In genere, la terza trama del
mese contiene allegati su come rendersi felici con i libri. Tuttavia, questa
settimana abbiamo anche un denso volume di Maigret, per cui rimando la felicità
alla settimana prossima. Tra l’altro è il 13° volume, ed oggi è il 13 di
gennaio. Non ci si può tirare indietro… Anche perché è uno degli ultimi regali
di mia madre.
[A:
10/05/2016 – I: 02/09/2018 – T: 09/09/2018] - &&&&+
[tit.
or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese;
pagine: 733; anno 2016]
Questo volume segna due tappe fondamentali
per Simenon: il trasloco da Échandens a Épalinges e l’entrata in scena
definitiva della donna dell’ultima parte della sua vita, Teresa Sburelin. Ma
mentre i primi quattro titoli si mantengono su di un tono alto, con soluzioni
interessanti, anche per gli interessi di Simenon in questa parte della sua vita
intorno ai suoi sessanta anni (rapporto con il potere, con i giudici, con gli
avvocati, domande sulla verità e sulla giustizia), il quinto cala un po’. Si
nota stanchezza e forse poca lucidità per storie nuove. Tanto che ormai mancano
solo 10 romanzi per terminare il ciclo, romanzi che scriverà nei prossimi sei
anni, poi…
Titolo
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Scritto
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Uscito
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Data
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Luogo
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||
Maigret perde le staffe
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13 – 19 giugno 1962
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Scritto a Noland, Échandens (canton de
Vaud) (Svizzera)
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quarto trimestre 1963
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Maigret e il fantasma
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17 – 23 giugno 1963
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Scritto a Noland, Échandens (canton de
Vaud) (Svizzera)
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luglio 1964
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Maigret si difende
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21 – 28 luglio 1964
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Scritto a Épalinges (canton de Vaud) (Svizzera)
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novembre 1964
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La pazienza di Maigret
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25 febbraio – 9 marzo 1965
|
Scritto a Épalinges (canton de Vaud)
(Svizzera)
|
15 novembre 1965
|
Maigret e il caso Nahour
|
2 – 8 febbraio 1966
|
Scritto a Épalinges (canton de Vaud)
(Svizzera)
|
10 dicembre 1966
|
[tit.
or.: La Colère de Maigret; ling. or.: francese;
pagine: 11 – 135 (125); anno 1963]
Comincio a scrivere queste note proprio nel
ventinovesimo anniversario della morte di Simenon. Siamo in questo 1962 che
tanto problematico diventa sul piano personale per il nostro scrittore. Da un
lato, cominciano i piani e le commissioni per la costruzione della sua nuova e,
nel suo intento, definitiva casa a Épalinges. Intanto però si aggravano le
condizioni di Denyse che proprio in giugno verrà ricoverata a lungo presso la
clinica di “Rives de Prangins” per la prima di una lunga serie di cure
disintossicanti. Dall’altro lato infine, entra sempre silenziosamente, ma
sempre più nella calma che riesce a dare a Simenon, la governante Teresa, colei
che gli sarà vicino, silenziosamente, sino alla morte del nostro. Proprio per
questo, quasi a scacciare i brutti pensieri, poco più di un mese dopo il
precedente, mette mano a questo 61° romanzo. Con una trama che si avvolge su sé
stessa per gradi, sino ad arrivare al finale che noi ci si aspettava, ma che è
punteggiato appunto dalla collera di Maigret. Che ovviamente ha sempre avuto
anche momenti collerici, ma spesso interiorizzati, sfogati con una bevuta in
birreria. Qui, invece, Maigret batte i pugni sul tavolo, alza la voce, e si
disinteressa di cosa succederà al colpevole dopo che lo ha smascherato. Perché
viene punto sul vivo, e sia lui che Simenon sono rigidissimi sul rispetto di
alcune convenzioni sociali, su cosa si possa fare e cosa no. In fondo prende
anche molto del luteranesimo svizzero, laddove da anni orami vive e che è
congeniale al suo temperamento. Come spesso, quando mette mano ad un nuovo
romanzo, di cui ha chiare alcune direttrici di fondo, ma che fa un po’ fatica
ad organizzare, si sentono fin dall’inizio alcune reminiscenze di altri romanzi
ed altre avventure. Di modo che a Simenon riesce più facile mettere in moto il
suo diesel Maigret. Intanto, come spesso accade nell’ultimo periodo c’è una
stretta coincidenza tra tempo della scrittura e tempo del romanzo. Il testo
viene scritto dal 13 al 19 giugno. Il romanzo si svolge dal 12 al 18 dello stesso
mese. Sottolineiamo un altro fatto inusuale, la lunghezza dell’indagine. In
genere, la quasi totalità dei romanzi si esaurisce in pochi giorni, da 2 a 4.
Oppure, se i tempi si allungano, si dilatano enormemente verso anche più mesi.
Qui, tutto in 7 giorni. Fa caldo a Parigi, si avvicinano le ferie, Maigret è
sballottato tra il ventilatore e le carte da firmare. Con qualche punta di
perplessità sulla salute (da poco il suo medico gli ha detto di stare attento
agli stravizi). Ciò non toglie che ci si può permettere un pernod, con il fido
Lucas alla brasserie Dauphine. Dove ascolta le confidenze di Antonio Farano, un
italiano gestore di night per conto del cognato Émile Boulay. Che da 12 ore
sembra essere scomparso (siamo nella mattina di mercoledì, notando come
coincidenza che il 13 giugno 1962 è proprio un mercoledì, oltre ad essere il
compleanno di mio padre). Boulay è un uomo tranquillo, gestore di alcuni locali
di cabaret e striptease in quel di Pigalle. È sposato con Marina, la sorella di
Antonio. Hanno due figli. Con loro vive la cognata Ada, più giovane e carina
che gli fa da segretaria. È talmente tranquillo che nell’ambiente viene
soprannominato il “Bottegaio”. Ha in orrore mettersi in mostra ed avere
pubblicità. Per questo, era discretamente seccato di essere stato coinvolto
nella morte del corso Mazotti. Un malavitoso che cercava di emergere a Pigalle
chiedendo tangenti ai locali. Ma Boulay chiama i suoi amici di Le Havre (da
dove viene, e da dove nasce come cameriere sulle navi, con discrete conoscenze
tra i marinai) che danno una sonora lezione a Mazotti, che la stessa notte
viene ucciso. Boulay è convocato varie volte in commissariato, fatto che lo sta
innervosendo. Tre giorni dopo la scomparsa, il cadavere di Boulay viene
ritrovato ai confini del cimitero del Père-Lachaise (ah, quanti bei ricordi in
quel cimitero fantastico!). Strangolato. Morto da tre giorni, cioè appena
scomparso. Due fatti che lasciano perplesso Maigret. Lo strangolamento è
altamente inusuale nella malavita, che preferisce colpire con armi da fuoco o
con coltelli. Piccola digressione: nell’insieme dei romanzi di Maigret ci sono
85 uccisioni. Ebbene il 50% avviene con armi da fuoco o con coltelli. Solo 15
invece (pari al 18% circa) per strangolamento. E nessuno di questi 15 avviene
negli ambenti malavitosi. Sarà questo il primo? Maigret si pone la questione
sin dal primo capitolo. Prima di sguinzagliare i suoi uomini sulle tracce della
vita di Boulay. Con l’aiuto del buttafuori di uno dei locali, soprannominato
“Topolino” ricostruisce le ultime ore di Boulay, che nel pomeriggio aveva
ritirato mezzo milione di franchi e che la sera si avvia in direzione della
casa del suo avvocato. Forse perché il giorno dopo deve ancora recarsi al
commissariato? Maigret, capito che dall’ambiente di Pigalle poco può ricavare,
si concentra allor sull’avvocato, Jean-Charles Gaillard. Un avvocato da poche
cause, ma da un alto giro economico. Con una bella macchina, che però dal
martedì al giovedì sera era in riparazione. Maigret si concentra allora sulle
cause che segue Gaillard. I suoi clienti vengono sempre assolti, o se la cavano
con poco. Un avvocato molto bravo o molto oculato. Scavando in uno di quei casi
di poco conto, scopre che il ladruncolo aveva versato fior di tangente a
Gaillard che millantava entrature in polizia. Quando Maigret scopre che una di
queste era proprio lui scoppia la sua collera. Che travolgerà Gaillard, i suoi
trucchi, e tutta la vita dell’avvocato. Lasciando comunque Maigret (e Simenon) insoddisfatto
della pur felice soluzione. Non è così che ci si comporta. Così si infanga,
senza possibilità di replica, il buon nome del commissario. E Maigret non lo
può tollerare. Dicevo all’inizio che Simenon, per velocizzare e non pensare, si
concede ripescaggi vari. Non è un caso che tutta l’aria di Montmartre che si
respira andando a zonzo tra i locali è ben ripreso da “Maigret al Picratt's”
del 1951. Inchiesta dove incontra un nano procacciatore di affari che fa
pendant con il qui presente “Topolino” del Lotus. Inoltre, la domenica Maigret
e signora vanno a riposarsi al “Vieux-Garçon” di Meung, locale che Maigret dice
aver scoperto in una vecchia inchiesta. Si tratta infatti dell’alberghetto di
Mademoiselle Rolly del romanzo “Firmato Picpus”, già presente pure nel
precedente “La balera da due soldi”. Insomma, niente di nuovo sotto il sole
estivo. Come non nuovo, né ultimo, l’astio generalizzato di Maigret verso gli
avvocati. Astio presente in quasi tutte le apparizioni degli avvocati nei
romanzi di Simenon.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (Pigalle)
|
Émile Boulay,
padrone di cabaret a Pigalle, sposato, due figli di 3 anni e 10 mesi, vittima
|
Antonio Farano,
italiano, cognato di Boulay, gestore di uno dei suoi locali, sposato
Marina Farano,
circa 25 anni, moglie di Émile
Ada Farano, 22
anni, sorella di Marina, segretaria di Émile
Jean-Charles
Gaillard, circa 45 anni, avvocato e consulente fiscale
Gaston Mauan,
20 anni, ladro di automobili
Louis Boubée,
detto Topolino, buttafuori e informatore della polizia
Jules Raison,
ragioniere di Émile
Ispettore Lucas
Ispettore Torrence
|
7 giorni
|
12 – 18 giugno
|
[tit.
or.: Maigret et le fantôme; ling. or.: francese;
pagine: 139 – 280 (142);
anno 1964]
Quasi un anno passa dalla scrittura del
precedente Maigret. Come mai? Cosa succede al nostro prolifico scrittore? Tra
l’altro, non scrive neanche romanzi diversi, anzi ne scrive uno solo in questo
1963 (“La stanza blu” in maggio). Forse anche la svolta dei 60 anni colpisce il
nostro, che si sente invecchiare. Sente gli acciacchi aumentare. Sente Denyse
precipitare sempre più nelle sue alterazioni. Mette sempre più mano alla casa –
mostro che sta costruendo a Épalinges. Si rintana sempre più nelle tenerezze
nascoste di Teresa. Ha cercato di rimanere ancorato alle abitudini che
confortano questi periodi di anzianità, come la solita vacanza estiva nella spa
di Bürgenstock. Ed ora, avvicinandosi di nuovo l’estate, si butta in una nuova
avventura del commissario. E come per gli affetti familiari, anche qui sembra
volerci tirare dentro i suoi affetti, costruendo un romanzo tutto pieno di
rimandi ad altri momenti, ad altri episodi. Quasi a voler riaffermare la
propria identità, facendo rivivere a noi lettori molti momenti dei 60
precedenti romanzi. Un romanzo per altro anche per altri motivi atipico: uno
dei più corti (in numero di pagine ed in numero di capitoli), uno in cui c’è
una vittima, ma non è centrale al corpo del romanzo, tanto che non è un personaggio
che agisce direttamente durante lo svolgimento della trama. Compare, appunto
come un fantasma. E morirà, quasi in modo inavvertito dal lettore, nelle ultime
tre pagine del romanzo, quando ormai i giochi sono fatti, capiamo, con Maigret
lo svolgersi della trama stessa, e vediamo (anzi è Simenon che stranamente ce
lo comunica) cosa succede ai vari personaggi comparsi durante le poco più che
cento pagine del testo. Tutto comincia in modo banale ed uggioso, in un giorno
di metà novembre, Maigret ha appena concluso un’inchiesta su dei ladri di
gioielli (e ne racconta alla moglie prima di dormire), quando al mattino presto
è svegliato da Lapointe: hanno sparato a Lognon, in fin di vita. Siamo in
Avenue Junot, a pochi passi dal cimitero di Montmartre. Lognon, il solitario e
sfortunato, seguiva una pista, appostandosi notte tempo nella casa della
giovane Marinette. Nessuno sa nulla. Lognon è in coma. L’indagine comincia
molto a rilento (nelle prime ore, che in meno di 36 ore sarà tutto risolto).
Ricerca nello stabile, interrogatorio con la portiera, Marinette che scompare.
Ma dalla postazione di Lognon, Maigret vede la casa di fronte. Abitata dal
sessantenne ricco olandese Norris Jonker. E dalla di lui moglie Mirella, già
sposa del ricco inglese Muir. Mentre Lucas si dedica alla ricerca di Marinette,
Maigret si concentra su Jonker. Chi è quest’olandese? Perché la portinaia dice
che la sera continuano ad entrare in casa signorine di dubbia provenienza? Qui
si insatura uno dei soliti grandi duelli verbali di Maigret. Addirittura in
trasferta, che non convoca Jonker in Questura, ma va lui nella bella casa.
L’olandese è un collezionista ben noto, la casa è piena della sua collazione
(un momento di pura invidia, quando dice di collezionare da Van Gogh al primo Modigliani;
lo possiamo uccidere?). C’è anche un grande atelier, dove Mirella fa finta di
dipingere quadri astratti. Come Jonker fa finta di essere maniaco del sesso. Ma
Maigret non è convinto. Come può essere che un atelier sia vuoto? Cosa c’è
nella stanza chiusa a chiave? Cosa sono quei dipinti “osé”? Quanti punti
interrogativi che Jonker e Mirella non riescono a dissipare. Grazie a Lapointe,
e ad una telefonata al suo amico, il commissario Bastiani di Nizza, qualche
velo si comincia a squarciare. Intanto Mirella nasce Marcelle Mailland,
a Nizza si accompagnava con un ladro di gioielli di nome Stan Hobson. Riesce a
farsi sposare dall’industriale Muir, che, trovatala in compagnia di Stan,
divorzia immediatamente. La ritroviamo a Parigi, con una buona dote dal
divorzio, che fa perdere la testa a Jonker. E lo sposa. Qui, sobillata da
Hobson che torna da strani giri tra il mondo ed il carcere, e coadiuvata dal
sodale Gillon, un americano tra il truffatore ed il procacciatore d’affari,
Mirella mette in piedi un ben congeniata truffa. Gillon scopre un pittore
italiano un po’ fuori di testa, Federico Palestri, con una innata abilità nel
falsificare quadri. E con una passione sfrenata per il sesso. Data la fama di
collezionista di Jonker, Mirella lo convince a far transitare nelle sue
gallerie alcuni falsi di Palestri, che poi Gillon provvederà a collocare presso
qualche miliardario sudamericano di poca cultura. Sembra tutto andar bene, ma
Lognon subodora lo strano traffico. Hobson ed i suoi accoliti pensano sia di una
banda rivale, che lo “sfortunato” lavora sempre da solo, al contrario dello
standard poliziesco. E pensano di farlo fuori, innescando la girandola di
eventi che porterà alla loro rovina. Lognon si salverà, mentre l’unico morto
sarà proprio Palestri che verrà trovato impiccato, non si sa se dalla gang di
Hobson o suicida. Ma non è quello che interessa Maigret: lui vuole e riesce ad
incastrare Jonker. Rovinandogli la reputazione, anche se l’olandese non farà un
giorno di carcere. Come vedete, proprio atipico, che l’unico motivo per cui
Maigret indaga è per rendere omaggio a Lognon ed alla sua sfortuna. Entrano in
gioco quei rimandi, quegli occhiolini che Simenon ci lancia dalle sue pagine.
C’è infatti il ritorno di Lognon, dopo la breve apparizione in “Maigret e il
ladro indolente”. Sarà l’ultima apparizione di Lognon, che, tuttavia avrà il
suo momento di gloria: alla fine dell’inchiesta sarà sua la foto che apparirà
sui giornali. Interessante seguire il modo indolente ed a prima vista senza
metodo con cui Maigret si aggira nell’appartamento di Marinette. Aspettando che
un dettaglio, un oggetto gli diano una indicazione. Un capitolo da prendere
come esempio del “metodo di Maigret”, che, come dice lui stesso, non esiste.
Perché lui, al contrario di Sherlock Holmes, “non fa mai deduzioni”. Nel
piccolo giro di telefonate tra Londra e l’utilizzo del suo inglese stentato,
nonché la rinnovata amicizia con l’ispettore capo Pyke di Scotland Yard,
Simenon vede bene, in poche pagine, di citare: “Il mio amico Maigret” del ’49,
“Maigret si mette in viaggio” del ’57, “Maigret a New York” del ’46 e “Maigret
va dal coroner” sempre del ’49. Altra notazione: visti i suoi propri disordini
sentimentali, nel capitolo 6 c’è un momento di apertura sul suo ideale amoroso,
che non avrà mai in vita. Maigret e signora camminano, e Simenon ci dice che
non si chiameranno mai “tesoro” a vicenda. Per quale motivo, se, in qualche
modo, si sentivano come un’unica persona? Prima di chiudere, oltre a ribadire
che, non solo è uno dei romanzi più corti, ma è anche l’inchiesta più veloce:
36 ore, appunto, volevo citare una frase che illustra fino in fondo cosa è
Maigret pe Simenon. Non è, come Holmes, come Poirot, uno “scopritore di enigmi”,
è uno “scopritore di uomini”. A Jonker che gli dice, poiché Maigret sembra non
capirne il percorso umano, “Voi non siete un collezionista di quadri”, Maigret
risponde “Io colleziono gli uomini”.
“È
strano quanto la suscettibilità delle persone ci complichi la vita più dei loro
reali difetti o delle loro menzogne.” (179)
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (avenue Junot)
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Norris Jonker,
64 anni, olandese, collezionista d'opere d'arte, sposato, senza figli
|
Ispettore Charles
Lognon, detto "il Lagnoso"
Marinette Augier,
25 anni, estetista
Mirella Jonker,
34 anni, moglie di Norris, originaria di Nizza, il suo vero nome è Marcelle
Mailland, divorziata da Herbert Muir, industriale inglese, ex-amante di
Stanley Hobson, ladro di gioielli
Federico Palestri,
23 anni, pittore falsario di talento, vittima
Ed Gollan, 38
anni, americano, critico ed esperto d'arte, all'occorrenza truffatore
Mario de Lucia,
delinquente collegato con Hobson
|
2 giorni
|
metà novembre
|
[tit.
or.: Maigret se défend; ling. or.: francese;
pagine: 283 – 424 (142);
anno 1964]
Tra il ’63 ed il ’64, Simenon si dedica poco
alla scrittura, tutto preso da altri e più pressanti problemi, anche se non
disdegna di dedicarsi a piccoli periodi di vacanze. In luglio, solito passaggio
nella spa di Bürgenstock. Ad ottobre, c’è invece il battesimo di Serge, che ha
come madrina la zia Marie-Jo. Finalmente, il 9 dicembre, il grande avvenimento.
La nuova casa è finita, e la famiglia Simenon trasloca da Échandens a
Épalinges, la 31^ casa in cui viene ad abitare Simenon e la sola che ha fatto
costruire secondo le sue indicazioni. La villa è situata sulle colline
prospicenti il Lago Léman, non lontano da Losanna. Le manie di grandezza di
Simenon gli hanno consigliato di costruire un numero impressionante di stanze,
tant’è che la casa si rivelerà un mostro. E sebbene vi abiterà per nove anni,
non sarà mai felice entro le sue mura. All’inizio del nuovo anno, poi, ci sono
le prime vacanze separate: Denyse e Marie-Jo, in febbraio, vanno a
Villars-sur-Ollon, mentre a fine marzo lui e suo figlio John passano due
settimane a Barcellona. Il 21 aprile, infine, ci sarà l’altro elemento
dirompente del periodo. Denyse già per tre volte nel ’63 è stata ricoverata
nella clinica di Rives de Prangins. Ora ci torna nuovamente, e non tornerà più
a Épalinges. Con tutto questo bagaglio di tristezza inespressa, in luglio, più
di un anno dopo l’ultimo Maigret, pone mano ad un nuovo episodio. Che risente
del clima, dello stato d’animo, riuscendo uno dei più dolenti, anche se meno
cruenti in fin dei conti. In realtà, non ci sono vittime palesi, né uccisioni
su cui scatenare un’inchiesta. C’è invece un attacco allo stesso Maigret che
viene accusato di comportamento poco lineare (tipo semi-aggressione sessuale)
da parte di una giovane signorina. Con tutto l’establishment giudiziario che,
data la posizione “signorile” della giovane Nicole, sembra dar ragione a lei e
torto a Maigret. Come dice il commissario al Questore, si tratta di due parole
contrastanti di avvenimenti interpretabili in vario modo. L’abilità di Simenon,
nella prima parte, è di fornire la versione di Maigret e quella di Nicole quasi
in contrappasso, facendo vedere come la giovane abbia agito in modo che le
innocenti mosse del commissario possano essere interpretate in modo
fraudolento. La delusione di Maigret è ovvio quella che il questore ed il suo capo
lasciano una sospensiva di giudizio, come se non ci si potesse fidare del
Commissario. L’altro elemento che soggiace al romanzo è il riempire le pagine,
da parte di Simenon, di ricordi e di elementi biografici del commissario, quasi
che sentisse il bisogno di chiudere con Maigret, di mettere un punto fermo
(anche se poi scriverà altri 12 romanzi su di lui). Si parla spesso dell’età di
Maigret e dei suoi inizi da poliziotto. Riassumendone il contenuto, Maigret
dice a più riprese di avere 52 anni, che quindi, secondo le leggi francesi
dell’epoca è a tre anni dalla pensione, che lavora da 30 anni nella polizia
giudiziaria e che sono inoltre 10 anni che è a capo della Sezione Criminale. Un
calcolo incrociato ci permette di fare una piccola tirata d‘orecchie a Simenon.
Nel testo si narra di una vicenda che coinvolge il dr. Melan, quattordicenne,
durante l’occupazione tedesca di Parigi che avvenne nel 1940. Ora, poiché il
dottore ha 38 anni, si deduce che la vicenda stessa qui narrata si svolge nel
1964. Datando quindi la nascita di Maigret nel 1912. Ma nel romanzo “La prima
inchiesta di Maigret” si parla dell’azione come se si svolgesse nel 1913 (con
il commissario che quindi ha … 1 anno!). C’è poi il solito teatrino con il dr.
Pardon, sempre più presente negli ultimi romanzi, che rimprovera a Maigret gli
stravizi, ricordandogli i problemi di salute di chi sta invecchiando (ed è come
se Simenon scriva perché Simenon intenda…). Ultimo elemento, e di grosso
contrasto con il questore, è il modo “vecchia maniera” di condurre le indagini.
Girando per i quartieri, entrando nei pub, parlando un po’ con tutti,
ascoltando gli informatori. Peccato che il nostro “pescatore di uomini” in
questo modo risolva i suoi casi. Entrando nella psicologia dei cattivi, o
presunti tali. Qui, il tutto si risolve in un piccolo equivoco, non di Maigret,
ma del cattivo di turno. Il dentista, triste e solitario, dr. Melan, che
nascostamente pratica anche aborti illegali e che, probabilmente, ha fatto
morire qualche paziente sotto i suoi ferri. Melan vede Maigret bazzicare i suoi
luoghi, in particolare rue des Acacias, una strada situata dietro l’Arc
de Triomphe (piccolo inciso volante: la via più citata in tutto il corpo dei
romanzi di Maigret è proprio l’Avenue des Champs-Elysées, nominata in 34 dei 75
romanzi). Maigret è lì per tampinare il mafioso Manuel Palmari, mentre il Melan
pensa che abbia avuto sentore delle sue poco chiare attività. Per questo,
convince la sua amica Nicole (dove in un piccolo gioco di rinvii, Maigret
riesce a capire i collegamenti tra Nicole, Melan e Aline) a prestarsi al trucco
di infangare l’onore del commissario. Una volta trovata la chiave di lettura,
sarà facile a Maigret smantellare il castello d’accuse, e ricevere le scuse dei
suoi capi. Altri piccoli assaggi di collegamento, sono ad esempio, l’uso della
pipa come elemento per ribadire il suo scontento verso il questore, ci rimanda
alla scena simile che si svolge presso il giudice Coméliau in “Maigret e il
corpo senza testa”. E nella deposizione di Nicole nel primo capitolo, quando
descrive Maigret come “un uomo grande… dalle spalle larghe e dalla faccia
massiccia” ci si ricorda la descrizione che ne viene data trenta anni prima ne
“La danzatrice del Gai-Moulin”: “l’uomo
dalle grandi spalle”. Avendone scritto a lettura ultimata, faccio notare,
anticipatamente, che l’ultima particolarità del romanzo è di essere
strettamente legato al successivo, e debolmente al precedente. Il debole legame
con il precedente è duplice: in entrambi c’è un’inchiesta parallela alla principale.
Ne “Il fantasma” c’è la banda di giovinastri debellata nelle prime pagine, e
dove un membro della gang dei motociclisti si chiama Jean Bauche. Qui, mentre
difende il proprio onore, indaga anche sui furti nelle gioiellerie che è
convinto siano organizzati dal falsario Manuel Palmari, la cui giovane compagna
si chiama Aline Bauche. Il legame stretto con il successivo è che la vicenda di
Palmari troverà l’epilogo proprio ne “La pazienza di Maigret”.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (rue des Acacias, Avenue de la Grande-Armée)
|
François Mélan,
38 anni, dentista, celibe
|
Nicole Prieur,
17 anni, studentessa, nipote di un alto funzionario statale
Mlle Motte,
assistente di Mélan
Manuel Palmari,
circa 60 anni, ex-falsario, mafioso
Aline Bauche,
22 anni, amante di Palmari
Dr. Pardon,
medico amico dei Maigret
|
2 giorni
|
giugno
|
[tit.
or.: La Patience de Maigret; ling. or.: francese;
pagine: 427 – 571 (145);
anno 1965]
Continua il periodo sterile di Simenon, che cerca di pensare ad altro,
anche portando per Natale tutta la famiglia ad una vacanza sulla neve a
Crans-sur-Sierre. Ma niente. Scrive poco, e tanto gli succede intorno. Si, è
vero, in ottobre diventa ancora nonno per la nascita di Diane Marie Yannick,
figlia di Marc e Francette. Però ad inizio anno cade nella toilette della nuova
casa di Épalinges e si frattura diverse costole. Dovrà stare più di un mese a
riposo (e si sa che le costole sono brutte bestie). Così dovrà aspettare quasi la fine di
febbraio per mettere mano ad un nuovo episodio della saga di Maigret. Questo,
oltre ad essere il solo Maigret del ’65, ha anche la particolarità di essere
l’unico che Simenon interrompe e riprende. Infatti dopo 6 giorni di lavoro, il
2 marzo è colpito da un’influenza che lo blocca a letto sino al 7. In altre
situazioni, avrebbe abbandonato tutto. Qui, per la prima e unica volta,
riprende e conclude. Come se facesse un pendant con la storia stessa, dato che
lo stesso Maigret confessa che sono venti anni che segue, abbandonandolo e
riprendendolo, il caso dei furti di gioielli. Di cui è certo essere responsabile
il mafioso corso Manuel Palmari. Eppur tuttavia non riesce ad incastrarlo. Sa
benissimo tutti i meccanismi dei furti: qualcuno si accorge di gioielli di
valore in qualche vetrina, il mandante avverte qualche suo sodale sparso per la
Francia che gli invia qualche ragazzotto per effettuare il colpo, con il
bottino che si spartiscono in diverse tranche il mandante, il mandato ed i
ragazzotti. I quali a volte vengono arrestati, ma non sanno nulla della catena
di controllo, e Maigret si ritrova sempre con un pugno di mosche. Ma Maigret è
paziente ed aspetta. Dando vita, in questo romanzo, ad un’altra novità: come le
moderne serie televisive, questo romanzo chiude alcune parentesi aperte dal
precedente. Lì, cercando di incastrare Palmari, scopre le nefandezze del dr.
Mélan. Ed entra più in consapevolezza della presenza e dei possibili ruoli ricoperti
dall’amante di Manuel, la giovane Aline. Come riporto sotto, Manuel è
“sessantino”, Aline è “ventina”. La svolta di tutta la vicenda arriva quando
Palmari viene ucciso, nonostante la sua abitazione sia sorvegliata giorno e
notte, nonostante Aline sia pedinata ogni volta che si muove di casa. Pur pieno
di piccoli elementi e di micro-episodi, la parte centrale della storia prosegue
diritta, sui binari di quello che dovrebbe essere il “metodo Maigret”. Cioè
nessun metodo, solo star lì, guardare, vedere le persone agire nel proprio
contesto, interrogare. Farsi ronzare in testa mille pensieri, anche altri.
Magari andando a mangiare con il giudice in una brasserie alsaziana. Magari
scrivendo pizzini ai suoi sottoposti (spero che Simenon mi perdoni queste
“camillerate”), e come Ale, solo a matita e mai con stilografiche (niente biro
negli anni ’60). Magari bevendo l’immancabile birra. O mangiando alcuni dei
pochi dessert che disseminano i suoi romanzi (e se ho tempo ci tornerò sopra).
La prima zeppa che dà da pensare a Maigret è che il palazzo di rue des Acacias
è intestato ad Aline. Il secondo pensiero è quando sa che il ristorante di
Manuel, dal quale il corso era partito per realizzare la sua “nefanda”
carriera, è stato venduto da Aline al nuovo direttore. La terza, quando vede un
cliente del ristorante troppo spesso, e, fattolo seguire da uno dei suoi,
scopre che questi telefona a Fernand, un inquilino dello stabile di Manuel e
Aline. A questo punto, il metodo di seguire tutti e di vedere cosa fanno e dove
e perché, dà i suoi frutti quando si scopre che: Fernand è un rappresentante di
gioielli, Aline è proprietaria anche di un albergo vicino al ristorante, dove
spesso si incontra ma si avete capito proprio con Fernand. Se ve lo siete
scordati, Manuel, come avevo detto nel libro precedente, è da tre anni su di
una sedia a rotelle dopo essere sfuggito ad un attentato. Ce la fate anche voi
a fare due più due? Quello che manca a Maigret è però l’ultimo anello: i
gioielli non vengono venduti ai ricettatori, quindi qualcuno deve lavorarli.
Mentre si arrovella su questo punto, una serie di coincidenze lo porteranno a
sbrogliare tutta la matassa, a trovare l’intagliatore, a trovare il
collegamento tra lui e Fernand, a smascherare il gioco di Fernand e Aline. Poi,
è materia del giudice e del tribunale. Il “cacciatore di uomini” ha fatto il
suo percorso, ha trovato come, quando e perché. Ora sono di altri i problemi.
Come ho detto all’inizio, è un’inchiesta che in realtà dura venti anni. Così
che Maigret e Simenon percorrono le pagine anche sull’ala dei ricordi: l’inizio
in polizia come Segretario del Commissario di quartiere (“La prima inchiesta di
Maigret”), il ricordo del suo più lungo interrogatorio (27 ore) alla banda dei
polacchi, ripreso già in diversi romanzi (“Cécile è morta”, “Il morto di
Maigret”, ed altri ancora), i cattivi in coppia, qui come ne “Maigret e il
cliente del sabato”, le scaramucce con l’antipatico giudice Coméliau rispetto
all’attuale giudice Alencin. Il grosso colpo di Simenon è però l’inserire
alcuni suoi ricordi personali, spesso legati alla guerra, come in molta parte
della sua ultima produzione. Il bombardamento nel 1940 della stazione
ferroviaria piena di rifugiati belgi, ad esempio. O lo stupore con cui Maigret
ricorda sé stesso ai primi tempi in Parigi, che riecheggia lo stesso stupore,
lo stesso atteggiamento di Simenon che passa dalla piccola e provinciale Liegi
alla grande città. Per finire si diceva dei dolci di Maigret. Non è che siano
tanti, per cui ricordiamo senz’altro: un "piccolo pezzo di torta di
mandorle" mangiato presso l'Hotel de la Loire (“Il defunto signor
Gallet”), la torta guarnita con tre tipi di crema alla fine del pranzo a casa
Van Hasselt (“Un delitto in Olanda”), la torta di riso di Anna (“La casa dei
fiamminghi”) e la torta di riso della signora Pardon (“Maigret si confida”), la
torta al caffè di Melanie (“Cécile è morta”) dove mangia anche una crema la
caramello, la torta di prugne insieme al giudice Ancelin (“La pazienza di
Maigret”) e la torta di mele della sorella del Dr. Bresselles (“Maigret a
scuola”), i profiterole di Mme Chabot (“Maigret ha paura”) e le Crepes suzette,
assaggiate a Les Halles con Mr. Pyke (“Il mio amico Maigret”). Infine, due
capolavori della signora Maigret: la crema di limone (“Il pazzo di Bergerac”) e
le uova con latte (“Maigret e il corpo senza testa”). Un armagnac per digerire?
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Parigi (rue des Acacias, rue Fontaine)
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Manuel Palmari,
circa 60 anni, mafioso, all'occorrenza informatore, celibe, vittima
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Aline Bauche,
22 anni, amante di Palmari, già prostituta
Fernand Barillard,
circa 40 anni, rappresentante di commercio, amante di Aline
Mina Claes,
circa 30 anni, belga, moglie di Barillard
Victor Krulak,
conosciuto come Jef Claes, anziano ebreo lettone, tagliatore di diamanti in
Belgio, sordomuto
Jean-Loup Pernelle,
proprietario di un locale (che una volta apparteneva a Palmari)
Ispettore Lapointe
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2 giorni
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7 – 8 luglio
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[tit.
or.: Maigret et l'Affaire Nahour; ling. or.: francese;
pagine: 575 – 733 (159);
anno 1966]
Siamo sempre nell’era della scrittura
rarefatta, dove Simenon passa praticamente quasi un anno prima di scrivere un
nuovo capitolo di Maigret. Seppur allungando il testo (che risulta tra i più
lunghi dell’ultimo periodo) si trova in realtà a rigirare intorno allo stesso
tema che lo attanaglia in questa fase della vita. Rapporti umani, incapacità
(non volontà, forse) di giudicare, e poco altro. Aveva intanto cercato, in
questo anno di fare altro. Non di scrivere, ma in aprile del ’65, porta
Marie-Jo a Firenze. Visto che Denyse è in clinica, lo accompagna Teresa (e non
diciamo altro). In maggio fa un breve giro in Olanda, dove prenderà appunti che
riverserà in questo libro. Un nuovo lutto si presenta in giugno, quando muore
la zia paterna Marie Jeanne Louise Simenon, fattasi suora con il nome di madre
Maria Maddalena. Con tutta la famiglia, poi in estate si concede una crociera
tra il Mediterraneo ed il mar Nero sulla nave da crociera “Franca C”,
ovviamente del Gruppo Costa. Napoli, la Sicilia, Venezia, Atene, Istanbul,
Odessa e Soci sono le tappe di una delle prime crociere “all inclusive” del
tempo. Continua a non produrre una riga su Maigret, ed intanto riceve in
novembre la visita della madre, Henriette che ormai ha compito 85 anni.
Finalmente la penna freme sulla carta e nella prima settimana di febbraio si
butta a corpo morto sull’avventura del libanese. In effetti, come rilevato, due
sono le componenti che ha ritenuto di questo anno vacanziero: uno spirito mediterraneo,
adombrato dalla vittima Felix Nahour, dalla sua famiglia libanese e dal suo
tuttofare Fouad Ouéni, libanese anche lui, ma mente i Nahour sono maroniti,
Felix è mussulmano. L’altro è un tocco di Olanda, dato dalla moglie di Felix,
Lina Wiemers, dalla sua amica Anna Keegel e dalla cameriera Nelly Velthuis.
L’inizio è intrigante, perché si collega all’unica grande amicizia di Maigret.
Il dr. Pardon lo chiama dicendo di aver curato una ferita da arma da fuoco. Ma
la donna è poi fuggita. Per pura coincidenza, poi, la mattina dopo Maigret è
chiamato per cominciare ad affrontare il caso della morte per arma da fuoco del
libanese, giocatore d’azzardo Félix. La cui sposa, Lina, risulta essere la
donna curata dal dr. Pardon, rifugiatasi in Olanda, sua terra natale,
accompagnata dal suo amante il colombiano Vicente Alvaredo. Maigret deve
affrontare la solita cortina di silenzi, dove nessuno dice la verità, anche se
nessuno mente spudoratamente. I coniugi Nahour non erano certo una coppia
felice, nonostante i due figli di 5 e 2 anni (che vivono con la tata in Costa
Azzurra). Una famiglia benestante, che i Nahour sono una potenza economica e
bancaria nel Libano che ancora non è travolto dalla guerra civile. In più Félix
è un giocatore professionista, dotato e vincente. Come lo è il factotum Fouad,
che vive con la coppia. In casa c’è anche Nelly, la cameriera di Lina, e
Louise, la donna delle pulizie, che però non dorme in casa. E che si scopre
essere l’unica che conosceva il dr. Pardon. Ma questa parte è un riempitivo,
che Maigret deve capire come si possono essere svolti i fatti. Di sicuro, c’è
un’ama di piccolo calibro con le impronte di Félix e che è quella che colpisce
Lina. Ma chi era presente sulla scena, in cui Lina comunica a Félix che vuole
il divorzio e va a vivere con Vicente in Olanda? Alla fine si scopre che
c’erano tutti e quattro gli attori principali. Si scopre che Fouad aveva una
cotta per Lina ed era pieno di risentimento per Félix. Maigret “sa” che Félix
non vuole il divorzio, che Félix spara a Lina, e che l’unico che può sparare a
Félix è Fouad. Ma sapere la fine non vuol dire avere tutte le prove. E Fouad
accusa Vicente dell’accaduto. La storia non prende molto, se non nel piccolo
duello verbale tra Maigret e Fouad. Tuttavia non è gran che per risollevare il
più debole dei cinque romanzi del volume. Che ha alcuni altri punti, minuscoli
ma importanti. In questo, come nel precedente (ed anche in altri romanzi, ma
non ci allarghiamo troppo), Maigret si imbatte nelle “donne delle pulizie” di
famiglie benestanti. Donne che sono sempre arcigne, scontrose, poco ben
disposte. Un contraltare mentale con la dolcezza della “sua” Teresa. Nel primo
capitolo, poi, la signora Maigret chiama il marito per nome. Tutti sappiamo che
il nostro si chiama Jules (per l’esattezza Jules Amédée François Maigret).
Tuttavia la moglie lo chiama sempre “Maigret!”, utilizzando Jules solo qui e in
“Maigret e il corpo senza testa”. La seconda è una riflessione sul “metodo
Maigret”, quando il giudice, i giornalisti, ed anche i suoi ispettori, lo
incalzano chiedendogli cosa ne pensa del caso, e con Maigret che continua a
ripetere di non pensare. Anzi, come in “Maigret e l’uomo della panchina”
ribadisce lui stesso: “Io non penso a niente. Io cerco”. Una chiosa stupenda.
Dove
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Protagonista
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Altri interpreti
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Durata
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Tempo
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Paris (principalmente avenue du Parc-Montsouris, boulevard
Voltaire, rue de Rivoli, boulevard de Montparnasse). Amsterdam. Accenni al Libano,
a Ginevra e a Mougins.
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Fouad Ouéni, 51
anni, libanese, segretario e factotum di Félix
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Félix Nahour,
42 anni, sposato, due figli, senza professione ufficiale, ma giocatore
d'azzardo, vittima
Évelina Nahour,
nata Wiemers, detta Lina, 27 anni, olandese, moglie di Félix, già miss di
bellezza
Vicente Alvaredo,
26 anni, studente colombiano, amante di Lina
Louise Boudin,
domestica di Félix
Nelly Velthuis,
24 anni, olandese, cameriera di Lina
Pierre Nahour,
47 anni, libanese, fratello di Félix, banchiere a Ginevra
Maurice Nahour,
75 anni, libanese, padre di Félix e Pierre, banchiere a Beirut
Dr. Pardon,
amico medico di Maigret
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3 giorni
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15 – 17 gennaio
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Manca poco a terminare tutte le
grandi storie di Maigret, ma intanto potrebbe mancare poco anche ad un nuovo
viaggio. Dopo ben 41 assegnazioni ad altri, abbiamo un piccolo spiraglio per
febbraio, che speriamo si allarghi abbastanza per fare entrare qualcuno. Io non
mi illudo, rimango con piedi per terra (ma non con le pied-à-terre) nella
speranza di vedervi viaggiare di nuovo con me.
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