domenica 13 gennaio 2019

Maigret 13 - 13 gennaio 2019


In genere, la terza trama del mese contiene allegati su come rendersi felici con i libri. Tuttavia, questa settimana abbiamo anche un denso volume di Maigret, per cui rimando la felicità alla settimana prossima. Tra l’altro è il 13° volume, ed oggi è il 13 di gennaio. Non ci si può tirare indietro… Anche perché è uno degli ultimi regali di mia madre.
[A: 10/05/2016 – I: 02/09/2018 – T: 09/09/2018] - &&&&+
[tit. or.: vedi singoli libri; ling. or.: francese; pagine: 733; anno 2016]
Questo volume segna due tappe fondamentali per Simenon: il trasloco da Échandens a Épalinges e l’entrata in scena definitiva della donna dell’ultima parte della sua vita, Teresa Sburelin. Ma mentre i primi quattro titoli si mantengono su di un tono alto, con soluzioni interessanti, anche per gli interessi di Simenon in questa parte della sua vita intorno ai suoi sessanta anni (rapporto con il potere, con i giudici, con gli avvocati, domande sulla verità e sulla giustizia), il quinto cala un po’. Si nota stanchezza e forse poca lucidità per storie nuove. Tanto che ormai mancano solo 10 romanzi per terminare il ciclo, romanzi che scriverà nei prossimi sei anni, poi…
Titolo
Scritto
Uscito
Data
Luogo
Maigret perde le staffe
13 – 19 giugno 1962
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
quarto trimestre 1963
Maigret e il fantasma
17 – 23 giugno 1963
Scritto a Noland, Échandens (canton de Vaud) (Svizzera)
luglio 1964
Maigret si difende
21 – 28 luglio 1964
Scritto a Épalinges (canton de Vaud) (Svizzera)
novembre 1964
La pazienza di Maigret
25 febbraio – 9 marzo 1965
Scritto a Épalinges (canton de Vaud) (Svizzera)
15 novembre 1965
Maigret e il caso Nahour
2 – 8 febbraio 1966
Scritto a Épalinges (canton de Vaud) (Svizzera)
10 dicembre 1966
[tit. or.: La Colère de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 11 – 135 (125); anno 1963]
Comincio a scrivere queste note proprio nel ventinovesimo anniversario della morte di Simenon. Siamo in questo 1962 che tanto problematico diventa sul piano personale per il nostro scrittore. Da un lato, cominciano i piani e le commissioni per la costruzione della sua nuova e, nel suo intento, definitiva casa a Épalinges. Intanto però si aggravano le condizioni di Denyse che proprio in giugno verrà ricoverata a lungo presso la clinica di “Rives de Prangins” per la prima di una lunga serie di cure disintossicanti. Dall’altro lato infine, entra sempre silenziosamente, ma sempre più nella calma che riesce a dare a Simenon, la governante Teresa, colei che gli sarà vicino, silenziosamente, sino alla morte del nostro. Proprio per questo, quasi a scacciare i brutti pensieri, poco più di un mese dopo il precedente, mette mano a questo 61° romanzo. Con una trama che si avvolge su sé stessa per gradi, sino ad arrivare al finale che noi ci si aspettava, ma che è punteggiato appunto dalla collera di Maigret. Che ovviamente ha sempre avuto anche momenti collerici, ma spesso interiorizzati, sfogati con una bevuta in birreria. Qui, invece, Maigret batte i pugni sul tavolo, alza la voce, e si disinteressa di cosa succederà al colpevole dopo che lo ha smascherato. Perché viene punto sul vivo, e sia lui che Simenon sono rigidissimi sul rispetto di alcune convenzioni sociali, su cosa si possa fare e cosa no. In fondo prende anche molto del luteranesimo svizzero, laddove da anni orami vive e che è congeniale al suo temperamento. Come spesso, quando mette mano ad un nuovo romanzo, di cui ha chiare alcune direttrici di fondo, ma che fa un po’ fatica ad organizzare, si sentono fin dall’inizio alcune reminiscenze di altri romanzi ed altre avventure. Di modo che a Simenon riesce più facile mettere in moto il suo diesel Maigret. Intanto, come spesso accade nell’ultimo periodo c’è una stretta coincidenza tra tempo della scrittura e tempo del romanzo. Il testo viene scritto dal 13 al 19 giugno. Il romanzo si svolge dal 12 al 18 dello stesso mese. Sottolineiamo un altro fatto inusuale, la lunghezza dell’indagine. In genere, la quasi totalità dei romanzi si esaurisce in pochi giorni, da 2 a 4. Oppure, se i tempi si allungano, si dilatano enormemente verso anche più mesi. Qui, tutto in 7 giorni. Fa caldo a Parigi, si avvicinano le ferie, Maigret è sballottato tra il ventilatore e le carte da firmare. Con qualche punta di perplessità sulla salute (da poco il suo medico gli ha detto di stare attento agli stravizi). Ciò non toglie che ci si può permettere un pernod, con il fido Lucas alla brasserie Dauphine. Dove ascolta le confidenze di Antonio Farano, un italiano gestore di night per conto del cognato Émile Boulay. Che da 12 ore sembra essere scomparso (siamo nella mattina di mercoledì, notando come coincidenza che il 13 giugno 1962 è proprio un mercoledì, oltre ad essere il compleanno di mio padre). Boulay è un uomo tranquillo, gestore di alcuni locali di cabaret e striptease in quel di Pigalle. È sposato con Marina, la sorella di Antonio. Hanno due figli. Con loro vive la cognata Ada, più giovane e carina che gli fa da segretaria. È talmente tranquillo che nell’ambiente viene soprannominato il “Bottegaio”. Ha in orrore mettersi in mostra ed avere pubblicità. Per questo, era discretamente seccato di essere stato coinvolto nella morte del corso Mazotti. Un malavitoso che cercava di emergere a Pigalle chiedendo tangenti ai locali. Ma Boulay chiama i suoi amici di Le Havre (da dove viene, e da dove nasce come cameriere sulle navi, con discrete conoscenze tra i marinai) che danno una sonora lezione a Mazotti, che la stessa notte viene ucciso. Boulay è convocato varie volte in commissariato, fatto che lo sta innervosendo. Tre giorni dopo la scomparsa, il cadavere di Boulay viene ritrovato ai confini del cimitero del Père-Lachaise (ah, quanti bei ricordi in quel cimitero fantastico!). Strangolato. Morto da tre giorni, cioè appena scomparso. Due fatti che lasciano perplesso Maigret. Lo strangolamento è altamente inusuale nella malavita, che preferisce colpire con armi da fuoco o con coltelli. Piccola digressione: nell’insieme dei romanzi di Maigret ci sono 85 uccisioni. Ebbene il 50% avviene con armi da fuoco o con coltelli. Solo 15 invece (pari al 18% circa) per strangolamento. E nessuno di questi 15 avviene negli ambenti malavitosi. Sarà questo il primo? Maigret si pone la questione sin dal primo capitolo. Prima di sguinzagliare i suoi uomini sulle tracce della vita di Boulay. Con l’aiuto del buttafuori di uno dei locali, soprannominato “Topolino” ricostruisce le ultime ore di Boulay, che nel pomeriggio aveva ritirato mezzo milione di franchi e che la sera si avvia in direzione della casa del suo avvocato. Forse perché il giorno dopo deve ancora recarsi al commissariato? Maigret, capito che dall’ambiente di Pigalle poco può ricavare, si concentra allor sull’avvocato, Jean-Charles Gaillard. Un avvocato da poche cause, ma da un alto giro economico. Con una bella macchina, che però dal martedì al giovedì sera era in riparazione. Maigret si concentra allora sulle cause che segue Gaillard. I suoi clienti vengono sempre assolti, o se la cavano con poco. Un avvocato molto bravo o molto oculato. Scavando in uno di quei casi di poco conto, scopre che il ladruncolo aveva versato fior di tangente a Gaillard che millantava entrature in polizia. Quando Maigret scopre che una di queste era proprio lui scoppia la sua collera. Che travolgerà Gaillard, i suoi trucchi, e tutta la vita dell’avvocato. Lasciando comunque Maigret (e Simenon) insoddisfatto della pur felice soluzione. Non è così che ci si comporta. Così si infanga, senza possibilità di replica, il buon nome del commissario. E Maigret non lo può tollerare. Dicevo all’inizio che Simenon, per velocizzare e non pensare, si concede ripescaggi vari. Non è un caso che tutta l’aria di Montmartre che si respira andando a zonzo tra i locali è ben ripreso da “Maigret al Picratt's” del 1951. Inchiesta dove incontra un nano procacciatore di affari che fa pendant con il qui presente “Topolino” del Lotus. Inoltre, la domenica Maigret e signora vanno a riposarsi al “Vieux-Garçon” di Meung, locale che Maigret dice aver scoperto in una vecchia inchiesta. Si tratta infatti dell’alberghetto di Mademoiselle Rolly del romanzo “Firmato Picpus”, già presente pure nel precedente “La balera da due soldi”. Insomma, niente di nuovo sotto il sole estivo. Come non nuovo, né ultimo, l’astio generalizzato di Maigret verso gli avvocati. Astio presente in quasi tutte le apparizioni degli avvocati nei romanzi di Simenon.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (Pigalle)
Émile Boulay, padrone di cabaret a Pigalle, sposato, due figli di 3 anni e 10 mesi, vittima
Antonio Farano, italiano, cognato di Boulay, gestore di uno dei suoi locali, sposato
Marina Farano, circa 25 anni, moglie di Émile
Ada Farano, 22 anni, sorella di Marina, segretaria di Émile
Jean-Charles Gaillard, circa 45 anni, avvocato e consulente fiscale
Gaston Mauan, 20 anni, ladro di automobili
Louis Boubée, detto Topolino, buttafuori e informatore della polizia
Jules Raison, ragioniere di Émile
Ispettore Lucas
Ispettore Torrence
7 giorni
12 – 18 giugno
[tit. or.: Maigret et le fantôme; ling. or.: francese; pagine: 139 – 280 (142); anno 1964]
Quasi un anno passa dalla scrittura del precedente Maigret. Come mai? Cosa succede al nostro prolifico scrittore? Tra l’altro, non scrive neanche romanzi diversi, anzi ne scrive uno solo in questo 1963 (“La stanza blu” in maggio). Forse anche la svolta dei 60 anni colpisce il nostro, che si sente invecchiare. Sente gli acciacchi aumentare. Sente Denyse precipitare sempre più nelle sue alterazioni. Mette sempre più mano alla casa – mostro che sta costruendo a Épalinges. Si rintana sempre più nelle tenerezze nascoste di Teresa. Ha cercato di rimanere ancorato alle abitudini che confortano questi periodi di anzianità, come la solita vacanza estiva nella spa di Bürgenstock. Ed ora, avvicinandosi di nuovo l’estate, si butta in una nuova avventura del commissario. E come per gli affetti familiari, anche qui sembra volerci tirare dentro i suoi affetti, costruendo un romanzo tutto pieno di rimandi ad altri momenti, ad altri episodi. Quasi a voler riaffermare la propria identità, facendo rivivere a noi lettori molti momenti dei 60 precedenti romanzi. Un romanzo per altro anche per altri motivi atipico: uno dei più corti (in numero di pagine ed in numero di capitoli), uno in cui c’è una vittima, ma non è centrale al corpo del romanzo, tanto che non è un personaggio che agisce direttamente durante lo svolgimento della trama. Compare, appunto come un fantasma. E morirà, quasi in modo inavvertito dal lettore, nelle ultime tre pagine del romanzo, quando ormai i giochi sono fatti, capiamo, con Maigret lo svolgersi della trama stessa, e vediamo (anzi è Simenon che stranamente ce lo comunica) cosa succede ai vari personaggi comparsi durante le poco più che cento pagine del testo. Tutto comincia in modo banale ed uggioso, in un giorno di metà novembre, Maigret ha appena concluso un’inchiesta su dei ladri di gioielli (e ne racconta alla moglie prima di dormire), quando al mattino presto è svegliato da Lapointe: hanno sparato a Lognon, in fin di vita. Siamo in Avenue Junot, a pochi passi dal cimitero di Montmartre. Lognon, il solitario e sfortunato, seguiva una pista, appostandosi notte tempo nella casa della giovane Marinette. Nessuno sa nulla. Lognon è in coma. L’indagine comincia molto a rilento (nelle prime ore, che in meno di 36 ore sarà tutto risolto). Ricerca nello stabile, interrogatorio con la portiera, Marinette che scompare. Ma dalla postazione di Lognon, Maigret vede la casa di fronte. Abitata dal sessantenne ricco olandese Norris Jonker. E dalla di lui moglie Mirella, già sposa del ricco inglese Muir. Mentre Lucas si dedica alla ricerca di Marinette, Maigret si concentra su Jonker. Chi è quest’olandese? Perché la portinaia dice che la sera continuano ad entrare in casa signorine di dubbia provenienza? Qui si insatura uno dei soliti grandi duelli verbali di Maigret. Addirittura in trasferta, che non convoca Jonker in Questura, ma va lui nella bella casa. L’olandese è un collezionista ben noto, la casa è piena della sua collazione (un momento di pura invidia, quando dice di collezionare da Van Gogh al primo Modigliani; lo possiamo uccidere?). C’è anche un grande atelier, dove Mirella fa finta di dipingere quadri astratti. Come Jonker fa finta di essere maniaco del sesso. Ma Maigret non è convinto. Come può essere che un atelier sia vuoto? Cosa c’è nella stanza chiusa a chiave? Cosa sono quei dipinti “osé”? Quanti punti interrogativi che Jonker e Mirella non riescono a dissipare. Grazie a Lapointe, e ad una telefonata al suo amico, il commissario Bastiani di Nizza, qualche velo si comincia a squarciare. Intanto Mirella nasce Marcelle Mailland, a Nizza si accompagnava con un ladro di gioielli di nome Stan Hobson. Riesce a farsi sposare dall’industriale Muir, che, trovatala in compagnia di Stan, divorzia immediatamente. La ritroviamo a Parigi, con una buona dote dal divorzio, che fa perdere la testa a Jonker. E lo sposa. Qui, sobillata da Hobson che torna da strani giri tra il mondo ed il carcere, e coadiuvata dal sodale Gillon, un americano tra il truffatore ed il procacciatore d’affari, Mirella mette in piedi un ben congeniata truffa. Gillon scopre un pittore italiano un po’ fuori di testa, Federico Palestri, con una innata abilità nel falsificare quadri. E con una passione sfrenata per il sesso. Data la fama di collezionista di Jonker, Mirella lo convince a far transitare nelle sue gallerie alcuni falsi di Palestri, che poi Gillon provvederà a collocare presso qualche miliardario sudamericano di poca cultura. Sembra tutto andar bene, ma Lognon subodora lo strano traffico. Hobson ed i suoi accoliti pensano sia di una banda rivale, che lo “sfortunato” lavora sempre da solo, al contrario dello standard poliziesco. E pensano di farlo fuori, innescando la girandola di eventi che porterà alla loro rovina. Lognon si salverà, mentre l’unico morto sarà proprio Palestri che verrà trovato impiccato, non si sa se dalla gang di Hobson o suicida. Ma non è quello che interessa Maigret: lui vuole e riesce ad incastrare Jonker. Rovinandogli la reputazione, anche se l’olandese non farà un giorno di carcere. Come vedete, proprio atipico, che l’unico motivo per cui Maigret indaga è per rendere omaggio a Lognon ed alla sua sfortuna. Entrano in gioco quei rimandi, quegli occhiolini che Simenon ci lancia dalle sue pagine. C’è infatti il ritorno di Lognon, dopo la breve apparizione in “Maigret e il ladro indolente”. Sarà l’ultima apparizione di Lognon, che, tuttavia avrà il suo momento di gloria: alla fine dell’inchiesta sarà sua la foto che apparirà sui giornali. Interessante seguire il modo indolente ed a prima vista senza metodo con cui Maigret si aggira nell’appartamento di Marinette. Aspettando che un dettaglio, un oggetto gli diano una indicazione. Un capitolo da prendere come esempio del “metodo di Maigret”, che, come dice lui stesso, non esiste. Perché lui, al contrario di Sherlock Holmes, “non fa mai deduzioni”. Nel piccolo giro di telefonate tra Londra e l’utilizzo del suo inglese stentato, nonché la rinnovata amicizia con l’ispettore capo Pyke di Scotland Yard, Simenon vede bene, in poche pagine, di citare: “Il mio amico Maigret” del ’49, “Maigret si mette in viaggio” del ’57, “Maigret a New York” del ’46 e “Maigret va dal coroner” sempre del ’49. Altra notazione: visti i suoi propri disordini sentimentali, nel capitolo 6 c’è un momento di apertura sul suo ideale amoroso, che non avrà mai in vita. Maigret e signora camminano, e Simenon ci dice che non si chiameranno mai “tesoro” a vicenda. Per quale motivo, se, in qualche modo, si sentivano come un’unica persona? Prima di chiudere, oltre a ribadire che, non solo è uno dei romanzi più corti, ma è anche l’inchiesta più veloce: 36 ore, appunto, volevo citare una frase che illustra fino in fondo cosa è Maigret pe Simenon. Non è, come Holmes, come Poirot, uno “scopritore di enigmi”, è uno “scopritore di uomini”. A Jonker che gli dice, poiché Maigret sembra non capirne il percorso umano, “Voi non siete un collezionista di quadri”, Maigret risponde “Io colleziono gli uomini”.
“È strano quanto la suscettibilità delle persone ci complichi la vita più dei loro reali difetti o delle loro menzogne.” (179)
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (avenue Junot)
Norris Jonker, 64 anni, olandese, collezionista d'opere d'arte, sposato, senza figli
Ispettore Charles Lognon, detto "il Lagnoso"
Marinette Augier, 25 anni, estetista
Mirella Jonker, 34 anni, moglie di Norris, originaria di Nizza, il suo vero nome è Marcelle Mailland, divorziata da Herbert Muir, industriale inglese, ex-amante di Stanley Hobson, ladro di gioielli
Federico Palestri, 23 anni, pittore falsario di talento, vittima
Ed Gollan, 38 anni, americano, critico ed esperto d'arte, all'occorrenza truffatore
Mario de Lucia, delinquente collegato con Hobson
2 giorni
metà novembre
[tit. or.: Maigret se défend; ling. or.: francese; pagine: 283 – 424 (142); anno 1964]
Tra il ’63 ed il ’64, Simenon si dedica poco alla scrittura, tutto preso da altri e più pressanti problemi, anche se non disdegna di dedicarsi a piccoli periodi di vacanze. In luglio, solito passaggio nella spa di Bürgenstock. Ad ottobre, c’è invece il battesimo di Serge, che ha come madrina la zia Marie-Jo. Finalmente, il 9 dicembre, il grande avvenimento. La nuova casa è finita, e la famiglia Simenon trasloca da Échandens a Épalinges, la 31^ casa in cui viene ad abitare Simenon e la sola che ha fatto costruire secondo le sue indicazioni. La villa è situata sulle colline prospicenti il Lago Léman, non lontano da Losanna. Le manie di grandezza di Simenon gli hanno consigliato di costruire un numero impressionante di stanze, tant’è che la casa si rivelerà un mostro. E sebbene vi abiterà per nove anni, non sarà mai felice entro le sue mura. All’inizio del nuovo anno, poi, ci sono le prime vacanze separate: Denyse e Marie-Jo, in febbraio, vanno a Villars-sur-Ollon, mentre a fine marzo lui e suo figlio John passano due settimane a Barcellona. Il 21 aprile, infine, ci sarà l’altro elemento dirompente del periodo. Denyse già per tre volte nel ’63 è stata ricoverata nella clinica di Rives de Prangins. Ora ci torna nuovamente, e non tornerà più a Épalinges. Con tutto questo bagaglio di tristezza inespressa, in luglio, più di un anno dopo l’ultimo Maigret, pone mano ad un nuovo episodio. Che risente del clima, dello stato d’animo, riuscendo uno dei più dolenti, anche se meno cruenti in fin dei conti. In realtà, non ci sono vittime palesi, né uccisioni su cui scatenare un’inchiesta. C’è invece un attacco allo stesso Maigret che viene accusato di comportamento poco lineare (tipo semi-aggressione sessuale) da parte di una giovane signorina. Con tutto l’establishment giudiziario che, data la posizione “signorile” della giovane Nicole, sembra dar ragione a lei e torto a Maigret. Come dice il commissario al Questore, si tratta di due parole contrastanti di avvenimenti interpretabili in vario modo. L’abilità di Simenon, nella prima parte, è di fornire la versione di Maigret e quella di Nicole quasi in contrappasso, facendo vedere come la giovane abbia agito in modo che le innocenti mosse del commissario possano essere interpretate in modo fraudolento. La delusione di Maigret è ovvio quella che il questore ed il suo capo lasciano una sospensiva di giudizio, come se non ci si potesse fidare del Commissario. L’altro elemento che soggiace al romanzo è il riempire le pagine, da parte di Simenon, di ricordi e di elementi biografici del commissario, quasi che sentisse il bisogno di chiudere con Maigret, di mettere un punto fermo (anche se poi scriverà altri 12 romanzi su di lui). Si parla spesso dell’età di Maigret e dei suoi inizi da poliziotto. Riassumendone il contenuto, Maigret dice a più riprese di avere 52 anni, che quindi, secondo le leggi francesi dell’epoca è a tre anni dalla pensione, che lavora da 30 anni nella polizia giudiziaria e che sono inoltre 10 anni che è a capo della Sezione Criminale. Un calcolo incrociato ci permette di fare una piccola tirata d‘orecchie a Simenon. Nel testo si narra di una vicenda che coinvolge il dr. Melan, quattordicenne, durante l’occupazione tedesca di Parigi che avvenne nel 1940. Ora, poiché il dottore ha 38 anni, si deduce che la vicenda stessa qui narrata si svolge nel 1964. Datando quindi la nascita di Maigret nel 1912. Ma nel romanzo “La prima inchiesta di Maigret” si parla dell’azione come se si svolgesse nel 1913 (con il commissario che quindi ha … 1 anno!). C’è poi il solito teatrino con il dr. Pardon, sempre più presente negli ultimi romanzi, che rimprovera a Maigret gli stravizi, ricordandogli i problemi di salute di chi sta invecchiando (ed è come se Simenon scriva perché Simenon intenda…). Ultimo elemento, e di grosso contrasto con il questore, è il modo “vecchia maniera” di condurre le indagini. Girando per i quartieri, entrando nei pub, parlando un po’ con tutti, ascoltando gli informatori. Peccato che il nostro “pescatore di uomini” in questo modo risolva i suoi casi. Entrando nella psicologia dei cattivi, o presunti tali. Qui, il tutto si risolve in un piccolo equivoco, non di Maigret, ma del cattivo di turno. Il dentista, triste e solitario, dr. Melan, che nascostamente pratica anche aborti illegali e che, probabilmente, ha fatto morire qualche paziente sotto i suoi ferri. Melan vede Maigret bazzicare i suoi luoghi, in particolare rue des Acacias, una strada situata dietro l’Arc de Triomphe (piccolo inciso volante: la via più citata in tutto il corpo dei romanzi di Maigret è proprio l’Avenue des Champs-Elysées, nominata in 34 dei 75 romanzi). Maigret è lì per tampinare il mafioso Manuel Palmari, mentre il Melan pensa che abbia avuto sentore delle sue poco chiare attività. Per questo, convince la sua amica Nicole (dove in un piccolo gioco di rinvii, Maigret riesce a capire i collegamenti tra Nicole, Melan e Aline) a prestarsi al trucco di infangare l’onore del commissario. Una volta trovata la chiave di lettura, sarà facile a Maigret smantellare il castello d’accuse, e ricevere le scuse dei suoi capi. Altri piccoli assaggi di collegamento, sono ad esempio, l’uso della pipa come elemento per ribadire il suo scontento verso il questore, ci rimanda alla scena simile che si svolge presso il giudice Coméliau in “Maigret e il corpo senza testa”. E nella deposizione di Nicole nel primo capitolo, quando descrive Maigret come “un uomo grande… dalle spalle larghe e dalla faccia massiccia” ci si ricorda la descrizione che ne viene data trenta anni prima ne “La danzatrice del Gai-Moulin”: “l’uomo dalle grandi spalle”. Avendone scritto a lettura ultimata, faccio notare, anticipatamente, che l’ultima particolarità del romanzo è di essere strettamente legato al successivo, e debolmente al precedente. Il debole legame con il precedente è duplice: in entrambi c’è un’inchiesta parallela alla principale. Ne “Il fantasma” c’è la banda di giovinastri debellata nelle prime pagine, e dove un membro della gang dei motociclisti si chiama Jean Bauche. Qui, mentre difende il proprio onore, indaga anche sui furti nelle gioiellerie che è convinto siano organizzati dal falsario Manuel Palmari, la cui giovane compagna si chiama Aline Bauche. Il legame stretto con il successivo è che la vicenda di Palmari troverà l’epilogo proprio ne “La pazienza di Maigret”.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (rue des Acacias, Avenue de la Grande-Armée)
François Mélan, 38 anni, dentista, celibe
Nicole Prieur, 17 anni, studentessa, nipote di un alto funzionario statale
Mlle Motte, assistente di Mélan
Manuel Palmari, circa 60 anni, ex-falsario, mafioso
Aline Bauche, 22 anni, amante di Palmari
Dr. Pardon, medico amico dei Maigret
2 giorni
giugno
[tit. or.: La Patience de Maigret; ling. or.: francese; pagine: 427 – 571 (145); anno 1965]
Continua il periodo sterile di Simenon, che cerca di pensare ad altro, anche portando per Natale tutta la famiglia ad una vacanza sulla neve a Crans-sur-Sierre. Ma niente. Scrive poco, e tanto gli succede intorno. Si, è vero, in ottobre diventa ancora nonno per la nascita di Diane Marie Yannick, figlia di Marc e Francette. Però ad inizio anno cade nella toilette della nuova casa di Épalinges e si frattura diverse costole. Dovrà stare più di un mese a riposo (e si sa che le costole sono brutte bestie).  Così dovrà aspettare quasi la fine di febbraio per mettere mano ad un nuovo episodio della saga di Maigret. Questo, oltre ad essere il solo Maigret del ’65, ha anche la particolarità di essere l’unico che Simenon interrompe e riprende. Infatti dopo 6 giorni di lavoro, il 2 marzo è colpito da un’influenza che lo blocca a letto sino al 7. In altre situazioni, avrebbe abbandonato tutto. Qui, per la prima e unica volta, riprende e conclude. Come se facesse un pendant con la storia stessa, dato che lo stesso Maigret confessa che sono venti anni che segue, abbandonandolo e riprendendolo, il caso dei furti di gioielli. Di cui è certo essere responsabile il mafioso corso Manuel Palmari. Eppur tuttavia non riesce ad incastrarlo. Sa benissimo tutti i meccanismi dei furti: qualcuno si accorge di gioielli di valore in qualche vetrina, il mandante avverte qualche suo sodale sparso per la Francia che gli invia qualche ragazzotto per effettuare il colpo, con il bottino che si spartiscono in diverse tranche il mandante, il mandato ed i ragazzotti. I quali a volte vengono arrestati, ma non sanno nulla della catena di controllo, e Maigret si ritrova sempre con un pugno di mosche. Ma Maigret è paziente ed aspetta. Dando vita, in questo romanzo, ad un’altra novità: come le moderne serie televisive, questo romanzo chiude alcune parentesi aperte dal precedente. Lì, cercando di incastrare Palmari, scopre le nefandezze del dr. Mélan. Ed entra più in consapevolezza della presenza e dei possibili ruoli ricoperti dall’amante di Manuel, la giovane Aline. Come riporto sotto, Manuel è “sessantino”, Aline è “ventina”. La svolta di tutta la vicenda arriva quando Palmari viene ucciso, nonostante la sua abitazione sia sorvegliata giorno e notte, nonostante Aline sia pedinata ogni volta che si muove di casa. Pur pieno di piccoli elementi e di micro-episodi, la parte centrale della storia prosegue diritta, sui binari di quello che dovrebbe essere il “metodo Maigret”. Cioè nessun metodo, solo star lì, guardare, vedere le persone agire nel proprio contesto, interrogare. Farsi ronzare in testa mille pensieri, anche altri. Magari andando a mangiare con il giudice in una brasserie alsaziana. Magari scrivendo pizzini ai suoi sottoposti (spero che Simenon mi perdoni queste “camillerate”), e come Ale, solo a matita e mai con stilografiche (niente biro negli anni ’60). Magari bevendo l’immancabile birra. O mangiando alcuni dei pochi dessert che disseminano i suoi romanzi (e se ho tempo ci tornerò sopra). La prima zeppa che dà da pensare a Maigret è che il palazzo di rue des Acacias è intestato ad Aline. Il secondo pensiero è quando sa che il ristorante di Manuel, dal quale il corso era partito per realizzare la sua “nefanda” carriera, è stato venduto da Aline al nuovo direttore. La terza, quando vede un cliente del ristorante troppo spesso, e, fattolo seguire da uno dei suoi, scopre che questi telefona a Fernand, un inquilino dello stabile di Manuel e Aline. A questo punto, il metodo di seguire tutti e di vedere cosa fanno e dove e perché, dà i suoi frutti quando si scopre che: Fernand è un rappresentante di gioielli, Aline è proprietaria anche di un albergo vicino al ristorante, dove spesso si incontra ma si avete capito proprio con Fernand. Se ve lo siete scordati, Manuel, come avevo detto nel libro precedente, è da tre anni su di una sedia a rotelle dopo essere sfuggito ad un attentato. Ce la fate anche voi a fare due più due? Quello che manca a Maigret è però l’ultimo anello: i gioielli non vengono venduti ai ricettatori, quindi qualcuno deve lavorarli. Mentre si arrovella su questo punto, una serie di coincidenze lo porteranno a sbrogliare tutta la matassa, a trovare l’intagliatore, a trovare il collegamento tra lui e Fernand, a smascherare il gioco di Fernand e Aline. Poi, è materia del giudice e del tribunale. Il “cacciatore di uomini” ha fatto il suo percorso, ha trovato come, quando e perché. Ora sono di altri i problemi. Come ho detto all’inizio, è un’inchiesta che in realtà dura venti anni. Così che Maigret e Simenon percorrono le pagine anche sull’ala dei ricordi: l’inizio in polizia come Segretario del Commissario di quartiere (“La prima inchiesta di Maigret”), il ricordo del suo più lungo interrogatorio (27 ore) alla banda dei polacchi, ripreso già in diversi romanzi (“Cécile è morta”, “Il morto di Maigret”, ed altri ancora), i cattivi in coppia, qui come ne “Maigret e il cliente del sabato”, le scaramucce con l’antipatico giudice Coméliau rispetto all’attuale giudice Alencin. Il grosso colpo di Simenon è però l’inserire alcuni suoi ricordi personali, spesso legati alla guerra, come in molta parte della sua ultima produzione. Il bombardamento nel 1940 della stazione ferroviaria piena di rifugiati belgi, ad esempio. O lo stupore con cui Maigret ricorda sé stesso ai primi tempi in Parigi, che riecheggia lo stesso stupore, lo stesso atteggiamento di Simenon che passa dalla piccola e provinciale Liegi alla grande città. Per finire si diceva dei dolci di Maigret. Non è che siano tanti, per cui ricordiamo senz’altro: un "piccolo pezzo di torta di mandorle" mangiato presso l'Hotel de la Loire (“Il defunto signor Gallet”), la torta guarnita con tre tipi di crema alla fine del pranzo a casa Van Hasselt (“Un delitto in Olanda”), la torta di riso di Anna (“La casa dei fiamminghi”) e la torta di riso della signora Pardon (“Maigret si confida”), la torta al caffè di Melanie (“Cécile è morta”) dove mangia anche una crema la caramello, la torta di prugne insieme al giudice Ancelin (“La pazienza di Maigret”) e la torta di mele della sorella del Dr. Bresselles (“Maigret a scuola”), i profiterole di Mme Chabot (“Maigret ha paura”) e le Crepes suzette, assaggiate a Les Halles con Mr. Pyke (“Il mio amico Maigret”). Infine, due capolavori della signora Maigret: la crema di limone (“Il pazzo di Bergerac”) e le uova con latte (“Maigret e il corpo senza testa”). Un armagnac per digerire?
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Parigi (rue des Acacias, rue Fontaine)
Manuel Palmari, circa 60 anni, mafioso, all'occorrenza informatore, celibe, vittima
Aline Bauche, 22 anni, amante di Palmari, già prostituta
Fernand Barillard, circa 40 anni, rappresentante di commercio, amante di Aline
Mina Claes, circa 30 anni, belga, moglie di Barillard
Victor Krulak, conosciuto come Jef Claes, anziano ebreo lettone, tagliatore di diamanti in Belgio, sordomuto
Jean-Loup Pernelle, proprietario di un locale (che una volta apparteneva a Palmari)
Ispettore Lapointe
2 giorni
7 – 8 luglio
[tit. or.: Maigret et l'Affaire Nahour; ling. or.: francese; pagine: 575 – 733 (159); anno 1966]
Siamo sempre nell’era della scrittura rarefatta, dove Simenon passa praticamente quasi un anno prima di scrivere un nuovo capitolo di Maigret. Seppur allungando il testo (che risulta tra i più lunghi dell’ultimo periodo) si trova in realtà a rigirare intorno allo stesso tema che lo attanaglia in questa fase della vita. Rapporti umani, incapacità (non volontà, forse) di giudicare, e poco altro. Aveva intanto cercato, in questo anno di fare altro. Non di scrivere, ma in aprile del ’65, porta Marie-Jo a Firenze. Visto che Denyse è in clinica, lo accompagna Teresa (e non diciamo altro). In maggio fa un breve giro in Olanda, dove prenderà appunti che riverserà in questo libro. Un nuovo lutto si presenta in giugno, quando muore la zia paterna Marie Jeanne Louise Simenon, fattasi suora con il nome di madre Maria Maddalena. Con tutta la famiglia, poi in estate si concede una crociera tra il Mediterraneo ed il mar Nero sulla nave da crociera “Franca C”, ovviamente del Gruppo Costa. Napoli, la Sicilia, Venezia, Atene, Istanbul, Odessa e Soci sono le tappe di una delle prime crociere “all inclusive” del tempo. Continua a non produrre una riga su Maigret, ed intanto riceve in novembre la visita della madre, Henriette che ormai ha compito 85 anni. Finalmente la penna freme sulla carta e nella prima settimana di febbraio si butta a corpo morto sull’avventura del libanese. In effetti, come rilevato, due sono le componenti che ha ritenuto di questo anno vacanziero: uno spirito mediterraneo, adombrato dalla vittima Felix Nahour, dalla sua famiglia libanese e dal suo tuttofare Fouad Ouéni, libanese anche lui, ma mente i Nahour sono maroniti, Felix è mussulmano. L’altro è un tocco di Olanda, dato dalla moglie di Felix, Lina Wiemers, dalla sua amica Anna Keegel e dalla cameriera Nelly Velthuis. L’inizio è intrigante, perché si collega all’unica grande amicizia di Maigret. Il dr. Pardon lo chiama dicendo di aver curato una ferita da arma da fuoco. Ma la donna è poi fuggita. Per pura coincidenza, poi, la mattina dopo Maigret è chiamato per cominciare ad affrontare il caso della morte per arma da fuoco del libanese, giocatore d’azzardo Félix. La cui sposa, Lina, risulta essere la donna curata dal dr. Pardon, rifugiatasi in Olanda, sua terra natale, accompagnata dal suo amante il colombiano Vicente Alvaredo. Maigret deve affrontare la solita cortina di silenzi, dove nessuno dice la verità, anche se nessuno mente spudoratamente. I coniugi Nahour non erano certo una coppia felice, nonostante i due figli di 5 e 2 anni (che vivono con la tata in Costa Azzurra). Una famiglia benestante, che i Nahour sono una potenza economica e bancaria nel Libano che ancora non è travolto dalla guerra civile. In più Félix è un giocatore professionista, dotato e vincente. Come lo è il factotum Fouad, che vive con la coppia. In casa c’è anche Nelly, la cameriera di Lina, e Louise, la donna delle pulizie, che però non dorme in casa. E che si scopre essere l’unica che conosceva il dr. Pardon. Ma questa parte è un riempitivo, che Maigret deve capire come si possono essere svolti i fatti. Di sicuro, c’è un’ama di piccolo calibro con le impronte di Félix e che è quella che colpisce Lina. Ma chi era presente sulla scena, in cui Lina comunica a Félix che vuole il divorzio e va a vivere con Vicente in Olanda? Alla fine si scopre che c’erano tutti e quattro gli attori principali. Si scopre che Fouad aveva una cotta per Lina ed era pieno di risentimento per Félix. Maigret “sa” che Félix non vuole il divorzio, che Félix spara a Lina, e che l’unico che può sparare a Félix è Fouad. Ma sapere la fine non vuol dire avere tutte le prove. E Fouad accusa Vicente dell’accaduto. La storia non prende molto, se non nel piccolo duello verbale tra Maigret e Fouad. Tuttavia non è gran che per risollevare il più debole dei cinque romanzi del volume. Che ha alcuni altri punti, minuscoli ma importanti. In questo, come nel precedente (ed anche in altri romanzi, ma non ci allarghiamo troppo), Maigret si imbatte nelle “donne delle pulizie” di famiglie benestanti. Donne che sono sempre arcigne, scontrose, poco ben disposte. Un contraltare mentale con la dolcezza della “sua” Teresa. Nel primo capitolo, poi, la signora Maigret chiama il marito per nome. Tutti sappiamo che il nostro si chiama Jules (per l’esattezza Jules Amédée François Maigret). Tuttavia la moglie lo chiama sempre “Maigret!”, utilizzando Jules solo qui e in “Maigret e il corpo senza testa”. La seconda è una riflessione sul “metodo Maigret”, quando il giudice, i giornalisti, ed anche i suoi ispettori, lo incalzano chiedendogli cosa ne pensa del caso, e con Maigret che continua a ripetere di non pensare. Anzi, come in “Maigret e l’uomo della panchina” ribadisce lui stesso: “Io non penso a niente. Io cerco”. Una chiosa stupenda.
Dove
Protagonista
Altri interpreti
Durata
Tempo
Paris (principalmente avenue du Parc-Montsouris, boulevard Voltaire, rue de Rivoli, boulevard de Montparnasse). Amsterdam. Accenni al Libano, a Ginevra e a Mougins.
Fouad Ouéni, 51 anni, libanese, segretario e factotum di Félix
Félix Nahour, 42 anni, sposato, due figli, senza professione ufficiale, ma giocatore d'azzardo, vittima
Évelina Nahour, nata Wiemers, detta Lina, 27 anni, olandese, moglie di Félix, già miss di bellezza
Vicente Alvaredo, 26 anni, studente colombiano, amante di Lina
Louise Boudin, domestica di Félix
Nelly Velthuis, 24 anni, olandese, cameriera di Lina
Pierre Nahour, 47 anni, libanese, fratello di Félix, banchiere a Ginevra
Maurice Nahour, 75 anni, libanese, padre di Félix e Pierre, banchiere a Beirut
Dr. Pardon, amico medico di Maigret
3 giorni
15 – 17 gennaio

Manca poco a terminare tutte le grandi storie di Maigret, ma intanto potrebbe mancare poco anche ad un nuovo viaggio. Dopo ben 41 assegnazioni ad altri, abbiamo un piccolo spiraglio per febbraio, che speriamo si allarghi abbastanza per fare entrare qualcuno. Io non mi illudo, rimango con piedi per terra (ma non con le pied-à-terre) nella speranza di vedervi viaggiare di nuovo con me.

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