Perché come avrete immediatamente
capito, parliamo del vicequestore Rocco Schiavone. E lo avrei potuto anche
chiamare Ah-Rocco, con un po’ di rimpianto. Che il seriale di Antonio Manzini,
che ha avuto un buon inizio, verso la quarta scrittura comincia ad affondare
nelle sabbie mobili. Dove anche pavento cosa sarà del non ancor letto quinto
libro. Peccato, perché il personaggio è simpatico. Inoltre, è anche stato ben
reso in TV da uno dei miei attori preferiti, Marco Giallini. Tra l’altro, per
le oscure trame di lettura, noterete che il primo Manzini risale addirittura
all’ottobre di due anni fa.
Antonio Manzini “Pista nera” Sellerio euro 13 (in realtà, scontato a 9,10
euro)
[A: 10/05/2014– I: 24/10/2015 – T: 26/10/2015] - &&&+
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 275;
anno 2013]
Avevo
letto un racconto in cui si muoveva il vicequestore Rocco Schiavone (che ormai,
con buona pace di Maigret, non si chiamano più commissari). Mi aveva
incuriosito da una parte, per l’acume che Rocco mostra. E lasciato perplesso da
più parti, sulla reale retta che un personaggio così ambiguo (vedremo poi
perché) potesse avere. Ma si sa, la curiosità è uno dei miei soprannomi (e vi
risparmio il lungo elenco degli altri). Così, approfittando di una svendita dei
libri della Sellerio, ne ho acquistati un blocco, immergendomi ora nella
lettura del primo romanzo interamente a lui dedicato. Con un risultato finale
che conferma il bene ed il male che ne dicevo poc’anzi. Antonio Manzini, che
nasce attore e sceneggiatore, ha un buon rapporto con la scrittura. E da romano
“verace” anche con le modulazioni delle tipologie romanesche. Da qui, la sua
galleria di personaggi che, tutto sommato, sono forse la parte migliore. A
parte Schiavone, su cui si ritorna, abbiamo l’agente Italo Pierron, defilato
eppur sempre presente, discretamente ironico, blandamente poliziotto. Poi la
squadra di Aosta, ancora non tutta sulla stessa marcia, ma ben delineata, con
l’ispettrice Rispoli, pronta a diventare un valido aiuto, e con i caratteristi
minori (Deruta, D’Intino, Caciuoppolo). Senza dimenticare il re delle autopsie
Fumagalli (da ricordare anche perché ha una moglie che è uno schianto) ed il
questore Baldi, che vede anche troppo, ma sa discernere dove fermare lo
sguardo. Al centro, com’è ovvio, il nostro Rocco. Poliziotto sul filo, sempre
in contrasto con il potere più che con i superiori. Con il cassetto pieno di
spinelli da fumare quando è sotto pressione. Sempre pronto a seguire ed a
commentare il gentil sesso. Qui apro una parentesi, che già nel primo racconto
che avevo letto mi veniva il dubbio sulla presenza – assenza della moglie
Marina. E qui ne ritroviamo la stessa incongruente altalena, dove sempre più
sono convinto che la suddetta sia in qualche modo morta. Per Rocco è l’unica
donna cui può voler bene. Ma la carne è debole, e da qualche parte Rocco
incanala le sue energie sessuali (qui a lungo con la bellissima Nora). Tornando
ai suoi rapporti con il potere, Rocco, romano de Trastevere, lo incontriamo in
questa prima uscita trasferito in quel di Aosta, non per le sue uscite di pista
(dove anche qui, si esibisce nel sequestro di un camion di cingalesi, armi e marijuana,
portando i cingalesi a Torino, le armi in questura, e la droga a spartirsela
con l’amico Sebastiano), ma per aver malmenato al limite della menomazione
permanente un seduttore di ragazzine dodicenni. Che per sua sfortuna è figlio
di gente altolocata. Quindi, niente carcere per il cattivo e trasferimento per
il vicequestore. Che nel freddo inverno valdostano, si trova a dover affrontare
una “rottura di palle a livello dieci”: un omicidio. Purtroppo, la parte gialla
non è così avvincente come il contorno, come si può arguire dal numero medio di
libricini. Un corpo viene travolto da un gatto delle nevi in mezzo ad una
scorciatoia. E già da pagina due si capisce che chi ha deviato il percorso del
gatto deve entrarci in qualche modo. Il morto, da poco sposato, con la bella
moglie Luisa aveva messo su un resort da favola, che, pur con l’iniziale
inerzia delle iniziative commerciali, stava decollando. Peccato che avesse
dovuto chiedere prestiti per coprire le ingenti spese. Soldi che deve ad Omar,
ex-fidanzato della moglie. Soldi che cerca di recuperare tramite il fratello
siciliano, che non ne vuole sapere. Moglie che rimane in cinta, ma, come si
saprà, Luigi è totalmente sterile. Ecco tre buoni motivi per farlo fuori:
gelosie, denaro, mafia. Come detto, non si capiscono subito tutti i meccanismi,
che con Schiavone e l’aiuto delle forze di polizia, ad uno ad uno verranno
fuori. Ma sono troppo evidenti ad una attenta lettura. Riamane però il contorno
di scrittura. Il rovello di Rocco per Marina e per le sue “parole del giorno”
(e comunque agucchiare la conoscevo anche io, ma non “iattazione”). Il rapporto
di Rocco con le donne, con il cibo, con Sebastiano, con Italo, insomma,
singolarmente, con tutte le componenti del mondo. Ripeto infine che si legge
agilmente, non stanca, anzi è difficile convincersi a poggiare il libro per
dedicarsi ad altro. Ricordandomi qualche estate giovanile in quel di Gressoney,
saluto Champoluc, ed attendo il secondo libro.
Antonio Manzini “La costola di Adamo” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato
a 13,30 euro)
[A: 01/03/2015– I: 01/02/2016 – T: 03/02/2016] - &&&&
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 284;
anno 2013]
Riprendo questa seconda uscita
del vice questore Rocco Schiavone con le ultime considerazioni del primo
romanzo: una buona scrittura da cui è difficile staccarsi, tanto che, una volta
entrati nel tunnel della vicenda, sono dovuto arrivare sino in fondo, a notte
fonda. Dovrai anche ripetere, in pratica, quasi tutto quanto scritto qualche
mese fa, su Rocco, sulla sua squadra (poliziotti, medici e questore), per
finire con l’ambientazione atipica in una cittadina, Aosta, che non è spesso
teatro di azioni letterarie. Ripercorrendo tutte le note positive sopra
esposte, con alcuni approfondimenti. La descrizione del video che si riferisce
all’appostamento di Deruta e D’Intino per il fermo dei due spacciatori è degno
dei migliori Stanlio ed Ollio. Continuano i seri problemi di Rocco con le
donne, dovute, di fondo ed ora lo possiamo dire esplicitamente, alla non
elaborazione completa del lutto per la morte violenta dell’amatissima moglie
Marina. Così che, da un lato si ritrova ad avere relazioni che vanno poco oltre
la sfera sessuale (quella cominciata con Nora nel primo libro, e che in questo
sembra ormai volgere alla fine) dall’altro continua la sua macerazione
casalinga con questo incessante dialogo fantasmatico con Marina, con le manie
di lei, gli umori di lui. Questa è tuttavia la parte meno riuscita del
personaggio, che dovrebbe trovare il modo di affrontare a viso aperto i suoi
demoni. Cerca di farlo al cimitero, nell’anniversario della morte, incontrando
i genitori di lei, ma si ferma sempre un passo prima. Volge invece verso un
possibile idillio lo sguardo in tralice tra Italo e Caterina. Anche qui, gli
amori sul luogo di lavoro si sa che non hanno vita facile, ma la coppia ha una
sua forza che credo possa reggere entrambe le uscite (nel senso che i due
personaggi ne possono uscire bene sia se la loro storia procede, sia se rimane
un affare di sesso). Terminando le azioni di contorno, come nel precedente c’è
una digressione dal filone principale, in cui il nostro Rocco riprende i mai
sopiti legami con i suoi amici “sbandati di Trastevere”, questa volta “a fin di
bene”, cercando cioè di mettere un punto definitivo alle storie dello sbandato
violentatore di minorenni. Quello che Rocco aveva storpiato prima del primo
romanzo (ci sarà anche qui un prequel?), e che lo aveva costretto all’esilio
aostano. Ora, mettendoci paura che faccia qualcosa di irreparabile, lo affronta
di nuovo e con lui l’esimio padre. Ho tuttavia paura che non finirà qui
(possibile che durante l’intimidazione suoni il suo cellulare con
l’inconfondibile trillo dell’Inno alla Gioia di Beethoven?). La storia
principale invece segue la brutta fine che fa la signora Ester Baudo trovata
cadavere dalla sua collaboratrice domestica, la bielorussa Irina. Con una
strana particolarità: la cucina è tutta sottosopra, quasi devastata; lo studio
dove il corpo è impiccato al lampadario rimane quasi ordinato; la camera da
letto, dove stavano i gioielli, è pulita, meno la scatoletta con i preziosi. E
subito compare il non particolarmente simpatico marito, Patrizio Baudo,
rivenditore di articoli sportivi, appassionato di bicicletta (ha una Colnago da
seimila euro), e, dopo la parte iniziale, lo troviamo quasi sempre in chiesa
con Don Sandro. Parte inziale dove compare una magistrale la citazione del film
“Il pescatore di sogni” a pagina 61, che ricordo essere un brutto titolo
italiano per un film con una sua parte di interesse essendo tratto dal
bellissimo libro di Paul Torday “Pesca al salmone nello Yemen”, di cui ho
ampiamente parlato (fine agosto dello scorso anno) e che vi invito a rileggere
se non lo ricordate. Compare poi Adalgisa, l’amica intima di Ester, che dice e
non dice. Compaiono i ladruncoli che hanno effettuato il furto in casa Baudo,
incastrati dalla perizia interrogativa di Rocco. Si fa vivo spesso il dottor
Fumagalli, l’anatomo-patologo, che rivela una serie di particolari inquietanti,
sulle ferite di Ester, presenti e passate, e sui segni al collo che mostrano delle
stranezze non sempre imputabili allo strangolamento o all’impiccagione. Come
detto, il giallo non è ancora il forte di Manzini, anche se il libricino in più
lo merita proprio per la trovata finale, che ha fatto meravigliare anche un
lettore ormai avvezzo ai più contorti finali. Bravo scrittore, e bravo nel
continuare a scrivere di Rocco e delle sue avventure. Un vice questore che è e
sarà Rocco, e non potrà essere, fortunatamente, Salvo, che sono due filoni
diversi, e solo delle trovate editoriali poco convincenti sembrano voler
accomunare. Insomma, un libro (anzi due, con il precedente) che si leggono con
piacere e che promettono di introdurre altre future piacevoli letture. Solo un
piccolo appunto: credo la vicenda si svolga nel 2012 (Rocco dice che son
passati cinque anni dalla morte di Marina), ma quell’anno non ci fu nessuna
partita Roma – Inter nel mese di marzo. Farei un po’ di attenzione alle
collocazioni temporali, la prossima volta.
“Hegel … diceva che il giornale era la preghiera laica del mattino.”
(91)
Antonio Manzini “Non è stagione” Sellerio euro 14
[A: 07/05/2015 – I: 21/06/2017 – T: 23/06/2017] - &&&
e ½
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 317;
anno 2015]
Sono fortunatamente scampato alla
pur bella (mi si dice) serie televisiva in cui il nostro vicequestore è
magistralmente interpretato da uno degli attori italiani cui sono molto legato,
Marco Giallini. Scampato perché posso così continuare a parlare di Rocco e del
suo autore senza tema di condizionamenti. Intanto devo constatare che, per le bizzarrie
delle mie letture casuali, questi primi tre episodi lunghi sono stati letti al
ritmo, per me impensabile, di uno all’anno. Se n’è perso un po’ di
immediatezza. Se ne acquista, spero, in ponderatezza. Rocco (che non è Salvo,
come forse ho già detto, ma che ripeto) è ai limiti delle regole, ma
deontologicamente integro nelle sue certezze: fedeltà (di fondo) alle istituzioni,
amore (viscerale) per le amicizie ed i rapporti amicali (non per quelli umani
in generale, che un pochino orso lo è). passano i libri, ed il personaggio si
arrotonda (non che ingrassi, ma se ne ricava, come direbbe uno scultore, un
personaggio a tutto tondo). Con le sue idiosincrasie (la famosa scale di
“rotture di palle” dal sesto al decimo grado, che andrebbe anche meglio
approfondita), gli spinelli all’alba, le donne con cui si va a letto, ma che
non entrano nella sua corazza, e Marina, la moglie che sappiamo morta da almeno
cinque anni, e con la quale continua il dialogo mai interrotto. Ritengo,
personalmente, che questa, pur essendo una bella trovata, alla lunga, se
l’autore non la risolve in qualche modo, rischia di essere una palla al piede
della storia. Con i suoi contraltari che si precisano meglio: il secondo Italo,
aiutante in primis e spalla delle vicende, la brava Caterina, che per ora sta
con Italo ma non si sa mai, che è il mago dei computer della Polizia, e che è a
casa con l’influenza. Sparisce (forse) la donna delle prime storie, e compare
Anna (ma sarà storia vera?). I macchiettisti del commissariato continuano a
fare il loro dovere: il duo comico Deruta - D’Intino, l’emergente Antonio, il
patologo Fumagalli, e via elencando. La storia ha un suo svolgimento interessante,
perché si intreccia con la vita quotidiana in una città dall’andamento normale
come (sembra) Aosta. Anche se gli “intarsi” in cui seguiamo il soggettivo della
rapita Chiara poco ci servono, se non ad allungare il brodo delle pagine.
Mentre il bandolo si precisa, che tutto si lega, più o meno. C’è il giovane
Max, pluriripetente dedito al piccolo spaccio dove ruba eccitanti nelle
dispense del padre medico, c’è Chiara, la sua fidanzata, ci sono i due cattivi
che, utilizzando le droghe di Max, rapiscono Chiara per un duplice motivo
(sesso e qualcosa d’altro, che si preciserà lungo la strada). I due però
sbandano sul bagnato e muoiono, lasciando Chiara legata in una baita isolata.
Ma qual era il secondo motivo? Il padre di Chiara ha una azienda edilizia che
non avendo più crediti dalla banca di cui è direttrice la madre di Max, si deve
rivolgere, su consiglio di questa, ad una banda di strozzini legati alla mafia
calabrese. Utilizzando in questo come tramite Cristiano, il numero due della
ditta edile, e come “longa manus” il proprietario di un’infima pizzeria. Peccato
che Cristiano sia (anche) omo, ed abbia come amante niente meno che Marcello lo
zio di Chiara, omo e professore di matematica. Il tutto si condensa nella
fertile mente di Rocco quando: il patologo Fumagalli gli rivela che uno dei due
morti ha una vaginosi, così come Chiara, Cristiano viene ucciso ed il secondo
morto si scopre che prima di morire ha fatto una telefonata che potrebbe essere
o a Cristiano o a Marcello, la ditta del padre di Chiara deve essere frazionata
ed una parte dovrebbe andare al proprietario della pizzeria. Insomma, una
confusione globale, che solo grazie alle idee luminose di Rocco, al sostegno
(anche fumogeno) di Italo, alla bravura di Caterina, si riesce a dipanare. Salvando
anche, se pur a fatica, la bella Chiara dalla morte del topo. Ed arrestando il
colpevole ultimo prima che ripari in Svizzera. Ma questo è il contorno d’azione
e ragionamento. Poi c’è il maggio valdostano, che non riesce a sbocciare (come
precisa il titolo). Poi c’è il rapporto con Marina (la moglie morta) e con Anna
(l’amante viva). C’è il passato che ritorna quando la sua amica Adele, in
visita in quel di Aosta, viene trucidata al suo posto, nel suo letto, mentre
lui si “sollazzava” con Anna. Manzini ha costruito un bell’impianto, foriero di
seguiti ravvicinati (in questo libro molti nodi vengono sciolti, ma non tutti).
Soprattutto rimane in sospeso la morte di Adele, nonché il collegamento con la
vicenda della morte di Marina. A me Rocco non dispiace, anche se a volte l’andamento
è un po’ più lento di quanto mi piaccia, inclusa la mai sopita mancanza della
capitale, che un po’ mi disturba (benché io sia intrinsecamente legato a Roma).
Ma è una lettura che, fino ad ora, trovo gradevole. Anche se gli intarsi con la
moglie morta (al di là dei gradevoli rimandi enigmistici), continuano a non
convincermi, ci sono spunti ironici che gradisco. E qualche collegamento,
probabilmente solo personale, che fa volare il pensiero in modo ameno. Come
quello di paragonare il cattivo Mimmo alla Fratercula arctica (spero ne sia
contento mio cugino Alessandro). Uccellino che mi riporta ai bellissimi viaggi
in terra d’Islanda (dove spero tornare) ed a quella roccia con tanti nidi di
pulcinella di mare.
“Quando un cane ti trova, lo devi tenere. Non è mai un caso se nella
vita ne incroci uno.” (305)
Antonio Manzini “Era di Maggio” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a
11,90 euro)
[A: 09/02/2016 – I: 23/06/2017 – T: 26/06/2017] - &&&
--
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 379;
anno 2015]
Posso dire l’avevo detto? Manzini
ha una bella scrittura da sceneggiatore, che accompagna gradevolmente la
lettura. Rocco Schiavone è un bel personaggio costruito sulla base di tanti
investigatori della letteratura gialla, ma con delle belle caratteristiche: ha
una certa frequentazione con gli ambienti “al limite”, ha rispetto per la
giustizia ma insofferenza per le istituzioni, fuma spinelli, vive ed elabora
nel corso del tempo il grande dolore dell’uccisione della moglie Marina.
Tuttavia, dopo tre prove lunghe di buona resa (nonché una serie di racconti
sparsi tra le varie pieghe dei gialli Sellerio), la storia si sta incartando.
Che questa infatti sembra la seconda parte del libro da poco tramato. Dove
avevo evidenziato come non tutti i nodi erano venuti al pettine. È vero,
Schiavone ed i suoi avevano sventato una pesante infiltrazione mafiosa negli
appalti e nella vita pubblica aostana. Ma non tutti i ruoli della vicenda erano
stati chiariti. Inoltre, c’è l’uccisione di Adele, che muore al posto di Rocco
quando lui decide di passare la notte da Anna. Allora, in questo maggio che
continua il non-maggio precedente (ricordo che il precedente episodio era
intitolato “Non è stagione”, laddove, pur essendo in maggio nelle Valle
continua a piovere ed a volte a nevicare) si riprendono e si approfondiscono le
vicende gialle, inserendo di contorno gli andamenti privati e pubblici della
vita di Rocco e dei suoi comprimari. Intanto Italo e Caterina stanno
attraversando una crisi che sembra irreversibile: troppo mirato a costruirsi
una famiglia lui, troppo (ma non è vero, giustamente) indipendente lei. Poi, i
sodali romani, insieme o a gruppi continuano le indagini sulla morte di Adele.
Mentre le vicende gialle prendono le mosse dall’uccisione in carcere del Mimmo
mafioso calabrese, longa manus del rapimento del libro precedente, nonché
collegamento tra gruppi vari ed il don, tal Carlo Cutrì, misteriosamente
introvabile. Rocco viene divelto dai suoi ozi forzati (e dalle sue pippe su
tutte le sue morti) ed inizia l’indagine carceriera. Aiutato da una felice
intuizione del patologo Fumagalli, che scopre una strana sostanza nel corpo del
morto. Strana e volatile, ma di cui comincia a seguire le tracce. Anna cerca di
riacchiappare Rocco, portandolo ad una grande festa, con tutti i maggiorenti
aostani. Con la famiglia Turrini (i genitori di Max, fidanzato di Chiara la
rapita) in testa, con l’architetto Grange in carriera, con la conturbante
Amalia, con lo stalliere tuttofare, con il terrorista nero riciclatosi in vinaiolo.
Il riacchiappo non riesce, ma Rocco comincia ad avere delle intuizioni. Che
approfondisce studiano i video della sorveglianza per l’uccisione del Mimmo. Da
cui intuisce molto, soprattutto il ruolo di una guardia carceraria, con lo
stesso cognome della bella Amalia. Saltando di palo in frasca, approfittando di
una cena cui partecipano il terrorista, Amalia e lo stalliere, di un
abboccamento lettesco con la stessa Amalia, nonché di una visita alla povera
Chiara e del regalo che lei gli fa di alcune carte segrete trafugate dal
giovane Max, Rocco stringe tutti i legami del secondo giro mafioso. Papà
Turrini mette nome e cognome in molte società che vincono appalti soprattutto perché
i concorrenti, in necessità di soldi, chiedono aiuto alla moglie direttrice di
banca. Che li dirotta alle cosche mafiose del Cutrì. Che si scopre essere
proprio lo stalliere (ricordo un po’ troppo Arcore…). Ma se il giro viene
debellato, perché muore Mimmo, quasi ultima ruota del carro? Perché il padre di
Chiara viene visto in compagnia della bella Amelia? Perché Amelia frequenta Cutrì?
Perché il veleno scoperto da Fumagalli è comunemente usato in veterinaria?
Tante domande cui questa volta Rocco e i suoi (fratelli?) questori danno una
risposta definitiva. Rimangono le indagini sulla morte di Adele, che noi
sappiamo già chi è stato. Ma ci rimangono ancora zone d’ombra. Alla fine,
approfittando sia del definitivo lasciarsi con Anna, sia di un incontro
ravvicinato con la bella Caterina (ahi, ahi, ahi, ispettrice…), sia del cambio
di casa, veniamo a sapere che: tali Cristiano guidava la macchina dove stava
Lucio che, per motivi questi si ignoti, sparò 6 anni prima a Rocco (che si
salva), uccidendo però la moglie. Lucio che, data la risposta al fuoco di Rocco
muore. Cristiano fa due anni di carcere, poi ripara nelle Marche. Dove viene
ritrovato da Enzo, il fratello di Lucio, evaso dal carcere. E sarà proprio Enzo
a sparare a quello che credeva Rocco invece era Adele. Questo è l’ultimo
tassello che rimane aperto. E credo che sarà chiuso dal successivo libro di
Rocco, non a caso intitolato “7-7-2007”, data della morte di Marina (nonché
trentesimo anniversario del mio anno da autiere, nel 7° - 77). Che intanto e
fortunatamente per i miei umori, entra meno nella storia di oggi, e sembra voler
definitivamente uscire da quella di Rocco. Che si spera abbai elaborato il
lutto. Che si fa anche il tifo perché vado più spesso a letto con la bella
Caterina. Ma di questo ne sapremo meglio in futuro. Il fatto è che questi
seriali reiterati, che non chiudono le parentesi durante quasi 400 pagine
cominciano a stufarmi un po’. Ripeto, bellino, ben scritto, personaggi
simpatici. Ma ci si aspetta un po’ di più, dall’autore e dal vicequestore
Schiavone.
Giugno ebraico è volato in
fretta, ed eccoci quindi di già a parlare della prima trama di luglio. Quindi,
conseguentemente, dei libri letti in aprile, e dei loro giudizi. Con due libri
ben sopra la media (il Garcia Marquez degli amori che durano una vita e le
solite storie del BarLume di Malvaldi). Ma anche con due storie che precipitano
verso la scarsa considerazione: un noir di Bradley che forse andava collocato
nei NoirJr per essere apprezzato, ed un Wilbur Smith dedicato alla serie egizia
del longseller, che mi è risultata veramente ostica.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Gabriel Garcia Marquez
|
L’amore ai tempi del colera
|
Mondadori
|
9,50
|
4
|
2
|
Alan Bradley
|
Aringhe rosse senza mostarda
|
Repubblica MondoNoir
|
7,90
|
1
|
3
|
Pino Cacucci
|
Puerto Escondido
|
Feltrinelli
|
10
|
3
|
4
|
J. S. Fletcher
|
Il mistero di Charing Cross
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
3
|
5
|
Wilbur Smith
|
Il Dio del deserto
|
TEA
|
7,50
|
1
|
6
|
Gabriel Garcia Marquez
|
Memoria delle mie puttane tristi
|
Mondadori
|
10
|
3
|
7
|
Jojo Moyes
|
Io prima di te
|
Mondadori
|
13
|
2
|
8
|
E. L. Doctorow
|
Ragtime
|
Mondadori
|
13
|
3
|
9
|
Georges Simenon
|
I Maigret – 8
|
Adelphi
|
s.p.
|
3
|
10
|
Marco Malvaldi
|
La battaglia navale
|
Sellerio
|
13
|
4
|
11
|
Michael Connelly
|
La scatola nera
|
Piemme
|
13
|
3
|
12
|
Rudolph Chelminski
|
Il perfezionista
|
Corriere della Sera Cucina
|
7,90
|
2
|
13
|
Magnus Montelius
|
L’inganno del passato
|
Corriere della Sera Svezia
|
7,90
|
1
|
Riprendiamo l’andamento non lento
ma neanche troppo movimentato, dopo una bella pausa sulle pendici dell’Argentario
(ed un’interessante saggio degli alunni di Rosa). Aspettando di capire se e
come e quando si riesca a partire per questa breve visita in Oman. Aspettando di
capire cosa succederà nel finire agostano (e ve ne parlerò più avanti).
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