domenica 6 maggio 2018

Maigret 10 - 06 maggio 2018


Un inizio di mese che più classico non si può, in un mese classicissimo. Pieno di pensieri, per questi regali ricevuti nel tempo dalla mia mamma, e che ora tornano sulle vostre scrivanie. Con un ottimo decimo volume delle storie di Maigret, dove aumenta l’intrigo filologico, sperando che sia di vostro gradimento, come lo è stato per me.
[A: 01/10/2015 – I: 01/01/2018 – T: 12/01/2018] - &&&&
[tit. or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese; pagine: 793; anno 2015]
Siamo a 2/3 del cammino dell’opus “Maigret” ed assistiamo ad un altro grande cambiamento nella vita di Simenon: decide di lasciare gli Stati Uniti e tornare in Europa. Così in questo volume troviamo due scritti ancora “americani” e dopo una pausa di 7 mesi, la ripresa delle gesta del nostro commissario nel sud della Francia, tra le Alpi e Cannes. Che ancora non ha deciso dove si sistemerà (e lo vedremo nel prossimo volume). Si toglie qualche ultimo sassolino nelle scarpe con gli ultimi due libri americani: il primo sottilmente anti-maccartismo, il secondo, essendo proprio l’ultimo americano, ripensando ad alcuni elementi del primo Maigret (le chiuse, i bistrot, il commissario ed il contatto con la gente). Poi cominciano i romanzi europei, dove finalmente in pace con il suo personaggio, Simenon comincia ad interrogarsi su alcuni temi che lo assillano da sempre: il ruolo tra l’investigazione e la giustizia, la ricerca dell’uomo “nudo”, cioè senza infingimenti. Temi che presto approfondirà
Titolo
Scritto
Uscito
Data
Luogo
Maigret e il ministro
16 – 23 agosto 1954
Scritto a Shadow Rock Farm, Lakeville, Connecticut (Stati Uniti d'America)
estate 1954
Maigret e il corpo senza testa
gennaio 1955
Scritto a Shadow Rock Farm, Lakeville, Connecticut (Stati Uniti d'America)
1955
La trappola di Maigret
5 – 12 luglio 1955
Scritto a La Gatounière, Mougins (Alpes-Maritimes)
20 ottobre 1955
Maigret prende un granchio
26 febbraio – 4 marzo 1956
Scritto a Golden Gate, Cannes (Alpes-Maritimes)
12 settembre 1956
Maigret si diverte
6 – 13 settembre 1956
Scritto a Golden Gate, Cannes (Alpes-Maritimes)
11 marzo 1957
[tit. or.: Maigret chez le ministre; ling. or.: francese; pagine: 11 – 177 (166); anno 1954]
Il 1954 è un anno di grande transizione mentale per Simenon. È ancora lì, a Lakeville nel Connecticut, con le sue famiglie, ma sente che il suo periodo americano sta esaurendosi. Soprattutto perché non si adatta, e si capisce bene, al clima americano di quegli anni. Da gennaio all’estate, epoca dei suoi due scritti con Maigret, non fa altro che seguire, con preoccupazione, alla radio, gli interrogatori della commissione McCarthy. Dall’altra parte della testa ci sono richiami verso l’esterno del suo guscio. Il 19 febbraio esce in Francia il film tratto da “La neve era sporca” e il 10 luglio c’è il debutto della prima teatrale americana a Westport nel Connecticut, sempre tratto dallo stesso. Continua a scrivere, ovvio è la sua vita, alternando i due filoni di scrittura. Ma anche in questo penultimo romanzo americano, seppur non con gli accenti degli ultimi, si rievocano momenti altri, stati d’animo diversi. Questo Maigret che ha rapporti con la politica è tra l’altro considerato uno dei “minori”, anche perché non abbiamo nessun morto. Certo che, per rimanere nel filone della messa a punto dei suoi punti fermi, nonché per rispettare le scadenze, anche un minore ha i suoi aspetti peculiari. Così approfitta di questa scarsa vena di intrighi primo per svelare i motivi per cui, nell’anno finto biografico 1946 venne allontanato da Parigi e mandato un anno a Luçon in Vandea. Maigret ci rivela che era entrato in contrasto con il capo della Polizia, in seguito ad un caso sul filo della politica. Ma nel 1946 non aveva le armi morali e di capacità relazionale che ha ora, e fu schiacciato dalla politica. Ora, invece, si barcamena, e riesce a cabotarsi fuori dai pericoli. Il secondo elemento di raccordo è una telefonata che fa al giudice Chabot, l’amico che ha lasciato poco amichevolmente in “Maigret ha paura”, e dove chiede ai suoi contatti vandeani un giudizio sulla personalità di Auguste Point, il Ministro che lo ha chiamato in causa. Visto infine che ha nelle orecchie la politica americana del maccartismo, ecco che in questo romanzo si allena a denunciarne tutti i mali. Perché Point lo convoca in gran segreto a seguito dell’inizio di un possibile scandalo. In seguito al crollo di un edificio poco tempo prima sono morti un centinaio di bambini. Un architetto aveva a suo tempo redatto una memoria che ne evidenziava la pericolosità. Memoria ignorata dai politici ed ora scomparsa. Ma che riappare misteriosamente nelle mani di Piquemal, un ingegnere del Genio che la consegna nelle mani di Point. Peccato che subito dopo scompare dalla casa del Ministro. Peccato che giornali scandalistici ne cominciano a parlare, mettendo in grande difficoltà Point. Pochi sono gli attori che compaiono sulla scena, oltre a Point. La segretaria del Ministro, Fleury, il suo addetto alle relazioni esterne, un giornalista ammanicato, e Mascoulin, un deputato con tanti appoggi e altrettanti misteri. Se il rapporto Calame (dal nome dell’architetto scomparso) non riappare, Point deve dimettersi. Se riappare, i politici che avallarono la costruzione saranno travolti dallo scandalo. Maigret è costretto a muoversi con i piedi di piombo, anche perché ad indagare sul fatto ci sono anche i suoi colleghi amici – nemici della Sûreté (quella che nel 1966 diventerà la Polizia nazionale Francese). Perché Maigret fa parte della Squadra Omicidi, e poco avrebbe a che fare con la sicurezza nazionale. Di controvoglia, e senza troppe spiegazioni, scatena i suoi uomini, Lucas, Janvier e Lapointe sulle tracce dei tre possibili autori o mandanti (il giornalista esce presto di scena). Anche perché Piquemal scompare (notiamo di passaggio il gioco di parole di questo personaggio, il cui nome in francese, letto velocemente, significa “cattivissimo” à peggio che cattivo). Maigret e i suoi, di bistrot in bistrot, di portinaia in portinaia, scoprono che Fleury è sempre in cattive acque economiche, e che un probabile ex-poliziotto viene visto spesso con Piquemal. Utilizzando questa ultima traccia, Maigret risale al faccendiere Benoit, che, aiutato da Fleury, ruba il rapporto e rapisce Piquemal. Maigret scopre, ma non ha le prove, che Benoit è manovrato da Mascoulin, che fa sparire il rapporto originale, conservandone una copia che ha effettuato con una macchina fotostatica (che utilizza un procedimento di riproduzione fotografica diretta, su carta sensibile alla luce, antenato delle moderne fotocopiatrici). In questo modo, Point è salvo perché il documento gli è stato rubato. Ma lo è anche Mascoulin, che Benoit non può accusare, e che potrà usare in futuro i documenti per continuare a fare l’intrallazzatore. Il tutto molto in tono minore, perché capiamo presto che Maigret non vede l’ora di chiuder il caso, anche senza troppa grazia. Le parti più interessanti sono le pagine dedicate alle similitudini tra Point e Maigret, dove il nostro commissario, osservando il suo committente non può che rimarcarne le uguaglianze con la sua vita (orfano, caparbio, onesto), anche dal punto di vista fisico. Entrambi fumano la pipa. I rispettivi padri si chiamavano entrambi Evariste. Questa è in fondo la chiave di lettura di questo “romanzo senza omicidi”, un modo per Simenon di collegare Maigret al suo tempo, rispecchiandolo nel suo doppio – Point. Ed è solo Maigret l’onesto che può riscattare il probo Point, ed attraverso Point prendersi una rivincita sull’affare Luçon. Un ultimo particolare, sebbene in generale Simenon non colleghi i suoi romanzi con Maigret all’attualità ci sono ben due accenni alla Seconda Guerra Mondiale, tanto che possiamo collocarne l’azione proprio a metà degli Anni Cinquanta. Ma il tempo americano e delle rimembranze volge ormai al termine.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi
Auguste Point, circa 50 anni, ministro dei lavori pubblici, avvocato, sposato, una figlia
Joseph Mascoulin, oltre 40 anni, uomo politico, direttore del "Globe"
Jules Piquemal, circa 45 anni, lavora all'École des Ponts
Eugène Benoît, ex poliziotto espulso dalla Sûreté, direttore e unico impiegato di una agenzia di polizia privata, ladro
Blanche Lamotte, segretaria del ministro
Ispettore Lucas
Jacques Fleury, capo di gabinetto dei lavori pubblici
2 gg.
primavera
[tit. or.: Maigret et le corps sans tête; ling. or.: francese; pagine: 181–339 (158); anno 1955]
Eccoci alfine all’ultimo romanzo americano di Simenon, per tutto il suo “corpus”. Dopo questo corpo senza testa non scriverà più altro sino al ritorno in Europa, di cui parleremo più avanti. Intanto si consumano queste ultime giornate americane, dove continua ad avere alti e bassi psicologici. In estate, viene intervistato dalla commissione per il Nobel, che però quell’anno verrà assegnato ad Hemingway. Ne sente il contraccolpo piscologico, tanto che decide di fare un viaggio promozionale dei suoi libri in versione inglese, facendo un viaggio di un mese in gran Bretagna, all’andata con la “Ile-de-France”, e ritorno a fine novembre sulla “Queen Elizabeth”. Durante un breve interludio, fa una fuga a Parigi di dieci giorni, dove conosce Gilbert Sigaux, che diventerà prima suo amico e poi suo maggior esegeta. All’inizio di questo importante per Simenon 1955, quindi si rimette alla scrivania e nel gennaio confeziona questo che viene considerato tra i migliori “Maigret”. Di certo è pieno di elementi importanti nella storia del commissario. Un’inchiesta che nasce sull’acqua, quando dei barcaioli, nel Canal St. Martin trovano il braccio di un cadavere. Che, per merito di un palombaro, viene ripescato quasi interamente. Meno l’elemento più importante: la testa. Certo se fossimo cinquanta anni in avanti, potremmo beneficiare delle tecniche di Temperance Brennan e della serie “Bones” per ricostruire il tutto. Qui, Maigret si deve affidare alle indagini. La nascita acquatica comunque ci porta ai primi romanzi di Maigret, quella della “Chiusa n.1” ed altri coevi. Non solo, siamo in una zona topica di Parigi, non lontano dalla Gare de l’Est, tra il canale, appunto, e i due lungo Senna di Valmy e di Jemmapes, non lontano dall’Ospedale di Saint-Louis. Secondo elemento, è l’andar per bistrot nella zona, che serve a Maigret per capire chi, cosa, come. Bistrot da sempre frequentati, e che spesso diventano fulcro delle sue azioni. Terzo, finale e più importante elemento: l’incontro – scontro con Aline Calas. Una donna che darà filo da torcere a Maigret, perché il commissario non riesce a comprenderla. Capisce che c’è qualcosa dietro la donna, che annega i suoi pensieri nel cognac (senza mai ubriacarsi del tutto), che sembra sfatta, ma che si intuisce era piacente (e forse a volte lo sarà ancora). Soprattutto, Maigret non penetra la sua corazza, non capisce come abbia potuto restare venti anni almeno vicino al manesco e poco interessante Omer. Come detto Maigret si installa ben presto nella locanda di Aline, perché (e noi con lui dal primo capitolo) capisce ben presto che Omer potrebbe essere il cadavere. Entra nelle pieghe della vita attuale di Aline, con i suoi amori extra-coniugali, con il giovane, focoso Antoine, ma soprattutto con la storia quasi di secondo matrimonio con Dieudonnè. Dov’è finito Omer? Perché non si trova la testa? Di chi è la valigia depositata alla Gare de l’Est? Maigret non fa altro che parlare con Aline, senza scalfirla. Bellissime, dal punto di vista stilistico, le schermaglie fra i due, con il commissario che pone domande e la signora che risponde seccamente, senza mai dire una parola di più del necessario. Maigret è quasi stregato da questa dama che non risponde alle sue provocazioni, tanto che solo nel momento in cui riesce a toglierla di scena, affidandone l’interrogatorio all’antipatico giudice Coméliau, che fa il salto mentale, capisce che deve risalire alle origini, alla provenienza di Aline e Omer. Lì, dalla cittadina di Saint-Andrè, dove contatta il notaio Canonge che gli racconta quello che, del resto, aveva già capito. In Saint-Andrè, tutto gira intorno alla casata dei Boissencourt, borghesi arricchiti e poi nobilitati. Ma una famiglia piena di contrasti e dolori, da cui, a 17 anni, scappa la figlia Aline insieme ad un famiglio del castello che l’ha messa incinta: Omer Calas. Un mese prima dell’inizio del romanzo, il capostipite Honoré muore senza eredi, lasciando quindi tutto alla sola persona vivente, Aline. Che non vuole nulla, che rifiuta l’eredità (e ci sarebbe da scrivere a lungo su queste posizioni). Omer lo scopre, la minaccia, cerca di massacrarla di botte, se non che interviene l’amante Dieudonnè che in una colluttazione uccide Omer. Tutto risolto, anche se con poca convinzione. Maigret “raddrizzatore di destini” non può salvare Aline, né Dieudonné. Se ne tira però fuori, rifiutandosi sino all’ultimo di arrestare Aline, e poi, salvandone il gatto rosso, che qualcuno ricorderà in una scena indimenticabile nel telefilm che ne fu tratto con protagonista Jean Richard. Gatto che rimarrà un pomo della discordia tra Maigret e il giudice (ma non vi dico come). Simenon però ha anche fretta nello scrivere, come suo solito. Tanto che, nella ricostruzione dei fatti, tende a mescolare i giorni del fine settimana fatale ad Omer. Vediamo allora di ricostruirne il crono, senza tema di svelare nulla, che tutto è già detto. Il cadavere è scoperto il 23 marzo, un martedì mattina, e secondo il dr. Paul deve essere stato uccio due o tre giorni prima (sabato o domenica). Aline dice che Omer è partito venerdì, come venerdì viene depositata la valigia in stazione. Anche se l’impiegato della stazione più avanti dice che la valigia è arrivata domenica (contraddizione dell’impiegato o di Simenon…). Tra l’altro, domenica Dieudonnè era dalla sorella, quindi impossibilitato a commettere il crimine. Nella ricostruzione finale, vediamo che il notaio incontra Aline giovedì, che Omer scopre il rifiuto della moglie, parte per Saint-Andrè dove arriva sabato, per poi tornare la sera stessa a Parigi. Sera in cui durante il litigio con Aline viene ucciso da Dieudonné. È la domenica, quindi, che Aline e il suo amante puliscono il bar e fanno consegnare la valigia in stazione. L’elemento che fa capire tutto a Maigret è proprio il contenuto della valigia: panni sporchi! Se Omer l’avesse consegnata in partenza dove avere vestiti puliti. Quindi c’era qualcosa sotto. La bellezza, ed il consiglio di leggere quest’ottimo Maigret, deriva invece da tutto il contorno: Parigi, i canali, i bistrot, la figura di Aline, il gatto, la vita in provincia. Insomma tutti gli archetipi di Simenon che ne fanno un autore magistrale, quando scandaglia l’animo umano alla ricerca dei motivi del vivere. Uno psicologo, in fondo. Inoltre, e per finire, un canto d’amore verso i “suoi” luoghi, di cui sente sempre più potente il richiamo.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (quartiere ai bordi del Canal Saint-Martin)
Aline Calas, nata de Boissancourt, 41 anni, tenutaria di un bistrot, sposata, una figlia ormai adulta
Omer Calas, 47 anni, marito di Aline, gestore di bistrot, vittima
Lucette Calas, 24 anni, figlia di Aline e Omer, assistente all'ospedale Hôtel-Dieu (Parigi)
Dieudonné Pape, circa 50 anni, vedovo, amante di Aline
Antoine Cristin, 18 anni, garzone
Il giudice Coméliau
Notaio Canonge, circa 60 anni, pratica a Saint-André (Ci sono molti paesi in Francia con questo nome)
4 gg.
23 – 26 marzo
[tit. or.: Maigret tend un piège; ling. or.: francese; pagine: 343 – 495 (152); anno 1955]
Siamo ad un nuovo, grande, punto di svolta nella vita e nelle opere di Simenon. Dopo aver tanto meditato, improvvisamente, il 19 marzo 1955 Simenon lascia, un po' di soppiatto, ma definitivamente gli Stati Uniti che per dieci anni sono stati testimoni di numerosi cambiamenti della sua vita (dal divorzio da Tigy al matrimonio con Denyse, dalla nascita dei figli ad una crescente delusione per gli Usa). Si imbarca di nuovo, come in ottobre sulla “Ile-de-France” e sbarca a Le Havre, alla guida della sua Dodge. Ovviamente si reca a Parigi, dove rimane due giorni all’hotel Claridge. Ma Parigi, ai suoi occhi, benché rimarrà nei suoi scritti, ha perso le qualità per essere la sua dimora. Presa la grande station-wagon, si sposta all’Hotel Miramar di Cannes, dove rimarrà per gran parte di aprile, avendo come vicini di stanza la famiglia Chaplin, anch’essa fuggita dall’America. A fine aprile, quindi, si trasferisce nella cittadina di Mougins, 8 km a nord di Cannes. Qui affitta una casa di campagna, “la Gatounière”, anche se la ritiene (e non a torto) una residenza provvisoria. Inciso: casa importante, se prima di lui fu affittata da Maurice Thorez (per 35 anni segretario del Partito Comunista Francese) poi da Eddie Barclay (il più importane discografico francese dell’epoca) e dopo, negli anni ’60, da Edith Piaf. Ma non solo per questi antecedenti, il primo romanzo nuovamente europeo di Simenon acquista una basilare importanza. Infatti, segna quasi un "punto di svolta" nella carriera del suo personaggio, nel senso che le indagini del commissario tenderanno sempre più ad avvicinarsi alle domande che Simenon stesso si fa sull'uomo, la sua responsabilità e il suo destino. Dopo il ciclo di Maigret di Fayard, un "blocco di granito" sicuro di sé e il "più leggero" Maigret del ciclo di Gallimard, il ciclo Presses de la Cité, dopo aver riconciliato l'autore e il suo personaggio e quindi reintegrato Maigret nella sua funzione di commissario investigativo, lo vede sempre più interrogarsi sul suo mestiere e sul suo ruolo, riprendendo nei suoi dubbi le domande di Simenon. Non è un caso quindi che uno degli elementi di maggior interesse, che scopriamo nel secondo capitolo, è una lunga chiacchierata tra Maigret ed il prof. Tissot, eminente psicologo, proprio sulla natura dei criminali, sulla pazzia, e sul comportamento umano. Proprio questo colloquio induce Maigret ad ipotizzare una trappola per acciuffare un assassino seriale che sta tormentando la zona bassa di Montmartre. Tra l’altro Maigret è per tutto il romanzo proprio a disagio per la presenza di un “serial killer”, lui abituato a crimini singoli, da affrontare ed analizzare passo dopo passo. Qui, abbiamo invece già cinque donne uccise a distanza di poco tempo, e tutte con la stessa modalità, con l’unica costante di una corporatura simile. Comunque il colloquio con lo psicologo gli fa venire in mente la trappola: far finta di arrestare una persona, per far uscire allo scoperto l’ego del killer. Per questo imbastisce una messinscena grandiosa, ingannando anche i giornalisti presenti al Quai des Orfevres, e riempendo la collina di Montmartre di poliziotti all’erta e di ausiliarie donne con similitudini rispetto alle donne uccise. La trappola ha il suo esito, che il killer esce allo scoperto, ma la donna, poliziotta, si salva. Il killer fugge, ma la donna riesce a strappargli un bottone. Da questo particolare infimo, aiutato dai buoni uffici del laboratorio di polizia giudiziaria guidato da Moers, Maigret ed i suoi risalgono ad un vestito, e dal vestito ad un indirizzo, e da questo ad una persona apparentemente perbene, ma che capiamo subito essere lui. Marcel Moncin, decoratore un po’ fallito, con una madre apprensiva che gli sta sul collo ed una moglie altrettanto oppressiva, che gli vuole bene, anche se a modo suo. Da qui parte il nuovo sviluppo, dove Maigret cerca di penetrare nella corazza di Moncin, di capire come e perché siano scattati i bisogni omicidi. Ma non è Moncin un alter-ego che Maigret, con i suoi ragionamenti, con le sue parole, riesce a scalfire. Non capendolo, come lui stesso ammetterà, Maigret fa un errore: non controlla le sue donne, e, Moncin in prigione, c’è un nuovo omicidio. Di una donna, ma senza le caratteristiche fondanti. Sarà in un confronto a tre che Maigret farà uscire allo scoperto chi delle due ha aiutato Marcel. Finale triste e solitario, tutto risolto, ma di nuovo con la tristezza di fondo del migliore Maigret. E noi sentiamo già le note di Tenco che lugubremente chiudono anche questo capitolo. Prima di lasciarlo però, ritorniamo su tre aspetti fondamentali del romanzo. I colloqui con Tissot e Moncin, che ribadiscono quella ricerca dell’umanità nelle persone, quella ricerca alle risposte sulla vita che Simenon stesso non trova. Poi, l’ambientazione, quella parte di Parigi tra Montmartre e Pigalle, tra Place du Tertre e Place de Clichy, lungo rue Caulincourt: luogo di tanti ricordi delle mie passeggiate parigine, che sempre, in quei luoghi, si arrestavano per una sosta immancabile a Place Èmile Goudeau, davanti a “Le Bateau Lavoir” (spero sappiate perché). Infine, anche se questo è più inerente alle avventure di Maigret, la descrizione del laboratorio di Moers, dove questi riesce a trovare di tutto ed a sapere di tutto, da piccoli pezzi di qualsiasi parte provengano. Un laboratorio ed un personaggio che farebbero l’invidia di Temperance Brennan o di Kay Scarpetta! Finisco, ripetendo, non è un romanzo “criminale” dove siamo tesi alla ricerca del colpevole. Siamo alla ricerca di risposte, a tante domande che Maigret, Simenon e noi stessi facciamo durante la nostra vita.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (Boulevard Saint-Germain e Montmartre)
Marcel Moncin, 32 anni, architetto-decoratore, sposato senza figli
Marthe Jusserand, 25 anni, donna assalita che si difende, testimone
Yvonne Moncin, moglie di Marcel
Mme Moncin, madre di Marcel
4 gg.
4 – 7 agosto
[tit. or.: Un échec de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 499 – 642 (143); anno 1956]
Simenon è comunque inquieto, la residenza di Mougins non lo convince, la sua famiglia “americana” forse si è trasferita troppo in fretta da questa parte dell’Oceano. Prima di mettere mano ad altro, allora, il nostro decide di fare un tour di Francia per far conoscere a Denyse ed ai figli i “suoi” luoghi: Porquerolles, Nieul-sur-mer, Sables-d'Olonne, La Rochelle... Al ritorno in Costa Azzurra comincia anche a cercare una sistemazione che più gli aggrada. Così in ottobre si trasferiscono in una grande villa a Cannes, la “Golden Gate”, dove resteranno per circa due anni.  Dopo che i ragazzi si sono sistemati (tra l’altro la villa ha una grande piscina per le calde estati francesi), Georges e Denyse decidono di fare da solo un secondo viaggio “di conoscenze”. Partono così in giro per l’Europa, in cui toccano Londra, Roma, Liegi, Venezia, Bruxelles, compreso un itinerario sui canali alla volta del Belgio e dell'Olanda, come a ripercorrere le esperienze degli anni trenta con la prima moglie Tigy. Ultima tappa Liegi, per i funerali, il 21 novembre, della zia nonché sua madrina Maria Lambertina Josephina Croissant-Brüll (90 anni). Il 25 novembre è a Cannes dove tiene una conferenza sulla sua esperienza americana. Verso Natale è a Parigi per la creazione di una coreografia di Roland Petit su di una sua idea. Infine all’inizio del ’56 prepara una conferenza all’Università di Nizza su “Il romanzo di domani”. Quindi, in una settimana, ecco buttar giù un nuovo episodio del nostro commissario. E non è un caso che, dopo tutti questi mesi di rimembranze, la testa gli torni anche all’infanzia di Maigret, sulla quale imbastisce questo episodio. Tutto prende il via dalla richiesta del capo della Polizia, corroborato da un Ministro, di dare udienza ad un personaggio influente. Quale la sorpresa di Maigret nello scoprire che si tratta del suo vecchio compagno di giovinezza in quel di Saint-Fiacre, l’antipatico Ferdinand Fumal. Era il figlio del macellaio, odioso fin dall’infanzia, sempre preso in giro come “Ferdi le Gros”, che è cresciuto avido e pieno di soldi, tanto che ha costruito un impero di macellai con una rete in tutta la Francia, ed ha comprato il vecchio castello di Saint-Fiacre, quella dell’infanzia di Jules. Non è strano che anche da adulto, Fumal risulti fumoso a Maigret, cha ascolta le sue lamentale (qualcuno scrive lettere minatorie) ma che tarda a mettere in moto la macchina dei controlli. Anche perché Louise la segretaria avverte di nascosto Maigret che è lo stesso Fumal a scrivere le auto-minacce. Sarà o non sarà vero, il commissario incarica Lapointe di iniziare la vigilanza al mattino. Ovvio che nella notte Fumal viene ucciso. Riluttante, Maigret deve in ogni caso occuparsi del caso, anche se vorrebbe dedicarsi ad un’indagine più leggera (una simpatica signora inglese in vacanza di gruppo a Parigi è scomparsa). Il nostro scopre ben presto che nessuno rimpiange la morte del “re dei macellai”, come subito esce sui giornali. Non la moglie, che si domanda spesso perché si siano sposati, se non per i soldi di famiglia. Tanto che annega i suoi dispiaceri nell’alcool, avendo come unico conforto le visite, nascoste ma costanti, del fratello Émile Lentin. Questi è uno scapestrato e squattrinato giovane che approfitta della grande casa di Fumal per dormire di nascosto, e magari rubacchiare qualche soldo dal cassetto della segretaria. Non certo la segretaria, che rimane al servizio di Fumal solo perché vuole mettere da parte i soldi per sposarsi con Félix, l’autista del macellaio, con il quale ha una relazione amorosa. Tra l’altro, l’unico modo di accumulare soldi è truffare un po’ il padrone, e lei lo fa. Inoltre, quando stanno insieme, dalle finestre vedono tutto quello che succede nel salone, lì dove muore il macellaio. Allora hanno visto tutto, qualcosa, o sono loro i colpevoli? Né è tenero con il padrone il factotum Victor, salvato da Fumal dalla galera per avere accidentalmente ucciso un guardiacaccia, ma da quel momento in poi nelle mani di Fumal stesso che lo umilia in tutti modi. Victor, che da buon bracconiere, si aggira silenzioso per la casa, sapendo molto e dicendo poco. Anche il contabile Joseph, pur sicuro che la morte di Fumal gli procurerà grattacapi finanziari, non è che sia dispiaciuto più di tanto. Il fatto che il macellaio figlio di macellai, con una bella madre un po’ puttana (si dice non portasse le mutande per fare prima…), da sempre ce l’ha con tutti. Ed a tutti riserva trattamenti sgradevoli. Chiede a Louise di spogliarsi nuda, pena il licenziamento, e poi la guarda e la continua a trattare male verbalmente. Ad un impiegato che voleva licenziare, mette di nascosto dei soldi nella giacca, accusandolo poi di essere ladro. Inoltre, ruba o comunque fa in modo che il suocero perda tutti i suoi averi, umiliandolo pubblicamente, tanto che questi si impicca. Ultima nefandezza, è la terra bruciata che riesce a creare intorno al rivale Roger nel campo delle piccole macellerie. Roger che potrebbe essere stato lui l’assassino, essendo l’ultimo che ha visto vivo Fumal. Ma Roger viene trovato suicida lungo il fiume (e sapremo come e perché possa essere scagionato). Il fatto è che Maigret non riesce a concentrarsi sul caso, ricordandosi sempre che “Ferdi le Gros” non è mai stato amico suo. Ma un commissario è sempre un commissario, e così, con un piccolo tocco letterario, Simenon gli fa sognare la soluzione, o comunque l’ipotesi di una possibile verifica, che vi ho già svelato se ve ne siete accorti. Da lì gli avvenimenti si concatenano, ma prima di mirare al vero colpevole, Maigret si attarda nuovamente, così che, benché si sappia chi sia stato, e come, riesce una fuga ingegnosa. Così che Maigret deve subire uno scacco (come dice il titolo originale) e non certo prendere un granchio, che sarebbe indicare un colpevole diverso da quello vero. Poiché però Simenon è buon con noi, anche se non con il commissario che si è fatto fuorviare dai ricordi d’infanzia, l’autore ci dice che due anni dopo la signora inglese scomparsa viene ritrovata in Australia, dove vive felicemente in seguito ad una fuga d’amore. E che dopo cinque anni… Ma questo non ve lo dico. Quello che notiamo soltanto in finale è che questa fase di transizione si sta riempendo di motivi di rimpianto per il nostro autore. Non era contento delle sue ultime fasi americane, e non è ancora disteso nelle sue nuove fasi europee. La Francia lo aveva trattato male dopo la Guerra (almeno secondo lui) e non l’aveva ancora perdonata. Fatto sta che gli ultimi titolo sono pieni di “Maigret ha paura”, “si sbaglia”, “subisce uno scacco”. Riuscirà il nostro a rasserenarsi?
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi
Ferdinand Fumal, età matura, uomo d'affari legato alla politica, sposato, senza figli, vittima
Jeanne Fumal, nata Lentin, moglie di Ferdinand
Louise Bourges, circa 30 anni, segretaria di Ferdinand
Victor Ricou, maggiordomo di Ferdinand
Martine Gilloux, amante di Ferdinand
Émile Lentin, 52 anni, fratello di Jeanne, rovinato economicamente da Ferdinand
Ispettore Lapointe
Muriel Britt, turista inglese a Parigi
3 gg.
marzo
[tit. or.: Maigret s’amuse; ling. or.: francese; pagine: 645 – 793 (148); anno 1957]
Siamo al 50° titolo dei romanzi di Maigret, e siamo anche all’ultimo scritto in suolo di Francia. Benché in realtà la sistemazione a Cannes sia gradevole, la famiglia è irrequieta. Per una serie complessa di motivi. Il primo è la legislazione fiscale, abbastanza penalizzante per chi ha dei bei guadagni che difficilmente riesce a nascondere, provenendo dalla vendita dei suoi libri. Il secondo è l’alcool. Simenon beve per essere stimolato alla scrittura, ma lui è sempre riuscito a gestire il dosaggio. Denyse invece no, eccede, non si controlla e ben presto alla dipendenza alcolica si aggiungeranno turbative psicologiche aggravantesi in pochi anni. Il terzo è il sesso, che Simenon usa anch’esso per stimolare le sue cellule grigie, e poiché non gli basta Denyse ubriaca, o Boule ormai anch’essa avviata all’età matura, o Tigy che è ormai solo un’amica, qualcuno (malelingue dicono la stessa Denyse, ma noi sorvoliamo) gli procura signorine per clamare i suoi appetiti. Non ci vorrà molto a che Simenon decida di cercare la sua stabilità altrove. Come ultimo romanzo francese, Simenon allenta un po’ i toni, e si diverte anche lui. Creando una linea narrativa atipica che gestisce tuttavia con sapienza. Affaticato ed un po’ appesantito, Maigret è convinto dall’amico dr. Pardon di prendersi qualche settimana di ferie. Ma si decide tardi, tutte è esaurito, ed allora con la moglie decidono di passare l’agosto … in città. Simenon allora si diverte anche lui a far passeggiare i nostri in una Parigi vuota ed agostana, vediamo la routine familiare, la signora Maigret fa le pulizie, spesso vanno al ristorante, a volte cucinano in casa, e soprattutto sono soventi al cinema. Ovvio che questa routine viene rotta da un omicidio eclatante: la moglie di uno stimato medico viene trovata morta e nuda nell’armadio dello studio del medico, essendo la famiglia in vacanza a Cannes, ed essendo rimasto il sostituto per le faccende quotidiane. Qui Maigret deve decidere cosa fare: mantenere le ferie o tornare? Questa volta vince il corpo, cioè il medico, e Maigret rimane fuori, lasciando l’indagine a Janvier. Ma noi non lo seguiamo, perché rimaniamo concentrati su Maigret che segue l’indagine dai giornali e dalle chiacchiere della gente. L’abilità di Simenon scrittore è quella di imbastire tutto il romanzo sull’onda degli articoli di giornale del bravo Lassagne. Maigret esce al mattino, compra i giornali alla solita edicola, e si piazza in Place de la Republique (risalendo rue Amelot, è meno di 1,5 km da casa del commissario), se è presto con un caffè, se è più tardi con la prima birra della giornata. Leggendo i resoconti giornalistici noi e Maigret siamo questa volta messi sullo stesso piano: non abbiamo informazioni aggiuntive. E riassumendo il caso, notiamo che c’è la famiglia Jave, con Philippe il dottore in carriera e la giovane moglie Eveline. Sono in vacanza sulla Costa Azzurra, quando inaspettatamente Eveline prende un aereo per Parigi, dove la sera stessa muore. Un aereo prende subito dopo anche il marito, sempre per Parigi. Nello studio c’è Gilbert Négrel, il suo sostituto. Trentenne, ora fidanzato con Martine (che spesso lo va a trovare nella sua casa di rue de Saints-Péres, vicino al cafè Flore). Gilbert ha avuto una storia con Eveline, che, scavando mattoncino dopo mattoncino, viene ben descritta in un lungo articolo di Lassagne dalla città natale di lei, Concarneau. Sembrava una donnina tranquilla, e si rivela affamata di vita e di sesso. Soffre di una malattia cardiaca che ne rallenta i battiti, quindi si trova (o pensa di trovarsi) sempre sul limite della morte, e si affretta, sin da adolescente, a prendere quello che può. Si attacca a persone più grandi di lei, crea scandalo nella città natale, poi si sposa con il dottor Jave, ma non si ferma la sua fama di vita e di sesso. Tanto che ha anche una storia con Gilbert. Il quale prima nega, poi, dopo averne parlato con la fidanzata Martine, consigliato dal padre di lei, noto avvocato, racconta tutto. O almeno tutto quello che pensa sia rilevante. Si, aveva avuto una storia con Eveline. No, era finita, ma la signora ancora si attaccava a lui. Si, era venuta a studio quel sabato pomeriggio. Tutto qui. Ma Jave? Si scopre anche che, deluso dalla moglie, si è da tempo preso della giovane Antoinette, figlia della sua cameriera, dopo averla salvata da una malattia di petto. Jave è andato a Parigi, sapendo che la moglie era assente, per vedere Antoinette, che conferma il suo alibi. Lo strano, per noi e per Maigret, è il fatto che Eveline sia stata messa nell’armadio nuda. Dopo tutti gli articoli di giornale, ci troviamo anche noi davanti al dilemma: Gilbert, per respingere un ultimo assalto di Eveline la colpisce e lei accidentalmente sviene, le fa una puntura per farla rinvenire, ma sbaglia fiala ed Eveline muore? Philippe, esasperato dal troppo spendere della moglie, usa l’alibi di Antoinette, si reca a Parigi sulle tracce di Eveline, la uccide con una puntura per poi prenderle gli abiti al fine di far cadere la colpa su Gilbert? Maigret capisce la verità, ben prima di noi ed anche di Janvier. Ma non interviene mai, solo indirettamente, ogni tanto invia quelli che Camilleri chiamerebbe “pizzini”, ovviamente anonimi, a Janvier. Da questi, dagli articoli e dal ragionamento, alla fine, anche noi e Janvier arriviamo alla soluzione. Il divertimento di Maigret è ovvio. Ma anche quello di Simenon, che, sfruttando il girovagare della famiglia Maigret per Parigi, fa in modo di citare luoghi e situazioni di altre inchieste. L’Hotel Amiral a Concarneau, teatro del romanzo “Il cane giallo”. Un padiglione a Bercy dove abitava un ragazzo che rubò una pipa a Maigret ne “La pipa di Maigret”. Un ristorante dove Maigret passò tre giorni e tre notti in “Il morto di Maigret”. L’inseguimento dalla chiusa di Charenton sino all’Ile Saint-Louis in “la chiusa n.1”. Comunque alla fine è stata un’inchiesta più lunga del normale, che di solito durano tre giorni, mentre qui si è cominciati di martedì per finire il sabato. Una degna fine per ed una superba lettura per il mezzo centone di libri. Ora ci aspetta la Svizzera.
“Perché pretendere che il resto del mondo stia fermo quando noi invecchiamo?” (683)
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi, Cannes, Concarneau
Philippe Jave, 44 anni, medico, sposato, una figlia di 3 anni
Éveline Jave, nata Le Guérec, 28 anni, moglie di Philippe, vittima
Gilbert Négrel, 30 anni, medico, celibe, rimpiazza Philippe
Martine Chapuis, 24 anni, studentessa di medicina, fidanzata di Négrel
Antoinette Chauvet, 29 anni, amante di Philippe, figlia di Josépha Chauvet, cameriera dei Jave
Lassagne, giovane giornalista
Noël Chapuis, avvocato, padre di Martine, difensore di Négrel
5 gg.
agosto
Prima trama del mese di maggio, quindi eccovi anche l’omaggio (ah, ah) dei libri letti a febbraggio (accidenti alla rima). Un mese di poche letture, per il viaggio patagonico e per il lutto che sapete. Forse per questo sono stato anche più esigente, non ho letto libri che mi hanno scaldato il cuore. Ma posso senza dubbio consigliarvi di non leggere sia il primo libro di Maggiani sia l’ennesimo giallo poco intrigante di Luceri. Ed al solito, la poco convincente uscita delle avventure di raccordo dell’ultimo Smith, ormai alla frutta.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Enrico Luceri
L’ora più buia della notte
Mondadori
5,90
1
2
Maurizio Maggiani
Màuri Màuri
Feltrinelli
s.p.
1
3
Rupert Penny
L’assassino invisibile
Corriere della Sera Gialli
6,90
3
4
Paolo Lanzotti
La voce delle ombre
Mondadori
5,90
3
5
Philipp Meyer
Il figlio
Einaudi
s.p.
3
6
Anne Holt
Quota 1222
Einaudi
13
3
7
Wilbur Smith
Uccelli da preda
TEA
9,90
2
8
Giancarlo De Cataldo & Carlo Bonini
Suburra
Repubblica Italia Noir
7,90
3
9
Wilbur Smith
Il leone d’oro
TEA
13
1
10
Nicola Lagioia
La Ferocia
Repubblica Italia Noir
7,90
2

Come avevo accennato, ho saltato qualche settimana, per un meritato, piacevole, distensevole viaggio nell’India classica. Due settimane di belle visioni, di incontri, di pensieri. Grazie. Ora, nel mese dedicato alla mamma, torniamo alacremente a lavorare alle carte ed alle case. Ricolmo dei sentimenti come l’autore dell’ultimo libro letto in febbraio, vi saluto .

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