domenica 22 novembre 2020

Quasi ultima Smithologia - 22 novembre 2020

 

Dopo tanto leggere e commentare siamo arrivati (quasi) alle ultime avventure scritte da Wilbur Smith per celebrare la sua grande epopea africana. Un’epopea dove i primi libri (non in scrittura ma in cronologia) partono da avvenimenti inquadrabili nel lato Courteny fin dal 1565, con le gesta del capostipite Sir Charles Courtney. Mentre il lato Ballantyne compare solo nel 178, con la comparsa del medico Fuller Morris Ballantyne. Per poi convergere e proseguire (quasi) in parallelo verso il 1880, all’epoca dell’assedio di Khartum. Dove qui ci coinvolgiamo negli avvenimenti che vanno dal 1918 al 1966.

Wilbur Smith & David Churchill “Grido di guerra” TEA euro 13 (in realtà, scontato a 8 euro)

[A: 21/10/2019 – I: 04/07/2020 – T: 06/07/2020] - &&

[tit. or.: War Cry; ling. or.: inglese; pagine: 533; anno 2017]

(periodo: 1918 - 1941) (COURTNEY 14 & BALLANTYNE 06)

Uno degli ultimi romanzi usciti di Wilbur Smith, che tenta (devo dire con discreto successo) di raccordare varie fasi delle vicende dei suoi eroi durante lo scorso secolo. Due appunti devo fare al sito di Wikipedia dedicato ai libri di Smith: lì si dice che il libro si arresta al 1938, invece in realtà prosegue almeno sino al 1941. Inoltre, si parla di uno dei libri in cui sono presenti le due famiglie, quando concretamente, incontriamo solo il ramo Courtney, essendo presente un Rory Ballantyne in alcune pagine, con un suo piccolo ruolo, ma quasi da cammeo in un film d’autore. Inoltre, anche se di minor entità, il romanzo consente di migliorare la costruzione dell’albero genealogico delle famiglie.

Si sa che Smith ormai ha una certa età, e come l’ultimo Cussler, lavora ormai spesso insieme ad altri autori. Qui, è presente David Churchill, noto per alcuni romanzi storici su Guglielmo il Conquistatore, e la sua mano si sente nella parte più militare del libro, anche se non è di certo la più riuscita. Infatti, rispetto alle solite aspettative che abbiamo nei libri di Smith, la maggior parte della storia si svolge lontano dall’Africa cui siamo abituati. Certo, i Courtney ci sono, con le loro ricchezze, con le loro tenute, e con la grande empatia verso i nativi africani, a dispetto di molte inutili convenzioni. Qui, in particolare, siamo nel ramo che si è stabilito in Kenya, discendendo dalle storie che ebbero vita con l’assedio di Khartoum e l’incontro tra Ryder Courtney e Penrod Ballantyne.

Tralasciando i Ballantyne, ricordiamo che Ryder sposa Saffron Benbrook, come dalla fine del “Re dei Re”, tornando trionfale con due figli: Leon e Penelope. Credo che nel famoso libro mancante (l’undicesimo) ci sia la storia di Leon e di Eva, che tuttavia qui l’autore riprende per sommi capi. Sempre poi per tornare alla genealogia, nessuno di questo ramo muore nel 1918. Ma Ryder e Saffron avranno almeno altri tre figli maschi: Francis, David e Dorian. Leon sposa Eva e da loro nasce una figlia, chiamata Saffron come la nonna.

Tra l’altro, ad un certo punto della storia, si rincontrano quasi tutti: nonna Saffron, che vive in Egitto, e si avvia alla settantina, la genia dei Courtney, ed anche l’artista Penelope, tornata a Londra a fare la pittrice. Poiché l’idea di Smith è sempre quella di mettere insieme amori impossibili ed altre difficoltà, anche di incroci pseudo-familiari, qui assistiamo all’incontro-scontro tra Inglesi (o Africani) e Tedeschi. Scopriamo intanto che Eva faceva di cognome Barry, era inglese, ed era al servizio dello spionaggio. Motivo per cui si camuffa da tedesca, prende il nome di Eva von Wellberg, diventa l’amante di Otto von Meerbach, ed insieme a Leon, poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, uccide il magnate dell’industria dei motori.

I von Meerbach rimangono due: Konrad e Gerhard. Come nelle migliori tradizioni, Konrad è il cattivo, e diventerà ben presto nazista convinto e ordirà trame (non sempre a buon fine) per eliminare il fratello. Gerhard, pur non essendo convinto, viene accecato dal magnetismo di Hitler, e diventerà un asso dell’aereonautica militare. Fino a che capisce che la Germania, cui tiene, non è il nazismo, che è solo orrore, e vedremo probabilmente cosa ci riserverà il futuro. Tra l’altro, gli occhi gli si aprono vedendo il famoso massacro di Babji Jar in Ucraina nel 1941, quando vennero sterminati si dice centomila ebrei.

Dal lato Courtney, vediamo la crescita di Saffron jr., caparbia, volativa ed anche bella. Primeggia nelle scuole sudafricane, poi anche in quelle inglesi, anche se, prima di riuscire ad entrare ad Oxford scoppia la guerra. Una guerra che Leon aveva previsto, dato che da tempo iniziava a chiudere i contratti con le industrie tedesche. Ma prima della guerra, in una Svizzera neutrale, Gerhard va a trovare il suo amico ebreo Solomons, anche per chiedere in sposa una contessina tedesca. Peccato che la contessina abbia invitato la sua amica Saffron. Saffron e Gerhard si vedono e si amano all’istante. Ovvio che ci sarà tutto uno strascico di cuori infranti e di piccole vendette delle persone cui i due spezzano il cuore.

Quello che importa, per l’ossatura della storia, è invece la figura del secondogenito dei Courtney, Francis. Ferito nella Prima Guerra, sempre all’ombra del fratello maggiore, viene irretito dalle parole di Oswald Mosley, il fascista britannico (che abbiamo già incontrato negli scritti di Nancy Mittford, essendosi Oswald sposato in secondo nozze con Diana Mittford). Francis decide allora di sfruttare i filotedeschi (inclusi i Fratelli Mussulmani) per vendicarsi. Riesce a far uccidere il fratello David, ma pur facendo il delatore sulla missione di Leon e Saffron, i due si salvano.

Non entro nelle beghe di Churchill (David, ovvio) su tutte le questioni militari, che sono discretamente pallose. Fatto sta, che Saffron si vendica con lo zio, ed assistiamo ad un finale aperto, con una profezia della vecchia Lusima, che però non vi svelo. I meccanismi di Smith, comunque, sono ormai troppo scontati: fratelli che si odiano e che cercano di prevaricare l’uno sull’altro. Amori che nascono e che sono contrastati, nascostamente o palesemente. Abbiamo anche un cammeo di sfuggita, incontrando Centaine de Thiry e suo figlio Shasa.

Insomma, Smith cerca di non scordarsi di tutti i personaggi che ha introdotto. Cerca, in questi suoi ultimi scritti, di raccordare i pezzi mancanti, non sempre con successo. Come detto, l’apporto di altri scrittori per sostenere il quasi novantenne scrittore sono a volte un po’ ingombranti, come in questo dove la guerra in Europa ha una presenza un po’ troppo pesante nell’economia del discorso. Aspettiamo con ansia di tornare ai bei cieli africani. Sperando in miglioramenti necessari della consistenza delle trame. E chissà che un giorno, oltre alla biografia di Maigret, non si riesca anche a delineare la storia africane delle famiglie partorite dalla fantasia di Smith.

Wilbur Smith “Il potere della spada” Longanesi s.p. (Biblioteca di Proba Petronia)

[A: 19/03/2018 – I: 11/07/2020 – T: 13/07/2020] - &&&-

[tit. or.: Power of the Sword; ling. or.: inglese; pagine: 700; anno 1986]

(periodo: 1931 - 1948) (COURTNEY 15)

Pur andando avanti nel tempo, torniamo indietro nella scrittura, che qui siamo ad uno dei più antichi scritti di Wilbur. Che tuttavia la sua sapiente mente incasellatrice ha fatto incuneare tra le diverse avventure, scritte in tempi e modalità diverse. È anche uno dei più lunghi scritti del nostro autore, abbracciando diciassette anni in 700 pagine. Avrebbe inoltre meritato qualche considerazione in più, essendo riuscito in quel lavoro di incastro che dicevo, ed anche a rappresentare abbastanza consistentemente l’andamento politico sudafricano del periodo. L’unico scivolone, per me tuttavia abbastanza grave, è l’aver voluto inserire le Olimpiadi di Berlino nel contesto narrativo. Cosa di per sé degna in generale, che però scivola in errori di inserimento degli atleti nel contesto storico. Ritengo che, nel momento in cui una fiction si agganci alla realtà, o la stravolge in toto, o mantiene elementi di verità, che qui tuttavia spariscono. Per non tediare i lettori che vogliono invece venire subito all’andamento narrativo, di questi errori parlerò alla fine.

Dal punto di vista della scrittura, il libro segue “Gli eredi dell’Eden”, facendo un piccolo salto narrativo dalla fine di quello nel 1925 all’inizio di questo nel 1931. Il “buco” verrà colmato quarant’anni dopo con “Grido di guerra” che va dal ’18 al ’41, e che ci fa sapere, di sfuggita, che Centaine e famiglia ci sta e che stanno bene. Qui, riprende alla grande la storia dalle parti di Centaine, sviluppandone i risvolti incuneatesi con “La spiaggia infuocata”.

Abbiamo così Centaine divisa tra l’affetto verso il figlio avuto da Michael Courtney, il giovane Shasa, e l’amore-odio verso i de la Rey. Lothar che ha tradito la sua fiducia uccidendo i suoi amici boscimani e Manfred il figlio che hanno avuto insieme. La lotta tra i Courtney e i de La Rey è anche la lotta tra i filoinglesi ed i filogermanici all’interno del mondo sudafricano. All’inizio siamo all’epoca della Grande Depressione mondiale, e Centaine tenta in tutti i modi di salvare il suo mondo, magari pestando i piedi a tutti. E mandando in rovina Lothar e la sua impresa di pesca.

Lothar allora si vendica organizzando una rapina alla miniera di diamanti della famiglia Courtney. La rapina riesce, ma tutti ne subiranno conseguenze non benefiche. Lothar viene ferito, perde un braccio e viene arrestato. Manfred fugge con i diamanti dallo zio Trump, prelato della Chiesa Olandese, che però distrugge il maltolto, e tuttavia instrada Manfred allo studio ed alla boxe. Nel frattempo, nell’orizzonte dei Courtney compare Blaine Malcomess, gentiluomo e militare, che diventerà ben presto amante di Centaine, nonostante (o a causa) della moglie invalida.

Brian ha anche due figlie, Tara e Mitty. Già capiamo che tra Tara ed il giovane Shasa nascerà qualcosa. Mentre Mitty sarà presto attratta dal più caro amico di Shasa, l’ebreo David. Intanto tutti crescono, e Shasa si dedica anche al Polo, oltre che a conquiste amorose varie, anche se poi torna sempre da Tara. I diamanti portano male anche agli amici di colore di Lothar, che non riescono a sfruttarli. Ma il più in gamba, Moses Gama, comincia a tramare per cercare di liberare tutti i coloured dal giogo bianco.

Qui c’è anche un piccolo cameo sulla nascita dell’ANC con la comparsa in una riunione del giovane Nelson Mandela. Non mancano, ovvio, i collegamenti sia all’ascesa dei nazisti in Europa, che alle organizzazioni sovversive dei suprematisti bianchi i Sudafrica. Ovvio che i due giovani si troveranno su sponde opposte. Shasa, al seguito di Blaine, verso il Partito di Jan Smuts al potere. Manfred verso i tedeschi ed il movimento “Ossewabrandwag (OB)”, formato da Afrikaaner che vedono in Hitler un alleato, ed organizzeranno anche attentati con Smuts e soci. Un inciso, il motto degli OB era “Se indietreggio, uccidetemi, se muoio, vendicatemi, se avanzo, seguitemi”, erroneamente attribuito a Mussolini da molti para-storici, ma in realtà pronunciato da Henri du Vergier, conte de La Rochejaquelein nel 1793 (costui era un generale cattolico e devoto al re di Francia, morto l’anno seguente in Vandea).

Per inciso, durante tutti questi rivolgimenti, si svolgono anche le Olimpiadi di Berlino, con Shasa nella squadra di Polo, David bronzo nei 200 metri e Manfred oro nella Boxe. Ma di questo parlo più a lungo in fondo. Poi verrà la guerra. Shasa perde un occhio, ma poi si metterà agli ordini di Blaine, acquistando un suo ruolo ed alla fine sposando la ribelle Tara, anche saranno spesso politicamente divisi, lui lealista, lei vicina ai neri emarginati ed attratta dall’oratoria di Moses.

Manfred, dopo il periodo nazista, riesce a sfuggire alla polizia, si reintegra nella società civile, anche se sempre su posizioni oltranziste. Sposerà la tedesca Heidi e nascerà un piccolo Lothar. La moglie di Blaine finalmente muore, maledicendo Centaine ed invocando periodi nefasti per i Courtney. Arriviamo così al 1948, quando le destre Afrikaaner prendono il potere a scapito del Partito di Smuts, eleggendo Primo Ministro Daniel Malan che metterà le basi legali al regime segregazionista dell’apartheid.

Siamo così alla fine di uno dei più lunghi libri di Smith. Con l’impero dei Courtney ora gestito da Shasa (anche sotto la guida di Centaine) visto che anche Garrick, il secondo gemello, muore. Sull’altro lato, Manfred, ripulitosi dagli attentati filotedeschi, entra a far parte del governo Malan. Blaine e Centaine finalmente si sposano. Vedremo come porterà avanti la sua storia il nostro scrittore, ora che entriamo nel terreno minato della politica.

La scrittura di Smith è al solito ben congeniata in questi suoi primi decenni di scrittura. Purtroppo, ha lasciato i grandi spazi aperti delle prime storie, e mescola forse troppo finzione e realtà, una miscela che, se non dosata, rischia di esplodere. Vedremo come riuscirà a barcamenarsi tra storie alla Dynasty e mondo reale.

Per finire, veniamo come promesso, alle incongruenze sportive. Alle Olimpiadi di Berlino presero parte 32 atleti sudafricani: 27 maschi in sport ufficiali e 5 donne nella competizione dimostrativa denominata “Arte”, svoltasi fino al 1948 con gare di pittura, letteratura, scultura e musica. I maschi parteciparono alle gare di Atletica, Boxe, Ciclismo, Canottaggio e Lotta. Nessuna squadra sudafricana partecipò al Polo (primo errore). Nella Boxe l’unico atleta sudafricano a medaglia fu Charles Catterall, argento nei pesi piuma. Nei mediomassimi, dove doveva comparire Manfred, vinse un francese e l’atleta sudafricano arrivò quarto (errori due e tre). Infine, nelle corse parteciparono 3 atleti nei 200 metri (uno eliminato in batteria e due in semifinale). Il terzo in finale dopo Jesse Owens (citato giustamente) e Mack Robinson (spacciato come Carter Brown) fu invece l’olandese Tinus Osendarp (errore quattro). Nei 400 metri partecipò il solo Dennis Shore, eliminato nei quarti (quinto errore). Potrei continuare, ma forse vi siete rotti…

“Qualunque cosa si faccia troppo a lungo diventa noiosa … Il segreto è fare un po’ di tutto.” (114)

Wilbur Smith & David Churchill “La guerra dei Courtney” Harper Collins euro 22 (in realtà, scontato a 12,90 euro)

[A: 28/05/2020 – I: 04/08/2020 – T: 05/08/2020] - &&& -

[tit. or.: Courtney’s War; ling. or.: inglese; pagine: 537; anno 2018]

(periodo: 1939 - 1945) (COURTNEY 16)

Come ormai abbiamo ben capito dall’andamento della scrittura della “Smith’s factory”, il nostro esimio autore, ora avanti con gli anni, si accinge a ricucire i buchi delle storie scritte, iniziate e a volte interrotte durante i quaranta anni di lavoro.

Così, due anni fa, sempre con l’aiuto di David Churchill, riprende in mano le storie del ramo laterale dei Courtney, quello che discende da Ryder Courtney e che aveva dei punti di contatto con i Ballantyne. Ritroviamo quindi la nipote di Ryder, Saffron chiamata come la nonna, che avevamo lasciato in “Re dei Re”, innamorata di Gerhard von Meerbach, figlio del barone Otto, ucciso a suo tempo da Leon, il padre di Saffron, e da Eva, allora amante di Otto, poi sposa di Leon e madre di Saffron. La mano di Churchill si sente pesantemente, visto che le più di cinquecento pagine parlano di guerra e di Europa, lasciano un brevissimo scorcio africano. Giusto il tempo di salutare la zia Centaine, e il cugino Shasa con la giovane moglie Tara. Questi torneranno presto protagonisti nella prossima lettura, di un libro scritto ben trenta anni prima di questo. Vedremo allora come se la sia cavata con questi raccordi.

Qui, intanto, dopo accenni e brevi toccate su avvenimenti pregressi, tutta la storia si incentra nel periodo della Seconda Guerra mondiale. Saffron e Gerry si trovano, come ovvio, su fronti opposti, ognuno nella sua parte di guerra e di combattimenti. Ma anche se Gerry è “costretto” a fare il buon nazista dalle losche trame del fratello, vediamo subito, e lo verificheremo sino alla fine, che l’anelito di giustizia e libertà non lo lascerà mai, portandolo al fine a fare scelte al limite del suicidio, e che, forse, lo porteranno alla morte. O forse no, ma molto vicino.

Saffron viene reclutata dal SOE (Special Operation Executive) una struttura parallela ai Servizi Segreti dell’MI5, nati soprattutto per operazioni militari e di sostegno alla Resistenza antinazista. Seguiamo l’addestramento di Saffron, e poi il suo impiego in una azione di intelligence volta a scoprire se e dove ci siano falle nelle sacche di guerriglia contro l’invasore nelle regioni fiamminghe (nord del Belgio ed Olanda). Una falla che è ben documentata dagli storici, cioè non una invenzione dei nostri. Quello che Smith&co inventano è il lavoro sotto copertura di Saffron, il suo modo di infiltrarsi nei gruppuscoli filonazisti proliferanti in quel periodo. Tant’è che si ritrova in Sudafrica, dove comincia ad entrare sotto copertura nelle fila dell’OB, gruppo che avevamo visto all’opera con il sostegno attivo di Manfred de la Rey (il figlio naturale di Centaine). Ricordo che abbiamo visto all’opera questo gruppo ne “Il potere della spada”, scritto nel 1986. Da lì finisce sino in Olanda, dove risale le fila dei traditori, avendo la necessità, per carpire le informazioni e poi per salvarsi, prima di avvicinarsi (anche troppo) ad un gerarca delle SS, poi di ucciderlo, quindi di dover fuggire rocambolescamente dal continente.

In parallelo, e con la narrazione alternata, vediamo Gerhard coinvolto nella battaglia di Stalingrado, unico dei suoi aviatori a salvarsi, per poi cominciare ad essere insofferente di tutte le derive hitleriane. Aveva visto le prime camere a gas in Cecoslovacchia. Aveva assistito ai massacri ucraini di Babji Jar. Ora la corda si rompe. Il suo manifestarsi antiregime gli procura da un lato l’interessamento del gruppo di gerarchi che tenteranno di uccidere Hitler nella famosa operazione Valchiria del 20 luglio del 1944. Dall’altro, l’astio sempre maggiore del fratello Konrad. Tanto che alla fine non potrà che essere anche lui condannato ai campi di concentramento. Prima, ed a lungo, in quello di Sachsenhausen, poco distante da Berlino. Poi, quando ormai la guerra è agli sgoccioli, trasferito con altri prigionieri a Dachau.

Alla fine, sarà proprio a Dachau, che, a seguito di una serie di peripezie che non vi narro, Saffron riuscirà a ritrovarlo. In quel finale semi-aperto che lascia spazio ad una buona ridda di ipotesi. Ma che consente, a trent’anni di distanza, di far sì che si avveri la profezia di Lusima. Che se non vi ricordate chi sia, andate con pazienza a rileggere le mie trame passate.

Si sente che c’è molto David e poco Wilbur in tutto il libro. Anche con qualche punta ironica, laddove Saffron ha un lasciapassare del Primo Ministro inglese, Winston Churchill, che viene ispezionato ed accolto da un militare inglese, di nome Peter Churchill, che non è parente. Il tutto scritto da questo canadese omonimo (anche se l’omonimia pare derivi da uno pseudonimo utilizzato e non dal vero nome del co-autore). Infine, mentre il mix history and fiction, quando si parla dell’emisfero australe porta anche qualche interessante novità culturale, qui il buon David, sebbene si sforzi di mantenere il narrato molto prossimo alla realtà, la presenza di personaggi storici è poco significativa, anche se ben documentata. Unico punto di approfondimento, forse, è la lotta intestina tra i vari servizi segreti alleati. Laddove, e non solo qui, si perse di vista l’obiettivo comune, rispetto agli specifici passi avanti del proprio orticello.

Wilbur Smith “I fuochi dell’ira” TEA euro 9,90 (in realtà, scontato a 7,45 euro)

[A: 25/08/2018 – I: 15/08/2020 – T: 19/08/2020] - && e ½  

[tit. or.: Rage; ling. or.: inglese; pagine: 590; anno 1987]

(periodo: 1952 - 1966) (COURTNEY 17)

Più andiamo avanti con le storie della famiglia Courtney, più torniamo indietro nel tempo della scrittura, e più si resta leggermente perplessi sulle posizioni e le affermazioni dell’autore.

Questa “rabbia” impropriamente tradotta come “I fuochi dell’ira” si ricollega al quindicesimo capitolo della storia, quel “Il potere della spada”, scritto un anno prima di questo. Nella prima produzione della saga, c’era una certa coerenza filologica e cronologica, pur con qualche buco. Solo in questo secolo, Smith è stato preso dal sacro furore di ricollegare tutti i pezzi del puzzle, per farne una monumentale super serie. Qui siamo nel pieno del ramo principale della quercia, quello che discende da Waite Courtney, mentre il capitolo 16 era dedicato al ramo che discende da Ryder, e si conclude (per ora) con la storia d’amore tra Saffron (nipote della prima Saffron) e Gerhard. Del ramo “Waite”, lasciamo in ombra la progenie diretta del Generale Sean, quella che si concludeva (anche qui per ora) con il matrimonio di Storm con Mark Anders e la nascita del figlio “illegittimo” John Hunt.

Qui siamo nel pieno del ramo di Sir Garrick, quello morto al posto di Jan Smuts in un attentato nel 1942 durante la Seconda Guerra Mondiale. Per mano di Manfred, figlio illegittimo di Centaine e Lothar de La Rey. Centaine che aveva avuto il figlio Shasa da Michael, poco prima che questi morisse in guerra (ma anche prima che si riuscissero a sposare). Dal punto di vista delle parentele (cosa sempre complicata in Smith), all’inizio della storia abbiamo la matriarca Centaine, risposatasi con Blaine Malcomess. C’è il figlio di Centaine, Shasa, che sposa la figlia di primo letto di Blaine, l’irrequieta Tara. Tara e Shasa hanno quattro figli: Sean (1941), Garrick (1942), Michael (1943) e Isabella (1945). Sul versante “de la Rey”, c’è appunto Manfred, figlio di Centaine e Lothar; poi c’è Jacobus, figlio illegittimo di Manfred e Sarah e Lothar jr figlio legittimo di Manfred e Heidi. Spero che vi siate persi. Anche se tutto ciò serve a sottolineare che in Smith si figlia come ricci con chicchessia, ma soprattutto che Manfred e Shasa sono fratellastri, anche se il solo Shasa ancora non lo sa.

La storia si dipana su due versanti: il politico ed il personale con un peso molto sbilanciato verso il primo.

Infatti, sul piano personale vediamo la costante incapacità dei personaggi di gestire i rapporti con i figli. Shasa stravede per Sean, gliele passa tutte, ma non si accorge che sta diventando un teppistello, poi un teppista vero e proprio, tanto che lo deve esiliare prima in Mozambico e poi in Rhodesia. Dove è vero che maturerà, dandoci alcuni scorci di vita “da caccia grossa” come ci aspettiamo sempre meglio da Wilbur e non troviamo mai. Stravede e vizia Isabella, che, sul limitare dei suoi vent’anni, cercherà solo di spendere soldi, di trovare un bel fusto, ma quando ne troverà uno, che poi non è altro che Lothar jr, questi si divertirà con lei, ma poi sposerà, come dice lui, una “solida afrikaaner”. Sempre Shasa non capisce la vena poetica giornalistica di Michael, che preferirà allontanarsi dalla famiglia per seguire la sua indole libertaria, riuscendo a scrivere pezzi giornalistici di apertura verso i neri. Infine, Shasa sempre voler ignorare il brutto anatroccolo Garrick, che invece è il solo ad avere lo spirito dei Courtney (e dei Thiry). Sarà infatti Garry l’unico ad entrare nell’impero Courtney, dove introdurrà la bella Holly, più grande di lui, ma qui molto innamorata. E Shasa non capisce, non capirà e non perdonerà mai lo spirito di indipendenza di Tara, che sposerà in pieno la causa dei neri, facendo un sodalizio con il leader, poi anche terrorista, Moses, da cui avrà il figlio Benjamin.

Sul piano politico, seguiamo invece tutta la storia e l’evolversi del Sudafrica da mera colonia britannica fino a diventare una Repubblica indipendente e razzista. Nel capitolo 15 avevamo lasciato la regione alle prese con una elezione che aveva portato al potere il Partito Nazionalista, ed a primo ministro Daniel Malan. Qui, con un salto di 4 anni, vediamo Manfred convincere Shasa a “cambiare casacca”, e nella schiacciante vittoria dei nazionalisti, che porta al potere il teorico dell’apartheid Hendrik Frensch Verwoerd, anche Shasa viene inserito nella compagine governativa. Lo stesso Smith, in postfazione, confesserà di essersi preso delle libertà sulle date degli avvenimenti, per renderli convergenti alle necessità della trama. Comunque, a prescindere dalle cronologie fittizie, vediamo l’evolversi della situazione sudafricana. Il Partito Nazionalista al potere, l’emissione di leggi sempre più restrittive per i “coloured”, la famosa (o famigerata) rivolta (o massacro) di Sharpeville, il primo attentato a Verwoerd, l’inasprirsi successivo della politica segregazionista, le rivolte dei negri, moderate sul fronte dell’ANC di Nelson Mandela (vero), estremiste sul fronte del PNC di Moses Gama (fittizio), il distacco voluto dalla Gran Bretagna verso le politiche razziste dei bianchi boeri, il passaggio alla Repubblica, l’isolamento internazionale, sino ad arrivare alle svolte del 1966. Con l’assassinio di Verwoerd, l’arresto di tutti i leader negri (tra cui Mandela che rimase in carcere sino al 1990) e l’embargo economico verso il Sudafrica, cui viene anche tolta la sovranità della Namibia.

Spero che vi sia piaciuto anche questo piccolo ripasso storico, anche se ora dobbiamo tornare al testo. Smith cerca di passare indenne tra le varie asperità della politica locale, senza però riuscirvi pienamente. Si sente la sua avversione verso i boeri, ma la sua propensione verso gli inglesi non riesce a coprire i guasti che comunque i bianchi perpetrarono in loco. Anche sul versante nero sembra propendere troppo per una ingerenza massiccia della Russia con le sue spie a sostegno delle frange estremiste. Certo, cerca di non criticare troppo Mandela, anche a fronte (con ragionevole probabilità) di una revisione del testo ad anni di distanza. Infatti, durante la prima pubblicazione del testo nel 1987 Mandela era ancora in carcere, mentre la dedica presente nelle edizioni attuali è rivolta a Mokhiniso, la bella tagika che Smith sposerà solo nel 2000.

Per questo rimango un po’ al di sotto delle mie aspettative per le scritture di Smith: poca africa alla Hemingway, molta politica non sempre “corretta”, e ritorno alla fase “pruderie” con piccole scene di sesso, come spesso usava nelle prime scritture. Vedremo cosa succederà nelle prossime letture.

Siamo già alla quarta settimana di novembre, quarta settimana che gli attenti sanno essere priva di ulteriori commenti sulle letture, e su allegati vari.

Rimaniamo invece sulle nostre distanziate posizioni, sulle letture e sui libri, sulle poche novità, e sulle tante speranze. Non tanto in un Natale “free”, ma in un tempo in cui, forse lentamente, le nostre preoccupazioni andranno a diminuire. Questo è il mio augurio per queste ultime settimane di un anno forse il più complicato da me vissuto sino ad ora. Ma per non essere più tristi del dovuto, sorrido, vi abbraccio.

 

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