo, aiutante in primis e spalla delle vicende, la brava Caterina, che per ora sta con Italo ma non si sa mai, che è il mago dei computer della Polizia, e che è a casa con l’influenza. Sparisce (forse) la donna delle prime storie, e compare Anna (ma sarà storia vera?). I macchiettisti del commissariato continuano a fare il loro dovere: il duo comico Deruta - D’Intino, l’emergente Antonio, il patologo Fumagalli, e via elencando. La storia ha un suo svolgimento interessante, perché si intreccia con la vita quotidiana in una città dall’andamento normale come (sembra) Aosta. Anche se gli “intarsi” in cui seguiamo il soggettivo della rapita Chiara poco ci servono, se non ad allungare il brodo delle pagine. Mentre il bandolo si precisa, che tutto si lega, più o meno. C’è il giovane Max, pluriripetente dedito al piccolo spaccio dove ruba eccitanti nelle dispense del padre medico, c’è Chiara, la sua fidanzata, ci sono i due cattivi che, utilizzando le droghe di Max, rapiscono Chiara per un duplice motivo (sesso e qualcosa d’altro, che si preciserà lungo la strada). I due però sbandano sul bagnato e muoiono, lasciando Chiara legata in una baita isolata. Ma qual era il secondo motivo? Il padre di Chiara ha una azienda edilizia che non avendo più crediti dalla banca di cui è direttrice la madre di Max, si deve rivolgere, su consiglio di questa, ad una banda di strozzini legati alla mafia calabrese. Utilizzando in questo come tramite Cristiano, il numero due della ditta edile, e come “longa manus” il proprietario di un’infima pizzeria. Peccato che Cristiano sia (anche) omo, ed abbia come amante niente meno che Marcello lo zio di Chiara, omo e professore di matematica. Il tutto si condensa nella fertile mente di Rocco quando: il patologo Fumagalli gli rivela che uno dei due morti ha una vaginosi, così come Chiara, Cristiano viene ucciso ed il secondo morto si scopre che prima di morire ha fatto una telefonata che potrebbe essere o a Cristiano o a Marcello, la ditta del padre di Chiara deve essere frazionata ed una parte dovrebbe andare al proprietario della pizzeria. Insomma, una confusione globale, che solo grazie alle idee luminose di Rocco, al sostegno (anche fumogeno) di Italo, alla bravura di Caterina, si riesce a dipanare. Salvando anche, se pur a fatica, la bella Chiara dalla morte del topo. Ed arrestando il colpevole ultimo prima che ripari in Svizzera. Ma questo è il contorno d’azione e ragionamento. Poi c’è il maggio valdostano, che non riesce a sbocciare (come precisa il titolo). Poi c’è il rapporto con Marina (la moglie morta) e con Anna (l’amante viva). C’è il passato che ritorna quando la sua amica Adele, in visita in quel di Aosta, viene trucidata al suo posto, nel suo letto, mentre lui si “sollazzava” con Anna. Manzini ha costruito un bell’impianto, foriero di seguiti ravvicinati (in questo libro molti nodi vengono sciolti, ma non tutti). Soprattutto rimane in sospeso la morte di Adele, nonché il collegamento con la vicenda della morte di Marina. A me Rocco non dispiace, anche se a volte l’andamento è un po’ più lento di quanto mi piaccia, inclusa la mai sopita mancanza della capitale, che un po’ mi disturba (benché io sia intrinsecamente legato a Roma). Ma è una lettura che, fino ad ora, trovo gradevole. Anche se gli intarsi con la moglie morta (al di là dei gradevoli rimandi enigmistici), continuano a non convincermi, ci sono spunti ironici che gradisco. E qualche collegamento, probabilmente solo personale, che fa volare il pensiero in modo ameno. Come quello di paragonare il cattivo Mimmo alla Fratercula arctica (spero ne sia contento mio cugino Alessandro). Uccellino che mi riporta ai bellissimi viaggi in terra d’Islanda (dove spero tornare) ed a quella roccia con tanti nidi di pulcinella di mare.
“Quando un cane ti trova, lo devi tenere. Non è mai un caso se nella vita ne incroci uno.” (305)
Antonio Manzini “Era di Maggio” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 11,90 euro)
[A: 09/02/2016 – I: 23/06/2017 – T: 26/06/2017] - &&& --
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 379; anno 2015]
Posso dire l’avevo detto? Manzini ha una bella scrittura da sceneggiatore, che accompagna gradevolmente la lettura. Rocco Schiavone è un bel personaggio costruito sulla base di tanti investigatori della letteratura gialla, ma con delle belle caratteristiche: ha una certa frequentazione con gli ambienti “al limite”, ha rispetto per la giustizia ma insofferenza per le istituzioni, fuma spinelli, vive ed elabora nel corso del tempo il grande dolore dell’uccisione della moglie Marina. Tuttavia, dopo tre prove lunghe di buona resa (nonché una serie di racconti sparsi tra le varie pieghe dei gialli Sellerio), la storia si sta incartando. Che questa infatti sembra la seconda parte del libro da poco tramato. Dove avevo evidenziato come non tutti i nodi erano venuti al pettine. È vero, Schiavone ed i suoi avevano sventato una pesante infiltrazione mafiosa negli appalti e nella vita pubblica aostana. Ma non tutti i ruoli della vicenda erano stati chiariti. Inoltre, c’è l’uccisione di Adele, che muore al posto di Rocco quando lui decide di passare la notte da Anna. Allora, in questo maggio che continua il non-maggio precedente (ricordo che il precedente episodio era intitolato “Non è stagione”, laddove, pur essendo in maggio nelle Valle continua a piovere ed a volte a nevicare) si riprendono e si approfondiscono le vicende gialle, inserendo di contorno gli andamenti privati e pubblici della vita di Rocco e dei suoi comprimari. Intanto Italo e Caterina stanno attraversando una crisi che sembra irreversibile: troppo mirato a costruirsi una famiglia lui, troppo (ma non è vero, giustamente) indipendente lei. Poi, i sodali romani, insieme o a gruppi continuano le indagini sulla morte di Adele. Mentre le vicende gialle prendono le mosse dall’uccisione in carcere del Mimmo mafioso calabrese, longa manus del rapimento del libro precedente, nonché collegamento tra gruppi vari ed il don, tal Carlo Cutrì, misteriosamente introvabile. Rocco viene divelto dai suoi ozi forzati (e dalle sue pippe su tutte le sue morti) ed inizia l’indagine carceriera. Aiutato da una felice intuizione del patologo Fumagalli, che scopre una strana sostanza nel corpo del morto. Strana e volatile, ma di cui comincia a seguire le tracce. Anna cerca di riacchiappare Rocco, portandolo ad una grande festa, con tutti i maggiorenti aostani. Con la famiglia Turrini (i genitori di Max, fidanzato di Chiara la rapita) in testa, con l’architetto Grange in carriera, con la conturbante Amalia, con lo stalliere tuttofare, con il terrorista nero riciclatosi in vinaiolo. Il riacchiappo non riesce, ma Rocco comincia ad avere delle intuizioni. Che approfondisce studiano i video della sorveglianza per l’uccisione del Mimmo. Da cui intuisce molto, soprattutto il ruolo di una guardia carceraria, con lo stesso cognome della bella Amalia. Saltando di palo in frasca, approfittando di una cena cui partecipano il terrorista, Amalia e lo stalliere, di un abboccamento lettesco con la stessa Amalia, nonché di una visita alla povera Chiara e del regalo che lei gli fa di alcune carte segrete trafugate dal giovane Max, Rocco stringe tutti i legami del secondo giro mafioso. Papà Turrini mette nome e cognome in molte società che vincono appalti soprattutto perché i concorrenti, in necessità di soldi, chiedono aiuto alla moglie direttrice di banca. Che li dirotta alle cosche mafiose del Cutrì. Che si scopre essere proprio lo stalliere (ricordo un po’ troppo Arcore…). Ma se il giro viene debellato, perché muore Mimmo, quasi ultima ruota del carro? Perché il padre di Chiara viene visto in compagnia della bella Amelia? Perché Amelia frequenta Cutrì? Perché il veleno scoperto da Fumagalli è comunemente usato in veterinaria? Tante domande cui questa volta Rocco e i suoi (fratelli?) questori danno una risposta definitiva. Rimangono le indagini sulla morte di Adele, che noi sappiamo già chi è stato. Ma ci rimangono ancora zone d’ombra. Alla fine, approfittando sia del definitivo lasciarsi con Anna, sia di un incontro ravvicinato con la bella Caterina (ahi, ahi, ahi, ispettrice…), sia del cambio di casa, veniamo a sapere che: tali Cristiano guidava la macchina dove stava Lucio che, per motivi questi si ignoti, sparò 6 anni prima a Rocco (che si salva), uccidendo però la moglie. Lucio che, data la risposta al fuoco di Rocco muore. Cristiano fa due anni di carcere, poi ripara nelle Marche. Dove viene ritrovato da Enzo, il fratello di Lucio, evaso dal carcere. E sarà proprio Enzo a sparare a quello che credeva Rocco invece era Adele. Questo è l’ultimo tassello che rimane aperto. E credo che sarà chiuso dal successivo libro di Rocco, non a caso intitolato “7-7-2007”, data della morte di Marina (nonché trentesimo anniversario del mio anno da autiere, nel 7° - 77). Che intanto e fortunatamente per i miei umori, entra meno nella storia di oggi, e sembra voler definitivamente uscire da quella di Rocco. Che si spera abbai elaborato il lutto. Che si fa anche il tifo perché vado più spesso a letto con la bella Caterina. Ma di questo ne sapremo meglio in futuro. Il fatto è che questi seriali reiterati, che non chiudono le parentesi durante quasi 400 pagine cominciano a stufarmi un po’. Ripeto, bellino, ben scritto, personaggi simpatici. Ma ci si aspetta un po’ di più, dall’autore e dal vicequestore Schiavone.
Giugno ebraico è volato in fretta, ed eccoci quindi di già a parlare della prima trama di luglio. Quindi, conseguentemente, dei libri letti in aprile, e dei loro giudizi. Con due libri ben sopra la media (il Garcia Marquez degli amori che durano una vita e le solite storie del BarLume di Malvaldi). Ma anche con due storie che precipitano verso la scarsa considerazione: un noir di Bradley che forse andava collocato nei NoirJr per essere apprezzato, ed un Wilbur Smith dedicato alla serie egizia del longseller, che mi è risultata veramente ostica.

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Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Gabriel Garcia Marquez
L’amore ai tempi del colera
Mondadori
9,50
4
2
Alan Bradley
Aringhe rosse senza mostarda
Repubblica MondoNoir
7,90
1
3
Pino Cacucci
Puerto Escondido
Feltrinelli
10
3
4
J. S. Fletcher
Il mistero di Charing Cross
Corriere della Sera Gialli
6,90
3
5
Wilbur Smith
Il Dio del deserto
TEA
7,50
1
6
Gabriel Garcia Marquez
Memoria delle mie puttane tristi
Mondadori
10
3
7
Jojo Moyes
Io prima di te
Mondadori
13
2
8
E. L. Doctorow
Ragtime
Mondadori
13
3
9
Georges Simenon
I Maigret – 8
Adelphi
s.p.
3
10
Marco Malvaldi
La battaglia navale
Sellerio
13
4
11
Michael Connelly
La scatola nera
Piemme
13
3
12
Rudolph Chelminski
Il perfezionista
Corriere della Sera Cucina
7,90
2
13
Magnus Montelius
L’inganno del passato
Corriere della Sera Svezia
7,90
1

Riprendiamo l’andamento non lento ma neanche troppo movimentato, dopo una bella pausa sulle pendici dell’Argentario (ed un’interessante saggio degli alunni di Rosa). Aspettando di capire se e come e quando si riesca a partire per questa breve visita in Oman. Aspettando di capire cosa succederà nel finire agostano (e ve ne parlerò più avanti). 

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