[A: 07/05/2020
– I: 25/05/2020 – T: 26/05/2020] - &
e ¾
[tit.
or.: 西の魔女が死んだ Nishi No Majo Ga Shinda – Nashiki Kaho
Sakuhinshu; ling. or.: giapponese; pagine: 140; anno 1994]
Cominciamo con una serie di precisazioni. La
grande famiglia Floridi, per il mio ultimo compleanno, mi ha riempito di libri,
cosa immensamente gradita. Ho così preso quello che mi sembrava più agile, e
nel cui titolo di copertina non compariva l’aggiunto “e altri racconti”. Quindi
mi sono immediatamente storto.
La seconda storta è che pensavo ad un libro
recente, ed invece ha l’età di Benedetta (che se per un giovane è poco per un
libro rischia di essere tanto).
La terza storta è che, pur con la consueta
delicatezza giapponese, è eminentemente un libro per ragazzi. Ora, memore della
lievità di Banana, non mi tiro indietro neanche a questa prova, ma mi aspettavo
forse un juvenilia, dato il titolo, ma non così di base. Alla fine, il romanzo
in sé è pur sempre godibile, mentre i tre racconti aggiunti sono
fondamentalmente inutili.
I tre testi, in realtà, sono stati aggiunti
nell’edizione Shinchosha del 2017, che è poi la versione venduta in qualche
fiera del libro, e giunta fino a noi con la patente di freschezza che invece
non ha.
I tre racconti sono: “La storia di Blackie”,
cioè la storia del cane di famiglia e del suo affetto per la madre della
protagonista; “Un pomeriggio d’inverno”, dove vediamo le prime schermaglie tra
la protagonista e la nonna in un tempo come dire non sospetto; e “I rametti del
fornello”, un monologo della nonna dedicato alla futura nipote. Tre racconti
assolutamente inutili, che servono solo a riempire un po’ di pagine, altrimenti
il testo raggiungerebbe a stento le cento pagine. Non sarebbe di certo un male,
ma si sa che gli editori sono gente strana.
Come sono strani per aver cambiato il titolo,
che nella prima versione originale giapponese può essere tradotto (o almeno
così recita il sito giapponese di Wikipedia) come “La strega dell'ovest è morta”.
Di certo avrebbe un diverso impatto sui lettori, giovani e meno giovani, perché
la morte di una strega evoca sempre atmosfere cupe. Invece qui di cupo non c’è
nulla, anzi è tutto molto lieve, quasi solare, anche la morte. Perché il
racconto lungo (che questo è in realtà) ci parla di due momenti concatenati ma
disgiunti della vita della protagonista Mai.
La ragazza, tredicenne, sta vivendo un
momento di crisi, scatenato da diversi fattori: la lontananza del padre che per
lavoro si è trasferito in una città vicina, la nuova classe scolastica in cui
non si è inserita o non si è voluta inserire, la discendenza familiare, che la
nonna (la strega del titolo) è una distinta signora inglese, quindi la madre è
di sangue misto, ed anche lei ha un quarto di inglesitudine nel sangue e nel
comportamento. In base a tutte questi fatti accumulatisi, la madre decide di
farla stare un’estate presso la nonna in campagna. Lì, Mai fa una serie di
scoperte, forse futili a noi lettori smaliziati, ma fondanti per i giovani. La
campagna, la bellezza delle piante, il loro odore, il poterle coltivare,
conoscerle, utilizzare. Gli animali della campagna stessa, soprattutto galli e
galline, con le loro uova fresche al mattino. La routine quotidiana di alzarsi,
lavarsi, mangiare, andare in campagna, studiare, anche avendo (e non è poco)
una stanza tutta per sé.
Tuttavia, questi sono elementi di contorno
per arrivare al nocciolo: la nonna è una Strega, la Strega dell’Ovest. Una
volta superato il vincolo della fantasia, la magia è permessa. Non nel senso di
volare, far sparire gli oggetti, ed altre stupide fanfaluche. Ma la magia di
fare un’analisi di sé stessi, di comportarsi correttamente, e di ascoltare.
Cosa? La natura, gli altri, e poi il proprio intimo. Star lì non a macerarsi
per le cattiverie altrui, ma capire cosa si vuole, perché e come ottenerlo. La
nonna fa una serie di microracconti, anche ricordando la sua infanzia inglese,
che servono a far crescere Mai, ed a farle accettare il presente.
Una lunga disquisizione è poi incentrata
sulla morte, su cosa venga dopo, sulla serenità o meno di accettarla. Non è
certo facile parlarne con un’adolescente, ma la nonna ci insegna l’unico modo
di farlo: parlare senza pudori, e se non si comprende, spiegare, e poi spiegare
ed infine spiegare. Mai ritorna rigenerata alla sua vita, accetta cambiamenti
di città, di classe, si apre alle amicizie. E dopo due anni ritorna lì in
campagna, perché la Strega dell’Ovest è morta. Avendo così modo di mettere in pratica
tutto quanto aveva parlato con lei due anni prima. La solita delicatezza
giapponese riempie le scarne pagine di piccoli tocchi pittorici e di
comportamento, che in altri contesti sarebbero leziosi, ma che qui, come in
Banana ed altre lievità, sono assolutamente in linea. Ma tutte le qualità che
posso tirar fuori non fanno salire il giudizio complessivo di un’opera che si
legge in un’ora e che lascia mezzo neurone eccitato, ed il resto del cervello
dormiente. Eppur tuttavia, sono sempre felice (dato il mio naturale ottimismo)
di averne letto.
“Alla mia età, si comincia a vivere
pensando al dopo.” (63)
Lisa
Halliday “Asimmetria” Feltrinelli s.p. (Regalo de “I Floridi”: Mario, Ines e
sig.ra Laura)
[A: 07/05/2020 – I: 06/07/2020 – T:
08/07/2020] - && ---
[tit. or.: Asymmetry; ling. or.: inglese; pagine: 285; anno 2018]
Come spesso negli ultimi anni, la congrega
dei Floridi omaggia il mio compleanno con un buon aperto presso qualche
libreria. Così che io rimpiango la “scarsa” disponibilità di lettura della mia
libreria (ah! Ah! Ah!). Ci sono quindi libri che aspetto, libri che hanno una
buona riuscita e libri che mi attirano per qualche motivo, e che poi mi
deludono.
Avete già capito dove si colloca la
scrittrice poco più che quarantenne. Americana, ma che come principale mestiere
fa editor in un gruppo editoriale, e dalla natia Massachusetts da anni vive a
Milano. Non è un caso quindi che, quando l’ho scoperto, mi si è disvelato il
mistero di alcune citazioni. Perché passi Venezia, che conoscono tutti, passi
Parma ed il suo prosciutto, che sei ti piace mangiare ne avrai sentito parlare.
Ma domandarsi a che ora tramonta il sole a Poggibonsi? Ho poi anche scoperto
che Lisa era l’allieva prediletta di Philip Roth, di cui per un periodo è sta
anche l’amante. Si è quindi svelato anche chi si nasconde dietro il personaggio
di Ezra Blazer, ed acquista una luce di contesto diverso tutta la prima parte
del libro. Per poi riflettersi anche obliquamente sulla seconda, dove, a parte
i rimandi all’asserto del titolo, esce fuori una delle metodologie di Roth,
quando infarcisce i suoi libri di agganci con il reale.
Per venire al testo, di certo è un romanzo
particolare, che, sinceramente, non mi è piaciuto gran che. Ci sono spunti,
momenti, frasi, situazioni, interessanti ed anche da approfondire, ma alla fine
non mi ha convinto l’impianto generale, la tesi forse che l’autrice tende a
svolgere in tutto il romanzo. Alcuni dicono che sembra composto da due storie
diverse e da un’appendice. Io dico non sembra, è. Abbiamo le due storie che,
questo è vero, descrivono relazioni e momenti di vita asimmetrici. Ma
l’appendice che dovrebbe riunificare e dare un senso al tutto, non mi ha
portato elementi di giudizio a supporto positivo.
Nella prima parte (“Follia”) attraverso la
storia di Alice ed Ezra si ripercorre in traslato la storia stessa di Lisa e
Philip. In modo casuale (nel libro) nasce il rapporto tra la venticinquenne
Alice ed il settantenne scrittore, sempre in odore di Nobel, senza che questo
arrivi. Apprezziamo la freschezza di Alice nelle situazioni quotidiane, ma
anche imbarazzi e reticenze in quelle pubbliche. La delicatezza con cui si
approccia al vecchio scrittore, fornendogli momenti liberatori, e
consentendogli di intervenire positivamente sulla sua vita. Vediamo il
disappunto, anno dopo anno, quando il Nobel viene assegnato a Imre Kerstz o a Elfriede
Jelinek. Vediamo l’anziano soffrire, ricoverarsi in ospedale, ed altre
“anzianità”, come le cento cose da fare prima di andare a letto.
Poi a metà libro, ecco la seconda parte
(“Pazzia”) dove assistiamo ad una scena lunga ma assai reale. Nel posto
nine-eleven, un cittadino con la doppia nazionalità americana e irachena, nel
suo viaggio da Los Angeles a Baghdad per incontrare il fratello decide di fare
uno stop over a Londra, per salutare il suo amico Alistair. Ma viene fermato
alla dogana inglese. E lì, Amar ci racconta il muro di incomprensione sui suoi
motivi di andare a Londra. Non riuscirà a convincere gli ottusi doganieri, ma
avrà tempo e modo di narrarci la sua vita, la fuga dall’Iraq, la vita
americana, il rapporto difficile con il fratello molto più grande di lui, che
decide ad un certo punto di tornare in patria e di fare il medico. I complicati
momenti da immigrato, seppur regolare, durante le guerre in Medio Oriente. Ci
sono parti assolutamente condivisibili di denuncia delle ottusità burocratiche
e non solo, a Londra, in America, ma anche in Iraq ed in Giordania. È di certo
un altro esempio di asimmetria.
Come quella tra Alice ed Ezra, rapporto tra
un autore affermato ed una giovane affascinata dal suo talento, anche qui c’è
asimmetria tra Amar ed il mondo gestito da chi possiede il denaro. Il romanzo
finisce con una lunga ed inventata intervista radiofonica di Ezra, che al
contrario di Roth riceverà il Nobel. Nelle parole di un’intervista Lisa
sostiene questa parte esplicitare le connessioni tra le prime due. Io non l’ho
trovata, o non l’ho capita. Così che mi rimangono tre racconti, più o meno
decenti, che però non fanno un libro.
L’unico accenno di unificabilità, mi veniva
invece da una frase a pagina 79 quando Alice si interroga se una donna
americana potesse essere in grado di descrivere la coscienza di un mussulmano.
Lisa cerca di farlo nella seconda parte. Ma confermo, non mi sembra in grado.
Prima della fine qualche piccolo inciso di
ringraziamento. Uno alla traduttrice. Nella prima parte, Alice usa spesso
l’intercalare “Ammazza la mosca col Flit!”, tipico riff del Carosello italiano,
che però deriva da un vecchio riff americano, che pare risalga al 1899, che
reclamizzava un barbiere con la mini-melodia di “Save and a Haircut, two bits”,
che significa “Barba e Capelli, 25 cents” (two bits è appunto uno slang per un
quarto di dollaro). Un sentito ringraziamento per lo sforzo fatto da Federica
Aceto. Un altro al personaggio Amar che mi ha ricordato il mio lungo viaggio in
auto da Amman a Baghdad, ormai venticinque anni fa. Un ricordo indelebile di un
momento particolare del mio lavoro. Ma il libro alla fine non mi lascia nessuno
sprone a spingere perché anche voi lo leggiate.
“Non ti preoccupare di cosa è importante e
cosa no. Tutto è importante se è ben fatto.” (79)
“Secondo te a me piace … essere vecchio e
paralizzato dal dolore e dipendere dagli altri?” (101)
“Per aver superato i sessanta … era un
gran camminatore.” [ah, ah] (229)
Anna
Dalton “L’apprendista geniale” Garzanti s.p. (prestito di Alessandra)
[A: 24/02/2019
– I: 25/09/2020 – T: 26/09/2020] &&
-
[titolo:
originale; lingua: italiano; pagine: 271; anno: 2018]
Solito
prestito post-natalizio, letto con i dovuti tempi lunghi essendo poco
coinvolgente, almeno nell’immaginario personale. Anche perché della Dalton
conoscevo solo (e parzialmente) il lavoro di attrice. In particolare, nella
parte di Cordelia nella fiction “L’allieva” tratta dai libri di Alessia Gazzola
(che verrà puntualmente ringraziata nei saluti finali).
Pur
essendo un personaggio dello spettacolo (ma essendo io refrattario alle sue
sollecitazioni) la Dalton mostra una scrittura bella e fresca, senza fronzoli,
che scivola bene sulla pagina e che consente di progredire nella lettura con
una calma assai riposante. Forse anche troppo, visto che, alla fine, non è che
coinvolga molto altro. Rimangono solo i riferimenti cinefili (che farebbero
piacere a mio cugino Alessandro) e le descrizioni di Venezia (che invece hanno
fatto piacere a me, facendomi fare un balzo indietro di una cinquantina di
anni).
Prima
di andare oltre, vorrei soffermarmi sulla cinefilia. Joker, uno dei personaggi,
a chi bussa alla sua porta, pone una domanda relativa ad un film. Se rispondi
apre, altrimenti puoi restare ore ad aspettare. Come succede, quando decide che
le domande vertono su oscuri film giapponesi.
La
trama, poi, è anch’essa di una semplice linearità: il primo anno di un collage
destinato a futuri giornalisti. Cui si accede o con grosse somme o con borse di
studio. La seconda opzione è quella di Andrea, la protagonista, italo-irlandese
come la scrittrice, orfana di una madre anche lei giornalista, che le ha dato
l’imprinting sulla vita e sulla professione.
Mentre
seguiamo le vicende di Andrea, conosciamo anche gli altri futuri scrittori
della carta stampata. I “cattivoni” come Barbara ed Daniele detto Edipone che
parla sempre della mamma. E gli “sfigati” la dark Marylin, Andre il secondo
borsista, Joker, quello del cinema. Con la supervisione di uno studente del
secondo anno, lo spagnolo Uno, simpatico e molto gay.
La
linea di scrittura che persegue la Dalton è poi abbastanza lineare: la
protagonista Andrea, persa la mamma in giovane età, aiutata dal padre (e da sé
stessa) cerca di ripercorrere le orme materne. Entra nel collage multi-nazione
con base all’Isola dei Santi a Venezia (e non ritorno sui miei ricordi
veneziani se non per ripensare ad un carnevale passato in Frezzeria; ma or non
è più quel tempo e quell’età). Dal collage parte una classica avventura di tipo
giovanilista. Gli sfigati ma bravi contro i cattivoni, purtroppo anch’essi
bravi.
Si
intrecciano le storie, si chiariscono i personaggi, c'è voglia di cambiamento,
paura di sbagliare, amicizia, perdita, speranza, amore. Soprattutto c’è
l’evoluzione dei personaggi stessi, il chiarimento della loro natura, delle
loro paure, delle loro speranze.
La
dark Marilyn si trova impegolata in una storia assurda con un avvocato
violento, e saranno i suoi amici a salvarla, in particolare Andre che ne è
segretamente innamorato. L’oscuro Joker che scopriremo ripetere il primo anno
per oscuri motivi e paure che lo hanno attanagliato la tornata precedente, che
cerca di esorcizzare con sesso a gogo, ma che servono solo a rinchiuderlo nella
sua stanza e nelle sue domande sul cinema.
Tralasciando
l’intervento di Uno, che sarà comunque risolutivo, è Andrea che, mescolando i
vari elementi, fa uscire allo scoperto Andre, calma le paturnie di Marilyn, ma
soprattutto riesce ad entrare nel cuore duro di Joker. Lì ci aspettiamo che i
due, chiaritisi l’un l’altra i sentimenti, possano percorrere una strada di
maggior serenità.
Ma
non abbiamo fatto i conti con la volontà seriale dell’autrice. Che alla fine
non fa convergere in modo definitivo i due, ma ci farà assistere agli esami del
primo anno, dandoci appuntamento, silente ma rumoroso, ad un successivo libro
dove si parlerà degli anni successivi.
Prima
di concludere, oltre alle domande cinefile, altro piccolo elemento di gradevole
intrattenimento sono le cronache spicciole di Andrea sulle piccole ma grandi
vicende del suo paesello, con il suo giornale autoprodotto, ed i suoi ventidue
abbonati. Dove vediamo comparire articoli vari, ma di cui segnalo solo
l’interessante “Resilienza”.
Non
diciamo altro, salutiamo una giovane scrittrice, sperando maturi meglio alcuni
elementi nelle prossime scritture. Intanto, comunque, un plauso a chi ha il
coraggio di scrivere, e di accettare e crescere sulle critiche.
Maria
Attanasio “La ragazza di Marsiglia” Sellerio s.p. (prestito dalla biblioteca di
Porto Ercole)
[A: 21/07/2019
– I: 05/10/2020 – T: 07/10/2020] &&&
[titolo:
originale; lingua: italiano; pagine: 386; anno: 2018]
Ancora
un prestito dalla sempre fornita biblioteca di Porto Ercole, dove attingo
quando, per velocità o dimenticanza, vado fuori giro con le letture normalmente
programmate. Per inciso, devo constatare che tutti i libri fin qui presi colà
si sono rivelati, oltre che gradevoli, sempre incentrati su figure femminili.
Vere (vedi Gerda Taro) o inventate (vedi Irene Bottini).
Qui
torniamo sul primo versante, anche se, come giustamente ammette l’autrice, le
poche notizie in merito della protagonista le hanno consentito (o costretto) a
rendere in finzione molte parti. Che tuttavia se non sono pedissequamente vere
sono quanto meno verosimili e ben scritte. E laddove fallivano le notizie sulla
ragazza, il romanzo veniva sorretto dai raccordi dedicati al coprotagonista
della storia.
Per
arrivare al nocciolo, la ragazza di Marsiglia del titolo si chiama Rosalia
Montmasson ed è ricordata, principalmente ma non solo, come l’unica donna ad
aver partecipato alla spedizione dei Mille, imbarcandosi con gli altri sin da
Quarto. Dicevo non solo, in quanto gran parte della sua vita è poi legato a
quello che le fu compagno, marito, poi fiero antagonista (ed anche altro):
Francesco Crispi.
Maria
Attanasio, già nota come poetessa, nonché insegnante di storia e filosofia e da
sempre comunista, prende in mano la vicenda di Rosalia, e ci regala, anche se
con luci ed ombre, un romanzo ben articolato (tra l’altro con un corredo finale
di fonti veramente ben documentato) dove Rosalia (o Rosalie come la chiamava
Don Ciccio) occupa un suo ruolo ben marcato. Certo, insieme al suo compagno di
vita, Francesco (ma per lei sempre Fransuà, visto che Rosalia era nata in Alta
Savoia, il 12 gennaio 1823, quando la Savoia era Piemontese), di cui riusciamo
a vedere luci ed ombre.
Da un
lato quindi abbiamo tutta la storia della vita di Rosalie, dal suo incontro con
Crispi nella Torino del 1849, l’innamoramento, la convivenza sempre in
difficoltà tra pochi soldi e molta polizia (erano anni rivoluzionari). Crispi
parla di massimi sistemi, ma non riesce a sbarcare il lunario. È lei che
lavora, da lavandaia, da stiratrice, da governante. Ma è anche lei che non si
tira indietro quando si parla di politica. Quando Crispi viene esiliato a Malta
per il suo fervore mazziniano, lei lo segue. E prima di essere cacciati anche
da Malta, i due si sposano (essendo in realtà Rosalia la seconda moglie di
Crispi, che sposò una Rosina a vent’anni, che morì di parto due anni dopo).
Matrimonio di fretta, che lascia molte ombre (ma la nostra attenta Attanasio,
andando in loco, riuscirà a vedere le carte che ne confermano la validità).
Seguiamo
Rosalie e Fransuà in giro per l’Europa, esuli mazziniani, nonché rivoltosi
(pare Crispi sia stato anche coinvolto nell’attentato a Napoleone III). Poi,
tornati nel Regno Piemontese, con l’avallo tacito del Re, Crispi briga con
Garibaldi all’organizzazione della spedizione, mentre Rosalie fa la spola con
la Sicilia a mo’ di staffetta. Riuscendo così a convincere tutti per essere
imbarcata come una dei Mille (e Garibaldi le appunterà sul petto la medaglia al
valore alla fine di tutta la vicenda).
Qui
sfuma un po’ la vicenda, perché lei si trincera dietro l’ombra dell’ingombrante
marito, ormai deputato e lanciato sulle alte vette della politica. E qui si
perpetra anche la rottura di fondo tra i due: lei rimarrò sempre repubblicana,
lui diventerà un monarchico convinto, anche se sempre anticlericale (sarà
proprio Crispi a adoperarsi per installare la statua di Giordano Bruno in Campo
de’ Fiori a monito verso il Vaticano).
Date
le poche notizie presenti, il successivo punto “dolente” è la narrazione della
rottura personale dopo quella politica. Crispi ha un primo figlio da una sua
amante, poi una figlia dall’intrigante Filomena “Lina” Barbagallo, che decide
di sposare nel 1878, per poi essere coinvolto in un’accusa di bigamia. Ne
uscirà, manipolando giudici e avocati dalla sua posizione influente di Ministro
dell’Interno, anche se poi per alcuni anni sarà costretto all’ombra. Rosalie,
essendo ormai rotto il sodalizio, non si fa parte in causa e lo lascia andare.
Si
ritroveranno saltuariamente nelle rispettive vecchiaie, come due vecchi amici
che si conoscono bene. Dopo aver visto passare la morte dei vecchi sodali:
prima Mazzini, poi Garibaldi. Ma non è tanto o solo questo. Più che altro è il
risalto della dirittura morale che Rosalia continuerà sempre ad avere,
battendosi per le donne, per gli umili, senza mai chiedere nulla per sé. Mentre
Don Ciccio avrà i suoi alti e bassi, che ne fanno comunque una figura
controversa della Storia: dalla repressione dei Fasci Siciliani e la sconfitta
di Adua, alla riforma del Codice penale e dell’Amministrazione Statale.
Ma di
questo ed altro leggetene, che comunque vale la pena. Seguire fino in fondo la
storia di questa ragazza, scesa dai monti savoiardi, radicatasi nelle convinzioni
durante tuta una vita militante, fino alla morte ed alla sepoltura in un loculo
del Verano (dove c’è ancora un bella targa che ne ricorda i passi salienti
della vita). Una bella scrittura, a volte forse un po’ ondeggiante, e forse non
incisiva nell’analisi di Crispi. Ma non era questo lo scopo. E devo dire che si
legge bene, e si medita alquanto attraversando con il pensiero quasi tutto
l’Ottocento italiano.
Prima
trama di dicembre, ed eccoci alla grande infornata di settembre. Non si viaggia,
quasi tutto è impraticabile, quindi libri su libri. Un libricino di Eco sopra
tutti, con qualche libro scandinavo molto vicino. Il resto in un aurea
mediocrità.
Autore |
Titolo |
Editore |
Euro |
J |
|
1 |
Wilbur
Smith |
L’ultima
preda |
Longanesi |
s.p. |
2 |
2 |
Karina
Sainz Borgo |
Notte
a Caracas |
Repubblica
Latinoamericana |
9,90 |
2,5 |
3 |
Taiye Selasi |
La bellezza delle cose fragili |
Repubblica
Duemila |
9,90 |
3 |
4 |
Håkan Nesser |
Il commissario cade in trappola |
TEA |
12 |
3 |
5 |
Jonas Hassen Khemiri |
Tutto quello che non ricordo |
Corriere
Boreali |
8,90 |
3,5 |
6 |
Fredrik
Sjöberg |
L’arte
di collezionare mosche |
Corriere
Boreali |
8,90 |
3,5 |
7 |
Hanya
Yanagihara |
Una
vita come tante |
Sellerio |
s.p. |
3 |
8 |
Mariano Sabatini |
L’inganno dell’ippocastano |
TEA |
12 |
2,5 |
9 |
Alessandro
Perissinotto |
Quello
che l’acqua nasconde |
Pickwick |
10,90 |
2 |
10 |
Andrea
Molesini |
Dove
un’ombra sconsolata mi cerca |
Repubblica
Resistenza |
7,90 |
2,5 |
11 |
Christine
Von Borries |
Fuga
di notizie |
Guanda |
s.p. |
3 |
12 |
Gajto Gazdanov |
Strade di notte |
Repubblica
Duemila |
9,90 |
3,5 |
13 |
Stanisław
Lem |
Febbre
da fieno |
Voland |
s.p. |
2 |
14 |
Pietro
De Santis |
Nove
racconti e ½ |
Mauro
Pagliai Editore |
s.p. |
3 |
15 |
Anna Dalton |
L’apprendista geniale |
Garzanti |
s.p.
|
2 |
16 |
Francesco
Recami |
Il
caso Kakoiannis–Sforza |
Sellerio |
14 |
2.5 |
17 |
Umberto
Eco |
Il
fascismo eterno |
Repubblica |
s.p. |
4 |
18 |
Francesco
Recami |
Il
segreto di Angela |
Sellerio |
14 |
2,5 |
Natale
si avvicina, ma l’unico regalo che vorrei è una bella dose di vaccini per
tutti, e così riprendere, non dico la stessa vita, ma riprendere a praticare
tutti i propri interessi. Purtroppo, saremo di meno, alla fine, ed un pensiero
va a tutti quelli che ci stanno lasciando, un po’ per età, un po’ per malattia,
un po’ per entrambi. Saluto e abbraccio tutti comunque.
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