Wilbur Smith &
David Churchill “Grido di guerra” TEA euro 13 (in realtà, scontato a 8 euro)
[A: 21/10/2019 – I: 04/07/2020 – T:
06/07/2020] - &&
[tit. or.: War Cry; ling. or.: inglese; pagine: 533; anno 2017]
(periodo:
1918 - 1941) (COURTNEY 14 & BALLANTYNE 06)
Uno degli ultimi romanzi usciti di Wilbur
Smith, che tenta (devo dire con discreto successo) di raccordare varie fasi
delle vicende dei suoi eroi durante lo scorso secolo. Due appunti devo fare al
sito di Wikipedia dedicato ai libri di Smith: lì si dice che il libro si
arresta al 1938, invece in realtà prosegue almeno sino al 1941. Inoltre, si
parla di uno dei libri in cui sono presenti le due famiglie, quando
concretamente, incontriamo solo il ramo Courtney, essendo presente un Rory
Ballantyne in alcune pagine, con un suo piccolo ruolo, ma quasi da cammeo in un
film d’autore. Inoltre, anche se di minor entità, il romanzo consente di
migliorare la costruzione dell’albero genealogico delle famiglie.
Si sa che Smith ormai ha una certa età, e
come l’ultimo Cussler, lavora ormai spesso insieme ad altri autori. Qui, è
presente David Churchill, noto per alcuni romanzi storici su Guglielmo il Conquistatore,
e la sua mano si sente nella parte più militare del libro, anche se non è di
certo la più riuscita. Infatti, rispetto alle solite aspettative che abbiamo
nei libri di Smith, la maggior parte della storia si svolge lontano dall’Africa
cui siamo abituati. Certo, i Courtney ci sono, con le loro ricchezze, con le
loro tenute, e con la grande empatia verso i nativi africani, a dispetto di
molte inutili convenzioni. Qui, in particolare, siamo nel ramo che si è
stabilito in Kenya, discendendo dalle storie che ebbero vita con l’assedio di
Khartoum e l’incontro tra Ryder Courtney e Penrod Ballantyne.
Tralasciando i Ballantyne, ricordiamo che
Ryder sposa Saffron Benbrook, come dalla fine del “Re dei Re”, tornando trionfale
con due figli: Leon e Penelope. Credo che nel famoso libro mancante
(l’undicesimo) ci sia la storia di Leon e di Eva, che tuttavia qui l’autore riprende
per sommi capi. Sempre poi per tornare alla genealogia, nessuno di questo ramo
muore nel 1918. Ma Ryder e Saffron avranno almeno altri tre figli maschi:
Francis, David e Dorian. Leon sposa Eva e da loro nasce una figlia, chiamata
Saffron come la nonna.
Tra l’altro, ad un certo punto della storia,
si rincontrano quasi tutti: nonna Saffron, che vive in Egitto, e si avvia alla
settantina, la genia dei Courtney, ed anche l’artista Penelope, tornata a
Londra a fare la pittrice. Poiché l’idea di Smith è sempre quella di mettere
insieme amori impossibili ed altre difficoltà, anche di incroci
pseudo-familiari, qui assistiamo all’incontro-scontro tra Inglesi (o Africani)
e Tedeschi. Scopriamo intanto che Eva faceva di cognome Barry, era inglese, ed
era al servizio dello spionaggio. Motivo per cui si camuffa da tedesca, prende
il nome di Eva von Wellberg, diventa l’amante di Otto von Meerbach, ed insieme
a Leon, poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, uccide il magnate
dell’industria dei motori.
I von Meerbach rimangono due: Konrad e
Gerhard. Come nelle migliori tradizioni, Konrad è il cattivo, e diventerà ben
presto nazista convinto e ordirà trame (non sempre a buon fine) per eliminare
il fratello. Gerhard, pur non essendo convinto, viene accecato dal magnetismo
di Hitler, e diventerà un asso dell’aereonautica militare. Fino a che capisce
che la Germania, cui tiene, non è il nazismo, che è solo orrore, e vedremo
probabilmente cosa ci riserverà il futuro. Tra l’altro, gli occhi gli si aprono
vedendo il famoso massacro di Babji Jar in Ucraina nel 1941, quando vennero
sterminati si dice centomila ebrei.
Dal lato Courtney, vediamo la crescita di
Saffron jr., caparbia, volativa ed anche bella. Primeggia nelle scuole
sudafricane, poi anche in quelle inglesi, anche se, prima di riuscire ad
entrare ad Oxford scoppia la guerra. Una guerra che Leon aveva previsto, dato
che da tempo iniziava a chiudere i contratti con le industrie tedesche. Ma
prima della guerra, in una Svizzera neutrale, Gerhard va a trovare il suo amico
ebreo Solomons, anche per chiedere in sposa una contessina tedesca. Peccato che
la contessina abbia invitato la sua amica Saffron. Saffron e Gerhard si vedono
e si amano all’istante. Ovvio che ci sarà tutto uno strascico di cuori infranti
e di piccole vendette delle persone cui i due spezzano il cuore.
Quello che importa, per l’ossatura della
storia, è invece la figura del secondogenito dei Courtney, Francis. Ferito
nella Prima Guerra, sempre all’ombra del fratello maggiore, viene irretito
dalle parole di Oswald Mosley, il fascista britannico (che abbiamo già
incontrato negli scritti di Nancy Mittford, essendosi Oswald sposato in secondo
nozze con Diana Mittford). Francis decide allora di sfruttare i filotedeschi
(inclusi i Fratelli Mussulmani) per vendicarsi. Riesce a far uccidere il
fratello David, ma pur facendo il delatore sulla missione di Leon e Saffron, i
due si salvano.
Non entro nelle beghe di Churchill (David,
ovvio) su tutte le questioni militari, che sono discretamente pallose. Fatto
sta, che Saffron si vendica con lo zio, ed assistiamo ad un finale aperto, con
una profezia della vecchia Lusima, che però non vi svelo. I meccanismi di
Smith, comunque, sono ormai troppo scontati: fratelli che si odiano e che
cercano di prevaricare l’uno sull’altro. Amori che nascono e che sono
contrastati, nascostamente o palesemente. Abbiamo anche un cammeo di sfuggita, incontrando
Centaine de Thiry e suo figlio Shasa.
Insomma, Smith cerca di non scordarsi di
tutti i personaggi che ha introdotto. Cerca, in questi suoi ultimi scritti, di
raccordare i pezzi mancanti, non sempre con successo. Come detto, l’apporto di
altri scrittori per sostenere il quasi novantenne scrittore sono a volte un po’
ingombranti, come in questo dove la guerra in Europa ha una presenza un po’
troppo pesante nell’economia del discorso. Aspettiamo con ansia di tornare ai
bei cieli africani. Sperando in miglioramenti necessari della consistenza delle
trame. E chissà che un giorno, oltre alla biografia di Maigret, non si riesca
anche a delineare la storia africane delle famiglie partorite dalla fantasia di
Smith.
Wilbur
Smith “Il potere della spada” Longanesi s.p. (Biblioteca di Proba Petronia)
[A: 19/03/2018 – I: 11/07/2020 – T:
13/07/2020] - &&&-
[tit. or.: Power of the Sword; ling. or.: inglese; pagine: 700; anno 1986]
(periodo:
1931 - 1948) (COURTNEY 15)
Pur
andando avanti nel tempo, torniamo indietro nella scrittura, che qui siamo ad
uno dei più antichi scritti di Wilbur. Che tuttavia la sua sapiente mente incasellatrice
ha fatto incuneare tra le diverse avventure, scritte in tempi e modalità
diverse. È anche uno dei più lunghi scritti del nostro autore, abbracciando
diciassette anni in 700 pagine. Avrebbe inoltre meritato qualche considerazione
in più, essendo riuscito in quel lavoro di incastro che dicevo, ed anche a
rappresentare abbastanza consistentemente l’andamento politico sudafricano del
periodo. L’unico scivolone, per me tuttavia abbastanza grave, è l’aver voluto
inserire le Olimpiadi di Berlino nel contesto narrativo. Cosa di per sé degna
in generale, che però scivola in errori di inserimento degli atleti nel
contesto storico. Ritengo che, nel momento in cui una fiction si agganci alla
realtà, o la stravolge in toto, o mantiene elementi di verità, che qui tuttavia
spariscono. Per non tediare i lettori che vogliono invece venire subito
all’andamento narrativo, di questi errori parlerò alla fine.
Dal
punto di vista della scrittura, il libro segue “Gli eredi dell’Eden”, facendo
un piccolo salto narrativo dalla fine di quello nel 1925 all’inizio di questo
nel 1931. Il “buco” verrà colmato quarant’anni dopo con “Grido di guerra” che
va dal ’18 al ’41, e che ci fa sapere, di sfuggita, che Centaine e famiglia ci
sta e che stanno bene. Qui, riprende alla grande la storia dalle parti di
Centaine, sviluppandone i risvolti incuneatesi con “La spiaggia infuocata”.
Abbiamo
così Centaine divisa tra l’affetto verso il figlio avuto da Michael Courtney,
il giovane Shasa, e l’amore-odio verso i de la Rey. Lothar che ha tradito la
sua fiducia uccidendo i suoi amici boscimani e Manfred il figlio che hanno
avuto insieme. La lotta tra i Courtney e i de La Rey è anche la lotta tra i
filoinglesi ed i filogermanici all’interno del mondo sudafricano. All’inizio
siamo all’epoca della Grande Depressione mondiale, e Centaine tenta in tutti i
modi di salvare il suo mondo, magari pestando i piedi a tutti. E mandando in
rovina Lothar e la sua impresa di pesca.
Lothar
allora si vendica organizzando una rapina alla miniera di diamanti della
famiglia Courtney. La rapina riesce, ma tutti ne subiranno conseguenze non
benefiche. Lothar viene ferito, perde un braccio e viene arrestato. Manfred
fugge con i diamanti dallo zio Trump, prelato della Chiesa Olandese, che però
distrugge il maltolto, e tuttavia instrada Manfred allo studio ed alla boxe.
Nel frattempo, nell’orizzonte dei Courtney compare Blaine Malcomess, gentiluomo
e militare, che diventerà ben presto amante di Centaine, nonostante (o a causa)
della moglie invalida.
Brian
ha anche due figlie, Tara e Mitty. Già capiamo che tra Tara ed il giovane Shasa
nascerà qualcosa. Mentre Mitty sarà presto attratta dal più caro amico di
Shasa, l’ebreo David. Intanto tutti crescono, e Shasa si dedica anche al Polo,
oltre che a conquiste amorose varie, anche se poi torna sempre da Tara. I
diamanti portano male anche agli amici di colore di Lothar, che non riescono a
sfruttarli. Ma il più in gamba, Moses Gama, comincia a tramare per cercare di
liberare tutti i coloured dal giogo bianco.
Qui
c’è anche un piccolo cameo sulla nascita dell’ANC con la comparsa in una
riunione del giovane Nelson Mandela. Non mancano, ovvio, i collegamenti sia
all’ascesa dei nazisti in Europa, che alle organizzazioni sovversive dei
suprematisti bianchi i Sudafrica. Ovvio che i due giovani si troveranno su
sponde opposte. Shasa, al seguito di Blaine, verso il Partito di Jan Smuts al
potere. Manfred verso i tedeschi ed il movimento “Ossewabrandwag (OB)”, formato
da Afrikaaner che vedono in Hitler un alleato, ed organizzeranno anche
attentati con Smuts e soci. Un inciso, il motto degli OB era “Se indietreggio,
uccidetemi, se muoio, vendicatemi, se avanzo, seguitemi”, erroneamente
attribuito a Mussolini da molti para-storici, ma in realtà pronunciato da Henri
du Vergier, conte de La Rochejaquelein nel 1793 (costui era un generale
cattolico e devoto al re di Francia, morto l’anno seguente in Vandea).
Per
inciso, durante tutti questi rivolgimenti, si svolgono anche le Olimpiadi di
Berlino, con Shasa nella squadra di Polo, David bronzo nei 200 metri e Manfred
oro nella Boxe. Ma di questo parlo più a lungo in fondo. Poi verrà la guerra.
Shasa perde un occhio, ma poi si metterà agli ordini di Blaine, acquistando un
suo ruolo ed alla fine sposando la ribelle Tara, anche saranno spesso
politicamente divisi, lui lealista, lei vicina ai neri emarginati ed attratta
dall’oratoria di Moses.
Manfred,
dopo il periodo nazista, riesce a sfuggire alla polizia, si reintegra nella
società civile, anche se sempre su posizioni oltranziste. Sposerà la tedesca
Heidi e nascerà un piccolo Lothar. La moglie di Blaine finalmente muore,
maledicendo Centaine ed invocando periodi nefasti per i Courtney. Arriviamo
così al 1948, quando le destre Afrikaaner prendono il potere a scapito del Partito
di Smuts, eleggendo Primo Ministro Daniel Malan che metterà le basi legali al
regime segregazionista dell’apartheid.
Siamo
così alla fine di uno dei più lunghi libri di Smith. Con l’impero dei Courtney
ora gestito da Shasa (anche sotto la guida di Centaine) visto che anche
Garrick, il secondo gemello, muore. Sull’altro lato, Manfred, ripulitosi dagli
attentati filotedeschi, entra a far parte del governo Malan. Blaine e Centaine
finalmente si sposano. Vedremo come porterà avanti la sua storia il nostro
scrittore, ora che entriamo nel terreno minato della politica.
La
scrittura di Smith è al solito ben congeniata in questi suoi primi decenni di
scrittura. Purtroppo, ha lasciato i grandi spazi aperti delle prime storie, e
mescola forse troppo finzione e realtà, una miscela che, se non dosata, rischia
di esplodere. Vedremo come riuscirà a barcamenarsi tra storie alla Dynasty e
mondo reale.
Per
finire, veniamo come promesso, alle incongruenze sportive. Alle Olimpiadi di
Berlino presero parte 32 atleti sudafricani: 27 maschi in sport ufficiali e 5
donne nella competizione dimostrativa denominata “Arte”, svoltasi fino al 1948
con gare di pittura, letteratura, scultura e musica. I maschi parteciparono
alle gare di Atletica, Boxe, Ciclismo, Canottaggio e Lotta. Nessuna squadra
sudafricana partecipò al Polo (primo errore). Nella Boxe l’unico atleta
sudafricano a medaglia fu Charles Catterall, argento nei pesi piuma. Nei
mediomassimi, dove doveva comparire Manfred, vinse un francese e l’atleta
sudafricano arrivò quarto (errori due e tre). Infine, nelle corse parteciparono
3 atleti nei 200 metri (uno eliminato in batteria e due in semifinale). Il
terzo in finale dopo Jesse Owens (citato giustamente) e Mack Robinson
(spacciato come Carter Brown) fu invece l’olandese Tinus Osendarp (errore
quattro). Nei 400 metri partecipò il solo Dennis Shore, eliminato nei quarti
(quinto errore). Potrei continuare, ma forse vi siete rotti…
“Qualunque
cosa si faccia troppo a lungo diventa noiosa … Il segreto è fare un po’ di
tutto.” (114)
Wilbur
Smith & David Churchill “La guerra dei Courtney” Harper Collins euro 22 (in
realtà, scontato a 12,90 euro)
[A: 28/05/2020 – I: 04/08/2020 – T:
05/08/2020] - &&& -
[tit. or.: Courtney’s War; ling. or.: inglese; pagine: 537; anno 2018]
(periodo:
1939 - 1945) (COURTNEY 16)
Come ormai abbiamo ben capito dall’andamento
della scrittura della “Smith’s factory”, il nostro esimio autore, ora avanti
con gli anni, si accinge a ricucire i buchi delle storie scritte, iniziate e a
volte interrotte durante i quaranta anni di lavoro.
Così, due anni fa, sempre con l’aiuto di
David Churchill, riprende in mano le storie del ramo laterale dei Courtney,
quello che discende da Ryder Courtney e che aveva dei punti di contatto con i
Ballantyne. Ritroviamo quindi la nipote di Ryder, Saffron chiamata come la
nonna, che avevamo lasciato in “Re dei Re”, innamorata di Gerhard von Meerbach,
figlio del barone Otto, ucciso a suo tempo da Leon, il padre di Saffron, e da
Eva, allora amante di Otto, poi sposa di Leon e madre di Saffron. La mano di
Churchill si sente pesantemente, visto che le più di cinquecento pagine parlano
di guerra e di Europa, lasciano un brevissimo scorcio africano. Giusto il tempo
di salutare la zia Centaine, e il cugino Shasa con la giovane moglie Tara.
Questi torneranno presto protagonisti nella prossima lettura, di un libro
scritto ben trenta anni prima di questo. Vedremo allora come se la sia cavata
con questi raccordi.
Qui, intanto, dopo accenni e brevi toccate su
avvenimenti pregressi, tutta la storia si incentra nel periodo della Seconda
Guerra mondiale. Saffron e Gerry si trovano, come ovvio, su fronti opposti,
ognuno nella sua parte di guerra e di combattimenti. Ma anche se Gerry è
“costretto” a fare il buon nazista dalle losche trame del fratello, vediamo
subito, e lo verificheremo sino alla fine, che l’anelito di giustizia e libertà
non lo lascerà mai, portandolo al fine a fare scelte al limite del suicidio, e
che, forse, lo porteranno alla morte. O forse no, ma molto vicino.
Saffron viene reclutata dal SOE (Special
Operation Executive) una struttura parallela ai Servizi Segreti dell’MI5, nati
soprattutto per operazioni militari e di sostegno alla Resistenza antinazista.
Seguiamo l’addestramento di Saffron, e poi il suo impiego in una azione di
intelligence volta a scoprire se e dove ci siano falle nelle sacche di
guerriglia contro l’invasore nelle regioni fiamminghe (nord del Belgio ed
Olanda). Una falla che è ben documentata dagli storici, cioè non una invenzione
dei nostri. Quello che Smith&co inventano è il lavoro sotto copertura di
Saffron, il suo modo di infiltrarsi nei gruppuscoli filonazisti proliferanti in
quel periodo. Tant’è che si ritrova in Sudafrica, dove comincia ad entrare
sotto copertura nelle fila dell’OB, gruppo che avevamo visto all’opera con il
sostegno attivo di Manfred de la Rey (il figlio naturale di Centaine). Ricordo
che abbiamo visto all’opera questo gruppo ne “Il potere della spada”, scritto
nel 1986. Da lì finisce sino in Olanda, dove risale le fila dei traditori, avendo
la necessità, per carpire le informazioni e poi per salvarsi, prima di
avvicinarsi (anche troppo) ad un gerarca delle SS, poi di ucciderlo, quindi di
dover fuggire rocambolescamente dal continente.
In parallelo, e con la narrazione alternata,
vediamo Gerhard coinvolto nella battaglia di Stalingrado, unico dei suoi
aviatori a salvarsi, per poi cominciare ad essere insofferente di tutte le
derive hitleriane. Aveva visto le prime camere a gas in Cecoslovacchia. Aveva
assistito ai massacri ucraini di Babji Jar. Ora la corda si rompe. Il suo
manifestarsi antiregime gli procura da un lato l’interessamento del gruppo di
gerarchi che tenteranno di uccidere Hitler nella famosa operazione Valchiria
del 20 luglio del 1944. Dall’altro, l’astio sempre maggiore del fratello
Konrad. Tanto che alla fine non potrà che essere anche lui condannato ai campi
di concentramento. Prima, ed a lungo, in quello di Sachsenhausen, poco distante
da Berlino. Poi, quando ormai la guerra è agli sgoccioli, trasferito con altri
prigionieri a Dachau.
Alla fine, sarà proprio a Dachau, che, a
seguito di una serie di peripezie che non vi narro, Saffron riuscirà a
ritrovarlo. In quel finale semi-aperto che lascia spazio ad una buona ridda di
ipotesi. Ma che consente, a trent’anni di distanza, di far sì che si avveri la
profezia di Lusima. Che se non vi ricordate chi sia, andate con pazienza a
rileggere le mie trame passate.
Si sente che c’è molto David e poco Wilbur in
tutto il libro. Anche con qualche punta ironica, laddove Saffron ha un
lasciapassare del Primo Ministro inglese, Winston Churchill, che viene
ispezionato ed accolto da un militare inglese, di nome Peter Churchill, che non
è parente. Il tutto scritto da questo canadese omonimo (anche se l’omonimia
pare derivi da uno pseudonimo utilizzato e non dal vero nome del co-autore). Infine,
mentre il mix history and fiction, quando si parla dell’emisfero australe porta
anche qualche interessante novità culturale, qui il buon David, sebbene si
sforzi di mantenere il narrato molto prossimo alla realtà, la presenza di
personaggi storici è poco significativa, anche se ben documentata. Unico punto
di approfondimento, forse, è la lotta intestina tra i vari servizi segreti
alleati. Laddove, e non solo qui, si perse di vista l’obiettivo comune,
rispetto agli specifici passi avanti del proprio orticello.
Wilbur
Smith “I fuochi dell’ira” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 7,45 euro)
[A:
25/08/2018 – I: 15/08/2020 – T: 19/08/2020] - &&
e ½
[tit.
or.: Rage; ling. or.: inglese; pagine: 590; anno 1987]
(periodo:
1952 - 1966) (COURTNEY 17)
Più andiamo avanti con le storie della
famiglia Courtney, più torniamo indietro nel tempo della scrittura, e più si
resta leggermente perplessi sulle posizioni e le affermazioni dell’autore.
Questa “rabbia” impropriamente tradotta come
“I fuochi dell’ira” si ricollega al quindicesimo capitolo della storia, quel “Il
potere della spada”, scritto un anno prima di questo. Nella prima produzione
della saga, c’era una certa coerenza filologica e cronologica, pur con qualche
buco. Solo in questo secolo, Smith è stato preso dal sacro furore di
ricollegare tutti i pezzi del puzzle, per farne una monumentale super serie.
Qui siamo nel pieno del ramo principale della quercia, quello che discende da
Waite Courtney, mentre il capitolo 16 era dedicato al ramo che discende da
Ryder, e si conclude (per ora) con la storia d’amore tra Saffron (nipote della
prima Saffron) e Gerhard. Del ramo “Waite”, lasciamo in ombra la progenie
diretta del Generale Sean, quella che si concludeva (anche qui per ora) con il
matrimonio di Storm con Mark Anders e la nascita del figlio “illegittimo” John
Hunt.
Qui siamo nel pieno del ramo di Sir Garrick,
quello morto al posto di Jan Smuts in un attentato nel 1942 durante la Seconda
Guerra Mondiale. Per mano di Manfred, figlio illegittimo di Centaine e Lothar
de La Rey. Centaine che aveva avuto il figlio Shasa da Michael, poco prima che
questi morisse in guerra (ma anche prima che si riuscissero a sposare). Dal
punto di vista delle parentele (cosa sempre complicata in Smith), all’inizio
della storia abbiamo la matriarca Centaine, risposatasi con Blaine Malcomess.
C’è il figlio di Centaine, Shasa, che sposa la figlia di primo letto di Blaine,
l’irrequieta Tara. Tara e Shasa hanno quattro figli: Sean (1941), Garrick
(1942), Michael (1943) e Isabella (1945). Sul versante “de la Rey”, c’è appunto
Manfred, figlio di Centaine e Lothar; poi c’è Jacobus, figlio illegittimo di
Manfred e Sarah e Lothar jr figlio legittimo di Manfred e Heidi. Spero che vi
siate persi. Anche se tutto ciò serve a sottolineare che in Smith si figlia
come ricci con chicchessia, ma soprattutto che Manfred e Shasa sono
fratellastri, anche se il solo Shasa ancora non lo sa.
La storia si dipana su due versanti: il
politico ed il personale con un peso molto sbilanciato verso il primo.
Infatti, sul piano personale vediamo la
costante incapacità dei personaggi di gestire i rapporti con i figli. Shasa
stravede per Sean, gliele passa tutte, ma non si accorge che sta diventando un
teppistello, poi un teppista vero e proprio, tanto che lo deve esiliare prima
in Mozambico e poi in Rhodesia. Dove è vero che maturerà, dandoci alcuni scorci
di vita “da caccia grossa” come ci aspettiamo sempre meglio da Wilbur e non
troviamo mai. Stravede e vizia Isabella, che, sul limitare dei suoi vent’anni,
cercherà solo di spendere soldi, di trovare un bel fusto, ma quando ne troverà
uno, che poi non è altro che Lothar jr, questi si divertirà con lei, ma poi
sposerà, come dice lui, una “solida afrikaaner”. Sempre Shasa non capisce la
vena poetica giornalistica di Michael, che preferirà allontanarsi dalla
famiglia per seguire la sua indole libertaria, riuscendo a scrivere pezzi
giornalistici di apertura verso i neri. Infine, Shasa sempre voler ignorare il
brutto anatroccolo Garrick, che invece è il solo ad avere lo spirito dei
Courtney (e dei Thiry). Sarà infatti Garry l’unico ad entrare nell’impero
Courtney, dove introdurrà la bella Holly, più grande di lui, ma qui molto
innamorata. E Shasa non capisce, non capirà e non perdonerà mai lo spirito di indipendenza
di Tara, che sposerà in pieno la causa dei neri, facendo un sodalizio con il
leader, poi anche terrorista, Moses, da cui avrà il figlio Benjamin.
Sul piano politico, seguiamo invece tutta la
storia e l’evolversi del Sudafrica da mera colonia britannica fino a diventare
una Repubblica indipendente e razzista. Nel capitolo 15 avevamo lasciato la
regione alle prese con una elezione che aveva portato al potere il Partito
Nazionalista, ed a primo ministro Daniel Malan. Qui, con un salto di 4 anni,
vediamo Manfred convincere Shasa a “cambiare casacca”, e nella schiacciante
vittoria dei nazionalisti, che porta al potere il teorico dell’apartheid Hendrik
Frensch Verwoerd, anche Shasa viene inserito nella compagine governativa. Lo
stesso Smith, in postfazione, confesserà di essersi preso delle libertà sulle
date degli avvenimenti, per renderli convergenti alle necessità della trama.
Comunque, a prescindere dalle cronologie fittizie, vediamo l’evolversi della
situazione sudafricana. Il Partito Nazionalista al potere, l’emissione di leggi
sempre più restrittive per i “coloured”, la famosa (o famigerata) rivolta (o
massacro) di Sharpeville, il primo attentato a Verwoerd, l’inasprirsi
successivo della politica segregazionista, le rivolte dei negri, moderate sul
fronte dell’ANC di Nelson Mandela (vero), estremiste sul fronte del PNC di
Moses Gama (fittizio), il distacco voluto dalla Gran Bretagna verso le
politiche razziste dei bianchi boeri, il passaggio alla Repubblica,
l’isolamento internazionale, sino ad arrivare alle svolte del 1966. Con
l’assassinio di Verwoerd, l’arresto di tutti i leader negri (tra cui Mandela
che rimase in carcere sino al 1990) e l’embargo economico verso il Sudafrica,
cui viene anche tolta la sovranità della Namibia.
Spero che vi sia piaciuto anche questo piccolo
ripasso storico, anche se ora dobbiamo tornare al testo. Smith cerca di passare
indenne tra le varie asperità della politica locale, senza però riuscirvi
pienamente. Si sente la sua avversione verso i boeri, ma la sua propensione
verso gli inglesi non riesce a coprire i guasti che comunque i bianchi
perpetrarono in loco. Anche sul versante nero sembra propendere troppo per una
ingerenza massiccia della Russia con le sue spie a sostegno delle frange
estremiste. Certo, cerca di non criticare troppo Mandela, anche a fronte (con
ragionevole probabilità) di una revisione del testo ad anni di distanza.
Infatti, durante la prima pubblicazione del testo nel 1987 Mandela era ancora
in carcere, mentre la dedica presente nelle edizioni attuali è rivolta a
Mokhiniso, la bella tagika che Smith sposerà solo nel 2000.
Per questo rimango un po’ al di sotto delle
mie aspettative per le scritture di Smith: poca africa alla Hemingway, molta
politica non sempre “corretta”, e ritorno alla fase “pruderie” con piccole
scene di sesso, come spesso usava nelle prime scritture. Vedremo cosa succederà
nelle prossime letture.
Siamo già alla quarta settimana di novembre,
quarta settimana che gli attenti sanno essere priva di ulteriori commenti sulle
letture, e su allegati vari.
Rimaniamo invece sulle nostre distanziate posizioni, sulle letture e sui libri, sulle poche novità, e sulle tante speranze. Non tanto in un Natale “free”, ma in un tempo in cui, forse lentamente, le nostre preoccupazioni andranno a diminuire. Questo è il mio augurio per queste ultime settimane di un anno forse il più complicato da me vissuto sino ad ora. Ma per non essere più tristi del dovuto, sorrido, vi abbraccio.
Nessun commento:
Posta un commento