Un inizio di mese che più
classico non si può, in un mese classicissimo. Pieno di pensieri, per questi
regali ricevuti nel tempo dalla mia mamma, e che ora tornano sulle vostre
scrivanie. Con un ottimo decimo volume delle storie di Maigret, dove aumenta l’intrigo
filologico, sperando che sia di vostro gradimento, come lo è stato per me.
[A:
01/10/2015 – I: 01/01/2018 – T: 12/01/2018] - &&&&
[tit.
or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese;
pagine: 793; anno 2015]
Siamo a 2/3 del cammino dell’opus “Maigret”
ed assistiamo ad un altro grande cambiamento nella vita di Simenon: decide di
lasciare gli Stati Uniti e tornare in Europa. Così in questo volume troviamo
due scritti ancora “americani” e dopo una pausa di 7 mesi, la ripresa delle
gesta del nostro commissario nel sud della Francia, tra le Alpi e Cannes. Che
ancora non ha deciso dove si sistemerà (e lo vedremo nel prossimo volume). Si
toglie qualche ultimo sassolino nelle scarpe con gli ultimi due libri
americani: il primo sottilmente anti-maccartismo, il secondo, essendo proprio
l’ultimo americano, ripensando ad alcuni elementi del primo Maigret (le chiuse,
i bistrot, il commissario ed il contatto con la gente). Poi cominciano i
romanzi europei, dove finalmente in pace con il suo personaggio, Simenon
comincia ad interrogarsi su alcuni temi che lo assillano da sempre: il ruolo
tra l’investigazione e la giustizia, la ricerca dell’uomo “nudo”, cioè senza
infingimenti. Temi che presto approfondirà
Titolo
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Scritto
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Uscito
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Data
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Luogo
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Maigret e il ministro
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16 – 23 agosto 1954
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Scritto a Shadow Rock Farm, Lakeville,
Connecticut (Stati Uniti d'America)
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estate 1954
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Maigret e il corpo senza testa
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gennaio 1955
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Scritto a Shadow Rock Farm, Lakeville,
Connecticut (Stati Uniti d'America)
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1955
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La trappola di Maigret
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5 – 12 luglio 1955
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Scritto a La Gatounière, Mougins
(Alpes-Maritimes)
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20 ottobre 1955
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Maigret prende un granchio
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26 febbraio – 4 marzo 1956
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Scritto a Golden Gate, Cannes
(Alpes-Maritimes)
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12 settembre 1956
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Maigret si diverte
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6 – 13 settembre 1956
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Scritto a Golden Gate, Cannes
(Alpes-Maritimes)
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11 marzo 1957
|
[tit.
or.: Maigret chez le ministre; ling. or.: francese;
pagine: 11 – 177 (166); anno 1954]
Il 1954 è un anno di grande transizione
mentale per Simenon. È ancora lì, a Lakeville nel Connecticut, con le sue
famiglie, ma sente che il suo periodo americano sta esaurendosi. Soprattutto
perché non si adatta, e si capisce bene, al clima americano di quegli anni. Da
gennaio all’estate, epoca dei suoi due scritti con Maigret, non fa altro che
seguire, con preoccupazione, alla radio, gli interrogatori della commissione
McCarthy. Dall’altra parte della testa ci sono richiami verso l’esterno del suo
guscio. Il 19 febbraio esce in Francia il film tratto da “La neve era sporca” e
il 10 luglio c’è il debutto della prima teatrale americana a Westport nel
Connecticut, sempre tratto dallo stesso. Continua a scrivere, ovvio è la sua
vita, alternando i due filoni di scrittura. Ma anche in questo penultimo
romanzo americano, seppur non con gli accenti degli ultimi, si rievocano
momenti altri, stati d’animo diversi. Questo Maigret che ha rapporti con la
politica è tra l’altro considerato uno dei “minori”, anche perché non abbiamo
nessun morto. Certo che, per rimanere nel filone della messa a punto dei suoi
punti fermi, nonché per rispettare le scadenze, anche un minore ha i suoi
aspetti peculiari. Così approfitta di questa scarsa vena di intrighi primo per
svelare i motivi per cui, nell’anno finto biografico 1946 venne allontanato da
Parigi e mandato un anno a Luçon in Vandea. Maigret ci rivela che era entrato
in contrasto con il capo della Polizia, in seguito ad un caso sul filo della
politica. Ma nel 1946 non aveva le armi morali e di capacità relazionale che ha
ora, e fu schiacciato dalla politica. Ora, invece, si barcamena, e riesce a
cabotarsi fuori dai pericoli. Il secondo elemento di raccordo è una telefonata
che fa al giudice Chabot, l’amico che ha lasciato poco amichevolmente in
“Maigret ha paura”, e dove chiede ai suoi contatti vandeani un giudizio sulla
personalità di Auguste Point, il Ministro che lo ha chiamato in causa. Visto
infine che ha nelle orecchie la politica americana del maccartismo, ecco che in
questo romanzo si allena a denunciarne tutti i mali. Perché Point lo convoca in
gran segreto a seguito dell’inizio di un possibile scandalo. In seguito al
crollo di un edificio poco tempo prima sono morti un centinaio di bambini. Un
architetto aveva a suo tempo redatto una memoria che ne evidenziava la
pericolosità. Memoria ignorata dai politici ed ora scomparsa. Ma che riappare
misteriosamente nelle mani di Piquemal, un ingegnere del Genio che la consegna
nelle mani di Point. Peccato che subito dopo scompare dalla casa del Ministro.
Peccato che giornali scandalistici ne cominciano a parlare, mettendo in grande
difficoltà Point. Pochi sono gli attori che compaiono sulla scena, oltre a
Point. La segretaria del Ministro, Fleury, il suo addetto alle relazioni esterne,
un giornalista ammanicato, e Mascoulin, un deputato con tanti appoggi e
altrettanti misteri. Se il rapporto Calame (dal nome dell’architetto scomparso)
non riappare, Point deve dimettersi. Se riappare, i politici che avallarono la
costruzione saranno travolti dallo scandalo. Maigret è costretto a muoversi con
i piedi di piombo, anche perché ad indagare sul fatto ci sono anche i suoi
colleghi amici – nemici della Sûreté (quella che nel 1966 diventerà la Polizia
nazionale Francese). Perché Maigret fa parte della Squadra Omicidi, e poco
avrebbe a che fare con la sicurezza nazionale. Di controvoglia, e senza troppe
spiegazioni, scatena i suoi uomini, Lucas, Janvier e Lapointe sulle tracce dei
tre possibili autori o mandanti (il giornalista esce presto di scena). Anche
perché Piquemal scompare (notiamo di passaggio il gioco di parole di questo
personaggio, il cui nome in francese, letto velocemente, significa
“cattivissimo” à peggio che
cattivo). Maigret e i suoi, di bistrot in bistrot, di portinaia in portinaia,
scoprono che Fleury è sempre in cattive acque economiche, e che un probabile
ex-poliziotto viene visto spesso con Piquemal. Utilizzando questa ultima
traccia, Maigret risale al faccendiere Benoit, che, aiutato da Fleury, ruba il
rapporto e rapisce Piquemal. Maigret scopre, ma non ha le prove, che Benoit è
manovrato da Mascoulin, che fa sparire il rapporto originale, conservandone una
copia che ha effettuato con una macchina fotostatica (che utilizza un
procedimento di riproduzione fotografica diretta, su carta sensibile alla luce,
antenato delle moderne fotocopiatrici). In questo modo, Point è salvo perché il
documento gli è stato rubato. Ma lo è anche Mascoulin, che Benoit non può
accusare, e che potrà usare in futuro i documenti per continuare a fare l’intrallazzatore.
Il tutto molto in tono minore, perché capiamo presto che Maigret non vede l’ora
di chiuder il caso, anche senza troppa grazia. Le parti più interessanti sono
le pagine dedicate alle similitudini tra Point e Maigret, dove il nostro commissario,
osservando il suo committente non può che rimarcarne le uguaglianze con la sua
vita (orfano, caparbio, onesto), anche dal punto di vista fisico. Entrambi
fumano la pipa. I rispettivi padri si chiamavano entrambi Evariste. Questa è in
fondo la chiave di lettura di questo “romanzo senza omicidi”, un modo per
Simenon di collegare Maigret al suo tempo, rispecchiandolo nel suo doppio –
Point. Ed è solo Maigret l’onesto che può riscattare il probo Point, ed
attraverso Point prendersi una rivincita sull’affare Luçon. Un ultimo
particolare, sebbene in generale Simenon non colleghi i suoi romanzi con
Maigret all’attualità ci sono ben due accenni alla Seconda Guerra Mondiale,
tanto che possiamo collocarne l’azione proprio a metà degli Anni Cinquanta. Ma
il tempo americano e delle rimembranze volge ormai al termine.
Dove
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Protagonista
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Altri
interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi
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Auguste
Point, circa 50 anni,
ministro dei lavori pubblici, avvocato, sposato, una figlia
|
Joseph
Mascoulin, oltre 40 anni,
uomo politico, direttore del "Globe"
Jules
Piquemal, circa 45 anni,
lavora all'École des Ponts
Eugène
Benoît, ex poliziotto
espulso dalla Sûreté, direttore e unico impiegato di una agenzia di polizia
privata, ladro
Blanche
Lamotte, segretaria del
ministro
Ispettore
Lucas
Jacques
Fleury, capo di gabinetto
dei lavori pubblici
|
2 gg.
|
primavera
|
[tit.
or.: Maigret et le corps sans tête; ling. or.: francese;
pagine: 181–339 (158); anno 1955]
Eccoci alfine all’ultimo romanzo americano di
Simenon, per tutto il suo “corpus”. Dopo questo corpo senza testa non scriverà
più altro sino al ritorno in Europa, di cui parleremo più avanti. Intanto si
consumano queste ultime giornate americane, dove continua ad avere alti e bassi
psicologici. In estate, viene intervistato dalla commissione per il Nobel, che
però quell’anno verrà assegnato ad Hemingway. Ne sente il contraccolpo
piscologico, tanto che decide di fare un viaggio promozionale dei suoi libri in
versione inglese, facendo un viaggio di un mese in gran Bretagna, all’andata
con la “Ile-de-France”, e ritorno a fine novembre sulla “Queen Elizabeth”.
Durante un breve interludio, fa una fuga a Parigi di dieci giorni, dove conosce
Gilbert Sigaux, che diventerà prima suo amico e poi suo maggior esegeta.
All’inizio di questo importante per Simenon 1955, quindi si rimette alla
scrivania e nel gennaio confeziona questo che viene considerato tra i migliori
“Maigret”. Di certo è pieno di elementi importanti nella storia del
commissario. Un’inchiesta che nasce sull’acqua, quando dei barcaioli, nel Canal
St. Martin trovano il braccio di un cadavere. Che, per merito di un palombaro,
viene ripescato quasi interamente. Meno l’elemento più importante: la testa.
Certo se fossimo cinquanta anni in avanti, potremmo beneficiare delle tecniche
di Temperance Brennan e della serie “Bones” per ricostruire il tutto. Qui,
Maigret si deve affidare alle indagini. La nascita acquatica comunque ci porta
ai primi romanzi di Maigret, quella della “Chiusa n.1” ed altri coevi. Non
solo, siamo in una zona topica di Parigi, non lontano dalla Gare de l’Est, tra
il canale, appunto, e i due lungo Senna di Valmy e di Jemmapes, non lontano
dall’Ospedale di Saint-Louis. Secondo elemento, è l’andar per bistrot nella
zona, che serve a Maigret per capire chi, cosa, come. Bistrot da sempre
frequentati, e che spesso diventano fulcro delle sue azioni. Terzo, finale e
più importante elemento: l’incontro – scontro con Aline Calas. Una donna che
darà filo da torcere a Maigret, perché il commissario non riesce a comprenderla.
Capisce che c’è qualcosa dietro la donna, che annega i suoi pensieri nel cognac
(senza mai ubriacarsi del tutto), che sembra sfatta, ma che si intuisce era
piacente (e forse a volte lo sarà ancora). Soprattutto, Maigret non penetra la
sua corazza, non capisce come abbia potuto restare venti anni almeno vicino al
manesco e poco interessante Omer. Come detto Maigret si installa ben presto
nella locanda di Aline, perché (e noi con lui dal primo capitolo) capisce ben
presto che Omer potrebbe essere il cadavere. Entra nelle pieghe della vita
attuale di Aline, con i suoi amori extra-coniugali, con il giovane, focoso
Antoine, ma soprattutto con la storia quasi di secondo matrimonio con
Dieudonnè. Dov’è finito Omer? Perché non si trova la testa? Di chi è la valigia
depositata alla Gare de l’Est? Maigret non fa altro che parlare con Aline,
senza scalfirla. Bellissime, dal punto di vista stilistico, le schermaglie fra
i due, con il commissario che pone domande e la signora che risponde
seccamente, senza mai dire una parola di più del necessario. Maigret è quasi
stregato da questa dama che non risponde alle sue provocazioni, tanto che solo
nel momento in cui riesce a toglierla di scena, affidandone l’interrogatorio
all’antipatico giudice Coméliau, che fa il salto mentale, capisce che deve
risalire alle origini, alla provenienza di Aline e Omer. Lì, dalla cittadina di
Saint-Andrè, dove contatta il notaio Canonge che gli racconta quello che, del
resto, aveva già capito. In Saint-Andrè, tutto gira intorno alla casata dei
Boissencourt, borghesi arricchiti e poi nobilitati. Ma una famiglia piena di
contrasti e dolori, da cui, a 17 anni, scappa la figlia Aline insieme ad un
famiglio del castello che l’ha messa incinta: Omer Calas. Un mese prima
dell’inizio del romanzo, il capostipite Honoré muore senza eredi, lasciando
quindi tutto alla sola persona vivente, Aline. Che non vuole nulla, che rifiuta
l’eredità (e ci sarebbe da scrivere a lungo su queste posizioni). Omer lo
scopre, la minaccia, cerca di massacrarla di botte, se non che interviene
l’amante Dieudonnè che in una colluttazione uccide Omer. Tutto risolto, anche
se con poca convinzione. Maigret “raddrizzatore di destini” non può salvare
Aline, né Dieudonné. Se ne tira però fuori, rifiutandosi sino all’ultimo di
arrestare Aline, e poi, salvandone il gatto rosso, che qualcuno ricorderà in
una scena indimenticabile nel telefilm che ne fu tratto con protagonista Jean
Richard. Gatto che rimarrà un pomo della discordia tra Maigret e il giudice (ma
non vi dico come). Simenon però ha anche fretta nello scrivere, come suo
solito. Tanto che, nella ricostruzione dei fatti, tende a mescolare i giorni
del fine settimana fatale ad Omer. Vediamo allora di ricostruirne il crono,
senza tema di svelare nulla, che tutto è già detto. Il cadavere è scoperto il
23 marzo, un martedì mattina, e secondo il dr. Paul deve essere stato uccio due
o tre giorni prima (sabato o domenica). Aline dice che Omer è partito venerdì,
come venerdì viene depositata la valigia in stazione. Anche se l’impiegato
della stazione più avanti dice che la valigia è arrivata domenica
(contraddizione dell’impiegato o di Simenon…). Tra l’altro, domenica Dieudonnè
era dalla sorella, quindi impossibilitato a commettere il crimine. Nella
ricostruzione finale, vediamo che il notaio incontra Aline giovedì, che Omer
scopre il rifiuto della moglie, parte per Saint-Andrè dove arriva sabato, per
poi tornare la sera stessa a Parigi. Sera in cui durante il litigio con Aline
viene ucciso da Dieudonné. È la domenica, quindi, che Aline e il suo amante
puliscono il bar e fanno consegnare la valigia in stazione. L’elemento che fa
capire tutto a Maigret è proprio il contenuto della valigia: panni sporchi! Se
Omer l’avesse consegnata in partenza dove avere vestiti puliti. Quindi c’era qualcosa
sotto. La bellezza, ed il consiglio di leggere quest’ottimo Maigret, deriva
invece da tutto il contorno: Parigi, i canali, i bistrot, la figura di Aline,
il gatto, la vita in provincia. Insomma tutti gli archetipi di Simenon che ne
fanno un autore magistrale, quando scandaglia l’animo umano alla ricerca dei
motivi del vivere. Uno psicologo, in fondo. Inoltre, e per finire, un canto
d’amore verso i “suoi” luoghi, di cui sente sempre più potente il richiamo.
Dove
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Protagonista
|
Altri
interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (quartiere ai bordi del Canal
Saint-Martin)
|
Aline
Calas, nata de
Boissancourt, 41 anni, tenutaria di un bistrot, sposata, una figlia ormai
adulta
|
Omer
Calas, 47 anni, marito di
Aline, gestore di bistrot, vittima
Lucette
Calas, 24 anni, figlia di
Aline e Omer, assistente all'ospedale Hôtel-Dieu (Parigi)
Dieudonné
Pape, circa 50 anni,
vedovo, amante di Aline
Antoine
Cristin, 18 anni, garzone
Il
giudice Coméliau
Notaio
Canonge, circa 60 anni,
pratica a Saint-André (Ci sono molti paesi in Francia con questo nome)
|
4 gg.
|
23 – 26 marzo
|
[tit.
or.: Maigret tend un piège; ling. or.: francese;
pagine: 343 – 495 (152);
anno 1955]
Siamo ad un nuovo, grande, punto di svolta
nella vita e nelle opere di Simenon. Dopo aver tanto meditato, improvvisamente,
il 19 marzo 1955 Simenon lascia, un po' di soppiatto, ma definitivamente gli
Stati Uniti che per dieci anni sono stati testimoni di numerosi cambiamenti
della sua vita (dal divorzio da Tigy al matrimonio con Denyse, dalla nascita
dei figli ad una crescente delusione per gli Usa). Si imbarca di nuovo, come in
ottobre sulla “Ile-de-France” e sbarca a Le Havre, alla guida della sua Dodge. Ovviamente
si reca a Parigi, dove rimane due giorni all’hotel Claridge. Ma Parigi, ai suoi
occhi, benché rimarrà nei suoi scritti, ha perso le qualità per essere la sua
dimora. Presa la grande station-wagon, si sposta all’Hotel Miramar di Cannes,
dove rimarrà per gran parte di aprile, avendo come vicini di stanza la famiglia
Chaplin, anch’essa fuggita dall’America. A fine aprile, quindi, si trasferisce
nella cittadina di Mougins, 8 km a nord di Cannes. Qui affitta una casa di
campagna, “la Gatounière”, anche se la ritiene (e non a torto) una residenza
provvisoria. Inciso: casa importante, se prima di lui fu affittata da Maurice
Thorez (per 35 anni segretario del Partito Comunista Francese) poi da Eddie
Barclay (il più importane discografico francese dell’epoca) e dopo, negli anni
’60, da Edith Piaf. Ma non solo per questi antecedenti, il primo romanzo
nuovamente europeo di Simenon acquista una basilare importanza. Infatti, segna
quasi un "punto di svolta" nella carriera del suo personaggio, nel senso
che le indagini del commissario tenderanno sempre più ad avvicinarsi alle
domande che Simenon stesso si fa sull'uomo, la sua responsabilità e il suo
destino. Dopo il ciclo di Maigret di Fayard, un "blocco di granito"
sicuro di sé e il "più leggero" Maigret del ciclo di Gallimard, il
ciclo Presses de la Cité, dopo aver riconciliato l'autore e il suo personaggio
e quindi reintegrato Maigret nella sua funzione di commissario investigativo,
lo vede sempre più interrogarsi sul suo mestiere e sul suo ruolo, riprendendo nei
suoi dubbi le domande di Simenon. Non è un caso quindi che uno degli elementi
di maggior interesse, che scopriamo nel secondo capitolo, è una lunga
chiacchierata tra Maigret ed il prof. Tissot, eminente psicologo, proprio sulla
natura dei criminali, sulla pazzia, e sul comportamento umano. Proprio questo
colloquio induce Maigret ad ipotizzare una trappola per acciuffare un assassino
seriale che sta tormentando la zona bassa di Montmartre. Tra l’altro Maigret è
per tutto il romanzo proprio a disagio per la presenza di un “serial killer”,
lui abituato a crimini singoli, da affrontare ed analizzare passo dopo passo.
Qui, abbiamo invece già cinque donne uccise a distanza di poco tempo, e tutte
con la stessa modalità, con l’unica costante di una corporatura simile.
Comunque il colloquio con lo psicologo gli fa venire in mente la trappola: far
finta di arrestare una persona, per far uscire allo scoperto l’ego del killer.
Per questo imbastisce una messinscena grandiosa, ingannando anche i giornalisti
presenti al Quai des Orfevres, e riempendo la collina di Montmartre di
poliziotti all’erta e di ausiliarie donne con similitudini rispetto alle donne
uccise. La trappola ha il suo esito, che il killer esce allo scoperto, ma la
donna, poliziotta, si salva. Il killer fugge, ma la donna riesce a strappargli
un bottone. Da questo particolare infimo, aiutato dai buoni uffici del
laboratorio di polizia giudiziaria guidato da Moers, Maigret ed i suoi
risalgono ad un vestito, e dal vestito ad un indirizzo, e da questo ad una persona
apparentemente perbene, ma che capiamo subito essere lui. Marcel Moncin,
decoratore un po’ fallito, con una madre apprensiva che gli sta sul collo ed
una moglie altrettanto oppressiva, che gli vuole bene, anche se a modo suo. Da
qui parte il nuovo sviluppo, dove Maigret cerca di penetrare nella corazza di
Moncin, di capire come e perché siano scattati i bisogni omicidi. Ma non è
Moncin un alter-ego che Maigret, con i suoi ragionamenti, con le sue parole,
riesce a scalfire. Non capendolo, come lui stesso ammetterà, Maigret fa un
errore: non controlla le sue donne, e, Moncin in prigione, c’è un nuovo
omicidio. Di una donna, ma senza le caratteristiche fondanti. Sarà in un
confronto a tre che Maigret farà uscire allo scoperto chi delle due ha aiutato
Marcel. Finale triste e solitario, tutto risolto, ma di nuovo con la tristezza
di fondo del migliore Maigret. E noi sentiamo già le note di Tenco che
lugubremente chiudono anche questo capitolo. Prima di lasciarlo però,
ritorniamo su tre aspetti fondamentali del romanzo. I colloqui con Tissot e
Moncin, che ribadiscono quella ricerca dell’umanità nelle persone, quella
ricerca alle risposte sulla vita che Simenon stesso non trova. Poi,
l’ambientazione, quella parte di Parigi tra Montmartre e Pigalle, tra Place du
Tertre e Place de Clichy, lungo rue Caulincourt: luogo di tanti ricordi delle
mie passeggiate parigine, che sempre, in quei luoghi, si arrestavano per una
sosta immancabile a Place Èmile Goudeau, davanti a “Le Bateau Lavoir” (spero
sappiate perché). Infine, anche se questo è più inerente alle avventure di
Maigret, la descrizione del laboratorio di Moers, dove questi riesce a trovare
di tutto ed a sapere di tutto, da piccoli pezzi di qualsiasi parte provengano.
Un laboratorio ed un personaggio che farebbero l’invidia di Temperance Brennan
o di Kay Scarpetta! Finisco, ripetendo, non è un romanzo “criminale” dove siamo
tesi alla ricerca del colpevole. Siamo alla ricerca di risposte, a tante
domande che Maigret, Simenon e noi stessi facciamo durante la nostra vita.
Dove
|
Protagonista
|
Altri
interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (Boulevard Saint-Germain e
Montmartre)
|
Marcel
Moncin, 32 anni,
architetto-decoratore, sposato senza figli
|
Marthe
Jusserand, 25 anni, donna
assalita che si difende, testimone
Yvonne
Moncin, moglie di Marcel
Mme
Moncin, madre di Marcel
|
4 gg.
|
4 – 7 agosto
|
[tit.
or.: Un échec de Maigret; ling. or.: francese;
pagine: 499 – 642 (143);
anno 1956]
Simenon è comunque inquieto, la residenza di
Mougins non lo convince, la sua famiglia “americana” forse si è trasferita
troppo in fretta da questa parte dell’Oceano. Prima di mettere mano ad altro,
allora, il nostro decide di fare un tour di Francia per far conoscere a Denyse
ed ai figli i “suoi” luoghi: Porquerolles, Nieul-sur-mer, Sables-d'Olonne, La
Rochelle... Al ritorno in Costa Azzurra comincia anche a cercare una
sistemazione che più gli aggrada. Così in ottobre si trasferiscono in una
grande villa a Cannes, la “Golden Gate”, dove resteranno per circa due
anni. Dopo che i ragazzi si sono
sistemati (tra l’altro la villa ha una grande piscina per le calde estati
francesi), Georges e Denyse decidono di fare da solo un secondo viaggio “di
conoscenze”. Partono così in giro per l’Europa, in cui toccano Londra, Roma,
Liegi, Venezia, Bruxelles, compreso un itinerario sui canali alla volta del
Belgio e dell'Olanda, come a ripercorrere le esperienze degli anni trenta con
la prima moglie Tigy. Ultima tappa Liegi, per i funerali, il 21 novembre, della
zia nonché sua madrina Maria Lambertina Josephina Croissant-Brüll (90 anni). Il
25 novembre è a Cannes dove tiene una conferenza sulla sua esperienza
americana. Verso Natale è a Parigi per la creazione di una coreografia di
Roland Petit su di una sua idea. Infine all’inizio del ’56 prepara una
conferenza all’Università di Nizza su “Il romanzo di domani”. Quindi, in una
settimana, ecco buttar giù un nuovo episodio del nostro commissario. E non è un
caso che, dopo tutti questi mesi di rimembranze, la testa gli torni anche
all’infanzia di Maigret, sulla quale imbastisce questo episodio. Tutto prende
il via dalla richiesta del capo della Polizia, corroborato da un Ministro, di
dare udienza ad un personaggio influente. Quale la sorpresa di Maigret nello
scoprire che si tratta del suo vecchio compagno di giovinezza in quel di
Saint-Fiacre, l’antipatico Ferdinand Fumal. Era il figlio del macellaio, odioso
fin dall’infanzia, sempre preso in giro come “Ferdi le Gros”, che è cresciuto
avido e pieno di soldi, tanto che ha costruito un impero di macellai con una
rete in tutta la Francia, ed ha comprato il vecchio castello di Saint-Fiacre,
quella dell’infanzia di Jules. Non è strano che anche da adulto, Fumal risulti
fumoso a Maigret, cha ascolta le sue lamentale (qualcuno scrive lettere
minatorie) ma che tarda a mettere in moto la macchina dei controlli. Anche
perché Louise la segretaria avverte di nascosto Maigret che è lo stesso Fumal a
scrivere le auto-minacce. Sarà o non sarà vero, il commissario incarica
Lapointe di iniziare la vigilanza al mattino. Ovvio che nella notte Fumal viene
ucciso. Riluttante, Maigret deve in ogni caso occuparsi del caso, anche se
vorrebbe dedicarsi ad un’indagine più leggera (una simpatica signora inglese in
vacanza di gruppo a Parigi è scomparsa). Il nostro scopre ben presto che
nessuno rimpiange la morte del “re dei macellai”, come subito esce sui
giornali. Non la moglie, che si domanda spesso perché si siano sposati, se non
per i soldi di famiglia. Tanto che annega i suoi dispiaceri nell’alcool, avendo
come unico conforto le visite, nascoste ma costanti, del fratello Émile Lentin.
Questi è uno scapestrato e squattrinato giovane che approfitta della grande
casa di Fumal per dormire di nascosto, e magari rubacchiare qualche soldo dal
cassetto della segretaria. Non certo la segretaria, che rimane al servizio di
Fumal solo perché vuole mettere da parte i soldi per sposarsi con Félix,
l’autista del macellaio, con il quale ha una relazione amorosa. Tra l’altro,
l’unico modo di accumulare soldi è truffare un po’ il padrone, e lei lo fa.
Inoltre, quando stanno insieme, dalle finestre vedono tutto quello che succede
nel salone, lì dove muore il macellaio. Allora hanno visto tutto, qualcosa, o
sono loro i colpevoli? Né è tenero con il padrone il factotum Victor, salvato
da Fumal dalla galera per avere accidentalmente ucciso un guardiacaccia, ma da
quel momento in poi nelle mani di Fumal stesso che lo umilia in tutti modi.
Victor, che da buon bracconiere, si aggira silenzioso per la casa, sapendo
molto e dicendo poco. Anche il contabile Joseph, pur sicuro che la morte di
Fumal gli procurerà grattacapi finanziari, non è che sia dispiaciuto più di
tanto. Il fatto che il macellaio figlio di macellai, con una bella madre un po’
puttana (si dice non portasse le mutande per fare prima…), da sempre ce l’ha
con tutti. Ed a tutti riserva trattamenti sgradevoli. Chiede a Louise di
spogliarsi nuda, pena il licenziamento, e poi la guarda e la continua a
trattare male verbalmente. Ad un impiegato che voleva licenziare, mette di
nascosto dei soldi nella giacca, accusandolo poi di essere ladro. Inoltre, ruba
o comunque fa in modo che il suocero perda tutti i suoi averi, umiliandolo
pubblicamente, tanto che questi si impicca. Ultima nefandezza, è la terra
bruciata che riesce a creare intorno al rivale Roger nel campo delle piccole
macellerie. Roger che potrebbe essere stato lui l’assassino, essendo l’ultimo
che ha visto vivo Fumal. Ma Roger viene trovato suicida lungo il fiume (e sapremo
come e perché possa essere scagionato). Il fatto è che Maigret non riesce a
concentrarsi sul caso, ricordandosi sempre che “Ferdi le Gros” non è mai stato
amico suo. Ma un commissario è sempre un commissario, e così, con un piccolo
tocco letterario, Simenon gli fa sognare la soluzione, o comunque l’ipotesi di
una possibile verifica, che vi ho già svelato se ve ne siete accorti. Da lì gli
avvenimenti si concatenano, ma prima di mirare al vero colpevole, Maigret si
attarda nuovamente, così che, benché si sappia chi sia stato, e come, riesce
una fuga ingegnosa. Così che Maigret deve subire uno scacco (come dice il
titolo originale) e non certo prendere un granchio, che sarebbe indicare un
colpevole diverso da quello vero. Poiché però Simenon è buon con noi, anche se
non con il commissario che si è fatto fuorviare dai ricordi d’infanzia,
l’autore ci dice che due anni dopo la signora inglese scomparsa viene ritrovata
in Australia, dove vive felicemente in seguito ad una fuga d’amore. E che dopo
cinque anni… Ma questo non ve lo dico. Quello che notiamo soltanto in finale è
che questa fase di transizione si sta riempendo di motivi di rimpianto per il
nostro autore. Non era contento delle sue ultime fasi americane, e non è ancora
disteso nelle sue nuove fasi europee. La Francia lo aveva trattato male dopo la
Guerra (almeno secondo lui) e non l’aveva ancora perdonata. Fatto sta che gli
ultimi titolo sono pieni di “Maigret ha paura”, “si sbaglia”, “subisce uno
scacco”. Riuscirà il nostro a rasserenarsi?
Dove
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Protagonista
|
Altri
interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi
|
Ferdinand
Fumal, età matura, uomo
d'affari legato alla politica, sposato, senza figli, vittima
|
Jeanne
Fumal, nata Lentin, moglie
di Ferdinand
Louise
Bourges, circa 30 anni,
segretaria di Ferdinand
Victor
Ricou, maggiordomo di
Ferdinand
Martine
Gilloux, amante di
Ferdinand
Émile
Lentin, 52 anni, fratello
di Jeanne, rovinato economicamente da Ferdinand
Ispettore
Lapointe
Muriel
Britt, turista inglese a
Parigi
|
3 gg.
|
marzo
|
[tit.
or.: Maigret s’amuse; ling. or.: francese;
pagine: 645 – 793 (148);
anno 1957]
Siamo al 50° titolo dei romanzi di Maigret, e
siamo anche all’ultimo scritto in suolo di Francia. Benché in realtà la
sistemazione a Cannes sia gradevole, la famiglia è irrequieta. Per una serie
complessa di motivi. Il primo è la legislazione fiscale, abbastanza
penalizzante per chi ha dei bei guadagni che difficilmente riesce a nascondere,
provenendo dalla vendita dei suoi libri. Il secondo è l’alcool. Simenon beve
per essere stimolato alla scrittura, ma lui è sempre riuscito a gestire il
dosaggio. Denyse invece no, eccede, non si controlla e ben presto alla
dipendenza alcolica si aggiungeranno turbative psicologiche aggravantesi in
pochi anni. Il terzo è il sesso, che Simenon usa anch’esso per stimolare le sue
cellule grigie, e poiché non gli basta Denyse ubriaca, o Boule ormai anch’essa
avviata all’età matura, o Tigy che è ormai solo un’amica, qualcuno (malelingue
dicono la stessa Denyse, ma noi sorvoliamo) gli procura signorine per clamare i
suoi appetiti. Non ci vorrà molto a che Simenon decida di cercare la sua
stabilità altrove. Come ultimo romanzo francese, Simenon allenta un po’ i toni,
e si diverte anche lui. Creando una linea narrativa atipica che gestisce
tuttavia con sapienza. Affaticato ed un po’ appesantito, Maigret è convinto
dall’amico dr. Pardon di prendersi qualche settimana di ferie. Ma si decide
tardi, tutte è esaurito, ed allora con la moglie decidono di passare l’agosto …
in città. Simenon allora si diverte anche lui a far passeggiare i nostri in una
Parigi vuota ed agostana, vediamo la routine familiare, la signora Maigret fa
le pulizie, spesso vanno al ristorante, a volte cucinano in casa, e soprattutto
sono soventi al cinema. Ovvio che questa routine viene rotta da un omicidio
eclatante: la moglie di uno stimato medico viene trovata morta e nuda
nell’armadio dello studio del medico, essendo la famiglia in vacanza a Cannes,
ed essendo rimasto il sostituto per le faccende quotidiane. Qui Maigret deve
decidere cosa fare: mantenere le ferie o tornare? Questa volta vince il corpo,
cioè il medico, e Maigret rimane fuori, lasciando l’indagine a Janvier. Ma noi
non lo seguiamo, perché rimaniamo concentrati su Maigret che segue l’indagine
dai giornali e dalle chiacchiere della gente. L’abilità di Simenon scrittore è
quella di imbastire tutto il romanzo sull’onda degli articoli di giornale del
bravo Lassagne. Maigret esce al mattino, compra i giornali alla solita edicola,
e si piazza in Place de la Republique (risalendo rue Amelot, è meno di 1,5 km
da casa del commissario), se è presto con un caffè, se è più tardi con la prima
birra della giornata. Leggendo i resoconti giornalistici noi e Maigret siamo
questa volta messi sullo stesso piano: non abbiamo informazioni aggiuntive. E
riassumendo il caso, notiamo che c’è la famiglia Jave, con Philippe il dottore
in carriera e la giovane moglie Eveline. Sono in vacanza sulla Costa Azzurra,
quando inaspettatamente Eveline prende un aereo per Parigi, dove la sera stessa
muore. Un aereo prende subito dopo anche il marito, sempre per Parigi. Nello
studio c’è Gilbert Négrel, il suo sostituto. Trentenne, ora fidanzato con
Martine (che spesso lo va a trovare nella sua casa di rue de Saints-Péres,
vicino al cafè Flore). Gilbert ha avuto una storia con Eveline, che, scavando
mattoncino dopo mattoncino, viene ben descritta in un lungo articolo di
Lassagne dalla città natale di lei, Concarneau. Sembrava una donnina
tranquilla, e si rivela affamata di vita e di sesso. Soffre di una malattia
cardiaca che ne rallenta i battiti, quindi si trova (o pensa di trovarsi)
sempre sul limite della morte, e si affretta, sin da adolescente, a prendere
quello che può. Si attacca a persone più grandi di lei, crea scandalo nella
città natale, poi si sposa con il dottor Jave, ma non si ferma la sua fama di
vita e di sesso. Tanto che ha anche una storia con Gilbert. Il quale prima
nega, poi, dopo averne parlato con la fidanzata Martine, consigliato dal padre
di lei, noto avvocato, racconta tutto. O almeno tutto quello che pensa sia
rilevante. Si, aveva avuto una storia con Eveline. No, era finita, ma la
signora ancora si attaccava a lui. Si, era venuta a studio quel sabato
pomeriggio. Tutto qui. Ma Jave? Si scopre anche che, deluso dalla moglie, si è
da tempo preso della giovane Antoinette, figlia della sua cameriera, dopo
averla salvata da una malattia di petto. Jave è andato a Parigi, sapendo che la
moglie era assente, per vedere Antoinette, che conferma il suo alibi. Lo
strano, per noi e per Maigret, è il fatto che Eveline sia stata messa
nell’armadio nuda. Dopo tutti gli articoli di giornale, ci troviamo anche noi
davanti al dilemma: Gilbert, per respingere un ultimo assalto di Eveline la
colpisce e lei accidentalmente sviene, le fa una puntura per farla rinvenire,
ma sbaglia fiala ed Eveline muore? Philippe, esasperato dal troppo spendere
della moglie, usa l’alibi di Antoinette, si reca a Parigi sulle tracce di
Eveline, la uccide con una puntura per poi prenderle gli abiti al fine di far
cadere la colpa su Gilbert? Maigret capisce la verità, ben prima di noi ed
anche di Janvier. Ma non interviene mai, solo indirettamente, ogni tanto invia
quelli che Camilleri chiamerebbe “pizzini”, ovviamente anonimi, a Janvier. Da
questi, dagli articoli e dal ragionamento, alla fine, anche noi e Janvier
arriviamo alla soluzione. Il divertimento di Maigret è ovvio. Ma anche quello
di Simenon, che, sfruttando il girovagare della famiglia Maigret per Parigi, fa
in modo di citare luoghi e situazioni di altre inchieste. L’Hotel Amiral a
Concarneau, teatro del romanzo “Il cane giallo”. Un padiglione a Bercy dove
abitava un ragazzo che rubò una pipa a Maigret ne “La pipa di Maigret”. Un
ristorante dove Maigret passò tre giorni e tre notti in “Il morto di Maigret”.
L’inseguimento dalla chiusa di Charenton sino all’Ile Saint-Louis in “la chiusa
n.1”. Comunque alla fine è stata un’inchiesta più lunga del normale, che di
solito durano tre giorni, mentre qui si è cominciati di martedì per finire il
sabato. Una degna fine per ed una superba lettura per il mezzo centone di
libri. Ora ci aspetta la Svizzera.
“Perché
pretendere che il resto del mondo stia fermo quando noi invecchiamo?” (683)
Dove
|
Protagonista
|
Altri
interpreti
|
Durata
|
Tempo
|
Parigi, Cannes, Concarneau
|
Philippe
Jave, 44 anni, medico,
sposato, una figlia di 3 anni
|
Éveline
Jave, nata Le Guérec, 28
anni, moglie di Philippe, vittima
Gilbert
Négrel, 30 anni, medico,
celibe, rimpiazza Philippe
Martine
Chapuis, 24 anni,
studentessa di medicina, fidanzata di Négrel
Antoinette
Chauvet, 29 anni, amante
di Philippe, figlia di Josépha Chauvet, cameriera dei Jave
Lassagne, giovane giornalista
Noël
Chapuis, avvocato, padre
di Martine, difensore di Négrel
|
5 gg.
|
agosto
|
Prima
trama del mese di maggio, quindi eccovi anche l’omaggio (ah, ah) dei libri
letti a febbraggio (accidenti alla rima). Un mese di poche letture, per il
viaggio patagonico e per il lutto che sapete. Forse per questo sono stato anche
più esigente, non ho letto libri che mi hanno scaldato il cuore. Ma posso senza
dubbio consigliarvi di non leggere sia il primo libro di Maggiani sia
l’ennesimo giallo poco intrigante di Luceri. Ed al solito, la poco convincente
uscita delle avventure di raccordo dell’ultimo Smith, ormai alla frutta.
#
|
Autore
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Titolo
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Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Enrico Luceri
|
L’ora più buia della notte
|
Mondadori
|
5,90
|
1
|
2
|
Maurizio Maggiani
|
Màuri Màuri
|
Feltrinelli
|
s.p.
|
1
|
3
|
Rupert Penny
|
L’assassino invisibile
|
Corriere della Sera Gialli
|
6,90
|
3
|
4
|
Paolo Lanzotti
|
La voce delle ombre
|
Mondadori
|
5,90
|
3
|
5
|
Philipp Meyer
|
Il figlio
|
Einaudi
|
s.p.
|
3
|
6
|
Anne Holt
|
Quota 1222
|
Einaudi
|
13
|
3
|
7
|
Wilbur Smith
|
Uccelli da preda
|
TEA
|
9,90
|
2
|
8
|
Giancarlo De Cataldo & Carlo Bonini
|
Suburra
|
Repubblica Italia Noir
|
7,90
|
3
|
9
|
Wilbur Smith
|
Il leone d’oro
|
TEA
|
13
|
1
|
10
|
Nicola Lagioia
|
La Ferocia
|
Repubblica Italia Noir
|
7,90
|
2
|
Come
avevo accennato, ho saltato qualche settimana, per un meritato, piacevole,
distensevole viaggio nell’India classica. Due settimane di belle visioni, di
incontri, di pensieri. Grazie. Ora, nel mese dedicato alla mamma, torniamo alacremente
a lavorare alle carte ed alle case. Ricolmo dei sentimenti come l’autore dell’ultimo
libro letto in febbraio, vi saluto .
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