domenica 1 novembre 2020

Ripresa "nera" - 01 novembre 2020

 Ecco che torna il vostro narratore di trame, dopo un breve interludio fuori da tutto, e di cui non parlerò qui. Ma la ripresa è nera non solo per le trame che vi porgo, ma anche perché questa seconda ondata ci sta mettendo a dura prova. Intanto torniamo a quattro libri “Noir” delle collezioni di Repubblica. Tutti, purtroppo, sotto la sufficienza. E se Sally Andrew, con le indagini africane, ha qualche interesse, scendiamo a poco a poco, con la gastronomia nera di Brigitte Glaser, poi ancora si scende con il turbolento Ghana di Kwei Quartey, per toccare, purtroppo, il fondo con un libro decente, ma in una collana sbagliata, dell’argentina Claudia Piñeiro.

Sally Andrew “Amori, crimini e una torta al cioccolato. Un’indagine di Tannie Maria” Repubblica Noirissimo 32 euro 7,90

[A: 15/01/2018 – I: 26/06/2020 – T: 28/06/2020] && e ¾

[titolo: Recipes for Love & Murder. A Tannie Maria Mystery; lingua: inglese; pagine: 477; anno: 2015]

Come sempre, nei casi della vita, dopo aver letto un’avventura sudafricana di Smith, eccoci alle prese con un romanzo ancora sudafricano. Ambientato però verso Cape Town, ed in particolare nella zona denominata Karoo. Una zona geomorfologicamente complessa divisa in due grandi ma non uguali zone. Il Grande Karoo (Groot Karoo) semidesertico ed il Piccolo Karoo (Klein Karoo) che è savana e prateria, nonché teatro principale del romanzo.

La scrittrice che ci fa viaggiare verso questi luoghi (sempre interessanti) è un’autrice di romanzi pedagogici, ecologista ed amante della natura, che vive nel Karoo e che cinque anni fa ha deciso di cimentarsi nel romanzo giallo, senza però dimenticarsi le sue radici. Tant’è che il romanzo in sé non risulta né scorrevole né particolarmente avvincente, che a volte Sally è presa da intenti “altri” rispetto alla trama (consigli d’amore, ecologismo da non dimenticare mai e tante, tantissime ricette, di cui riparleremo).

L’idea di base, inoltre, è un po’ scopiazzata dalla più fortunata serie poliziesca ambientata nel mondo australe: quella di Precious Ramotswe, la fortunata detective del Botswana uscita dalla penna di Alexander McCall Smith. Mentre Precious è “fully colored”, l’eroina del nostro libro è invece meticcia, e l’azione si svolge nel pieno dell’interno sudafricana, con una forte componente afrikaans, che, purtroppo, non viene tradotta quasi mai, lasciando alcune zone d’ombra al lettore.

Tannie Maria vive a Ladismith (da non confondere con Ladysmith città del Natal, questa è nel Karoo dedicata a Lady Juana Maria de los Dolores de Leon Smith, sposa del governatore di Città del Capo del 1851, Sir Harry Smith), è stata sposata, ma il marito, che la picchiava, è fortunatamente morto. Lasciandole comunque un forte dolore per non essersi saputa ribellare, ed una paura che si sente sulla pelle nell’approcciare il mondo maschile. Tannie (che ho scoperto essere un appellativo di rispetto locale, l’equivalente di “zia”, tipo che se fosse ambientato nel Sud Italia, lei potrebbe essere “zi’ Marì”) Maria ha però il dono di cucinare in modo sopraffino, di risolvere molte situazioni con un piatto preparato dalle sue sapienti mani. Tanto che lavora alla gazzetta locale, tenendo l’angolo delle ricette. Giornale gestito dall’impeccabile Hattie, e dove lavora agli articoli la giovane e simpatica Jessie.

Il via alle vicissitudini è la richiesta degli editori del giornale di cambiare l’angolo delle ricette in un pezzo di “Posta del Cuore”. Inciso, ho scoperto che chi si occupa di questa posta, in inglese è chiamato “Agony Aunt” (zia Agonia), e forse gli addicted di slang mi sapranno delucidare. Tannie Maria riceve tante lettere di persone colpite in vario modo negli affetti, e risponde elargendo consigli e ricette. Il punto dolente è quando riceve una lettera di una signora, anonima, che non sa ribellarsi al marito che la picchia spesso, che trova rifugio nell’affetto di una sua amica, e che non sa come uscire da questa situazione. Prima che Tannie Maria riesca a fornire consigli e ricette, però, la signora muore assassinata. Da qui si scatena un vaudeville di accuse, di assalti, di situazioni abbastanza variegate, ed anche divertenti.

Prima viene accusato il marito, ma le prove non tengono. Poi l’amica, anche se sembra strano che uccida una persona che dice di amare. Il fatto è che non è ricambiata e potrebbe aver agito di gelosia. I due vengono scagionati per motivi che non vi dico, ma inscenano una sceneggiata in cui si vogliono uccidere a vicenda. Fino a che Maria non li convince, a suon di prove, che non possono essere stati loro. Esce fuori l’ex-fidanzato di Martine (questo il nome della morta), e Dirk (il marito) e Anne (l’amica) si alleano per farlo fuori. Anche questo viene fermato da Tannie Maria, in unione con Henk, il capo della polizia locale, che vediamo subito avere un debole per la nostra cinquantina.

Tra una ricetta e l’altra, si intravede in controluce la reale trama. Qualche grossa compagnia petrolifera vuole utilizzare il fracking per aumentare la produzione del greggio. Ma per far ciò deve acquistare le terre, e non tutti vogliono vendere. In particolare, Martina, che tenta un gioco “sporco”: promette di vendere, si fa dare soldi in anticipo con i quali poter fuggire dal marito. Ma qualcuno scopre il gioco, e Martina ha la peggio. Resta solo da scoprire che regge le fila delle compagnie, se pagherà e come il delitto, se Maria e Hank si scioglieranno, se Jessie troverà anche lei l’amore.

Che, ad esempio, per complicare il tutto, Sally introduce tanti piccoli rametti laterali: Candice, una cugina di Martina, in bancarotta, e belloccia da far girare la testa anche all’uomo di Jessie, il fratello di Martina squattrinato, un figlio con problemi fisici, e chi più ne ha più ne metta, nelle grandi distese del veld sudafricano.

Ho lasciato fracking poco sopra, come ha fatto il traduttore, anche se si poteva con facilità utilizzare il termine italiano di “fratturazione idraulica”. Così come quella ridondanza di parole non tradotte che fanno cadere di molto il livello. Rimangono, questo sì, le ricette. Che conserverò insieme a quelle dei grandi autori gialli (i Maigret, i Nero Wolfe, i Montalbano), che mi divertono. Purtroppo, anche se descritte in modo divertente, sono troppo complicate anche per riportarne brani.

In finale, seppur riconosco a Sally Andrew una buona dose di amicalità verso il lettore, ed una decente ideazione di trama, non è poi che sia convincente al massimo. Però a successo, tanto che in patria già sono usciti altri due romanzi con la simpatica Tannie. Ultimo, ma sempre presente lamento, riguarda il titolo. Da “ricette per amore e omicidio” viene inserito una “torta al cioccolato” che c’entra veramente nulla (almeno nel titolo). Insomma, riusciranno mai i nostri editori a fare operazioni di correttezza verso gli autori?

“Nessuno è mai troppo vecchio.” (412)

Claudia Piñeiro “Le vedove del giovedì” Repubblica Noirissimo 34 euro 7,90

[A: 12/02/2018 – I: 02/06/2020 – T: 04/06/2020] - & e ½ 

[tit. or.: Las viudas de los jueves; ling. or.: spagnolo; pagine: 301; anno 2005]

Un libro in una collana sbagliata porta ad essere visto con occhio forse più critico del dovuto. La sessantenne scrittrice argentina non si tira mai indietro nelle critiche alla società argentina. Tanto più che il romanzo è interamente svolto all’interno del complesso residenziale “Altos de la Cascada”, un country club che ritornerà nel libro “Betibù”, che lessi anni fa e che recensii favorevolmente. Ma non è assolutamente un giallo, e la sua uscita in questa collana ci fa rendere conto come i curatori editoriali, spesso (se non sempre) agiscono senza conoscere cosa stanno proponendo.

Visto che “Betibù” era sì un giallo (uscito nella collana di Repubblica MondoNoir nel 2014), visto che l’ambientazione è analoga, visto che comunque ci sono dei morti, e visto che la scrittrice è la stessa, qualcuno ha pensato di pubblicarlo in questa “Noirissima” collana. Così che il lettore, invece di seguire solo l’intreccio, dedica parte delle proprie energie mentali a capire dove sia il noir, dove sia il mistero, dove sia chi indaga e chi è indagato. Perdendo così di vista le potenzialità ed anche la bellezza di questo affresco della vita argentina cristallizzato al 27 settembre 2001, e che ripercorre, in vario modo, l’ascesa e la crisi dell’economia locale nei dieci-quindici anni precedenti.

Piñeiro ci descrive una comunità che si aggrega all’interno del country club agli inizi degli anni Novanta, che spinge politicamente Carlos Menem alla presidenza, ma che si inizia a disgregare verso la fine del secolo. Certo, nelle prime pagine ci sono un ferito e tre morti, ma sono solo lo spunto, o il punto d’arrivo della narrazione. Che la scrittrice comincia da questa fine (o quasi fine) per raccontarci la vita del club e delle persone del club. Cambiando ogni tanto voce narrante. A volte è Virginia, forse il personaggio più interessante, a volte Teresa, spesso in terza persona da narratore onnisciente. Ma, come detto, non c’è nessuno che indaga sulle morti, che vengono lasciate lì per 270 pagine, e poi tornare in un finale (o in una serie di finali) che dicono ma non spiegano. Tanto che in “Betibù” si tornerà a gravitare sempre intorno allo stesso country club.

Perché appunto l’idea di Piñeiro è invece descrivere la vita di una classe che si suppone agiata, e che sarà tra le più colpite dalla crisi economica post-Menem. La parte migliore, o meno negativa, è data dalla famiglia Gutierrez: Virginia, che si dedica alla compravendita delle case, visto che il marito è da anni disoccupato, Ronie, appunto, il marito, da anni senza lavoro, e Juani, il figlio, che seguiamo fin dalle medie per poi arrivare ai tempi universitari. Juani che, a contatto con il mondo esterno, sembra l’unico a comportarsi decentemente, in contrasto con la famiglia, ed in sodalizio con Romina. Questa è una ragazza che vediamo essere adottata a tre anni da Mariana ed Ernesto, insieme al fratellino Pedro (che non incontriamo mai). Sono di certo “figli” di situazioni strane, come tante nelle dittature sudamericane, magari figli di desaparecidos, o di poveri cui vengono strappati a suon di pesos. Poi c’è il fulcro del club, la famiglia Scaglia, con Tano, pezzo grosso di una società assicurativa, e la moglie Teresa, l’anima delle iniziative sociali del club. Ad un certo punto entra in scena Gabriel, alter ego di Tano dal punto di vista sociale, con una propensione a picchiare la moglie Lana anche senza motivo. Intorno c’è anche altra gente, soprattutto la famiglia Ulrich, anch’essa in difficoltà economica per licenziamenti ed altro.

L’idea della scrittrice è di farci vedere il vuoto che c’è dentro le anime di questi presunti ricchi. Che prima spendono e spandono. E che non sanno né sapranno gestire la crisi. Tenteranno mezzi e mezzucci, anche collegamenti con Arturo, un malfamato avvocato, che però cade sempre in piedi. Vediamo le mogli che si aggirano nel club, vediamo i mariti che giocano a tennis, giocano a golf. Vediamo tutti che si affannano a tenere fuori il mondo reale, usando i domestici come fantasmi. Ci sarà un motivo serio per le morti di cui all’inizio, e ne capiremo i motivi, e quanto c’è intorno, e come i vari personaggi si pongono di fronte a tutto ciò. Ma sempre come se fosse, anzi come è una descrizione di un mondo in rovina, di un’economia che sappiamo bene come sia finita (crisi, debiti internazionali non pagati, ed altre “facezie” economiche).

Insomma, non è un giallo e non lo sarà mai. È una fotografia, anche ben fatta, di un mondo in caduta libera. Forse, letto in alto contesto, avrebbe suscitato migliori riflessioni. Peccato. Non è colpa della scrittrice, ovvio, ma quando ci si storce leggendo un libro, è difficile raddrizzare i giudizi.

“Vivere non è lo stesso che raccontare. Vivere si vive, ed è finita lì. Per raccontare bisogna mettere in ordine.” (141)

Brigitte Glaser “Delitto al pepe rosa” Repubblica Noirissimo 33 euro 7,90

[A: 22/01/2018 – I: 09/07/2020 – T: 11/07/2020] - && e ½   

[tit. or.: Leichenschmaus; ling. or.: tedesco; pagine: 332; anno 2003]

Eccoci alla lettura del primo dei libri di gastronomia nera scritti dalla tedesca Brigitte Glaser, quasi mia coetanea scrittrice di Offenburg, nella Germania alsaziana. Primo di altri due o tre già entrati in libreria e che sono curioso di leggere. Per il piacere che sempre mi ha dato mescolare delitti e cucina. Anche se in genere, non in modo così stringente. Tanto che farei meglio a dire di cucina che insaporisce l’ambiente dei delitti. Come le ricette di Nero Wolfe, della signora Maigret o della cuoca Adelina di Camilleri. Qui, invece, abbiamo proprio una cuoca che viene coinvolta in una trama gialla, improvvisandosi (e vedremo come) detective.

Intanto, come non mandare la solita invettiva ai traduttori ed editori italiani che modificano il “Banchetto funebre” del titolo, introducendo un “pepe rosa”, che se da un lato non c’entra molto, dall’altro mette una pulce nell’orecchio del lettore, anzitempo rispetto alla trama. Di certo all’inizio non era facile imbastire una trama con al centro una cuoca, non tanto per introdurre delle uccisioni, quanto nel far passare la protagonista Katharina Schweitzer dal ruolo di semplice chef gard-manger a investigatrice di delitti. Devo dire che Brigitte costruisce bene l’impianto ed anche la trama poliziesca.

Intanto, veniamo a poco a poco edotti delle schiere di cuochi delle batterie di cucina dei grandi ristoranti. Il capocuoco, l’addetto alle carni ed ai pesci, il responsabile delle salse, il cuoco dei piatti freddi, dagli antipasti ai dolci, il jolly che dà una mano qua e là, ed i ragazzi che fanno la gavetta: piccole preparazioni preliminari ai grandi piatti, missioni in cantina o in cella frigorifera a reperire gli alimenti. E poi lui, il fulcro, quello che stabilisce il menu, che rifornisce il ristorante, che dà il tono ed il tocco da grande chef stellato, come il qui presente Hugo Spielman del Bue d’Oro di Colonia. Tra l’altro, Köln è una città che poco conosco, e mi ha fatto piacere girare per la città e per il lungo Reno con gli attori del dramma.

In prima piano, Katharina, venuta da una famiglia di ristoratori, passata per le pasticcerie di Vienna e di Bruxelles, ed ora chiamata a Colonia. Ha un grande amore, che però è un cuoco giramondo, che invece di rimanere con lei, decide di sperimentare la cucina indiana in un grande ristorante di Bombay. L’aiuto detective nella vicenda sarà la padrona di casa di Katharina, Adela, ostetrica in pensione che per il suo mestiere pregresso conosce moltissima gente di ogni categoria nella cittadina tedesca. Se quindi da un lato assistiamo, e con interesse, alla vita quotidiana di un ristorante, la trama comincia a tingersi di giallo.

Una sera, al Bue, muore un commerciante d’auto, all’inizio pare per un infarto, poi si scopre un avvelenamento. Il tizio sembrava senza storia, poi si scopre che, benché sposato, era in realtà gay. La moglie era abbastanza storta della faccenda (e si capisce), ed il partner maschile del morto era nientemeno che il capocuoco del Bue d’Oro. La trama si infittisce quando pochi giorni dopo, anche il capocuoco muore, questa volta ucciso a coltellate con un “disossatore” della cucina (un particolare coltello). Katharina raccoglie confessioni di piccole irregolarità dei vari componenti della brigata di cucina, mentre Adela sostiene che le due morti siano opera di mani diverse.

L’autrice complica la trama introducendo una storia più di sesso che d’amore tra la nostra e il grande Spielman, complicata dal ritorno di Ecki, l’amore di Bombay, che resta alcuni giorni a Colonia tanto per completare il tutto. La morte del jolly di cucina, colpito alla testa da un salame particolare e lasciato morire nella cella frigorifera, comincia a far ragionare le rotelle di Katharina. Anche perché si accorge che molti indizi portano verso la diminuzione del senso del gusto per operatori culinari. Una perdita irrecuperabile. Abbiamo anche un poliziotto, che sembra proprio il contraltare della buona cucina: rifiuta i manicaretti di Spielman, preferendo imbevibili bibitoni di caffè e fumando a tutto spiano, anche nel ristorante (mancanza di gusto totale). E se Fisher, con l’aiuto di Adela, risolve il primo mistero, per il secondo ci porta verso un sottofinale in cui è proprio la nostra Katharina ad avere tutti gli indizi contro di lei.

 Finalmente, nelle ultime venti pagine, la nostra eroina esce dal torpore, mette in fila gli indizi e risolve il mistero di tutte le morti, delle loro concatenazioni, degli antecedenti e dei conseguenti. Per riassumere le sensazioni, buone alcune idee, con un andamento forse un po’ frenato. Interessanti le sei ricette finali legate alle patate, anche se, per chi è andato in Perù, le varietà utilizzabili sono secondo una ricerca di naturalisti locali circa 1.400! Comunque, poteva andare peggio, e sono curioso di vedere le prossime puntate.

“Si poteva dire … che, a dispetto delle sue cinquantaquattro primavere, fosse nel fiore degli anni.” (39) [ma vogliamo scherzare…]

Kwei Quartey “Omicidio nella foresta” Repubblica Noirissimo 35 euro 7,90

[A: 12/02/2018 – I: 24/07/2020 – T: 25/07/2020] && - 

[titolo: Wife of the Gods; lingua: inglese; pagine: 376; anno: 2009]

Premesse interessanti, scrittura ed intreccio scorrevoli, ma alla fine ci si poteva aspettare di più. Da un autore sangue misto, che ambienta il suo scritto in uno dei suoi due paesi, e che scrive dopo aver passato anni (quanti non si riesce a sapere, anche se pare più di venti) nell’ambito medicale. Quartey è in effetti figlio di un nero del Ghana e di una madre afroamericana, dovrebbe essere nato intorno alla metà degli Anni Sessanta, in Africa, trasferendosi alla metà degli ottanta in America, dove si laurea in Medicina, dal ’90 lavora in California, ed intorno agli anni Dieci del secolo comincia a scrivere. Proprio con questo romanzo.

Un romanzo, come detto, ambientato in un territorio a lui discretamente familiare: il Ghana del padre e della sua infanzia. Con un po’ di Accra (la capitale, ignoranti) e molto del Ghana rurale, risalendo lungo il Volta, tra il grande lago ed il Togo (riusciremo mai ad andarci?). Quindi immerso in un mix di modernità ed arretratezza come in molti ambienti africani. Liberalità, lotta all’Aids verso stregoni, medici improvvisati, nonché aspetti tribali. Tanto che se avesse scritto il libro in lingua locale (la lingua “ewe”) lo avrebbe intitolato “trokosi”, la cui libera traduzione in inglese (da cui il titolo originale) è “sposa/schiava del dio”. La “trokosi” è in effetti una pratica di alcune zone del Ghana, che comporta l'offerta di giovani donne ai sacerdoti dei culti tradizionali, da parte delle famiglie con la speranza di espiare colpe, reali o presunte, quasi sempre frutto di comportamenti tenuti da membri maschili della famiglia stessa.

Da buon frequentatore di letture americane, Quartey incentra la storia su Darko Dawson, un ispettore di polizia, coinvolto nell’indagine sull’omicidio di Gladys, una studentessa di medicina in una zona verso il confine con il Togo. Ed una delle direttrici principali dello scritto e degli strali dell’autore è proprio la descrizione del conflitto tra la conoscenza medica scientifica attuale e l’importanza dei guaritori tradizionali. Mescolato ai problemi personali ed atavici del nostro Darko, con madre scomparsa in circostanze misteriose e figlio con problemi di cuore. Ma questi sono legati ad una storia parallela e poco incisiva che tralascio.

Quando la studentessa muore nel paese natale di Darko, il suo capo pensa di mandare lui in quanto conosce bene i luoghi. E lì Darko ritrova l’ambiente dell’infanzia (un po’ come Kwei con il Ghana). C’è il grande stregone con il seguito delle trokosi, stregone tra l’altro malato di AIDS che rischia di trasmettere a tutte le mogli, e che era uno dei punti di contrasto con Gladys. Che girava le campagne, spinta dal suo tutor, proprio per diffondere la prevenzione alla grande piaga africana. C’è il medico tradizionale Isaac, che proviene da una famiglia di medici “naturali”, ma non sembra avere appreso molto. Anche perché è stato un bel ragazzo, ed ora è un bell’uomo che se la tira assai. C’è la famiglia di Darko, soprattutto incentrata sulla zia Osewa, che si capisce fin da subito essere al centro di qualche problema. Sembrava sterile, poi venticinque anni prima, dopo una serie di cure di Isaac, improvvisamente partorisce. Motivo per cui la sorella, madre di Darko, la va a trovare. Viaggio da cui non ritorna. Per un conflitto con lo stregone malato volendo anche lei liberare le schiave? Per un rifiuto alle avances di Isaac? Per una gelosia nei confronti della sorella? Tra l’altro, Darko scopre un braccialetto di Gladys tra le cose dello stregone. E scopre il modo in cui Osewa e Isaac si contatto per dedicarsi ai loro piaceri. Collegando il tutto con una osservazione che altrimenti sarebbe parsa ingiustificata, e non vi dico quale, Darko elimina il superfluo ed arriva al nocciolo della questione.

Come accennato, alcuni punti interessanti, quando si parla dei conflitti, delle spose di dio, delle usanze tribali, e dei tentativi di portare modernità nei siti africani più reconditi. Per il resto, un po’ di detective story che risente più dell’America che dell’Africa. Consiglierei a Kwei un sano approfondimento dei libri di Alexander McCall Smith sul Botswana.

Infine, riprendendo quanto all’inizio, va bene le spose degli Dei dell’originale, ma da dove spunta quel titolo italiano sull’omicidio nella foresta? Rimango sempre dell’idea che tradurre sia sempre tradire, anche quando la traduzione è difficile e se ne cerca un senso. Che qui purtroppo non c’è stato.

Prima trama di novembre, quindi eccoci ai libri di agosto, che si spera già “viaggioso” ma non lo è stato. Quindi una buona dose di letture (16) con ben quattro libri belli e solidi: il boreale Stefánsson, l’enigmatico Dicker, il compiano Camilleri e la scrittrice araba Leila Slimani. In fondo alla lista, invece, uno dei libri peggio riusciti di Wilbur Smith (con tutta una trama veramente incasinata di servizi segreti ed attentati).

#

Autore

Titolo

Editore

Euro

J

1

Daniel Goleman

Intelligenza emotiva

BUR

s.p.

2

2

Wilbur Smith & David Churchill

La guerra dei Courtney

HarperCollins

12,90

3

3

Jón Kalman Stefánsson

Luce d’estate ed è subito notte

Corriere Boreali

8,90

4

4

Arnaldur Indridason

Un delitto da dimenticare

TEA

11

3

5

Harper Lee

Va’, metti una sentinella

Repubblica Duemila

9,90

3

6

Joel Dicker

L’enigma della camera 622

La Nave di Teseo

s.p.

4

7

Wilbur Smith

I fuochi dell’ira

TEA

9,90

2,5

8

J. J. Connington

Il caso con nove soluzioni

TEA

10

2,5

9

Andrea Camilleri

Riccardino

Sellerio

15

4

10

Clive Cussler & Thomas Perry

L’enigma dei Maya

TEA

331

2

11

Leila Slimani

Il diavolo è nei dettagli

Rizzoli

8

4

12

Guy Cullingford

Il morto che non riposa

TEA

10

2

13

Wilbur Smith

La volpe dorata

TEA

9,90

1

14

Per Olov Enquist

Il medico di corte

Corriere Boreali

8,90

3

15

Colson Whitehead

Il colosso di New York

Repubblica NewYork

9,90

3

16

Mary Roberts Rinehart

La scala a chiocciola

TEA

10

3

Il virus riprende, e noi, con tutte le attenzioni, cerchiamo un adeguamento tra il fare e l’aspettare. Certo, questo novembre non mi pare molto foriero di positività immediate, ma faremo tutti la nostra parte. Intanto, un augurio di buon onomastico a tutti coloro che, con nomi non usuali, non trovano spazio nel calendario. Poi un augurio a chi oggi gli anni li compie. 

Nessun commento:

Posta un commento