martedì 8 dicembre 2020

Senza spendere euro - 08 dicembre 2020

 Ed anche con qualche giorno di ritardo, che si è passato un lungo fine settimana in campagna, senza rete. Per tornare al titolo, una settimana di libri regalati o prestati. Di provenienze diverse, geograficamente e culturalmente. Un poco convincente libro giapponese, un decente libro americano, e due italiani, uno così così, ed uno, quello su cui meno avrei puntato, dignitoso e leggibile.

Kaho Nashiki “Un’estate con la Strega dell’Ovest e altri racconti” Feltrinelli s.p. (Regalo de “I Floridi”: Mario, Ines e sig.ra Laura)

[A: 07/05/2020 – I: 25/05/2020 – T: 26/05/2020] - & e ¾     

[tit. or.: 西の魔女が死んだ Nishi No Majo Ga Shinda – Nashiki Kaho Sakuhinshu; ling. or.: giapponese; pagine: 140; anno 1994]

Cominciamo con una serie di precisazioni. La grande famiglia Floridi, per il mio ultimo compleanno, mi ha riempito di libri, cosa immensamente gradita. Ho così preso quello che mi sembrava più agile, e nel cui titolo di copertina non compariva l’aggiunto “e altri racconti”. Quindi mi sono immediatamente storto.

La seconda storta è che pensavo ad un libro recente, ed invece ha l’età di Benedetta (che se per un giovane è poco per un libro rischia di essere tanto).

La terza storta è che, pur con la consueta delicatezza giapponese, è eminentemente un libro per ragazzi. Ora, memore della lievità di Banana, non mi tiro indietro neanche a questa prova, ma mi aspettavo forse un juvenilia, dato il titolo, ma non così di base. Alla fine, il romanzo in sé è pur sempre godibile, mentre i tre racconti aggiunti sono fondamentalmente inutili.

I tre testi, in realtà, sono stati aggiunti nell’edizione Shinchosha del 2017, che è poi la versione venduta in qualche fiera del libro, e giunta fino a noi con la patente di freschezza che invece non ha.

I tre racconti sono: “La storia di Blackie”, cioè la storia del cane di famiglia e del suo affetto per la madre della protagonista; “Un pomeriggio d’inverno”, dove vediamo le prime schermaglie tra la protagonista e la nonna in un tempo come dire non sospetto; e “I rametti del fornello”, un monologo della nonna dedicato alla futura nipote. Tre racconti assolutamente inutili, che servono solo a riempire un po’ di pagine, altrimenti il testo raggiungerebbe a stento le cento pagine. Non sarebbe di certo un male, ma si sa che gli editori sono gente strana.

Come sono strani per aver cambiato il titolo, che nella prima versione originale giapponese può essere tradotto (o almeno così recita il sito giapponese di Wikipedia) come “La strega dell'ovest è morta”. Di certo avrebbe un diverso impatto sui lettori, giovani e meno giovani, perché la morte di una strega evoca sempre atmosfere cupe. Invece qui di cupo non c’è nulla, anzi è tutto molto lieve, quasi solare, anche la morte. Perché il racconto lungo (che questo è in realtà) ci parla di due momenti concatenati ma disgiunti della vita della protagonista Mai.

La ragazza, tredicenne, sta vivendo un momento di crisi, scatenato da diversi fattori: la lontananza del padre che per lavoro si è trasferito in una città vicina, la nuova classe scolastica in cui non si è inserita o non si è voluta inserire, la discendenza familiare, che la nonna (la strega del titolo) è una distinta signora inglese, quindi la madre è di sangue misto, ed anche lei ha un quarto di inglesitudine nel sangue e nel comportamento. In base a tutte questi fatti accumulatisi, la madre decide di farla stare un’estate presso la nonna in campagna. Lì, Mai fa una serie di scoperte, forse futili a noi lettori smaliziati, ma fondanti per i giovani. La campagna, la bellezza delle piante, il loro odore, il poterle coltivare, conoscerle, utilizzare. Gli animali della campagna stessa, soprattutto galli e galline, con le loro uova fresche al mattino. La routine quotidiana di alzarsi, lavarsi, mangiare, andare in campagna, studiare, anche avendo (e non è poco) una stanza tutta per sé.

Tuttavia, questi sono elementi di contorno per arrivare al nocciolo: la nonna è una Strega, la Strega dell’Ovest. Una volta superato il vincolo della fantasia, la magia è permessa. Non nel senso di volare, far sparire gli oggetti, ed altre stupide fanfaluche. Ma la magia di fare un’analisi di sé stessi, di comportarsi correttamente, e di ascoltare. Cosa? La natura, gli altri, e poi il proprio intimo. Star lì non a macerarsi per le cattiverie altrui, ma capire cosa si vuole, perché e come ottenerlo. La nonna fa una serie di microracconti, anche ricordando la sua infanzia inglese, che servono a far crescere Mai, ed a farle accettare il presente.

Una lunga disquisizione è poi incentrata sulla morte, su cosa venga dopo, sulla serenità o meno di accettarla. Non è certo facile parlarne con un’adolescente, ma la nonna ci insegna l’unico modo di farlo: parlare senza pudori, e se non si comprende, spiegare, e poi spiegare ed infine spiegare. Mai ritorna rigenerata alla sua vita, accetta cambiamenti di città, di classe, si apre alle amicizie. E dopo due anni ritorna lì in campagna, perché la Strega dell’Ovest è morta. Avendo così modo di mettere in pratica tutto quanto aveva parlato con lei due anni prima. La solita delicatezza giapponese riempie le scarne pagine di piccoli tocchi pittorici e di comportamento, che in altri contesti sarebbero leziosi, ma che qui, come in Banana ed altre lievità, sono assolutamente in linea. Ma tutte le qualità che posso tirar fuori non fanno salire il giudizio complessivo di un’opera che si legge in un’ora e che lascia mezzo neurone eccitato, ed il resto del cervello dormiente. Eppur tuttavia, sono sempre felice (dato il mio naturale ottimismo) di averne letto.

“Alla mia età, si comincia a vivere pensando al dopo.” (63)

Lisa Halliday “Asimmetria” Feltrinelli s.p. (Regalo de “I Floridi”: Mario, Ines e sig.ra Laura)

[A: 07/05/2020 – I: 06/07/2020 – T: 08/07/2020] - &&  ---

[tit. or.: Asymmetry; ling. or.: inglese; pagine: 285; anno 2018]

Come spesso negli ultimi anni, la congrega dei Floridi omaggia il mio compleanno con un buon aperto presso qualche libreria. Così che io rimpiango la “scarsa” disponibilità di lettura della mia libreria (ah! Ah! Ah!). Ci sono quindi libri che aspetto, libri che hanno una buona riuscita e libri che mi attirano per qualche motivo, e che poi mi deludono.

Avete già capito dove si colloca la scrittrice poco più che quarantenne. Americana, ma che come principale mestiere fa editor in un gruppo editoriale, e dalla natia Massachusetts da anni vive a Milano. Non è un caso quindi che, quando l’ho scoperto, mi si è disvelato il mistero di alcune citazioni. Perché passi Venezia, che conoscono tutti, passi Parma ed il suo prosciutto, che sei ti piace mangiare ne avrai sentito parlare. Ma domandarsi a che ora tramonta il sole a Poggibonsi? Ho poi anche scoperto che Lisa era l’allieva prediletta di Philip Roth, di cui per un periodo è sta anche l’amante. Si è quindi svelato anche chi si nasconde dietro il personaggio di Ezra Blazer, ed acquista una luce di contesto diverso tutta la prima parte del libro. Per poi riflettersi anche obliquamente sulla seconda, dove, a parte i rimandi all’asserto del titolo, esce fuori una delle metodologie di Roth, quando infarcisce i suoi libri di agganci con il reale.

Per venire al testo, di certo è un romanzo particolare, che, sinceramente, non mi è piaciuto gran che. Ci sono spunti, momenti, frasi, situazioni, interessanti ed anche da approfondire, ma alla fine non mi ha convinto l’impianto generale, la tesi forse che l’autrice tende a svolgere in tutto il romanzo. Alcuni dicono che sembra composto da due storie diverse e da un’appendice. Io dico non sembra, è. Abbiamo le due storie che, questo è vero, descrivono relazioni e momenti di vita asimmetrici. Ma l’appendice che dovrebbe riunificare e dare un senso al tutto, non mi ha portato elementi di giudizio a supporto positivo.

Nella prima parte (“Follia”) attraverso la storia di Alice ed Ezra si ripercorre in traslato la storia stessa di Lisa e Philip. In modo casuale (nel libro) nasce il rapporto tra la venticinquenne Alice ed il settantenne scrittore, sempre in odore di Nobel, senza che questo arrivi. Apprezziamo la freschezza di Alice nelle situazioni quotidiane, ma anche imbarazzi e reticenze in quelle pubbliche. La delicatezza con cui si approccia al vecchio scrittore, fornendogli momenti liberatori, e consentendogli di intervenire positivamente sulla sua vita. Vediamo il disappunto, anno dopo anno, quando il Nobel viene assegnato a Imre Kerstz o a Elfriede Jelinek. Vediamo l’anziano soffrire, ricoverarsi in ospedale, ed altre “anzianità”, come le cento cose da fare prima di andare a letto.

Poi a metà libro, ecco la seconda parte (“Pazzia”) dove assistiamo ad una scena lunga ma assai reale. Nel posto nine-eleven, un cittadino con la doppia nazionalità americana e irachena, nel suo viaggio da Los Angeles a Baghdad per incontrare il fratello decide di fare uno stop over a Londra, per salutare il suo amico Alistair. Ma viene fermato alla dogana inglese. E lì, Amar ci racconta il muro di incomprensione sui suoi motivi di andare a Londra. Non riuscirà a convincere gli ottusi doganieri, ma avrà tempo e modo di narrarci la sua vita, la fuga dall’Iraq, la vita americana, il rapporto difficile con il fratello molto più grande di lui, che decide ad un certo punto di tornare in patria e di fare il medico. I complicati momenti da immigrato, seppur regolare, durante le guerre in Medio Oriente. Ci sono parti assolutamente condivisibili di denuncia delle ottusità burocratiche e non solo, a Londra, in America, ma anche in Iraq ed in Giordania. È di certo un altro esempio di asimmetria.

Come quella tra Alice ed Ezra, rapporto tra un autore affermato ed una giovane affascinata dal suo talento, anche qui c’è asimmetria tra Amar ed il mondo gestito da chi possiede il denaro. Il romanzo finisce con una lunga ed inventata intervista radiofonica di Ezra, che al contrario di Roth riceverà il Nobel. Nelle parole di un’intervista Lisa sostiene questa parte esplicitare le connessioni tra le prime due. Io non l’ho trovata, o non l’ho capita. Così che mi rimangono tre racconti, più o meno decenti, che però non fanno un libro.

L’unico accenno di unificabilità, mi veniva invece da una frase a pagina 79 quando Alice si interroga se una donna americana potesse essere in grado di descrivere la coscienza di un mussulmano. Lisa cerca di farlo nella seconda parte. Ma confermo, non mi sembra in grado.

Prima della fine qualche piccolo inciso di ringraziamento. Uno alla traduttrice. Nella prima parte, Alice usa spesso l’intercalare “Ammazza la mosca col Flit!”, tipico riff del Carosello italiano, che però deriva da un vecchio riff americano, che pare risalga al 1899, che reclamizzava un barbiere con la mini-melodia di “Save and a Haircut, two bits”, che significa “Barba e Capelli, 25 cents” (two bits è appunto uno slang per un quarto di dollaro). Un sentito ringraziamento per lo sforzo fatto da Federica Aceto. Un altro al personaggio Amar che mi ha ricordato il mio lungo viaggio in auto da Amman a Baghdad, ormai venticinque anni fa. Un ricordo indelebile di un momento particolare del mio lavoro. Ma il libro alla fine non mi lascia nessuno sprone a spingere perché anche voi lo leggiate.

“Non ti preoccupare di cosa è importante e cosa no. Tutto è importante se è ben fatto.” (79)

“Secondo te a me piace … essere vecchio e paralizzato dal dolore e dipendere dagli altri?” (101)

“Per aver superato i sessanta … era un gran camminatore.” [ah, ah] (229)

Anna Dalton “L’apprendista geniale” Garzanti s.p. (prestito di Alessandra)

[A: 24/02/2019 – I: 25/09/2020 – T: 26/09/2020] && -

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 271; anno: 2018]

Solito prestito post-natalizio, letto con i dovuti tempi lunghi essendo poco coinvolgente, almeno nell’immaginario personale. Anche perché della Dalton conoscevo solo (e parzialmente) il lavoro di attrice. In particolare, nella parte di Cordelia nella fiction “L’allieva” tratta dai libri di Alessia Gazzola (che verrà puntualmente ringraziata nei saluti finali).

Pur essendo un personaggio dello spettacolo (ma essendo io refrattario alle sue sollecitazioni) la Dalton mostra una scrittura bella e fresca, senza fronzoli, che scivola bene sulla pagina e che consente di progredire nella lettura con una calma assai riposante. Forse anche troppo, visto che, alla fine, non è che coinvolga molto altro. Rimangono solo i riferimenti cinefili (che farebbero piacere a mio cugino Alessandro) e le descrizioni di Venezia (che invece hanno fatto piacere a me, facendomi fare un balzo indietro di una cinquantina di anni).

Prima di andare oltre, vorrei soffermarmi sulla cinefilia. Joker, uno dei personaggi, a chi bussa alla sua porta, pone una domanda relativa ad un film. Se rispondi apre, altrimenti puoi restare ore ad aspettare. Come succede, quando decide che le domande vertono su oscuri film giapponesi.

La trama, poi, è anch’essa di una semplice linearità: il primo anno di un collage destinato a futuri giornalisti. Cui si accede o con grosse somme o con borse di studio. La seconda opzione è quella di Andrea, la protagonista, italo-irlandese come la scrittrice, orfana di una madre anche lei giornalista, che le ha dato l’imprinting sulla vita e sulla professione.

Mentre seguiamo le vicende di Andrea, conosciamo anche gli altri futuri scrittori della carta stampata. I “cattivoni” come Barbara ed Daniele detto Edipone che parla sempre della mamma. E gli “sfigati” la dark Marylin, Andre il secondo borsista, Joker, quello del cinema. Con la supervisione di uno studente del secondo anno, lo spagnolo Uno, simpatico e molto gay.

La linea di scrittura che persegue la Dalton è poi abbastanza lineare: la protagonista Andrea, persa la mamma in giovane età, aiutata dal padre (e da sé stessa) cerca di ripercorrere le orme materne. Entra nel collage multi-nazione con base all’Isola dei Santi a Venezia (e non ritorno sui miei ricordi veneziani se non per ripensare ad un carnevale passato in Frezzeria; ma or non è più quel tempo e quell’età). Dal collage parte una classica avventura di tipo giovanilista. Gli sfigati ma bravi contro i cattivoni, purtroppo anch’essi bravi.

Si intrecciano le storie, si chiariscono i personaggi, c'è voglia di cambiamento, paura di sbagliare, amicizia, perdita, speranza, amore. Soprattutto c’è l’evoluzione dei personaggi stessi, il chiarimento della loro natura, delle loro paure, delle loro speranze.

La dark Marilyn si trova impegolata in una storia assurda con un avvocato violento, e saranno i suoi amici a salvarla, in particolare Andre che ne è segretamente innamorato. L’oscuro Joker che scopriremo ripetere il primo anno per oscuri motivi e paure che lo hanno attanagliato la tornata precedente, che cerca di esorcizzare con sesso a gogo, ma che servono solo a rinchiuderlo nella sua stanza e nelle sue domande sul cinema.

Tralasciando l’intervento di Uno, che sarà comunque risolutivo, è Andrea che, mescolando i vari elementi, fa uscire allo scoperto Andre, calma le paturnie di Marilyn, ma soprattutto riesce ad entrare nel cuore duro di Joker. Lì ci aspettiamo che i due, chiaritisi l’un l’altra i sentimenti, possano percorrere una strada di maggior serenità.

Ma non abbiamo fatto i conti con la volontà seriale dell’autrice. Che alla fine non fa convergere in modo definitivo i due, ma ci farà assistere agli esami del primo anno, dandoci appuntamento, silente ma rumoroso, ad un successivo libro dove si parlerà degli anni successivi.

Prima di concludere, oltre alle domande cinefile, altro piccolo elemento di gradevole intrattenimento sono le cronache spicciole di Andrea sulle piccole ma grandi vicende del suo paesello, con il suo giornale autoprodotto, ed i suoi ventidue abbonati. Dove vediamo comparire articoli vari, ma di cui segnalo solo l’interessante “Resilienza”.

Non diciamo altro, salutiamo una giovane scrittrice, sperando maturi meglio alcuni elementi nelle prossime scritture. Intanto, comunque, un plauso a chi ha il coraggio di scrivere, e di accettare e crescere sulle critiche.

Maria Attanasio “La ragazza di Marsiglia” Sellerio s.p. (prestito dalla biblioteca di Porto Ercole) 

[A: 21/07/2019 – I: 05/10/2020 – T: 07/10/2020] &&&

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 386; anno: 2018]

Ancora un prestito dalla sempre fornita biblioteca di Porto Ercole, dove attingo quando, per velocità o dimenticanza, vado fuori giro con le letture normalmente programmate. Per inciso, devo constatare che tutti i libri fin qui presi colà si sono rivelati, oltre che gradevoli, sempre incentrati su figure femminili. Vere (vedi Gerda Taro) o inventate (vedi Irene Bottini).

Qui torniamo sul primo versante, anche se, come giustamente ammette l’autrice, le poche notizie in merito della protagonista le hanno consentito (o costretto) a rendere in finzione molte parti. Che tuttavia se non sono pedissequamente vere sono quanto meno verosimili e ben scritte. E laddove fallivano le notizie sulla ragazza, il romanzo veniva sorretto dai raccordi dedicati al coprotagonista della storia.

Per arrivare al nocciolo, la ragazza di Marsiglia del titolo si chiama Rosalia Montmasson ed è ricordata, principalmente ma non solo, come l’unica donna ad aver partecipato alla spedizione dei Mille, imbarcandosi con gli altri sin da Quarto. Dicevo non solo, in quanto gran parte della sua vita è poi legato a quello che le fu compagno, marito, poi fiero antagonista (ed anche altro): Francesco Crispi.

Maria Attanasio, già nota come poetessa, nonché insegnante di storia e filosofia e da sempre comunista, prende in mano la vicenda di Rosalia, e ci regala, anche se con luci ed ombre, un romanzo ben articolato (tra l’altro con un corredo finale di fonti veramente ben documentato) dove Rosalia (o Rosalie come la chiamava Don Ciccio) occupa un suo ruolo ben marcato. Certo, insieme al suo compagno di vita, Francesco (ma per lei sempre Fransuà, visto che Rosalia era nata in Alta Savoia, il 12 gennaio 1823, quando la Savoia era Piemontese), di cui riusciamo a vedere luci ed ombre.

Da un lato quindi abbiamo tutta la storia della vita di Rosalie, dal suo incontro con Crispi nella Torino del 1849, l’innamoramento, la convivenza sempre in difficoltà tra pochi soldi e molta polizia (erano anni rivoluzionari). Crispi parla di massimi sistemi, ma non riesce a sbarcare il lunario. È lei che lavora, da lavandaia, da stiratrice, da governante. Ma è anche lei che non si tira indietro quando si parla di politica. Quando Crispi viene esiliato a Malta per il suo fervore mazziniano, lei lo segue. E prima di essere cacciati anche da Malta, i due si sposano (essendo in realtà Rosalia la seconda moglie di Crispi, che sposò una Rosina a vent’anni, che morì di parto due anni dopo). Matrimonio di fretta, che lascia molte ombre (ma la nostra attenta Attanasio, andando in loco, riuscirà a vedere le carte che ne confermano la validità).

Seguiamo Rosalie e Fransuà in giro per l’Europa, esuli mazziniani, nonché rivoltosi (pare Crispi sia stato anche coinvolto nell’attentato a Napoleone III). Poi, tornati nel Regno Piemontese, con l’avallo tacito del Re, Crispi briga con Garibaldi all’organizzazione della spedizione, mentre Rosalie fa la spola con la Sicilia a mo’ di staffetta. Riuscendo così a convincere tutti per essere imbarcata come una dei Mille (e Garibaldi le appunterà sul petto la medaglia al valore alla fine di tutta la vicenda).

Qui sfuma un po’ la vicenda, perché lei si trincera dietro l’ombra dell’ingombrante marito, ormai deputato e lanciato sulle alte vette della politica. E qui si perpetra anche la rottura di fondo tra i due: lei rimarrò sempre repubblicana, lui diventerà un monarchico convinto, anche se sempre anticlericale (sarà proprio Crispi a adoperarsi per installare la statua di Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a monito verso il Vaticano).

Date le poche notizie presenti, il successivo punto “dolente” è la narrazione della rottura personale dopo quella politica. Crispi ha un primo figlio da una sua amante, poi una figlia dall’intrigante Filomena “Lina” Barbagallo, che decide di sposare nel 1878, per poi essere coinvolto in un’accusa di bigamia. Ne uscirà, manipolando giudici e avocati dalla sua posizione influente di Ministro dell’Interno, anche se poi per alcuni anni sarà costretto all’ombra. Rosalie, essendo ormai rotto il sodalizio, non si fa parte in causa e lo lascia andare.

Si ritroveranno saltuariamente nelle rispettive vecchiaie, come due vecchi amici che si conoscono bene. Dopo aver visto passare la morte dei vecchi sodali: prima Mazzini, poi Garibaldi. Ma non è tanto o solo questo. Più che altro è il risalto della dirittura morale che Rosalia continuerà sempre ad avere, battendosi per le donne, per gli umili, senza mai chiedere nulla per sé. Mentre Don Ciccio avrà i suoi alti e bassi, che ne fanno comunque una figura controversa della Storia: dalla repressione dei Fasci Siciliani e la sconfitta di Adua, alla riforma del Codice penale e dell’Amministrazione Statale.

Ma di questo ed altro leggetene, che comunque vale la pena. Seguire fino in fondo la storia di questa ragazza, scesa dai monti savoiardi, radicatasi nelle convinzioni durante tuta una vita militante, fino alla morte ed alla sepoltura in un loculo del Verano (dove c’è ancora un bella targa che ne ricorda i passi salienti della vita). Una bella scrittura, a volte forse un po’ ondeggiante, e forse non incisiva nell’analisi di Crispi. Ma non era questo lo scopo. E devo dire che si legge bene, e si medita alquanto attraversando con il pensiero quasi tutto l’Ottocento italiano.

Prima trama di dicembre, ed eccoci alla grande infornata di settembre. Non si viaggia, quasi tutto è impraticabile, quindi libri su libri. Un libricino di Eco sopra tutti, con qualche libro scandinavo molto vicino. Il resto in un aurea mediocrità.

 

#

Autore

Titolo

Editore

Euro

J

1

Wilbur Smith

L’ultima preda

Longanesi

s.p.

2

2

Karina Sainz Borgo

Notte a Caracas

Repubblica Latinoamericana

9,90

2,5

3

Taiye Selasi

La bellezza delle cose fragili

Repubblica Duemila

9,90

3

4

Håkan Nesser

Il commissario cade in trappola

TEA

12

3

5

Jonas Hassen Khemiri

Tutto quello che non ricordo

Corriere Boreali

8,90

3,5

6

Fredrik Sjöberg

L’arte di collezionare mosche

Corriere Boreali

8,90

3,5

7

Hanya Yanagihara

Una vita come tante

Sellerio

s.p.

3

8

Mariano Sabatini

L’inganno dell’ippocastano

TEA

12

2,5

9

Alessandro Perissinotto

Quello che l’acqua nasconde

Pickwick

10,90

2

10

Andrea Molesini

Dove un’ombra sconsolata mi cerca

Repubblica Resistenza

7,90

2,5

11

Christine Von Borries

Fuga di notizie

Guanda

s.p.

3

12

Gajto Gazdanov

Strade di notte

Repubblica Duemila

9,90

3,5

13

Stanisław Lem

Febbre da fieno

Voland

s.p.

2

14

Pietro De Santis

Nove racconti e ½

Mauro Pagliai Editore

s.p.

3

15

Anna Dalton

L’apprendista geniale

Garzanti

s.p.

2

16

Francesco Recami

Il caso Kakoiannis–Sforza

Sellerio

14

2.5

17

Umberto Eco

Il fascismo eterno

Repubblica

s.p.

4

18

Francesco Recami

Il segreto di Angela

Sellerio

14

2,5

 

Natale si avvicina, ma l’unico regalo che vorrei è una bella dose di vaccini per tutti, e così riprendere, non dico la stessa vita, ma riprendere a praticare tutti i propri interessi. Purtroppo, saremo di meno, alla fine, ed un pensiero va a tutti quelli che ci stanno lasciando, un po’ per età, un po’ per malattia, un po’ per entrambi. Saluto e abbraccio tutti comunque. 

Nessun commento:

Posta un commento