Maurizio De Giovanni “Il purgatorio
dell’angelo – Confessioni per il commissario Ricciardi” Einaudi s.p. (Natalino
di Otto&Silvio)
[A: 25/12/2018 – I: 23/05/2019 – T:
25/05/2019] - &&&
-
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 314; anno 2017]
Eccoci
al penultimo libro della serie da me tanto amato, quella che mi fece conoscere
De Giovanni, ai tempi, antichi assai, che uscirono le sue prime prove per
Fandango. Ora lo scrittore scrive e tanto e tante storie, ma io sempre al mio
commissario Luigi Alfredo Ricciardi, barone di Malomonte, sono legato. Ritengo
infatti le idee che fecero nascere tutta la serie di una sopraffina
intelligenza letteraria. Ora, come ogni buon scrittore sa, ci sono due strade
davanti: portare sempre e comunque nuovi sassolini alla vicenda di Ricciardi
(cosa che tutti, più o meno, i grandi scrittori gialli hanno fatto) o trovare
il modo di far terminare la serie, senza tuttavia scontentare il lettore. De
Giovanni ha confessato che il prossimo sarà l’ultimo episodio, e vedremo. Per
ora, prima di quello che spero sia il paradiso e non l’inferno, siamo al purgatorio.
In un romanzo che contiene le premesse già tutte nel titolo: purgatorio, angelo
e confessioni. Le prime due parole sono legate alla vicenda principale, la
morte violenta di Don Angelo, che ha attraversato tutta la sua vita in attesa
di una redenzione che mai non ha avuto. Perché, come si scopre ad un certo
punto, lui ed il suo amico Mario, da ragazzi, avevano fatto uno scherzo ad un
professore a loro odioso con del tartaro emetico, una sostanza di facile
reperibilità, che induce vomito. Peccato che, per una serie di circostanze
fortuite, il professore ne morì. Angelo, sconvolto, decise di farsi prete per
espiare il suo peccato. Adoperandosi verso i bisognosi, ascoltando ed aiutando
i nobili napoletani, usando le sue arti e la sua intelligenza per aiutare i
giovani allo studio. Mario, divenuto commerciante, mena anche lui una vita
proba, ma entrambi non confessano (eccolo il terzo termine dell’equazione) a
nessuno i loro peccati. Qualcuno, e non vi dico né chi né come, alla fine,
capirà tutta la trama, e dovrà ascoltarne le confessioni. Ma ascoltare non è
assolvere, che per quello ci vuole una dose infinita di carità cristiana.
Tuttavia, parlando, girando e scavando Ricciardi con il fido Maione arriverà
allo svelamento della trama, ed alla comprensione della frase di Don Angelo in
punto di morte. Che, ricordo per i non adusi ai libri di De Giovanni, questo è
il purgatorio di Ricciardi: arrivare nei pressi dei morti di morte violenta e
sentirne le ultime parole. In questo caso, e qui termina questa parte, era: “Io
confesso, ti confesso…”. Ma altri purgatori ed altre confessioni, anche senza
angeli, attraversano lo scritto. Nella storia parallela alla principale (c’è
sempre una sotto storia nei romanzi del nostro) vediamo il brigadiere Maione
alle prese con una banda che mette a segno colpi in gioiellerie ed affini,
senza mai essere presa. Maione si prodiga, aiutata dal giovane appuntato da
poco entrato in commissariato. Tuttavia, nulla viene scoperto, anzi le rapine
diventa a volte più audaci. Maione da un lato è sconcertato, dall’altro
sviluppa verso l’appuntato un affetto che non ricordava più dai tempi del
figlio Luca. Ricordo ai più che appunto il figlio era entrato anche lui in
polizia e morto di morte violenta prima del primo libro della serie. Ricciardi,
usando le sue capacità di “sentire i morti”, aveva poi aiutato Maione a
ricostruire i fatti, facendo comprendere a Maione la bravura e l’altruismo del
figlio. Ma una morte rimane sempre una mancanza, ed in tutto questo tempo
Maione, pur provando, non era riuscito a percorrere sino in fondo il purgatorio
della perdita. Ora, quando risolverà, ed in maniera inaspettata, il problema
delle rapine, riuscirà ad elaborare questo lutto. Capendo anche, ed elaborando
insieme a lei, anche il dolore presente e mai espresso, della moglie. A volte
ci vuole un secondo lutto per recuperare tutto il precedente. Notiamo anche una
terza storia, questa non “gialla”, ma di irrobustimento del personaggio,
attraverso le vicende di Nelide, la nipote della tata di Ricciardi morta
qualche libro fa. Nelide comincia a navigare con le proprie gambe, e sono degne
di nota le sue uscite, con il commissario, con Enrica, con la gente del
mercato. Un personaggio nato in sordina, ma che sta uscendo a testa alta.
L’ultima confessione, la più difficile, sarà quella di Ricciardi con Enrica.
Finalmente ora che siamo al quattordicesimo episodio, Ricciardi è riuscito a
chiedere ad Enrica di uscire con lei, a confessare il suo amore, nato fin dal
primo libro. Quello che dovrà confessare il nostro commissario per uscire anche
lui dal suo purgatorio, è il suo problema con i morti. Quelle voci che lui, nel
suo conscio solitario, pensano siano segni di una pazzia latente. Questo lo ha
sempre bloccato: essere convinto di essere pazzo e non voler coinvolgere altri
nella sua malattia. Riuscirà Ricciardi nella sua confessione? Vedremo
finalmente sbocciare l’amore senza se e senza ma come io mi aspetto da ben 13
anni? Letto il libro, ne saprete qualcosa certamente. Io aspetto l’ultimo
volume per vederne e capirne. Per ora, mi ripeto, questo è un libro che risale
un po’ la china degli ultimi scritti ricciardiani, che si erano andati
involvendo ed intorcinandosi attorno a scrittura lente, lunghe ed a volte poco
utili alla trama stessa. Ora che vede il traguardo, penso che De Giovanni si
senta liberato, e possa portare tutto al proprio compimento. Speriamo sia nella
direzione che vorrei (ma allora perché non te le scrivi tu le storie?).
Maurizio De Giovanni “Vuoto per i bastardi
di Pizzofalcone” Einaudi s.p. (Natale della sig. Laura)
[A: 25/12/2018 – I: 19/07/2019 – T: 22/07/2019]
- &&+
[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 344; anno 2018]
Devo
dire che, pur nella più completa leggibilità, i Bastardi di De Giovanni vanno
su e giù per le scale del mio gradimento. Tra l’altro, questo è il libro che ha
scatenato l’escalation di lettura. Perché, balzato improvvisamente sul desco
dei libri da leggere, ha dovuto lasciare il passo ai fratelli, che, io maniaco,
nei confronti dei seriali, li leggono in ordine cronologico di storia, anche se
venissero pubblicati in modo strampalato. Quindi, graditissimo regalo
natalizio, questo “Vuoto” ha dovuto aspettare di essere riempito dalle puntate
precedenti. Peccato però, che, venuto il suo turno, si sia mostrato più vuoto
che pieno (battutaccia…). La storia principale (come ricordo sempre sia
presente nei romanzi seriali) ha un qualche elemento di interesse, che intriga
abbastanza la sparizione della professoressa Chiara. Anche perché si intreccia
ben presto con le attività losche del marito Marcello. Noi (e con noi il grande
Serpico) sospettiamo fin dall’inizio che sia una storia di corna, ma, andando
avanti, si palesa qualcosa di più. Che strani sono i rapporti di Chiara con lo
scrittore Davide, intelligentissimo, brillantissimo, ma anche malato di SAF (sindrome
da anticorpi anti-fosfolipidi, una malattia autoimmune che porta spesso a
trombosi). E strani sono quelli con il (quasi) malavitoso Gerardo, suo
ex-allievo, che la frequenta spesso, e che, insieme ad altre circostanze
concomitanti, porta i nostri Bastardi ad una delle soluzioni del problema.
Gerardo mostra infatti quanto sia pelosa la carità della ditta Baffi. È vero
che si regalano gratifiche natalizie ai bisognosi. Ma poi, Marcello e la sua
insopportabile segretaria circuiscono i beneficiati, chiedendo loro di
“vendere” figli under 15. Nominalmente per affidarli a strutture del Nord
(istituti, famiglie affidatarie). Realmente per farli diventare oggetti di
compravendite internazionali. Che è l’unico modo per il nostro bel tomo di
risanare le casse aziendali, e potersi permettere la bella vita (una casa a
Monte di Dio, il circolo nautico, la barchetta di 15 metri…). Sulla barca, poi,
il nostro Marco, seguendo un ragionamento strampalato dei suoi, rinviene anche
un foulard insanguinato. Allora abbiamo, Chiara preoccupata, ed inviante strani
messaggi alla sua collega insegnante. Chiara che, con Davide, ha estratto le
giuste informazioni sulla sua vita precedente. Chiara che affronta Marcello,
forse ubriaca, forse no. I due che fanno un giro in barca, e dopo di che Chiara
scompare. L’indagine dei Bastardi non potrà portare all’incriminazione di Baffi
per omicidio (le prove sono troppo circostanziali per essere sostenibili in
dibattimento, cioè la signora Chiara potrebbe, nonostante tutto, essersi
allontanata volontariamente). Ma porterà all’incriminazione di Marcello per
quelle vendite di minori per turpi fini. Incriminazione che lo porterà per
lungo tempo in cella, magari buttando anche la chiave. Fortunatamente, noi
lettori, a parte la giustizia, sapremo come sono andati i fatti (grazie alla
sindrome di Van Dine che ogni tanto fa rinsavire gli scrittori un po’ fuori
delle regole). Ma ovviamente, a noi “de giovanniani” della prima ora, interessa
tutto il contorno delle vicende dei Bastardi. Che però, questa volta sono
anch’esse sul lato “vuoto”. Con l’unica eccezione dell’inserimento di un nuovo
elemento. Che Pisanelli ha avuto una crisi emorragica, salvato solo dal pronto
intervento di Aragona. Viene così inserita dal commissariato di Torino, il vice
Elsa Martini. Anche lei con problemi (ha sparato ad un pedofilo uccidendolo) e
con un a figlia al seguito. In questo primo episodio che la vede
co-protagonista, fa un po’ fatica ad adottare i metodi di squadra dei Bastardi,
che come tutti sanno una squadra non è che si improvvisa su due piedi. Però,
aiutata dalla simpatia della figlia Vittoria, dall’empatia di Ottavia, e mi sa
mi sa, da qualche propensione del Cinese, sta già per trovare una sua
collocazione. Senza molto sugo Alex, che dopo un furioso litigio fa di nuovo la
pace con Rosaria. Ed altrettanto per Hulk, combattuto tra la piccola Giorgia,
la moglie Giorgia e la dottoressa Susy verso cui sta nascendo qualcosa. Detto
di Pisanelli, che sta in ospedale, e che vede allontanarsi per sempre la
possibilità di arrestare il colpevole dei “suicidi”, rimangono Marco e
Lojacono. E forse anche Laura. Quest’ultima è dilaniata dai sentimenti che
prova per il Cinese (e che questi prova per lei), la voglia di indipendenza e l’assedio
da parte di Buffardi, il PM mediatico che, seppur odioso, si sta innamorando di
lei. Il Cinese deve tenere a bada la figlia Marinella, che, diciottenne, sta
cercando una sua strada amorosa (ma non molto bella, per ora). E deve parare i
colpi del passato siciliano che sembra pronto ad uscire sempre fuori. Infine,
Marco, con la sua aria svagata ed “altra”, mostra qui molta umanità, pur
nell’immaturità. Un forte senso di attaccamento al Presidente, ed un andamento
“up and down” verso Irina. Mi sa che vedremo presto dei nuovi sviluppi.
Intanto, anche qui segnalo il capitolo 44 a pagina 279 perché, se
nell’intenzione dell’autore serve a spiegare il titolo ed i colori del vuoto,
in realtà andrebbe soppresso per la sua inutilità. Spero che De Giovanni si convinca,
o qualcuno lo convinca, che a volte le sue digressioni non sono particolarmente
utili. Esercizi di stile, ma non a livello di Queneau.
Maurizio De Giovanni “Il pianto dell’alba –
Ultima ombra per il commissario Ricciardi” Einaudi s.p. (Regalo de “I Floridi”
- Mario, Ines e la signora Laura)
[A: 07/05/2019 – I: 01/02/2020 – T: 04/02/2020]
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[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 263; anno 2019]
Questo sembrerebbe (dovrebbe essere) l’ultimo
capitolo delle storie del commissario Luigi Alfredo Ricciardi barone di
Malomonte. Lo dice la pubblicità, lo dice l’autore. Ma il finale chiude ma non
sigilla le storie. Vedremo, che non sono convintissimo. Intanto, De Giovanni è
senza dubbio nel presentare una passerella finale, in una storia duplice, come
spesso nelle ultime avventure di Ricciardi. La parte pubblica, poliziesca e la
parte privata, romantica. Facendole anche intrecciare un po’, anche se la parte
poliziesca non ha misteri da risolvere questa volta, ma dove solo bisogna fare
attenzione a non fare passi falsi. Diceva passerella, come nelle commedie ben
orchestrate, dove nel finale gli attori, chi più chi meno, fanno un salto sul
palco a salutare l’incito pubblico. Anche nella parte poliziesca, dove il morto
questa volta è il maggiore Von Brauchitsch, per un periodo corteggiatore della
sua amata Enrica, ed ora accompagnantesi con Livia. La scena è costruita dai
servizi segreti italiani, cercando da un lato di far cadere i sospetti su
Livia, dall’altra per sbarazzarsi di un tedesco legato alle SA piuttosto che
alle SS. Ricordiamo che siamo nel 1934, e per la precisione nel giugno di
quell’anno, alla vigilia di quella che è nota come la “Notte dei lunghi
coltelli”, dove le SS sterminarono i vertici delle SA. La scena però non dà i
frutti sperati, che Ricciardi arriva sul luogo della messa in scena prima dei
servizi segreti, e visto che non sente le ultime parole del morto capisce che
non è stato ucciso lì. Da qui si dipana la parte poliziesca che appunto è
scoperta, sappiamo chi ha fatto cosa, sappiamo che Livia ne è estranea, ma come
tutte le trame complesse ci aspettiamo difficoltà, ritorsioni, momenti di
difficoltà. L’abilità di Ricciardi è tuttavia di muoversi nelle pieghe del
potere, senza mai pestare i piedi a nessuno, ma facendo capire che la sua inchiesta
non ufficiale andrà avanti. Ed alla fine la trama sarà sventata, i servizi
deviati messi a tacere, la bella Livia scagionata, ma scornata. Tanto che farà
meglio a tornare in quel di Roma, lasciando libero l’orizzonte ai nostri buoni
personaggi. Che sul fronte poliziesco si muovono all’unisono con Ricciardi: il
brigadiere Maione, con le sue pedine nascoste, non ultimo il trans Bambinella
(sempre uno dei personaggi minori meglio riusciti) ed il dottor Modo, che con i
suoi agganci riesce a scoprire dove viene segregata Livia, fornendo altri
elementi a Ricciardi per sventare il complotto. In parallelo, va avanti la
scena privata, che Enrica ed il nostro commissario si sono sposati, lui
confessandole il proprio segreto di “divinazione” sulle scene delle morti
violente. Non solo, ma Enrica è incinta, e viene accudita da quella che è
diventata una presenza silente ma importante nelle ultime puntate. Nelide,
brutta ma di cervello fino, tanto che sospettiamo una sua tresca con il bel
verduraio, e che riesce a farci fare un saluto anche alla vecchia tata Rosa.
Morta, sì, ma capace di venire ancora in sogno alla nuova fantesca. Il cruccio
privato di Ricciardi è se la nascita porti un maschio, che avrebbe la disgrazia
del suo “dono”, o una femmina, che ne sarebbe esente. Come spesso nelle ultime
prove, De Giovanni non ha mai intenzione di farci approdare ad un lieto fine
completo. E la fine scioglierà il mistero della nascita, ma farà nascere altri
dolori. O ne farà prevedere la possibilità. Tanto che, appunto, mi domando: una
serie finisce con un punto fermo, con un’asserzione definitiva. Benché ce ne
siano molte di assertività, rimane sempre uno spiraglio dove, se De Giovanni ne
avrà l’intenzione potrà inserire un cuneo. Anche perché la situazione italiana
dal 1934 andrà peggiorando, ed anche le forze di polizia non avranno più la
libertà (seppur l’hanno avuta) fino ad ora concessa. Io, per mettere veramente
un punto finale, avrei fato dimettere Ricciardi dalla polizia (tanto è ricco di
suo e non ha bisogno dello stipendio statale), e lo avrei fatto tornare in quel
di Fortino. Di certo sarebbe difficile da lì seguitare a fare il commissario.
Certo, l’atmosfera da ultimo atto è accentuata dal cambiamento
nell’atteggiamento di Ricciardi, per la prima volta, dopo dieci episodi in cui
è sempre cupo, si permette di sorridere e di guardare con speranza ad un
possibile futuro. Fortunatamente, il clima di ottimismo prende anche la penna
dell’autore che lascia tutti gli arzigogoli delle ultime puntate, tutti i
rimandi e le costruzioni complicate, per lanciarsi in una prosa più sobria, più
aderente ad un clima mutato. Come detto, non sono così convinto che non ci
possa essere un seguito a tutto ciò. Per ora, lasciamo il commissario e tutta
la banda, in una Napoli meno fosca del solito, più solare. Anche se sul Vesuvio
delle nubi ci sono. E dedichiamoci alle altre prove di De Giovanni, che tanta
carne ha messo a fuoco in tutti questi anni.
Maurizio De Giovanni “Nozze per i bastardi
di Pizzofalcone” Einaudi s.p. (Natale della sig. Laura)
[A: 25/12/2019 – I: 31/03/2020 – T: 01/04/2020]
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[tit. or.: originale; ling. or.: italiano; pagine: 261; anno 2019]
Ed eccoci anche all’ultimo capitolo per ora
pubblicato della fortunata serie dei “Bastardi di Pizzofalcone”. Forse sospinto
anche dal successo televisivo, la narrazione si fa più sciolta, anche se De
Giovanni non rinuncia ad alcuni suoi vezzi che sia appesantiscono la narrazione
sia, se ben letti, anticipano anche troppo di quello che succederà. Al solito,
e mi ripeto, nelle narrazioni come questa di “police procedural”, si va di pari
passo tra il giallo, la sua analisi e la storia dei vari personaggi. E seppur
globalmente il romanzo ha una sua tenuta la parte di sicuro meno avvincente è
proprio il giallo. Intanto, ed anche qui seguendo le direttive di molti suoi
ultimi scritti, l’autore cerca un leitmotiv di cesura del libro, trovandolo in
quello che poi ne diventa il titolo: Nozze. Di cui si parla nel giallo e di
cui, a vario titolo, si parla nelle differenti storie. Per tornare al giallo,
infatti, abbiamo Francesca che la mattina delle nozze con Giovanni viene
trovata morta e nuda in una grotta prospicente il mare, con il vestito delle
nozze che galleggia sull’acqua. L’iniziale complicazione delle indagini è
dovuta al fatto che Giovanni è figlio di un boss della malavita napoletana. Ma
è fumo negli occhi, che il ragazzo si è affrancato dalla famiglia con il
beneplacito del padre. Siccome poi Francesca pare non avesse nemici o altro, le
indagini di noi lettori si puntano su tre possibili personaggi: Giovanni, il
futuro marito, Achille, il cugino vissuto da sempre con la famiglia di Francy,
e Cecilia, l’amica di Achille nonché moglie di Giovanni. L’autore, tra l’altro,
a metà libro mette un indizio che non può certo sfuggire ai più, ma che i
nostri poliziotti, ed in particolare Lojacono il cinese, si lasciano alle
spalle. Francesca è anche incinta e non di Giovanni. Allora è proprio Giovanni
per vendicarsi di una ignota gravidanza? O forse Achille, il più indicato ad
essere il padre, per evitare che Francesca vada con altri? O Cecilia, per
punire il possibile fedifrago Achille nonché la sua forse non tanto cara amica?
La storia si dipana, e l’autore ci conduce verse le tre possibili soluzioni di
cui sopra, facendo in modo che prima siano possibili, per poi smontarle, ed
arrivare alla soluzione, grazie anche all’intuito del poliziotto a me più
simpatico, la bella ed omosessuale Alex. Ma il filo conduttore delle nozze si
avviluppa anche intorno ai personaggi di Pizzofalcone. Continua la storia tra
Lojacono e il PM Laura Piras, dove Laura comincia anche ad avere un buon
rapporto con la figlia di lui, e con l’ispettore, seppur tra molte reticenze,
sembra possibile la storia si approfondisca. Anche se c’è sempre il
responsabile antimafia Buffardi che non solo irrompe malamente nel giallo (ma
ne viene subito emarginato), ma continua ad avere mire sulla Piras. Mentre
cominciamo a sospettare che la nuova arrivata, il vicecommissario Elsa Martini
abbia avuto una qualche storia proprio con lui, forse avendone una figlia, la
super simpatica Vittoria. E sempre di nozze parla Rosaria, l’amore corrisposto
di Alex, anche se quest’ultima non ha ancora superato tutte le barriere. Ha
fatto outing con alcuni colleghi, ma non riesce a farlo con la famiglia. La
macchietta Aragona questa volta ha meno spazio, anche perché si deve leccare le
ferite della lite con il padre che gli ha tagliato i viveri, per cui andrà a
vivere con il convalescente Pisanelli. Non prima di aver litigato con Irina,
che gli parlava appunto di nozze, ed avendo alcuni incontri – scontri nella
nuova casa con Nadia, l’infermiera del malato. Ci sono sempre le nozze in
pericolo, quelle di “Hulk” Romano che deve tornare a vivere con la moglie
Giorgia se vuole l’affido della piccola che ha salvato qualche libro fa, ma che
ha una nuova storia d’amore con la giovane dottoressa che ha ripreso per i
capelli la vita della bambina. Non ultima la storia delle nozze in crisi di
Ottavia, che non ama più il marito, ma che con lui gestisce (e lo deve fare per
forza) la vita del loro figlio autistico, mentre ha un’apertura di cuore, ben
corrisposta, con il commissario capo Palma. Credo proprio che dovremmo
aspettare il prossimo capitolo della serie per capire come devono evolversi
queste improbabili nozze. Aspettandoci qualche cattiveria da parte di De
Giovanni, come ben sappiamo da tutti i bastoni che ha messe tra le ruote delle
storie d’amore dei romanzi del commissario Ricciardi. Devo però dire, al fine,
che l’ingegnosità della scoperta delle modalità dell’assassinio riscatta molto
delle cadute di tono di alcune parti del romanzo. Una buona lettura da
reclusione da coronavirus.
“Ma davvero pensi che un uomo che ha la
fortuna di avere una come te possa anche solo guardare un’altra?” (88)
“Tra le persone giuste e in un’età
consapevole, il matrimonio può essere la più bella stagione della vita.” (89)
Siamo ad aprile, e
non si fanno scherzi da pesci, ma riporto le letture del primo mese di questo
anno doppio, bisestile e sino ad ora, neanche tanto fortunato. Un gennaio
cominciato bene con un bel viaggio indiano, e quindi con poche letture (che si
aveva altro da fare). Illuminate da uno splendido Terzani e da un interessante
Pamuk. Con anche letture a me assolutamente poco congeniali: la storia indiana
di Savi Sharma (scontata), la storia noir di Camilla Läckberg (non
coinvolgente), i racconti di David Foster Wallace
(che continua a lasciarmi perplesso).
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Giuseppe Munforte
|
Il fruscio
dell’erba selvaggia
|
Neri Pozza
|
s.p.
|
2
|
2
|
Stefano Di Marino
|
La torre degli
Scarlatti
|
Mondadori
|
5,90
|
2
|
3
|
Zygmunt Bauman
|
Vite di scarto
|
Laterza
|
9
|
3
|
4
|
Savi Sharma
|
This is not your story
|
Westland
|
2,50
|
1
|
5
|
Tiziano Terzani
|
Buonanotte, signor
Lenin
|
TEA
|
10
|
4
|
6
|
Camilla Läckberg
|
Donne che non
perdonano
|
Corriere ProfondoNero
|
7,90
|
1
|
7
|
Orhan Pamuk
|
Istanbul
|
Repubblica Duemila
|
9,90
|
4
|
8
|
David Foster Wallace
|
La ragazza dai
capelli strani
|
Repubblica Duemila
|
9,90
|
1
|
Una
mesta Domenica delle Palme, con molta domenica e poche palme. Ancora qui, reclusi
sebbene non rinchiusi. A leggere e scrivere, aspettando di poter riprendere un
ritmo più consono alla vita di tutti. Vedersi, viaggiare, incontrarsi,
abbracciarsi.
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